Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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-

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 20/03/2012 @ 09:03:14, in sport, visitato 1474 volte)

 (prima di prendervela col sottoscritto, il discorso è un falso ma capita a fagiolo)

Qualche anno fa, mi scappò qualche consiglio semiserio sulle cose da fare in campagna elettorale. Un fatto recente può essere un buon bigino per studiare invece come si comporta in questi casi, col massimo ritorno mediatico e la minima spesa, un potenziale candidato, non importa quanto sia razzista o meno.

I fatti li conoscete, vedono protagonisti un sindaco, un allenatore di calcio, ed il campanilismo tra due città: Chieti e Pescara (quindi in questo caso, facciamo a meno di tirare in ballo la solita Lega).

La prima cosa che salta all'occhio, è che il ROM, lo ZINGARO, diviene una mera scusa, una specie di categoria per sfottere l'avversario (neanche un avversario politico in questo caso). Non c'è bisogno di inventarsi storie di furti, maltrattamenti, percosse o altro... come diceva un vecchio Carosello: BASTA LA PAROLA, ma difatti in quel caso si parlava di lassativi...

(a proposito di razzismo)

    Razzismo come categoria, apro una parentesi: circa venti giorni fa apparve sul Tempo di Roma un articolo (che si voleva ironico) sui napoletani. L'originale non riesco a ritrovarlo, ma qua ve ne fate un'idea.  Chi scrisse quell'articolo venne sommersa di mail di protesta di napoletani, alcune le davano della RAZZISTA, altre della ZINGARA. : - D

Comunque, MAX RESPECT per la risposta dell'allenatore: "Io rom? Non capisco se è un'offesa nei miei confronti o del popolo rom..." 8 - )

Ovviamente, al sindaco non può fregargliene di meno di continuare con l'allenatore, leggo infatti sul suo profilo facebook:
"Ok la battuta su zeman me la potevo risparmiare (ma sapete quanto m'importa a me..." lunghissimo sfogo in sindachese, dove si scusa e rivendica di tutto, ma l'argomento ROM è stranamente scomparso.

Poco più sotto, sempre lui ci concede un'altra commovente testimonianza: "Sono stati intensificati i controlli per la repressione dell'accattonaggio molesto che negli ultimi mesi sta registrando in Città un incremento preoccupante..." (sabato h. 14.12) Però, poverino, assicura che tutti ce l'hanno con lui per motivi elettorali...

E tra un zeman minuscolo ed una Città in maiuscolo, ferve il dibattito, con ogni sfumatura possibile:

Sindaco
Mi dicono che tutto questo polverone, ovviamente io avrei fatto bene a farmi i fatti miei, l'ha alzato la Sclocco che nel confronto televisivo non ha detto nulla ma poi ha riferito parzialmente la mia battuta alimentando questa inutile polemica. Spero sia finita. Inviterò il boemo zeman....

Fioccano le risposte (ovviamente ho eliminato i nomi)
Giusto!!

adesso dici "il boemo Zeman" invece dello " zingaro Zeman" ..da chietino mi vergogno ...bada bene sono della tua stessa area politica ma non mi vergogno a bacchettare che dice cazzate..

Quante persone seriose che invocano rigurgiti di razzismo o una scusa x sfogare una repressa appartenenza politica ora Sindaco dopo la tua battuta puoi far venire tutta la monnezza che non se ne accorge nessuno ! Mah

ottima pubblicità "negativa" per Chieti. Mi stupisco ancora della genialità che riuscite a dimostrare per affondare la città

Certe battute da una persona che ricopre un ruolo simile andrebbero evitate...contesto goliardico o meno è umiliante!! Mah, rimango sempre più perplessa..grazie x il bell'esempio che la politica dà ogni giorno!

Che tristezza ancora ste menate su Chieti e Pescara...andate un po'oltre...o è chiedere troppo? E chiudo qui visto che non ne vale la pena!

magari se Zeman viene scritto con la maiuscola .....

ONORE A TE SINDACO AVANTI COSI

non è una cazzata da calcio: è razzismo!..e io mi indigno.

non ne facciamo un dramma e che avra' detto Mai !!!tutto sto polverone ....stia sereno i problemi sono ben altri rispetto a queste cavolate.

Si vergogni fascistone


La chiusa, al sindaco nostro, ormai lanciato in volata:
Stasera (lunedi ndr.) alle 18.30 rilascerò un'intervista a Radio 24 il Sole 24 ore

 
Di Fabrizio (del 30/03/2012 @ 09:06:20, in sport, visitato 1549 volte)

Il Fatto Quotidiano di Pino Petruzzelli | 29 marzo 2012

Solo la cultura permette di gettare un ponte tra mondi distanti.

A Genova il regista Marco Di Gerlando ha iniziato le riprese del cortometraggio "SEO" su un soggetto di Sergio Cizmic.

Sergio Cizmic è l'unico mediatore culturale rom presente in Liguria. Si è formato presso il corso di formazione che abbiamo tenuto a Genova tre anni fa con la collaborazione della Comunità di Sant'Egidio e della Regione Liguria. Sergio oltre al lavoro di mediatore, svolge anche quello di istruttore di nuoto presso una delle principali società sportive di Genova.

Incontro Sergio e Marco in una pausa del loro lavoro.

- Sergio, di cosa parla il cortometraggio?

- E' la mia storia. La storia di un bambino rom il cui unico sogno era quello di nuotare. Da piccolo volevo andare in piscina, ma il cassiere non mi faceva mai entrare. Andavo con il mio soldo per fare il biglietto e lui mi diceva sempre che la piscina era occupata. Sentiva il mio accento, mi riconosceva rom e mi mandava via. Un giorno, poi, grazie a un istruttore di nuoto riuscii ad entrare e la mia vita cambiò.

