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Di Fabrizio (del 28/02/2010 @ 08:34:43, in Europa, visitato 1878 volte)

Da Hungarian_Roma

The Huffington Post By Joelle Fiss, Pennoyer Fellow - Combating Hate Crimes

24/02/2010 - Proprio un anno fa, il 23 febbraio 2009, Robert Csorba, 27 anni di origine rom, e suo figlio di quasi 5 anni furono colpiti a morte mentre scappavano dalla loro casa in fiamme a Tatárszentgyörgy [leggi QUI ndr]. La sparatoria è avvenuta subito dopo mezzanotte. La famiglia tentava di fuggire dalla sua casa in fiamme, ma nel mentre Robert Csorba e suo figlio furono colpiti a morte dalle pallottole. La moglie di Robert e altri due bambini furono seriamente feriti, oltre naturalmente a patire traumi emotivi.

Un anno dopo, quando Human Rights First visitò la famiglia, c'era una sensazione che queste morti avrebbero potuto essere evitate. Senza dubbio ci sono stati degli errori: l'ambulanza arrivò più tardi del previsto dopo che il crimine fu commesso. La polizia ed il personale medico furono lenti nel riconoscere il motivo dell'incidente che portò alla loro morte. In aggiunta, la polizia concluse inizialmente che il fuoco era stato causato da un incidente elettrico. Mancarono di indagare su importanti indizi che li avrebbero portati rapidamente ai sospetti.

Questo doppio omicidio non è stato un incidente isolato. Violenze simili hanno colpito la nazione nel 2009, colpendo la comunità rom ungherese di 600.000 membri. Sono stati registrati dozzine di gravi crimini razziali, comprendenti l'uso di fucili, il lancio di molotov o di severi pestaggi.

Sono stati compiuti progressi nell'affrontare il circolo vizioso della violenza e le autorità ungheresi hanno preso misure importanti. Quattro sospetti coinvolti in quelli che vengono chiamati "omicidi seriali" sono stati arrestati l'agosto scorso. Centinaia di investigatori sono stati mobilitati su questi casi. Human Rights First spera che inizi presto il processo e che sia pubblico, così da aiutare a portare un senso di giustizia tra le vittime. Un processo, aperto e nazionale, porterebbe in primo piano al dibattito pubblico della questione della violenza razziale contro i Rom. Le conversazioni potrebbero partire dai politici, esperti sui diritti umani e comunità rom, allo scopo di evitare violenze simili in futuro. I giornalisti potrebbero discutere su come evitare di cadere nei soliti luoghi comuni, quando gli incidenti riportati riguardano i Rom.

Paradossalmente, è incoraggiante il fatto che la polizia abbia recentemente ammesso che siano stati fatti degli errori. Con questa constatazione, c'è più possibilità che i responsabili siano disposti a discutere sulle riforme necessarie alla polizia per evitare il ripetersi degli errori.  Qualche giorno fa - quasi un anno dopo gli omicidi - la polizia nazionale riconobbe che c'era stata una cattiva condotta da parte sua, in risposta al doppio omicidio di Tatárszentgyörgy. Come risultato, sono iniziate procedure interne disciplinari verso due poliziotti per assicurare la responsabilità sulle loro mancanze. Ciò va in qualche maniera nella direzione intrapresa dal governo, che chiede vengano messi in atto meccanismi adeguati per rispondere agli abusi polizieschi.

Detto questo, rimane ancora molto da fare.

In primo luogo, l'addestramento della polizia è un punto centrale nel prevenire violenze a sfondo razziale. Quando questa avviene, la polizia deve usufruire di una buona formazione nel raccogliere le prove, così che l'indagine possa definire correttamente la natura del crimine commesso. Effettivamente, se l'indagine sulla scena del crimine è incompleta e viene ignorato il motivo razziale, il sistema della giustizia non può assicurare la sua piena responsabilità.

Quanti sinora si sono occupati degli assassini seriali sono investigatori di esperienza. Ma la polizia locale è formata adeguatamente nel fare fronte agli avvenimenti a livello base, agli episodi giornalieri di minacce e piccole violenze, che non assumono a fama nazionale? La polizia ha bisogno di adattare i meccanismi di risoluzione dei conflitti ai rispettivi contesti locali. Sarebbe utile che potessero confrontarsi con le loro controparti di altri paesi per arrivare a soluzioni creative. A tale proposito, gli Stati Uniti potrebbero essere di grande aiuto. Allo stesso modo che gli investigatori dell'FBI volarono a Budapest l'estate scorsa per dare assistenza alla polizia ungherese nell'identificare gli assassini seriali, potrebbero radicarsi nel futuro anche altre forme di cooperazione tecnica e di mutui progetti, col supporto del Dipartimento USA alla Giustizia e del Dipartimento di Stato.

