Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 12/08/2009 @ 09:04:05, in sport, visitato 1530 volte)
 SPOT

Per chi legge su Facebook, il link è QUI

Con gli Aquilani per vincere Mondiali HWC Milano 2009

Il ritiro della Rappresentativa Italiana è confermato dal 29 agosto fino al 5 settembre, nella tendopoli del campo sportivo Centi Colella a L'Aquila (info: abruzzo2009@arci.it) dove selezioneremo 4 giocatori Aquilani che hanno perso le proprie case e dove porteremo la solidarietà della Nazionale Italiana Senza Tetto (A.S.C. Nuova MultiEtnica Onlus)

Il 4 settembre Conferenza stampa con la presentazione del primi 8 giocatori della rappresentativa Italiana Senza Tetto
10 giocatori di riserve per tutte le 48 Nazioni
Consegna delle maglie e attrezzatura per tutti giocatori da parte di rappresentante di FIGC e L.N.D.

Ringraziamenti faremo durante la conferenza stampa a tutti quanti hanno aiutato la Nuova MultiEtnica Onlus nei preparativi della Nazionale Italiana dei Senza Tetto (Street Soccer)
Restando a disposizione per qualsiasi chiarimento, inviamo i più cordiali saluti.

Associazione Sportiva e Culturale Nuova MultiEtnica
Via Bellezza 16/a – Milano
Codice Fiscale – 97309030159
Sito - www.nuovamultietnica.com
Email: bogdan@nuovamultietnica.com
info - www.homelessworldcup.org
Bogdan Kwappik - Il Presidente – 347/8638372 casa 0373450523
Amin Othman : 3920639660 (responsabile stampa) amin@nuovamultietnica.com
Jonathan Cervantes - Cell: 3409902751 (Porta Voce)
ARCI Querencia: info@querencia.it

BANCA INTESA
COORDINATE IBAN – IT16 G030 6909 4446 1524 9931 460
ABI 03069 CAB 09444 C/C 6152499314/60
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Di Fabrizio (del 23/08/2009 @ 09:43:48, in sport, visitato 1823 volte)

Resoconto del sopralluogo dello staff della Nuova MultiEtnica Onlus presso la tendopoli del centro sportivo Centi-Colella/L'Aquila .

Siamo stati accolti con estremo entusiasmo dalle persone, le associazioni e organizzazioni presenti a L'Aquila.

Abbiamo fin da subito collaborato con uno staff indetto tramite Arci e Querencia per organizzare le selezioni e il ritiro a L'Aquila che avverrà dal 29/08/09 al 05/09/09, dove garantiranno vitto e alloggio alla nazionale Homeless World Cup, grazie anche alla collaborazione del responsabile della croce rossa presente nella tendopoli.

Durante la nostra permanenza abbiamo avuto anche la concessione tramite la CUS L'Aquila ad utilizzare le loro strutture presenti nel centro sportivo di Centi-Colella che verranno adibiti alla nostra preparazione.

Dopo vari incontri istituzionali con l'assessore allo sport e l'assessore alle politiche sociali abbiamo ottenuto ottimi risultati, come l'ufficiale patrocinio del comune di L'Aquila e massima collaborazione e sostegno del ritiro indetto per la selezione di 4 giocatori che rafforzeranno la rappresentativa Italiana e la squadra delle riserve.

Cogliamo l'occasione per ringraziare tutte le persone che stanno collaborando per la preparazione della rappresentativa Italiana senza tetto (streetsoccer).

cordiali saluti
lo staff della Nuova MultiEtnica ONLUS

Restando a disposizione per qualsiasi chiarimento, inviamo i più cordiali saluti.

Associazione Sportiva e Culturale Nuova MultiEtnica
Via Bellezza 16/a – Milano
Codice Fiscale – 97309030159

Sito - www.nuovamultietnica.com
Email: bogdan@nuovamultietnica.com
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Bogdan Kwappik - Il Presidente – 347-8638372 casa 0373-450523
Amin Othman : 3920639660 (responsabile stampa) amin@nuovamultietnica.com
Jonathan Cervantes : 3409902751 (Porta Voce) jonathan@nuovamultietnica.com
Presidente ARCI Querencia Ciro: 3334559531 info@querencia.it
Info: abruzzo2009@arci.it

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Di Fabrizio (del 02/09/2009 @ 09:32:16, in sport, visitato 2288 volte)

Manca pochissimo: sabato 6 settembre a Milano ci sarà il calcio d'inizio del Torneo Mondiale di Calcio a 5 per i senza fissa dimora, torneo che durerà una settimana. I colori italiani saranno difesi dall'eterogenea squadra della Multietnica, nata nel campo di Triboniano e che quest'anno schiera tre giocatori provenienti da campi rom. Nell'attesa di scoprire chi saranno i 4 aquilani che rinforzeranno la squadra, scopriamo le storie degli attuali componenti. Testi e foto sono tratti dal sito Homeless World Cup

Nome: Angelo Cognome: Cimbali
Età: 45 anni
Paese: Italia
Lingue: italiano
Angelo si deve confrontare con un difficile passato, legato alla dipendenza dall’alcool. “Ho sempre saputo di avere grandi difficoltà a livello emotivo. L’alcol mi aiutava a superare l'ansia e il senso di inadeguatezza”, ammette: “Era un modo per sfuggire alla realtà” .
Congedato dall’esercito e allontanato dalla famiglia, decide di dare una svolta alla sua vita, iniziando un percorso di disintossicazione, supportato da un centro di solidarietà, il CEAS, dove tutt’ora vive e offre collaborazione come volontario.
Grazie a questa associazione, viene a conoscenza della Nuova Multietnica ed entra a far parte della Nazionale Italiana di Homeless World Cup.
Angelo è entusiasta del progetto perché vede il torneo come la possibilità di un riscatto, attraverso la sua grande passione, il calcio.