- In piscina, ora che sei istruttore, sanno che sei rom?

- Si, insegno nuoto ai bambini e alcuni genitori lo sanno. Mai avuto problemi con loro e, anzi, spesso mi chiedono di raccontargli del mio popolo. Anche con il personale della piscina non ho problemi. Lavoriamo insieme senza pregiudizi.

- Qual è l'obbiettivo del cortometraggio?

- Far conoscere ciò che la piazza non sa. Quanti rom onesti subiscono discriminazioni per essere assimilati a uno stereotipo. Quanti sogni di bambini si infrangono sui pregiudizi. Io non nego l'esistenza di rom che rubano, dico solo che esistono anche rom onesti. Purtroppo noi rom non scendiamo mai in piazza per difendere il diritto ad essere rispettati. Per fortuna ci sta pensando la Comunità Europea a bacchettare l'Italia per le discriminazioni nei confronti delle minoranze rom e sinte. E' notizia di questi giorni la pubblicazione delle Osservazioni Conclusive sull'Italia del Comitato per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale, in cui si dice che permangono serie preoccupazioni per quanto accade nel nostro Paese a proposito delle discriminazioni istituzionali subite da rom e sinti. Purtroppo queste notizie non vanno mai sui giornali. Come sui giornali non è mai andata la notizia che anche noi rom di Genova siamo andati a spalare il fango per ripulire la città dopo l'alluvione. Speriamo che Marco Doria, se diverrà nuovo sindaco, si ricordi anche di noi rom e sinti.

Mi rivolgo a Marco Di Gerlando.

- Eri mai entrato in un campo nomadi?

- Mai. Avevo letto la sceneggiatura di Sergio e mi aveva emozionato subito. Quando sono entrato per la prima volta nel campo, non mi aspettavo di vedere nulla di simile. Ho provato un'emozione fortissima. In quella situazione soffocante, ho trovato però uno straordinario spirito di gruppo tra i rom. Non è facile conservarlo in situazioni estreme come quelle di un campo nomadi.

E' stata un'esperienza indimenticabile. Non avevo mai conosciuto rom prima di allora. Avevo come tutti dei pregiudizi, ma è bastato entrare lì dentro per capire tante cose. Il pregiudizio frena il nostro arricchimento culturale e limita il pensiero.

Il nostro cortometraggio, ad ogni modo, non fa la morale a nessuno, vuole solo raccontare una storia che vale la pena di essere raccontata.

 
Di Fabrizio (del 03/04/2012 @ 09:56:31, in sport, visitato 1565 volte)

Siamo una associazione sportiva di giovani rom nata sei mesi fa per riuscire a fare sport per i giovani rom che vivono all' interno del campo rom di Pontina. Nel più grande insediamento della capitale abitano tre comunità Rom, che ospitano più di 1.250 persone, tra cui molti adolescenti, ragazzi rom che vivono da anni nel campo di Pontina e non riescono ad uscire dalla emarginazione e dal degrado sociale. Nel 2005 furono sistemati "temporaneamente" nel parco di Decima-Malafede - Castel Romano - dall'amministrazione comunale dall'ex sindaco Walter Veltroni.

Ma da più di 7 anni i ragazzi non sono mai riusciti a fare sport per stare bene con altri ragazzi fuori dal campo. Il campo dove noi abitiamo è privo di mezzi pubblici e situato in una zona che non ha transito ai pedoni. Infatti, per prendere l'autobus bisogna andare 7 chilometri avanti, una fermata nei pressi del bar di Monte d'oro e una a Tor dè Cenci, a 17 chilometri da dove abitiamo.

I ragazzi qualche volta giocano a calcio nel campo e a volte può succedere che si facciano male. Questo perché non abbiamo un campo sportivo dove giocare nel nostro campo. Ci sono più di 600 ragazzi e ragazze che non fanno sport, ma più della metà vorrebbe farlo. Ma non riescono perché non hanno un mezzo per andare a praticare qualche attività sportiva. Ecco perche abbiamo costituito l'associazione Sporting Rom che vuole promuovere lo sport di base,la democrazia sportiva e la partecipazione dei giovani rom nello sport, così da riuscire ad integrasi con altri ragazzi nella società.

L'associazione Sporting Rom nella manifestazione podistica organizzata dall'UISP il 15 aprile, Vivicittà, parteciperà come organizzatrice della gara non competitiva di 4 chilometri. Parte del ricavato servirà per contribuire all'acquisto di un pulmino a 9 posti per accompagnare i ragazzi a fare attività sportive, visto che sono molti gli impianti sportivi comunali del XII municipio che vogliono ospitarci.

Per noi rom sarebbe fondamentale avere un pulmino perché siamo convinti che lo sport sia un importante forma di aggregazione e integrazione.

Mappa Campo Rom Castel Romano

 
Di Fabrizio (del 16/04/2012 @ 09:53:19, in sport, visitato 1267 volte)

Da Roma_Daily_News

Today's Zaman Non ci sono diritti umani per i Rom - by ORHAN KEMAL CENGİZ

Sono molto bravo a calcio balilla. L'ultima partita è stata negli USA durante un viaggio. I miei concorrenti furono davvero sorpresi per il mio talento. Che ci crediate o no, da giovane ero ancora meglio.

