Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 05/09/2010 @ 09:57:13, in Italia, visitato 2044 volte)

Ricevo da Roberto Malini

FONDI UE ALL'ITALIA/ RICERCA ONG ‘EVERYONE': "DOVE SONO FINITI QUELLI PER L'INTEGRAZIONE DI ROM E MIGRANTI?"
UN'ALTRA RICERCA DELL'ONG SUI NUMERI DEGLI SGOMBERI IN ITALIA DAL 2007 A OGGI E' STATA DEPOSITATA ALL'ONU E ALLA COMMISSIONE EUROPEA

Milano, 30 agosto 2010. Dal 2007 al 2013, l'Unione europea ha predisposto uno stanziamento di 15 milioni 321 mila euro all'Italia* attraverso l'FSE - il Fondo Sociale Europeo -, principalmente per l'inclusione sociale dei soggetti svantaggiati. I Rom, in particolare, sono coinvolti come possibili partecipanti di una serie di iniziative che rappresentano per l'Italia - così come per gli altri Stati membri - almeno il 27% del budget FSE complessivo. "Secondo quanto dichiarato dal ministro degli Affari Esteri Franco Frattini, subito dopo il suo insediamento nell'ultimo Governo Berlusconi, l'Italia avrebbe avuto accesso ai fondi europei per l'integrazione dei Rom per la prima volta, dato che né il Governo Prodi, né i precedenti Governi, mai avevano avanzato richieste in tal senso" spiega la Presidenza del Gruppo EveryOne, organizzazione internazionale per i diritti umani. "A integrare i fondi dell'FSE all'Italia, sempre per gli stessi fini, sarebbero anche alcune iniziative del progetto europeo EQUAL, che avrebbe aumentato consistentemente i budget stanziati da progetti regionali e su base nazionale. Ma non è tutto," proseguono gli attivisti, "perché oltre ai fondi europei per i Rom, risulta che il Governo abbia percepito negli ultimi tre anni consistenti somme anche per quanto concerne il progetto KNE, che dovrebbe 'garantire e migliorare i processi di integrazione e inclusione sociale delle persone migranti arrivate nel nostro paese da un periodo massimo di cinque anni'. Tale iniziativa - finanziata dal Ministero dell'Interno e dal FEI (Fondo Europeo per l'Integrazione di Cittadini di Paesi Terzi) - dovrebbe essere favorita tramite l'offerta di percorsi di formazione di lingua italiana, orientamento civico e formazione professionale dei migranti" precisa EveryOne, che ha condotto una ricerca specifica in merito. Secondo quanto affermato in una recente audizione alla Camera dei Deputati dal prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione presso il Ministero dell'interno, l'Italia ha percepito inoltre un importo di 6 milioni 323 mila euro destinato a finanziare i rimpatri coattivi e volontari dei cittadini dei Paesi terzi per il 2010, di altri 6 milioni 223 mila euro destinati ai richiedenti asilo in Italia per il 2010 e di ulteriori 95 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (di cui 6 milioni per il 2007, 8 milioni 500 mila per il 2008) destinati all'integrazione di cittadini terzi**. "Ci chiediamo" affermano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti di EveryOne, "dove siano stati impiegati tutti questi soldi. Secondo le nostre stime, con budget del genere l'Italia in tre anni avrebbe potuto non solo risolvere definitivamente la problematica dei Rom, garantendo a tutti un progetto istruzione-casa-lavoro, ma altresì favorire la piena integrazione della totalità dei migranti extracomunitari bisognosi di protezione internazionale sbarcati nelle coste italiane dal gennaio 2010 a oggi. Sollecitiamo deputati e senatori italiani a chiedere al Ministro degli Esteri Frattini e al Ministro dell'Interno Maroni di riferire urgentemente in Parlamento sull'impiego di tali fondi e sui risultati dei progetti di integrazione, visto che, secondo una nostra ricerca - depositata alla Commissione europea e all'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite, nel corso di un nostro recente incontro a Ginevra - il Governo italiano e le Amministrazioni locali, dal 2007 a oggi, hanno impiegato ben 91 milioni 615 mila euro (oltre 83 mila euro al giorno!) per sgomberare insediamenti Rom di città medio-grandi, senza considerare i micro-insediamenti abusivi. Si tratta" commentano Malini, Pegoraro e Picciau, "di una cifra abnorme, che sommata al numero dei respingimenti e delle deportazioni dall'Italia di migranti in crisi umanitaria negli ultimi due anni induce gli esperti di immigrazione e diritti delle minoranze a formulare ed esprimere legittimi dubbi sull'operato delle nostre Istituzioni".

Il Gruppo EveryOne ha infine richiesto oggi alla Commissione europea di aprire un'inchiesta nei confronti dell'Italia, per verificare se e come i fondi percepiti dal 2007 a oggi siano stati effettivamente impiegati per i fini cui erano destinati e, nel caso di errori o sprechi, di assumere le opportune misure atte a ristabilire procedure corrette nell'impiego di tali finanziamenti e, se necessario, di portare il caso all'attenzione della Corte europea.

* Fonte: http://ec.europa.eu/employment_social/esf/docs/esf_roma_it.pdf
** Fonte: http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stenbic/30/2009/1110/s020.htm

Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
+39 393 4010237 :: +39 331 3585406 :: +39 334 3449180
info@everyonegroup.com
www.everyonegroup.com

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Di Fabrizio (del 06/09/2010 @ 09:33:46, in Italia, visitato 1970 volte)

Il Manifesto - di Eleonora Martini

"Maroni e Sarkozy istigano il razzismo contro rom e sinti"
Radames Gabrielli, 55 anni, presidente della "Federazione Rom e Sinti insieme", tra i promotori della manifestazione di oggi a Roma, è un italiano sinto di Bolzano, con origini austriache nel Südtirol. Musicista di professione, muratore saltuariamente e in nero per necessità, vive da sempre in una roulotte, come i suoi figli e i suoi nipoti, e al contrario dei suoi fratelli e sorelle che vivono in case, da sempre
.

