Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Da
Roma_Daily_News
28/10/2010 TEKIRDAG/ Il quartiere Hacı Evhat è un vecchio insediamento
zingaro, da 60 anni nel distretto Malkara di Tekirdağ. L'intrecciatura di
cestelli e la stagnatura sono andate dimenticate a Haci Evhat. Molti dei
residenti oggi lavorano nelle miniere di carbone.
Il quartiere da molti anni è uno dei più importanti insediamenti rom nella
regione della Tracia. Tra i residenti circolano racconti della guerra nazionale
turca che mostrano quanto sia antico il quartiere. Uno dei ricordi più
drammatici su quel periodo e su una donna che cercava di nascondersi col suo
bambino dai soldati invasori. Comprimeva al petto il bambino perché non lo si
sentisse piangere e questo causò la morte di lui.
Sino al 1950 la popolazione zingara era bassa. Crebbe con le migrazioni da 72
villaggi zingari verso Malkara dopo il 1950. C'erano state migrazioni da Edirne,
Uzunköprü e Tekirdag verso il quartiere accanto ai villaggi di Malkara. Quanti
si stabilirono nel quartiere erano generalmente zingari specializzati
nell'intrecciare cesti e nella stagnatura. Dicono i più vecchi residenti del
quartiere che le loro condizioni di vita erano molto dure. Le case erano
costruite con canne. Anche se la maggior parte erano zingari provenienti dai
villaggi di Malkara, c'erano tra loro zingari che venivano dalla zone che
facevano parte dello scambio di territori del 1924 tra Grecia, Bulgaria e
Turchia.
Alcune famiglie iniziarono a lavorare nell'agricoltura e nell'allevamento in
fattorie donate dal governo nel periodo 1940-1945. Alcuni svendettero le loro
fattorie a causa di bisogni urgenti. Altre famiglie le persero nelle discussioni
sulla proprietà della terra. Per alcune famiglie le fattorie iniziarono ad
essere inadeguate con la crescita della popolazione ed anche loro vendettero la
terra. Solo qualche famiglia si dedica all'agricoltura. Molte di loro vivono nei
villaggi di Malkara ed hanno condizioni di vita migliori comparate alle altre
famiglie zingare.
Negli anni '60 alcuni residenti andarono all'estero per lavoro. Gli altri
continuarono con i lavori di fabbricazione di cesti, stagnini, fabbri ed
attività agricole. Anche se la musica era un'attività comune tra gli zingari
arrivati dalla Bulgaria e dalla Grecia, i loro discendenti oggi non sono
musicisti. Oggi nel quartiere non resistono più le tradizionali forme di
sussistenza [...], i residenti ne hanno trovate altre , come il lavoro nelle
miniere di carbone. Ci sono almeno 20 miniere di carbone a Malkara. Vengono
pagati 20 lire turche (14 $) per un intero giorno di lavoro. Alcuni dei
residenti raccolgono i pezzi di carbone caduti dai carrelli, per rivenderli.
Alcuni residenti nella raccolta rifiuti per il comune. Nel quartiere ci sono
anche zingari macellai e proprietari di bar e caffè.
Ci sono tre gruppi di dialetto romanes parlati dai residenti: il Kalayci,
lo Sepetçi ed i dialetti dei Rom migrati dalla Grecia e dalla Bulgaria.
I problemi principali del quartiere riguardano l'istruzione e la
disoccupazione. Specialmente i residenti più anziani ricordano Tahsin Eren con
gran rispetto, a causa del suo appoggio al quartiere quando era presidente del
comune.
Sono 7.000 i Rom che vivono oggi nel quartiere [...].
Çingeneyiz Tekirdağ -
www.cingeneyiz.org
IL MATTINO di Padova
Giuseppe Cancelli, 57 anni, ha vissuto dall'infanzia all'età adulta in
carovana
Popolo misterioso quello degli zingari. Misterioso e irriducibile al vivere
stanziale. E per questo motivo percepito come pericoloso. "Troppo facile fare di
tutta l'erba un fascio", risponde Giuseppe Cancelli che ha trascorso
dall'infanzia alla vita adulta in carovana, per le strade del mondo.
Cinquantasette anni, ben piantato, lo sguardo indagatore ed il sorriso
ironico sotto i baffi spruzzati di bianco, Cancelli si racconta seduto su un
divano del soggiorno arredato in giallo. Mentre sua moglie Iside, sinta di
Ferrara riservata e gentile, serve il caffè agli ospiti in tazze di porcellana a
fiori.
Cancelli: un cognome italiano...
E' quello di mia madre, una sinta italiana con sangue tedesco nelle vene.
Sono nato a Pisa, ho studiato in scuole italiane, ho fatto il servizio militare
a Pordenone, nella divisione corazzata Ariete, caserma Fiore. Lavoro in Italia,
ho documenti italiani, voto in questo paese, i miei figli sono italiani.
