Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 23/12/2005
Di Daniele (pubblicato @ 19:58:53 in Europa, visitato 2538 volte)
da OSSERVATORIO SUI BALCANI 23.12.2005
Dopo il 1999 sono stati evacuati dalle proprie case e trasferiti in campi contaminati dal piombo a nord del fiume Ibar. L’emergenza, che doveva durare poche settimane, è giunta al sesto anno. Una situazione paradigmatica dello stato del Kosovo. Nostra traduzione
Di Martin Fisher, Transitions Online, 15 dicembre 2005 (titolo originale: “Camp Life”) Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta Budapest - Dopo i bombardamenti NATO in Serbia del 1999 nella città kosovara di Mitrovica, etnicamente composita, la popolazione albanese aggredì le comunità Rom. L’agenzia dell’ONU per i rifugiati (UNHCR) aiutò allora ad evacuarle a pochi chilometri di distanza, in una regione ora come allora controllata dai Serbi. L’idea era di porle fuori dalla portata degli Albanesi, che vedevano i Rom come alleati dei Serbi; ma i Rom finirono in un’area contaminata, non dall’odio etnico bensì dal piombo.
Il 6-7 dicembre si è tenuto a Roma l’VIII seminario nazionale dell’Opera Nomadi Nazionale dal titolo “I Rom, Sinti e le Metropoli”, diviso in gruppi di lavoro: Habitat e Sanità, Scuola, Lavoro, Diritti/Mediatori Rom/Sinti.
Opera Nomadi: Satus di minoranza cercasi Minoranza etnica autoctona? Italiani del Nord o del Sud? Stranieri comunitari o extracomunitari? Regolari o clandestini? Cittadini o esclusi?
La mancanza di un’identità formale continua a gravare sui numerosi gruppi di Rom, Sinti e Camminanti che, da più o meno tempo, vivono in Italia. Anche quest’anno l’Opera Nomadi, nata nel 1966 e composta da 30 sezioni da Bolzano alla Sicilia, ha voluto fare il punto sui problemi che riguardano circa 120.000 persone, in maggioranza giunte in tempi più recenti dai Balcani (a partire dal 1970 ma con forte incremento dal 1990) e dalla Romania (dal 2000), ma presenti anche da secoli (dal 1422) con forme autoctone, dalla Calabria al Veneto.
A fare da intermezzo al Seminario il I° concorso per “Musicisti di strada Rom e Sinti”, nato per promuovere l’istituzione, in ogni comune d’Italia, di un albo comunale per lavoratori musicisti di strada Rom e Sinti. Alla gara hanno partecipato diversi gruppi musicali, di canto e danza. A corollario del Seminario Nazionale un incontro con le istituzioni governative.
In attesa degli “Atti del Seminario” è possibile consultare “Romano Lil” circolare telematica dell’Opera Nomadi. Per iscriversi alla lista telematica: romanolil@libero.it Redazione tecnica, Presidenza Nazionale: tel. 06-44704749kkkk
E' uscito l'aggiornamento di dicembre 2005 di PICUM.org con le notizie e l'evoluzione politica riguardanti i diritti sociali fondamentali degli immigranti non documentati in Europa. Disponibile nel formato Word nelle seguenti lingue: inglese, tedesco, olandese, spagnolo, francese, italiano e portoghese.
riprendo un interessante intervista apparsa su Aprile Interviste. Marco Bettini, giornalista e scrittore di thriller, racconta i sintomi di autodifesa che hanno conquistato la capitale dell'Emilia-Romagna quando si parla di legalità Michele Zacchi
La legalità a Bologna è un fatto nazionale e crea scalpore che sia un sindaco di sinistra come Sergio Cofferati a sollevare il problema. Questa volta proviamo ad affrontare il tema da un angolo particolare, parlando del problema con uno scrittore di gialli che nei suoi due libri ha mostrato i forti segni del disagio in questa rossa città. Si tratta di Marco Bettini, il suo secondo lavoro (“Lei è il mio peccato”) è attualmente in libreria ma la sua principale professione è quella di giornalista in un quotidiano nazionale. Un osservatorio privilegiato per ascoltare la città e capire quanta distanza o quanta sintonia ci sia oggi fra la politica e i bolognesi.