Quando andavo alle superiore, nella nostra scuola c'era uno studente rom. All'inizio del corso, capii che nessuno voleva sedersi vicino ad Hasan. Ero l'unico a condividere con lui una panca o un tavolo. Con gli anni diventammo buoni amici. Suo padre aveva un negozio di biliardini e dopo un po' di tempo iniziammo ad andare in negozio tutti i giorni. In quanto amico di Hasan, per me giocare era gratis. Fu così che diventai un campione. In quell'anno, non solo imparai a giocare a calcio balilla, ma divenni anche cosciente di ogni tipo di vergognoso pregiudizio verso i Rom. Gli altri alunni mi sussurravano alle orecchie ogni tipo di pregiudizio sui Rom, per disturbare la mia amicizia con Hasan.

Mi sono ricordato di tutto ciò mentre leggevo l'eccellente rapporto di Thomas Hammarberg, commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa (CoE), "Diritti umani di Rom e Viaggianti in Europa", appena pubblicato. Quando l'ho letto, ho capito che non è cambiato quasi niente dalla mia infanzia, riguardo ai pregiudizi sui Rom. Come sottolinea Hammarberg nel suo rapporto, non ci sono miglioramenti nella situazione complessiva in Europa, in cui "le discriminazioni e gli altri abusi nei diritti umani contro i Rom... si sono aggravati e nessun governo europeo può vantare risultati di successo..."

Vorrei anche condividere con voi alcune parti che sottolineerei nel rapporto di Hammarberg: "I Rom sono stati collettivamente stigmatizzati come criminali, in dichiarazioni sorprendentemente ampie, anche nei tempi recenti. Un esempio è la Francia, dove il governo ha deciso di deportare i migranti rom..."

Richiama l'attenzione sui collegamenti tra dichiarazioni xenofobe ed attacchi contro i Rom in Europa: "La disgraziata retorica di alcuni candidati nel corso delle elezioni 2008 in Italia, è stata seguita da brutti incidenti di violenza..." E naturalmente anche i media: "Anche gli stereotipi antizigani continuano ad essere diffusi e perpetuati dai media di tutta Europa. Numerosi giornali e media radiotelevisivi riportano dei Rom... soltanto in contesto di problemi sociali e crimini."

Le discriminazioni nell'istruzione, nell'alloggio, nell'impiego e nella vita quotidiana sollevano tutte grande preoccupazione: "Diverse migliaia di Rom in tutta Europa non sono stati scolarizzati, in toto o in parte... politiche che separano a scuola i bambini rom dagli altri in diversi stati membri del Consiglio d'Europa (...) Discriminazioni nell'accesso all'alloggio riportate in diversi stati membri, spesso prendendo forme come il diniego dell'accesso all'affitto pubblico e privato su piani di parità, o persino il rifugio di vendere case ai Rom (...) La discriminazione endemica combinata con l'istruzione di bassa qualità, sembra vanificare gli effetti delle emergenti politiche d'impiego rivolte ai Rom (...) Vengono segnalate discriminazioni nell'accesso ad alberghi, discoteche, ristoranti, bar, piscine pubbliche ed altre strutture ricreative..."

In questo rapporto, non solo Hammarberg ci illustra i problemi dei Rom, ma sviluppa anche alcuni consigli utili se non provocatori. Come questo: "Dovrebbero stabilirsi delle commissioni inquirenti in diversi paesi europei, per stabilire la verità sulle atrocità di massa contro i Rom. Idealmente, questo dovrebbe essere un impegno pan-europeo. Un resoconto completo ed il riconoscimento di questi reati, potrebbero in qualche modo ripristinare la fiducia dei Rom verso la società maggioritaria."

Raccomando a tutti i miei lettori di leggere e riflettere su questo rapporto.

 
Di Fabrizio (del 23/04/2012 @ 09:12:23, in sport, visitato 2157 volte)

Francesco Caladra, regista motivato e sognatore, ha girare un film sui rom e con i rom del suo quartiere, "La palestra".
Non senza resistenze e ingenuità, Francesco si lascia trasportare nel mondo rom e si ritrova nella palestra di pugilato del quartiere, gestita proprio dai rom.
Nella cornice di un film a tratti comico, sul ring de "La Palestra" l'incontro tra due culture.

La Palestra è un progetto (fiction con inserimenti di sequenze documentaristiche) che nasce dal lavoro di anni nel quartiere di periferia: San Donato a Pescara.
L'esigenza dell'indagine sulle periferie è scaturita dalla volontà di opporsi a una "letteratura" che mostra questi quartieri soltanto quali vivai di violenza e illegalità, per mettere in risalto quanta risorsa si possa ancora trovare nell'autenticità e genuinità della maggior parte dei cittadini che li abitano.
Il film che il regista aveva pensato e scritto rimane gli dà la possibilità di mettere in ridicolo se stesso, il suo mondo di provenienza e la sua onniscienza.
Un film miracolosamente viene realizzato, ed è anche il frutto del contributo artistico di diversi professionisti pescaresi e abruzzesi, dagli autori della fotografia, alle maestranze, agli autori delle musiche.


"LA PALESTRA" un film di Maria Grazia Liguori e Francesco Calandra con Enrico Di Rocco (tesoriere dell'associazione Centro studi Ciliclò), Moreno Di Rocco e Samira Bacci.

