Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 19/03/2012 @ 09:18:13, in casa, visitato 1498 volte)

Segnalazione di Nazzareno Guarnieri

... ha una grave malformazione cardiaca (diagnosi medica di isomerismo destro) e ha subito già due interventi. La bimba è nata cinque mesi fa. Può essere ancora che una baracca fatiscente e umida sia la sua casa?

Nell'area dell'ex Polveriera, del rione Ciccarello, il disagio di sopravvivere all'incuria si presenta da anni per tutte le famiglie Rom. Si respirano le pessime condizioni igienico-sanitarie, l'odore della spazzatura è nauseabondo, topi e insetti a fare capolino o invadono le baracche per l'incredibile degrado.

Qui, per risolvere una vasta serie di problemi, si attendono soluzioni immediate. A cominciare dal trasferimento in alloggi dignitosi in cui dare inizio a una nuova vita.

Su Valentina (e non solo) spiega il presidente Giacomo Marino: "Si parla tanto dei diritti dei minori, ma nel caso dei Rom le istituzioni attenzionano solo alcuni diritti come quello allo studio, senza mostrare alcun interesse verso il diritto alla salute, che è altrettanto importante e spesso è direttamente legato al diritto all'alloggio".

E' dietro l'angolo il pericolo di ammalarsi per la sporcizia, per il decadimento e nell'abbandono rimane quest'area della periferia sud di Reggio Calabria. "Oltre a Valentina che ha avuto la sfortuna di nascere con una grave malattia - osserva Marino - tanti sono i bambini che vivono nel ghetto dell'ex Polveriera, che a causa delle condizioni abitative in cui si trovano hanno contratto diverse malattie. Giacomo Marino denuncia le gravissime condizioni in cui abitano ventotto famiglie e quaranta minori nel ghetto di Ciccarello ma nessuna Amministrazione, fino ad oggi, ha fatto nulla di concreto, oltre che promettere senza poi mantenere".

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Di Fabrizio (del 18/03/2012 @ 09:24:17, in Italia, visitato 1320 volte)

Suggerimento di Barbara Stazi

Cliccando sull'immagine potete sfogliare alcune parti del libro. Buona lettura.

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Di Fabrizio (del 17/03/2012 @ 09:17:44, in Europa, visitato 1677 volte)

VITA.it 14 marzo 2012

A lanciare l'allarme un report commissionato dal Ministro dell'Interno della Repubblica Ceca

Calano i numeri in Est Europa, ma i movimenti neo-fascisti europei hanno trovato un leader: Casapound. Secondo quanto emerso da un recente report commissionato dal Ministro dell'Interno della Repubblica Ceca, i movimenti neo-nazisti e ispirati al fascismo rimangono marginali, ma si ispirano sempre più all'italianissima Casapound, oggi diventato movimento nazionale con duemila tesserati, 25 redazioni in Italia e 10 all'estero, come recita il loro sito. E proprio di ramificazioni all'estero si parla. Miroslav Mares, sociologo dell'università di Masaryk e capo progetto dello studio sul neo-nazismo, racconta che «la scena neo-nazi sta cercando in tutti i modi di trovare un nuovo appeal e un nuovo modo per approcciare i giovani. Il movimento che si ispira ai russi sta riscuotendo molto successo, specialmente negli ultimi mesi, ma Casapound gioca un ruolo fondamentale nell'unificazione di queste realtà. Quello italiano è soprattutto un modello ideologico, capace di dare una forma più accettabile a partiti e movimenti di estrema destra».

L'esigenza dello studio in Repubblica Ceca è nata dopo una serie di attacchi ai danni delle comunità Rom, target continuo di violenze da parte dei gruppi neo-nazisti. Secondo il report, questi attacchi sono destinati ad aumentare nei prossimi cinque anni, «sulla scia di movimenti nati in Russia: molto giovani, molto violenti ed estremi» spiega Mares. In Russia infatti i magistrati che hanno "osato" condannare le violenze neo-nazi sono stati minacciati, alcuni uccisi.

