Il convegno sotto la neve - Rom e Sinti da tutto il mondo

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
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\\ Mahalla : Articolo
Il convegno sotto la neve
Di Fabrizio (del 29/11/2005 @ 09:03:33, in Italia, visitato 4542 volte)
Potete immaginare niente di peggio di una giornata di convegno in provincia, la neve che rende ancora + difficile arrivare sul posto, la sveglia alle 7.30 (di sabato!!) quando la notte prima sono andato a dormire alle 5.00??

Sì, purtroppo c'è di peggio. Perché la stessa neve sta cadendo su quelle roulottes e baracche su cui pendono ordinanze di sgombero (ripeto: fare gli sgomberi in un'altra stagione, no??) e l'argomento di UN'IDEA ALTRA DI CITTA', molto azzeccato, sono proprio la casa e i diritti. Diritti fa il paio con dignità: lo stesso giorno alcuni giornali riportavano il campo di via Idro Milano ... una storia che potete conoscere dai diretti interessati
Insomma, un momento azzeccato per fare il punto della situazione.

Durante una pausa del convegno, parlavo con Carlo e Denis (nuovi colleghi di redazione della Sucar Drom) e secondo loro le stesse cose si dicevano 10 anni fa. Ci si interrogava, al solito, di chi fosse la colpa e inevitabilmente, questo discorso rischiava di scivolare sul ritardo accumulatosi negli ultimi anni, quando in Italia il dibattito sulla condizione di Rom e Sinti, piuttosto che proseguire, ha iniziato a regredire. Per trovarci oggi a rincorrere pensieri già fatti molte volte.
A parte il piacere di rivedere facce note, i dibattiti spesso sono noiosi e fumosi (non questo, per fortuna) e, aspettando gli atti della discussione, ne riscrivo per una sola ragione: dare un punto di partenza; evitare che la prossima volta si debba ripartire sempre dagli stessi punti, evitare che qualcuno "si scordi" delle affermazione fatte.

Preciso: non sarà un resoconto stenografico, piuttosto la somma di ragionamenti e dubbi che sono emersi. Se ho sbagliato nel riassumere o ne ho dato un'interpretazione ECCESSIVAMENTE politica, torneremo sull'argomento.

Ecco che il saluto del sindaco di Trezzo sull'Adda, Roberto Milano, mette subito i piedi nel piatto della cronaca - il suo è un comune relativamente piccolo (11.500 abitanti), ma che non è estraneo alle vicende nazionali. Ecco allora l'appello del sindaco: LEGALITA' e PALETTI, ma anche la necessità di capire quali le regole e le priorità perché legalità sia un valore condiviso. I contributi di sindaci e consiglieri di altri comuni (Concorrezzo; Buccinasco, un altro paese in provincia di Cremona che purtroppo non ricordo) si ispirano a quello del sindaco di Trezzo.

La sua indicazione viene ripresa subito da Maurizio Cabras (Istituto di Ricerca Ecopolis) che presenta il confronto come un momento che riunisce tecnici ed esperti di settore, con le loro analisi e testimonianze, ma anche come occasione di costruire reti di lavoro dal basso, dove il tavolo istituzionale si allarga ai centri di studio, alle università, al privato sociale.

Laura Di Martino (ARCI), a parte la necessaria autoreferenzialità, introduce alcuni argomenti che ricorrereanno spesso, senza trovare una risposta precisa:
  • occorre creare continuità per iniziative simili, se lo scopo è avere regole condivise,
  • regole condivise sono il presupposto perché i Rom siano riconosciuti come cittadini con pari diritti e doveri,
  • la necessità di superare le divisioni, palesi e meno, perché "le contrapposizioni creano marginalità",
  • e, qui la difficoltà maggiore per gli amministratori, quale può essere adesso il "sistema quadro" dei diritti e dei doveri per i Rom stranieri, di fronte all'attuale legislazione immigratoria.
(come ha ricordato l'intervento di una Romni nata in Italia ma con i genitori provenienti dalla ex Yugoslavia, la sua situazione è una sorta di limbo giuridico, e i Rom sono la popolazione europea con la più bassa età media)

Zoran Lapov (Università di Firenze) aveva il compito di fornire un quadro teorico della questione. Compito svolto egregiamente, perché dalla teoria si è agganciato subito alla pratica: i campi sosta sono una soluzione applicata esclusivamente in Italia, che sono una forma di ghetto contro un "supposto" nomadismo, che in realtà è quasi ovunque una condizione di "sfollati permanenti". Ha poi rincarato la dose, giudicando l'Italia come un paese di forte pluralità sociale e linguistica, a cui non ha mai fatto riscontro un adeguato progetto statuale (e quando questo si è concretizzato nella legge sulle minoranze linguistiche, è stato comunque a danno dei diretti interessati)

Se da una parte si richiedono regole e progettualità, mancano politiche specifiche (eppure, a leggere i giornali sembra l'opposto) e si è obbligati a rincorrere sempre le varie emergenze.

La Caritas stessa, tramite don Colmegna, ha testimoniato come l'agire sempre sulle emergenze, da un lato ha permesso di liberare fondi e capacità tramite il privato sociale, ma quando il risultato potrebbe trasformarsi in concretezza, l'assenza della politica crea nuovi confini e paure. Il progetto Caritas di Villaggio Solidale, che nasce sulle esigenze dei Rom sfrattati da via Capo Rizzuto, vede il contributo di sindacati e ricercatori, di sicuro affronta in maniera dignitosa il problema della marginalità e dimostra che nella pratica, se si vuole, si può iniziare a risolvere i problemi.
Ma (secondo me) crea ancora più contrapposizione. Intendiamoci, fa bene la Caritas ad investire i propri soldi senza riguardo alle polemiche, AGIRE INVECE DI DISCUTERE, ma questo può risolvere, momentaneamente e quando va bene, il problema di 70 persone su 2/3000.