  • Soggetto di F. Calandra, M.G. Liguori L. Raimondi S. Santini
  • Sceneggiatura M.G. Liguori e F. Calandra
  • regia F. Calandra
  • Fotografia Alessio Tessitore
  • Operatore Lorenzo Gobeo
  • Sono presa diretta Pierpaolo Di Giulio
  • Scene e costumi Silvia Stellabotte assistente Giorgia Grossi
  • Musiche originali M.A.T. Marcello Allulli Trio, Andrea Moscianese, CUBA Kabbal, Arcangelo Spinelli, Germano Cesaroni
  • Segreteria di produzione Isabella Micati
  • Montaggio Valerio Spezzaferro Giuliano Panaccio Francesco Calandra
  • Foto di scena Laura Angeloni – Studio ANNILUCE
  • Produzione esecutiva GarageLab
  • Girato in: HD, Super 16mm, miniDV Italia, 2012, 70'
 
Di Sucar Drom (del 24/04/2012 @ 09:46:31, in sport, visitato 1657 volte)

Domenica 15 Aprile 2012 11:05 | | MaremmaNews

Grosseto: Covava in silenzio i suoi propositi di vendetta sportiva da quattro anni e mezzo, da quel match contro Giuseppe Lauri, ancora valevole per il titolo dell'Unione Europea del quale era campione, dominato in sei riprese su sei e poi perduto per un momento di incredibile confusione nel quale forse lui non è stato l'unico colpevole. Stiamo parlando di Michele Di Rocco che stasera, sul ring di Vicenza, accompagnato da Rosanna Conti Cavini, ha impiegato una manciata di secondi per cancellare questa brutta macchia e per ritornare ai propositi di una grande carriera che si erano interrotti a Livorno del 2007. Suo avversario ancora quel Giuseppe Lauri che era l'unica macchia rossa nel suo curriculum dei precedenti 34 match da professionista. Una vittoria che ha portato alle lacrime in albergo, davanti alla tv, anche un "duro" della boxe italiana come Umberto Cavini, che per uno stato di malessere non se l'é sentita di essere di persona a bordo ring a vedere quello che è stato da sempre il pupillo dell'organizzazione della moglie e il ragazzo per il quale lui e Rosanna Conti Cavini hanno fatto mille sacrifici, intuendone le grandi potenzialità. E Michele Di Rocco ha finalmente ripagato, o meglio dire iniziato a ripagare, i sacrifici dei suoi promoter e della sua manager Monia Cavini. Per lui è adesso d'obbligo parlare di match con il titolo Europeo vero e proprio in palio, ma non si escludono altre strade per dare finalmente una svolta in senso grandioso alla carriera di questo ragazzo.

Il match ha vissuto di poche ma significative battute. Presentatosi al massimo della forma grazie allo strepitoso lavoro fatto in due mesi di sacrifici a Roma sotto le cure del maestro Carlo Maggi, Di Rocco ha preso immediatamente l'iniziativa e ha scosso con un gran destro Lauri, che si è rifugiato all'angolo. Qui Di Rocco lo ha tempestato con una serie di dieci colpi al corpo e al viso, prima di esplodere una poderosa combinazione gancio destro e gancio sinistro che ha spento le lampadine all'avversario. All'arbitro Muratore non è servito altro che decretare l'impossibilità di Lauri di combattere e designare la vittoria per ko alla prima ripresa di Michele Di Rocco, che insieme alla cintura di campione dell'Unione Europea dell'Unione Europea torna anche in possesso della sicurezza che, adesso, il futuro non può far altro che sorridergli.

 
Di Fabrizio (del 15/05/2012 @ 09:56:01, in sport, visitato 5291 volte)

Lui pubblicamente non l'ha mai ammesso, anche se la storia è da anni di dominio pubblico. Così qualcuno è andato a spulciare nel passato

L'Espresso di Gianfrancesco Turano

I tifosi avversari lo chiamano così, pensando di insultarlo. Viene da una famiglia che lavora i metalli secondo la tradizione Rom. E che nel tempo ha creato un piccolo impero siderurgico. A cui anche lui si dedica appena esce dal campo

(14 maggio 2012) "Andrea Pirlo resterà con noi e finirà la sua carriera al Milan", disse Silvio Berlusconi nell'agosto 2009. Un impegno concreto, uno dei tanti. Due anni dopo, il centrocampista italiano più forte dell'ultimo decennio - non è un giudizio, è un'evidenza - è stato ceduto alla Juventus. A Torino è stato decisivo per uno scudetto che chiude il periodo infernale per la Juve, condannata per Calciopoli, privata del titolo del 2005 e del 2006, retrocessa in serie B e reduce da due settimi posti indegni della tradizione gobba.

Un autogol di mercato così clamoroso non si vedeva dal 2001, quando l'Inter di Massimo Moratti cedette al Milan il centrocampista italiano più forte del decennio a venire. Cioè, sempre Pirlo. L'estate scorsa a Milanello dicevano che il regista di Flero (Brescia) era vecchio, che era rotto e che costava caro. Non più caro, rotto e vecchio di tanti altri rossoneri, come si è potuto notare. Di sicuro, più orgoglioso di molti compagni e per ragioni che vanno oltre le righe di un campo di calcio.

L'uomo chiave dello scudetto juventino non è solo un grande giocatore. E' anche un industriale siderurgico di etnia politicamente scorretta e sospette simpatie progressiste. Così, quando Adriano Galliani gli ha chiesto di ridursi lo stipendio a 2 milioni di euro netti, Andrea metallurgico ferito nell'onore ha fatto il borsone ed è partito alla volta dello Juventus stadium, dove un altro Andrea, di cognome Agnelli, gli ha offerto il doppio dell'ingaggio: 4 milioni netti più bonus legati ai risultati. Risultati che sono arrivati subito, prima ancora di quanto lo stesso Agnelli pensasse. Tra industriali ci si intende, fatte salve le proporzioni.

