Rom e Sinti da tutto il mondo

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 18/04/2014 @ 09:05:45, in casa, visitato 1684 volte)

di Agotino Rota Martir - 10 Aprile 2014 - campo Rom di Coltano - Pisa

Il sindaco Marino folgorato sulla strada di Damasco? Oppure su una di quelle strade-sentieri che conducono a qualche accampamento di nomadi? (pardon ora per ordinanza bisogna dire rom)..avrei preferito proprio su una di queste, perche' la differenza non e' da poco.
Ad ogni modo e' apprezzabile da parte di un sindaco, la volonta' di capire meglio e di lasciarsi "convincere" da chi la realta' dei rom la conosce anche dal di dentro perche' la frequenta.
M'auguro che l'esempio del sindaco di Roma trovi emulatori tra i suoi colleghi.
Ma permettimi anche di difendere e contestualizzare il mio sintetico intervento, e che ribadisco: l'ordinanza di questo genere serve a ben poco e non mi piace tanto, come non mi sono piaciute le ordinanze anti accattoni, anti borsone, anti "vu cumprà".. A quando anche un'ordinanza che obblighi il pellegrino a fermarsi a Roma?
I rom sono nomadi? Quanti studi, pubblicazioni e conferenze..Loro, i rom cosa dicono, cosa pensano? Due attivita' da distinguere e da analizzare con attenzione e comprensione. Buon per il sindaco che attraverso una rapida ordinanza risolve una questione che e' oggetto di discussioni, ricerche, dibattiti di carattere antropologico e sociale da almeno 3 decenni, in Italia e in Europa. Ad esempio in Francia la questione manco si pone, perche' e' prevista la possibilita' di viaggiare e spostarsi e le amministrazioni locali devono garantire e offrire alle "persone viaggianti" (siano cittadini francesi, rom, sinti, tedeschi..) strutture e condizioni eque e rispettose per tutti, sia per chi sceglie di muoversi e per chi e' stabile. Sono tanti i Rom in Francia che nomadizzano in questo modo, tanti altri hanno scelto di stare in case, appartamenti o su terreni privati: e' una loro scelta! Oppure in campi Rom (nomadi) del tutto identici ai nostri!!
Smettiamola di far credere che i campi Rom (nomadi) esistano solo in Italia. Anche in Inghilterra, Irlanda ed America ce ne sono, e tra l'altro sono anche oggetto di trasmissioni televisive molto seguite, ambientate in veri e propri campi ..nomadi! ("Il mio grosso grasso matrimonio Gipys" trasmesso su Real Time ogni settimana)

Un nomade ha forse meno diritti e doveri di un rom o di qualsiasi essere umano?
Come trovo un po' strano che in una societa,' che spesso sollecita la mobilita' (flessibilita') in nome del mercato del lavoro o per la globalizzazione (cosa non facciamo per essa), quante realta', popoli e merci in continuo movimento, eppure vogliamo ad ogni costo i rom sedentari, costi quel che costi: per qualcuno la mobilita' e' quasi un dogma, quella dei rom e' invece demonizzata, condannata e sospettata. E' forse così altrove? Perché in Italia l'integrazione deve passare per forza solo ed esclusivamente dalla sedentarizzazione? Possibile che tutte le Associazioni vanno in questo senso? Cosa ne ricavano?
Pochi anni fa (non il secolo scorso) delle famiglie rom di Coltano avevano espresso la loro volonta' di continuare a vivere in roulotte, non gli andava di vivere in appartamento, ma non c'e' stata ragione e in nome della cosi detta integrazione, indotte ad abitare in appartamento.
So che ci sono amministrazioni che si rifiutano di finanziare l'acquisto di roulotte, preferendo di gran lunga spendere per le case e appartamenti, sempre in nome dell'integrazione, ma che di fatto sono delle imposizioni di modelli e stili di vita che non sempre coincidono con quelli dei rom. Per una famiglia rom vivere in una casa, di fatto e' diverso da come vive una famiglia italiana.
So di correre il rischio di essere definito "ideologico" (oggi chi non si allinea e' cosi che e' tacciato): mi chiedo se oggi i rom sono nelle condizioni di scegliere liberamente e serenamente il loro futuro.
So che ci sono rom che la loro vita si e' complicata anche perche' hanno smesso di nomadizzare, altri invece che vivono tranquilli in case e che poi lasciano quando ritengono utile riprendere a girare. Tanti hanno avuto il privilegio o la fortuna di averne una, a differenza di altri che la sognano, altri invece sanno accontentarsi di una baracchina o di una roulotte.
Sono differenti i motivi che spingono gruppi di rom ad essere o diventare per dei periodi dei "nomadi": per lavoro, per opportunità, per regolarizzare i documenti, per motivi di famiglia, per paura dei servizi sociali che prendano i loro figli, semplicemente per cambiare aria per un certo periodo, per le continue minacce di espulsione e di sgomberi, per delle liti tra famiglie.. Spesso cio' che accomuna la maggioranza dei rom, nonostante le loro differenze e' proprio quello di dichiararsi sempre come "non nomadi", un po' per convenienza ma nello stesso tempo si sentono liberi dai nostri schemi, consapevoli e fieri anche della propria diversita'.

Certo e' che il nomadismo dei rom, tipico di 40/50 anni fa' non e' piu' quello di oggi; cosa ridicola riproporlo o solo pensarlo in modo nostalgico, anche se in genere l'immaginario collettivo piace pescare proprio nel mondo fantasioso del rom nomade.
Il nomadismo non e' l'altra faccia della sedentarieta' che ci sta un pochino stretta?
Forse ci vorrebbe un altra circolare per scoraggiare questo immaginario mondo gitano presente in ognuno noi: e i rom mi piacciono anche perche' il loro "nomadismo" sfida e provoca le nostre immobilita'..pensiero nomade!
Una societa' senza nomadi (rom, pellegrini, profughi..) forse e' piu' povera, senz'altro piu' rannicchiata su se stessa.