Come se non bastasse, il report lancia anche un allarme inquietante: l'infiltrazione di movimenti di estrema destra nelle forze dell'ordine. «Ma non solo,» aggiunge Mares. «Il tema vero è la capacità di mimetizzarsi nel sociale e nella politica. Al momento Casapound non è pericolosa quanto gli ungheresi, i russi o alcune frange tedesche. Si tratta più che altro di un fenomeno da tenere sotto controllo. Però devo aggiungere che Casapound ha al suo interno personaggi violenti che in caso di scontri etnici o sociali possono essere pericolosi. Al momento il fenomeno più probabile è che questi movimenti siano in grado di mobilitare giovani violenti durante manifestazioni o scontri di piazza».

L'obiettivo però è far dimenticare al grande pubblico le teste rasate degli skinheads, e proporsi invece come forza politica alternativa. «Casapound gioca un ruolo fondamentale perché è in grado di unificare e moderare i sentimenti nazionalisti e neo-nazisti, sicuramente ragione fondamentale per cui è diventata un modello in tutto l'Est Europa, dove è molto popolare, e in Germania» spiega Mares.

Incontri, convegni, concerti, tutto diventa occasione di incontro e coordinamento tra Casapound e i neo-nazisti cechi, ungheresi, tedeschi. Incontri alimentati anche attraverso il web con forum e siti internazionali che permettono di confrontarsi senza limiti sui temi cari a tutti i movimenti europei: la difesa dalla "invasione islamica", il respingimento degli stranieri e la creazione di un'Europa forte e coesa.

Casapound mantiene inoltre contatti diretti con i neo-nazisti tedeschi, in particolare in Nord Westfalia, «dove vi sono frange molto violente,» afferma Mares. E infatti l'allarme in Germania continua ad essere molto alto. Dopo la scoperta di una cellula di estrema destra colpevole di numerosi omicidi tra il 2000 e il 2006, la polizia tedesca ha compiuto numerosi raid, in particolare sequestrando bombe gas, machete e pistole al gruppo "Die Unsterblichen" (gli Illuminati). Questi sono l'ultima espressione dell'estrema destra tedesca, usciti allo scoperto alla fine del 2011, quando hanno sfilato in tutta la Germania in una manifestazione notturna, indossando maschere bianche, torce e urlando slogan contro gli stranieri (in allegato un video della manifestazione).

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Di Fabrizio (del 16/03/2012 @ 09:20:42, in Italia, visitato 1588 volte)

Ve lo ricordate?

Corriere del Mezzogiorno Sentenza in Corte d'Assise, il pm aveva chiesto l'ergastolo ma i giudici hanno escluso il «futile motivo» IL PRIMO GRADO DEL PROCESSO PER L'ASSASSINIO DEL MUSICISTA ROMENO A MONTESANTO

NAPOLI - Per i giudici sono loro gli assassini del musicista romeno, Petru Birlandenau (Petru Birladeanu ndr.), alla stazione della Cumana di Montesanto a Napoli: misfatto atroce per il quale in tre sono stati condannati a trent'anni di galera ciascuno. Questo il verdetto di primo grado della terza sezione della Corte di Assise (presidente Carlo Spagna). I condannati sono Marco Ricci e Maurizio e Salvatore Forte. La Corte, pur riconoscendo la matrice camorristica del delitto, ha escluso l'aggravante del futile motivo.

COMUNE PARTE CIVILE - Al processo si sono costituiti parte civile il Comune di Napoli, assistito dall'avvocato Fabio Maria Ferrari, e i familiari della vittima, assistiti dall'avvocato Elena Coccia.

MORTE IN DIRETTA - Per i tre imputati il pm Michele Del Prete aveva chiesto la condanna all'ergastolo. Le sequenze dell'agguato furono filmate dalle telecamere di sicurezza, nella stazione della Cumana. Secondo l'accusa, Ricci e i due Forte, cugini tra loro, facevano parte del gruppo di otto killer che, partiti dal quartiere di Ponticelli, dove era ancora egemone il clan Sarno, scorrazzarono sparando per le strade di Montesanto in segno di disprezzo nei confronti del boss rivale Marco Mariano, tra l'altro da poco scarcerato.