Il gruppo Pirlo è composto da una mezza dozzina di aziende tra Flero e Castel Mella, dove inizia la Bassa bresciana, terra piatta e nebbiosa molto diversa dalle valli dei tondinari a nord della città. La capogruppo, guidata dal padre Luigi, si chiama Elg steel e, nell'insieme, tiene piuttosto bene in tempi di recessione. I ricavi dalla produzione di tubi tondi e quadrati sono passati dai 41 milioni del 2004 ai 63 del 2010 con un picco di 72 milioni nel 2008. I bilanci sono in equilibrio e le spese per il personale si aggirano intorno ai 4 milioni di euro, la metà di quello che la Juventus spende, a costi aziendali, per il solo centrocampista con la maglia 21, stesso numero che porta in Nazionale.

Nella società fondata dal padre trent'anni fa, Andrea ha una piccola quota attraverso la sua holding personale Ap 10. Poteva limitarsi a quello e agli investimenti in immobiliare che fanno tutti i calciatori. Che fa anche lui, del resto. E che fa bene. Il patrimonio di Ap 10 supera i 15 milioni di euro, in larga parte edifici a Brescia, una villa a Forte dei Marmi, un appartamento in via Moscova a Milano e un intero edificio acquistato a marzo del 2011 nell'altrettanto pregiato corso Magenta al civico 10. Non poteva mancare l'azienda vitivinicola, la Pratum Coller sempre nella bassa bresciana, dove Pirlo si esibisce con uve marzemino, sangiovese e trebbiano messe in botte nelle cantine di una cascina medievale.

Ma l'amore per la siderurgia è una passione fisica dominante. Non c'è altro modo per spiegare quello che passa per la testa di un tizio che il 23 maggio 2007 vince la finale di Champions league contro il Liverpool ad Atene e meno di quarantotto ore dopo, il 25 maggio 2007, sì e no il tempo di tornare dalla Grecia, fonda a Brescia la Fidbon che di mestiere fucina, imbutisce (sic), stampa e profila metalli per circa 3 milioni di euro di ricavi annuali.

La ragione profonda di questo attaccamento va al di là di una logica di investimenti diversificati ed è legata alle origini della famiglia del calciatore che, dal lato paterno, avrebbe discendenza sinti, una delle etnie romanì, la stessa del chitarrista jazz Django Reinhardt. Il commercio e la lavorazione dei metalli è uno dei mestieri tradizionali delle comunità romanì. Negli stadi li chiamano zingari e, di solito, la definizione è seguita da apprezzamenti razzisti. Il giocatore non ha mai voluto commentare la questione, alquanto problematica in un ambiente dove ancora si lanciano le banane ai giocatori africani e alcune curve espongono simboli nazifascisti. Senza dimenticare il sindaco di Chieti che, lo scorso marzo, ha definito con disprezzo "mezzo rom" l'allenatore boemo

 
Di Fabrizio (del 07/06/2012 @ 09:30:59, in sport, visitato 1990 volte)

"L'inchiesta" era uscita da poco, sembra che l'interessato non abbia gradito. Non si capisce, se a questo calciatore dia fastidio che qualcuno dica che sia Sinto, o che i suoi (a differenza di tanti altri Sinti), sono riusciti ad affrancarsi dalla miseria cronica. A me, che Sinto non sono, non darebbe fastidio più di tanto quel che dicono gli altri, ma forse le star hanno altri problemi (oppure preferiscono restare nel loro mondo dorato, senza rotture di scatole). Ad uno come me, cresciuto con miti come Smith e Carlos, resta la nostalgia di quando i campioni sapevano metterci la faccia (e hanno mantenuto la dignità negli anni).


Juve, Pirlo sbotta contro l'Espresso: "Procederò per vie legali! In Italia c'è grande invidia verso i calciatori" Il centrocampista della Juve si è confessato a Vanity Fair

A Vanity Fair, il metronomo bianconero Pirlo ha parlato di tutto e di più. A partire dall'articolo apparso sull'Espresso che ha tirato fuori la sua presunta ascendenza Sinti e i suoi investimenti nel siderurgico. "Sono anni che questa storia circola e non ho mai capito chi l'abbia messa in giro, io come tutta la famiglia sono di Brescia, l'articolo (Espresso) conteneva falsità, procederò per vie legali. Sono affari miei, sono cose che abbiamo da diversi anni, sono cose che non dovrebbero essere scritte. Può sembrare che abbiamo troppi soldi, che abbiamo guadagnato troppo e a me non piace quando si parla di soldi. Se ho guadagnato tanto e' perché me lo sono meritato, la gente non deve essere invidiosa. L'Italia ha un problema di invidia quando si parla di soldi e verso noi calciatori, sembra che tutto sia regalato".

[...]

 
Di Fabrizio (del 03/07/2012 @ 09:14:01, in sport, visitato 1495 volte)

(immagine da borjapindado.deviantart.com)

Domenica scorsa, ero a spasso senza molta voglia di tornare in quella fornace che è casa mia, a sentire urlare i vicini mentre seguivano la finale degli Europei di calcio. Telefono agli amici in via Idro: anche se il calcio non mi interessa, una cosa è passare la serata in una casa di ringhiera, senza televisore e facendo altro, con il disturbo del tifo dei vicini. Altra far finta di guardare la partita, ma godendosi la buona compagnia.

Così chiamo per accordarmi su quante birre - patatine - sigarette devo portare per contribuire alla serata.  Niente, mi rispondono, il televisore non c'è più, ma tu passa lo stesso. Ripensandoci, c'è stato un lutto il mese scorso, probabilmente è per questo che non guardano la televisione.