Secondariamente, le autorità ungheresi preposte alla legge dovrebbero considerare di compiere sforzi concertati per includere più ungheresi di origine rom nelle unità di polizia [leggi QUI ndr], per rompere il sentimento cognitivo di "noi contro loro" che alimenta le tensioni sociali.

Terzo, quando la polizia commette degli errori, le indagini devono essere effettuate sistematicamente - come nelle deviazione avvenute nel caso degli omicidi Csorba, cosicché ci sia un senso genuino di responsabilità per coloro che ritengono che i loro diritti siano stati violati.

Anche più difficile, ma non una sfida meno importante, è trasformare gli stereotipi anti-Rom profondamente radicati che sono tollerati a molti livelli all'interno della società ungherese - sia nei circoli privati, sia nell'arena politica che nei media. Istvan Serto-Radics, sindaco della città di Uszka  - largamente popolata da residenti rom, ha scritto assieme al professor John Strong di Long Island USA una ricerca, in cui si paragona la difficile situazione dei Rom nell'attuale Ungheria a quella degli Afroamericani nel Mississippi della metà degli anni '60 e '70. Descrivendo i modelli psicologici pregiudicati, dice: "Ci sono diverse ed importanti similarità tra i Rom e gli Afroamericani... stereotipi simili sono frequentemente usati per descriverli. Sono entrambi visti come pigri, proni al crimine, inferiori intellettualmente, emozionalmente immaturi, anche se dotati nella musica". In aggiunta, i problemi strutturali degli alti tassi di disoccupazione, le aree abitative ghettizzate, la discriminazione nella sanità e nell'istruzione, come pure i rapporti tesi con la polizia, sono tutti gli altri fattori che determinano le rassomiglianze storiche. Malgrado ciò, ci sono differenze significative; per esempio la comunità rom non ha mai lottato per acquisire il diritto di voto - partecipano persino attivamente alle elezioni.

Come si inserisce questo turbolento contesto sociale nelle imminenti elezioni nazionali che si terranno ad aprile? Il neofascista partito Jobbik è in buona posizione per ottenere una generosa massa di voti. La sua agenda politica è semplice: militaristica. A parte i crudi discorsi razzisti contro gli Ebrei, chiama all'uso dell'esercito per agire contro i Rom per "restaurare l'ordine" e combattere "il crimine zingaro". La "criminalità zingara" è una nozione problematica filtrata tristemente nel discorso pubblico come concetto tradizionale. Tuttavia, il pubblico sembra afferrarla intuitivamente, mentre il capire l'effetto della violenza razzista è meno condiviso e non sempre accettato. Invero è un problema di micro-criminalità che colpisce una corda sensibile di molti Ungheresi. Tuttavia, l'oltraggio pubblico è ben più forte se un Rom è beccato a rubare, piuttosto di quando viene colpito a morte. La risposta della polizia può riflettere questo, mentre gli attacchi razzisti contro i Rom possono essere benzina gettata sui crimini di cui sono gli esecutori.

I membri della Guardia Ungherese, l'ala paramilitare di Jobbik, sfruttano le legittime paure del crimine. Sono conosciuti per vagare intorno ai villaggi popolati da Rom intimidendoli con violente minacce o aggredendoli. Infatti, Tatárszentgyörgy è uno dei primi posti dove hanno cominciato sfilare dalla loro creazione nell'agosto 2007.

Ecco allora un suggerimento a tutti i democratici in Ungheria che seriamente combattono l'ascesa dell'estremismo nel loro paese mentre incombe la campagna elettorale. Se i cittadini ungheresi si sentissero protetti ugualmente dallo stato, ci sarebbe una migliore probabilità porre freno l'estremismo. Gli elettori di Jobbik [...] stanno rivolgendosi ai bulli neonazisti in cerca di più sicurezza. Nel contempo, i componenti della comunità rom hanno paura di essere insultati, minacciati o assaltati per strada: è tempo che i politici responsabili - e quanti formano l'opinione pubblica - parlino apertamente contro il razzismo, così come lo fanno contro il crimine. E' tempo di essere sicuri che non esiste crimine pari al rubare le vite di Robert Csorba e del suo piccolo figlio.

