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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 

DOMENICA 11 SETTEMBRE 2011 Da Nazione Rom

Da Il Tirreno - Ragazzina rom molestata al semaforo. Invitata a salire in auto e palpeggiata ripetutamente da un anziano automobilista - di Candida Virgone

PISA 10 settembre 2011: Ieri mattina. Ore 9.30. Al semaforo dopo la grossa rotatoria di Cisanello, quello in parallelo con l'ospedale, sulla tangenziale che porta a Ospedaletto e agli svincoli per la superstrada, c'è una ragazzina rom. Minuta, capelli lunghi, dimostra meno dei 15 anni che dice di avere. Pantalone blu, maglietta rosa, chiede l'obolo ai passanti, secondo una tradizione ormai consolidata. È lo stesso semaforo in cui, sedici anni fa, fu lasciata una sorta di bomba giocattolo fatta in casa che straziò due fratellini macedoni. La scena è stata seguita da una cronista del Tirreno, in diretta. Alla ragazzina ferma a chiedere l'elemosina, ieri, si è avvicinato un signore attempato con una utilitaria bianca. Ha sporto la testa fuori dall'abitacolo, ha iniziato a chiacchierare con la ragazza, poi le ha chiesto chiesto - lo ha raccontato lei - di salire in auto con lui.

La ragazza ha rifiutato, ha spiegato che non poteva e, per tutta risposta lui è sporto ancora di più palpandole i seni ripetutamente, senza tanti complimenti, quasi aggressivo. La ragazza a quel punto si è sottratta alla stretta con una smorfia al viso e si è allontanata. È arrivato il verde e la coda è ripartita, come se niente fosse. La targa dell'automobilista era leggibile. La prima reazione è quella di non sottovalutare la gravità di questo episodio, di fronte a una persona che si sente in diritto di mettere le mani su una ragazzina solo perché è sola e forse anche perché la ritiene un elemento socialmente debole.

«Di episodi del genere mi hanno parlato alcuni operatori - dice Simone Consani, della Società della salute - ma sarebbero avvenuti molti anni fa. Se riuscissimo ad avere notizia di quelli che accadono oggi e a registrarli potremmo intervenire. È importante dunque segnalarli. I molestatori comunque non guardano in faccia nessuno, avvicinano chiunque, chiaramente si sentono anche più forti con persone che ritengono socialmente più attaccabili».

«Spesso i genitori nomadi mi raccontano che minorenni, ragazzini dai 10 anni in su, vengono molestati sessualmente ai semafori». Lo racconta Sergio Bontempelli, presidente di Africa Insieme. «Capita loro - aggiunge - di ricevere vere e proprie proposte sessuali. Promettendo di portarli al supermercato a fare la spesa o in cambio di 10 euro, chiedono loro di salire in auto o di appartarsi con loro in un parcheggio o in qualche posto isolato. I ragazzi non salgono mai, però, sulle macchine di sconosciuti. I genitori si infuriano, ma, è chiaro, in strada può accadere di tutto».


note di Opera Nomadi Toscana:

Nei giorni scorsi nella città di Pisa sono avvenuti 12 sgomberi di campi abusi rom senza predisporre nessuna alternativa. La stampa locale ha dato ampio rilievo alla vicenda. Numerosi articoli esaltavano frasi ed espressioni razziste. Sulla prima pagina della Nazione compariva la foto di una bambina rom insieme a sua madre. Altri articoli evidenziavano come alcuni rom avrebbero rubato della frutta dagli alberi.

E' evidente come la stampa tratti spesso l'argomento e la questione rom con toni di disprezzo e repulsione evidentemente mal celata. Le notizie della politica rom non vengono pubblicate ed evidenziate. Solo pochissime righe a fondo pagina sul Summit Europeo pro Rom del 22 settembre a Strasburgo.

L'episodio raccontato dalla cronista Candida Virgone è gravissimo e la invitiamo a denunciare il numero della targa alla Polizia di Stato.

Opera Nomadi Toscana esprime la piena ed assoluta solidarietà alle famiglie rom, ai bambini sempre più vittime del razzismo, della violenza, della sopraffazione di un sistema che non considera i diritti degli esseri umani. Promuoveremo una denuncia presso la Magistratura Pisana sugli avvenimenti riportati in questo articolo, sugli abusi subiti dai bambini e dalla giovane ragazza rom.

Opera Nomadi Toscana

 
Di Fabrizio (del 09/09/2011 @ 09:28:08, in Italia, visitato 1945 volte)

Segnalazione da Yorick the fool di Maria Gabriella De Luca



"Quasi 12 milioni di rom in Europa: 400 mila in Francia, dove Sarkozy ha inaugurato una politica di espulsioni molto contestata; 150 mila in Italia, dove a livello locale e nazionale i rom sono considerati giuridicamente "invisibili" ed emergenza di tipo sociale."

In questo video il prof. Marco Brazzoduro, docente di "Politiche sociali" nell’ateneo di Roma, fa il punto sulla condizione dei rom nel nostro paese. "In Italia", dice il professore, "si fa la lotta ai poveri, non alla povertà". Emerge come, nonostante le richieste avanzate dai rom per l’attribuzione di alloggi pubblici, il comune di Roma non abbia mai fornito né alloggio né assistenza, e come i rom contribuiscano, lavorando nella cosiddetta "economia sommersa" al nostro welfare "senza ricevere nulla in cambio".

 
Di Fabrizio (del 08/09/2011 @ 09:25:19, in Italia, visitato 1685 volte)

La visita al campo di via Idro il 26 maggio 2011 (foto Dijana Pavlovic)

Ieri è stato reso noto il rapporto della visita in Italia a fine maggio scorso di Thomas Hammarberg, Alto Commissario del Consiglio d'Europa per i Diritti Umani.

Ne riferiscono, tra gli altri, i siti del Corriere e di Repubblica.

Questa la pagina del Consiglio d'Europa, a cui segue il rapporto dettagliato. Tutto in inglese e pure lunghetto. Purtroppo mi manca il tempo per tradurlo (ultimamente faccio fatica anche a star dietro alla posta). Nel caso, aiutatevi con Google Translator.

 
Di Fabrizio (del 31/08/2011 @ 09:09:26, in Italia, visitato 1925 volte)

Mi è stato suggerito da Ernesto Rossi un provocatorio esperimento: prendere la seguente notizia di cronaca e sostituire le parole rifugiati/profughi con zingari. Che ve ne pare del risultato?

ACCOGLIENZA, NON EMERGENZA Il Comune di Milano primo caso in Italia di gestione diretta dell'accoglienza degli zingari

Uscire dalla logica dell'emergenza ed offrire un'accoglienza umana ai tanti disperati che cercano rifugio nella nostra città. Il Comune di Milano fa da pioniere a livello nazionale nella gestione dell'assistenza zingari, ad oggi affidata alla Prefettura. Sarà la sede della Protezione civile di via Barzaghi ad ospitare a turni di 15 giorni fino al 20 settembre i circa 350 zingari- tra quelli già presenti in città e quelli in arrivo- a costo zero per il Comune (Il Governo mette a disposizione 46 euro al giorno per persona).

"Potevamo accettare che venissero messi in hotel a spese del governo e far finta di nulla lasciandoli al loro destino - ha spiegato l'Assessore alla politiche Sociali Pierfrancesco Majorino - invece abbiamo scelto di farcene carico governando questo flusso di presenze grazie alla collaborazione con il terzo settore". Nei 15 giorni di permanenza nel centro, ogni persona accolta, dopo essersi visto riconosciuto lo status di rifugiato politico da una commissione territoriale supplementare composta da rappresentanti della Prefettura, della Questura, dell'assessorato alle politiche sociali e dell'Acnur (Alto commissariato delle nazioni unite per irifugiati), verrà sottoposto a visite mediche e colloqui psicologici. Saranno inoltre messi a disposizione mediatori culturali e linguistici che aiuteranno queste persone nel percorso di inserimento sociale o nel rimpatrio assistito e le indirizzeranno verso altre strutture di accoglienza.