Al tempo stesso lei è fiero di far parte del Romané Chavé, del
popolo rom.
Non c'è contraddizione, se si risale indietro nei secoli. Con una
precisazione: da quando l'Europa ha aperto le frontiere dell'Est, molti pensano
che rom sia l'abbreviazione di rumeno. Invece nella nostra lingua di origine
indiana, il Romanès, rom significa uomo.
Siete diversi all'origine?
No, casomai per paesi di destinazione. Immagini due rette parallele originate
entrambe, a partire dall'VIII secolo d.C. per successive migrazioni dovute a
carestie e conflitti, dalla medesima regione del Pakistan chiamata Sindh giunte
poi in Grecia dalla Mesopotamia con le legioni romane d'Oriente. Da allora il
nostro cammino non si è più fermato: stiamo in un paese trenta, quaranta, anche
cent'anni, se ci lasciano vivere tranquilli; per andarcene quando veniamo
perseguitati. Noi, Rom e Sinti, parliamo un'unica lingua con inflessioni
dialettali legate ai paesi di permanenza; di cui abbiamo adottato i costumi
senza offuscare la nostra identità.
In Italia il popolo nomade ha sempre conosciuto persecuzioni?
No. Conserviamo dei salvacondotti papali del 1200, che ci permettevano di
muoverci senza essere carcerati. Le vessazioni partono dal '400 con bandi del
ducato di Milano, della Repubblica di Venezia, in cui viene quantificato il
valore dello zingaro catturato vivo e di quello ucciso. I galeoni, che solcavano
l'oceano verso l'America, erano pieni di zingari ai remi, imprigionati e
deportati. Oggi si trovano rom ai quattro angoli del pianeta.
Facendo un salto di secoli: avete conosciuto le persecuzioni naziste?
I nonni paterni e mio padre durante il fascismo sono stati internati a Berra,
nel ferrarese, altri del gruppo in quella di Campobasso. Non ci è stato
riservato l'atroce destino dei lager nazisti, ma molti rom sono deceduti lì
dentro per fame, freddo, malattie: eravamo gli ultimi ad essere considerati.
Dicono che nell'Olocausto sono morti 500.000 zingari, almeno il doppio secondo
la nostra stima.
Come campavate, quando giravate con i carri?
Il mio gruppo di appartenenza è quello dei Rom Kalderash, emigrato in
Moldavia e Valacchia e lì rimasto schiavo cinque secoli; per giungere poi in
Montenegro, paese dei miei bisnonni e nonni. Come dice il nome stesso, i
Kalderash sono sempre stati bravi calderai e ramai. Anche mio padre lo era e da
lui ho imparato a girare per i paesi in cerca di caldaie in rame ed acciaio da
stagnare; di ristoratori, pasticceri, grandi alberghi. D'inverno ci fermavamo e
vivevamo dei guadagni dell'estate, come le formiche.
Da quanto risiedete a Padova?
La mia famiglia da 37 anni, io sono stanziale da 18. Ho figli e nipoti nati,
chi a Monselice, chi ad Abano, chi a Camposampiero. Nei primi anni '90 abbiamo
comprato la terra ed incominciato a farci la casa. Ma i tempi cambiano e per
dare un futuro ai figli ho iniziato a fare l'ambulante: abbiamo dei chioschetti,
con cui giriamo per fiere, sagre e mercati vendendo bibite, panini, salsicce. E'
tutto in regola: partita Iva, richieste, licenze, pagamenti Tosap, conservo
tutto, ecco qua. Ai Comuni non chiedo aiuti né soldi, solo il permesso di
lavorare: voglio integrarmi del tutto nella società, in cui vivo.
I suoi figli hanno studiato?
Con l'aiuto dell'Aizo sezione di Padova, presieduta dall'infaticabile Elisa
Bertazzo, i nostri ragazzi arrivano alla terza media. I Sinti spesso frequentano
le superiori, sono ben integrati, trovano poi impiego come cassiere,
magazzinieri, saldatori, muratori, imbianchini.
Professa una religione?
Sono cattolico battezzato, come i miei figli. Con una parte della famiglia ci
stiamo orientando verso gli evangelici-cristiani, di cui mio genero è pastore.
Ci raduniamo spesso qui a meditare sulla Bibbia.
Perché la titubanza di certi suoi sguardi, certi silenzi?
Ci portiamo dentro una diffidenza atavica. Crede sia facile per i miei figli
non essere salutati dagli ex compagni di scuola? Per me dai loro genitori, con
cui ci siamo visti per anni? Siamo contenti di vivere qui, vogliamo essere
cittadini come gli altri, ci impegniamo a rispettare le leggi di questo paese, a
studiare, a non delinquere. Coscienti che nei nostri confronti vien fatta di
tutta l'erba un fascio e che non cambierà mai.
31 ottobre 2010
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