Rif: Parole un tanto al chilo

 
Di Fabrizio (del 23/03/2014 @ 09:08:49, in casa, visitato 1645 volte)

di Riccardo Noury

Miriana Halilovic è una cittadina italiana, italianissima. Ha due gemelle nate l'estate scorsa e altri due figli, di quattro e 11 anni. Sgomberata nel 2010 dal Casilino ‘900, vive nel campo di Salone con la famiglia in una roulotte composta da due piccole stanze da letto e un vano per cucinare e mangiare. Ha fatto domanda per uno degli alloggi popolari del comune di Roma.

Come Miriana, molti dei circa 4300 rom residenti nei campi autorizzati di Roma hanno presentato quella domanda. Invano. Dei 50.000 nuclei familiari che vivono nelle case popolari della capitale, lo 0,02 per cento sono rom.

Stanno bene come e dove stanno, direte. Eppure, la stragrande maggioranza del rom incontrati da Amnesty International negli ultimi anni ha detto di averne abbastanza della vita nei campi. Vorrebbe, come chiunque, una casa degna di quel nome. Per avere un futuro, perché - come dice Kinta del campo di Castel Romano (nella foto) - "qui dentro non c'è futuro, c'è spaccio di droga, tossicodipendenza. Qui non c'è vita".

Nonostante le loro povere condizioni di vita, fino al 2012 i criteri per dare priorità alle domande di alloggio popolare hanno impedito ai rom di accedervi. Il richiedente doveva dimostrare di essere stato legalmente sfrattato da un alloggio privato in affitto, cosa impossibile per i rom residenti nei campi o sgomberati forzatamente da questi ultimi.

Alla fine di quell'anno è stato introdotto un nuovo criterio per dare priorità alle persone che si trovavano in gravi condizioni di svantaggio ed erano ospitate a titolo provvisorio in strutture fornite da enti caritatevoli o dallo stesso Comune di Roma. Quando i rom residenti nei campi hanno iniziato a presentare domande, la giunta Alemanno si è affrettata a chiarire, con una apposita circolare, il 18 gennaio 2013, che quel criterio non si applicava nei loro confronti, in quanto i "campi nomadi" erano strutture "permanenti" e non "provvisorie".

Poi ci sono state le elezioni e si è insediata la giunta Marino. Gli sgomberi dei campi informali sono proseguiti, accanto a dichiarazioni pubbliche sulla necessità di un piano per integrare le comunità rom.

In un incontro avuto in Campidoglio il 28 ottobre 2013 con Amnesty International, l'assessora alla solidarietà sociale e alla sussidiarietà Rita Cutini ha dichiarato il suo impegno a ritirare la circolare discriminatoria. Amnesty International ha espresso pubblicamente il suo apprezzamento per queste parole.

Sono passati cinque mesi e la circolare rimane in vigore. Non solo. Il sindaco Marino non ha neanche ritenuto necessario rispondere a una lettera di Amnesty International ricevuta ormai più di un mese fa (qui il testo integrale).

È bene chiarire un paio di cose. Amnesty International non intende sollecitare una corsia preferenziale per i rom che chiedono di poter accedere alle graduatorie per l'assegnazione delle case popolari; chiede che non ne siano esclusi per la semplice ragione della loro origine etnica.

Va anche detto che tutelare il diritto all'alloggio per tutti - un obbligo internazionale per l'Italia come per ogni altro stato - è una sfida complessa, anche perché il patrimonio immobiliare di proprietà pubblica nel nostro paese si è progressivamente ridotto: il 5 per cento del patrimonio immobiliare complessivo, rispetto al 23 per cento in Austria e al 32 per cento in Olanda.

Le liste d'attesa sono infinite. Al ritmo attuale di 250 assegnazioni all'anno, per assegnare gli alloggi a tutti i richiedenti, l'ultimo oggi in graduatoria l'otterrebbe tra 117 anni.

Dunque, per risolvere il problema degli alloggi a Roma, senza discriminare poche centinaia di famiglie rom, il Comune di Roma dovrebbe impegnarsi seriamente per accrescere la disponibilità di alloggi pubblici per le migliaia di famiglie della capitale che hanno disperato bisogno di un'abitazione.Rom, gli impegni non mantenuti dal Comune di Roma

[...]

 
Di Fabrizio (del 16/03/2014 @ 09:03:08, in casa, visitato 1671 volte)

Il gruppo di sinti al lavoro nel deposito di Amcps. FOTO ROVEROTTO
Alloggi per l'housing sociale: i lavori verranno effettuati da Amcps Intanto quattro nomadi continuano a lavorare in viale sant'Agostino. Chiara Roverotto su
IL GIORNALE DI VICENZA

VICENZA. Ottantamila euro per il trasloco dei sinti in via Muggia. Ma quei soldi serviranno ad altro quando il campo sarà risistemato e le famiglie torneranno in via Cricoli. L'Amministrazione comunale al riguardo ha le idee molto chiare: la pressione per la richiesta di case, gli sfratti, le famiglie che si sgretolano davanti a crisi occupazionali e non solo, stanno diventando un'emergenza per un assessorato che per il sociale mette in bilancio oltre 10 milioni di euro all'anno. La spesa più ingente.

Ecco perché la scelta di via Muggia, per i Sinti che l'accetteranno, ha una duplice valenza: quella di creare appartamenti che poi serviranno per il cosiddetto housing sociale. Alloggi per chi si trova in difficoltà, per chi deve gestire un'emergenza, per chi non sa dove sbattere la testa e deve iniziare un cammino partendo almeno da un tetto. Una risposta in più che il Comune cercherà di offrire a chi continua a bussare alle porte dell'assessorato di contrà Mure San Rocco. La gestione, probabilmente, verrà affidata all'albergo cittadino, mentre del riadattamento edilizio se ne occuperà Aim (...)

Leggi l'articolo integrale sul Giornale in edicola.