NOTIZIE CORRELATE

Redazione online - 5 marzo 2012

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Di Fabrizio (del 16/03/2012 @ 09:10:33, in scuola, visitato 1710 volte)

ENGAGE International Reading Association I ROM INVITATI IN LIBRERIA - Guest Blogger: Marta Strahinič

Secondo dati non ufficiali, ci sono circa 312 Rom che vivono nel comune di Metlika, la maggior parte risiede in cinque piccoli insediamenti. Tra loro, 139 sono bambini e3 giovani sino ai 15 anni di età. La maggior parte frequenta la scuola primaria con più o meno regolarità, ma pochi di loro frequentano la biblioteca.

Gli studiosi mostrano che la principale barriera per i giovani rom che iniziano la scuola, è la loro scarsa conoscenza dello sloveno. Quindi le biblioteche possono giocare un ruolo importante nel migliorare l'alfabetizzazione e la capacità di lettura dei bambini rom ancora prima che facciano il loro ingresso nella scuola.

Di conseguenza, nel 2003 mi sono attivamente coinvolta nel lavorare con i Rom. Ho tenuto i contatti con il centro di lavoro sociale Metlika, che mi ha forenito tutti i dati necessari perché iniziassi ad invitare in libreria i Rom, specialmente i giovani ed i loro genitori. Questi son stati gli inizi che sono sfociati in un progetto targhettizzato, denominato dalla biblioteca pubblica Ljudska knjižnica Metlika "I Rom invitati in biblioteca".

Abbiamo iniziato ad invitare i bambini ed il or genitori a partecipare a diversi eventi in libreria. Abbiamo tenuto conto dei loro desideri ed organizzato per loro narrazioni e spettacoli di marionette. Li abbiamo anche invitati ad eventi rivolti a tutti i bambini del comune.

Però, alcuni Rom non potevano, anche volendo, partecipare alle iniziative, per la mancanza di trasporti pubblici e solo qualcuno di loro aveva una macchina. Così la biblioteca decise il passo successivo. Nel 2005, iniziammo a d organizzare eventi negli insediamenti rom.

Ciò che accadeva in quegli insediamenti attirò una grande affluenza. I bambini accorrevano a giocare ed ascoltare i racconti, anche molti adulti si fecero avanti con gioia ad ascoltare le fiabe. Le nostre visite erano l'evento più importante per l'insediamento.

Oggi, 65 Rom sono iscritti alla biblioteca e la visitano regolarmente. Alcuni la usano occasionalmente, soprattutto per navigare in Internet, e magari non sono iscritti. Altri si avvicinano ai libri e ai racconti solo durante gli eventi che organizziamo negli insediamenti.

Il nostro scopo - portare i libri e la biblioteca più vicino ai Rom, particolarmente ai bambini, ha avuto molto successo. Li abbiamo ascoltati ed assieme abbiamo sviluppato il progetto.

"I ROM INVITATI IN LIBRERIA" è stato scelto per il premio 2011 dell'Associazione Internazionale di Lettura per la Promozione della Lettura Innovativa in Europa. In quanto responsabile del progetto, Marta Strahinič ha ritirato il premio e presentato il progetto alla 17a Conferenza Europea di Lettura, a Mons in Belgio.

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Di Fabrizio (del 15/03/2012 @ 09:59:13, in lavoro, visitato 1481 volte)

Da Bulgarian_Roma

Novinite.com Il programma "LAND - Source of Income" ha fornito assistenza finanziaria ad 80 famiglie rom, perché possano avviare un business agricolo. Photo by money.bg

08/03/2012 - 80 famiglie rom della regione di Plovdiv nella Bulgaria meridionale hanno ricevuto assistenza finanziaria per dare avvio ad un business agricolo.

Il programma "LAND - Source of Income" col sostegno della fondazione America for Bulgaria sta offrendo schemi di microcredito a basso interesse, così che le famiglie rom senza terra possano acquistare terreno ed attrezzature agricole ed avere accesso ad una determinata somma di capitale circolante.

Alcuni dei partecipanti al programma hanno sviluppato progetti che hanno ottenuto sovvenzioni del programma operativo gestito dal fondo statale per l'agricoltura.

