Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 31/08/2011 @ 09:34:31, in casa, visitato 3188 volte)

Su Facebook la fotostoria commentata

Le prime notizie da Dale Farm, le tradussi dall'inglese in italiano circa 10 anni fa. La storia di questa lunga vertenza l'ho già indicata altre volte, oppure le trovate sul blog di Dale Farm in inglese.
Dopo tanto tempo di conoscenza solo virtuale era ora di conoscersi personalmente, ed il Big Weekend è stata l'occasione.
Ma, come mi sono poi reso conto quando ho cominciato a respirarne l'atmosfera, la solidarietà è una comunicazione a due vie: la situazione per i Rom e i Sinti in Italia è altrettanto difficile di quella dei fratelli Travellers in Gran Bretagna, ed allora, quale posto migliore per imparare qualcosa, se non dove resistono da 10 anni ai tentativi di sgombero?

Qualche particolare utile: la lunga lotta dei Travellers nella difesa dei loro terreni sta vivendo una nuova fase. Circola voce (ma manca qualsiasi comunicazione scritta) che venerdì 2 settembre verranno chiuse le strade circostanti e che si taglieranno i rifornimenti di acqua e di elettricità, mentre lo sgombero vero e proprio di 400 persone su 1.000 abitanti potrebbe avvenire attorno a metà settembre, con l'impiego della compagnia privata Constant & co. che già in passato è stata messa sotto accusa per i metodi inumani impiegati.

Nel fine settimana ci sono stati incontri, aperti anche alla cittadinanza, in cui sono state presentate la storia e la lunga lotta per i diritti dei Travellers. Poi si sono susseguite innumerevoli riunioni e laboratori, che hanno visto la partecipazione di molti dei residenti di Dale Farm, volte ad organizzare la resistenza nella prossime settimane. I punti principali sono stati le varie tecniche di resistenza non-violenta, la ricerca di posti alternativi dove si riverseranno gli sfrattati, i vari aspetti legali e giuridici della vicenda.
Molto interessanti, per chi segue vicende simili in Italia, i seminari legati alla figura dell'Osservatore Legale. Su Ldmg.org.uk potete trovare informazioni in inglese, altrimenti ho intenzione di tradurre appena possibile alcuni loro documenti in italiano.

Più complicata la questione, anche questa dibattuta a lungo, del rapporto coi media (locali e nazionali) e i social network. Da una parte emerge la necessità di aprirsi all'esterno, dall'altra nei fatti prevale la paura per quanto potrebbe succedere, sia agli abitanti che ai sostenitori, per cui tutte le comunicazioni verso l'esterno vengono molto accentrate. A tal proposito ho ripreso pochissime persone, proprio per proteggerne la sicurezza, chiedendo loro permesso prima di scattare ogni foto. Ciononostante i giornali locali hanno riempito le loro pagine di immagini riprese senza alcuna autorizzazione.
Ulteriori notizie in questo .pdf

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Di Fabrizio (del 31/08/2011 @ 09:09:26, in Italia, visitato 1913 volte)

Mi è stato suggerito da Ernesto Rossi un provocatorio esperimento: prendere la seguente notizia di cronaca e sostituire le parole rifugiati/profughi con zingari. Che ve ne pare del risultato?

ACCOGLIENZA, NON EMERGENZA Il Comune di Milano primo caso in Italia di gestione diretta dell'accoglienza degli zingari

Uscire dalla logica dell'emergenza ed offrire un'accoglienza umana ai tanti disperati che cercano rifugio nella nostra città. Il Comune di Milano fa da pioniere a livello nazionale nella gestione dell'assistenza zingari, ad oggi affidata alla Prefettura. Sarà la sede della Protezione civile di via Barzaghi ad ospitare a turni di 15 giorni fino al 20 settembre i circa 350 zingari- tra quelli già presenti in città e quelli in arrivo- a costo zero per il Comune (Il Governo mette a disposizione 46 euro al giorno per persona).

"Potevamo accettare che venissero messi in hotel a spese del governo e far finta di nulla lasciandoli al loro destino - ha spiegato l'Assessore alla politiche Sociali Pierfrancesco Majorino - invece abbiamo scelto di farcene carico governando questo flusso di presenze grazie alla collaborazione con il terzo settore". Nei 15 giorni di permanenza nel centro, ogni persona accolta, dopo essersi visto riconosciuto lo status di rifugiato politico da una commissione territoriale supplementare composta da rappresentanti della Prefettura, della Questura, dell'assessorato alle politiche sociali e dell'Acnur (Alto commissariato delle nazioni unite per irifugiati), verrà sottoposto a visite mediche e colloqui psicologici. Saranno inoltre messi a disposizione mediatori culturali e linguistici che aiuteranno queste persone nel percorso di inserimento sociale o nel rimpatrio assistito e le indirizzeranno verso altre strutture di accoglienza.

