Non parlo per "sentito dire", ma di cose viste e vissute in 7 anni molto intensi e un'esperienza che continua tuttora.

Non voglio parlare di zingari buoni o cattivi, o del romanticismo che a volta viene associato loro; in fin dei conti la metà della popolazione mondiale vive come loro.

Un rapporto iniziato per caso + di 10 anni fa con diffidenze reciproche...mia moglie e i miei figli sono sempre stati coinvolti in questo rapporto, credo che l'accettazione reciproca sia cominciata quando abbiamo smesso di confrontarci come individui e l'abbiamo fatto come famiglie.

Un rapporto quasi totalizzante: di volta in volta insegnanti, compagni di giochi e disgrazie, assistenti sociale e sanitario, autisti, zii, nipoti, amici...

2 calci alle differenze

passato e presente 

  c'è chi lavora

c'è chi gioca

il primo giornale

una cerimonia complicata

il grande vecchio

quando incontrammo Emergency

riti funebri

religione in cammino

 

Quando il gioco si fa duro...

Notizie in italiano dai Rom e dai Sinti di tutto il mondo

Alcuni notizie qui riportate sono riprese dal libro: Zingari a Milano di Laura Tajoli, Roberta Lorenzetti, Giliola Verza ed. Vivereoggi - Comune di Milano
Si parla tanto di mondialità, c'è forse un esempio + eclatante di questo popolo che vive ai margini delle nostre città e viene da 100 posti diversi? Di gente che non ha istruzione scolastica ma bene o male parla 3 o 4 lingue differenti? Di un difficile equilibrio tra questua, lavori scomparsi, vestiti stracciati e televisori nelle roulottes e macchine potenti nelle piazzole di sosta? Di chiusura nelle loro tradizioni e una vita passata a cercare di farsi accettare da chi è stanziale?

Significa che sono materia di studio per antropologi o da sociologi (mazzalo! quante domande vi sto facendo)? Credo che questa mondialità porti con sé una sfida: quella di sapersi guardare allo specchio...pensi di farcela?

10 anni sono una bella età per una cooperativa Rom. Il suo nome significa "BUON LAVORO", nasce agli inizi del 1990 nel campo sosta di via Idro a Milano, è attualmente composta da una trentina di soci, in prevalenza Roma e da volontari e operatori gagé.

Perché una cooperativa? SE LE OCCASIONI NON CI SONO, BISOGNA CREARSELE.

I suoi scopi sono:

  • fornire occasione di lavoro ai propri soci
  • migliorare le condizioni assistenziali e di vita all'interno dei campi sosta
  • favorire l'integrazione e gli scambi culturali tra le comunità rom e la popolazione stanziale

I vari progetti spaziano dal recupero scolastico, agli interventi in campo socio-sanitario. al recupero di tradizioni lavorative e l'individuazione di nuovi sbocchi.

La cooperativa collabora stabilmente con l'Ufficio Nomadi del Comune di Milano e il Servizio Sociale Famiglie

I rom fanno pulito il mondo - Milano ottobre 2000 tratto da TERRE DI MEZZO

A rimettere a posto le cose ci hanno pensato i nomadi.

In mezzo all'erba c'era di tutto: lattine, vetri, cartacce. Tutto letteralmente, spazzato via. Anche due motorini. Domenica 24 settembre, alla manifestazione "Puliamo il mondo" di Legambiente ha aderito anche l'associazione "Insieme nelle Terre di mezzo", che con l'Opera Nomadi, la Cooperativa "Laci Buti" e le famiglie rom di via Negrotto ha ripulito per bene i giardinetti di via Brivio, proprio dietro il campo nomadi, nel quartiere milanese della Bovisa. Ramazze alla mano (fornite dall'Amsa, Azienda milanese servizi ambientali) e cappellini gialli in testa, erano almeno venti i bambini rom che coi volontari (una decina) hanno reso più bello il campo giochi del quartiere. Tra gli abitanti, incuriositi da quel che stava accadendo, qualcuno si è unito alla squadra per aiutare: dalla mamma coi figli ai ragazzi della biblioteca. Tre ore di lavoro per un ricco bottino: undici sacchi della pattumiera (rigorosamente "differenziati") più le carcasse di due motorini. Dopo la fatica, torte, bibite e la consueta sfida a pallone, rom contro gagé. Unico neo, l'Amsa che si dimentica di passare a ritirare i sacchi... Il campo di via Negrotto, autorizzato dal Comune, ospita venti famiglie, per la maggior parte di origine croata.