Quando nel 2008 a Cecina presentaste la vostra neonata Federazione che raggruppava 22 associazioni presenti in 12 regioni italiane, avevate grandi progetti e un obiettivo: recuperare un pieno protagonismo dei rom e sinti abbattendo lo stigma che ha trasformato un intero popolo in un "monumento moderno della segregazione" per usare le vostre parole. Presentaste allora un programma di lavoro articolato in 12 punti per battere razzismo e assistenzialismo. Quanta strada avete fatto da allora?
Non molta, siamo ancora ai primi passi. Con la Lega Nord e il Pdl al governo, in realtà, invece di andare avanti siamo andati solo indietro perché abbiamo trovato solo porte chiuse, ostacoli e difficoltà. Due anni fa andammo da Fini che ci accolse con tante belle parole, e tanti "sì,sì", ma poi non ci ha più chiamato. E il razzismo invece di placarsi sta dilagando a vista d'occhio, propagandato com'è dal governo italiano.

Maroni in Italia ma anche Sarkozy in Francia agiscono, secondo lei, inseguendo il razzismo dilagante nei rispettivi paesi o sono peggiori delle popolazioni che governano?
Sono i politici che istigano le popolazioni per conquistare voti e potere, perché è rassicurante votare qualcuno che ti indica un capro espiatorio: gli "zingari" come colpevoli di tutto. Se a Livorno abbiamo visto tentativi di linciaggio di massa di due rom dopo una rissa, è perché Sarkozy e Maroni stanno istigando tutte le popolazioni europee.

C'è una parola inflazionata che è "integrazione". "Impossibile", per alcuni, con gli usi e i costumi delle genti rom e sinte.
Io preferisco infatti parlare di "interazione". La maggior parte di noi italiani rom e sinti lavora, solo che quasi tutti lo fanno in nero perché è praticamente impossibile trovare qualcuno disposto a fare un contratto a un rom o un sinto. Integrazione non significa annullare la nostra cultura, la lingua, la tradizione, i costumi, e infatti in tanti anni non ha mai funzionato.

E allora, la vostra proposta sui campi?
Devono essere smantellati e al loro posto devono sorgere micro aree familiari per chi vuole vivere in roulotte, e dare appartamenti agli altri. E invece Maroni fa un salto indietro concentrando tutti i rom e i sinti in campi grandissimi solo per poterli tenere sotto controllo. Ovviamente chi non è abituato a vivere in casa ha bisogno di essere accompagnato per imparare a limitare certe "libertà" eccessive per un condominio o in città. Nel nord Italia più che al sud, per fortuna, ci sono tantissimi sinti che oggi vivono in casa anche grazie all'aiuto dei vicini che li hanno capiti e li hanno seguiti nel processo di adeguamento.

A Cecina, come in altri rendez-vous delle vostre associazioni, si è sottolineata però anche la necessità di lavorare all'interno delle popolazioni rom e sinte per sradicare la cultura dell'illegalità.
I miei figli per certi versi vivono un razzismo più feroce di quello che ho vissuto io da bambino, quando avevamo le classi separate. Chi delinque deve essere punito personalmente, ma non ne può rispondere l'intera famiglia o l'intera etnia. Chi vive accerchiato nutre solo odio e non sente ragioni. Così non si costruiscono le condizioni per cambiare nulla.

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Di Fabrizio (del 06/09/2010 @ 09:47:18, in Italia, visitato 1520 volte)

Regione.VdA.it - Data: 04/09/2010


16:01 ROM:ITALIA,RICONOSCIMENTO MINORANZA PERMETTEREBBE AIUTI/ANSA
IREF, ESSENZIALE L'ASSISTENZA SANITARIA E CAMPI PICCOLI

(ANSA) - ROMA, 4 SET - Il riconoscimento dei rom, dei sinti e dei camminanti come minoranza storico-linguistica permetterebbe il censimento di queste popolazioni, l'elaborazione di un piano nazionale di intervento e fornirebbe gli strumenti legali di cui ha bisogno chi lavora con i rom per operare senza difficolta' di carattere legale e amministrativo.

A sostenerlo e' una ricerca dell'Iref, l'Istituto di ricerche educative e formative fondato nel 1968 dalle Acli, resa nota dal Dipartimento pari opportunita', nella giornata in cui sia a Roma che a Parigi si manifesta per difendere i diritti dei rom, contro gli sgomberi e i rimpatri forzati, ma anche per superare la logica dei campi.

L'Iref fa notare come, alla piena attribuzione dei diritti civili e anagrafici, deve fare da contraltare la piena assunzione di doveri, da parte dei rom, nei confronti della societa'. Solo in tal modo si puo' arrivare ad avere una integrazione che non sia unilaterale ma che sia il prodotto di una interazione. In tal senso l'Iref porta l'esempio delle auto-costruzioni di Padova, alloggi che sono stati assegnati alle famiglie sinte dietro pagamento del canone d'affitto e delle utenze domestiche. Questi alloggi sono stati costruiti da imprese edili che hanno avuto tra i propri lavoratori alcuni degli stessi affittuari sinti, con capacita' professionali idonee supportate anche da un corso di formazione professionale precedente. I salari derivanti dal lavoro effettuato dagli operai zingari sono stati assorbiti dalla ditta che li ha scalati dal costo generale dell'appalto a titolo di contributo. L'importo dei salari non percepito e' stato infine defalcato dai canoni d'affitto mensili a titolo di scomputo. Ovviamente, chi non ha partecipato al progetto di auto-costruzione ha pagato per intero il canone.