Sono diversi i ricoveri in cui gli zingari possono trovare asilo: la Cascina Monluè, gli appartamenti delle associazioni Arca e Aspi, la casa di accoglienza di via Ortles, si aggiungono oggi ai ricoveri offerti dalla parrocchia Pentecoste, dall'associazione missionari Cuore Immacolato di Maria, dalla Caritas di via Arici, da casa Silvana, da casa del Giovane, da casa Cardinal Colombo e dal centro di prima accoglienza di via Saponaro. "Fino ad oggi a Milano c'e' stata una grande assenza di coraggio sulla messa a disposizione dei posti per gli zingari- ha sottolineato Majorino- è assolutamente necessario aumentarne il numero perché le emergenze umanitarie non possono essere messe sotto il tappeto della politica, una città come la nostra deve diventare pronta per l'imprevedibilità di queste situazioni". Ogni 15 giorni l'assessorato alle politiche sociali fornirà dati sulla situazione degli arrivi e sulla gestione delle presenze nei vari quartieri. "Sarà una prima risposta accogliente ed efficiente- ha affermato l'Assessore alla Sicurezza e Protezione Civile Marco Granelli- degna di una città moderna europea che si fa carico delle conseguenze della critica situazione internazionale nel mediterraneo e nel continente africano".

(l'originale era di Giulia Cusumano NDR)
 

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Di Fabrizio (del 30/08/2011 @ 09:13:47, in Kumpanija, visitato 1927 volte)

Ancora a Dale Farm, ultimo giorno. Se non mi perdo, domani dovrei essere in Italia.

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Di Fabrizio (del 30/08/2011 @ 08:59:30, in scuola, visitato 1665 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

By Linda Karadaku for Southeast European Times in Pristina - 11/08/2011 Con l'avvicinarsi del nuovo anno scolastico, riemergono vecchie polemiche

Gli studenti dicono che poco del curriculum viene dedicato alla storia delle altre nazionalità o minoranze in Kosovo. [Reuters]

La missione cross-culturale sull'istruzione dell'OCSE in Kosovo chiede che minoranze e maggioranze imparino l'altrui cultura, la rispettiva storia, come anche il valore della tolleranza e del pluralismo.

SETimes ha parlato con diversi studenti kosovari di differenti nazionalità e retroterra etnico, per scoprire quanto l'attuale situazione si avvicini agli standard OCSE.

Genta, quindicenne albanese, frequenta la scuola elementare Iliria a Pristina. Ha studiato la storia del Kosovo sino alla proclamazione d'indipendenza, eppure qualcosa manca nel suo curriculum.

"Non abbiamo imparato a conoscere gli altri gruppi etnici. L'insegnante ci ha detto che il Kosovo ha anche delle minoranze e ci ha spiegato come sono arrivati e si sono insediati in Kosovo, gli Slavi e i Turchi," ha detto Genta a SETimes.

Non ha contatti con bambini di altri gruppi etnici in Kosovo.

"Ho incontrato i Serbi a Brezovica. Ci hanno detto che il Kosovo è la Serbia, noi abbiamo risposto che il Kosovo è indipendente," dice, aggiungendo che tutto ciò che sa è che i Serbi "ci hanno espulso dalle nostre case e siamo tornati."

Hari Kasumi, insegnante e storico del Kosovo, ha detto a SETimes, "Se si conosce la storia di qualcun altro, ci saranno meno odio, animosità e migliore conoscenza reciproca. Insegnare la storia isolata [di un solo popolo] avrebbe un impatto negativo."

Tuttavia, i libri di storia in lingua albanese sono focalizzati sui principali protagonisti della storia albanese, mentre i testi in serbo presentano il Kosovo come "la culla del popolo serbo".

David, sebo dell'età di Genta, frequenta la scuola secondaria di economia a Mitrovica.