"Insieme nelle Terre di mezzo" oltre a seguire e aiutare i venditori del giornale, organizza e aderisce a manifestazioni che vogliono spostare l'attenzione verso le realtà delle "terre di mezzo" della città. Cerchiamo volontari. Telefonate in redazione

NdR: 02-48953031 volontari@terre.it

Intervista al primo direttore:

"A distanza di anni posso dire che è stata un'esperienza esaltante.

Il tutto cominciò in maniera molto provvisoria: un vecchio computer 386 e casa mia che accoglieva i due redattori del campo-sosta (nessuno dei vicini ha mai avuto niente da dire). Usare un computer da parte di chi a malapena sa leggere e scrivere, può sembrare un azzardo: viceversa abbiamo scoperto che anche per loro era più facile esprimersi così che con carta e penna.

Quel giornale divenne un importante strumento di aggregazione:

INTERNO- man mano anche gli altri componenti dei campi partecipavano alla raccolta delle notizie, a piegare le pagine fotocopiate, a farsi fotografare, a chiedere quando sarebbe uscito il prossimo numero. Arrivarono col tempo i contributi di altri campi, di Rom di passaggio...Le pagine, da 4, dovettero passare ad 8.

ESTERNO- Una tiratura di quattrocento copie (ma probabilmente la divulgazione era + ampia), e corrispondenze con scuole, giornali, anche TV, facemmo di tutto per girare e farci conoscere. Scoprimmo che avevamo amici a Ferrara, Torino, Chieti, in Francia e in Spagna..."


Oggi:

Notizie in italiano dai Rom e dai Sinti di tutto il mondo

il primo articolo (12 gennaio 1995)

Perché devi leggere questo giornale

Questo primo numero è un'opportunità di lavoro.

È stato scritto e impaginato dai Rom della comunità di via Idro. Per farlo, due ragazzi frequentano un corso di computer e uno di avvio al giornalismo. Questo non sarebbe possibile senza il contributo economico del comune di Milano.

Pensiamo che tutti i cittadini preferiscano che questi soldi siano stati spesi per togliere i ragazzi dalla strada e offrire loro la possibilità di occupare il proprio tempo e magari in futuro trovare un'occupazione.

La seconda ragione è che noi descriviamo la nostra vita, quello che vorremmo. Ci capita di rado di poter rivolgerci a chi non vive in un campo-sosta. A pensarci bene, capita raramente anche a te di leggere notizie sugli "ZINGARI", redatte di prima mano. ...

Terza ragione: nel nostro campo abita una popolazione giovane: su 100/120 persone la media d'età è di circa 20 anni. Scriveremo soprattutto per i nostri coetanei, scolari e maestre, per loro ci saranno tante storie, favole, disegni. Aspettiamo la loro posta e saremo lieti di pubblicarla: FATE CONTO DI USARE QUESTO GIORNALE COME CASELLA POSTALE PER SCAMBIARE IDEE E OPINIONI.

Quarta ragione: nel nostro periodo di sosta a Milano, che ormai ha superato i 30 anni, abbiamo conosciuto e avuto a che fare con amministratori, giornalisti, radio e televisioni, volontari, associazioni, cittadini. Qualcuno ha mantenuto buoni rapporti con noi per tanto tempo, qualche altro s'è perso, altre volte siamo stati noi a chiudere un rapporto. Questo giornale è un'occasione per sentirci e ricordarci più spesso.

Non ultima ragione: vogliamo che "IL VENTO E IL CUORE" giri e venga letto anche negli altri campi nomadi e possa raccogliere anche il loro contributo. Che possa diventare un'abitudine di lettura, un po' dizionario, un po' giornalino a fumetti. ...

LA REDAZIONE

L'esperienza si concluse in un paio d'anni, per varie ragioni - pezzi di articoli pubblicati li troverete girovagando per queste pagine. L'ultimo numero chiudeva con queste parole:

...Mentre ci leggete, noi staremo discutendo come continuare a scrivere questo giornale...

Ci rivolgiamo ai nostri lettori più "antichi", quelli che ci leggono dal primo numero, per dir loro: "Però qualcosa abbiamo fatto, da allora il giornale è cresciuto, è migliorato".

Ci dispiace di non avere certezze per noi e non poterle offrire ad altri.

Ma per noi Rom questa è la norma. Siamo certi che in qualche maniera ritorneremo, più belli e con altre notizie. Non sappiamo dove ci porterà il viaggio del titolo. Incerti sul quando e come. Non vi libererete de IL VENTO E IL CUORE.