Sono diversi i ricoveri in cui gli zingari possono trovare asilo: la Cascina Monluè, gli appartamenti delle associazioni Arca e Aspi, la casa di accoglienza di via Ortles, si aggiungono oggi ai ricoveri offerti dalla parrocchia Pentecoste, dall'associazione missionari Cuore Immacolato di Maria, dalla Caritas di via Arici, da casa Silvana, da casa del Giovane, da casa Cardinal Colombo e dal centro di prima accoglienza di via Saponaro. "Fino ad oggi a Milano c'e' stata una grande assenza di coraggio sulla messa a disposizione dei posti per gli zingari- ha sottolineato Majorino- è assolutamente necessario aumentarne il numero perché le emergenze umanitarie non possono essere messe sotto il tappeto della politica, una città come la nostra deve diventare pronta per l'imprevedibilità di queste situazioni". Ogni 15 giorni l'assessorato alle politiche sociali fornirà dati sulla situazione degli arrivi e sulla gestione delle presenze nei vari quartieri. "Sarà una prima risposta accogliente ed efficiente- ha affermato l'Assessore alla Sicurezza e Protezione Civile Marco Granelli- degna di una città moderna europea che si fa carico delle conseguenze della critica situazione internazionale nel mediterraneo e nel continente africano".

(l'originale era di Giulia Cusumano NDR)
 

 

Segnalazione di Sara Palli da PisaNotizie, un giornale che si è seriamente impegnato, sin dalla sua fondazione, a seguire questa storia. Dopo gli ultimi sgomberi e le proteste dei "soliti noti", la politica sembra stia riprendendo il suo ruolo. Personalmente non conosco bene la situazione pisana tanto da fare delle valutazioni, ma giova ricordare che quella stessa esperienza di Città Sottili che ora il comune di Pisa vorrebbe azzerare, in passato ha funzionato bene, grazie al coinvolgimento di diversi soggetti. Forse il sindaco pensava di poterla cancellare con un colpo di spugna, senza che nessuno degli attori di allora fiatasse?

Dopo gli sgomberi dei giorni scorsi, prendono parola congiuntamente il segretario provinciale di Rifondazione, Luca Barbuti, e il coordinatore provinciale di Sel, Dario Danti. Netta opposizione alle politiche sociali dell'Amministrazione pisana: "Chiederemo con i nostri amministratori locali di fare chiarezza su quanto accaduto: occorre un deciso cambio di passo per affrontare la questione dei bisogni e delle necessità sociali. Subito confronto fra enti locali e associazioni, volontariato, comunità parrocchiali per valutare ipotesi di sistemazioni provvisorie, ma non precarie"

Non smette di suscitare polemiche e prese di posizione lo sgombero attuato dall'Amministrazione Comunale di Pisa delle 27 famiglie rom (un totale di circa 80 persone di cui 30 minori) dal campo alle spalle dell'ospedale di Cisanello.

Dopo l'immediato intervento dell'assessore alle politiche sociali, Salvatore Allocca, in cui lo stesso aveva parlato di una scelta "sorprendente e preoccupante" - anche alla luce di quanto concordato in una riunione della cabina di regia regionale sui rom a cui il Comune di Pisa era presente - e dopo la lettera aperta agli amministratori comunali da parte dei sei sacerdoti della diocesi pisana, Don Luigi Gabbriellini, Don Agostino Rota Martir, Don Vio Romeo, Don Roberto Filippini, Don Antonio Cecconi e Don Sergio Prodi, arriva la presa di posizione da parte di Rifondazione Comunista e Sel, per voce rispettivamente del segretario provinciale, Luca Barbuti, e del coordinatore provinciale, Dario Danti.

In un comunicato inviato agli organi di stampa, Barbuti e Danti chiedono la convocazione un tavolo di area vasta per ovviare al ricorso agli sgomberi. Un'iniziativa che ha anche un riflesso politico, visto che si tratta della prima volta che gli organi provinciali dei due partiti prendono pubblica posizione in maniera congiunta su una questione di carattere sociale, come nel caso degli sgomberi dei rom dal territorio pisano.

L'incipit della lettera di Barbuti e Danti non lascia dubbi sugli intenti del documento, uniti in questo specifico caso nella comune opposizione alla politiche sociali avanzate dal Comune di Pisa: "Abbiamo condannato fermamente lo sgombero, messo in atto dall'Amministrazione comunale di Pisa, delle 27 famiglie rom, circa 80 persone di cui 30 minori, dal campo alle spalle dell'ospedale di Cisanello. Continuiamo a non condividere la politica del sociale della giunta Filippeschi".

Dopo aver ricordato a loro volta la netta presa di posizione dell'Assessore Alloca, Danti e Barbuti lanciano la loro proposta, che nei prossimi giorni non mancherà di sollevare più di una reazione: "Chiederemo con i nostri amministratori locali di fare chiarezza su quanto accaduto, visto anche il coinvolgimento dei singoli comuni dell'area pisana, proprio perché occorre un deciso cambio di passo per affrontare la questione dei bisogni e delle necessità sociali".

E dopo aver sottoscritto la critica che i sei sacerdoti della diocesi pisana hanno rivolto all'Amministrazione e a una parte della cittadinanza in merito alla percezione dei rom come "una realtà fastidiosa da ignorare e/o da reprimere", e sposando dunque senza eccezioni la visione di "persone con una loro dignità, soggetti di diritti oltre che di doveri", i due rappresentanti hanno indicato i prossimi passaggi che intendono assolvere in merito alla questione: "Convocare un tavolo di area vasta, o meglio riattivare un'esperienza che in passato proprio nella Società della Salute pisana aveva trovato la sua positiva attuazione in progetti di accoglienza e integrazione delle famiglie rom".

"Solo con un confronto fra gli enti locali - continuano Danti e Barbuti - aperto alle realtà dell'associazionismo, del volontariato, delle organizzazioni laiche e delle comunità parrocchiali per valutare ipotesi di sistemazioni provvisorie, ma non precarie, nonché una seria e non allarmistica campagna d'informazione sulla presenza e le problematiche dei rom sul territorio pisano, può far uscire la nostra zona da un'emergenza sociale. Sinistra Ecologia Libertà e Rifondazione Comunista faranno la loro parte come l'hanno sempre fatta per i diritti e l'accoglienza. Nessuno escluso".

Al di là del "casus" specifico, è lecito domandarsi quanto questa netta presa di posizione inciderà sugli equilibri politici dei comuni dell'area vasta il cui intervento in merito alla questione è stato invocato apertamente dai due rappresentanti. Per quanto concerne la politica pisana, intanto, si registra l'ennesima presa di distanze sulle politiche sociali condotte dall'attuale amministrazione, in attesa che l'ormai spinosa vicenda nella quale sono coinvolti quasi un centinaio di uomini, donne e bambini, possa trovare presto una sua soluzione.

 

Come potete vedere la lettera è di qualche mese fa. Eppure, potrebbe essere stata scritta ieri o l'anno scorso, come se il tempo nei campi scorresse immutabile, scandito dal ripetersi di ricorrenti tragedie, quasi fossero riti sacrificali all'esclusione sociale. Perché riproporla adesso? A parte la mia disattenzione nel non averla pubblicata prima (ma poco importa, come dicevo sopra):

  • perché non si otterrà molto se certi temi vengono affrontati solo sull'onda della commozione indotta dalla "pietas" giornalistica o delle promesse ripetute nell'ennesimo convegno;
  • e poi perché come scrivevo a inizio mese, soluzioni semplici e praticabili ci sono, ma vengono costantemente e scientemente ignorate.

Con ciò, non mi convincono tutte le proposte di Antun Blazevic, ma gli riconosco il merito di saper mantenere i piedi per terra.

Da Nazione Rom - VENERDÌ 19 AGOSTO 2011

Roma 08/03/2011

Egregio Sindaco Alemanno,

Gli ultimi avvenimenti che sono accaduti a Roma mi hanno spinto a scriverLe questa lettera, nella quale Le vorrei, nel mio piccolo, dare qualche suggerimento: credo che me lo posso permettere, visto che sono quasi 25 anni che lavoro come mediatore culturale a Roma.