I sinti offrono il risotto e rifiutano via Muggia
Luciano Caldaras offre il risotto al campo di via Cricoli
Grande festa in via Cricoli con tanto di vino e musica "Siamo abituati a vivere dentro i nostri carrozzoni". Su
IL GIORNALE DI VICENZA

Da una parte gli incidenti e dall'altra la festa. Musica, risotto, vino e un fuoco acceso dentro un bidone per riscaldare l'atmosfera. Dista appena qualche centinaio di metri da via Muggia, ma al campo nomadi di viale Cricoli non arriva l'eco delle tensioni. Anzi, le famiglie aprono le loro “case” ai vicentini. E lanciano alla città un appello: "Noi non vogliamo andare all'interno di quella caserma".

UNA GRANDE FESTA. Luciano Caldaras è uno dei protagonisti della serata. Apre le bottiglie, serve il risotto e accoglie i visitatori. I primi ad arrivare sono i 50 manifestanti di Usb, Rifondazione e Alternativa comunista, che dalla chiesa di Santa Maria Ausiliatrice hanno raggiunto il campo per testimoniare la loro vicinanza ai nomadi. "Ci servono amici - spiega Caldaras - e gente buona. In questo momento stiamo vivendo molto male tutto quello che viene detto nei nostri confronti".
"NOI SINTI". Caldaras non entra nella polemica. Ma mette subito in chiaro una cosa: "Noi siamo sinti - precisa - e siamo ex giostrai. Avete (...)

Leggi l'articolo integrale sul Giornale in edicola.

 
Di Fabrizio (del 12/03/2014 @ 09:04:21, in casa, visitato 1812 volte)

Robb de matt, cito testuale: "... fino a quando tutti gli appartamenti non saranno occupati, e tutti gli inquilini non parteciperanno alle spese condominiali, l'ascensore ad esempio non verrà messo in funzione e la gestione delle aree comuni resterà una incognita. Il tutto per buona pace di chi, ad esempio, aveva finalmente ottenuto di trasferirsi in una palazzina più confortevole, che permettesse di far fronte anche ad alcune disabilità, e si ritrova invece a dover fare le scale per uscire e rientrare in casa, senza alternative"

  S.Bona, l'immobile nuovo e semi-sfitto

Nuovo immobile Ater a Santa Bona (investimento da 3 milioni) sfitto da mesi: diversi assegnatari non accettano di avere coinquilini rom - di Federico de Wolanski su la tribuna di Treviso

Il nastro è stato tagliato in autunno, trenta alloggi di edilizia popolare dell'Ater nuovi di zecca con tanto di riscaldamento a pavimento, pannelli solari e altri optional. Trenta case pronte, abitabili da subito, costate oltre 3 milioni di euro ma che oggi, a cinque mesi dall'inaugurazione, sono per metà vuoti, sfitti, non assegnati. Perché? Perché tra gli assegnatari in lista, i primi hanno rinunciato. Motivo: "Nel condominio ci sono gli zingari".

La realtà è sotto gli occhi di tutti: sia dei residenti della zona, sia dei pochi inquilini che invece hanno già preso casa nello stabile di via Brigata Cadore dove nel novembre scorso, per l'inaugurazione, arrivò perfino l'assessore alla Casa della Regione Veneto Giorgetti. Il palazzo (6 appartamenti a tre camere, 12 a una camera singola, altrettanti a 2 camere, tutti con disponibilità di garage, riscaldamento a pavimento e pannelli solari) è semivuoto. Gli appartamenti assegnati, ad oggi, sono solo una dozzina sui trenta totali.

E la chiave di tutto sarebbe tutta lì, nei primi arrivati: sei nuclei familiari di etnia rom, appartenenti alle famiglie “nomadi” più note nel trevigiano. Una presenza che oltre ad aver già alimentato problemi di convivenza nello stabile, avrebbe indotto più di qualche assegnatario a rinunciare all'alloggio assegnatogli dal Comune di Treviso. Gli italiani residenti - sei famiglie in tutto - preferiscono non affrontare l'argomento. Storcono la bocca e accennano, a voce bassa. Ma la questione è ben nota agli uffici comunali che gestiscono le assegnazioni. "È vero" ammette l'assessore al Sociale Liana Manfio, "quando abbiamo contattato i candidati alla casa, molti ci hanno risposto che non accettavano l'offerta per via degli inquilini, i rom. Non abbiamo potuto fare nulla". Ma perché i primi assegnatari sono state le famiglie rom? "La lista era chiara, e le assegnazioni vengono fatte in base a quella, oltre che in base alle emergenze".

Di qui la brusca frenata alle procedure di assegnazioni e la caccia a famiglie disponibili ad occupare stabili popolari in classe energetica superiore. Così, il gioiello di Santa Bona si sta trasformando in un edificio fantasma, con tutti i problemi del caso. Già, perché fino a quando tutti gli appartamenti non saranno occupati, e tutti gli inquilini non parteciperanno alle spese condominiali, l'ascensore ad esempio non verrà messo in funzione e la gestione delle aree comuni resterà una incognita. Il tutto per buona pace di chi, ad esempio, aveva finalmente ottenuto di trasferirsi in una palazzina più confortevole, che permettesse di far fronte anche ad alcune disabilità, e si ritrova invece a dover fare le scale per uscire e rientrare in casa, senza alternative.

Come se non bastasse poi l'edificio ha già cominciato a risuonare di lamentele e tensioni tra inquilini e Ater, e tra inquilini ed inquilini. Una situazione che non facilita certo l'assegnazione delle alloggi e la gestione del condominio, e sta alimentando anche il dibattito politico.

La Lega, con il capogruppo Sandro Zampese e Pierantonio Fanton, vicepresidente Ater, sta affilando i coltelli e ha pronta un'interrogazione diretta all'assessore al Sociale Liana Manfio e al sindaco Manildo: "È inaccettabile un simile spreco e una simile malagestione in un momento in cui tante famiglia attendono una casa" attaccano. La discrepanza tra l'investimento fatto, la sicurezza con cui si annunciava che "il condominio sarà riempito subito" e la realtà dei fatti, è stridente.