"E' interessante quando l'insegnante parla delle relazioni tra Serbia e Albania. Dice sempre che ci siamo aiutati l'un l'altro nelle guerre dei Balcani ed in quelle mondiali. Quello che [ora] sta succedendo in Kosovo non ci è molto chiaro. Non impariamo l'albanese a scuola, e penso che sia sbagliato. L'insegnante di serbo ci ha detto che i Sebi che vivono al confine con la Romania imparano il rumeno come seconda lingua,quelli vicino al confine con la Bulgaria imparano l bulgaro," dice David a SETimes.

Aggiunge che l'insegnate dice agli studenti che "il Kosovo è la Serbia" e, dice David, "penso che sia così".

Daut è Rom, e suo figlio di 12 anni frequenta la scuola elementare Mustafa Bakiu a Prizren. Dice Daut di non riuscire a ricordare suo figlio che imparava a scuola qualcosa sulle diverse etnie.

Qylanxhiu inoltre lamenta che un termine peggiorativo per indicare i Rom appare 13 volte in un libro di testo dell'ottavo grado, cosa per cui la comunità ha protestato. Conferma che la comunità rom ha chiesto al ministero della pubblica istruzione di includere cultura, tradizioni e lingua rom nel curriculum.

"Non abbiamo nessun altro stato. Vediamo il Kosovo come il nostro paese e saremmo felice di vedere sparire i pregiudizi, così che tutti noi possiamo essere conosciuti come Kosovari," dice Qylanxhiu.

Cansu, Turco di 16 anni, frequenta la scuola elementare Sami Frasheri, dato che l'istruzione è offerta anche in turco.

"A scuola impariamo soprattutto la storia turca," dice, aggiungendo che agli studenti vengono anche insegnate le due guerre mondiali, ma niente riguardo le altre etnie del Kosovo.

"Vediamo il Kosovo come la nostra casa comune e vogliamo costruire qui il nostro futuro," dice Cansu.

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Di Fabrizio (del 29/08/2011 @ 09:58:51, in lavoro, visitato 2935 volte)

Paperblog 20 agosto 2011 - di Ventoditramontana

Proseguiranno da Settembre sino a Dicembre 2011 iniziative ed eventi inerenti "Il lavoro femminile. Un filo lungo centocinquant'anni" progetto realizzato e curato da Maria Concetta Petrollo Pagliarani e Francesca Boccini. L'evento ha ricevuto l'onorificenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

L'Antica Sartoria Rom presenterà la nuova collezione di abiti disegnati per la primavera-estate 2012. La progettazione della collezione verrà realizzata per l'occasione oltre che dalle maestranze Rom della Cooperativa, anche dalle anziane testimoni dell'antica tradizione Rom, oggi ancora residenti nei campi nomadi della capitale.

Tutti i tessuti saranno in fibra naturale, come era in uso in epoca tardottocentesca, periodo cui l'Antica Sartoria Rom si ispira e i ricami verranno realizzati a mano.
Durante la manifestazione verranno proiettati video che mostrano il lavoro svolto dalle donne Rom all'interno della cooperativa.

La poetessa Dale Zaccaria leggerà suoi testi, poesie sul tema Rom con traduzione in lingua Romanesc (lingua rumena Rom ) di Magdalena Dinca (donna e sarta dell'Antica sartoria Rom).

10 Novembre 2011 Biblioteca Vallicelliana di Roma

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Segnalazione di Sara Palli da PisaNotizie, un giornale che si è seriamente impegnato, sin dalla sua fondazione, a seguire questa storia. Dopo gli ultimi sgomberi e le proteste dei "soliti noti", la politica sembra stia riprendendo il suo ruolo. Personalmente non conosco bene la situazione pisana tanto da fare delle valutazioni, ma giova ricordare che quella stessa esperienza di Città Sottili che ora il comune di Pisa vorrebbe azzerare, in passato ha funzionato bene, grazie al coinvolgimento di diversi soggetti. Forse il sindaco pensava di poterla cancellare con un colpo di spugna, senza che nessuno degli attori di allora fiatasse?

Dopo gli sgomberi dei giorni scorsi, prendono parola congiuntamente il segretario provinciale di Rifondazione, Luca Barbuti, e il coordinatore provinciale di Sel, Dario Danti. Netta opposizione alle politiche sociali dell'Amministrazione pisana: "Chiederemo con i nostri amministratori locali di fare chiarezza su quanto accaduto: occorre un deciso cambio di passo per affrontare la questione dei bisogni e delle necessità sociali. Subito confronto fra enti locali e associazioni, volontariato, comunità parrocchiali per valutare ipotesi di sistemazioni provvisorie, ma non precarie"

Non smette di suscitare polemiche e prese di posizione lo sgombero attuato dall'Amministrazione Comunale di Pisa delle 27 famiglie rom (un totale di circa 80 persone di cui 30 minori) dal campo alle spalle dell'ospedale di Cisanello.