Qual è il senso comune della cittadinanza sul tema? Un politico deve rispondere in modo articolato, tu puoi farlo senza mediazioni. Credo che il disagio a Bologna si esprima, come accade spesso, attraverso il meccanismo della rimozione. Che non vuol dire negare il disagio ma negarne le cause, il che produce gli stessi effetti. Penso che Bologna, come cento altre città e nazioni, abbia passato gli ultimi venticinque anni a raccontarsi che i sintomi del malessere erano causati da quelli che venivano da fuori, dagli estranei, che non coincidono necessariamente con gli stranieri. A Bologna sono stati considerati estranei gli indiani metropolitani nel 1977, gli studenti del Dams negli anni Ottanta, gli abitanti del Pilastro, quartiere a fortissima presenza meridionale, gli immigrati di origine araba o africana e adesso quelli che vengono dai paesi dell'Est Europa. Tutti sono stati usati, di volta in volta, per rappresentare la causa del disagio. Un modo come un altro per dire: il male non dipende da noi. Solo che questo, che sembra un puro meccanismo psicologico, ha avuto effetti pratici devastanti. Per spiegare che livello di incomprensione della realtà ha toccato nel suo insieme la città, basta l'esempio della banda della Uno bianca. Un gruppo di criminali, costituito per la stragrande maggioranza di romagnolissimi poliziotti, ha commesso decine e decine di rapine e omicidi nell'arco di sette anni, dal 1987 al 1994. Durante questo tempo sono stati processati e condannati, per gli stessi reati, sulla base di perizie, testimonianze e appassionate arringhe, la cosiddetta Banda della Regata, la cosiddetta Banda delle Coop e, quando i fratelli Savi hanno confessato, era in corso il processo alla cosiddetta Mafia del Pilastro. Più di quaranta persone sono state arrestate, quasi altrettante processate. Nonostante l'arresto e le ammissioni dei fratelli Savi, il pm del processo alla mafia del Pilastro ha chiesto comunque l'ergastolo per gli imputati, che naturalmente sono stati assolti. Penso che l'incomprensione dei fenomeni in atto non abbia prodotto solo un modello urbano avulso dalla realtà ma anche morti e feriti che si potevano, in parte, evitare. Perché è vero che la rimozione è un fenomeno psicologico, ma negare la realtà alla fine costa caro.
Nel tuo secondo libro l'attualità di questi giorni era stata anticipata: la criminalità legata all'immigrazione (parli della banda di rumeni) e i luoghi ghetto che a Bologna sono sempre gli stessi. Perché, a tuo avviso, non è stata interrotta questa ripetitività? La formazione dei ghetti bolognesi è ampiamente prevedibile. Prima di scrivere "Lei è il mio peccato", sono stato al Ferrhotel, dove si ammassavano i rumeni, che poi sono stati sfollati sul Lungo Reno, e infine nell'ex fornace Galotti, dove molti si sono rifugiati adesso. E proprio in quel punto, che ho in parte reinventato nel romanzo, chiamandolo "l'Inferno", nel dicembre del 1990 i criminali della Uno Bianca uccisero due nomadi, Rodolfo Bellinati e Patrizia Della Santina. Gli zingari non ci hanno messo più piede ma lo stesso luogo ha accolto le ondate successive di immigrati di diverse etnie. Perchè tutto sommato i luoghi dove fermarsi a coltivare speranze da disperati a Bologna sono pochi. Ma quello che rende tutto più difficile, per me, è il fatto che la speranza l'hanno perduta i bolognesi, come il resto degli italiani e degli occidentali in genere. Credo che questo sia ciò che ci rende soccombenti, come modello sociale. Perfino intere sacche di estremisti islamici, che mi fanno sinceramente orrore, credono che la loro battaglia, secondo me ideologicamente folle, gli farà guadagnare condizioni di vita migliori. Noi non ci speriamo più, e del resto non fanno che ripetercelo tutti i giorni. Il nostro mondo di domani sarà meno abbondante di quello di oggi, per non dire di peggio. Il fatto è che potrebbe almeno diventare migliore sotto il profilo spirituale (e non religioso, sia chiaro), della convivenza, della tolleranza. Ma pare che non gliene freghi niente a nessuno.