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Di Fabrizio (del 28/02/2010 @ 08:09:34, in Italia, visitato 1979 volte)

Internazionale Mihai Mircea Butcovan è uno scrittore romeno. Vive in Italia dal 1991.

Questa storia comincia così, con due euro. Ma sono più di due le ragioni per cui i nomi dei protagonisti è meglio tenerli nascosti. È la storia di un uomo e una donna. Lui era rimasto archiviato nella mia memoria come l’Olandese volante.

Lo incontravo a Milano alle presentazioni di libri, alle letture di poesie e ai dibattiti sull’immigrazione. Arrivava, zaino in spalla, da turni di lavori saltuari e precari come la sua condizione. Alzava la mano, si scusava per il ritardo e interveniva nel dibattito con domande pertinenti e stimolanti. Quasi sempre doveva scappare prima di mezzanotte, in tempo per l’ultima corsa dei mezzi pubblici. Poi è scomparso.

L’ho incontrato di recente in metropolitana. Negli ultimi mesi all’Olandese volante sono capitate molte cose, tra cui una donna. Allora mi ha invitato a casa sua per prendere un caffè e per farmela conoscere.

Lungo i navigli
Ora sono qui, con una fetta di torta e una tazza di caffè, davanti a due persone che mi raccontano la loro storia. A cominciare dai due euro. Alcuni mesi fa lui passeggiava in bicicletta lungo uno dei navigli di Milano. Andava a studiare, all’ombra degli alberi, per il corso di operatore sociosanitario. Passava davanti a un campo rom quando lei lo ha fermato chiedendogli due euro.

“Dammi un po’ di fortuna in cambio”, ha detto lui. Ma qualcosa era già successo in quell’incontro di sguardi e di storie. Lui, curioso e avido di sapere, si è fermato altre volte a fare domande: su di lei, sulla sua vita nel campo, sulla sua storia, raccontandole nel frattempo la propria. È nata così la storia d’amore tra un Olandese volante meneghino e una rom albanese.

Lui ha vissuto per un paio di mesi nel campo rom, ma le abitudini e le condizioni di vita del posto erano insostenibili. Le leggi non scritte che regolano la vita nel campo non facevano per lui, e nemmeno più per lei. La famiglia d’adozione della ragazza era impegnata in attività che sconfinavano nell’illegalità, lei era stata minacciata ed era diventata oggetto di tentativi di compravendita.

Per andare a vivere insieme ed emanciparsi da quella situazione, hanno chiesto aiuto ai loro conoscenti. Così si è attivata una piccola rete di solidarietà che ha permesso alla nuova coppia di prendere in affitto un appartamentino. Secondo lui ci sono ancora alcuni lavori da fare. Lei sogna una cucina nuova. Ma le torte che prepara in quella vecchia sono comunque squisite.

Una storia europea
Lui parla cinque lingue: neerlandese, tedesco, francese, italiano e inglese. Vorrebbe imparare anche il romanès. Ha una laurea in sociologia e un dottorato in lettere, ottenuto nei Paesi Bassi. Lei non sa né leggere né scrivere. Ma parla il romanès, il greco, l’albanese e l’italiano. È nata in Albania e ha vissuto tra la Grecia e il Kosovo.

Lui ha scritto un libro, pubblicato nei Paesi Bassi, sui partiti e i movimenti politici italiani dal 1970 al 1990. Quando gli chiedo di parlarmene, lo fa quasi con imbarazzo. “Il mio studio”, dice, “giunge alla conclusione che negli ultimi decenni i partiti politici italiani hanno cancellato ogni capacità di rinnovarsi e di rinnovare il sistema della democrazia parlamentare”.

Gli chiedo perché non cerca un editore italiano. “Il libro tratta della storia italiana recente che è, per forza, anche una storia europea”, dice lui, evitando di rispondermi.
“Come la nostra storia”, interviene lei.
“Oggi la nostra priorità è sistemare casa e trovare un po’ di serenità economica. Ci siamo accorti di poterci ancora innamorare, nonostante esperienze di vita non esattamente stimolanti”, aggiunge lui, al momento dei saluti.