Altro punto fondamentale per l'integrazione e' l'assistenza sanitaria: l'intervento sanitario non puo' limitarsi ad uno screeening o ad una campagna di vaccinazione ma - secondo gli operatori dell'Ires - deve comprendere la promozione del diritto alla salute e l'utilizzo dei servizi sanitari di zona. E questo implica che si deve instaurare un rapporto di fiducia tra i rom e il personale sanitario.

Infine i campi nomadi che devono essere piccoli e distribuiti in vari punti della citta' in modo da attenuare il loro impatto sulla popolazione residente. Infatti inserimenti con pochi nuclei familiari se da un lato rispettano la cultura rom della vita in famiglia allargata, al tempo stesso permettono un inserimento piu' efficace, dato il basso numero delle famiglie rom coinvolte.

Un altro studio, sempre commissionato dal Dpo Unar - Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (Unar) del ministero delle Pari opportunita' - evidenzia come siano due i livelli di intervento: quelli di emergenza, che riguardano il controllo del territorio, la rimozione dei rifiuti, la disinfestazione e la derattizzazione, la vaccinazione dei bambini, lo smantellamento delle baracche e il risanamento delle aree costruendo casette in muratura e allestendo strutture che possano essere usate per il lavoro e il doposcuola; e gli interventi strutturali come l'attribuzione del medico di famiglia ad ogni nucleo rom, l'attivazione di corsi professionali (es. di artigianato o lavorazione del ferro) che rispondano alle specificita' del gruppo rom e infine il favorire forme di auto-imprenditorialita' degli zingari. (ANSA).

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Di Fabrizio (del 07/09/2010 @ 09:30:41, in scuola, visitato 1849 volte)

Ricevo da Patrizia Quartieri

Ieri mi sono recata al campo Rom di via Rubattino, un insediamento spontaneo che si è riformato dopo lo sgombero dello scorso anno e dove, a fianco di una tranquilla vita di un gruppo sociale, ho constatato le condizioni igieniche e abitative in cui circa 200 persone si vedono costrette a vivere: la mancanza di acqua e la totale assenza dell'Amsa creano una situazione di cui i Rom stessi percepiscono la pericolosità.

Constata la situazione si pone un problema politico: si vuole o non si vuole risolvere il problema dei Rom? Lo sgombero dato per imminente non farà altro che spostare baracche, precarietà e emergenza sanitaria in altri quartieri.

Non si può aspettare oltre senza pensare a soluzioni vere: abitazioni e accompagnamenti lavorativi che mettano in grado queste famiglie di poter pagare l'affitto, mandare i figli a scuola e integrarsi realmente.

Tutto questo sarebbe costato meno degli sgomberi.

Gli sgomberi perpetuano i campi abusivi e le situazioni di pericolo, di cui le istituzioni diventano responsabili.

Metà degli occupanti sono bambini, una quarantina dei quali è iscritta alla scuola dell'obbligo; dalla scorsa settimana venti di loro hanno già iniziato un'attività scolastica con altrettanti volontari del quartiere.

Sgombero significa che l'anno scolastico non lo potranno nemmeno iniziare, nonostante la loro volontà. Si chiama "scuola dell'obbligo" solo perché è obbligatorio frequentarla o anche perché lo Stato e obbligato a permetterne la frequenza?

Genitori e insegnanti avevano già posto il problema alle istituzioni cittadine nell'estate (v. sotto)

Ines Patrizia Quartieri
Consigliere comunale


• al Sindaco di Milano
• al Presidente del Tribunale dei Minori di Milano
• al Prefetto di Milano
• al Questore di Milano
• al Direttore dll’USP di Milano
• al Direttore dell’USR della Lombardia
• al Presidente della Repubblica Italiana
E p. c.

• ai Consiglieri Comunali di Milano
• all’Assessore alle politiche sociali del Comune di Milano
• ad Amnesty International
• agli organi di stampa

Oggetto: sgomberi insediamenti rom e diritto alla scuola

Egregi Signori,

alcuni scolari di etnia rom che frequentano le scuole dell’obbligo a Milano sono stati bocciati al termine del corrente anno scolastico a causa dell’elevato numero di assenze.

Tali assenze sono la conseguenza della catena di sgomberi che hanno subito da novembre in poi.

Ora ci troviamo davanti a un paradosso: le istituzioni con gli sgomberi rendono impossibile la frequenza, e sono sempre le istituzioni a bocciare perché le assenze sono troppe.

Ugualmente negativa è la situazione dei bambini che sono stati promossi pur avendo frequentato poco: a loro di fatto è stato impedito di apprendere e di avere una vita regolare, come loro diritto.

Dopo uno dei tanti sgomberi, in due casi, abbiamo anche provveduto al trasferimento ad altra scuola vicina al nuovo insediamento, ma dopo dieci giorni di frequenza un altro sgombero ha reso vana la nostra azione.

Il 13 settembre inizierà il nuovo anno scolastico, e il rischio fortissimo cui ci troviamo di fronte è quello di ripetere l’esperienza di quest’anno: decine e decine di bambini cui di fatto viene negato il diritto alla scuola.

Chiediamo alle istituzioni da voi presiedute di affrontare il problema e di trovare entro settembre una soluzione affinchè l’anno scolastico possa iniziare anche per i bambini rom sotto il segno del rispetto, della serenità, della continuità, dell’osservanza dei diritti sanciti dalla Costituzione e dall’ordinamento giuridico nazionale e internazionale.

Siamo a vostra disposizione per proporre soluzioni.

Ringraziamo e porgiamo distinti saluti.

Flaviana Robbiati (maestra scuola primaria) [...]

Stefania Faggi (maestra scuola primaria) [...]

Assunta Vincenti (genitore scuola primaria) [...]

Bianca Zirulia (genitore scuola primaria) [...]