Questo giornale ha sangue zingaro!

Cos'altro, se non il calcio, ci rende tutti uguali?

Laci Buti Football Team

La prima squadra Rom di calcio, che adesso si è anche arricchita dell'apporto di giocatori di altri campi e di qualche oriundo gagio.

La costituzione della squadra è stata anche l'occasione per ritagliare all'interno del campo un rettangolo di gioco, dove ci si allena e si svolgono amichevoli.

Ha partecipato già a diversi tornei di zona e cittadini, e naturalmente...la voglia viene giocando, se qualche squadra è disponibile, una partita è benvenuta.

Intervista al primo allenatore:

Esistono ormai tre squadre differenti, suddivise per fasce d'età. È un'attività che purtroppo riguarda ancora i soli maschi, anche se ci sono stati dei tentativi di creare una squadra femminile di pallavolo. In ogni maniera è tutto il campo ad essere coinvolto. Siamo partiti con grande entusiasmo e col passare del tempo i risultati sono arrivati. La partecipazione alle attività sportive, al di là dei risultati, ci ha fatto affrontare e risolvere problemi nuovi per una comunità nomade; la puntualità nelle partenze per le trasferte, avere un tesserino di riconoscimento, imparare a giocare come un gruppo omogeneo, condividere le esperienze di altri coetanei. Anche le squadre che ci hanno ospitato, o che sono venute a giocare al campo, hanno potuto conoscerci più da vicino e con meno timori. Attraverso lo sport passano importanti messaggi educativi: per far parte di una squadra bisogna non solo andare d'accordo, ma avere fiducia in se stessi e nei propri compagni, lottare INSIEME per vincere la partita. I litigi tra di noi passano in secondo piano quando si entra sul campo di gioco, dimostrando che il calcio può essere un luogo d'incontro e d'amicizia.

Un ex calderaio, la sua famiglia vive in una casa popolare)

Il mio mestiere viene tramandato da padre a figlio. Ho girato tutta l'Italia, sono stato in Sicilia, Sardegna e anche in Austria, Jugoslavia, Russia. Il calderaio lavora il rame, prepara i ferri dei cavalli, ripara le pentole d'alluminio: quelle rovinate vengono martellate, rinforzate, rimessi i manici. Eravamo anche arrotini: quelli che affilano forbici, coltelli, mezzelune, trinciapolli, anche punte di trapano.

20 anni fa...

Il mezzo di trasporto per un artigiano nomade è sempre stata la macchina. Dentro si porta il materiale di ricambio casomai si guastasse e poi il necessario per lavorare: fiamma ossidrica per riscaldare le pentole, la ruota per molare le lame, tutto il necessario per accendere un fuoco e attizzarlo, infine gli altri attrezzi col rame e lo stagno.

Quand'ero giovane e viaggiavo, si dormiva sotto la tenda: allora erano in pochi a possedere una roulotte. Ricordo ancora le prime roulotte: erano fatte ancora di legno e con l'intelaiatura di pali. La mia famiglia girava con un carro scoperto e montavamo la tenda per terra. Qualcuno possedeva anche un carro coperto, come quello dei circhi. Questi carri venivano trainati da animali, magari viaggiavano anche qualche gallina e un cane. Mi ricordo una volta, avrò avuto 9/10 anni. Dovevamo passare il Po, ma mia madre non aveva i soldi per il pedaggio e così abbiamo provato a guadarlo. Un signore ha spaventato la nostra mula che tirava il carro, la mula s'è imbizzarrita, io sono caduto dal carro e mi sono salvato aggrappandomi alle barche. Mia mamma ha preso la scopa dal carro e ha picchiato quel tizio che per poco non mi faceva annegare.

Il fieno per le bestie lo prendevamo dai contadini e si chiedeva loro il paiolo della pentola da riparare o da stagnare. Coi contadini succedeva anche questo: si buttava il pane alle loro galline, quelle si avvicinavano e allora le si nascondeva sotto la maglia...loro, i contadini, ne avevano tante e non se ne accorgevano neanche. Poi qualche volta, era il contadino che non aveva soldi per pagarci il lavoro, allora ci dava qualche gallina, il lardo o un pezzo di prosciutto...allora era tutta roba genuina. Poi la verdura la trovavamo sui prati. I nostri padri, erano loro che ci insegnavano, qualcuno insegnava il mestiere, qualcun altro a rubare. Oggi non ci sono neanche più galline o bici da rubare.

