Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.

La redazione
-

\\ Mahalla : VAI : lavoro (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 17/06/2010 @ 09:34:26, in lavoro, visitato 1756 volte)

Venerdì 18 giugno, alle ore 18 presso la Città dell’Altra Economia in Largo Frisullo (portico della Pelanda)
nell’ambito di Geografie Extravaganti – Passaggi ad Ovest : luoghi di incontro con e tra donne migranti,

il Laboratorio Manufatti Donne Rom presenterà una relazione su Formazione, lavoro e integrazione tra donne Rom e italiane (relatrice Cristina Rosselli Del Turco)

Gli interventi saranno accompagnati dalla lettura di poesie e testi tratti da:
"Passaggi a Ovest" a cura di Paola Splendore, "Il colore della solitudine" di Sujata Bhatt, "Quelle voci dal vuoto" di Guido Tassinari e da cantiin lingua madre

Canti: Sushmita Sultana, Monserrat Olavarria

A seguire catering "Il mondo nel piatto"

http://geografieextravaganti.blogspot.com - contatti@asinitas.org

 
Di Fabrizio (del 20/06/2010 @ 09:44:33, in lavoro, visitato 1911 volte)

Strill.it di Anna Foti - Mercoledì 16 Giugno 2010 15:31

Volgerebbe al termine nel peggiore dei modi la vicenda della cooperativa Rom 1995, per la quale non è stata prevista la condizione di subappalto dello smaltimento dei rifiuti ingombranti nell’ultimo bando del comune di Reggio Calabria.

Solo rassicurazioni verbali e buoni propositi da parte delle istituzioni, anche consacrate in atti ufficiali, ma nessun intervento concreto. Addirittura, oggi arriva l’ufficialità dell’affidamento formale, oltre che sostanziale, del servizio alla società Leonia che dunque non si occuperà più solo dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Ma riferiamo un po’ di storia per comprendere cosa significherebbe la fine della cooperativa Rom 1995 e che cosa la città di Reggio Calabria stia realmente perdendo. Non solo licenziamenti, che già di per sé sarebbero gravi, ma molto, molto di più.

Confiscato a Paolo Aquilino nel 1997, il fabbricato a due piani con cortile, ubicato nella zona di Condera a Reggio Calabria, è stato destinato all’omonimo Comune nel 1999 ed assegnato nel 2000 alla Cooperativa sociale Rom 1995, nata dalla motivazione di giovani volontari dell’Opera Nomadi e presieduta da Domenico Modafferi. Ristrutturato con il contributo della Regione Calabria, l’immobile, il primo destinato all’amministrazione comunale di Reggio Calabria, ospita quella che è stata fino ad alcuni mesi la virtuosa attività di raccolta differenziata di rifiuti a domicilio e su strada e di deposito diretto degli stessi, avendo la stessa gestito anche il servizio di spazzamento manuale stradale nel comune di Melito Porto Salvo e quello di pulizia di servizi igienici pubblici. La Cooperativa Rom 1995 impiegava quasi trenta persone, tra cui la maggior parte di etnia Rom, di età compresa tra i 25 e i 30 anni, che adesso potrebbero rimanere senza lavoro. Costoro erano stati formati e avviati al lavoro grazie ad un corso di formazione intitolato “Lacio Grave” che in lingua romanes significa “buona città”, curato proprio dalla cooperativa tra il 1999 e il 2000.

Positiva la risposta della cittadinanza che contattava la cooperativa per richiedere il loro intervento, associando a questo servizio prezioso, serio e puntuale, il volto spesso discriminato delle persone di etnia rom. Ma accanto a questo anche una realtà formativa ed educativa sul riciclo, sull’integrazione e sul rispetto dell’ambiente aperta costantemente alle scuole e alle giovani generazioni.

Un’esperienza tanto positiva, quanto amaro è l’epilogo annunciato da mesi e che oggi, dopo una lunga agonia, giunge a quel traguardo che avrebbe dovuto essere evitato. Integrazione sul territorio della comunità Rom nel segno del lavoro e della qualificazione e rispetto dell’ambiente attraverso la raccolta differenziata dei rifiuti e l’avvio al loro corretto smaltimento, un binomio pregno di senso civico che aveva anche il valore aggiunto di essere ubicato nel primo bene confiscato alle ndrine destinato e riutilizzato a Reggio Calabria. Un emblema le legalità ed un esempio su scala nazionale dell’uso sociale dei beni parte di un patrimonio illecitamente accumulato adesso al servizio di quella stessa collettività prima defraudata.