Nome: Anderson Cognome: Cervantes
Età: 20 anni
Paese: Perù
Città: Tocache
Lingue: spagnolo, italiano
Anderson, terzo di cinque fratelli, arriva in Italia a 12 anni. La sua famiglia non ha possibilità economiche, ma cerca di dargli un’istruzione fino ai primi anni delle scuole superiori. Interrotti gli studi, lasciata la casa familiare e privo di una sistemazione stabile, inizia a lavorare in una fabbrica di manufatti, che purtroppo chiude a causa della crisi economica attuale.
Essendo venuto a conoscenza del Progetto Homeless World Cup, decide di unirsi alla squadra per sviluppare una maggiore determinazione e costanza a perseguire gli obbiettivi.
Come molti dei suoi compagni di squadra, anche per Anderson, l’Homeless World Cup 2009 rappresenta una grande, irripetibile occasione, per migliorare il suo futuro, magari trovando un nuovo lavoro e una casa.

Nome: Pietro Sollen Cognome: Kodjo
Età: 22
Paese: Togo
Lingue: francese, italiano
Pietro è arrivato in Italia come rifugiato politico a causa delle numerose persecuzioni che ha dovuto subire in Togo, il suo Paese d’Origine.
Attualmente è ospitato presso le strutture della Caritas italiana.
Convinto dall’allenatore ad entrare in squadra, decide di accettare questa sfida, alla ricerca di nuove motivazioni per migliorare la sua vita.
Nella vita si è dovuto barcamenare con lavori umili, ma sul campo è dotato di una tecnica sopraffina. Orgoglioso del suo “essere in campo” spiega: “Quando sei sul terreno non conta quanti soldi o quali privilegi hai. Tutti i giocatori sono uguali e conta solo la bravura di giocare e il loro essere in grado di fare squadra”.

Nome: Bryan Cognome: Toscano
Età: 18
Paese: Ecuador
Lingue: Spagnolo, italiano, inglese
Bryam arriva in Italia attraverso il ricongiungimento familiare.
Disorientato dalle mille diversità di un paese nuovo, ha finito per legarsi alle bande latino-americane, ricercando quel senso di appartenenza che non era riuscito a trovare nei coetanei italiani.
Nel suo progressivo desiderio di cambiare ambiente, vivendo saltuariamente “sulla strada”, senza reali obiettivi o certezze a cui aggrapparsi, viene a conoscenza di una squadra di calcio che utilizza lo sport come catalizzatore per incoraggiare le persone più diseredate a cambiare vita.
Nasce in lui la consapevolezza di poter migliorare se stesso, anche attraverso il calcio, una componente irrinunciabile della propria esistenza.
Bryan è un abile centrocampista e culla il sogno di diventare un secondo Benzemà. E’ molto giovane per pensare a progetti a lunga scadenza, ma è sicuro di una cosa: resterà nel mondo del calcio perché è un modo per imparare ad essere uomo e per trovare autentiche motivazioni.

Nome: Florian Cognome: Matei
Età: 26
Paese: Romania
Lingue: italiano, rumeno
Quando il coach Bogdan lo ha incontrato al campo rom, non sapeva una parola di italiano, ma i suoi piedi parlavano per lui. Romeno e rom, originario della città di Bals, ha 26 anni, vive con la compagna - in attesa di un bimbo - e la sua bambina di tre anni. In campo è un vero jolly, perfetto per lo street soccer: dal portiere all’attaccante con la stessa feroce determinazione e voglia di vincere. Ma se Matei si trova bene ovunque in campo, non è altrettanto fortunato in Italia. Non è mai riuscito ad ottenere una casa. Tra i numerosi “traslochi”, lavori saltuari e le mille altre difficoltà quotidiane, ha perso di vista la nazionale. L’anno scorso, Matei è riuscito a ricontattare Bogdan - che sarebbe stato felice di portarlo in Australia - ma un cellulare smarrito e altre vicissitudini non l’hanno permesso. Questo è l’anno buono: Matei è riuscito - con l’ingresso nella UE della Romania finalmente da “comunitario” - a tornare in contatto con Bogdan e a diventare un punto fermo della selezione italiana. Peccato solo che non riesca ancora a trovare un punto fermo per vivere. Abita ancora infatti in un campo vicino a Linate. Matei spera che la Homeless World Cup possa garantirgli non solo un posto in squadra ma l’energia giusta per trovare una vera casa per sé e la sua famiglia.

Nome: Giorgio Cognome: Toma
Età: 19
Paese: Romania
Lingue: italiano, Rumeno
Convinto dalle promesse dello zio di un mondo migliore, Giorgio arriva in Italia, inseguendo il sogno di avere una vita “normale”, un buon lavoro, una bella casa.
Un sogno di difficile realizzazione, perchè, da subito, si scontra con le difficoltà inerenti il percorso di inserimento, in uno paese straniero.
Attualmente Giorgio vive in uno dei tanti campi Rom, disseminati nella periferia di Milano.
Un giorno, un amico gli parla della Nuova MultiEtnica , della possibilità di venir a contatto con persone nella sua stessa situazione, con cui condividere molto più che la passione per il calcio.
Si ambienta facilmente e riesce a stabilire forti legami con i suoi compagni, uniti dall’amore per lo sport, ma anche dalle comuni barriere sociali che incontrano, cercando di affermare se stessi.
Non è solo sport, anzi è sport come coesione sociale, strumento di riscatto, veicolo per promuovere i diritti delle minoranze.