Dopo l'immediato intervento dell'assessore alle politiche sociali, Salvatore Allocca, in cui lo stesso aveva parlato di una scelta "sorprendente e preoccupante" - anche alla luce di quanto concordato in una riunione della cabina di regia regionale sui rom a cui il Comune di Pisa era presente - e dopo la lettera aperta agli amministratori comunali da parte dei sei sacerdoti della diocesi pisana, Don Luigi Gabbriellini, Don Agostino Rota Martir, Don Vio Romeo, Don Roberto Filippini, Don Antonio Cecconi e Don Sergio Prodi, arriva la presa di posizione da parte di Rifondazione Comunista e Sel, per voce rispettivamente del segretario provinciale, Luca Barbuti, e del coordinatore provinciale, Dario Danti.

In un comunicato inviato agli organi di stampa, Barbuti e Danti chiedono la convocazione un tavolo di area vasta per ovviare al ricorso agli sgomberi. Un'iniziativa che ha anche un riflesso politico, visto che si tratta della prima volta che gli organi provinciali dei due partiti prendono pubblica posizione in maniera congiunta su una questione di carattere sociale, come nel caso degli sgomberi dei rom dal territorio pisano.

L'incipit della lettera di Barbuti e Danti non lascia dubbi sugli intenti del documento, uniti in questo specifico caso nella comune opposizione alla politiche sociali avanzate dal Comune di Pisa: "Abbiamo condannato fermamente lo sgombero, messo in atto dall'Amministrazione comunale di Pisa, delle 27 famiglie rom, circa 80 persone di cui 30 minori, dal campo alle spalle dell'ospedale di Cisanello. Continuiamo a non condividere la politica del sociale della giunta Filippeschi".

Dopo aver ricordato a loro volta la netta presa di posizione dell'Assessore Alloca, Danti e Barbuti lanciano la loro proposta, che nei prossimi giorni non mancherà di sollevare più di una reazione: "Chiederemo con i nostri amministratori locali di fare chiarezza su quanto accaduto, visto anche il coinvolgimento dei singoli comuni dell'area pisana, proprio perché occorre un deciso cambio di passo per affrontare la questione dei bisogni e delle necessità sociali".

E dopo aver sottoscritto la critica che i sei sacerdoti della diocesi pisana hanno rivolto all'Amministrazione e a una parte della cittadinanza in merito alla percezione dei rom come "una realtà fastidiosa da ignorare e/o da reprimere", e sposando dunque senza eccezioni la visione di "persone con una loro dignità, soggetti di diritti oltre che di doveri", i due rappresentanti hanno indicato i prossimi passaggi che intendono assolvere in merito alla questione: "Convocare un tavolo di area vasta, o meglio riattivare un'esperienza che in passato proprio nella Società della Salute pisana aveva trovato la sua positiva attuazione in progetti di accoglienza e integrazione delle famiglie rom".

"Solo con un confronto fra gli enti locali - continuano Danti e Barbuti - aperto alle realtà dell'associazionismo, del volontariato, delle organizzazioni laiche e delle comunità parrocchiali per valutare ipotesi di sistemazioni provvisorie, ma non precarie, nonché una seria e non allarmistica campagna d'informazione sulla presenza e le problematiche dei rom sul territorio pisano, può far uscire la nostra zona da un'emergenza sociale. Sinistra Ecologia Libertà e Rifondazione Comunista faranno la loro parte come l'hanno sempre fatta per i diritti e l'accoglienza. Nessuno escluso".

Al di là del "casus" specifico, è lecito domandarsi quanto questa netta presa di posizione inciderà sugli equilibri politici dei comuni dell'area vasta il cui intervento in merito alla questione è stato invocato apertamente dai due rappresentanti. Per quanto concerne la politica pisana, intanto, si registra l'ennesima presa di distanze sulle politiche sociali condotte dall'attuale amministrazione, in attesa che l'ormai spinosa vicenda nella quale sono coinvolti quasi un centinaio di uomini, donne e bambini, possa trovare presto una sua soluzione.