Un progetto che, come tale, guardava anche al futuro con iniziative che hanno condotto all’istituzione dell’isola ecologica nel 2007 e più recentemente all’avvio dei lavori per la costruzione della ricicleria al piano superiore. Ma tutto questo adesso potrebbe essere passato. Forse, anzì sicuramente, avrà seminato qualcosa di buono, ma perché accontentarsi di un rimpianto quando avremmo ancora potuto vedere la cooperativa Rom 1995, segno di grande speranza di cambiamento, crescere e operare a Reggio Calabria?

 
Di Fabrizio (del 21/06/2010 @ 09:34:28, in lavoro, visitato 1975 volte)

Segnalazione di Paolo Teruzzi

Progetto Cuccagna

Tutto ha inizio da un vino un po' speciale... vino R.O.M. per l'appunto, ovvero Rosso di Origine Migrante. Da qualche settimana i restauratori del Consorzio hanno dei nuovi collaboratori: tre papà rom, il cui lavoro è stato reso possibile grazie all'encomiabile impegno di un gruppo di genitori e maestre di alcune scuole primarie di Zona Rubattino e della Comunità di Sant'Egidio di Milano che hanno finanziato borse di avviamento al lavoro attraverso la vendita del vino. Un'esperienza che per Sandu, Marco e Christian porta la speranza di una vita diversa: la possibilità di avere una fissa dimora e di mandare finalmente i propri figli a scuola

Il campo rom di Rubattino

Tutto ha inizio due anni fa nel campo rom di via Rubattino, una vera e propria favela cresciuta ed rganizzatasi autonomamente negli spazi di in un ex centrale Enel abbandonata. Le famiglie di rom romeni sono molte, moltissimi i bambini in età scolare che non hanno accesso alla scuola.
Vista la stabilità del campo di Rubattino, la Comunità di Sant’Egidio prende l’iniziativa ed iscrive una trentina di bambini in tre scuole primarie della zona: Toti, Morante e Munari.
Per i bambini è la prima volta a stretto contatto tra i “gagè”, sconosciuti e temuti. Anche per le famiglie italiane è il primo incontro con i bimbi rom e le loro famiglie, altrettanto sconosciute e temute. Questa semplice esperienza da subito sovverte i pregiudizi: i bambini rom ora hanno nomi, storie, sorrisi, si sentono parte dell’esperienza scolastica, nasce un rapporto di amicizia con maestre e compagni di classe.
Lo scorso novembre, poi, arriva lo sgombero. Per un mese oltre settanta bambini sono costretti a vivere per strada con le rispettive famiglie, senza neanche più il tetto di una baracca sulla testa: molti spariscono da scuola per intere settimane.
Un gruppo di genitori italiani e di maestre affezionati ai piccoli alunni e compagni di gioco dei figli prendono in mano la situazione, aprendo le loro case e ospitando le famiglie rom per periodi più o meno lunghi.

Rosso di origine migrante

Negli ultimi mesi, lo stesso gruppo di genitori e maestre hanno fatto il possibile per sostenere le famiglie dei bambini rom e permettere a questi ultimi di tornare a scuola. Con l’appoggio di Gas Feltre e Intergas hanno progettato un’iniziativa per raccoglie fondi e sostenere con borse di studio e lavoro le famiglie rom. Un viticoltore toscano, che con i rom avevano in comune una storia di sgombri, mette a disposizione del vino: da questa iniziativa il vino prende il nome di "R.O.M.", Rosso di Origine Migrante. Il vino "R.O.M." ha raccolto la solidarietà di tantissime persone, tanto che gli incassi hanno consentito di approntare le prime borse-lavoro, grazie anche al supporto della Comunità di Sant’Egidio e alla sua esperienza nell'ambito di percorsi di integrazione e di autonomia per le persone rom senza tetto in Italia.

Le borse lavoro al Cantiere Cuccagna

Ed è proprio nel cantiere Cuccagna che da qualche settimana hanno iniziato a lavorare due papà rom, un terzo invece arriverà a giugno. Si tratta di una collaborazione lavorativa part time della durata di due mesi.
Se l'esperienza sarà positiva, il responsabile del restauro, Juan Carlos Usellini, ha dato la disponibilità nel riconfermare la collaborazione in cantiere.
Per Christian, Garofita e i loro tre bambini che da un anno sono ospiti di una comunità, questo lavoro rappresenta un reale percorso verso l’autonomia. Per Sandu, che insieme ad Alina - donna molto coraggiosa ed intelligente - ha quattro figli, è l’inizio di una nuova vita. Pochi giorni fa ha firmato un contratto per una casa a Truccazzano. Finalmente non dovranno più dormire per strada: il lavoro gli permetterà di ottenere la residenza e di mandare i due bimbi più piccoli a scuola l'anno prossimo. Per Marco l'esperienza in Cuccagna è la speranza di una vita diversa: da anni vive per strada con moglie e figli, costretti a frequenti sgomberi e con il dolore di una bambina di quattro anni persa in una roggia di Chiaravalle.