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Di Fabrizio (del 07/09/2010 @ 09:41:06, in Europa, visitato 3320 volte)

by Paul Polansky

[continua]

Prof. dr. Alush Gashi

(immagine da ekonomia-ks.com)

IL PREMIO MENGELE: disonora e disgrazia questo ministro della Sanità del Kosovo che rifiuta di svolgere i suoi dovere e richiedere l'immediata evacuazione medica dei campi contaminati dove più di 80 zingari sono morti per complicazioni dovute all'avvelenamento da piombo e dove ogni bambino nasce con danni irreversibili al cervello.

Se vuoi bere il miglior vino rosso in Kosovo, il prof. dr. Alush Gashi è l'uomo da tenere in considerazione nei "suoi giri". Nei ristoranti di Pristina il vino migliore non è mai sul menù. E' riservato soltanto ai "politicos" come Gashi, che è un grande intenditore. Vorrei soltanto che ponesse altrettanta attenzione ai bambini zingari che muoiono nei campi ONU, ora sotto l'amministrazione del governo del Kosovo e del suo ministero della salute.

Una volta bevvi con Alush in un ristorante esclusivo in un parco fuori Pristina. Stavamo discutendo con un comandante di marina degli USA degli attacchi nel marzo2004 di rivoltosi albanesi contro le enclavi delle minoranze. Alush era stato nominato dal parlamento del Kosovo per investigare sulle cause della rivolta. Alla terza o quarta bottiglia di squisito vino rosso, Alush confessò che l'attacco era stato così ben pianificato che non intendeva procedere oltre con le indagini. Avrebbe soltanto imbarazzato gli alleati del Kosovo se si fosse rivelato quali politici kosovari avevano organizzato i disordini. Invece, Alush ordinò un'altra bottiglia "del migliore" nascosto nella cantina del ristorante lontano dai normali clienti.

Alush Gashi è nato il 4 ottobre 1950. La sua biografia sulla pagina web del governo del Kosovo per i gabinetti ministeriali è molto approssimativa. Ma tramite una ricerca su Google ho trovato che Alush ha scritto di essere dottore in medicina, professore di anatomia, chirurgo generale ed una volta è stato professore assistente alla facoltà di medicina dell'Università di California a San Francisco. Ha anche dichiarato di essersi recato diverse volte in America e in Europa per scopi di studio ed è autore di testi professionali e scientifici pubblicati in Kosovo, Europa Occidentale ed America (non sono riuscito a trovarne nessuno). E' stato preside della facoltà di medicina a Pristina e consigliere per i Diritti Umani del dr. Rugova, l'ultimo presidente del Kosovo. Attualmente è membro del parlamento del Kosovo per il partito LDK e ministro della Sanità del Kosovo.

Andavo a trovare Alush molte volte nel suo ufficio di ministro della Sanità. Fummo buoni amici fino a quando non portai troppi giornalisti a vederlo a proposito dei campi zingari contaminati dal piombo, che ora erano di sua responsabilità. Due anni fa le sue ultime parole che mi disse furono: "Quei campi sono la mia priorità numero uno." Ma non ci andò mai. Nemmeno nessun membro del suo staff.

Alush una volta descrisse se stesso in un'intervista ad un giornale americano come "...un innocente medico che cerca di aiutare gli altri."

Un giornale britannico una volta scrisse "ALUSH GASHI è un uomo piccolo, asciutto, dagli occhi vivaci, un chirurgo, un guaritore."

Ma i riconoscimenti della stampa straniera sono finiti da quando Alush ora rifiuta di incontrare i giornalisti stranieri che cercano da lui risposte sui bambini zingari che muoiono nei campi di morte del governo del Kosovo. A volte Alush concede al suo addetto stampa di parlare coi giornalisti internazionali, ma quando questi menzionano i campi zingari l'intervista viene improvvisamente interrotta.

Anche se il prof. dr. Alush Gashi non è il salvatore degli zingari del Kosovo, è un grande entusiasta dell'America e dei valori americani. In un'intervista ad una pubblicazione di Washington DC, Alush ha detto: "...L'America ha dato ai membri di questa comunità dei Balcani conoscenza e simpatia per i valori americani. Gli Stati Uniti sono venuti in aiuto del Kosovo in risposta alla campagna di pulizia etnica del presidente dell'ex Jugoslavia Slobodan Milosevic, che intendeva sterminare qualsiasi popolo non-serbo dalla provincia. L'impegno americano in Kosovo è unico, a partire dall'aiuto umanitario pre-guerra... poi l'America inviò i suoi figli e le sue figlie a combattere Milosevic e le truppe serbe per salvare civili innocenti, a cui era capitato di essere musulmani... e creare le condizioni perché i Kosovari potessero tornare a casa, stabilire la democrazia e rimodellare il loro futuro. Sotto la protezione NATO i Kosovari sono ritornati a casa, ma gli Americani ed i loro alleati sono rimasti. Sono rimasti ed hanno continuato a supportare chi amava la pace e stava costruendo un Kosova post-bellico... costruendo scuole, ospedali, strade e moschee. Credo che gli Albanesi del Kosova amino l'America perché sono coscienti dei valori americani."

Sfortunatamente, anche i valori americani (assieme ad Alush) sono assenti nei campi zingari. Non solo l'ambasciata americana a Pristina ha rifiutato di chiederne l'evacuazione per motivi medici, come richiesto dall'OMS,  ma l'ambasciatore americano si è rifiutato di incontrarmi per discutere una soluzione sanitaria (vedi lettera seguente). Forse Alush Gashi, ministro della Sanità del Kosovo, i suoi valori li ha appresi dall'ambasciatore americano Christopher Dell.


Ambasciatore Cristopher W. Dell

6 luglio 2009

Spett. Ambasciatore Dell,

Sono un cittadino americano che ha lavorato in Kosovo dal luglio 2009 come capo missione della Società per i Popoli Minacciati. Il mio lavoro è stato quasi esclusivamente con i Rom kosovari, specialmente con quanti vivono dal settembre 1999 nei campi per IDP costruiti su terreni contaminati a Mitrovica nord. Dalla vostra udienza di conferma, vedo che siete a conoscenza di questa tragedia che dura da dieci anni.