Oggi

Vittorio (suo nipote)

"Per come è oggi la situazione, è meglio vivere in un appartamento, soprattutto per i nostri figli. Nei campi spesso c'è troppa violenza, e la situazione igienica non è certo delle migliori".

Rita, moglie di Vittorio, aggiunge:

"Certo, io pur non essendo una zingara preferivo la vita nei campi. Anche i nostri bambini stavano meglio. Quando ci siamo trasferiti in appartamento non riuscivano a dormire, si sentivano soffocare e poi sentivano la mancanza dei loro amici. Nei campi si vive tutti insieme, in questi palazzi, invece, ognuno pensa per sé".

Vittorio sottolinea le difficoltà di integrarsi con i vicini di casa:

"I vicini mi hanno dato grossi problemi. Subito pensavano che noi fossimo degli abusivi, invece avevamo un contratto regolare. Poi, pian piano, ci hanno accettato. Nei campi uno zingaro si sente protetto dalla comunità, qui invece ognuno si deve arrangiare. Se non fosse per i miei bambini io tornerei subito a fare la vita di prima".

tratto da: Zingari a Milano di Laura Tajoli, Roberta Lorenzetti, Giliola Verza ed. Vivereoggi - Comune di Milano

Abito al campo di via Bonfadini. In famiglia siamo 10 fratelli più nostra madre, nessuno lavorava. Ivan Braidic, 33 anni, il 14 aprile 1997 è stato assunto definitivamente dall'Amsa, qualifica operatore generico.

Ho anche il diploma di terza media. Terminata la scuola mi sono dovuto arrangiare: facchino, benzinaio, fiorista... quando si poteva, perché lavoravo un giorno e poi non mi chiamavano più. Due anni fa dal Comune mi suggerirono di frequentare un corso professionale.Ho scelto quello per elettricisti, in ogni caso è un lavoro sicuro.

Il corso è serale. all'inizio fu difficile, ma con gli altri studenti andavo d'accordo. Il primo anno fui bocciato, non ero simpatico al professore di disegno.

Allora ho cominciato a cercare lavoro come elettricista, perché anche con un anno solo sapevo qualcosa del mestiere. In una ditta un giorno mi hanno messo alla prova, è andata bene e mi hanno assunto.

Credo che il mio capo ormai sappia che sono Rom, ma non ha mai fatto questioni, anche con i colleghi rido e scherzo.

Adesso mi piacerebbe terminare il corso di elettricista, penso che potrei migliorare ancora. Purtroppo col lavoro termino sempre tardi, ho potuto riprendere per un mese solo e poi ho smesso di nuovo. Ma non si sa mai...

Certo, arrivare al posto fisso non è stato facile. Invalido civile, attraverso i servizi, si rivolge all'ufficio H, inserimenti lavorativi e formazione lavoro. Gli viene proposto un tirocinio di tre mesi presso un'associazione ippica di San Siro, per valutarne la volontà e la determinazione nel cercare lavoro.

Le ore non sono molte e il rimborso bassissimo, ma Ivan non abbandona malgrado i pochi soldi portati a casa.

Successivamente passa a una borsa lavoro dell'Amsa, poi l'assunzione.

"Tutte le mattine devo timbrare il cartellino alle otto. È mio padre che tutte le mattine mi accompagna all'autobus in macchina. La mia vita è cambiata completamente, vivo con i miei e prima andavamo avanti col contagocce, oggi ho dodici mensilità, tredicesima e quattordicesima. Sul posto di lavoro nessun problema, essere zingaro non ha provocato reazioni negative fra i miei colleghi. I miei colleghi non sono bambini, sanno che vivo in un accampamento, ma non è un problema.

tratto da: Zingari a Milano di Laura Tajoli, Roberta Lorenzetti, Giliola Verza ed. Vivereoggi - Comune di Milano

Angelo Guarnieri e sua moglie, Anna, Roma Abruzzesi, ricostruiscono il rito che sugella il loro fidanzamento. Tra i Roma, soprattutto per quelli di origine Jugoslava, di solito i fidanzati scappano per rifarsi vivi dopo un po' di tempo. Tra i Rom Abruzzesi il cerimoniale è più lungo e suggestivo:

Tra gli Abruzzesi è tradizione MANDARE LA SERENATA. Per questo si prende un complesso, adesso vanno di moda i cantanti napoletani. Qualche giorno prima un messaggero si reca dalla famiglia della ragazza per annunciare la prossima serenata. La famiglia fa sapere tramite il messaggero se gradisce oppure no la serenata, sino a quel momento ancora nessuno si è impegnato, di solito la serenata è gradita e non viene rifiutata.