[...] L'iniziativa ha già contribuito alla creazione di piccole imprese agricole a Perushtitsa, Parvomai e nei villaggi attorno a Plovdiv e Pazardzhik.

Ilia Iliev, del villaggio di Chaloukovi vicino a Plovdiv ha comprato a basso interesse 32 decari (cfr. Wikipedia ndr.) di terra arabile, che rimborserà in 5 anni alla fondazione.

Sta coltivando aglio, peperoni e pomodori.

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Di Fabrizio (del 15/03/2012 @ 09:48:42, in media, visitato 1286 volte)

La nuova trasmissione condotta da Medici per i diritti umani su Novaradio Città Futura 101,5
Tutti i Giovedì - dalle ore 17 - a partire dal 15 marzo 2012

I conduttori del programma, con la collaborazione di numerosi ospiti, apriranno una finestra sul diritto alla salute, sulle attività di MEDU e soprattutto sui contesti e sulla vita dei beneficiari dei nostri progetti. Pillole della durata di venti minuti, intervallate da un rilassante intermezzo musicale, che avranno come titolo "Nessuno escluso" .

Cercheremo innanzitutto di parlare di e con le persone che vivono in condizioni di marginalità nelle nostre città. Daremo loro voce attraverso interviste pensate e realizzate da alcuni volontari, che hanno chiesto di descrivere l'ambiente delle case occupate e dei campi rom spontanei, la giornata tipo di chi ci sta dentro, il suo progetto migratorio, il suo viaggio e le sue aspettative, oltre al suo rapporto con i servizi sanitari del territorio. Parleremo dei progetti internazionali che Medu sta portando avanti in Colombia, Ecuador e Palestina, dando ancora una volta priorità alla testimonianza diretta dei nostri partner locali e dei nostri operatori sul terreno, tentando a margine di offrire uno spaccato della situazione politica e sociale dei Paesi coinvolti. Ragioneremo dell'eguaglianza di genere e della violenza sulle donne, divertendoci anche a spulciare i messaggi mediatici e pubblicitari volti ad attribuire un ruolo dominante al Maschio, per obbligo. Abbiamo infine pensato ad alcune tematiche più peculiari come il disagio mentale, la dipendenza e la situazione dei minori abbandonati nei contesti di precarietà.

Nessuno escluso dal diritto alla salute, come recita il nostro slogan. Filo conduttore sarà l'idea di salute concepita come condizione complessiva della persona, che comprende oltre all'assenza di malattie anche il benessere psico-fisico e l'inserimento sociale. Su queste basi ci confronteremo anche con il ruolo che secondo noi devono avere il servizio pubblico e il terzo settore, con l'obiettivo comune di garantire un diritto fondamentale che come tale è di tutti, senza distinzioni di razza, sesso, provenienza, condizione economica o amministrativa.

NESSUNO ESCLUSO
Ogni giovedì alle 17.00, in Podcast sul sito di MEDU
A cura di Marco Zanchetta e Riccardo Di Virgilio

Ufficio Stampa Firenze
Tel. 3351853361
Medici per i Diritti Umani, organizzazione umanitaria e di solidarietà internazionale.

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Di Fabrizio (del 14/03/2012 @ 09:20:15, in Kumpanija, visitato 1357 volte)