Entrambi sappiamo che i Rom soffrono una discriminazione sistematica e combattono contro un livello intollerabile di esclusione e violazioni dei diritti umani, che non sono stati protetti da nessuna parte politica. Questa situazione è caratterizzata da segregazione, espressioni di odio, profiling etnico, sfratti continui ed espulsioni, ma sappiamo anche bene che non è una cosa successa dall’oggi al domani, bensì è stata ereditata da tutte le giunte precedenti.

Purtroppo a Lei è rimasto il compito, come primo cittadino, di affrontare la situazione. Io non intendo criticare il Suo operato, ma credo che Lei non è in possesso di tutti i dati "veri" sulla questione dei Rom a Roma (non per colpa Sua, ma per le informazioni errate che sono state fornite ai suoi collaboratori da persone che si ritengono informate sulla questione).

Non ho mai creduto che la responsabilità di questa situazione sia unilaterale e coloro che sostengono questa posizione sbagliano. Io mi riferisco esclusivamente alla situazione dei Rom provenienti dall’ex-Jugoslavia, in quanto non appartenenti all’Unione Europea.

Lei è sicuramente a conoscenza di quanti sono i Rom che dai tempi del conflitto bellico sono scappati dall’ex-Jugoslavia e sono venuti a vivere a Roma, e ai quali non è stata data la possibilità di mettersi in regola, per una delle più gravi conseguenze di quella guerra, cioè la ridefinizione dei confini geografici. Durante il conflitto molti archivi istituzionali (nelle città di Tuzla, Sarajevo, Srebrenica, ecc…) sono stati bombardati e non è rimasta nessuna traccia dei dati personali; nel frattempo le persone si sono rifugiate in Italia, scappando attraverso boschi e senza essere in possesso di nessun documento. Adesso i nostri Consolati e le nostre Ambasciate non sono più in grado di fornire loro dei documenti, perché non sanno come attribuire loro una nazionalità, visto che i paesi un tempo situati in Croazia ora sono passati alla Serbia e viceversa.
Ritengo che il "Piano Nomadi" nel caso dei Rom provenienti dall’ex-Jugoslavia deve partire da questa impossibilità di attribuire loro una nazionalità di provenienza. Al fine di favorire l’inserimento di questi Rom nella società italiana, penso sia necessario dare loro un permesso di soggiorno e quindi offrire loro la possibilità di lavorare.

Sull'occupazione, la strategia del Comune dovrebbe assicurare un accesso effettivo al mercato del lavoro, per esempio attraverso lo strumento del micro-credito per l'impresa e il libero impiego, insieme a misure per combattere il lavoro sommerso e favorire l'assunzione dei Rom nell'amministrazione pubblica. Poiché i Rom hanno bisogno di un alloggio e non di assistenzialismo, anche permettere loro di usufruire delle vecchie caserme (non più di 30 famiglie per posto), dando l’incarico agli stessi Rom di ricostruirle con l’aiuto del Comune.

Ogni famiglia Rom dovrebbe essere messa nelle condizioni di portare autonomamente i figli a scuola. Tutti i cittadini Rom dovrebbero anche essere soggetti alla registrazione pubblica di nascite, matrimoni e decessi. Gli adulti dovrebbero poter lavorare in piccole cooperative, appaltati dall’AMA, per la pulizia delle aree pubbliche, per la raccolta differenziata e il riciclaggio dei metalli e per la vendita nei mercatini degli oggetti riciclati. Le donne dovrebbero poter accedere ai Consultori ed essere formate con corsi professionali.
Quanto all’educazione, la strategia comunale dovrebbe avere come priorità, l'abolizione della segregazione nelle classi, impiegando mediatori e insegnanti Rom nelle scuole, proteggendo la loro cultura attraverso l'uso della loro lingua e garantendo accesso all'educazione infantile e ai programmi d'insegnamento per adulti.
Riguardo alla situazione dei giovani, propongo inoltre di creare un centro culturale, dove è possibile offrire dei corsi e delle attività culturali. Tutto questo dovrebbe essere seguito da una task force composta da persone istituzionali e mediatori culturali.

Credo che usufruendo dei fondi dell’UE questo lavoro non peserà sul budget del Comune. Inoltre tutti i presidenti dei municipi che si rifiutano di collaborare con le locazioni si dovrebbero penalizzare, togliendo loro i benefici se non permettono la creazione di micro-aree. La sistemazione in queste micro-aree fra l’altro dovrebbe essere solo temporanea, affinché i Rom stessi non trovino una sistemazione adeguata in case.

Buon lavoro

Cordiali saluti
Presidente Associazione culturale Theatrerom
Mediatore culturale Rom
Antun Blazevic

 
Di Fabrizio (del 21/08/2011 @ 09:08:28, in Italia, visitato 1763 volte)

Cominciano i rientri dalle ferie. Come augurio di "bentornato" a chi dopo il mare o la montagna leggerà ancora queste pagine, ho rispolverato un post di Pirori del gennaio 2005. Il mese prima c'era stato lo tsunami in estremo oriente, e le ricche società occidentali si preparavano ad affrontare fattivamente la situazione. Noterete come l'argomento possa essere discusso in diverse maniere e punti di vista, a seconda del vostro umore al rientro. Dimenticavo: auguri anche a chi le ferie non le ha fatte o se le è già dimenticate!



La carità è un concetto difficile ed antipatico. Ma l'antipatia ha le sue eccezioni: non ho nessuna voglia di ammollare un Euro a quel giovane accovacciato davanti alla chiesa, ma se me lo chiede la Vodafone, lo faccio + volentieri, con un SMS a qualcuno che mai ho conosciuto e mai vedrò. A chi andrà il mio contributo? Da quelle parti, la metà della popolazione vive di elemosine, mica sono come i nostri antenati del Polesine!

Apperò! In questi casi si scopre che le popolazioni (lontane) che vivono di elemosina, hanno una loro dignità, che non riconosciamo ai mendicanti nostrani.

Manghel = [dal verbo Manghe = chiedere] Per i Rom, significa tanto carità, che fare la carità, che andare in giro a chiedere oboli agli angoli delle strade...

Durante queste vacanze (stranamente) avevo qualche soldo in tasca. Il bello dell'elemosina sarebbe farlo perché uno ne ha voglia, non perché si senta obbligato. Così, per mettermi la coscienza in pace, TOT alle vittime dello Tsunami, e un paio di euro alla Romnì entrata nel negozio del mio amico. In realtà volevo scambiare con lei due chiacchiere nella sua lingua e vederne la reazione (alcuni amici mi avevano raccontato di reazioni impensabili). Sono rimasto deluso: indifferente, la Romnì ha mantenuto il suo occhio spento, rispondendo solo con un "Grazie" in italiano stentato.

Preciso: neanche a me piace fare la carità: credo che serva solo a radicare la dipendenza dagli altri. Qualche volta è dannosa (l'alcolizzato che va a spendere il soldo per un altro bicchiere, il bambino che consegna il ricavato al capomafia…)
Donando cose è + facile evitare equivoci. Però, anche in questi casi mi è capitato di girare per campi nomadi e vedere tra i rifiuti (di solito, il campo è un rifiuto unico) i pacchi di vestiti donati dalla Caritas.
Qualcosa sul donare l'ho imparato parlando con i Rom. Ancora oggi capita che la famiglia lavori e chieda lo stesso il "manghel". Chiedere la carità è un retaggio che si portano dietro da quando erano un popolo nomade, e faceva parte di uno scambio rituale con la popolazione stanziale. Deridono chi gli mette in mano 20 centesimi e scappa. Apprezzano chi torna a scambiare due chiacchiere o un caffè, e se capita, saranno loro a prestarti qualcosa.