 
Di Fabrizio (del 11/03/2014 @ 09:07:20, in casa, visitato 1680 volte)

Sergio Bontempelli - 10 marzo 2014 su Corriere delle migrazioni

Emarginazione, sgomberi, violazioni di diritti e spese fuori controllo. La politica del Comune di Roma in materia di rom e sinti non è cambiata con la Giunta Marino

Doveva essere la Giunta del rinnovamento, espressione di una politica diversa, di un vero e proprio "cambio di passo" rispetto al passato. Invece, i primi otto mesi di Ignazio Marino al Campidoglio sono all'insegna della continuità con l'Amministrazione Alemanno, almeno per quanto riguarda le politiche in materia di popolazione rom e sinti.

È questa l'accusa che l'Associazione 21 Luglio, una delle sigle più attive e conosciute della galassia romanì, ha lanciato pubblicamente presentando il dossier "Senza Luce: rapporto sulle politiche della Giunta Marino, le comunità rom e sinte nella città di Roma e il Best House Rom".

In effetti, i dati raccolti nel dossier sono impressionanti. A partire dal 12 settembre scorso, con l'intervento nel campo di Via Salviati, la Giunta Marino ha effettuato ben diciassette sgomberi: in media uno ogni quindici giorni. "Si tratta di un numero inferiore a quello registrato sotto la passata Amministrazione", spiega Carlo Stasolla della 21 Luglio, "ma comunque ancora alto e preoccupante per le modalità con cui gli sgomberi sono stati attuati, in particolare per la costante assenza di reali consultazioni con gli interessati".

Eppure, la pratica degli sgomberi è stata oggetto di durissime critiche da parte delle organizzazioni internazionali. "Gli sgomberi non servono", proseguono gli estensori del dossier, "e la stessa "Strategia Nazionale di Inclusione", approvata dal Governo italiano in attuazione delle politiche europee, chiede di superarli".

Come superare i campi? Costruendo altri campi...
Vale la pena soffermarsi proprio sulla Strategia Nazionale di Inclusione: si tratta di un documento che non è giuridicamente vincolante - non è insomma una legge, e nemmeno un'ordinanza, una direttiva o un regolamento - ma che prescrive le politiche da attuare nei confronti delle popolazioni rom e sinte. In particolare, la Strategia chiede di avviare percorsi di inserimento abitativo, lavorativo e sociale, superando le pratiche di segregazione urbana e la logica dei "campi nomadi".

A parole, la Giunta Marino si ispira alla Strategia, e la fa propria. O per meglio dire, si esprime in modo contraddittorio e ambivalente: già, perché le dichiarazioni pubbliche degli amministratori capitolini usano linguaggi diversi. C'è quello del Sindaco Marino, che non si fa scrupoli di associare i cosiddetti "nomadi" ad un problema di "sicurezza" e di ordine pubblico (il 18 luglio, nel suo primo discorso programmatico, il medico prestato alla politica spiegò che "sui nomadi abbiamo avviato una collaborazione con le forze dell'ordine per riportare nei campi attrezzati una situazione di ordine e legalità"). E poi c'è il linguaggio di Rita Cutini, assessora al Sostegno Sociale e alla Sussidiarietà, che invoca costantemente la Strategia Nazionale, parla di inclusione e rilancia la necessità di "superare i campi nomadi".

Il modo in cui l'assessora intende perseguire questi obiettivi è, tuttavia, perlomeno bizzarro. Il 13 febbraio scorso, al Tavolo Tecnico su Rom e Sinti, la Cutini ebbe a dire infatti che "la nostra idea è superare i campi immaginando di creare campi di medie dimensioni". Non è uno scherzo, è proprio così: il Comune di Roma vuole superare i campi costruendo altri campi (sia pure "di medie dimensioni"). Un po' come se uno volesse smettere di fumare accendendosi una sigaretta...

Best House Rom
Ma la vera novità delle politiche capitoline è rappresentata dall'immobile di via Visso, conosciuto col nome un po' beffardo di "Best House Rom" (per chi non sapesse l'inglese, l'espressione suona più o meno come "la miglior casa dei rom"). Si tratta di una struttura di accoglienza, utilizzata già dall'Amministrazione Alemanno, e pensata per collocare famiglie sgomberate dai campi cosiddetti "abusivi".
Qui, dal 16 al 18 dicembre 2013, sono stati trasferiti i 120 rom presenti nel "villaggio attrezzato" di via della Cesarina, mentre il 6 febbraio scorso sono state inserite 47 persone allontanate da via Belmonte Castello.

Le accuse della 21 Luglio sul "Best House Rom" sono circostanziate e durissime. L'immobile è un vecchio capannone industriale, da cui sono state ricavate piccole stanze senza finestre e senza luce naturale (di qui il titolo del dossier, "Senza Luce" appunto). La struttura non è arredata, e gli ospiti hanno a disposizione solo dei letti dove dormire.
"Gli spazi", denunciano gli estensori del rapporto, "sono inadatti e lontani da quanto previsto dalla normativa regionale: ogni nucleo familiare, composto in media da cinque persone, dispone di fatto della sola zona notte, che svolge anche funzioni di zona giorno e studio per i minori, composta da un'unica stanza di circa 12 mq. Ogni ospite, pertanto, ha a disposizione circa 2,5 mq contro i 12 mq indicati dalla Legge Regionale".
Non basta: secondo le rilevazioni effettuate dai tecnici della 21 Luglio, nell'immobile "non sono presenti adeguate misure di sicurezza. La capacità di esodo, in caso di incendio, risulta fortemente limitata per la carenza di adeguate vie di fuga".