Per diverso tempo, ho cercato senza successo di parlare con l'attuale ambasciatore americano a Pristina sulle adeguate cure mediche per questi Rom. Sfortunatamente, nessuno vuole discutere  di un'immediata soluzione sanitaria, solo di future rilocazioni, ancora molto lontane. Anche quanti sono stati reinsediati dal 2006 nella loro precedente mahala a Mitrovica sud, non hanno ancora ricevuto il promesso trattamento per avvelenamento da piombo.

Ci sono precedenti in Kosovo per salvare migliaia di vite di vite di Albanesi e Serbi con l'immediata evacuazione, quando le loro vite erano in pericolo. Tuttora per questi Rom di Mitrovica che hanno i più alti livelli di piombo nella storia medica, non è stata considerata nessuna evacuazione d'emergenza.

Riguardo al reinsediamento, Mercy Corps non intende iniziare la costruzione delle 50 case prima di settembre, e soltanto se i test sulla tossicità del terreno (ancora da fare) saranno negativi. Nel contempo, MC rifiuta di rivelare qualsiasi piano sanitario. Come Ambasciatore americano in Kosovo, ritengo Lei possa incoraggiare il governo del Kosovo, Mercy Corps, USAID, UE/CE a salvare questi poveri Rom. Non soltanto abbiamo avuto già tra di loro 82 morti (molti di loro bambini) su questi terreni contaminati, ma secondo un dottore tedesco che li ha visitati e analizzato i risultati dei test, ogni bambino concepito nascerà con danni irreversibili al cervello.

Spero, Ambasciatore Dell, che lei mi riceva per discutere un'urgente soluzione medica prima che sia troppo tardi per salvare questi bambini.

In fede,

Paul Polansky

Il senatore USA Russ Feingold ha inviato la mia lettera assieme ad una sua presentazione, chiedendo all'ambasciatore Dell di ricevermi. L'ambasciatore Dell non ha mai risposto.

Fine dodicesima puntata

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Di Fabrizio (del 07/09/2010 @ 13:55:09, in Kumpanija, visitato 1757 volte)

Segnalazione di Laura Coletta

ChiedoAsilo

07 Settembre 2010
Questa mattina presto, sotto la prima pioggia grigia di settembre, c'è stato anche un ennesimo sgombero di via Rubattino.
Inutile raccontare la situazione, inutile raccontare chi c'era, perché queste famiglie vivono in queste condizioni, inutile dire che non serve a niente se poi non si trovano soluzioni a questo problema...
Inutile perché purtroppo nell'ultimo anno ce lo siamo già detto troppe volte.
Comunque anche questa volta si fa appello al volontariato e alla disponibilità/generosità delle persone per fronteggiare l'emergenza.
Servono, con estrema urgenza, fin da oggi, coperte, sacchi a pelo, tende.

Cogliamo l'occasione per ricordare a tutti che le famiglie che sono state aiutate dopo gli scorsi sgomberi, quelle che hanno trovato casa, lavoro, scuola per i figli, vivono ora in condizioni assolutamente dignitose e vanno verso l'autosufficienza e il vero inserimento sociale.
E' sempre difficile capire quale sia la cosa giusta: dare tutte queste coperte, vestiti ecc (di cui alcuni di noi comunque si privano, certo perché ne hanno in più, ma comunque...) che poi verranno "persi" al prossimo sgombero, l'assistenzialismo fine a se stesso può essere discutibile in effetti. Purtroppo però sono emergenze vere, nella civile milano. La causa di queste emergenze non è un'alluvione in zone disastrate del mondo ma una precisa linea politica e sociale.
Cerchiamo di aiutare nell'emergenza ma anche nella quotidianità queste famiglie perché la mia esperienza personale mi dice che quando dai loro una mano (trovi casa per loro, li aiuti a trovare lavoro, trovi una pediatra disponibile a visitare gratuitamente i loro figli, trovi una maestra che pensa ad un doposcuola prima dell'inizio dell'anno scolastico per i loro figli, ecc), loro ce la mettono tutta a non lasciarsi sfuggire l'occasione e sono pieni di risorse.
Al momento le famiglie sgomberate sono sotto il ponte della tangenziale a Rubattino, la Comunità di S. Egidio e altri stanno organizzando l'emergenza.
Per portare le cose richieste o passate direttamente da lì o attendete notizie su eventuali punti di raccolta presso ACLI, parrocchie ecc.
Non appena ci saranno aggiornamenti per consegnare il materiale, ve lo comunicheremo.

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Di Fabrizio (del 08/09/2010 @ 09:10:30, in Europa, visitato 1678 volte)

LINKontro di André Glucksmann

Il Presidente della Repubblica (Nicolas Sarkozy, NdT) ha sollevato una montagna che è ripiombata su di lui. Lanciando l’offensiva contro i Rom il governo francese credeva di risolvere a suo vantaggio elettorale un problema di semplice ordine pubblico e di organizzazione sociale. Un errore enorme. Il problema dei Rom non riguarda la sicurezza dal punto di vista militare o sociale, ma è un problema innanzitutto di sicurezza mentale. Non è soltanto francese, ma europeo. Non è di oggi, ma esiste da sempre.

Nel 1990, uno dei primi sondaggi liberi effettuati dal quotidiano americano Los Angeles Times rivelava che per l’80% della popolazione da poco affrancatasi dal comunismo – cechi, ungheresi, rumeni, bulgari e polacchi – l’immagine diabolica dello straniero si incarnava in quella del bohemienne. A partire dal 1980, i militanti di Solidarnosch hanno assistito sbalorditi ai pogrom anti-zingari creati solo a qualche chilometro da Varsavia.