Nome: Nicolae Cognome: Dubai
Età: 23 anni
Paese: Romania
Lingue: rumeno
Nicolae è arrivato in Italia giovanissimo, ancora minorenne, tanto che ha vissuto per un periodo in un celebre orfanotrofio di Milano, "I Martinitt".
Ha partecipato come giocatore alla Homeless World Cup di Cape Town 2006, mettendo a segno più di una rete. Il calcio e la partecipazione al torneo e al training precedente, sono state per lui una grande opportunità per crescere e maturare. Oggi lavora e ha una casa, per quanto precaria. In campo è un difensore roccioso e, fuori, è un vice allenatore tranquillo e capace.
Organizzatore nato, aiuta Bogdan a tenere in riga i giocatori.
Parteciperà alla prossima Homeless World Cup come team manager. Crede nella capacità del progetto di aiutare tante altre persone, soprattutto giovani come lui, attraverso il calcio e lo sport in generale.

Nome: Mervin Cognome: Dugas
Età: 20 anni
Paese: Seichelles
Lingue: italiano
Intercettato e fortemente voluto dall’allenatore della squadra, Mervin è il più recente componente della nazionale Homeless World Cup.
Dimostra fin da subito di conoscere l’area dei rigori come pochi.
Dopo un’infanzia poverissima, arriva in Italia cinque anni fa dalle isole Seichelles e, mentre la sua vita privata è caratterizzata dalla mancanza di punti fermi, all’interno del team Homeless World Cup, riesce ad imporsi da subito come un importante riferimento, un’incrollabile certezza per i suoi compagni, perché in grado di sferrare un goal dietro all’altro, ma, soprattutto, supportarli grazie alla sua forte tenacia.
Dotato di eccellenti potenzialità, vuole allenarsi soprattutto sul tiro, sullo scatto e sulla difesa della palla, “I Mondiali Homeless World Cup 2009 rappresentano per me” spiega entusiasta, “un’importante opportunità per dimostrare il mio valore sul campo, ma anche un modo per promuovere la condizione dei senza tetto e creare la consapevolezza che, non potendo scegliere la propria origine o condizione sociale, si può migliorare se stessi, anche grazie allo sport”.

Nome: Potru Cognome: Florian
Età: 32 anni
Paese: Romania
Lingue: italiano, rumeno
Il colpo di fulmine è stato nell’agosto scorso, circa un anno fa. Potru è venuto a conoscenza per caso di Homeless World Cup e da allora è una dei più grandi sostenitori del progetto e un membro fisso della squadra, nel ruolo di centrocampista.
Ha 32 anni, una moglie ammalata di cirrosi epatica e attualmente vive in una tenda, perché non può permettersi di pagare l’affitto di una casa. Vorrebbe trovare un lavoro come muratore, ma attualmente è disoccupato. Nonostante questo, è ottimista verso il futuro.
La scoperta degli altri giocatori è stata per lui come una rinascita: persone che hanno avuto la possibilità di un riscatto, per poter cominciare a realizzare i propri sogni. La Homeless World Cup dà coraggio. Oltre la passione per il calcio, Potru è entusiasta di avere la possibilità di conoscere persone con difficoltà comuni alle sue, con cui poter combattere per migliorare le proprie condizioni sociali.
Oggi Potru parla a tutti della Homeless World Cup come l’inizio di una svolta ed è fermamente convinto a trovare una casa, per poter, così, offrire a sua moglie un posto sereno dove poter guarire.

 
Di Fabrizio (del 12/09/2009 @ 20:44:47, in sport, visitato 1775 volte)

Domani all'Arena, dalle 11.00 alle 19.00 le partite finali della Homeless World Cup 2009. L'invito ad esserci è per tutti i milanesi, nel frattempo, un bell'articolo di Panorama, per ricordare la partecipazione della squadra italiana, che ha iniziato troppo tardi a vincere le partite.

Bogdan Kwappik, foto da Flickr/homelessworldcup

Marcello Lippi fuma il suo sigaro e si gode un’Italia finalmente convincente e quasi qualificata per i mondiali in Sudafrica. A qualche chilometro di distanza, Bogdan Kwappik fuma una sigaretta dietro l’altra, urla ai suoi di passare la palla e spera che nessuno di loro si faccia male.
Bogdan e Marcello fanno lo stesso mestiere: allenatori della nazionale italiana. Ed ex campioni del mondo. Infatti ci sono azzurri che il loro mondiale lo stanno già disputando. Da protagonisti.

A Milano si gioca in questi giorni (sino al 13 settembre) la Homeless World Cup, torneo di "calcio da strada" per chi ha la strada come casa: senzatetto, rifugiati politici, esiliati. Ci sono 48 nazionali partecipanti. l’Italia alla vigilia era una delle favorite per il palmarés: due mondiali vinti, nel 2004 e 2005. Con lo stesso allenatore al comando, Bogdan Kwappik: "Anch’io dopo aver vinto ho dormito abbracciato alla coppa, come Cannavaro. Solo che ero dentro la mia Nissan rossa, dove vivevo" racconta questo trentasettenne ex calciatore polacco di Katowice ("ero come un Gattuso, poi mi sono rotto i legamenti e carriera finita") arrivato in Italia nel lontano 1993: "sono scappato dalla Polonia come disertore. Non potevo fare obiezione di coscienza. Qui credo di aver fatto tutti i lavori possibili". Nel 2001 arriva a Milano e fonda la Asc Nova Multietnica, una Onlus che si occupa di aiutare gli emarginati attraverso il calcio "a volte basta un po’ di fiducia, di amicizia e di sport per rimettere in moto una vita".