A questo punto (come un buon padrone di casa), vi presento due ospiti:

  • Davo: di lontane origini Sinti. Vive nello stato di Washington (estremo NW degli USA) in mezzo alle foreste. Incrocia poche persone, più frequentemente orsi e leoni di montagna. Ha simpatie politiche per i Repubblicani. Nonostante il suo aspetto (una via di mezzo tra il marine in pensione e il boscaiolo agiato) e la diceria che ai Rom e ai Sinti non piaccia leggere, ha una conoscenza libresca fenomenale.
  • Günther: arriva dalla Germania, non è Rom ma li ha sempre frequentati. Da tempo vive in California e continua a frequentarli anche lì. Politicamente è un progressista, è appassionato di discipline e religioni orientali.

Discutono della situazione in una città di provincia in Australia: seduti davanti al supermarket, un gran numero di Aborigeni, che chiedono la carità e si ubriacano col ricavato della giornata. Per non sembrare razzista, il consiglio comunale permette loro di bere alcolici per strada, cosa proibita nel resto della contea.

Davo:
…[ho notato che] le capre selvatiche hanno perso il loro istinto… D'inverno, stazionano nei pressi dei recinti o dei campi da golf, e finché non gli viene dato il cibo, non migrano.
Da noi si dice: "Un orso ammaestrato è un orso morto". Anche loro si sono abituati ad infilare il muso nei bidoni dell'immondizia e se per caso non trovano niente, rimediano devastando gli impianti di condizionamento o introducendosi nei campeggi (da cui li cacciamo a fucilate…)
Se il clima è favorevole, si possono "raccogliere" diversi $ in una giornata… Abbastanza da essere tramutati in vino e da permettere di vivere con i rifiuti, senza alcuna necessità di migliorare.
Mi viene in mente il caso di padre Morebeck e i mendicanti locali o di passaggio.
Queste prete ha sempre dedicato sforzi e risorse a quello che chiamava "amore pratico", indirizzato a persone in situazioni particolari…
Li avrebbe aiutati a trovare lavoro, ma giunto a quasi 80 anni di età ha scoperto che i $ non possono risolvere i problemi…
E' più facile e anche più "popolare" offrire denaro che finirà nelle tasche degli spacciatori di crack o di mercanti di vino a buon mercato. E ho conosciuto cristiani praticanti che letteralmente lavavano i piedi e donavano i propri stivali ai "viandanti" nelle nostre terre (anche se io non sono quel tipo di persona).

Non pretendo di avere "risposte per tutti"… Ma so quale sarebbe la mia risposta.
Baxt!
Davo

——
Günther:
Davo,
Secondo te, è bene se ci sono prospettive diverse nella stessa situazione?
Ogni forma di vita è interdipendente con le altre. Esiste l'adattabilità. Per fare un esempio tratto dagli animali: tempo fa in famiglia abbiamo allevato un visone per 5 anni. Mio figlio più piccolo (che allora aveva un anno) stava mangiando dell'uva dalla nostra vigna, e gli si è avvicinato festante questo cucciolo di visone. Quando hanno finito di dividersi i grappoli, ho riportato mio figlio in casa, e il visone l'ha seguito. Non abbiamo mai avuto problemi con le sue ghiandole odorifere, che adoperava soltanto contro i cani e gli estranei.
Arrivato all'età di 5 anni, ha deciso di tornare nel suo mondo, tornando ogni tanto a farci visita e incrementando di parecchio la popolazione dei visoni nei nostri dintorni.
Penso che ci debba essere adattabilità, sulla base dei bisogni o delle circostanze. Non si deve generalizzare, perché ognuno di noi è differente dall'altro, persino "due piselli nello stesso baccello" lo sono.
"Uccidere l'orso" appartiene a una prospettiva limitata e fascista…
"Se vedi un ubriaco abbandonato sul marciapiede, imitalo, cosicché la tua arroganza non ti porti a condannarlo, per quanto ti possa sembrare la cosa più facile da fare."

(L'immagine è tratta da http://www.pewterkingdom.com)

 

Breve storia della famiglia Dibran.
Uno sfratto per morosità (incolpevole) ancora senza soluzione. 2009: inizia l'odissea dello sfratto.

C'era una volta il progetto Città Sottili, per l'integrazione dei Rom ed extracomunitari del territorio pisano, affidato alla COOP Il Cerchio.
C'era ma non c'è più: cinquanta famiglie finiranno in mezzo alla strada, o nei boschi, non più persone ma animali, a causa del caro affitto e della miopia istituzionale. Parliamo di sfratti per morosità, incolpevole ancora una volta. E di un progetto costato una decina di milioni d'euro finiti in crusca e nelle tasche dei proprietari di casa, mentre si potevano costruire più di 50 alloggi pubblici (100 in autocostruzione) risolvendo in modo definitivo il problema.
Noi dell'Unione Inquilini conosciamo bene la vicenda di una famiglia integrata secondo le regole di Città Sottili, e pensiamo sia importante farla conoscere.
Si tratta di una famiglia allargata, 12 persone in tutto: il capofamiglia Dibran Izeir che è Ulema (guida spirituale), la moglie, il figlio scapolo, l'altro figlio sposato con nuora e i loro 5 figli, più la figlia e i due minori, che dividono un difficile cammino d'integrazione nella nostra città.
Eppure in buona parte il progetto ha funzionato, i bambini sono tutti regolarmente iscritti a scuola e frequentano la materna e la scuola elementare con regolarità, e rappresentano un futuro migliore per questa famiglia.
Non è stata invece portata a compimento l'inserimento lavorativo, che ha avuto più di una disavventura. I figli hanno lavorato come muratori e hanno partecipato materialmente alla costruzione delle nuove case del villaggio Rom di Coltano, come dipendenti lavoratori della cooperativa (oggi fallita) che ha avuto l'affidamento dei lavori. Ma non hanno ricevuto stipendi negli ultimi mesi e ad oggi nessuno di loro ha ricevuto le paghe arretrate: sono dunque disoccupati entrambi.
Iseir (baba) non ha un locale di culto per la preghiera comune e si arrangia come può.
La figlia e la nuora cercano, con qualche lavoretto di pulizia, di collaborare al sostentamento della famiglia lottando per la sopravvivenza, sostenuti dalla fiducia del progetto Città Sottili che li ha inseriti a Livorno provvisoriamente prima in Via del Litorale, e poi per tre anni nel palazzo nuovo in Piazza Cavallotti.
Finché lo sfratto di morosità ha interrotto la loro speranza di una vita dignitosa, e li ha portati come decine di famiglie livornesi a rivolgersi all'Unione Inquilini.
Dovevano pagare 1500 euro al mese per l'affitto delle due abitazioni contigue in cui sono state divisi i membri della famiglia di Baba.
Difficile capire come si possa pensare di inserire in abitazioni private a prezzi di mercato famiglie di badanti, muratori, colf.
Affitti astronomici per famiglie che al massimo potrebbero pagare 150 - 250 euro al mese, affitti/insostenibili per lavoratori precari, come tante troppe famiglie straniere e livornesi: la morosità è sicura e incolpevole. Il tempo stringe: bisogna che il Sindaco, firmi la proposta degli uffici e si attivi per le procedure necessarie a consentire la disponibilità dei locali individuati come alloggio temporaneo per la famiglia in emergenza abitativa, dall'ufficio casa.
L'inerzia della giunta comunale, di fronte a rischi di sgombero senza soluzione alternativa è indegno di una città a maggioranza di sinistra e progressista.
(dal comunicato stampa dell'ottobre 2009) dell'Unione Inquilini.

Unione Inquilini - Livorno
Sez. Mauro Giani
Via Pieroni, 27 – 57123 Livorno
Tel. 0586 884635 - fax 0586 211016
La sede è aperta ogni giorno a mattino o al pomeriggio (escluso il sabato)
E mail: unioneinquilini.livorno@gmail.com Sito internet: www.unioneinquilini.it


2010: l'impegno dell'Unione Inquilini per questo caso, contro un'evidente gravissima discriminazione razziale.