Arrivo, ed invece tutte le famiglie si sono organizzate, con tavolate all'aperto e un televisore in bella vista. Qualcuno sembra persino funzionare. Del lutto non ne parla più nessuno e prima che inizi la partita, ci sono le solite discussioni che mi ricordano dove sono: qualcuno ha paura di essere sgomberato, qualcuno mi chiede cosa vuol fare il comune, ecc. Al solito, e li rimprovero, nessuno si pone il problema di cosa vuol fare lui.

Finisco in una piazzola. In attesa della partita i bambini guardano i cartoni animati, la madre cucina per tutti un piatto freddo e il padre innaffia prato e cemento.

    Parentesi: una vita fa, ci si allenava insieme quando dentro il campo s'era formata una squadra di pallone. Lui attaccante e io difensore, puntualmente mi stordiva con i suoi dribbling. Non riuscendo a fermarlo con le buone, spesso ci provavo con qualche tackle assassino, ricevendo in cambio sonori calcioni, perché lui non era la persona più indicata da trattare a scarpate.

Ora che tutti e due abbiamo 20 anni e parecchi dolori di più, guardare assieme la partita è una scusa per scherzare su cosa è successo in tutto questo tempo.

Fatalisti come sempre, già dal primo minuto di gioco i Rom dicono che gli avversari son troppo forti, e che la partita è destinata a finir male. Da parte mia, per rincarare la dose, tifo Spagna, più che altro perché Del Bosque visto in TV sembra il mio ritratto sputato, anche se lui ha la cravatta.

    Parentesi: una ragazza torna al campo dopo essere stata via un paio di giorni. Sua sorellina (8 anni, una bambina allegra e solare come poche) scoppia in lacrime dalla commozione, la abbraccia e non mollerà la presa per tutta la partita. Persino suo padre, attaccato allo schermo e con nessuna voglia di essere disturbato, si alza per provare a consolarla.

La partita sembra andare avanti a senso unico. Dall'altra parte del campo arrivano in continuazione urla di gioia e suoni di trombette. Birra... liquida la cosa il mio amico. Però mi ricordo che qualcuno di quel settore mi raccontava con nostalgia di essere stato in Spagna, e di essersi trovato bene. Forse è per quello.

Tutto finisce come sapete. Inaspettatamente, qualche macchina parte verso la città, con i clacson e le bandierone italiane spiegate. Visto il risultato, la scena è abbastanza surreale. Ci penso un po': probabilmente anche a loro della partita non interessava niente, quello che non han mandato giù è che non si potesse far festa come da tradizione (di via Idro).

    Parentesi: mi racconta un'amica un episodio di tanti anni fa, quando lì c'erano soltanto prati e roulotte. Alcuni di loro si erano procurati un televisore per vedere una partita, come domenica scorsa. Ad  un certo punto il tifo aveva cominciato a crescere, al punto tale che gli altri, quelli che erano già andati a dormire, erano scappati dalle loro roulotte a piedi nudi ed in mutande, perché svegliati dal casino avevano pensato che nel campo fosse arrivata la polizia.

Ormai sul tardi sono tornato su via Padova. Davanti ad un tabaccaio cinese ancora aperto, alcuni sudamericani festeggiano la vittoria della Spagna. Credo sarebbe inutile dire loro cosa hanno fatto gli spagnoli dalle loro parti... probabilmente è solo un modo per rimarcare la loro identità. Mi immagino la possibile rissa che potrebbe nascere, se incrociassero le macchine con la bandiera italiana partite da via Idro. E mi immagino come potrebbero commentare radiocronisti ed ascoltatori di RADIO PADANIA, che tutta sera hanno fatto un tifo sfegatato per la Spagna.

Con questi pensieri, a mezzanotte mi concedo l'ultima granita (via Padova è anche questo) e torno a casa.

 
Di Fabrizio (del 25/08/2012 @ 09:10:43, in sport, visitato 1777 volte)

Vergogna a misura olimpica per l'Irlanda razzista by Peter Mc Guire - 17 agosto 2012

Il razzismo era alle porte quando gli eroi olimpici della boxe vinsero oro e argento a Londra. E' stato sconfortante, prevedibile ed ampiamente condiviso.

Settimana scorsa, la pugile venticinquenne Katie Taylor ha conquistato l'Irlanda con una performance mozzafiato al primo torneo olimpico di boxe femminile, contestato e voluto per introdurre i Giochi. Taylor, figura di grande ispirazione per lo sport, le donne ed il popolo irlandese molto meritatamente hanno ottenuto grande attenzione dai media con quella medaglia d'oro.

Non sempre la copertura è stata positiva. Il quotidiano australiano The Age ha risposto al successo di Taylor con una serie di pigri stereotipi irlandesi "bevitori-di -punch", "la Guinness e il whiskey hanno mandato gli Irlandesi fuori di testa" e, alla perplessità di molti, "[Taylor] è circondata da gente che preferisce un punch ad una patata." Il giornale Usa Today ha adoperato un po' di luoghi comuni ed imprecisioni nel suo pezzo sulla vittoria di Taylor: "Nell'isola verde smeraldo, scorrono libere pinte di Guinness, forse abbastanza per riempire il mare d'Irlanda. Gli scommettitori fanno girare le sterline come fossero caramelle" (Tanto per iniziare, l'Irlanda usa l'euro e non la sterlina. Ma comunque... )

L'ambasciatore irlandese in Australia si è indignato ed ha spedito una lettera infuocata a The Age, costringendo il giornale a scuse imbarazzate. Nel contempo, la reazione contro Usa Today ha portato ad una similare ritrattazione.