Il regolamento interno del centro di accoglienza, infine, è gravemente lesivo dei diritti dei rom. "In teoria", spiegano ancora dalla 21 Luglio, "la permanenza nella struttura non deve essere superiore ai 90 giorni. In realtà, molti degli ospiti accolti a partire del luglio 2012 sono ancora presenti, senza che a loro sia stata formalizzata una proroga. La possibilità di rimanere nel Best House Rom è costantemente minacciata dall'assenza di trasparenza nelle procedure di rinnovo, dalle incertezze sui tempi di ospitalità, dalle clausole di espulsione contenute nel Regolamento. In caso di allontanamento improvviso, le famiglie risultano sprovviste di tutela legale, permanendo così in una condizione di costante assenza di certezza".

Quanto ci costa?
Come spesso è stato osservato, le politiche di segregazione dei rom hanno costi altissimi per il contribuente. Per il solo Best House Rom, il Comune di Roma ha speso 765 mila euro per gli ultimi sei mesi del 2012, e altri 522 mila euro da gennaio a maggio 2013. In altre parole, per il mantenimento della struttura il Campidoglio spende più di 6 mila al giorno. No, non è un errore di stampa: sono proprio 6 mila euro al giorno. Cifre altissime, a cui si devono aggiungere i costi degli sgomberi (secondo alcune stime, 15/20 mila euro per ciascun intervento), e quelle per il mantenimento dei campi e dei villaggi attrezzati.

Siamo di fronte dunque a una politica che produce segregazione, e che costa. Esistono alternative possibili? La 21 Luglio ne ha proposte alcune: la sospensione degli sgomberi, l'avvio di una reale consultazione con la comunità rom e sinti, la chiusura dei campi, l'avvio di un percorso di inclusione sociale e abitativa. Sono le medesime richieste contenute in un documento presentato - all'inizio di Settembre - dall'Arci Solidarietà e dalla stessa 21 Luglio.

"Il documento", spiega ancora Carlo Stasolla, "era rivolto alle autorità locali, al fine di indicare i principi essenziali di una nuova politica. Ma quelle proposte sono rimaste inascoltate, e la risposta del Comune è stata il trasferimento nel "Best House Rom" dei 120 rom presenti nell'insediamento di via della Cesarina". Un po' come dire: non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

 
Di Fabrizio (del 05/03/2014 @ 09:01:52, in casa, visitato 1754 volte)

il mattino di Padova 03 marzo 2014

L'allarme di Luigi Bolognani, presidente della Croce Rossa di Padova: "Le pessime condizioni igieniche fanno insorgere malattie da noi scomparse"

PADOVA. Una situazione critica, un'emergenza dal punto di vista delle condizioni igienico- sanitarie e di vivibilità. Stiamo parlando delle circostanze del campo nomadi di via Bassette, dove ad oggi risiedono tre grossi nuclei familiari rom composti da 43 membri, di cui 29 minori. L'allarme lo lancia la Croce Rossa di Padova che mensilmente, in accordo con il Comune, si reca con i suoi volontari all'interno dei campi di via Longhin e via Bassette, dove svolge attività di prevenzione ed educazione sanitaria. Ma se nel caso di via Longhin il contesto è regolare, tanto che il Comune ha contribuito a migliorarne l'aspetto logistico e di conseguenza le condizioni di vivibilità, nel caso di via Bassette la situazione è davvero molto più critica proprio per questa sua condizione di irregolarità.

La Croce Rossa. "Sicuramente il fatto che questi rom vivano in condizioni igienico-sanitarie molto precarie fa sì che si ammalino molto più facilmente e che contraggano anche tutte quelle patologie che per noi sono ormai quasi del tutto scomparse", spiega Luigi Bolognani, presidente della Croce Rossa di Padova. "Le malattie che troviamo più frequentemente sono le parassitosi, come le malattie fungine della pelle o i pidocchi, e le malattie dermatologiche, che venendo poi trascurate si acuiscono e si evolvono nella loro gravità. In più esistono tutte le problematiche legate ai bambini, spesso affetti da infezioni, e alle donne incinte, che non essendo monitorate durante la gravidanza possono incorrere in complicazioni più o meno gravi", continua a spiegare Bolognani, che sottolinea come l'impegno della Croce Rossa sia quello di migliorare, per quel che è possibile, le condizioni di vita dei rom che vivono nel campo. "Fortunatamente negli anni si è creato un rapporto di fiducia tra noi e loro" sottolinea Daniele Gasparini, delegato dell'area sociale del comitato della Croce Rossa di Padova, che spiega come i nomadi vengano aiutati anche all'esterno del campo. "Per tutte quei casi che necessitano di essere seguiti in maniera specialistica, o comunque più di una volta al mese, invitiamo i rom del campo a venire nel nostro ambulatorio di via Croce Rossa, dove a rotazione vengono a visitare diversi medici specialisti. E devo dire che questo sistema sta funzionando abbastanza bene".

Il Comune. Un'emergenza quella di via Bassette che si sta prolungando da qualche tempo, causa la situazione non definita sulle sorti del campo. "Purtroppo attualmente possiamo agire in maniera piuttosto limitata poiché il terreno, come si sa, è di un privato e non possiamo muoverci come abbiamo fatto per via Longhin dove adesso queste persone vivono dignitosamente" spiega l'assessore alle politiche sociali Fabio Verlato. "Ad oggi è in corso una causa su quel terreno. Quello che abbiamo l'obbligo di fare in attesa della sentenza è tutelare il più possibile i minori che ci sono al suo interno attraverso gli interventi sanitari e il supporto scolastico. Non possiamo assolutamente sgomberare il campo senza sapere che fine faranno i minori. Non escludo che in futuro si possa trovare un'altra sistemazione per questi gruppi familiari ma intanto quello che ci preme è garantire i più piccoli".

 
Di Fabrizio (del 20/02/2014 @ 09:04:36, in casa, visitato 1802 volte)

Di Martina Lucchin su VicenzaPiù | Martedi 18 Febbraio alle 15:22

Dopo alcuni mesi di polemiche rimbalzate da una parte all'altra della città, la decisione è stata presa: le famiglie Sinti e Rom verranno trasferite in via Muggia durante i lavori di riqualificazione del campo di via Cricoli, dove risiedono attualmente. Scartate via Zamenhof per i possibili rischi di inquinamento della vicina oasi di Casale e via Carpaneda perché soggetta ad allagamenti, l'ex caserma di via Muggia si prepara ad ospitare provvisoriamente, sottolinea più volte il sindaco Achille Variati nell'odierno dopo giunta, le ottanta persone del campo Cricoli.