La famiglia Dibran è stata tutelata dal sindacato e ha ricevuto attestati di solidarietà da molti livornesi, come dimostrano le immagini girate sui siti dell'Unione Inquilini. Per un anno con picchetti affollati, siamo riusciti a farli rimanere nella loro abitazione in piazza Cavallotti. Già a aprile 2010 l'ufficio casa comunale aveva individuato una sistemazione provvisoria idonea che il sindaco di Livorno non ha mai voluto sottoscrivere, perché erano responsabili gli amministratori pisani dell'alloggio in città della famiglia.
Famiglia che però è residente in città da anni con figli nati a Livorno e iscritti alle scuole cittadine.
Che sia difficile gestire l'emergenza casa e il sociale in città, lo dimostrano le dimissioni, in rapida successione, dei due assessori titolari delle scomodissime deleghe. Così nonostante le sollecitazioni dell'ufficio, il sindaco ha congelato la questione per mesi. L'esecuzione dello sfratto, in assenza di soluzioni alternative si è risolta nell'ottobre 2010 con sette bambini sfollati con la loro famiglia. A seguito delle proteste del comitato sfrattati le donne e i figli sono stati precariamente alloggiati da affittacamere fino alla farsa finale: accusati di aver rubato la mobilia (che invece era stata ammassata in una stanza, su richiesta dell'ufficiale giudiziario) sono stati privati di qualsiasi tutela dal sindaco di Livorno. Le accuse sono cadute quasi subito, ma ormai per i Dibran, sfollati e spaventati dalla minaccia di essere separati dai figli, è rimasta solo la fuga nei boschi. Da parte nostra abbiamo chiesto l'intervento della protezione civile a causa del gelo invernale in assenza di abitazioni alternative, ma non abbiamo avuto risposte positive. Siamo a Giugno 2011 ma nulla è cambiato per i piccoli esposti a terribili rischi: due incidenti sono costati quasi la vita a due di loro, e ignoti criminali hanno tentato di rapire i figli sotto gli occhi atterriti della giovanissima mamma.
In tutto il territorio livornese non c'è un solo campo autorizzato e adeguatamente attrezzato con servizi igienici per i rom livornesi (che sono poche decine) costretti a nascondersi nei boschi. Situazione intollerabile davvero dopo la tragica morte di quattro bimbi rom nel 2007. Specie dopo le accorate dichiarazioni del sindaco che ha fatto promesse mai mantenute. Così i Dibran non possono rientrare in città pur essendo residenti e non possono avere una sistemazione di cui pure hanno diritto trattandosi di sfratto incolpevole e avendo a suo tempo fatto domanda di emergenza abitativa. Per questo siamo pronti a portare il caso di questa famiglia all'attenzione della stampa, per farne un caso nazionale e ad interessare l'autorità di giustizia internazionale: si tratta con tutta evidenza di una situazione gravissima di discriminazione razziale e di omissione di tutela nei confronti di minori.
La legge deve essere uguale per tutti: così non è stato nei confronti di una famiglia sfrattata, privata di soccorso solo perché è Rom.

La scuola, è stata l'unica istituzione pubblica, rimasta fedele ai valori democratici costituzionali.
Riteniamo importante divulgare una copia della lettera inviata dalla preside della scuola al Sindaco, lettera a oggi ancora priva di risposta. Per rispettare il riserbo dell'istituto scolastico abbiamo omesso nomi e riferimenti personali.
Questa lettera ci ha profondamente commosso. Anche se il sindaco si è dimostrato sordo e muto. Siamo convinti con l'aiuto della popolazione livornese di riuscire a sconfiggere il razzismo e la xenofobia: occorre obbligare l'amministrazione comunale a rispettare la decisione del Consiglio Regionale che impegna i comuni ad occuparsi dei rom residenti (a Livorno poche decine), per garantire loro il diritto allo studio, alla salute e al lavoro.
Nel caso della famiglia Dibran sfrattata per morosità incolpevole è inserita nelle liste dell'emergenza abitativa, la risposta va data come a tutti gli altri, assegnando loro dei locali, in una residenza temporanea per sfrattati, in attesa di un'assegnazione definitiva.
Scrivete la vostra opinione al sindaco acosimi@comune.livorno.it e all' unioneinquilini.livorno@gmail.com.
Unione Inquilini – Livorno


Livorno 13 giugno 2011
La lettera della Comunità scolastica inviata al Sindaco Cosimi all'inizio di aprile 2011.
Relazione sulla situazione della famiglia Dibran