I musicanti arrivano a mezzanotte. Passano prima dai genitori, per loro eseguono tre canzoni - poi dai fratelli già sposati, a cui vanno due canzoni - infine dagli zii, con altre due canzoni. Quindi vanno di solito in un ristorante e aspettano. Non bevono molto mentre aspettano, perché ci tengono a fare bella figura e alle quattro ritornano per ripetere le serenate, come la prima volta.

L'orchestra o il cantante vengono pagati dalla famiglia del pretendente, che provvede anche ad affittare il ristorante dove tornano i musicisti. Qui il giorno dopo c'è il rinfresco con una lunga tavolata, torte e bevande. L'altra famiglia, con genitori, zii e fratelli, nel frattempo si riunisce in consiglio per decidere, chiedendo naturalmente anche il parere della diretta interessata. Se al rinfresco arrivano solo i genitori, la risposta è stata negativa; gli ultimi arrivati bevono solo un caffè e tutto ciò che è stato preparato viene consumato dai musicisti e da chi vuole consolarsi del rifiuto.

Ma se con i genitori c'è anche la figlia, la richiesta è stata accettata e i ragazzi si scambiano l'anello di fidanzamento. Le famiglie si ritroveranno ancora in un'altra festa, dopo una settimana, per conoscersi meglio.

Capita che i ragazzi siano impazienti, e allora scappino e vadano a convivere. Poi si rifaranno vivi in famiglia quando la rabbia sarà sbollita. Tanto i matrimoni che le convivenze sono duraturi, anche i divorzi sono rari: non intendiamo dire che i matrimoni siano combinati, ma che un momento così importante viene condiviso da tutta la comunità e vissuto con gioia e partecipazione.

La serenata, il rinfresco e il pranzo di fidanzamento sono offerti dalla famiglia dello sposo, il pranzo di nozze, che deve soddisfare centinaia di invitati e il gruppo che suona al matrimonio, competono invece alla famiglia della sposa.

Allora, come va?

Ogni anno mi ripeto: "Basta, questa è l'ultima volta! Poi lo so, a dicembre prossimo sarò ancora sommerso da giochi da preparare e impacchettare.

Cosa ti richiedono?

C'è troppa pubblicità, le richieste sono soprattutto per i giocattoli che si vedono in televisione. Dal campo mi chiedono anche vestiti, zaini e pennarelli per la scuola. Mi diverto a leggere tutte le lettere, le più divertenti sono quelle scritte dai grandi per i fratellini più piccoli. E poi conservo ancora dei biglietti di ringraziamento che i bambini mi lasciano dopo la consegna.

Parlaci dei regali...

Da sette anni i regali arrivano da una scuola elementare, ormai è come se avessero adottato il campo. Ogni novembre una maestra passa per le classi, a chiedere se hanno giochi. Tutto quello che si raccoglie passa poi nelle mani dei miei aiutanti, che riparano e impacchettano. Qualche giorno prima della vigilia, ci rechiamo tutti assieme al campo per la consegna.

Come ti trovi a consegnare a dei Rom?

Col tempo è diventato un appuntamento tradizionale, per me è sempre stato ricco di esperienze e sorprese. I primi anni "subivo" l'impatto con un'orda di bambini che mi assalivano, volevano tirarmi la barba e portarmi via il sacco. L'affetto, l'amicizia, la curiosità reciproca c'erano già allora, ma solo col tempo me ne sono reso pienamente conto. Coi bambini il rapporto è bello e positivo: grande familiarità e spontaneità soprattutto con i bambini tra i 5 e gli 8/9 anni: ti dicevo che all'inizio si rubavano i regali, adesso mi aiutano nella distribuzione.

Ogni anno aspetto anch'io Natale, ho voglia di rivedere le famiglie, i bambini che crescono, i nuovi nati. Questa emozione poi coinvolge anche tutta la squadra degli aiutanti.

Passi sempre qualche giorno prima della vigilia, perché?

Perché la notte della vigilia penso a tutte le altre consegne. Passo al campo in anticipo, così mi rimane tutta la sera a disposizione per godermi la compagnia.

Cosa fai il resto dell'anno?

Ho più tempo libero, tento di adoperarlo bene. Sono volontario in un'associazione, la UILDM, per cui a Natale raccolgo fondi che servono per il resto dell'anno.

Che cosa è quest'associazione, di cosa si occupa?