La struttura, data al Comune dalla Provincia in comodato d'uso per le situazioni di emergenza abitativa e sociale, verrà sistemata con i fondi ministeriali (80 mila euro) e ospiterà le famiglie di sinti e rom, mentre solo alcune roulotte verranno portate nel parcheggio della caserma. Le altre roulotte verranno parcheggiate in tutta probabilità nel park Cricoli. Una volta terminati i lavori di riqualificazione del campo di via Cricoli, i luoghi dell'ex caserma verranno utilizzati per il co-housing e per le esigenze abitative.

Polemiche finite? Molto probabilmente no, e ne è ben consapevole Variati che risponde a tono alle tante critiche arrivategli in questi giorni. "Non mi spaventano gli insulti sul web, sono anziano e ho imparato a sopportare queste cose", afferma il primo cittadino, per poi bacchettare i cittadini, che hanno utilizzato toni eccessivi o razzisti, e il sindaco di Creazzo, da cui si sarebbe aspettato una "maggiore collaborazione". Al consigliere Claudio Cicero, che aveva sollevato dei dubbi sulla conformità dell'area di via Cricoli, Variati non solo risponde con l'elenco delle autorizzazioni giunte dal Genio Civile, dalla Sovraintendenza e dagli uffici comunali, ma annuncia anche che verrà portata presto in consiglio comunale una delibera per trasformare l'area di via Cricoli da agricola a "a servizi" e per approvare il progetto della futura disposizione delle piazzole. Infine il sindaco Variati rimarca il cambio di rotta intrapreso da qualche giorno, dopo lo scivolone "mediatico" sul pagamento delle bollette ad alcune famiglie del campo di via Cricoli che ha portato a Vicenza anche un inviato delle Iene, in merito agli aiuti elargiti dal Comune: "deve cambiare l'atteggiamento di chi ha bisogno d'aiuto, il Comune non intende più dare alcuna forma di assistenzialismo a chi non sarà disponibile a corrispondere in cambio delle attività lavorative".

 
Di Fabrizio (del 06/02/2014 @ 09:09:07, in casa, visitato 1655 volte)

Campo delle Tagliate

La NAZIONE - Lucca - Vicenda alloggi, ecco come la pensano i diretti interessati

Lucca, 4 febbraio 2014 - Per chi ancora si immagina rom e sinti come amanti della vita itinerante, tutti stretti intorno al fuoco, sempre pronti a trasferirsi in altre città con la propria roulotte, deve ricredersi. Loro le case le vogliono eccome, la stanzialità gli è entrata sottopelle al punto che il campo di via delle Tagliate, che dovrebbe essere di passaggio, per alcuni è dimora fissa da due-cinque anche dieci anni e oltre. Lasciamo che nel dibattito di questi giorni sul progetto del Comune di costruire le casette di legno in via delle Tagliate - anzi no - di ristrutturare 7 appartamenti in via Brunero Paoli, entrino anche i diretti interessati: rom e sinti che occupano le due ale del campo nomadi con una convivenza spesso non facile. Ma uniti da un punto fermo: le case si devono fare, anche per chi - più di uno - ci confessa candidamente di essere stato sfrattato dalle case popolari di S.Anna perché da tempo non pagava l'affitto.

"Certo, vogliamo una casa - dice Adrian - . Io in Romania vivevo in una casa, ora da 5 anni sono qui con due figli e nipoti, arrangiato in una roulotte, con 93 euro di bolletta Geal e 100 di luce. Neanche i cani vivono così, in mezzo alle pozzanghere e al freddo. Non ci hanno dato nemmeno le bombole per riscaldarsi, soltanto gli estintori, uno per piazzola". Gli chiediamo se lavora e annuisce. Gli chiediamo perché ha una bella Audi berlina parcheggiata accanto alla sua roulotte. "Una macchina come un'altra. In Romania costano meno…". Molti ci vengono incontro per dirci che si arrabattano con alcuni lavoretti (commercio auto, trasporti, vendita ferro) e che a volte non riscuotono perché il ‘capo' gli contesta il lavoro, che devono pagare l'acqua maggiorata per via del nuovo impianto ("ma il contatore mica ce lo portiamo via?"), che non rubano anche se "le mele marce sono ovunque", che ci sono bimbi piccoli nati prematuri che non possono vivere così, e che la scalata alle graduatorie delle case popolari dà qualche buona speranza. Molti sono iscritti da tempo.

"Io ho 8 punti - ci dice una giovane mamma rom - dovrei essere vicina alla casa, ma mi hanno detto che forse scenderò, non so perché. E' un'altalena continua, non c'è da capirci niente". Alcuni ragazzi sinti, uno dei quali con orgoglio ci dice che è "contrattualizzato" e lavora 14 ore al giorno, ci indicano le pozzanghere tra le roulotte. "Quattro mesi fa hanno fatto tanti lavori: tubature nuove agli impianti, ghiaino e piazzale ‘nuovo'. Adesso siamo di nuovo punto e a capo". Scuote la testa Nico, 55 anni, sposato, separato e poi riaccompagnato con una ragazza. Una presenza storica la sua: è qui da 12 anni, con un intermezzo di vita in un alloggio popolare della periferia. Ma l'affitto era troppo salato.