La comunità scolastica delle scuole frequentata dai bambini e bambine della famiglia Dibran quest'anno si è trovata a fronteggiare l'emergenza relativa al recupero di 7 bambini Rom, di origine macedone, nati in Italia, (5 a Livorno) che già frequentavano da diversi anni la scuola e che, avendo perso la casa in cui erano residenti in Livorno, dal mese di novembre 2010 sono sfollati ai margini di un campo nomadi di Marina di Pisa.
I bambini appartengono tutti ad un unico nucleo famigliare che risiede regolarmente a Livorno (in Via dei Cavalieri) ed è iscritta all'anagrafe dal 7 agosto 2004. Pur essendo costretti a vivere nel Campo di Marina di Pisa, sono tuttora a tutti gli effetti cittadini livornesi.
Gli adulti maschi svolgono lavoretti occasionali, raccolgono rottami di ferro e altri rottami, ma non hanno risorse sufficienti a provvedere alla propria autonoma sussistenza e ad un'abitazione decorosa per i bambini. La coppia dei capostipite (già in salute precaria) vive insieme a 7 figli /nuore che sono a loro volta genitori di 9 bambini da 1 a 11 anni. I sei bambini più grandi, da già da alcuni anni frequentavano le scuole elementari e dell'infanzia.
Il clan famigliare è molto protettivo, i genitori fanno del loro meglio e i bambini sono molto legati a loro, non fanno accattonaggio, ma non riescono a trovare alcun lavoro stabile. Cercano lavoro attivamente e sono regolarmente iscritti ai Centri per l'Impiego di Livorno. Anche i lavori più umili nei cantieri, nei ristoranti e nelle lavanderie non vengono loro affidati, e chi si prederebbe una zingara in casa per fare i lavori domestici o la badante? Senza contare che le donne hanno anche degli altri bambini molto piccoli da accudire. Sono genitori che hanno grandi difficoltà a corrispondere ai bisogni materiali dei loro figli, ma sono tuttavia pienamente soddisfacenti dal punto di vista affettivo: amano molto i loro bambini e i bambini sono molto legati a loro. Pertanto non si possono ipotizzare soluzioni di allontanamento che sarebbero ingiustamente punitive per i genitori ed eccessivamente dolorose per i bambini.
La famiglia, pur figurando da sette anni nelle anagrafi comunali di Livorno, dopo aver perso la casa, che non era in condizioni di pagare, in questi ultimi mesi è vissuta in terra di nessuno, in condizioni igieniche ed economiche gravemente precarie, sempre nella speranza che qualcuno si muovesse a risolvere il problema e trovasse loro un'abitazione.
Nel primo mese anche gli operatori scolastici non sapevano cosa fare e si sono limitati alla mera assistenza, portando loro indumenti e viveri per alleviare lo stato di necessità, ma nella impossibilità di provvedere ai bisogni di cura e di educazione dei bambini. Questi bambini non hanno più una scuola di stradario perché il Comune di Pisa ha ripetutamente intimato loro di lasciare il Campo, impedisce categoricamente di poter ampliare i ricoveri preesistenti al loro arrivo e minaccia da un momento all'altro lo sgombero coatto. Perciò le condizioni dei piccoli, che avevano sempre vissuto in appartamento e avevano sempre frequentato con grande regolarità le nostre scuole, sono man mano sempre più degradate, malvisti anche dagli altri bambini del campo che hanno almeno una baracca, un minimo di servizi igienici e una scuola di riferimento.
Ad un certo punto la scuola, pur comprendendo bene che la sospensione della frequenza non dipendeva dalla loro volontà, in obbedienza alle norme sull'adempimento dell'obbligo scolastico si sarebbe trovata nella necessità di denunciarli e in ogni caso non poteva più tollerare che questi bambini rimanessero esclusi dal consorzio civile e dai diritti garantiti dalla carta dei diritti dell'infanzia. Visto che l'unica scuola di competenza era pur sempre la nostra, che non potevamo semplicemente girarci dall'altra parte o spostare questo fardello dalla nostra coscienza alla coscienza di qualcun altro, si è creata una rete di solidarietà che ha mobilitato docenti e genitori che si sono rivolti a tutte le associazioni di volontariato del territorio per trovare un qualsiasi mezzo per poter andare a prendere i bambini al campo di Marina di Pisa e portarli a scuola.
Da due mesi andiamo a prenderli tutte le mattine, così per otto ore vivono in un ambiente caldo, confortevole ed educativo. I bambini hanno almeno un pasto caldo al giorno, stanno insieme ai loro compagni che vogliono loro bene, hanno ritrovato le loro maestre e cercano di recuperare le competenze scolastiche e uno stile di vita meno selvatico (in un mese era vanificato tutto il bagaglio di buone maniere che questi bambini avevano acquisito).
L'associazione onlus "Gli Amici della Zizzi" ha messo a disposizione un pulmino a titolo gratuito, e tutte le mattine vari genitori si alternano nell'impegno di andare a prendere i bambini al Campo insieme ad un operatore dell'Associazione disponibile a quell'ora ma non abilitato a guidare il pulmino, mentre tutti i pomeriggi l'Associazione con il suo pulmino li riaccompagna al Campo a Marina di Pisa.
Non di meno la situazione appare di difficile gestione perché ogni giorno bisogna trovare un genitore o un docente con un orario di lavoro compatibile, capace di guidare il pulmino, oppure bisogna avere due macchine disponibili.
Certamente anche gran parte dei problemi "scolastici" sarebbero risolti se questa gente avesse un alloggio o un accampamento regolare. In questo caso l'assolvimento dell'obbligo scolastico e il fardello della responsabilità passerebbe in capo alla scuola di competenza di quel territorio, ubicata più o meno nell'arco di un chilometro e comunque nell'ambito dello stesso Comune, senza dover percorrere 20 chilometri da un Comune a un altro. Certo i bambini (e anche noi della comunità scolastica) soffrirebbero nel lasciare le loro maestre e i loro compagni, dovrebbero riguadagnarsi il rispetto e l'affetto di altre persone, cosa non facile quando un bambino arriva a scuola sporco, con i pidocchi e con gli abiti incrostati di fango. E' difficile spiegare che non hanno la lavatrice, non hanno l'acqua calda, che dormono in quattro nello stesso giaciglio, trasmettendosi irreparabilmente pidocchi ed infezioni batteriche di vario tipo e che se i vestiti e i cappotti e le scarpe sono pieni di fango, talvolta è più facile buttarli via che trovare i soldi per portarli in lavanderia.
Quando piove il campo diventa un acquitrino ma oltre agli inconvenienti igienici e alle gravi malattie da raffreddamento questi bambini sono esposti anche ad altri rischi perché, come si è detto, convivono, mal sopportati, con le altre famiglie già insediate nel Campo, dove ci sono bambini e ragazzi di tutte le età che formano vere e proprie bande in lotta fra loro. Così, anche se questi bambini sono molto piccoli, capita spesso che si facciano male, che cadano accidentalmente nel corso di giochi pericolosi o che vengano colpiti da pietre come è accaduto al piccolo Rucudi di 6 anni che per poco non ci ha rimesso un occhio. L'ultima che si è fatta male è Naxije di 11 anni che dovendo raggiungere al buio la baracca degli zii, per chiedere una medicina per il fratellino con la febbre, ha ricevuto una spinta ed è caduta su un grosso rottame metallico lasciato incustodito nel Campo. E' stata prontamente portata in ospedale dove le hanno messo una trentina di punti fra interni ed esterni ad una coscia. La ferita molto profonda ha fortunatamente sfiorato per un soffio l'arteria femorale ma ancora Naxi non ha recuperato la mobilità ordinaria ed è costretta a rimanere al Campo senza scuola.
Si tratta di famiglie in condizioni di gravissimo disagio, però non rubano e non fanno accattonaggio e i bambini sono perfettamente integrati nelle nostre classi. Hanno perso due mesi di scuola tra novembre e dicembre e quindi non hanno risultati scolastici particolarmente brillanti, ma stanno rapidamente recuperando. In più, hanno l'affetto dei compagni e delle maestre e ogni tanto trovano un'altra mamma che li porta a casa per fare un bagno e una pulizia più accurata dei capelli e degli indumenti. La scuola è la loro opportunità per riuscire a costruirsi una vita migliore e a sfuggire alla spirale di esclusione sociale e povertà alla quale sembrano inesorabilmente destinati.
Crediamo che sia dovere di ogni persona ma, soprattutto, delle Istituzioni fare il possibile perché il percorso di integrazione sociale riprenda dal punto nel quale, a novembre, si è tristemente interrotto.

Livorno Aprile 2011

 

Da Nazione Rom - di Mihai Copalea

Spoleto 1 Aprile 2011 - Sono un giovane Rom Rumeno di 16 anni.

Nella mia vita non ho potuto andare a scuola perché la mia famiglia era molto povera.

Mio padre era molto malato ed ho dovuto andare a lavorare da quando avevo 11 anni.

Mi dispiaceva non andare a scuola, anche i miei 6 fratelli non hanno potuto frequentare dei regolari corsi di studio per lavorare, aiutare la nostra famiglia per mangiare e curare nostro padre.

In Romania negli ospedali bisogna pagare tutto: medicine, mangiare, analisi, interventi.

Quando ho compiuto 16 anni mi sono trasferito a Firenze. Tutta la mia famiglia si è trasferita.

Abitavo al Campo Rom all’Osmannoro Ex-Osmatex insieme a 185 miei concittadini Rumeni.

Dormivo in una baracchina senza luce, acqua e servizi igienici.

Ho iniziato a frequentare la scuola che Suor Julia Bolton Halloway ha organizzato per noi Rom dentro al Cimitero degli Inglesi in Piazza Donatello a Firenze.

Per la prima volta potevo studiare ed ho imparato a scrivere il mio nome e cognome.

Il 16 gennaio 2010 il Sindaco di Sesto Fiorentino Gianni Gianassi ed il Prefetto di Firenze hanno deciso di sgomberare le nostre baracche. La mattina all’alba hanno distrutto tutto quello che avevamo senza dare a nessuno una soluzione alternativa di alloggio o casa.

Era molto freddo, c’era la neve e con la famiglia siamo andati a dormire sulla strada.

Viviamo da 1 anno e mezzo in Piazza Santissima Annunziata a Firenze e con noi solo delle coperte.

Una notte, a mezzanotte, la Polizia Municipale, ci strappa le coperte, ci butta l’acqua fredda addosso e ci dice che dobbiamo andare via. Noi però resistiamo e continuiamo a cercare di vivere.

La notte senza dormire a prendere il freddo. Alcuni italiani però non sono razzisti e ci aiutano in ogni modo e ci portano nuove coperte. La Polizia nuovamente sequestra le nostre coperte.

Io continuo ad andare alla Scuola di Suor Julia. Lei mi insegna a leggere e scrivere. Anche un altro Professore della Scuola Giorgio La Pira mi insegna. Io in cambio pulisco l’aula dove altri studenti vanno a Scuola durante la mattina. Tutto quello che imparo lo insegno ai bambini Rom che frequentano la Scuola al Cimitero degli Inglesi. Ho 37 piccoli bambini Rom a cui insegno le lettere dell’alfabeto. Per questo lavoro mi aiuta anche mio fratello Vasile ed un mio amico Marius.

La mia famiglia lavora con Suor Julia per ristrutturare il Cimitero.

Abbiamo ripulito tutte le tombe grazie agli insegnamenti del Maestro Alberto Casciani – Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Alberto è molto bravo ed ha restaurato anche il David di Michelangelo in Piazza della Signoria. Con lui siamo riusciti a sbiancare i marmi. Abbiamo ricostruito i muri a secco, fatto il giardinaggio, ricostruito i cancelli e messo le nuove scritte sulle tombe.

Con i soldi guadagnati vorremmo ricostruire le nostre case in Romania ma purtroppo la Polizia a volte ci ruba il denaro che noi guadagniamo onestamente.

Io vorrei continuare a frequentare la scuola: imparare ed insegnare.