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Di Sucar Drom (del 27/08/2011 @ 09:38:51, in Kumpanija, visitato 1800 volte)



Guardateli bene, sono una famiglia di circo, di certo al lavoro in Italia ma non è detto che siano di nazionalità italiana. Qualcuno sa riconoscerli? Chi è in grado di identificarli o ha qualche spunto per risalire alla loro identità, scriva a redazione@circo.it

In questa nuova rubrica – Tendoni d’Italia – andremo anche alla ricerca di circensi senza identità, quantomeno per noi. L’ideale sarebbe che i più giovani stampassero la foto per farla vedere agli anziani, e chissà che a qualcuno non si accenda la scintilla.

Dare una identità a chi custodisce personaggi noti solo in fotografia, è una possibilità per tutti: se avete volti sconosciuti da “battezzare”, inviateci le vostre foto e le pubblicheremo.

Buon lavoro e buon divertimento.

Short URL: http://www.circo.it/?p=8828

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Di Marylise Veillon (del 27/08/2011 @ 09:21:24, in Europa, visitato 1621 volte)

Da Mundo_Gitano

ALLARME IN FRANCIA Il governo Sarkozy prepara una nuova ondata di espulsioni di gitani rumeni e bulgari.

E' quello che è stato reso pubblico da diverse personalità francesi, e alcune delle organizzazioni maggiormente coinvolte nella difesa dei nostri fratelli. Il governo francese, capeggiato da Nicolas Sarkozy ha continuato a mettere in atto, dall'estate dell'anno scorso, ogni sorta di pressione, per far si che i gitani rumeni e bulgari, cittadini comunitari come ciascuno di noi, escano definitivamente dalla Francia. Per questo, viene utilizzato ogni mezzo immaginabile di pressione sociale.

Meno di una settimana fa, a Marsiglia, circa 100 gitani, tra i quali 30 bambini, stabiliti all'esterno del centro urbano, all'ingresso della città, sono stati sloggiati dalla polizia. L'ordine è stato eseguito in seguito ad una petizione del sindaco di Marsiglia, il quale appartiene allo stesso partito del presidente francese. Nell'ordinanza di evacuazione delle famiglie, si dice che costituivano una "minaccia seria contro l'ordine pubblico".

Ma siccome la repressione non conosce limiti, nel nord della Francia, dalle parti della città di Lille, il sindaco de La Madeleine, Sebastien Laprètre, ha emesso due ordinanze: una che vieta la mendicità, e un'altra che vieta ai mendicanti di cercare cibo o qualsiasi altra cosa, nei cassonetti dell'immondizia installati nelle vie della città. Inoltre, affinché non ci siano minimamente dubbi quanto ai destinatari di queste due ordinanze, sono state redatte anche in rumeno e bulgaro. (Supponiamo che nessuno abbia fatto presente al sindaco, che la maggioranza di questi disperati che cercano cibo nelle pattumiere, non sanno né leggere né scrivere).
 
Ci è capitato di avere accesso al rapporto realizzato da Medici del Mondo (MDM), in relazione alle tragiche conseguenze della politica di deportazione del governo francese. Questi sono alcuni dati:

Jean-François Corty, direttore del progetto MDM francese, ha dichiarato che "in alcuni campi si sono svolte azioni simili a quelle messe in atto nelle zone in guerra. Per esempio in Seine-Saint-Denis, abbiamo distribuito beni di prima necessità, in quanto le loro esigenze vitali, come l'accesso all'acqua potabile, non erano rispettate".

I poveri gitani rumeni e bulgari hanno paura, tanta paura di essere espulsi. Per questo hanno rinunciato all'assistenza sanitaria. Dall'anno scorso, in questo periodo, cioè da quando iniziarono le persecuzioni contro di loro, hanno cessato di andare dal medico. Il risultato è che a Nantes, Bordeaux, Marsiglia e Strasburgo, solo l'8% è in possesso di un libretto sanitario, che certifica che hanno fatto le vaccinazioni necessarie. La schiacciante maggioranza del gruppo preso in esame, non è quindi protetta né contro le malattie comuni, né contro quelle mortali. "La violenza delle espulsioni produce una soppressione dell'assistenza sanitaria", ha dichiarato Jean-François Corty.

Le gitane soffrono in modo molto particolare questa persecuzione. Lo afferma Medici del Mondo: solo una donna su dieci usufruisce di assistenza durante la gravidanza, motivo per il quale la mortalità neonatale, cioè la frequenza con la quale i bambini rom muoiono durante il primo mese di vita, è nove volte superiore alla media dei bambini "gadjé" francesi.