Negli anni ’90, Vaclav Havel, presidente della repubblica ceca, fece smantellare con grande difficoltà un ghetto dove i suoi concittadini volevano rinchiudere i nomadi. Se l’odio per gli zingari raggiunge l’apice nei paesi dell’est europeo, non è tuttavia sconosciuto in occidente. La letteratura e l’opera del 19° secolo , Victor Hugo e Verdi, testimoniano le angosce di coloro che vivono sempre nello stesso luogo di fronte a una collettività deterritorializzata. Accattonaggio, sporcizia, scippi, fantasmi di ladri di bambini – da un secolo tormentati da dinieghi e pettegolezzi come " questa gente non vive come noi". Portando l’isteria al suo estremo, i nazisti sono arrivati a considerarli "sub-umani" nelle camere a gas di Auschwitz.

Abbiamo creato – infine - la libera circolazione per tutti, l’Unione europea suscita per contraccolpo il rinascere di paure ancestrali, un ritorno del represso. Di fronte ad una malattia endemica, le reazioni francesi si dimostrano inadeguate e malsane, precisano a ragione la Chiesa e le ONG. Sono coinvolti meno i Rom rispetto a coloro che non li sostengono. L’Europa post-moderna si pregia di far cadere i tabù che ostacolavano la sua libertà ma si rivolta davanti all’emigrato (oltre allo spaventapasseri musulmano, ricordatevi l’idraulico polacco) e inorridisce di fronte allo straniero nomade, l’errante assoluto per tradizione e volontà. Comprendiamo che si tratta di un rifiuto di se stessi più che di un rifiuto dell’altro.

L’abbattimento delle frontiere, l’europeizzazione delle nazioni, la mondializzazione dei continenti proiettano ciascuno in un universo senza punti di riferimento stabili e senza norme infallibili. Ricordiamoci la diagnosi fatta nel 1965 da De Gaulle: "Nel progresso generale, una nuvola è sospesa sugli individui. All’antica serenità di un popolo di contadini, certi nel disegnare sulla terra una esistenza mediocre ma assicurata, è seguita nei nostri figli la sorda ansia dello sradicamento".

Il volto ridente dello sradicamento sono i 300 000 giovani francesi che si sono trasferiti per arricchirsi nella City quando la borsa si è infiammata. Il volto tragico è rappresentato dagli erranti che sono inseguiti da un accampamento selvaggio all’altro, privati di fatto del diritto di viaggiare e di mendicare che solo il comunismo pretendeva di abolire con la forza. Il rom spaventa. E’ da nascondere questo possibile fratello di sradicamento, questa parte indispensabile e angosciante del nostro destino! La paura dei Rom non è che la paura inconfessata di se stessi.

Fin quando non si riconosce ai nomadi il diritto di vivere in maniera errante, fin quando non si offre loro la possibilità di sistemarsi in condizioni decenti, perdureranno sempre le ossessioni razziste e xenofobe. Una decenza minima implica che si stabilisca, come la legge francese prescrive (senza essere applicata) delle aree di alloggio e di accoglienza destinate a rimpiazzare gli accampamenti di fortuna e le bidonville ignobili che sono la vergogna dell’Europa.

Inutile cercare grande fragore mediatico per i rimpatri collettivi più o meno volontari di centinaia di sfortunati , quando solo in Romania due milioni di cittadini europei si apprestano alla partenza e si calcola esattamente che la vita di un mendicante in Francia è meno catastrofica rispetto a quella di un mendicante ostracizzato in Europa centrale.

Inutile riprodurre in scala la politica di stabilizzazione forzata dei popoli nomadi dell’Unione Europea. Era l’ossessione di Nicolae Ceausescu e dei suoi colleghi dei regimi totalitari. Laddove è fallito il terrore poliziesco, le sovvenzioni di Bruxelles, in parte dilapidate dalla corruzione, non risultano molto vantaggiose. Inutile inviare dei missi dominici a Bucarest che esigano più integrazione e assimilazione, questo è ciò che i dirigenti romeni non possono, né i Sinti vogliono.

Sta alle nostre nazioni ricche operare una rivoluzione intellettuale, riconoscendo la legittimità di un nomadismo multisecolare e transeuropeo. A questo fenomeno è necessario assicurare delle condizioni di sopravvivenza che evitino una totale marginalizzazione. Il diritto ad essere errante è imprescindibile in una buona democrazia. Né evangelismi ne despotismo, l’attenzione incondizionata della legge suppone che si rispettino non meno incondizionatamente la dignità e la libertà di coloro che vi si sottopongono.

Gara dell’ipocrisia. Coloro che criticano le azioni forti di Parigi non dovrebbero dimenticare le loro critiche. Gli edili di Bruxelles non hanno assicurato le condizioni pratiche della libera circolazione degli europei più bisognosi e l’accoglienza dei nomadi. I bravi oratori ecologisti, così pronti a criticare gli OGM con il forte sostegno della stampa, non si sono mai mobilitati contro l’emarginazione dei "nomadi" negli scambi pubblici. Salvare il pianeta si, ma salvare i nomadi no? (Rispondo all’amico Daniel Cohn-Bendit che mi cita in una intervista apparsa su Le monde del 17 agosto). Le iniziative del Parlamento europeo brillano per la loro assenza e inefficacia.

Soltanto qualche sbuffo di intolleranza suscita nei "democratici" dei sermoni ben-pensanti, presto detto, presto dimenticato. Le libertà europee non si limitano alle libertà degli uomini d’affari, dei potenti e degli intellettuali. La libera circolazione dei beni e delle idee è acquisita, resta da assicurare la libertà dei più umili tra di noi, quella delle roulotte che cercano di passare alle frontiere, quella dei viaggiatori senza legami che hanno affascinato tanti musicisti e poeti del tempo passato. Fintanto che i Rom avranno l’etichetta di "persona non grata" da parte del loro paese di provenienza , l’emancipazione dell’individuo europeo resta zoppa e fragile.