Bologna e la Uno bianca, Bologna e la sua inaccessibile piazza Verdi (quella del Teatro comunale e della sede centrale dell'Università). I giornali descrivono tutto quanto ricorrendo a metafore che ricordano il peggior gangsterimo americano. Fino a dove arriva la verità, e dove comincia il "colore"? Su Piazza Verdi, penso che sia uno di quegli esecrati luoghi che si presta a rappresentare la diversità. E' frequentato soprattutto da giovani, tossici e melomani in fila per il Teatro comunale. Sento parlare di Piazza Verdi da venticinque anni e in termini molto simili. Come ogni luogo inevitabile, rappresenta la somma di molte contraddizioni. Capisco il fastidio di chi ci abita, ma affrontandolo come un problema di ordine pubblico si finirebbe solo per spostare il problema, senza risolverlo. Un mese fa ho camminato di notte lungo via Zamboni, dalle Torri a porta San Donato, attraversando anche Piazza Verdi, e ho visto soprattutto molti giovani, molti locali aperti e molta birra consumata sotto i portici. Poi si notavano anche i segni del piccolo spaccio, dei punkabbestia, di comunità di emarginati. Mi è sembrato un tentativo di convivenza difficile, certo, ma almeno un tentativo. Oppure vogliamo pensare che un'intera generazione di diciottenni, figli nostri, si lasci affascinare dal degrado, al punto di passarci le serate nel bel mezzo, con dissimulato piacere? I toni da film di gangster americani possono funzionare nei titoli dei quotidiani, perennemente alla ricerca del "grip", ma spiegano poco di quel che succede veramente. Detto questo, io una speranza, guardando Bologna, ancora la coltivo. Mi pare che, pur in mezzo a errori che somigliano molto a una coazione a ripetere, in città persista la voglia di non lasciarsi travolgere, di non buttarla per forza in rissa, di ribellarsi alla dittatura dei luoghi comuni. Insomma, credo che se mai Bologna ha avuto o mantiene una sua peculiarità, non è il ritratto falso dell'isola felice, quanto il desiderio (che spero non degeneri semplicemente in sogno) di restare intelligente.
Marco Bettini, scrittore romagnolo che vive e lavora a Bologna, ha scritto tre romanzi. L'ultimo, il thriller "Lei è il mio peccato", edito da Rizzoli, è in libreria da poche settimane. Ha collaborato ai testi di diversi programmi della Rai. Gioca nell'Osvaldo Soriano Football Club, la Nazionale di calcio degli scrittori.
Di Fabrizio (pubblicato @ 04:48:14 in media, visitato 1731 volte)
Dopo un po' di tempo, vi aggiorno su Mengro e Lele della mailing list Allgypsies, due persone spiritose e simpatiche, che puntualmente devono fare i conti con uragani, vicini, giornali... soprattutto giornali:
Avrei voluto annoiarvi prima, ma mi era sfuggito di mente. C'è qualcuno che in questo articolo trova indicazioni precise sul fatto che i colpevoli siano "zingari"? A cosa si riferiscono gli autori quando parlano di "truffa zingara"? Uno (o tutti?) gli autori di questi crimini sono di origine romanì? Ma, sapete, so che hanno ragione, loro sono IL GIORNALE! Lele Dal Gainesville Sun, Gainesville FLORIDA December 08. 2005 6:01AM Se vivete a Williston, attenzione agli "zingari del linoleum." Secondo la polizia di Williston, due uomini hanno bussato alla porta di un'anziana coppia al blocco 300 della SE 2nd Street, offrendo loro una copertura in linoleum per il pavimento. Una volta entrati, i due hanno chiesto di poter andare in cucina, per distendere meglio il linoleum. Uno dei due tendeva il linoleum, celando così l'ingresso di un terzo complice che rubava una "consistente" somma di denaro [...]
Gli anziani sono frequentemente bersaglio di queste "truffe zingare" e raramente le denunciano, vergognandosene, dice il Lt. Clay Connolly, portavoce del dipartimento. Chiunque avesse informazioni su incidenti simili deve mettersi in contatto con il Williston Police Department oppure con Crime Stoppers. PS: Vi aggiungo l'email del Gainesville Sun se volete dire la vostra su questa storia di "zingari fantasma": voice@gvillesun.com Yoy!
Oggetto: Il ritorno stagionale degli scassinatori "zimgari" 12/18/2005 Il vostro articolo è offensivo, nel descrivere un gruppo etnico collegandolo al rafforzamento legislativo. Se da parte mia non ho dubbi sul fatto che gruppi operanti in questa maniera possano essere anche composti da "Zingari", devo sottolineare che "Zingaro" o Romanì è il nome di un gruppo etnico, NON il nome di un tipo di crimine. Esistono altri gruppi minoritari che commettono crimini, ma qualsiasi media non pubblicherebbe mai [notizie di] cronaca nera, definendole comportamenti criminosi di Neri, Ebrei, Ispanici o qualsiasi altro gruppo etnico.
Submitter: Laura Hoffman Email: lhoffman6026@mac.com
Fotografie del 23/12/2005
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