Il governo francese sta utilizzando la medicina come arma politica di repressione dei gitani, il che costituisce, secondo Jean-François Corty, "un paradosso dal punto di vista dell'etica medica". In Francia, esiste l'assistenza sanitaria statale, dalla quale dipendono la maggiore parte dei gitani. A partire dal primo marzo, questo aiuto è diventato soggetto a un costo annuo. Il risultato è stato devastante: tra tutti i gitani intervistati da Medici del Mondo, il 77% non ha accesso all'assistenza sanitaria statale. E le conseguenze non si sono fatte attendere: i casi di tubercolosi sono estremamente numerosi. L'ha detto Jean-François Corty: "le espulsioni ripetute, rendono il lavoro dei medici praticamente impossibile"

Crediamo che questo mese di agosto sarà più tranquillo di quello dell'anno scorso, però ora vediamo qual è il panorama futuro:

  • "Menti Criminali", programma TV della quarta rete, il quale come il nome della serie fa comprendere, ci presenta come veri demoni (vedi QUI ndr).
  • "Mi gran boda gitana" (vedi QUI ndr) di pessimo gusto, razzista e offensivo, trasmesso dal terzo canale, un film del quale alcune sequenze costituiscono chiaramente un reato, codice penale alla mano.
  • A tutto ciò bisogna aggiungere alcune informazioni apparse nella stampa spagnola, come quella che abbiamo denunciato qualche giorno fa, in relazione alla sparatoria di Merida nell'Extremadura, o il presunto stupro di una giovane a Lérida, alcune settimane fa.

Ci sono pessimi venti che corrono, amici, attraverso questa nostra Europa, vittima della crisi, dello sciopero, dell'economia senza coscienza, e di una parte della classe politica così lontana dalla cruda realtà quotidiana. E' un profondo impegno, l'essere presidente di questo grande paese, il quale fu la culla dell'illuminismo, e che oggi getta in mare tutti quei luminosi principi, che proclamarono i pensieri basilari, in merito ai quali il diritto naturale è fondato sui diritti di tutti gli uomini, dando vita alla libertà.

E' per questo che restiamo profondamente scioccati, nel prendere atto che la fame che attanaglia la Somalia e la mancanza di acqua potabile, possano essere così vicino a casa nostra.

Juan de Dios Ramírez-Heredia
Abogado y periodista
Presidente de Unión Romani
Barcelona, 18 de agosto de 2011

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Di Fabrizio (del 26/08/2011 @ 09:41:20, in Europa, visitato 1718 volte)

Da Bulgarian_Roma

23 agosto 2011

Cittadini bulgari di minoranza rom, hanno attaccato un'ambulanza lanciando pietre nel distretto di Stolipinovo della città meridionale di Plovdiv.

I Rom erano spaventati da recenti notizie di stampa su una "misteriosa ambulanza" che girava nei villaggi vicini per raccogliere organi da mamme e bambini.

I rapporti sostengono che nella zona sono state avvistate ambulanze che trasportavano persone "senza organi".

Parlando a radio Darik, Kostadin Bakov, ufficiale della polizia locale, ha negato ogni ipotesi sull'esistenza di un'ambulanza che raccoglierebbe organi.

Il panico creato da voci simili ha portato le ambulanze in quella zona ad andare distrutte, ha sottolineato Bakov.

Stolipinovo è una delle più grandi comunità rom nell'Europa sud-orientale.


Comunque anche in Italia siamo messi bene! : - D

LA SPEZIA Finanzieri scambiati per zingari rischiano il linciaggio
I retroscena dell'inchiesta sul maxisequestro di cocaina

La Spezia, 25 agosto 2011 - L'INCHIESTA da manuale della Guardia di Finanza per risalire ai trafficanti internazionali di cocaina - dopo la scoperta in porto del maxi carico da una tonnellata occultato dietro lo schermo di una paratia approntata in un container - è passata anche dal rischio degli investigatori di essere... presi a bastonate. Sangue freddo e una eccellente capacità di recitazione hanno evitato che venisse compresa la loro effettiva attività in quel di Pallerone, quando preparavano il blitz che ha portato agli arresti.