Tregua dalla demagogia. Perché tuonare oltraggiosamente contro la Francia (Gestapo dice il Times, il suo "sistema di deportazione" dice il Daily Mail, a Pechino il Quotidiano del Popolo incalza sfacciatamente)? Perché il paragone con Vichy e le sue "retate" diventano un luogo comune? Si possono contraddire le scelte di Sarkozy senza identificarle con Petain o Laval, senza cadere nell’offesa e nella caricatura. Il delirio va avanti. I Rom sono i capri espiatori dei bambini perduti dalla mondializzazione, il presidente diviene l’alibi di una opposizione in difficoltà per il programma, alla Francia è stato mostrato il dito per la sua perdita di sensi e di orientamento dalle istituzioni europee e internazionali. A ciascuno il suo capro espiatorio.

Basta al fanatismo. E’ accaduto oggi l’impensabile, un prete conosciuto e devoto ai fedeli invoca a voce alta e in modo intellegibile la supplica rivolta al suo Dio: "Vi chiedo scusa, fate che Sarkozy abbia una crisi cardiaca". Stupore generale. Le radio danno la notizia esclusiva. Qualche ora più tardi il curato ritorna imbarazzato sulla sua supplica. Non siamo tornati ai tempi di Ravaillac dove la preghiera sostituisce il pugnale.

Poco mi importa di essere elevato al rango di umanista a sinistra o di aggrottare le sopracciglia "a favore della sicurezza" a destra, la mia preoccupazione sono i Rom e le loro sofferenze tanto scandalose quanto vane. Nulla, nel festival delle misure pacchiane e nel contro festival delle invettive, lascia presagire un miglioramento delle sorti della popolazione nomade. Certamente, uno o due municipi apriranno i loro licei ad un nugolo di espulsi. Per otto giorni? Per un mese? E poi? Certamente, le elezioni presidenziali si terranno fra due anni. A condizione che non si prolunghino scherzi e dibattiti che a destra e sinistra si intrecciano e che incoronano Parigi derisa, capitale della derisione.


*Articolo pubblicato su Le Monde il 31/08/2010. Traduzione di Michela Onofri (6 settembre 2010)

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Di Fabrizio (del 08/09/2010 @ 09:26:57, in Europa, visitato 1517 volte)

Da Slovak_Roma

Famiglia rom sterminata a  Bratislava da un vicino, scioccati gli altri residenti nel palazzo
Bratislava, 1.9.2010 10:17, (ROMEA)

Quanti si sono trovati nei pressi della sparatoria di lunedì nel quartiere Devínska Nová Ves di Bratislava sono ancora scossi, ma vogliono parlare della loro esperienza. Sei dei morti facevano parte della famiglia Putík. Come si è saputo che la famiglia era rom, sono iniziate a circolare notizie di come fossero "problematici". Però, i vicini degli uccisi hanno iniziato ad esprimersi contro queste voci.

Una donna che vive sullo stesso piano sia dell'assassino che della famiglia uccisa ha detto oggi all'Agenzia Stampa Ceca di aver aperto la porta del suo appartamento per la curiosità, vedendo l'uccisore in piedi in una nuvola di fumo nel corridoio. "Si è voltato verso di me e ha detto -Chiudi la porta o ti sparo in testa,- così ho richiuso;" dice l'anziana signora.

La vicina non sapeva molto sull'uccisore, che non era molto amichevole."Era terribilmente strano, non parlava con nessuno, un lupo solitario, un tipo strano," spiega, aggiungendo che non sa cosa l'ha portato a sterminare l'intera famiglia. "Non so se gli davano sui nervi perché andavano sempre avanti e indietro," dice. Secondo lei i Rom non facevano rumore e si prendevano cura di loro figlio, 12 anni, anche lui vittima anche lui vittima della follia dell'assassino disoccupato.

"Erano nostri vicini - la nonna, sua figlia e il nipote che viveva con loro. Davvero non creavano problemi," dice un altro vicino che viveva proprio la porta accanto alla famiglia rom. Questi vicini smentiscono anche le voci che la famiglia vendesse droga. Quando i giornalisti gliel'hanno chiesto, entrambi hanno dato la stessa riposta: "Fuori di qui! Pennivendoli! Quale droga? E' immondizia."

Secondo informazioni pubblicate dal giornale MF DNES, nessuno dei residenti nell'appartamento che sono stati intervistati potrebbe confermare che l'assassino fosse in qualsiasi maniera in conflitto con la famiglia dei suoi vicini. Anche altri vicini rifiutano le speculazioni per cui la famiglia avrebbe dovuto dei soldi all'assassino. "E' del tutto grossolano suggerire che la famiglia avrebbe preso in prestito del denaro da lui. Ne avevano paura - non avevano il coraggio di suonare il suo campanello. Non hanno mai causato problemi - non ho mai sentito nessun tipo di confusione dal loro appartamento. Per quel che ne sappiamo erano persone decenti. Povere, ma decenti," ha detto a MF DNES una vicina di nome Silvie, aggiungendo che la famiglia chiedeva solo a lei denaro in prestito. "Se lo facevano prestare solo da me - ogni 15 del mese la nonna mi suonava al campanello perché non avevano soldi. Glieli prestavo sempre o davo loro del pane vecchio, e loro mi restituivano sempre immediatamente il 19" ha detto a MF DNES. Anche altri residenti dell'edificio dicono che gli occupanti stabili dell'appartamento dei Putík, la nonna e i suoi parenti, erano persone perbene, ma gli altri parenti che a volte visitavano la famiglia, talvolta bevevano o facevano rumore all'ingresso dello stabile.