La nazionale è composta da otto giocatori (quattro in campo, più le riserve), tre di loro vengono da L’Aquila e vivono in tendopoli a causa del terremoto. Gli altri hanno alle spalle le storie più varie: ci sono un romeno, un senegalese, un cittadino delle seychelles, un brasiliano, un curdo. "Cantano l’inno meglio di tanti altri, glielo assicuro" dice l’allenatore. E il capitano, Angelo, 46 anni, un passato da alcolista e ospite della comunità di don Colmegna. Bogdan non vuole dare consigli al suo collega Marcello ma, se potesse, uno come Antonio Cassano lo convocherebbe di corsa: "E come no! Io come Cassano ho mezza squadra" scherza "Ogni giorno devo fare prima lo psicologo, poi l’allenatore, ma urlare mai, non serve a niente".
Dal punto di vista sportivo lo street soccer non è come l’anarchica pallastrada de "La compagnia dei celestini" di Stefano Benni, anzi, ha le sue regole ben definite: ci sono le sponde come nell’hockey, il tempo effettivo e le sostituzioni come nel basket, l’area solo per il portiere come nella pallamano. Un garbuglio, insomma.

Ma l’esperienza più importante inizia dopo il fischio finale: i risultati sociali conseguiti nelle precedenti edizioni della Homeless World Cup dicono che più del 70 per cento dei partecipanti ha cambiato la propria vita, trovato una casa, un lavoro, ripreso gli studi, sconfitto una dipendenza, ristabilito una relazione. "Io stesso" racconta Kwappik "ho conosciuto la mia compagna di vita grazie alla squadra. E l’ex capocannoniere della prima edizione, un ragazzo rom, dopo la coppa si è messo a studiare ed è diventato un geometra". Le vittorie che contano sono anche quelle più difficili da ottenere: "Quest’anno abbiamo avuto un po’ più di attenzione da parte dei media perché si giocava in casa, ma i soldi non sono molti, gli sponsor mancano e l’attività va avanti tutto l’anno" spiega l’allenatore "io quello che spero è che finita la coppa questi ragazzi abbiano un’opportunità di lavorare, di far vedere quanto valgono anche fuori dal campetto. E che i ragazzi dell’Aquila tornino presto ad avere un vero tetto sopra la testa".

emanuele rossi
Venerdì 11 Settembre 2009

 
Di Fabrizio (del 08/01/2010 @ 09:46:53, in sport, visitato 3486 volte)

Di questo pugile sinto tedesco ne abbiamo parlato il marzo scorso, ora ce lo ricorda Ernesto Rossi

[...] l’Unità ha pubblicato (5 gennaio, Roberto Brunelli) due pagine dedicate al campione di pugilato dei mediomassimi Johann "Rukelie" Trollmann (1907-1943), sinto tedesco, cui i nazisti tolsero con la violenza il titolo guadagnato a furor di popolo. Stroncandone la trionfale carriera con un incontro "truccato" e portandolo a morire nel campo di concentramento di Neuengamme.

All’incontro, in cui a lui che "danzava" imprendibile sul ring fu imposta l’immobilità: doveva solo perdere, eppure resistette in quelle condizioni per ben cinque round. Ma ancora più straordinario fu il coraggio e il senso di sfida con cui si presentò "da ariano", coi capelli tinti in biondo e cosparso di farina.

L’occasione del ricordo è data dalla prossima inaugurazione a Berlino, nei pressi del luogo che vide la sua vittoria, di un monumento in sua memoria: un ring in legno bianco.

[...] Un caro saluto da Ernesto

foto da chirayliq.blogspot.com, Johann Trollmann a sinistra nell'immagine

di Roberto Brunelli

Berlino, 1933. Danzava, lo zingaro. E vinceva. Saltellava, colpiva veloce: come molti anni dopo avrebbe fatto Mohammed Alì, tanto per dire. Johann Trollman era un eroe. Era fascinoso, con quei riccioli scuri, era elegante. Aveva stile. Lo amavano le donne, le celebrità si accalcavano in prima fila per assistere ai suoi match. La gente si scalmanava, i titoli dei giornali erano sempre per lui. Una carriera folgorante, quella di Trollmann, detto “Rukelie”. Campione tedesco dei pesi medi: lo scontro per il titolo con Adolf Witt è leggendario. Dopo sei round, l’ariano Witt, una specie di colosso inamovibile, era a pezzi. In prima fila c’è un gerarca nazista, tale Georg Radamm, presidente dell’associazioni pugili tedeschi, che ordinò di annullare l’incontro. Il pubblico esplose di rabbia, invase il ring e difese il proprio campione: gli gettarono al collo la corona, i nazisti sfiorarono il linciaggio. Trollmann pianse. Di felicità.

Campo di concentramento di Neuengamme, 1943. Un uomo denutrito, ridotto a poco più che uno scheletro ma con indosso i guantoni da boxe, crolla nel fango. Non è chiaro cosa sia successo: si sa che ci sono stati degli spari. È il detenuto nr. 721/1943. Il suo nome è Johann Trollmann. Lo avevano, come tante altre volte, massacrato di botte: sapendo che era stato un campione, gli infilavano i guantoni e lo facevano a pezzi. Per tenerlo in piedi più a lungo, gli davano una doppia razione di cibo. «Adesso difenditi, zingaro», gli urlavano le SS.

La storia di Johann Trollmann è una delle più straordinarie e meno raccontate del Terzo Reich. Meno raccontate per un solo motivo: “Rukelie” era un sinti. «Integrato» e inurbato, per così dire, ma pur sempre sinti. Fino al ’33, anno dell’ascesa di Hitler al potere, conobbe qualche sporadico episodio di discriminazione. Dopo, la sua carriera fu una discesa agli inferi, che solo nel 2010 conoscerà una parziale riparazione, quando verrà inaugurato a Berlino, a Kreuzberg nel Viktoriapark, un monumento a forma di ring a lui dedicato, realizzato da un gruppo di artisti capeggiato dal pittore d’avanguardia Alekos Hofstetter, che si è fatto promotore dell’iniziativa convinto che – se pure la Germania abbia compiuto moltissima strada per quello che riguarda la pesantissima eredità nazista – quella di Trollmann sia una storia da riabilitare pienamente. Che, insomma, i tedeschi non abbiano ancora finito di fare i conti col proprio passato, soprattutto per quel che riguarda rom e sinti. Non a caso, prima di lui, la storia del «pugile zingaro» l’ha raccontata unicamente il giornalista e scrittore Roger Repplinger, nel libro Leg dich, Zigeuner (Piper Verlag, 2008).