Tocca a Maurizio Pagani (Opera Nomadi Milano) ricordare che un'organizzazione storica come la sua, che non possiede le capacità finanziarie di una Caritas, paga maggiormante l'involuzione politica e progettuale degli ultimi anni. Anche il recente e discusso rapporto sul razzismo, al di là dello specifico, rimprovera all'Italia di non aver mai fornito le cifre su quanti siano i Rom e i Sinti in Italia.
Da questa lontananza dello stato nasce l'equivoco del "problema rom": oggi si parla di emergenza coi Rom rumeni, come in passato gli stessi toni erano riservati ai Rom bulgari o bosniaci. Ma non si può ogni volta affrontare l'emergenza delle varie diaspore, se rimangono sul tappeto i problemi pregressi delle comunità storiche dei Rom italiani.

Francesca Corso e Irma Dioli (rispettivamente Assessora ai diritti dei cittadini e Assessora alla partecipazione e cooperazione internazionale della provincia di Milano) hanno dovuto comnvincere la platea che il rapporto con la Provincia si può ricreare, nonostante i recenti anni di reciproca diffidenza; come, ancora non è del tutto chiaro. Potrà assumere un ruolo "super partes", che dia voce alle singole esperienze locali, o piuttosto un ruolo più attivo e di stimolo, come quello che ha assunto nei pochi mesi dal suo insediamento, stretta tra le chiusure del capoluogo milanese e la necessità di coordinare piani che coinvolgano tutta l'area metropolitana. Lo stesso concetto di LEGALITA', ricorrente più volte, diviene una scelta politica, nel momento che il Parlamento sta cambiando le carte in tavola con Devolution e riforma costituzionale, scompaginando i ruoli delle istituzioni e delle autonomie.

Tommaso Vitale (Università di Milano Bicocca) esorta la Provincia a promuovere un dibattito pubblico sulla condizione dei Rom, al più alto livello e ad invitare Lívia Járóka e Viktória Mohácsi, le due romnià elette al Parlamento Europeo. Sempre a Vitale spetta introdurre le sessioni tematiche pomeridiane, illustrando il legame che partendo dal concetto di cittadinanza, arriva all'essere legittimati a governare e partecipare.

Antonio Tosi (Politecnico di Milano) esordisce osservando come i Rom non sono considerati di "diritto abitativo". Le stesse organizzazioni rom, solo recentemente hanno preso atto del fallimento della politica dei campi sosta.
Di sicuro, la condivisione di spazi e servizi non più segregati, mette in discussione tutti i rapporti esistenti.

E' quello che poi dimostreranno gli interventi seguenti, con la Toscana nel ruolo di regione "virtuosa", e l'intervento finale di Paola Dispoto (consulente Ufficio pianificazione sociale, Comune di Bolzano), purtroppo sacrificato per la mancanza di tempo.

Esperienza positiva quella toscana, illustrata a più riprese da Antonio Sconosciuto (Società della salute, zona pisana), Milena Scioscia e Michele Vonci (progetto Rom Arci Toscana) e Nicola Solimano (Fondazione Michelucci, Firenze).
Positiva per i risultati: il graduale superamento dei campi sosta, per soluzioni più rispettose della dignità umana, meno costose per la comunità contribuente e il recupero di aree degradate.
Ma positiva, soprattutto per il percorso politico adottato: i risultati sono stati ottenuti perché c'è stata la costanza e la volontà di impegnarsi 10 anni e di coinvolgere diverse autorità: un lavoro in rete locale, appunto.
E in questo tempo, a volte le soluzioni sono sfuggite di mano, non solo per le difficoltà tecniche: nel momento che i vari soggetti non riuscivano a coinvolgere la popolazione locale, anche le scelte più "corrette" segnavano il passo.
Il valore di una politica condivisa, è che non solo i problemi, ma anche le soluzioni si toccano, e partendo dalle politiche abitative e del riconoscimento reciproco, si sono individuate soluzioni e percorsi anche nel campo del lavoro, della scuola, della sanità.
E soprattutto, si è delineato un modo operativo che può dare i suoi frutti, anche se applicato ad istanze che non riguardano la marginalità sociale ed economica.

Sono replicabili queste soluzioni? Modestamente, penso che non basti sostituire la parola d'ordine CAMPO SOSTA con CASA. Manca ancora una riflessione critica sulle dinamiche che sinora non hanno funzionato.
Il rischio, accettando acriticamente una nuova parola d'ordine, è ricreare le soluzioni abitative di alcuni gruppi rom a Milano e Napoli: avuta la casa in quartieri già degradati di loro, si sono spostati dalla piccola criminalità allo spaccio (e consumo) di droghe e alla prostituzione: la strada per scomparire definitivamente come popolo.
Ancora, un problema politico: non è l'etnia a rischio devianza, ma la situazione in cui avviene l'urbanizzazione.
Se questa avviene in:
  1. periferie estreme già problematiche di per sé
  2. in situazione di alta concentrazione etnica o numerica
  3. in mancanza di servizi pubblici
la realtà non cambia. E, come giustamente insistono i coredattori di Sucar Drom, condizione essenziale è prevedere piani di mediazione culturale e di coinvolgimento e responsabilizzazione dei diretti interessati. O, per dirla dal punto di vista opposto, "aggredendo" la spinosa questione delle condizioni delle periferie, coscienti che è nell'interesse generale e non dei soli Rom.

Per terminare, perché un così lungo riassunto? Sono state dette tante cose, è necessario averne memoria, per non sentirle ripetere uguali il prossimo convegno. E' necessario scriverle, perché con la scusa della cultura orale, alla lunga si rimane fregati dalle promesse.
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