Il nome significa Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. La distrofia muscolare è una malattia di origine genetica, che obbliga a vivere in carrozzina. Non esistono ancora rimedi, chi ne è colpito di solito vive peggio e per meno anni degli altri. Anche per questo ci occupiamo soprattutto di ragazzi.

In che maniera?

Per un ragazzo ammalato di distrofia muscolare ogni attività che significa muoversi è un problema: andare a scuola, al lavoro...soprattutto ha bisogno di amici, di poter disporre del proprio tempo libero. Così li accompagniamo al cinema, si organizzano vacanze, praticano sport...

Com'è possibile praticare sport?

Ad esempio giocano partite di Hockey su carrozzina: si gioca su campi di basket con delle mazze speciali, chi non può adoperare le braccia ha le mazze attaccate alla carrozzina.

Le ricerche sulla malattia a che punto sono?

La ricerca si finanzia in tante maniere, noi facciamo la nostra parte, esiste anche la raccolta fondi TELETHON. Al momento è stata scoperta la causa della malattia, ci vorranno ancora anni per trovare il rimedio. Nel frattempo le ricerche, l'acquisto delle carrozzine, l'attività dei volontari, necessitano di fondi.

Babbo Natale e volontario, le due cose vanno d'accordo?

NEMA PROBLEMA, risponderei, è sempre il solito vecchio Babbo Natale, 365 giorni all'anno. Se dovessi chiedere io un regalo, una volta tanto, vorrei che ci fossero molti più volontari e più attenzione (tutto l'anno) per chi ha veramente bisogno ed è da solo: extracomunitari, anziani...

Babbo Natale non riposa

(gennaio 1996)

Se vuoi conoscere qualcos'altro sulla UILDM

Se qualcuno crede alle favole, questa è durata più di 10 anni...

Nel 1989, uno zingaro chiese aiuto ad un animatore per prepararsi all'esame di guida. I due si trovarono a studiare nei bar guardati a vista dagli avventori, o dentro roulottes affollate da bambini che dormivano e da curiosi che intervenivano affacciati ai finestrini. In poco tempo, quei due formarono una classe di una ventina di individui: chi voleva reimparare a scrivere, chi voleva solo disegnare, chi voleva giocare, qualche bambino che faceva i compiti di scuola...con tutti i problemi che ciò stava creando: dove riunirsi, come procurarsi libri, matite, quaderni, cosa fare e come farlo...

I nostri chiesero aiuto in giro. L'Ufficio Nomadi del Comune di Milano credette in questa gente e nella loro proposta e la finanziò in prima persona, dal 1997 lasciando la gestione alla cooperativa LACI BUTI. Nonostante le ricorrenti difficoltà e incomprensioni, oggi quel progetto occupa una decina di animatori e coinvolge circa centoventi Rom tra bambini e ragazzi, di tutti i campi sosta comunali di Milano.

L'attività è principalmente rivolta ai minori e spazia in diversi settori:

  • giochi di squadra per promuovere la socializzazione
  • attività ludico-espressive comuni o con i singoli
  • incontri col territorio e i suoi abitanti
  • partecipazioni a tornei sportivi
  • partecipazione e produzione di attività teatrali
  • momenti di approfondimento con i genitori
  • confronti e collaborazione con gli altri servizi o associazioni rivolti ai Rom e all'infanzia.

Col tempo gli animatori sono diventati un punto di riferimento per la comunità. Come si diceva prima, le difficoltà e le interruzioni di percorso sussistono, a 10 anni dai timidi inizi, ma l'entusiasmo non diminuisce. Da parte degli operatori è un'esperienza molto stimolante lavorare con chi ha schemi mentali (e fisici) molto più aperti dei nostri. Da parte dei Rom, una sfida continua tra il vecchio senso del rifiuto per ciò che viene da fuori, e la "fame" di sapere, di fare, di confrontarsi e di dimostrare quanto si vale, quando si ha un'opportunità.

inchiesta: SIAMO TUTTI ZINGARI
I mondi dei Rom e degli "stanziali" tendono a comunicare tra loro il meno possibile, di solito ci si sopporta. Ma qualche volta le due realtà si cozzano violentemente e la realtà degli altri irrompe nel tuo mondo. Inverno 1995,: vicino a Pisa due bambini allungano le braccia per ricevere un pacco regalato loro da un automobilista. Ma questo pacco è un dono avvelenato: perché contiene una bomba che scoppia, portandosi via i loro occhi e le mani. Due mesi prima era successo un fatto simile. E' sera e il tempo promette pioggia. Il campo è povero, come quelli che vedete in televisione. Tanti bambini che ci guardano, curiosi e timorosi. I più piccoli in braccio. C'è il fuoco acceso, parliamo a fatica

Sono razzisti

Una cosa così, io non voglio neanche crederci...