Per scrivere questo articolo mi ha aiutato un gagio, Marcello, perché ancora non so scrivere bene.

Spero che riuscirò a scrivere da solo un articolo e per questo voglio imparare ancora tante cose.

Vorrei che la Polizia smettesse di rubarci i soldi e sequestrare le nostre coperte.

Vorrei che ci rispettassero. Io sono un Rom, tutta la mia famiglia è Rom, siamo esseri umani.

 
Di Fabrizio (del 15/08/2011 @ 09:46:20, in Italia, visitato 1770 volte)

Una segnalazione di Agostino Rota Martir da PisaNotizie, un video suggerito da Antonio Cannoletta, un articolo (di segno opposto rispetto a PisaNotizie, che descrive la situazione vista "dall'altra parte della barricata") della Nazione e nota finale sempre di Agostino Rota Martir

11/08/11 07:41 | autore: Serena Fondelli Campo rom di Cisanello, sgomberate 88 persone di cui 30 minori

Ieri mattina un'imponente operazione guidata dalla Polizia Municipale, sulla base di un'ordinanza del Comune di Pisa. Demolite le abitazioni dove vivevano 27 famiglie, alcune delle quali avevano già dato la disponibilità per il rimpatrio in Romania. La disperazione degli sgomberati che questa notte hanno dormito nei campi: "Ora dove andremo? Lavoriamo ma non ci affittano le case". La denuncia: "La Polizia Municipale ci ha ripetuto più volte di andare a San Giuliano. Ma fanno i miracoli lì?"

Dopo l'emanazione lo scorso 4 agosto della direttiva del Sindaco per la "garanzia delle regole di convivenza e della sicurezza urbana", dalla giornata di ieri (mercoledì 10 agosto) si sono iniziati a vedere gli effetti concreti e il significato di quel documento.

Alle 8.30 è stato il peggiore dei risvegli possibili quello delle 26 famiglie rom, per la gran parte provenienti da Lipovu, piccola cittadina della Romania, che da vario tempo abitano lungo le rive dell'Arno a Cisanello.

Con un imponente operazione a cui hanno partecipato Carabinieri, Polizia e Polizia Municipale, tutti in grande dispiegamento di forze, le 88 persone di cui 30 minori (15 sotto i 10 anni) sono state sgomberate dal luogo dove vivono e le loro abitazioni abbattute. Presenti all'operazione anche un assistente sociale, e un'ambulanza della Croce Rossa.

Il primo Agosto a queste stesse famiglie era stata notificata l'ordinanza di sgombero, con riferimento a un'altra simile notificata risalente a circa un anno fa; ma non avendo alternative abitative, le famiglie non hanno potuto che rimanere dove oramai abitavano da anni.

Dopo questa notifica, alcune famiglie hanno accettato la proposta del rimpatrio in Romania, ma solo in 17 hanno i requisiti per ricevere i 1000 euro per il viaggio di rientro, che comunque arriveranno non prima di 2-3 settimane; ma nel frattempo si è deciso lo stesso di procedere al loro sgombero .

All'arrivo delle forze dell'ordine non è stato facile per i genitori tranquillizzare i propri bambini, mentre cercavano al contempo di mettere al sicuro le poche cose che possedevano, togliendole alla morsa delle ruspe che incombevano a tirar giù le baracche, e a schiacciare roulotte come lattine.

Padri e madri di famiglia hanno così accatastato alla meglio, nei campi antistanti, i loro arredi, la spesa dei frigoriferi, i panni che fino a due minuti erano stesi ai fili, sedendosi poi sui materassi in mezzo ai campi come se di nuovo fossero in casa: "Cosa faremo ora, dove andremo?".

Domande che hanno posto più volte allo stesso assistente sociale e alla Polizia Municipale senza ottenere alcuna risposta, se non: "Ci dovevate pensare prima, siamo venuti a dirvi dieci giorni fa che qui non potevate più stare".

Alina, donna incinta del terzo bambino, con il marito che ha adesso un contratto di lavoro a tempo indeterminato, è in Italia da 10 anni. Le sue bambine di 6 e 9 anni sono nate in Italia e frequentano scuole italiane. Ha assistito con le sue piccole per mano alla ruspa che distruggeva tutto, poi ha iniziato a camminare tra i mobili accatastati e a controllare di aver preso tutto. Lei con suo marito non ha chiesto il rimpatrio, ritiene di avere il diritto di stare in Italia, dove il marito ha un lavoro garantito e dove le figlie possono istruirsi. "Ho cercato più volte case - spiega - ma nessuno ce l'affitta, pur avendo uno stipendio. E anche per le case popolari abbiamo ricevuto solo risposte negative".

Florian, quarantenne, con moglie e un figlio di 10 anni, era presente al campo perché in ferie. Fa il muratore in una ditta edile, parla ben l'italiano perché sono anni che abita nel nostro territorio. Ha guardato composto, ma con le lacrime agli occhi, distruggere la fatica impiegata per rendere una baracca vivibile tanto da poterla chiamare casa. "Voglio avere una casa, una piccola casa, pagare l'affitto e le tasse - dichiara Florian - non è possibile che il Comune di Pisa non ci spieghi come fare per avere le case popolari, io sono un lavoratore e lavoro sodo".

Mentre le ruspe sono al lavoro, un'altra donna, Teresa, cerca di portare fuori dalla propria abitazione il minimo indispensabile mentre il marito si carica sulle spalle il frigorifero e cerca di metterlo al sicuro. Si siede sul letto con i suoi bambini di uno e 3 anni e aspetta, anche se non sa bene cosa non sapendo dove andare. Fino alla fine ha cercato di difendere il forno a legna che aveva costruito dicendo ai Vigili che stavano intervenendo "ma sapete che pane buono fa quel forno?".

Un altro ragazzo, che non ci rileva il suo nome perché teme ripercussioni dove lavora, anche lui con un contratto a tempo indeterminato ottenuto dopo anni di sacrifici, afferma: "Dove dobbiamo andare? Spostarci poco più avanti su questo stesso argine o forse, come ci hanno detto, andare San Giuliano. Ma cosa c'è a San Giuliano? E' un Comune che fa i miracoli?".

Molte delle famiglie sgomberate hanno ripetuto, infatti, più volte anche agli agenti della Polizia Municipale la stessa domanda: "Ci dite sempre di andare lì, ma cosa c'è a San Giuliano, l'oro?".

Questa non sembra quindi essere la prima volta in cui esponenti della Polizia municipale fanno simili affermazioni in quanto lo stesso capo della Polizia Municipale, Massimo Bortoluzzi, fu protagonista di un simile episodio, che gli costò numerose critiche e prese di distanze, in occasione della notifica di sgombero di questo stesso campo rom nell'Ottobre del 2010.

Le operazioni di demolizione delle abitazioni di queste numerose famiglie è durato per diverse ore e nessuna alternativa è stata data a queste persone. Solo coloro che hanno accettato il rimpatrio sono stati trasportati alla Società della Salute per firmare i fogli necessari alla procedura.

Donne, uomini e bambini sono così rimasti tutto il giorno a cercare di salvare il salvabile tra le macerie, mentre materassi, coperte e molti altri oggetti sono stati portati via e buttati per "scongiurare" che potessero riaccamparsi nello stesso posto.

E così non avendo nessuna alternativa donne, uomini e bambini hanno dormito all'aperto, sull'erba, poco distante da dove fino a ieri si trovavano le loro abitazioni, mentre da ieri notte è stato attivato un presidio permanente della Polizia Municipale per impedire nuovi insediamenti in quella stessa area.

Si è svolta così l'ennesima operazione di sgombero da parte del comune, senza che però a queste famiglie sia stata data alcuna prospettiva concreta.

A quattro anni dal rogo di Livorno, il cui anniversario era proprio ieri, in cui persero la vita quattro bambini rom, Lenuca (6 anni), Eva (12 anni), Danciu (8 anni) e Menji (4 anni), questa operazione appare altrettanto definitiva e senza speranza per queste famiglie che adesso non hanno un luogo dove stare.