PROBLEMI GENERALI DEI ROM IN BRASILE - Ge Victor

  • Accesso ai documenti d'identità obbligatori. Il nomadismo è uno dei pretesti più ricorrenti, soprattutto da parte degli uffici incaricati, che a volte impediscono la registrazione ufficiale dei dati personali dei gitani. Cioè, in termini legali la persona gitana, non esiste in quanto non possiede documenti. Occorre quindi considerare che le questioni del lavoro e dell'alloggio, pratiche commerciali incluse, quindi le condizioni generali di vita si siano adattate in "mancanza" di condizioni civili, estranei a standard sociali legali. Da qui l'associazione alla marginalità. Un'altra aggravante all'inesistenza ufficiale si traduce con la mancanza di dati certi sul numero dei gitani in Brasile. Sondaggi aleatori ed ufficiosi  indicherebbero una cifra tra 650 mila ed 1,2 milioni, divisi in gruppi etnici distinti. Sono anche inesatte le informazioni sui gitani considerati "civilizzati", perché molti di loro, pur preservando lingua e tradizioni, non assumerebbero tratti identitari propri, o sarebbero portati a non farlo, per paura di essere discriminati.
  • Accesso alla sanità pubblica. Come conseguenza delle tradizioni (che prevedono la nascita dei figli dentro le proprie tende) e di trattamenti pubblici indebiti, alla madre gitana è negato l'accesso alla "carta ospedaliera" ufficiale, e quindi la registrazione dei dati preliminari di identificazione dei propri figli. Quella carta risulta indispensabile per ottenere altri documenti, ad es. il certificato di nascita. Inoltre, senza di essa non è possibile aver accesso legale ad altri documenti da utilizzare per i servizi pubblici, come il pronto soccorso, le vaccinazioni, ecc.
  • Accesso alla pubblica istruzione e permanenza a scuola. Non è raro che i bambini gitani si vedano  negato il diritto all'iscrizione ed alla frequenza scolastica, a causa delle tradizioni familiari e del modo proprio di vita e di relazionarsi. A parte queste difficoltà, una volta iscritto il bambino gitano affronta ulteriori difficoltà dovute alle sue tradizioni. Pur avendo idiomi e dialetti propri, i gitani legati alla tradizione sono considerati analfabeti, in quanto non utilizzano simboli grafici (lettere e numeri) nella loro comunicazione e nella trasmissione delle conoscenze tradizionali, delegate alla pratica orale. Occorre pensare e fornire un modello educativo che tenga conto delle specificità delle comunità gitane, riguardo la lingua e l'ortografia, i curricula, il materiale didattico-pedagogico ed i contenuti programmatici, ispirandosi ai precetti della Dichiarazione Mondiale sull'Istruzione per Tutti.
  • Accesso alle installazioni e permanenza negli spazi pubblici in aree urbane. Non esistono indicazioni da parte dei poteri pubblici o dei gestori degli spazi e della pubblica sicurezza, per assicurare ai gitani il diritto di stazionare con le carovane o di stabilirsi in accampamenti provvisori, senza essere molestati da polizia ed autorità locali. Nella maggior parte dei casi le difficoltà di accesso agli spazi pubblici sono chiaramente associate a discriminazioni o intolleranza, date le condizioni precarie offerte, le rigide imposizioni di comportamento sociale e di transito; le richieste -talvolta abusive - di  permessi, imposte, tasse ecc.
  • Inclusione sociale e culturale. I valori culturali non sono riconosciuti o rispettati. Per questo, frequentemente si è vittima dei preconcetti. L'ignoranza generalizzata sulle origini, costumi e diritti dei gitani, è causa di stigma e di trattamenti stereotipati. Cioè, per meglio dire, l'essere gitano è associato il più delle volte ad un sinonimo di emarginazione. Questi tratti storici sono stati coltivati ed ingranditi, incluso - nella letteratura di genere - racconti di vita vissuta o immaginari. Così come gli ebrei, gli indios ed i negri, i gitani soffrono - giorno per giorno - di discriminazione sociale e culturale.
  • Mantenimento delle tradizioni, delle pratiche e del patrimonio culturale. I concerti e gli spettacoli "mambembes", i mestieri tradizionali come la la lavorazione dei gioielli, del metallo e del rame, stanno sparendo di fronte a realtà più affermate. La libera circolazione degli spettacoli, riferimento simbolico della pratica teatrale brasiliana, oggi è quasi scomparsa, sia per la massificazione dell'industria culturale, che per la mancanza di incentivi pubblici e privati. Le memorie ed i referenti culturali gitani, tradizionalmente conservati e tramandati in cassepanche intoccabili dentro le tende, stanno dissipandosi in mancanza di una politica di divulgazione pubblica, che protegga e cataloghi questo ricco patrimonio. Nel campo letterario non ci sono pubblicazioni sui gitani, e quando sono citati avviene in modo dispregiativo. La situazione si ripete al cinema e nella televisione, a volte inzuccherata dalla bellezza e dalle pratiche esotiche tradizionali della cultura gitana. In questo senso, si rende urgente stabilire processi di recupero e riscatto delle conoscenze, dell'autostima, dei saperi e capacità tradizionali delle culture gitane.
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Di Fabrizio (del 14/03/2012 @ 09:06:32, in Italia, visitato 2981 volte)

Il titolo di un articolo prima mi ha fatto ridere (alla fine svelerò il mistero), e poi disordinatamente sono arrivati in successione alcuni frammenti di pensiero, riassunti in tre immagini.