 
Di Fabrizio (del 02/02/2014 @ 09:08:32, in casa, visitato 2735 volte)

Cosenza, la comunità rom accampata lungo il fiume Crati sperimenta una stufa che trasforma in calore il rischio incendio. Così si punta su energia alternativa e riciclaggio
Nella foto la stufa Rmh all'interno della Scuola del Vento (© Coessenza \ Confluenze) - Corriere della Calabria

COSENZA Riscaldarsi riciclando, con una stufa semplice da realizzare ed efficiente. Sembra lo spot di una televendita. E ad alcuni sembrerà pure impossibile, ma chi la sta provando è pronto a giurare che la stufa Rocket Mass Heater fa egregiamente il suo lavoro ed è un oggetto rivoluzionario. Il "target" è inedito: vista la loro capacità di riciclare materiali, è ideale per i rom. In più, i costi di realizzazione sono vicini allo zero e soprattutto, grazie alla struttura e al funzionamento, il rischio di incendio e di ustioni è molto più contenuto: sono due dei motivi per cui un oggetto così - che potrebbe essere venduto in tv o sul web ma attualmente è utilizzato nella "Scuola del Vento" Coessenza all'interno del campo nomadi di Cosenza lungo il fiume Crati - è stato salutato con entusiasmo. La baraccopoli rom del capoluogo calabrese festeggia così la Scuola del Vento, un progetto educativo che quest'anno spegnerà 5 candeline: lezioni gratuite in una baracca autocostruita dai rom e dai volontari di alcune associazioni della città.

L'Rmh, l'"oggetto misterioso" con cui la Scuola si sta riscaldando da qualche mese, è una stufa a legna con un'efficienza termica tale da ottenere la stessa quantità di calore utilizzando tra il 50 e l'80% in meno di legna rispetto a una stufa tradizionale: ciò è possibile grazie al processo di pirolisi, che consente di far bruciare la maggior parte dei gas della combustione (il fumo del fuoco) ottenendo così altro calore, ed emissioni minime composte quasi esclusivamente da Co2 e vapore acqueo. "Considerato poi che la forma e il funzionamento della camera di combustione creano un tiraggio consistente - spiegano i volontari della Scuola del Vento -, è possibile indirizzare il tubo di uscita degli esausti nella direzione desiderata, anche orizzontalmente, e ciò permette di farlo passare all'interno di una massa termica di materiale inerte pietroso (il pavimento, una panchina, un letto, un muretto o un qualsiasi altro elemento architettonico) ottenendo così di accumulare all'interno della casa una notevole quantità di calore che andrebbe altrimenti disperso". Anche i costi e i tempi di realizzazione di questo sistema innovativo sono eccezionalmente contenuti: è possibile infatti realizzare un impianto base con massa termica per meno di 150 euro e in meno di due giornate lavorative. Inoltre, sono già stati sperimentati sistemi che incorporano la possibilità di produrre acqua calda.

RMH, UN SISTEMA RIVOLUZIONARIO
NON SOLO PER LA COMUNITA' NOMADE

Un impianto di riscaldamento a costo ridotto e più sicuro dei metodi finora usati dalle fasce di cittadini meno abbienti che popolano la città potrebbe essere una salvezza se pensiamo agli episodi drammatici dell'ultimo anno: ai primi di marzo 2013 due clochard morti carbonizzati in una vecchia palazzina abbandonata, a pochi metri dal salotto buono di Cosenza, mentre il 2 gennaio a fare una fine simile è stato un anziano sarto, travolto dalle fiamme nella sua mansarda alle spalle del Municipio. Ma il rischio incendi è comune a tutti i (non) luoghi d'Italia abitati da quelli che i sociologi chiamano "marginali": proprio all'alba di oggi a Roma un cittadino straniero è morto carbonizzato in un incendio scoppiato in un residence abitato soprattutto da migranti, che vivono in condizioni disumane.

Insomma, il Rocket Mass Heater potrebbe far comodo a molti, di questi tempi. Ma perché è ancora più rivoluzionario per la comunità rom? Eccolo spiegato, in quattro punti:

  • L'utilizzo di una stufa con massa termica consente di avere minori sbalzi di temperatura. Ciò è particolarmente rilevante in un ambiente come le baracche che si surriscaldano quando le stufe a legna sono accese per poi raffreddarsi molto velocemente appena la stufa si spegne, portando alla condensa dell'umidità trattenuta all'interno dai rivestimenti plastici che vengono utilizzati per isolare le baracche e, dunque, ad una sostanziale insalubrità dell'ambiente.
  • La possibilità di utilizzare un quantitativo di legna molto inferiore disincentiva il ricorso a legna con plastica o vernici attaccati e alla plastica.
  • La qualità degli esausti, che sono praticamente respirabili, migliora radicalmente la qualità dell'aria all'esterno, che, specialmente nei campi densamente popolati, è spesso molto inquinata proprio a causa della combustione di materiali tossici e del posizionamento molto basso dei comignoli, favorendo malattie respiratorie e neoplasie.
  • Il bidone incorporato nel sistema, può essere utilizzato come piano di cottura, portando ad un risparmio sul gas e ad un miglioramento della qualità dell'aria all'interno delle baracche, dove la combustione del gas per la cottura può inquinare pesantemente l'aria.

OSTILITA' DEI CITTADINI (E DELLA NATURA)
L'INTEGRAZIONE FINORA È FALLITA

La "stufa rivoluzionaria" è un tassello che arricchisce la sfida della Scuola del Vento, esperienza di integrazione come poche altre su scala nazionale. Quella della scolarizzazione dei bambini rom rumeni accampati nei due campi cittadini (a Vaglio Lise e nel Palazzetto dello Sport di Cosenza-Casali) è una questione molto delicata: i dati non proprio incoraggianti spiegano meglio la situazione. Nel biennio 2011-2012 risultavano 52 bambini iscritti a scuola, di cui 40 alle elementari e 12 alle medie. I frequentanti alle elementari sono stati 29, 11 bambini hanno invece frequentato con discontinuità. Alle medie, 8 bambini hanno seguito con costanza, 4 saltuariamente. Il disagio economico, sociale e ambientale in cui vivono le loro famiglie è una delle cause della dispersione scolastica. L'assenza di una residenza ufficiale causa, invece, la difficoltà di accesso alle vaccinazioni (un dossier appena ultimato da un gruppo di associazioni ha contato fino a oggi 23 bambini vaccinati, mentre gli operatori dell'ambulatorio dei Medici Senza Confini "A. Grandinetti" di Cosenza hanno documentato i rischi igienico-sanitari nei due nuclei abitativi (campo e Palazzetto). Secondo i volontari, un primo passo verso una reale integrazione potrebbe essere l'impiego dei rom nella raccolta e lavorazione del materiale ferroso e dei rifiuti ingombranti, sulla scorta di quanto già accade a Bolzano ma anche a Reggio Calabria e Lamezia.