Non gli basta come viviamo, vogliono ucciderci...

Io mi ricordo quello che diceva mia madre della guerra, e degli aerei americani che buttavano le bombe a forma di caramelle...

Le strade della solidarietà, come quelle dell'odio, si incrociano quando meno te l'aspetti, ma i frutti che ne nascono rimangono a lungo. Ecco un'intervista che effettuammo in quei giorni. Siamo andati a parlare con un'associazione che ha sede a Milano, e che ogni giorno si occupa di guerre e delle sue vittime. Quanto segue è il riassunto del nostro colloquio con la signora Strada.

EMERGENCY, la nostra associazione, si occupa di soccorso alle vittime civili di guerra. Opera con medici e chirurghi. Oggi i soldati combattono, ma sono i civili, le persone indifese a subirne le conseguenze. Il 90% dei morti e dei feriti di una guerra o di una guerriglia non fa parte di nessun esercito: ma pagano il prezzo dei bombardamenti nelle città e nelle campagne, delle carestie, delle retate degli eserciti e dei banditi, degli scoppi delle mine antiuomo. In certe zone un soldato non solo viene pagato, ma ha anche molte più possibilità di un abitante, di un medico o di un volontario, di salvare la pelle.

Gino Strada, il fondatore di EMERGENCY, opera da otto anni come chirurgo in zona di guerra. Può essere l'Afghanistan o il Ruanda, o la Bosnia e dice "Sono stanco di vedere ogni giorno madri e bambini senza occhi o braccia, curarli, sapendo che nessuno potrà ridargli quello che hanno perso e che domani avrò ancora da visitare altre donne e bambini, in un ambulatorio senza corrente, magari senza medicine e anestetici".

Siamo stati conosciuti l'anno scorso, con la partecipazione al "Maurizio Costanzo Show". Abbiamo parlato non solo degli orrori delle guerre, ma abbiamo portato prove per denunciare chi arma gli eserciti, chi permette di uccidere o mutilare. I maggiori produttori di armi sono fabbriche dell'ex Unione Sovietica, della Cina e dell'Italia, oltre naturalmente ai loro governi. Spinto dell'interesse per quell'intervento in televisione, il governo italiano si è impegnato per abolire il commercio delle mine antiuomo.
La NEWSLETTER di EMERGENCY

Cosa sono le mine antiuomo? I bombardieri ne lasciano a migliaia per volta sul terreno, hanno forme innocue, magari assomigliano alle farfalle o ai giochi, sono colorate vivacemente. Quando qualcuno le calpesta o le raccoglie scoppiano, magari non subito, e sono fatte per mutilare gli arti e gli occhi. La gente lo sa, sa che il terreno intorno è seminato a morte, ma deve raccogliere la legna o pascolare gli animali. Così per sopravvivere rischia ogni giorno.

Queste mine resistono anche per decine d'anni, sono armi poco costose (circa £. 10.000 l'una) alla portata anche degli stati più poveri. Il ragazzo mutilato non può più produrre, per tutta la vita dovrà essere curato e mantenuto. Il mondo è pieno di queste mine, che si confondono con l'erba e i sassi, vengono trascinate a valle dalle piogge. La loro presenza fa continuare la guerra anche dopo anni che le ostilità sono cessate.

A mia figlia sono venuti i brividi quando ha sentito dell'attentato di Pisa. I pensieri si affollano in testa: il colpire non visti, carpire la fiducia dei bambini con un involucro per giocattoli, prendersela con chi non può difendersi e togliere loro l'unico mezzo per sopravvivere... Senza parlare di una paura più generale che riguarda il popolo Rom: cosa fare se non si può neanche lavare i vetri ai semafori e chiedere il pane per strada? Come fidarsi ancora di chi offre qualcosa?

...eppure, il giorno stesso abbiamo ricevuto una telefonata da Pisa: era un gruppo che già voleva fondare una sezione di EMERGENCY, ci diceva che dopo quel fatto ce n'era ancora più bisogno.

Una chiacchierata non risolve niente. Lo sforzo è cercare una nota positiva...forse la voglia di non arrendersi che traspare dai discorsi della signora Strada. Forse la conferma che i Rom, da bravi "ultimi della classe", sono tanti e sparsi in tutto il mondo.