Osservate questa prima immagine o date un occhio a Gypsy Waggon: piccoli capolavori quasi scomparsi, frutto dell'esperienza, leggeri (alcuni quasi leggiadri), il simbolo del viaggio (ed anche della natura, del cavallo, della musica, di tutto quanto le nostre menti rinchiuse nelle case associano alla vita nomade).

Oggi questa è l'evoluzione REALE di quel mondo fantastico (l'immagine viene nientepopodimeno che dal blog di Riccardo De Corato): una roulotte scassata e senza ruote, che non può andare da nessuna parte... ma neanche restare: la foto è stata scattata durante la chiusura del campo di Triboniano.

Dove si va, mi chiedo? Un tempo, si sarebbe preso il vurdon o la kampina e si sarebbero cercate mete più fortunate, ma adesso i discendenti di chi le abitava non sarebbero più capaci di farlo, e non ci sono più posti dove accamparsi senza che l'autorità ti dica di andar via.

E' quello che ho sentito da molti Rom e Sinti: "Prima ci hanno obbligato a fermarci, a mandare i figli a scuola. L'abbiamo fatto in cambio del campo, che in qualche modo era una certezza. E quando hanno ottenuto da noi ciò che volevano, chiudono il campo e fanno nuove promesse."

Attenzione a quest'altra foto, Mirafiori: riuscite ad immaginare qualcosa di più statico e pesante, impossibile da spostare con tutte le sue catene ed i suoi dipendenti?

Eppure... siamo capaci di farlo. Il titolo a cui accennavo all'inizio è: Marchionne: "Siamo nomadi, andiamo dove si fanno affari". ABBIAMO consegnato a Marchionne (tramite le pagine di Repubblica, non del Giornale o del Sole24Ore) prima che il patrimonio del nomade, le nostre teste. Lasciando a Marchionne la possibilità di andare, con tutti i contributi che i vari governi hanno dato alla FIAT negli scorsi decenni, ed una roulotte senza ruote a chi forse per la prima volta nella sua lunga storia si interroga sul proprio futuro. Per la vulgata, il primo passa da imprenditore, i secondi per ladri...

E mentre Marchionne si riscopre nomade, sono in molti tra i suoi connazionali che parimenti a Rom e Sinti non hanno certezza del loro futuro.

Il bello, è che tutto ciò che avete letto dall'inizio, l'abbiamo voluto, l'abbiamo permesso, lo pagheremo. E so già che i futuri disoccupati troveranno il modo per odiare di più "gli zingari", perché succede questo quando si ha fame. L'abbiamo voluto... basta ciò a dire che sia anche intelligente?


PS: Un compleanno recente mi ha ricordato che l'epilogo era già stato scritto anni fa, prima che arrivassero fabbriche e città. Non c'era bisogno di saper leggere le stelle, poteva arrivarci anche un gagio che amasse i libri.

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Di Fabrizio (del 13/03/2012 @ 09:09:21, in Italia, visitato 1749 volte)

di Matteo de Bellis, attivista europeo di Amnesty International

Una ruspa ad appena pochi metri dal campo di via Sacile, ricorda che i lavori continueranno © Private

"Sappiamo che dovremo andarcene per i lavori di costruzione, ma dovrebbero dare un posto, non limitarsi a lasciarci per strada."

Giovanni mi parla, in piedi di fronte a me, davanti ad una fila di baracche, raggruppate in uno spazio grande quanto un campo di calcio a sette.

Sotto il lucente sole di Milano, i bambini corrono come se il campo di via Sacile fosse un parco giochi. Ma non è così.