Ma il razzismo peggiore non è stato diretto a Taylor, né è arrivato da un maleducato opportunista sotto forma di giornalista straniero. La vera bile proviene direttamente dal cuore stesso dell'Irlanda, contro la medaglia d'argento nella boxe di John Joe Nevin. Lui potrebbe essere un eroe olimpico, il golden boy della boxe irlandese, ma è anche un Traveller irlandese. I TRaveller, che conducono uno stile di vita semi nomade, sono la comunità minoritaria più antica d'Irlanda ed una minoranza significativa anche in GB.  Tutti sanno che è bene odiarli.

Come molte polemiche odierne, è cominciato tutto su Twitter. Poco dopo l'argento di Nevin, un popolare ristorante di Dublino ha inviato un tweet di scherno dicendo che presto la famiglia di Nevin sarebbe venuta per il piombo e il rame, chiamandoli ladri. Lo scherzo è stato ampiamente diffuso via SMS. Il ristorante è stato messo alla berlina per il suo razzismo estemporaneo, e rapidamente ha espresso le sue poco convinte scuse. Ma non è trascorso molto tempo che sono apparsi altri messaggi su Twitter, chiedendo dove fosse il problema. Non vi siete divertiti? Non avete senso dell'umorismo? Alcuni hanno suggerito che nel commento vi fosse un briciolo di verità, perché si sa che i Traveller sono "zingari, ladri",  usando una tipica diceria irlandese di uso quotidiano.

Mullingar, città natale di Nevin, aveva applaudito il ragazzo prodigio della boxe locale durante i suoi assalti olimpici. Traveller e locali si sono mischiati, fianco a fianco, con l'entusiasmo che circondava Nevin ad abbattere le molte barriere che dividono le due comunità. Alcuni l'hanno guardato nei pub locali, ma la famiglia di Nevin non era tra loro; come membri della comunità Traveller, è stato loro rifiutato il servizio. Molti pensano che sia stato giusto così: un Traveller tra i tanti che erano nei pub, sembra abbia assalito un barman - quindi a nessun Traveller è stato consentito entrare nei pub locali (ovviamente, nel frattempo il resto astemio della città pregava piamente e senza nessun screzio tra gli abitanti...).

Per inciso, la famiglia di Nevin è stata poi servita al bar The Covert e, secondo tutti i testimoni, l'atmosfera era elettrica.

Nevin ha espresso disappunto per il razzismo diretto contro la sua famiglia, ma ha detto di essere rincuorato per l'ondata di sostegno nella sua città natale, e di voler mettere l'incidente alle spalle. Spera che la sua vittoria possa costruire un ponte tra Traveller e stanziali.

Il divieto ad entrare nei bar (negozi, alberghi, parrucchieri) è un problema comune per la comunità Traveller irlandese, ma è l'ultima delle loro preoccupazioni. Negli ultimi anni, i governi hanno selvaggiamente tagliato i servizi educativi di base per migliaia di bambini traveller - bambini che non hanno scelto di nascere in una comunità così insultata e diffamata. Ha così chiuso la porta alla possibilità di una vita decente per molti, e non ci sono voci di ripensamenti.

Ci sono circa 30.000 Traveller in Irlanda. I dati mostrano che le donne traveller vivono 11,5 anni meno del resto della popolazione, mentre per i maschi la differenza è di 15 anni. I Traveller sono svantaggiati nell'accesso ai servizi sanitari. I suicidi sono sei volte maggiori rispetto al resto della popolazione. Significativamente più alta anche la mortalità infantile.

Sino agli anni '90, i Traveller sono stati segregati dal sistema scolastico di massa, molte madri che hanno tentato prima di allora che i loro figli fossero istruiti, non si sono trovate sostenute dallo stato. L'eredità dello svantaggio educativo, come in molte comunità della working-class, e che se i genitori sono analfabeti, i figli non ricevono lo stesso supporto dei loro coetanei delle famiglie più agiate, e c'è poca o nessuna tradizione di istruzione. L'analfabetismo tra i Traveller è ancora alto in Irlanda. L'argomento che uno stile di vita nomade è incompatibile con l'educazione standard è un non senso: molti paesi, inclusi Kenya e Mongolia, sono riusciti a fornire un sistema di istruzione per nomadi. Non c'è ragione per cui l'Irlanda non possa usare un semplice sistema di centri educativi in rete per bambini traveller.

In ogni caso la questione è del tutto discutibile, dato che effettivamente la maggior parte dei Traveller è stata forzata a stanzializzarsi ed integrarsi. Nevin è stanziale. Ma anche comportandosi al meglio, essere identificati di provenienza traveller chiude le porte - come si è visto col trattamento rimediato da Nevin. I Traveller sono obbligati in siti autorizzati, ma i servizi di base sono regolarmente sotto gli standard richiesti. Spesso ci sono commissioni e rapporti sulla questione, ma uno dei più recenti ha dovuto essere rilanciato, due anni dopo la sua pubblicazione, causa il mancato interesse.

La disoccupazione è diffusa, sono in pochi che offrirebbero lavoro ad un Traveller, ma i Traveller sono regolarmente etichettati come sfruttatori del sussidio di disoccupazione. Comprensibilmente, forse, l'abuso di alcol è superiore al resto della popolazione, Varrebbe la pena elencare il resto delle statistiche, se importasse a qualcuno, ma nessuno lo fa.