Marta, una pensionata che vive accanto agli assassinati, ha detto a MF DNES, "Durante l'estate la figlia della nonna iniziò a venire qui più spesso. Due o tre anni dopo, quando già viveva qui, a volte urlava o imprecava contro qualcuno. Poi seppi che andò a farsi curare da qualche parte e che viveva in un ostello. In questi giorni visitava solo per un caffè." Altri residenti dell'edificio citati da MF DNES concordano nel dire che la famiglia Putík non era particolarmente problematica. Altri vicini mettono in dubbio che tutte le vittime fossero Rom, come riportato da molti media. " Talvolta qualcuno si sedeva qui e beveva di fronte all'edificio, ma erano soprattutto una famiglia bianca, non erano i Rom. E' una sciocchezza dire che è stato un attacco razzista. Solo la figlia che viveva nell'edificio aveva sangue rom. Le vittime avevano a che fare con loro, ma non erano Rom," ha detto un residente a MF DNES.

I capi della polizia ed il ministro degli Interni stanno parlando molto dell'"eroico" intervento della polizia contro il pazzo assassino. Anche se molti residenti del quartiere lamentano che la polizia non sia intervenuta abbastanza in forze e rapidamente.

Alla fine l'aggressore si è sparato alla testa , a pochi metri da un salone cosmetico. Come ha detto una dipendente all'Agenzia di Notizie Ceca, "Quell'uomo stava appoggiato contro la porta del salone, e se non avesse avuto le cuffie, mi avrebbe sentito chiudere la porta e avrebbe girato la sua arma verso di me. Ho chiamato la polizia per dire che ero intrappolato appena a pochi metri da lui, ma mi hanno risposto che sapevano già di lui."

La giovane donna ha aggiunto che l'uomo è stato libero di muoversi, senza alcuna minaccia per circa 20 minuti, prima di iniziare a sparare a qualsiasi cosa si movesse. Dice che la polizia non si è avvicinata alla scena se non dopo diversi minuti dopo che l'uomo si era sparato.

La polizia dice che la prima pattuglia è arrivata due minuti dopo che era stato avvertito il primo sparo, cioè appena dopo le 9:45 del mattino, riuscendo a disarmarlo dopo circa mezz'ora. Il ministro degli Interni Daniel Lipšic ha annunciato che l'aggressore non ha commesso suicidio se non dopo essere stato ferito fatalmente da un proiettile della polizia.

Durante il massacro sono morte otto persone, l'aggressore e le sue sette vittime. Altre 15 persone sono state ferite, tre delle quali, incluso un cittadino ceco, sono anche in gravi condizioni.

ryz, Czech Press Agency, MF Dnes, translated by Gwendolyn Albert

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Di Fabrizio (del 09/09/2010 @ 09:42:11, in Europa, visitato 1477 volte)

Da Roma_Daily_News

The Local

04/09/2010 - Il popolo rom è il più discriminato in Europa e la Svezia non fa eccezioni, ha sostenuto sabato il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa.

Il commissario Thomas Hammarberg, e l'arcivescovo Ander Wejryd sostengono in un dibattito in seno al giornale Dagens Nyheter di sabato che la deportazione da parte della Svezia di 50 Rom cittadini UE rende evidente che il paese è complice della discriminazione in corso verso quel gruppo etnico.

Le deportazioni sono state difese dal ministro per le migrazioni Tobias Billström che ha sostenuto che le regole UE sulla libertà di movimento del lavoro non sono intese ad incoraggiare l'accattonaggio.

Hammarberg e Wejryd rispondono che le deportazioni sono avvenute nonostante un quadro legale non certo.

"Sono identificati come un pericolo alla società dai politici che cercano di guadagnare punti politici sulle richieste di una linea dura contro questo già vulnerabile gruppo. Sono soggetti ad arresto e deportazioni collettive."

Hammarberg e Wejryd hanno scritto che il crescente "anti-romanismo" dev'essere combattuto in tutto il continente europeo. Sostengono che i diritti legali dei Rom devono essere presi sul serio e che i loro diritti di cittadini della UE devono avere la stessa importanza degli altri cittadini UE.

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Di Fabrizio (del 09/09/2010 @ 09:42:30, in Regole, visitato 1626 volte)

Da Roma_Francais

By Bloomberg News/International Herald Tribune

Tribunale francese blocca la deportazione dei Rom

Parigi, 01-09-2010 - Un tribunale francese ha bloccato la deportazione di sette Rom [...], un colpo al piano del presidente Nicolas Sarkozy di smantellare i campi illegali.

Il tribunale amministrativo di Lille ha cancellato ieri gli ordini di deportazione, dicendo che il caso non corrispondeva allo standard legale di porre "una reale, immediata, e sufficientemente grave minaccia," secondo quanto dichiarato.

Sarkozy ha ordinato le demolizioni dei campi e le espulsioni dopo che alcuni itineranti si erano scatenati in Francia centrale a seguito della morte di uno di loro durante un controllo di identità. Anche se i rivoltosi erano cittadini francesi, la maggior parte dei campi smantellati sono abitati da zingari che hanno cittadinanza rumena e bulgara.

Il governo ha detto lunedì che in agosto le autorità francesi hanno smantellato 128 campi e deportato 977 persone in Romania e Bulgaria.

Nel contempo, ieri la Francia ha difeso le proprie deportazioni di stranieri, centinaia di Rom inclusi, e chiesto che il governo rumeno spenda più soldi ottenuti dall'Unione Europea nell'integrare in patria i gruppi di minoranza.

Dopo colloqui con la Commissione Europea, due ministri francesi hanno detto che la controversa politica è in linea con la legge francese ed europea, rigettando le accuse di discriminazione.

In una conferenza stampa a Bruxelles, il ministro francese per l'Europa, Pierre Lellouche, ha criticato il governo rumeno che, dice, spende solo lo 0,4% dei 5 miliardi di $ che riceve annualmente in sussidi dall'Unione Europea per integrare la sua minoranza rom.

Lellouche ha chiesto al governo rumeno di sottolineare un piano per una migliore integrazione, focalizzandosi su istruzione, alloggio, salute e formazione.

Il governo francese ha sostenuto che i Rom non sono un bersaglio specifico come gruppo.

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