Sì, c'è stato chi, vedendoli armeggiare nei pressi di una cabina dell'Enel - con barba lunga e vestiti qua e là sdruciti - li ha scambiati per degli zingari ed è sceso in strada con una mazza sollecitandoli a prendere il largo dal paese. «Che fate lì?Volete rubare il rame come fate spesso? Andate via, qui non vi vogliamo». Ha detto un abitante del luogo che risiede in una casa nei pressi della cabina dell'Enel. I finanzieri, in quel momento, stavano approntando un sistema per l'effettuazione delle intercettazioni telefoniche e delle riprese video per immortalare chi si sarebbe introdotto nel capannone dei mobilifici Gargiolli dove, l'11 agosto, erano giunti i quattro container accompagnati dai documenti di spedizione che attestavano la presenza all'interno di mattonelle. Gli investigatori, col bastone che roteava davanti ai loro occhi, non hanno battuto ciglio.

«TRANQUILLO, siamo degli operai dell'Enel; stiamo facendo un controllo alla linea...». Così hanno rassicurato l'uomo che li aveva scambiati per dei nomadi in 'missione' a Pallerone per compiere dei furti. Lui, tra sfida e opportunità, ha colto la palla al balzo: «Se siete davvero dei tecnici dell'Enel, potreste darmi una controllata all'impianto elettrico di casa, ogni tanto fa cilecca...».

CHE FARE? Stare al gioco, ovviamente. I finanzieri sotto mentite spoglie hanno continuato a recitare la parte. «Ma certo... facciamo un sopralluogo». Detto, fatto, con rassicurazione di rito, al termine della verifica: «Niente di grave, ora facciamo un rapporto agli uffici centrali dell'Enel... stia tranquillo, i problemi saranno risolti». Stretta di mano e via. Nei giorni successivi i finanzieri si sono presentati a Pallerone con le tute degli operai dell'Enel e furgoncino dotato di logo dell'ente elettrico. Tanto per non destare sospetti.

E hanno proseguito il lavoro che poi, il 17 agosto, li ha portati a coronare l'investigazione con i fermi di Giordano Gargiolli, Juan Carlos Romero Pereze, Juan, Pablo Ramirez Carnival e Alessandro Bernucci; questo, giunti nel capannone con l'obiettivo di prelevare i carico di cocaina per distribuirlo sulle auto dotate di apposito doppio fondo, hanno avuto la sorpresa di trovare i finanzieri con le armi spianate. Questa volta in divisa.

di CORRADO RICCI

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Di Fabrizio (del 26/08/2011 @ 09:04:38, in Europa, visitato 1598 volte)

La rinomata affidabilità tedesca non esce bene da questa storia: un progetto che si trascina da anni, costi che lievitano... Ogni tanto sulla stampa europea esce un articolo che ci aggiorna sull'ennesimo ritardo o lite tra i committenti. Ne scrissi a gennaio 2008 e a gennaio 2011

Il Sole - 24 Ore Il memoriale della vergogna di Giulio Busi - 21 agosto 2011

I grandi cartelloni in bianco e nero, che costeggiano i viali alberati della città, lo promettono a lettere cubitali: «Berlin verstehen», «Capire Berlino».Ormai le elezioni del prossimo 18 settembre si avvicinano, e il partito socialdemocratico del sindaco uscente, Klaus Wowereit, ha scelto un motto eloquente. Non basta conoscere Berlino. Per governarla è indispensabile comprendere le infinite contraddizioni che ribollono nel crogiuolo dei quartieri difficili, tra le vetrine di lusso di Friedrichstrasse e di Ku'damm, o nei palazzi del potere. In fatto di paradossi, la capitale della prima potenza economica d'Europa non teme confronti. Nonostante sia il cuore della virtuosa Germania, Berlino è la città più indebitata del mondo: 62 miliardi di euro è il deficit attuale, destinato a crescere ancora nei prossimi anni. In gran parte, il buco è dovuto ai costi della riunificazione, che nel luogo simbolo della frattura tra Est e Ovest sono stati molto più alti che altrove. Oneri che il resto del Paese ha volentieri scaricato sull'amata-odiata capitale. Ma la città non primeggia solo nelle classifiche della miseria pubblica. Anche la povertà dei singoli è qui tangibile. Un quinto dei berlinesi vive di sussidi pubblici, e il tasso di disoccupazione è il doppio della media tedesca.