Eppure la vicenda umana e sportiva di “Rukelie”, nato il 27 dicembre 1907 a Wilsche è, con tutto il suo carico di dolore, ingiustizia, discriminazione e razzismo, una vicenda eccezionale ed emblematica. Professionista dal ’29, era diventato rapidamente uno dei pugili più richiesti dell’epoca. Trollmann combatteva sia nei pesi medi che nei mediomassimi. Quasi sempre aveva la meglio sugli avversari di categoria superiore, grazie ad uno stile che all’epoca era pura avanguardia: veloce sulle gambe, quasi danzante, colpi brevi e formidabili. Roba «animalesca», secondo le camicie brune, «effeminata», niente a che vedere con «il vero pugilato ariano». Come non bastasse, dato che Johann era sinti, non era accettabile l’affronto del titolo vinto contro Adolf Witt. Così, una settimana dopo quel 9 giugno in cui Rukelie ebbe il titolo, il titolo gli fu tolto. Con una motivazione ridicola: le lacrime – di gioia – che gli erano corse sulle guance non erano «degne di un vero pugile». Un «comportamento pietoso», fu l’espressione usata dall’associazione dei pugili, già completamente assoggettata al partito nazionalsocialista. Ma non bastava.

Lo «zingaro» era troppo famoso, troppo amato, e certo non era conforme ad una visione ariana dello sport. L’affronto della vittoria contro Witt doveva essere vendicato. Fu organizzato un nuovo incontro, questa volta contro Gustav Eder, che successivamente sarà campione europeo: una sconfitta annunciata, anzi preparata con cura. Proibirono a Trollmann di muoversi dal centro del ring, gli dissero che se avesse «danzato» schivando i colpi gli avrebbero tolto la licenza. Johann doveva perdere, e basta. Johann lo sapeva.

Quel che segue fa di Trollmann uno dei più straordinari eroi della storia dello sport. Un eroe tragico, quasi nel senso greco del termine: “Rukelie” si presentò sul ring con i capelli tinti di biondo-oro e con tutto il corpo cosparso di farina. Consapevole di andare a farsi massacrare, con questo gesto provocatorio e smisurato coraggio si prese gioco di tutta la retorica del «combattente ariano» con cui la propaganda nazista aveva gonfiato e avvelenato il paese: piantato come una quercia, per cinque round venne preso a cannonate da Eder, finché non crollò a terra, avvolto da una nube candida di farina che si alzò per aria.

Gli anni seguenti furono un rapido viaggio nell’inferno del nazismo. Ancora qualche sporadico combattimento: «Sdraiati, zingaro», gli ululavano le camicie brune dall’angolo, «altrimenti prendiamo te e la tua famiglia». Per qualche anno comparve alle fiere di paese combattendo per pochi spiccioli, in altri periodi addirittura visse nascosto nei boschi. I sinti e i rom – che vennero degradati al livello «non-umano» degli ebrei soltanto nel ’38 – furono obbligati in molti casi a farsi sterilizzare: idem Trollman. Che, per di più, divorziò dalla moglie pur di evitare che la sua famiglia fosse destinata alla deportazione.

Nondimeno, il pugile fu richiamato dalla Wehrmacht e mandato al fronte. I nazisti continuarono ad infierire: al suo ritorno, nel ’42, venne arrestato dalla Gestapo e deportato nel lager di Neuengamme, vicino Amburgo. Qui, racconta Repplinger, dovrebbe aver incontrato un collega sportivo, l’ex stella del calcio Tull Harder, «l’ariano» Tull Harder, nel frattempo diventato ufficiale delle SS. Storie parallele di sportivi tedeschi: messo sotto accusa dopo la guerra per aver comandato un sottocampo vicino Hannover, dove migliaia di ebrei polacchi furono resi schiavi e poi portati alla morte, Harder dichiarò durante il processo di non essere a conoscenza di quello che accadeva nel suo lager. Venne condannato a 15 anni, ma già per il Natale del ’51 era un uomo libero.

Ebbe anche una pensione: un privilegio che ai pochi sinti e rom sopravvissuti all’olocausto non fu concesso mai, perché diversi tribunali avevano sentenziato che gli zingari erano stati perseguitati non per la razza, ma erano finiti nei lager in quanto «criminali». Solo nel 2003 agli eredi Trollmann fu consegnata la cintura da campione di “Rukelie”, in una triste cerimonia disertata dai dirigenti dell’Unione dei pugili professionisti tedeschi. Gustav Eder, che aveva abbattuto l’inerme Johann coperto di farina, morì di vecchiaia nel ’93. Trollmann finì nel fango di Neuengamme, con addosso solo i suoi guantoni da boxe.

05 gennaio 2010

 
Di Fabrizio (del 07/03/2010 @ 09:48:46, in sport, visitato 1759 volte)

Segnalazione di Giancarlo Ranaldi

ilquotidianodellacalabria.ilsole24ore.com

06/03/2010 «Il 21 marzo, in occasione della partita Cosenza-Cavese, 20 bambini di etnia rom saranno ospiti dello stadio San Vito, come segno tangibile di solidarietà nei loro confronti e nei confronti delle loro famiglie per la nota vicenda che sta interessando il campo rom cittadino riguardo all’imminente sgombero».

È quanto riferisce una nota del Cosenza Calcio nell’ambito delle iniziative sociali intraprese dalla società sportiva.