Buona fortuna, Olandese volante. Mihai Mircea Butcovan

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Di Fabrizio (del 27/02/2010 @ 23:03:52, in Italia, visitato 2099 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro

MARTEDI' 2 MARZO ORE 14.30 - 16.30
Aula Magna del Liceo Sc. M., Malpighi
Via Silvestri 301, Roma

Culture Rom Sinti
tra storia e contemporaneità


Interventi di :

Luca Bravi, storico, Università di Firenze
“L'internamento in Italia e il Porrajmos”

con presentazione di interviste e materiali video

Graziano Halilovic, Federazione Romanì, Associazione di Promozione Sociale Roma' Onlus
“Situazione attuale e nuove strategie verso la rappresentatività”

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Di Fabrizio (del 27/02/2010 @ 09:50:56, in Italia, visitato 2293 volte)

Come sapranno i lettori più vecchi, in Mahalla ci piacciono le favole, Eccovi una bella segnalazione di Alberto Maria Melis

Corriere del Veneto La storia . Ha comprato la roulotte e paga le bollette: «Visto che posso, faccio qualcosa»
Tonin, 100 dipendenti, da 1o anni ospita quattro famiglie nomadi affianco al suo capannone: vivevo in una baracca

Il mobiliere Gianni Tonin, imprenditore di San Giorgio in Bosco (Padova), con una delle quattro famiglie rom che ha ospitato all’interno del recinto della sua fabbrica (Gobbi)

SAN GIORGIO IN BOSCO (Padova) - L'imprenditore «zingaro». E cacciatore di storie. Da dieci anni ospita quattro famiglie di rom all'esterno del suo capannone: ha comprato le roulotte e ha dato loro la residenza, così i bambini possono andare a scuola. Ma c'è molto di più da raccontare. E' una storia che comincia nel Veneto contadino, quando al posto dei capannoni c'era solo terra. E di un camion in cui si cucinavano gli spaghetti in corsa pur di arrivare in tempo all'apertura dei mercati. Oltre il muro di Berlino, a Est. Nel palazzo-capannone, sede dell'azienda con le pareti vetrate, si apre un porta nel corridoio e senza filtri si entra nel laboratorio delle decorazioni. C'è un mobile bianco in legno massiccio, placcato con fogli dorati: «Questo va in Russia».

La roulotte comprata da Tonin accanto al capannone (Gobbi)

Incontriamo Gianni Tonin nel cuore del suo impero a San Giorgio in Bosco dove il mobilificio sforna mobili di design da quando ha inventato il marchio di famiglia. Un suo tavolo, per dire, è finito in una delle edizioni del Grande fratello. Lui, nell'impeccabile gessato, entra in fabbrica e prende un caffè con gli operai dalla macchinetta. Intasca un numero di telefono ricevuto da una decoratrice romena, che gli chiede: «Gianni chiami tu?». All'esterno, oltre i capannoni hi-tech ultimati quattro anni fa, lasciati i suv aziendali nel piazzale, c'è un altro capannone dove risiedono - regolarmente iscritte all'anagrafe - quattro famiglie rom. Sono originari della Romania e sono diventati negli anni italiani a tutti gli effetti. Vivono in un camper e altre roulotte: ci sono dei servizi igienici, la corrente e l'antenna Tv. Hanno scelto di restare erranti per tutta la vita. Il riscaldamento lo forniscono le bombole del gas e il conto lo salda «Toni ».

E' il soprannome dell'imprenditore diventato re degli zingari in casa propria. Ed è lì nell'accampamento con il falò ai piedi dei capannoni, che c'è il cuore del suo regno. Si siede nel camper a bere un caffè e ad ascoltare le storie accendendosi l'ennesima sigaretta. Accade in un Veneto dove in quasi tutti i comuni vige il divieto di stazionamento e ci sono sbarre nei parcheggi. Con un ghigno, Gianni Tonin ricorda quando ha pagato tutte le multe e ospitato nel piazzale le quattro famiglie: «Così imparano a mandarli via». «Ogni giorno c'era un polverone di denunce e io sono un maestro dei "disastri" - racconta con ironica schiettezza -Ho fatto prendere a tutti e sei la residenza, così ho risolto il problema e i bambini possono andare a scuola: ogni settimana ciascuno riceve ottanta euro, hanno la corrente il bagno esterno e il riscaldamento». E perché lo fa? «Se lo domandano in molti: io voglio sentire le storie del mondo. E visto che posso, faccio qualcosa». Dà un'altra possibilità. E' nella carovana, oltre la soglia del suo ufficio, che ricorda come è nato tutto. Risale a quando c'erano solo i campi dove adesso sorge la zona industriale. Tonin all'epoca, non era «nemmeno un contadino». «Con i miei genitori vivevamo in una baracca "abusiva", perché chiamarla casa… Era in mezzo alle terre dei contadini, rubavo le uova e le galline per mangiare. L'acqua la bollivamo per berla, la prendevamoa valle dopo che era passata dai maiali: perché non ci volevano dare niente nelle fattorie».