Anche se la diffidenza è dura a morire, in 9 anni di presenza, le "manifestazioni" più ostili per i rom della baraccopoli sono venute dal fiume in piena, dalla pioggia o dalle fiamme (mai dolose, se non in un caso e ad opera di una persona del campo). La scorsa estate, però, dopo il boom di furti nei quartieri periferici vicini al campo ma anche in centro città, si registrò qualche episodio di violenza sotto forma di raid punitivo: i topi d'appartamento non sono mai stati individuati, ma nella vulgata dei cosentini "gli zingari" erano i colpevoli.

COSTANO 7000 EURO A BIENNIO
ECCO I NUMERI DEI 2 "CAMPI"

Nell'ultimo biennio, la cifra totale messa a disposizione del Comune di Cosenza - denunciano i volontari - ammonta a soli 7000 euro, serviti per coprire i costi dei pasti erogati ai rom sfollati da un grosso incendio scoppiato a Vaglio Lise nel luglio del 2012, e per il pagamento delle utenze del Palazzetto dello Sport di Cosenza-Casali, luogo nel quale queste persone sono state temporaneamente sistemate e dove alcuni rom risiedono tuttora. I dati ufficiali a disposizione dell'Ufficio Statistiche del Comune di Cosenza raccolti in occasione dei due censimenti effettuati prima nel marzo del 2010 e poi nel mese di luglio del 2011, indicano la presenza di sole 320 persone. Di queste, la maggior parte è collocata nell'"insediamento informale" di Vaglio Lise, mentre una cinquantina di persone, circa 13 famiglie, si trovano all'interno del Palazzetto dello sport di Cosenza-Casali.

Il primo ottobre 2009, con una massiccia operazione congiunta di polizia, carabinieri, guardia di finanza e corpo forestale in collaborazione con vigili del fuoco e 118, furono notificati 90 provvedimenti di allontanamento dall'Italia per motivi di sicurezza emessi dal prefetto di Cosenza, su segnalazione della questura - e fu di fatto eseguito il primo "censimento" dei rom rumeni che vivono nella baraccopoli lungo il Crati. Oggi da quella stessa baraccopoli arriva una piccola ma significativa lezione sulle nuove energie.

eu. f.

 
Di Fabrizio (del 11/11/2013 @ 09:05:08, in casa, visitato 1567 volte)

La Gazzetta di Modena
di Serena Arbizzi - Duecento persone protestano in consiglio comunale e pure i sinti rifiutano: "Un ghetto". Rese note le cifre dell'assistenza nomadi

"Cortile non è il posto dove nascondere i problemi di Carpi" e, ancora, "Prima il confronto poi la delibera", "Sì al superamento del campo, no a nuovi ghetti".

Al suono di questi slogan, scritti sugli striscioni e ripetuti da oltre duecento cittadini che ieri sera hanno "invaso" palazzo Scacchetti in occasione del consiglio comunale, il più affollato dell'intera legislatura, in cui sono stati dibattuti quattro ordini del giorno, due interrogazioni e altrettante mozioni sull'infuocato argomento del trasloco del campo nomadi a Cortile. In particolare, l'ordine del giorno Pdl "ritiene illegittima quella parte dell'Ordinanza del Sindaco che dispone l'utilizzo di un terreno privato con opere di urbanizzazione pubbliche" e ha sottolineato che già Emergency il 28 agosto 2012 aveva evidenziato condizioni disastrose in via Nuova Ponente. Paradossalmente, ieri sera, le ragioni dei nomadi, presenti anch'essi con una delegazione di dieci sinti, combaciavano con quelle dei comitati: "Noi non vogliamo andare a Cortile, vogliamo le microaree - ha detto il gruppo che verrà trasferito all'ex scuola - così veniamo ghettizzati. Noi lavoriamo, commerciamo nel ferro, facciamo le pulizie... anche se la gente non si fida di noi".

In principio di seduta sono poi volate parole grosse tra il presidente del consiglio Giovanni Taurasi e Antonio Russo perché la diretta prevista nella sala vicina alla discussione era stata annullata.

L'assessore Alberto Bellelli ha invitato le opposizioni a proporre alternative, dopo avere passato in rassegna gli interventi dell'Ausl nella storia del campo, ma non "le microaree: non le reputo una soluzione, laddove sono state costruite hanno moltiplicato problemi esistenti. Il centro di prima accoglienza di Cortile era quello che poteva essere recuperato nei tempi più ragionevoli. Ho chiesto agli uffici delle politiche sociali cosa significherebbe una chiusura del campo in termini di spesa per l'accesso diretto ai servizi: 11 madri con 11 figli, costerebbero fino a 99mila euro al mese, 16 minori da 7 a 16 anni, le rette arrivano a oltre a 130 euro, fino a 69.400 euro al mese. Gli anziani non autosufficienti costerebbero 780 euro al mese".

Applaudito l'intervento del consigliere Cristian Rostovi, che ha parlato di "balle" dette dal Comune: "Per fortuna che si tratta della decisione dei tempi più brevi: ci avete messo 25 anni... Quanto ai costi a carico delle politiche sociali: sembra che li abbiate tenuti in quelle condizioni perché vi costavano meno...".

I cittadini - che hanno già raccolto con la petizione 2.000 firme contrarie - si sono scaldati anche sulle cifre spese dal Comune per i nomadi, 870mila euro, enunciate da Russo.

 

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