Domenica 7 marzo, invece, in occasione dell’incontro di calcio con il Potenza undici studenti di nazionalità cinese saranno ospiti dello stadio di Cosenza per assistere alla partita con il Potenza.

«L'iniziativa – riferisce un comunicato della società sportiva – rientra nel progetto 'Il milione' che favorisce l'intercultura internazionale e l’integrazione tra popoli, ovvero popoli lontani per tradizioni e per radici, ma vicinissimi in quanto a scambi socio-culturali se favoriti da idee come questa. Gli studenti rientrano nel gruppo dei 40 ragazzi provenienti dalla Cina che per un periodo triennale studieranno a Cosenza nell’istituto tecnico commerciale 'V. Cosentino' e l’Istituto tecnico 'G. Tommasi'.

 
Di Fabrizio (del 20/04/2010 @ 16:13:58, in sport, visitato 1931 volte)

  Milano, 12:37

Sgomberati dai campi nomadi, protagonisti sul campo di San Siro per la semifinale di Champions League: una ventina di bimbi rom questa sera accompagneranno per mano, sul tappeto erboso del Meazza, i giocatori di Inter e Barcellona. I bambini, tra quelli che erano stati sgomberati con le loro famiglie dagli insediamenti di via San Dionigi e del cavalcavia Bacula, ora sono ospiti della Casa della carità di don Virginio Colmegna, coinvolto nell'iniziativa di questa sera dal presidente dell'Inter Massimo Moratti. Mentre i 20 ospiti del Meazza seguiranno la partita dalle tribune, gli altri assistiti della Casa della carità la vedranno tutti insieme, nel centro del parco Lambro, insieme al sacerdote.

(20/04/2010) (Spr)

 
Di Fabrizio (del 05/07/2010 @ 09:02:52, in sport, visitato 3144 volte)

Da Roma_und_Sinti (Su Johann Trollman, leggete anche QUI)

Spiegel International By Siobhán Dowling

(Manuel Trollmann)
Johann Trollmann era una giovane stella della boxe, quando i nazisti andarono al potere. Il punto culminante della sua carriera avrebbe dovuto essere la vincita del titolo dei pesi massimi leggeri nel 1933. Ma Trollman era Sinto, e quel titolo gli fu tolto. Presto, sarebbe caduto vittima del genocidio nazista.

Sembra uno strano posto per un ring di pugilato - annidato sotto un baldacchino di alberi in un tranquillo angolo di Viktoria Park nel quartiere di Kreuzberg di Berlino. La struttura è di cemento, la base è fortemente inclinata in una direzione ed una dozzina di oggetti sferici di cemento che assomigliano a guantoni da boxe si aggrappano alle corde. Ma cosa ci fa qui?

Lì vicino, una targa con la fotografia di un giovane ben messo in guantoni da boxe, chiarisce ogni confusione. Il ring tra gli alberi è un memoriale temporaneo dedicato a Johann Trollman, un pugile che fu privato dai nazisti nel 1933 del suo titolo dei pesi massimi leggeri, dopo aver vinto un incontro ad un tiro di sasso da lì in Fidicin Strasse. Non c'era posto per un campione come Trollmann nel Terzo Reich - lui era Sinto. E come mezzo milione di Rom e Sinti, sarebbe caduto vittima della politica razziale nazista di annientamento, morendo in un campo di concentramento nel 1944.

La forte pendenza della scultura, dice Alekos Hofstetter, membro di Bewegung Nurr, il gruppo di artisti che ha progettato il monumento, rappresenta "l'abisso in cui fu trascinato Trollmann."

Lungi dall'essere solo un memoriale statico, il sito, inaugurato il 9 luglio - 77° anniversario del titolo vittorioso di Trollmann, è stato quest'estate il palcoscenico per una serie di discorsi e concerti. Laboratori per i giovani locali hanno sottolineato la vita di Trollmann e la persecuzione dei Sinti e dei Rom - definiti "zingari" dai nazisti - nel Terzo Reich. Il nome del monumento è semplicemente "9841", il numero di Trollman da prigioniero nel campo di concentramento.

Snobbato per il colore della pelle

Nato nel 1907 vicino ad Hannover, il nome ufficiale di Trollmann era Johann, ma in famiglia e tra gli amici era conosciuto come Rukeli, dalla parola "albero" in lingua romanés. Cominciò ad allenarsi alla tenera età di otto anni e presto gareggiò col club pugilistico Heros Hannover.

Già prima che i nazisti arrivassero al potere, fu vittima del razzismo quando il comitato selezionatore per i Giochi Olimpici nel 1928 gli preferirono un pugile che aveva battuto da poco. Per tutta risposta, Trollmann si trasferì a Berlino diventando professionista. La paga era buona e vincere, non il colore della pelle, era l'unica cosa che importava.

La sua fama crebbe rapidamente all'inizio degli anni '30, e divenne famoso per il suo stile "danzante"; il suo aspetto che fece di lui un rubacuori. Hofstetter sostiene che Trollmann fu "uno degli inventori della boxe moderna." Il suo stile agile e dinamico si sposava con la competenza tecnica e fece di lui un precursore di Mohamed Alì. Come i nazisti guadagnarono popolarità, venne sempre più attaccato dalla stampa fanatica di destra, che lo etichettò come "lo zingaro sul ring".

Una volta che nel 1933 si assicurarono il potere politico, i nazisti furono rapidi nel prendere il controllo di uno sport che era diventato molto popolare nella Repubblica di Weimar. L'introduzione dopo la I guerra mondiale di un orario lavorativo più corto aveva dato più tempo libero e creato un pubblico attento alle manifestazioni sportive di massa. Considerato come uno sport prettamente proletario, grandi star del pugilato come Max Schmelling attraevano fan borghesi e celebrità come Bertolt Brecht.