Il re del mobile si stiracchia sulla poltrona di design, distende le gambe e si scioglie un poco a ritrovarsi bambino. «Io e i miei ridevamo e cantavamo sempre, avevamo la fede: poveri i ricchi!». Racconta e arriva fino all'incidente che lo ha fatto diventare imprenditore quando, a vent'anni, faceva il camionista. In un viaggio gli capitò di restare intrappolato sotto la motrice del camion mentre si scapicollava per le strade della Polonia, Cecoslovacchia (allora) e Romania. Ai tempi del muro di Berlino. «Ero specializzato nel cucinare gli spaghetti in camion mentre correvamo: il ritardo al mercato ci sarebbe costato una penale - dice sorridendo - Passavamo le frontiere dell'Urss in silenzio tra carri armati e mitra, i militari guardavano sotto il camion con gli specchi: avevamo sempre un po' di burro di contrabbando». E via con le discese in folle per lanciare il camion oltre i cento all'ora. Una di quelle volte, il suo amico si scontrò vicino a un ponte. Lui dormiva in cuccetta: «Mi sono ritrovato con il letto incastrato sotto la motrice che sprofondava nel fango, l'olio del motore mi bruciava il petto e il peso mi stritolava: mi hanno salvato dei camionisti di passaggio che erano di Tombolo (Padova)».

Dopo essere tornato dalla Romania in treno con sette vertebre fuori posto, ha iniziato a vendere scarpiere a domicilio. Da qui nasce l'impero Tonin. Prima ne ha assunto uno, poi due fino ad oggi con oltre cento di dipendenti: italiani, turchi, romeni, brasiliani. Il capomastro è il primo romeno che Tonin ha aiutato e ce ne sono stati molti altri. Ancora, perché? «Mi ricordo la fame dei popoli che ho incontrato nei miei viaggi - racconta - Una ventina di anni fa sono tornato in Romania e in un bar di notte - va a nozze con le periferie - a Baia Mare ho conosciuto Beni, uno di lì, che parla italiano e con lui ho ricostruito un villaggio di zingari». É fatto così. Un giorno poco prima di Natale gli hanno raccontato di romeni che vivevano in un bosco, fuori San Giorgio, nel suo paese. Non poteva lasciarsi sfuggire quel mistero. «Sono arrivato in Bmw con cappello e cappotto nero: pensavano fossi un poliziotto invece li ho invitati tutti a casa per il pranzo di Natale - ride senza prendere fiato - E’ stato il più bel pranzo di Natale che ricordi ». Gianni Tonin ha molte altre storie da raccontare. Storie. Dell'imprenditore che sogna di tornare zingaro almeno per una volta, ancora a bordo della sua carovana.

Martino Galliolo - 25 febbraio 2010

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Di Fabrizio (del 27/02/2010 @ 09:31:13, in Kumpanija, visitato 1839 volte)

Segnalazione di Ivana

 link per chi legge da Facebook

13/2/2010 - discorso di Moni Ovadia al campo rom di Rho, al battesimo di Sanela, la nuora del maestro Jovica Jovic.

preghiamo tutte le PERSONE di firmare la petizione per la regolarizzazione del grande musicista!

grazie

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Di Sucar Drom (del 26/02/2010 @ 09:09:41, in blog, visitato 1998 volte)

Mantova, Sucar Drom: "Noi ci impegniamo..."
Siamo rimasti esterrefatti da quanto affermato dalla Lega Nord, durante la conferenza stampa di domenica scorsa. Le affermazioni e i toni non sono solo razzisti ma istigano al razzismo e alle discriminazioni contro le persone, appartenenti alle minoranze sinte e rom. Rispondiamo all...

Mantova, mengro labatarpe: presentazione del progetto alla stampa
Venerdì 19 febbraio alle ore 11.00 presso la sala Bonaffini del Comune di Mantova, in Via Roma 39, si terrà la conferenza stampa di presentazione del progetto: Mengro Labatarpe (il nostro lavoro), valore lavoro – percorsi di inserime...

Pesaro, condannati senza processo due attivisti del Gruppo EveryOne
Roberto Malini e Dario Picciau (in foto), co-presidenti con Matteo Pegoraro del Gruppo EveryOne, organizzazione internazionale per i diritti umani, hanno ricevuto in data 12 febbraio 2010 una notifica di decreto penale di condanna, con pena detentiva...