Allo stesso tempo, le contraddizioni sono anche il segreto del successo della città, che è al terzo posto in Europa per flussi turistici, dopo Londra e Parigi e prima di Roma. Con una vitalità forse oggi ineguagliata, la città ha voluto promuovere una rete di luoghi della memoria, aggregati tangibili di pietre, marmi, lamiere e alberi, che cercano di catturare la trama dei ricordi. È appena il caso di menzionare il Memoriale dell'Olocausto, con le steli di cemento ideate da Peter Eisenman e Richard Serra, aperto nel 2005, e subito divenuto una delle principali tappe del tour berlinese. Sfruttamento commerciale della Shoah, come accusano i critici, e come dimostrano i negozietti di souvenir e i bar che si allineano lungo il perimetro dell'area-monumento. Ma anche progetto faraonico (70 milioni di euro tra valore del terreno e opere eseguite) per esorcizzare e, in qualche modo, oggettivare il passato.

Con puntigliosa precisione, Berlino ha tentato del resto di render conto anche delle persecuzioni "in margine" alla Shoah, dettate dall'incubo feroce di annullamento di ogni devianza e presunta macchia della purezza ariana. Pochi turisti si accorgono che a qualche decina di metri dal luogo dedicato all'Olocausto si trova una stele per gli omosessuali perseguitati dal Terzo Reich. Inaugurato nel 2008 alla presenza di Wowereit, omosessuale dichiarato, il manufatto di cemento ha una fessura in cui viene proiettato il filmato di un lungo bacio tra due uomini. Molto più travagliata è la vicenda del monumento ai circa 500mila sinti e Roma assassinati dai nazisti. Una storia che si trascina ormai da quasi vent'anni, e che minaccia ora di concludersi in un fragoroso insuccesso, con grave imbarazzo dell'amministrazione berlinese.

Già nel 1992 infatti, il Governo federale, in piena era Kohl, si era impegnato a commemorare il "Porajmos", l'annientamento della popolazione romaní. Fu scelto uno spiazzo vicino al Reichstag, una sorta di terzo vertice di un ideale triangolo del ricordo. Dopo lunghe diatribe tra le organizzazioni che rappresentano sinti e Roma in Germania, il lavoro è stato affidato all'artista israeliano, Dani Karavan. Per un costo di 2 milioni di euro, si sarebbe dovuto realizzare uno scuro specchio d'acqua di 12 metri di diametro, con al centro una colonna e, su questa, un fiore selvatico, da cambiarsi ogni giorno, al calare del pilastro nell'acqua. Sul manufatto si sarebbe poi dovuta incidere la poesia Auschwitz di Santino Spinelli, poeta e musicista rom italiano.

I dissidi tra Karavan e le autorità locali sono cominciati quasi subito. Prima sulla qualità dei materiali e sulla ditta esecutrice, poi, più in generale, sull'atteggiamento dei committenti, che Karavan – un ottantenne tenace e combattivo – considera ottusamente burocratico e poco consapevole dell'importanza dell'impresa. Insomma, una guerra di nervi, costellata di lettere di avvocati e culminata, qualche giorno fa, nella minaccia di Karavan di abbandonare l'opera. Del resto è stato finora costruito ben poco: solo una struttura circolare che pare già desolantemente in rovina.

Che le vicende dei monumenti berlinesi siano accompagnate da polemiche non è certo fatto nuovo. Basti pensare a quelle, violente, sull'opportunità e sul modo di realizzare il Memoriale dell'Olocausto, con l'americano Serra che ritirò il proprio nome a causa delle modifiche imposte dai politici. Ma se l'impatto mediatico e culturale della Shoah è comunque servito a proteggerne il ricordo, la sorte del monumento a sinti e Roma mostra come lo sterminio di questa etnia stenti ancora a ottenere un adeguato riconoscimento collettivo. È certo un caso che il progetto si debba arenare per una disputa tra un artista israeliano e le autorità berlinesi, ma è difficile sottrarsi all'impressione che la pratica della memoria viva, in qualche modo, all'ombra di una specificità ebraica. È stato opportuno dedicare il grande memoriale "solo" agli ebrei, e prevedere monumenti diversi per gli altri perseguitati? Non sarebbe stato più giusto un unico luogo commemorativo per tutte le vittime, come si era pensato all'inizio degli anni Novanta? Chi oggi torna a chiederselo si domanda anche se ci possa essere un'alternativa alla monumentalizzazione del passato, sia a quella efficiente e "vendibile" sia a quella velleitaria e fallita. Capire Berlino per governarla. Ma Berlino capisce veramente se stessa? E l'Europa, di cui questa metropoli a un tempo ordinata e ribelle è componente fondamentale, sa rappresentare le proprie angosce, passate e presenti?

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