Bandito dallo sport

La presa di potere nazista ebbe un effetto immediato nel mondo pugilistico, con alti funzionari del partito che presero posizione ai vertici della federazione e gli Ebrei immediatamente banditi dallosport. Sarebbe seguita presto la proibizione per Rom e Sinti.

Hitler era grandemente entusiasta di questo sport, dice Roger Repplinger - autore di un racconto di semi-fiction sulla vita di Trollman "Leg dich, Zigeneur" (Sdraiati, Zingaro)."Solo due sport erano menzionati nel Mein Kampf, jujitsu e pugilato," ha detto a SPIEGEL ONLINE. "Hitler guardava allo sport come una dote e questo lo rendeva  importante per i nazisti." Le SS ed i soldati si addestravano al pugilato ed era insegnato nelle scuole, la parola Boxen di origine inglese venne sostituita da Faustkampf, o pugni. "Per una nazione che si stava preparando alla guerra," spiega Repplinger, "la boxe era vista come molto utile."

"Alla fine, fu perché i nazisti videro la boxe come nobile che Rukeli perse il titolo," afferma. Quel titolo del 9 giugno fu tanto il punto culminante della carriera di Trollman, che il suo punto di svolta.

Lui ed il suo avversario Adolf Witt combatterono 12 riprese alla Birreria Bock di Fidicin Strasse. Trollmann fu chiaramente il migliore ed avrebbe dovuto vincere ai punti. Ma gli ufficiali nazisti  presenti all'incontro fecero pressione sulla giuria per un pareggio. Il pubblico si rivoltò e gli avvenimenti stavano per prendere una brutta piega.

"Quello era un pubblico esperto di pugilato e che poteva vedere che l'incontro veniva manipolato per fini politici," spiega Sophia Schmitz, storica della boxe di quel periodo. "La folla non era assolutamente disposta a prendere parte a questo tipo di manipolazione basata sul razzismo." Temendo per la propria sicurezza, la giuria cedette e Trollmann, piangendo di frustrazione per avere avuto la vittoria quasi tra le sue mani, fu trionfalmente premiato con la cintura del titolo.

La sua vittoria ebbe vita breve. Pochi giorni dopo gli fu notificato il ritiro del titolo per la sua "performance insoddisfacente."

Combattere per la dignità

Ciò che seguì fu tanto una farsa che, in qualche maniera, una vittoria morale per Trollmann. Fu obbligato a combattere un altro grosso incontro il 21 luglio, contro Gustav Eder. Ma stavolta gli fu ordinato di combattere nello stile "tedesco", che significava stare fermi e scambiarsi pugni. Trollman sapeva di essere sicuro di perdere abbandonando il suo stile in movimento, così decise di lasciare il segno in un altro modo. Si ricoprì il corpo di farina e tinse i capelli di biondo - diventando la caricatura di un ariano. Quando salì sul ring quella sera non combatteva per vincere, ma per mantenere la sua dignità.

"Dopo aver perso il titolo di campione, gli fu assolutamente chiaro cosa lo aspettava come pugile sotto il nazismo," dice Schmitz. Vede la sua apparizione come una dichiarazione: "Non mi permetterò di essere discreditato come Sinto, farò una burla di questa descrizione razzista di zingaro danzante ed invece combatterò come un pugile ariano."

Cacciato dallo sport, Trollman lottò invece per far quadrare il bilancio negli anni '30 e spesso dovette nascondersi per evitare di essere mandato nei nuovi "campi zingari" dove i nazisti radunavano Rom e Sinti prima di trasportarli nei campi di concentramento. Divorziò da sua moglie, una non-Sinta, per proteggere lei e la loro figlia. Poi iniziò la guerra e Trollmann fu richiamato e combatté sino al 1942, quando tutti i Rom e Sinti vennero dimessi dalla Wehrmacht. Il pugile, una volta famoso, fu subito arrestato e inviato nel campo di concentramento di Neungamme, vicino ad Amburgo.

Tentò di mantenere un basso profilo, ma il comandante del campo prima della guerra era stato un funzionario della boxe e riconobbe Trollmann. Lo costrinse a battersi, terribilmente indebolito dai lavori punitivi e dalla mancanza di cibo, per allenare di notte le SS. Era in gioco la sua sopravvivenza.

La commissione prigionieri decise di agire. Simularono la sua morte e fecero in modo di trasferirlo nell'adiacente campo di Wittenberge sotto falsa identità. Ma anche lì, l'ex stella fu presto riconosciuta e i prigionieri organizzarono un combattimento con Emil Cornelius, ex criminale ed odiato Kapo - uno dei prigionieri che godeva di privilegi per le sue responsabilità nel campo. Inevitabilmente Trollmann vinse e Cornelius cercò vendetta per la sua umiliazione. Obbligò Trollmann a lavorare tutto il giorno finché non fu esausto. E poi lo colpì a morte con una pala. Trollman aveva appena 36 anni.

Qualcosa di cui essere fieri

Silvio Peritore del Centro Culturale di Documentazione a Heidelberg dei Rom e Sinti Tedeschi dice che il destino di Trollmann fu simile a quello di molta della sua gente sotto i nazisti. "Quando vedete come ha sofferto: bandito dalla sua professione, ostracizzato, privato dei suoi diritti ed infine mandato ed ucciso in un campo di concentramento. E' un esempio dell'olocausto globale dei Sinti e dei Rom," ha detto a SPIEGEL ONLINE.

Peritore spiega che i giovani sono particolarmente alla biografia di Trollmann, quando arrivano al centro di documentazione in visita scolastica. "Ha incarnato lo spirito sportivo ed era una persona coraggiosa." Rispettano il modo in cui si oppose ai nazisti e"possono identificarsi in lui".