Il popolo web e di Fb è xenofobo e razzista: lo dice una ricerca
Web e social network nuove frontiere anche per il razzismo. Sono oltre un migliaio i gruppi su Facebook che dichiarano o si manifestano razzisti e xenofobi. È quanto emerge dalla ricerca «Io e gli altri. I giovani nel vortice dei cambiamenti», promossa dalla Conferenza dei presidenti dei consigli regionali, presentata oggi alla Camera e realizzata da Swg. Pur s...

Napoli, una fisarmonica per ricordare Petru Birlandeanu
Petru Birlandeanu fu ucciso nella stazione della Cumana di Montesanto a Napoli il 26 maggio dello scorso anno. Nello stesso punto, dove si accasciò durante una sparatoria tra clan di camorra contrapposti, sotto gli occhi di sua moglie Mirella, oggi c'è una t...

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Sono cominciate da alcuni giorni a Napoli le riprese di Armandino e il Madre, il cortometraggio che vede l’attrice Valeria Golino per la prima volta dietro la macchina da presa. Con lei l’inseparabile compagno, l’attore Ri...

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Elezioni regionali: in Lombardia è candidata Dijana Pavlovic
Tutti i partiti stanno definendo le ultime caselle di liste e listini, a un mese e mezzo dalle Regionali. I nomi però sono già in circolazione. Ufficiali o meno. Alcune delle novità più «ghiotte» emergono ...

Insulti ai rom, Radio Padania condannata
Condannato. E’ arrivata la sentenza del giudice monocratico dell’ottava sezione penale del Tribunale di Milano chiamata a decidere se condannare o meno Leopoldo Siegel (in foto), il conduttore di Radio Padania, accusato di diffamazione a mezzo ...

Guidizzolo (MN), un augurio alle famiglie sinte
Diversamente da quanto si crede, i Rom e i Sinti non irridono né osteggiano la legalità; ne danno una definizione precisa e coincidente a quella dei gagi (o “non sinti”), come rispetto delle regole in uno Stato di diritto...

Padova, dal "campo nomadi alla città"
Martedì 2 febbraio 2010 è stato inaugurato in Corso Australia il Villaggio Speranza, realizzato attraverso il progetto sperimentale di autocostruzione del Comune di Padova co-finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali...

Verona, Stella: «Gli antirazzisti finora sono stati troppo timidi»
Metti assieme un giornalista e un poliziotto a confronto sul tema del razzismo. Ne esce il ritratto impietoso di un italiano medio impreparato a tenere il passo con i tempi. Troppi luoghi comuni, troppi «campanili», tanta paura dell'altro e soprattutto ignoranza...

Guidizzolo (MN), terra di confine
Dopo ventisette anni passati a svolgere servizio alla comunità in ambito sanitario, sono infermiere, mi sento, dolorosamente, costretto a spendere due parole sulla questione dei Sinti, che, con grande travaglio, sono alla ricerca di una casa, tra la provinci...

Milano, presentazione del libro di Luca Bravi "tra inclusione ed esclusione"
Sarà presentato il prossimo 18 marzo 2010 il libro “tra inclusione ed esclusione, una storia sociale dell’educazione dei Rom e dei Sinti in Italia” dello storico Luca Bravi. L’evento si terrà presso Università di Milano Bicocca,Via Bicocca degli Arcimboldi n. 8 ...

Prato, Rom e Sinti: cambiamo musica ai luoghi comuni
Rom e Sinti pratesi chiedono di essere ascoltati nelle stanze che contano. Chiedono partecipazione. E l’istituzione di una tavola rotonda dove poter discutere i loro problemi. “Rom e Sinti: cambiamo musica ai luoghi comuni”. Questo il titolo de...

Ministero dell'Interno, un progetto per formare gli operatori
E' sulla Gazzetta Ufficiale il progetto realizzato dal Dipartimento per le libertà civili e immigrazione per favorire il processo di integrazione della comunità rom. Accrescere l...

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Di Fabrizio (del 26/02/2010 @ 09:06:03, in Europa, visitato 1754 volte)

Segnalazione di Eugenio Viceconte

L'Espresso Brutta figura dell'Italia all'inaugurazione dell'Anno dell'Unione europea contro la povertà e le discriminazioni sociali. Nessun rappresentante del governo ha replicato alle accuse del rappresentante della comunità Rom sul razzismo degli italiani

Un'operazione di censimento di nomadi

Madrid, 21 gennaio: inaugurazione dell'Anno dell'Unione europea contro la povertà e le discriminazioni sociali. Presenti il premier spagnolo Zapatero, il presidente della Commissione europea Barroso e molti giornalisti. A una tavola rotonda parla Mirko Grga, rappresentante italiano della comunità rom.
Grga va giù duro: l'Italia è un paese razzista, il governo sforna provvedimenti discriminatori come il censimento nei campi rom.