Lungo il confine con le famiglie rom - di Vittorio Gualtieri


I rom 'sfrattati' traslocano a Colignola E il paese si rivolta
Dopo l'intervento dei vigili a Cisanello, hanno occupato un'area privata nel territorio di San Giuliano. Raccolta di firme



Pisa, 13 agosto 2011 - UN NUOVO accampamento rom abusivo sta nascendo a Colignola: circa sessanta nomadi si sono trasferiti in un terreno di proprietà privata tra via di Cisanello e via dell'Argine, in un'area compresa tra l'argine e il fiume. L'arrivo non è passato inosservato ai residenti della zona che hanno raccontato di aver visto una vera e propria carovana con auto cariche di suppellettili e materassi. Tutto è successo la sera di giovedì e i rom quasi certamente, come ha confermato anche il sindaco di San Giuliano Terme Paolo Panattoni, fanno parte dell'accampamento sgomberato nei giorni scorsi dal Comune di Pisa.

I campi abusivi pisani erano sorti negli ultimi mesi lungo la golena d'Arno di Cisanello e contavano 85 persone, 45 delle quali avrebbero richiesto di aderire al programma di rimpatri volontari assistiti. Gli altri con tutta probabilità hanno semplicemente cercato un altro posto dove accamparsi, e quel terreno non coltivato nascosto dietro a un canneto dev'essere sembrato perfetto. C'è anche però chi riferisce che i nomadi non sono arrivati lì da soli e racconta di aver visto «due persone non rom» accompagnarli e poi andarsene. E la posizione decentrata del terreno, raggiungibile solo con una strada privata sterrata sembrerebbe copnfermare l'ipotesi che a guidarli sia stato qualcuno che conosce bene la zona, come suggerisce anche Panattoni.

«STIAMO concludendo — ha fatto sapere il sindaco sangiulianese — tutti gli accertamenti rispetto alla migrazione di questo gruppo di persone da Pisa a San Giuliano. Per quanto ci riguarda, in ruolo e responsabilità, faremo anche noi tutto quello previsto dalla legge per liberare nel più breve tempo possibile la zona occupata. Quella — ha concluso Panattoni — non è comunque una zona né concordata né individuata per questo tipo di utilizzo e non sussistono, tra l'altro, le minime condizioni igienico sanitarie previste dalle vigenti leggi». Il proprietario del terreno, l'ingegner Carlo Centurione Scotto, ha immediatamente sporto denuncia alla polizia municipale, che si occuperà di inviarla alla Procura con allegata la relazione su quanto visto nei sopralluoghi di giovedì sera e ieri mattina.

L'ARRIVO dei rom non è passato inosservato neanche in paese: ieri mattina alcuni di loro hanno approfittato della fontanina in centro a Colignola per fare scorta d'acqua. E già gli abitanti preparano le barricate, tanto che già ieri pomeriggio c'era chi parlava di appendere degli striscioni per chiedere lo sgombero dell'accampamento. «C'è parecchia agitazione in paese — riferisce un residente —. La gente e i commercianti della zona parlano di promuovere una raccolta firme e una fiaccolata se entro lunedì il terreno non sarà liberato. Oltretutto poprio dietro l'argine dove stanno allestendo le prime baracche si trova la piscina dell'albergo Eden Park: sono separati solo dalla pista ciclabile». «Nel nostro paese — scrive un rappresentante dei residenti di Mezzana e Colignola — molto spesso siamo protagonisti di spaccio e furti: circa 1 mese una famiglia è stata narcotizzata e derubata nella notte e stessa dinamica qualche settimana.

Non ci sentiamo sicuri e per questo abbiamo scritto al Sindaco di San Giuliano e a quello di Pisa, al Comandante dei Carabinieri e al Prefetto di Pisa affinché questo campo sia smantellato in pochissimi giorni. Tutto ciò non significa essere razzisti; si tratta anche di dare dignità a delle persone che non possono vivere lungo una golena d'Arno piena di ratti e sporcizia. Invitiamo anche i Carabinieri a rafforzare i controlli nel nostro territorio ormai da tempo bersaglio di malcapitati». Panattoni e il vicesindaco Juri Sbrana assicurano tempi brevi per liberare il terreno, ma, come si può immaginare, non è così semplice. «Lo abbiamo saputo giovedì sera intorno all'ora di cena — dice Sbrana —.

Il sindaco ha firmato l'ordinanza ma ovviamente da soli non possiamo muoverci: non abbiamo abbastanza vigili e, oltretutto, molti di loro sono in ferie. E' un problema generale e come tale sarà affrontato. In quella zona tra l'altro non possono stare anche per motivi di sicurezza: a settembre cominciano le piogge più abbondanti e il terreno si allaga, diventando molto pericoloso». Il prossimo passo sarà quindi tentare un dialogo con i rom che hanno occupato abusivamente il terreno di proprietà privata. Se non dovessero essere disposti a liberarlo a quel punto dovrà essere effettuato lo sgombero forzato.

di CECILIA MORELLO


Appello obiezione di coscienza ai Vigili urbani di Pisa
Sgomberare campi Rom non è una scampagnata estiva

Così sembra dai giornali (Il Tirreno in primis), leggendo la cronaca dell'ultimo sgombero fatto a Cisanello, anche con l'intento di "truccare" la realtà dei fatti e di occultare il dramma che stanno vivendo intere famiglie Rom della città. I campi "abusivi" sono abitati da persone in carne ed ossa, con un loro vissuto, fatto di sentimenti, di storie.. come qualsiasi essere umano. E' bene ricordarlo agli amministratori della Società della "Salute" (??) e al sindaco, convinto che montare o spostare delle video camere nei punti della città, sia la stessa cosa di sgomberare Rom da un posto all'altro. No, non sono la stessa cosa..

Ricuperiamo la forza di indignarci prima che sia troppo tardi, perché Pisa sta raggiungendo il primato degli sgomberi a danno delle comunità Rom. So che gli appelli che invitano codesta amministrazione alla tolleranza e al rispetto dei più deboli servono a ben poco, anzi sembra gettino benzina sul fuoco: si preferisce far mostra con disinvoltura di una politica del disprezzo verso i Rom in particolare, che non ha precedenti nella storia cittadina.

Proprie due sere fa a Livorno, abbiamo fatto memoria della tragedia di Pian di Rota dove morirono 4 bambini Rom, bruciati nelle loro povere baracche. Chi guidava la preghiera ha ricordato che questo dramma è stato alimentato anche da una serie di sgomberi, che quelle famiglie Rom Rumene hanno subito, prima a Pisa e poi a Livorno! Essere costretti a sloggiare da un posto all'altro, dover ricominciare sempre d'accapo, abbandonati da chi invece li doveva tutelare, per poi finire a rifugiarsi in posti sempre meno sicuri.

Questi drammi hanno varie responsabilità, ma portano anche le firme delle ordinanze di sindaci ed assessori, che poi recitano falsi teatrini di ipocrisia e smielata compassione verso quelle vittime, che a volte loro stessi hanno contribuito a provocare..

Faccio un appello rivolto al corpo dei vigili urbani di Pisa, riconoscendo il loro prezioso contributo alla cittadinanza e che spesso non sempre è compreso a sufficienza, un lavoro difficile e delicato, proprio perché sono spesso a contatto con situazioni di disagio sociale e di differenti povertà umane, per questo mi permetto di chiedervi di fare la scelta della obiezione di coscienza, di fronte all'ordine di attuare quelle ordinanze di sgomberi di accampamenti Rom che comporterebbero per quest'ultimi un peggioramento delle loro condizioni di vita. Abbiate il coraggio di rifiutare ad eseguire quegli ordini, fate prevalere il senso di umanità, fatelo anche in memoria di quelle non poche piccole vittime Rom che abbiamo pianto in questi anni, a Livorno, a Milano, a Roma e in altre città Italiane.

Sarebbe un segnale forte di umanità e di democrazia, non solo per la città intera ma in particolar modo un messaggio di civiltà a chi ci governa.

Don Agostino Rota Martir - Campo Rom Coltano (PI) – 13 Agosto 2011

 

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