In Irlanda la discussione è sempre a senso unico. Il grido sprezzante della "PC brigade" - come se la correttezza politica fosse una maledetta seccatura che ci impedisce di offendere le persone vulnerabili - risuona ogni volta che un "liberal dal cuore tenero" sottolinea la discriminazione, la diffamazione e la povertà sistematiche patite dai Traveller, e la conversazione cambia immediatamente in quello che io Traveller dovrebbero fare per essere accettati dalla comunità stanziale: essere immuni da ogni macchia di reato, la piccola minoranza di Traveller benestanti deve pagare le tasse, devono finire i feudi delle bande traveller, e deve ridursi il problema della violenza domestica. Tuttavia, che sorpresa, gli stessi problemi si registrano anche nella comunità degli stanziali, come in alcuni settori della comunità traveller.

Però, se un Traveller commette un reato, la comunità stanziale reclama che l'intera comunità traveller sia in qualche modo collettivamente responsabile. Ai Traveller viene detto che sono loro, piuttosto che la polizia, a dover affrontare i crimini commessi dai Traveller, o trovarsi di fronte all'obbrobrio della nazione, e vedersi allora ignorati legittimamente le loro reali esigenze sociali di salute, istruzione ed alloggio. Anche se possono provarci - la rottura dell'omertà non è impresa da poco per le migliaia di Traveller rispettosi della legge e che stanno lottando per tenere assieme le loro famiglie - questa lotta tende a togliere spazio ai focus group, all'attivismo di comunità e all'auto-riflessione.

Generazioni di Traveller, incluso Johnny Doran, la ben nota famiglia Furey ed i Keenans, hanno dato un grande contributo alla musica irlandese, mentre la famosa tradizione dei contastorie irlandese probabilmente sarebbe da lungo tempo estinta senza il contributo dei Traveller. Il loro contributo è stato vitale all'essenza stessa dell'Irlanda, ma è talmente trascurato che gli stessi Traveller spesso non ne sono a conoscenza. Anche quando uno di loro come Joe John Nevin, ottiene un risultato spettacoilare e monumentale, viene subito rimesso al suo posto. Qual è il messaggio mandato ai bambini traveller?  Perché dovrebbero mostrare una qualche lealtà ad una società che, anche se vincono la medaglia olimpica, sembra odiarli, escluderli e vilipenderli?

Agli stessi stanziali che sarebbero inorriditi per il tentativo di dipingere neri o gay come se fossero un tutt'unico, non importa, o preferiscono ignorare, il fatto che la maggioranza dei Traveller siano cittadini decenti e rispettosi della legge. Pensano che sia perfettamente normale - addirittura divertente - scherzare alle spalle di una minoranza oppressa, e considerare "buonista" chiunque lo contesti (e senza riconoscere che burlarsi da una posizione di privilegio di un popolo oppresso, non è umorismo ma bullismo). A loro non potrebbe importare di meno che un essere umano decente, che non ha commesso reati, affronti regolarmente miseria ed umiliazioni se vuole entrare in un negozio, soltanto perché Traveller. Le persone che altrimenti pretendono la decenza, sono indifferenti alle sofferenze di un bambino che impara presto quanto il mondo lo odi. Questa è la spaventosa mancanza di empatia conseguenza della disumanizzazione del razzismo.

Raramente, se non mai, la comunità stanziale è interessata nell'affrontare le cause della comunità traveller, o confrontarsi con i propri pregiudizi. E' più facile riproporre i pigri stereotipi e scrivere dei Traveller, in massa, come bugiardi, truffaldini, ladri, alcolizzati, truffatori del welfare, [...] che godono di una vita magnifica a spese dei contribuenti - ignorando tutte le prove che mostrano chiaramente il contrario. Le conversazioni nei social media sono dominate dalla diffamazione dei Traveller, anche da parte di persone colte, che occasionalmente possono tacitarsi riconoscendo che può esistere un Traveller onesto, se solo non fosse ricoperto da una pila di reprobi.

Questi pregiudizi sono così radicati che, per assurdo, le organizzazioni per i diritti dei Traveller ogni volta che i media riportano di un crimine commesso dai Traveller, devono sempre ripetere di aborrire il crimine e che non tutti i Traveller sono la stessa cosa. Ma nessuno dovrebbe sorprendersi che gli stessi meccanismi psicologici  che portano alcuni Ebrei ad auto odiarsi o alcuni gay ad interiorizzare l'omofobia, possano appartenere anche ai Traveller.

Sono in troppi in Irlanda a ritenere che i problemi che affliggono la comunità traveller siano causati da qualcosa di intrinsecamente sbagliato nella loro stessa cultura ("I Traveller hanno una cultura?" ci si chiede, ignorando i molti contributi positivi culturali e linguistici all'Irlanda), e che se fossero un poco più simili a noi, allora tutto sarebbe a posto. Una nozione simile presuppone che noi abbiamo il diritto di guidare i Traveller, e conformare in tal senso le politiche pubbliche: la definizione stessa di razzismo.

Parlando di Olimpiadi, Nevin non è stato il solo campione di boxe a subire il razzismo dalle mani dei connazionali. Dopo che Muhammad Ali vinse l'oro per gli Stati Uniti nel 1960, in un ristorante a Louisville gli venne detto: "Qui non serviamo negri." Fu così che Ali gettò la sua medaglia nel fiume. Tanto Ali che Nevin sono stati abbastanza bravi per vincere medaglie olimpiche per il loro paese, ma non bravi abbastanza per essere serviti in un luogo pubblico. Fu una vergogna per l'America. Questa lo è per l'Irlanda.

 
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