Dato che il monumento a Trollmann è a Berlino solo temporaneamente prima di essere mandato in altre città, avrà un monumento permanente a Berlino questo giovedì nella forma di un Stolperstein, una "pietra d'inciampo". Questi mini-monumenti sono piccole piazze in bronzo che onorano i singoli vittime dei nazisti, e piazzate su vari marciapiedi nel paese. L'artista Gunter Demnig piazzerà lo Stolperstein di Trollmann all'esterno dell'ex birreria di Kreuzberg dove avvenne l'incontro per il titolo. Alla fine di quest'anno si dovrebbe costruire tra il Reichstag e la Porta di Brandeburgo un monumento permanente ai Sinti e Rom uccisi d'Europa, dopo quasi due decadi di ritardo.

Peritore dice che il monumento è vitale per la comunità, spiegando che il genocidio inflitto dai nazisti ha avuto un grande impatto sull'identità dei Rom e Sinti in Germania. "In ogni famiglia c'è stato qualcuno assassinato. Nella mia famiglia abbiamo perso molti parenti ad Auschwitz ed un riconoscimento dei nostri morti è molto importante per la nostra auto-immagine, per la nostra identità," dice. "Dobbiamo sensibilizzare la gente alle attuali forme di pregiudizio contro i Rom e i Sinti."

L'artista Hofstetter dice che il monumento a Trollmann è importante per stabilire la connessione con la discriminazione odierna e per creare un'immagine positiva dei Rom e dei Sinti. "Stiamo mostrando che sono una parte della cultura tedesca. Trollmann era un campione e i giovani Rom e Sinti possono esserne fieri."

Si può vedere il monumento a Trollman in Viktoria Park sino al 16 luglio. La cerimonia di inaugurazione dello Stolperstein per Johann Trollmann [è avvenuta] in Fidicin Strasse il 1 giugno alle 16.30. Per ulteriori informazioni (in tedesco): http://www.trollmann.info

 
Di Fabrizio (del 04/12/2010 @ 09:14:53, in sport, visitato 1586 volte)

Segnalazione di Bogdan Kwappik

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Il calcio come mezzo di riscatto sociale. Con questo obiettivo nel 2001 nasce in Sudafrica la “Homeless world cup” (Hwc), il mondiale di calcio dei senzatetto. Un progetto che ogni anno coinvolge circa 25mila giocatori: uomini e donne sopra i 16 anni che nell’anno precedente al mondiale hanno vissuto da ‘homeless’. Tra le vivaci e coloratissime immagini dell’edizione 2009, che ha portato a Milano circa 500 giocatori provenienti da 48 nazioni, il filmato ripercorre la storia della Hwc con un testimone d’eccezione, il presidente e fondatore Mel Young. Un occasione per osservare da vicino un torneo che negli ultimi anni ha aiutato il 70% dei partecipanti a cambiare vita, liberandosi dalla dipendenza da droga o alcool e trovando una casa dove vivere.

di Cecilia Lulli e Matteo Tommaso Mombelli
Categoria: TV
Durata: 14’ 21”
Trasmesso su: Inedita

 
Di Fabrizio (del 16/03/2011 @ 09:10:05, in sport, visitato 1802 volte)



I Mondiali Antirazzisti si svolgeranno quest'anno dal 6 al 10 luglio, ma dopo tre anni infatti i Mondiali Antirazzisti salutano Casalecchio di Reno e traslocano a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, nella località nota come Bosco Albergati (...).
Come ogni anno saranno cinque giorni di sport – con tornei di calcio, basket, pallavolo, rugby e cricket e possibilità di praticare yoga, pilates e giochi tradizionali dal mondo – e musica, cultura e dibattiti in nome dell'antirazzismo e a difesa del valore di tutte le diversità, siano esse di provenienza, di genere, di etnia o di abilità.

Bosco Albergati è una sorta di ritorno al passato con una situazione un po' più intima che assomiglia ad un vero e proprio villaggio dello sport contro le discriminazioni. Abbiamo avuto questa idea anche per ritrovare dei ritmi meno frenetici e maggiore intimità tra i partecipanti ai Mondiali. C'è dietro però anche una riflessione di carattere economico: montare un intero villaggio nello spazio di Casalecchio, che non era attrezzato, comportava costi altissimi. Bosco Albergati dà invece la possibilità di usufruire di attrezzature già presenti, per tentare di rendere economicamente più sostenibile la festa, soprattutto in tempo di crisi quando le sponsorizzazioni di enti, istituzioni e privati si riducono. Si tratta di un'edizione che vuole mantenere lo spirito originario di una festa popolare che accoglie, include e non esclude e che però ogni anno deve sempre più fare i conti con la crisi e i tagli delle sponsorizzazioni.

Come sempre, oltre al divertimento con sport e musica per tutti e a costo zero, i Mondiali Antirazzisti mettono al centro i contenuti, con riflessioni sui temi dell'integrazione, della multiculturalità e della lotta a qualsiasi forma di fobia del diverso. In linea di massima si cercherà di seguire con maggiore attenzione i piccoli segnali di cambiamento delle edizioni passate approfondendo il rapporto con le cooperative sociali per creare laboratori educativi. Temi primari saranno la lotta contro la discriminazione su Rom e Sinti, il tema della diaspora anche alla luce della carta dei migranti elaborata all'ultimo Social Forum Mondiale di Dakar, e l'attenzione alle diversità di genere e contro l'omofobia.
Pensiamo che ci sarà un rapporto molto proficuo con le comunità di migranti del territorio modenese e non e che si potrà riflettere a modo nostro sulle recenti rivoluzioni nei paesi nordafricani e sulle loro conseguenze migratorie. Continueremo l'impegno sul fronte europeo con il coinvolgimento di gruppi, associazioni e singoli in rappresentanza di ogni cultura e paese, per far sì che questa festa dello sport dimostri ogni anno di più il valore positivo dell'incontro e dello scambio attraverso il gioco.

 
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