Imbarazzo in sala, la moderatrice invita due volte un qualsiasi rappresentante italiano a replicare alle accuse di Grga: il nostro paese era stato l'unico oggetto di critiche nella placida mattinata istituzionale. Non si alza nessuno, perché nessuno rappresenta l'Italia. Anche se un delegato ci sarebbe: Raffaele Tangorra, direttore generale per l'inclusione e i diritti sociali del ministero per la Solidarietà sociale. Invitato a Madrid per l'inaugurazione dell'Anno, Tangorra ha usato la tattica della scimmietta: non vedo, non sento, non parlo. Interpellato sul perché ha detto: "Non c'era tempo per una replica".

Falso, secondo la moderatrice: "Gli avrei lasciato tutto il tempo necessario". Visto il silenzio, in difesa dell'Italia è intervenuto il commissario europeo Vladimir Spidla. Non una gran figura.

G. Schi. (23 febbraio 2010)

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Di Fabrizio (del 25/02/2010 @ 09:18:25, in Europa, visitato 1846 volte)

Da Romanian_Roma

- Mediafax

22/02/2010 - Una conferenza a Bucarest sulle condizioni dei Rom presieduta dal presidente Traian Basescu è terminata oggi (lunedì) in proteste.

Cinque membri dell'Alleanza Civica Rom (ACR) di Romania sono stati allontanati fuori dalla conferenza dalle guardie della sicurezza, dopo che avevano protestato contro la mancanza di impegno nel proteggere il gruppo etnico.

La conferenza, tenutasi nel Palazzo del Parlamento, ha visto il lancio di un rapporto sulla strategia per migliorare la situazione dei Rom.

Dopo aver ascoltato il discorso del presidente Basescu, i membri di ACR hanno iniziato a protestare contro il disinteresse delle autorità verso i Rom.

Hanno esibito sciarpe col messaggio "dieci anni di strategie, zero risultati" ed accusato il governo e le altre autorità di insufficiente coinvolgimento nel proteggere i Rom.

Gli attivisti di ARC hanno ricordato anche il "puzzolenti zingari" usato dal presidente in una conversazione privata qualche anno fa.

Hanno anche citato una recente dichiarazione del Ministero degli Esteri Teodor Baconschi, che aveva detto che c'erano "certi problemi fisiologici e di natura criminale nel cuore di alcune comunità rumene, specialmente nelle comunità di etnia rom."

I contestatori sono stati allontanati dalla sala dagli incaricati del Servizio di Protezione e Sicurezza (la guardia del presidente), anche se il presidente diceva loro che erano liberi di esprimersi.

"Lei non ci permetterà di parlare," hanno detto i contestatori. Ha replicato il presidente Basescu: "Parlate allora, chi ve lo impedisce?", mentre erano scortati all'esterno dagli incaricati alla sicurezza.

Basescu ha detto che la minoranza nazionale dei Rom non è stata esclusa dalla società e che molti Rumeni apprezzano le tradizioni e la musica di questo gruppo etnico.

Però, ha puntualizzato Basescu, perché la situazione dei Rom migliori, la loro comunità deve prendere coscienza delle sue responsabilità.

In mancanza di ciò, ha detto Basescu, tutti i programmi europei e governativi sono destinati a fallire, e non ci saranno progressi indipendentemente dalle somme investite.

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Di Fabrizio (del 25/02/2010 @ 09:00:23, in scuola, visitato 2924 volte)

Ricevo da Tommaso Vitale

Milano, 24 febbraio 2010 - Sono un’insegnante di scuola elementare, lavoro nel quartiere Bovisa, nella prima periferia milanese. Il quartiere è vivace e multietnico e la mia classe, una prima, ne rispecchia le caratteristiche. A gennaio si è aggiunto a noi un nuovo bambino, Romeo.

Romeo è un bambino Rom, nei suoi sei anni di vita ha vissuto varie volte l’esperienza dello sgombero. È giunto nella nostra scuola dopo essere stato allontanato dal Rubattino ed aver interrotto la sua frequenza scolastica alle elementari di via Feltre. Avvisata del suo arrivo ho contattato la sua maestra, che conosco personalmente per aver lavorato tre anni in quella scuola. Ho recuperato i suoi libri e i suoi quaderni e glieli ho fatti trovare sul banco quando è arrivato nella sua nuova classe, in via Guicciardi. Per due settimane ha frequentato la scuola, arrivando sempre puntuale e motivato. In pochi giorni ha conquistato tutti noi con la sua allegria ed il suo affetto, anche la famiglia è sempre stata disponibile e rispettosa.