Giovanni vive da marzo 2011 nel campo non autorizzato di via Sacile. Ora ci sono ci 50 famiglie, attorno alle 250-300persone, tutte Rom dalla Romania.

Da circa un anno vivono qui. Le autorità non hanno fornito alcun servizio: bagni, acqua, raccolta dell'immondizia.

Gli abitanti usano aree specifiche come toilette, ogni giorno vanno a raccogliere l'acqua presso una fontanella a qualche centinaia di metri e pagano una società privata per raccogliere una volta la settimana la spazzatura.

Anche le OnG locali, le associazioni rom e dei cittadini stanno facendo la loro parte, mandando i medici a visitare il campo, aiutando le famiglie ad iscrivere i bambini a scuola e raccogliendo i curriculum degli adulti per aiutarli a trovare lavoro.

  © NAGA

Le autorità cittadine sono quasi completamente assenti da via Sacile. Eccetto forse le visite periodiche della polizia locale, che diverse volte ha annunciato l'imminente sgombero per tutti quanti vivano al campo.

L'area dove vivono le famiglie rom è interessata da lavori infrastrutturali - una nuova rampa autostradale, le fognature ed i relativi lavori di drenaggio.

Lo scorso dicembre, gli abitanti spostarono le loro baracche a qualche metro dalla sistemazione originaria, per permettere che continuassero i lavori nell'area. Allora, le autorità lo considerarono sufficiente ad evitare lo sgombero nella gelata condizione
invernale.

Ma ora che il sole splende ed ancora una volta i lavori di costruzione minacciano di invadere il campo, tutti hanno paura che una sgombero sia imminente.

Alcuni degli abitanti di via Sacile vivevano nel campo autorizzato di via Triboniano, chiuso dalle autorità ad aprile 2011.

Giovanni mi racconta che tutta la sua famiglia è stata espulsa da via Triboniano, subito prima della chiusura, perché aveva ospitato suo padre e sua madre senza la dovuta autorizzazione.

Amnesty International ha documentato espulsioni di questo tipo, dove le autorità hanno applicato regolamenti poi dichiarati illegali. Nel novembre 2011, una decisione del Consiglio di stato ha stracciato la cosiddetta "Emergenza Nomadi", uno stato d'emergenza che violava la legge e discriminava i Rom.

Ma le autorità milanesi e nazionali sinora non hanno fatto niente per aiutare chi era coinvolto. Sembra invece intendano proseguire sulla stessa strada degli sgomberi forzati che hanno oscurato le vite di centinaia di Rom milanesi, e migliaia altrove, negli ultimi anni.

La gente come Giovanni potrebbe ora trovarsi nuovamente di fronte ad uno sgombero forzato.

Un bulldozer parcheggiato appena a pochi metri dal campo di via Sacile ricorda che i lavori proseguiranno, riportando quelle che possono essere dolorose memorie dei precedenti sgomberi forzati.

Baracche, materassi, vestiti, bambole e quaderni furono travolti e distrutti. Tutto questo senza che le autorità si consultassero preventivamente con la comunità rom, dessero un preavviso od offrissero soluzioni abitative alternative adeguate.

"Stavolta speriamo che diano almeno 5 o 10 giorni di preavviso," dice Bi, un altro giovane che si guadagna da vivere scaricando e distribuendo casse di frutta in centro città. "Se ci sgomberano senza preavviso, perderò anche il mio lavoro, perché dovrei prendere un giorno di ferie e non so come spiegarlo al capo, che non sa che vivo in un campo."

Le famiglie rom di via Sacile chiedono solo un preavviso per lo sgombero ed un posto dove stare, molto meno di quanto le autorità siano tenute a fornire in base al diritto internazionale.

Sperano ancora che il sindaco di Milano faccia la cosa giusta, e sospenda lo sgombero fino a quando non seguano procedure corrette, con l'identificazione di alternative adeguate per ogni famiglia.

Ma ogni notte, quelle famiglie vanno a dormire nelle loro baracche sapendo che può essere la loro ultima notte lì, e la mattina successiva le ruspe potrebbero entrare nel campo.

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