In quei giorni la gente era attenta, curiosa, presente, i membri di EMERGENCY erano continuamente chiamati a parlare nelle scuole. Proprio per le scuole, stava partendo la campagna presentata dal personaggio a fumetti LUPO ALBERTO. Il Belgio per primo mise al bando le mine-antiuomo, poi convegni, accordi, mezze verità, parecchi passi avanti.

Ma cosa succederebbe se questo interesse venisse a mancare? Ecco il senso del titolo di allora: SIAMO TUTTI ZINGARI! Non ricordarti di loro e della maggioranza del mondo solo quando ne parlano i giornali. Che faccia piacere o no, la vita continua...

Per me, occidentale e per di più ateo, è difficile cogliere la differenza tra superstizione e religione. Esistono nelle loro credenze e nei loro racconti una moltitudine di geni, folletti, spiriti e due figure più importanti: Beng (il male, il diavolo) e Devel (dio, il buono). A secondo dei loro itinerari, si è creato una specie di sincretismo tra questa loro religione originaria e la religione più o meno ufficiale del paese che li ospita.

Così abbiamo rom cattolici, ortodossi, musulmani...

Una delle testimonianze più affascinanti è quella dei pastori evangelici: rom e sinti che vagano tra un accampamento e l'altro, predicando e vivendo in prima persona il vangelo, come 2000 anni fa. Per loro non esistono differenze di religione, razza o sesso... Qualche rom li considera pazzi, altri dei santi, ma nei campi tutti li conoscono.

Questa foto l'ho trovata al sito:

http://www.saintes-maries-camargue.enprovence.com/

Viaggio in Slovenia
Pace, sono il fratello Elvis, missionario nei paesi dell'Est. Voglio farvi partecipi del viaggio in Slovenia.

Il gruppo è composto da tre persone: Elvis, Ciavo, Sneco, Pastori M.E.Z.

Partito da Reggio Emilia dove sostavo per il lavoro invernale lasciai mia moglie e i miei due figli, per raggiungere il fratello Ciavo a Padova dove a nostra volta partimmo per Verona a prendere il fratello Sneco e insieme ci avviammo verso la Slovenia.

In macchina si discuteva di come ci si doveva comportare una volta giunti a Lubiana. Molto entusiasti e confidanti nel Signore, ma anche preoccupati perché non avevamo nessun recapito da appoggiarci (mai stati in Slovenia, non si conosceva nessuno ed era il primo viaggio), ma convinti che il desiderio di intraprendere questo viaggio e di contattare nuovi Zigani e di testimoniare di Cristo fosse opera di Dio.

Giunti a Bled (paese Sloveno) ad un'ora tarda di notte (ore 2.00) trovammo una camera con difficoltà. Il giorno seguente ci mettemmo a cercare gli Zigani a destra e a sinistra. Girammo alcune città senza nessun successo. Trovammo pioggia, neve, freddo, ma degli Zigani nemmeno l'ombra. Girammo per due giorni poi il terzo giorno finalmente, verso le 8,00 di sera trovammo un ragazzo (MIke), gli testimoniammo di Cristo senza alcun successo. Mike ci portò da un suo fratello più vecchio. Speravamo che almeno lui avrebbe accettato la parola. Peggio che peggio, contrario al 100%, ma Dio conosce i cuori e i tempi. Scoraggiati e delusi tornammo alla camera dove si dormiva, parlando del problema abbiamo dedicato del tempo alla preghiera prima di dormire.

La mattina, decidemmo di partire, preparate le valigie, pagammo l'albergo, e ci fermammo in un parcheggio a discutere sul da farsi.

Improvvisamente la presenza di Dio investì i nostri cuori incoraggiandoci. Facendo colazione, gloria a Dio, incontrammo due donne Zigane che accettarono la parola di Dio.

Ci diedero indicazioni dove si trovavano cinque famiglie di sinti a Bled. Nel visitarle, ci accolsero con calore e testimoniammo della Grazia di Dio. Poi partimmo. Siamo tornati altre volte alternandoci a coppia di servitori (2 per volta), secondo le possibilità finanziarie. Abbiamo contattato non una, ma dieci famiglie e Dio ha iniziato un'opera. Pregate per questo inizio, per noi e per tutti i missionari Zigani.

Dio vi benedica.

Il testo "viaggio in Slovenia" è tratto da "Vita & Luce" circolare n. 5 - luglio 2000 La redazione:

"VITA & LUCE" via Pasubio, 25/E

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