Un giovedì mattina, appena entrata in aula, sono stata letteralmente trascinata in corridoio da Romeo che, parecchio preoccupato, continuava a ripetermi “polizia, sgombero”. Speravo che si trattasse di un fraintendimento e invece era tutto vero: il lunedì successivo lui, un’altra bambina che frequentava la quarta e le loro famiglie sono stati sgomberati dal capannone in cui vivevano. Ho avuto notizie di loro tramite gli operatori che da anni li seguono: per qualche notte sono stati ospitati in un centro di accoglienza, si è parlato di un possibile rientro a scuola… invece ho saputo che saranno a breve sgomberati dal luogo in cui hanno trovato riparo, in fondo a via Bovisasca. E tutto questo a distanza di poche settimane dal precedente sgombero.

Non ho parole. Non posso continuare a sentir parlare di ‘emergenza Rom’ se non pensando che l’emergenza è il degrado in cui costringiamo a vivere queste famiglie. Per me la vera emergenza ha il volto di un bambino di sei anni che – me l’hanno raccontato pochi giorni fa – non vede l’ora di tornare a scuola e non può farlo. È facile continuare a vendere la storiella dei Rom che non rispettano le regole e non vogliono integrarsi, limitandosi a ragionare per stereotipi. Nemmeno io mi sento immune dai pregiudizi, ma posso semplicemente raccontare quello che ho visto: una famiglia continuamente cacciata nonostante la sua evidente volontà di iniziare un percorso nuovo, un bambino a cui sono negati dei diritti fondamentali (la casa, l’istruzione), un percorso scolastico e affettivo continuamente interrotto. E dietro la storia di una singola famiglia intravedo quella di troppe altre, colpite da un accanimento che odora di persecuzione. La roboante retorica securitaria potrà nascondere ancora a lungo il totale fallimento di queste scelte politiche nonché l’immane spreco di denaro pubblico che ne deriva? Possibile che le cifre spese per sgomberare in continuazione le solite famiglie non possano essere investite per seri progetti di integrazione sociale? Possibile che la volontà di una famiglia di mandare con costanza il proprio figlio a scuola sia un dato da non prendere minimamente in considerazione in sede istituzionale? Leggo sui giornali di volontari, insegnanti e famiglie che si attivano per aiutare, protestare, informare: in città le voci di dissenso si stanno allargando a macchia d’olio, ora è il momento che anche dal Comune di Milano arrivino segnali forti di un cambiamento di rotta.

Romeo, quaderni e pennarelli sono sotto il tuo banco e la foto del tuo primo giorno nella nuova scuola è ancora sulla porta dell’aula. Ti aspettiamo, torna presto a imparare, giocare, fare amicizia con i tuoi compagni. A sei anni ci sono parole più belle da ripetere di ‘sgombero’.

Silvia Borsani

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Di Fabrizio (del 24/02/2010 @ 09:26:50, in musica e parole, visitato 2005 volte)

Arci Bitte via Watt 37 Milano, l'appuntamento su Facebook

Cosa succederebbe se i migranti di tutta Europa incrociassero le braccia per un giorno?
E se tutte le donne e gli uomini che rifiutano il razzismo in ogni sua forma decidessero di appoggiarli?

Venerdì 26 febbraio sarà la “Notte Gialla” di Milano, una serata contro la violenza e la discriminazione alla quale aderiranno diverse associazioni e circoli Arci milanesi. 11 metri ed Arci Bitte partecipano all’iniziativa, che rientra nel ciclo di incontri che precedono la giornata mondiale di sciopero degli immigrati, in programma lunedì 1 marzo. Per l’occasione abbiamo scelto di utilizzare uno dei più efficaci strumenti di integrazione: la musica.

Durante la serata si alterneranno sul palco:

I Muzikanti di Balval
Noy
dj set Miss In Red

dalle 20.30: cena (si consiglia la prenotazione)

a seguire musica e danze!

Tessera ARCI obbligatoria. Per i nuovi soci è necessario compilare la richiesta di tesseramento sul sito www.bittemilano.com almeno 24h prima di usufruire di servizi offerti.

Per info:
www.11metri.com
www.primomarzo2010.it
www.bittemilano.com

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