 
Di Fabrizio (del 16/07/2010 @ 09:51:54, in lavoro, visitato 1425 volte)

Da Czech_Roma (alcuni link sono in lingua ceca)

The Advocacy Project - Tereza Bottman

01/07/2010 - "Sono molto arrabbiato," dice Milan Kováč, in visita agli uffici dell'associazione Dženo.

"Devi impegnarti di più," lo prende sarcasticamente in giro una mia collega d'ufficio e ridiamo tutti, ma la risata si tinge di un senso di delusione.

Kováč, con una laurea in economia, conosce cinque lingue e ha molti anni di esperienza professionale in contesti che vanno dal non-profit al governo al settore privato. Per esempio, ha lavorato come project manager sia al Ministero della Gioventù e dello Sport sia nella non-profit Athinganoi, organizzazione specializzata nel sostenere gli studenti romanì ad ottenere istruzione secondaria e post-secondaria.

Da quando ha perso il lavoro otto mesi fa, sta cercando un'occupazione. Ha fatto oltre sessanta domande ed è passato per una media di sette colloqui di lavoro a settimana, senza alcun risultato.

Recentemente, ha fatto domanda per la posizione di Coordinatore Locale all'Agenzia governativa per l'Inclusione Sociale nelle Località Rom, che su 25 dipendenti impiega un solo Rom. Col suo curriculum e Rom lui stesso, era convinto che le sue possibilità fossero alte, specialmente considerando il fatto che il ruolo dell'agenzia, tra l'altro, è di promuovere l'integrazione dei Rom nelle regioni socialmente escluse dal mercato del lavoro.

Dopo avere completato con successo la prima fase delle interviste, Kováč fu verbalmente invitato di nuovo. Ma venne presto a conoscenza di non essere stato selezionato per il secondo turno di interviste.

L'esperienza di Kováč non è la sola. Uno studio su diversi paesi dell'European Roma Rights Center, condotto in parte nella Repubblica Ceca, ha scoperto che questo era il caso:

La maggiore incidenza della discriminazione nell'impiego contro i Rom è nella fase della ricerca lavoro e nelle pratiche di assunzione applicate dalle aziende. In pratica,una discriminazione diretta impedisce ai candidati di raggiungere già la fase del colloquio. Molte compagnie hanno una politica di esclusione totale riguardo l'impiego dei Rom e di distinzione assoluta generale di pratica contro i candidati romanì. Come risultato, i Rom in cerca di lavoro sono eliminati ed esclusi sin dall'inizio dal processo di applicazione, a prescindere dall'istruzione, dalle qualifiche e dalle competenze nel lavoro.

Nella sua lettera-appello, inviata nell'agenzia che l'ha rifiutato dopo il primo turno di interviste, Kováč si chiede se le organizzazioni incaricate di eliminare le barriere alla pari partecipazione nella società ceca affrontate dai Rom, siano davvero [organizzazioni] "pro-Rom". Scrive:

L'Agenzia per l'Inclusione Sociale nelle Località Rom è stata fondata per sostenere l'inclusione sociale dei Rom... Uno dei suoi ruoli è promuovere l'inclusione dei Rom dalle comunità socialmente escluse nel mercato lavorale. Ci sono anche tutta una serie di OnG ed organizzazioni non-profit che si presentano come "pro-Rom". Si presentano con un atteggiamento aperto da parte dei suoi operatori verso i Rom, con il generoso supporto del Fondo Sociale Europeo. Queste stesse organizzazioni sono realmente aperte ad impiegare Rom e stanno praticando nella realtà quanto predicano?

Quando venne criticato il fatto che non un solo Rom arrivò al secondo turno delle interviste, Michael Kocáb, commissario ai diritti umani, che presiede il Comitato di Controllo dell'Agenzia per l'Inclusione Sociale nelle Località Rom, ha risposto di non essere a conoscenza che c'erano dei richiedenti rom tra gli intervistati. Kocáb in passato aveva detto di essersi impegnato ad aumentare il numero dei Rom impiegati nelle agenzie governative. Inoltre, a Kováč fu promesso un appuntamento dove avrebbe potuto presentare il suo caso, ma questo incontro non ha mai avuto luogo. Invece in passato, gli fu detto nella sala dell'Ufficio del Governo gli fu detto dal direttore dell'agenzia che lui non era stato scelto perché mancava delle qualificazioni necessarie, anche se prima era stato chiaramente selezionato in quanto candidato promettente.

Molti studi, inclusa una relazione del 2008 preparata congiuntamente dal Governo e dalla Banca Mondiale, concludono che per i Rom le barriere nel mercato del lavoro sono largamente dovute alla mancanza di capacità e qualificazione. Ma che dire dei Rom che possiedono esperienze e competenze corrispondenti alla posizione ricercata?

Il summenzionato studio ERRC del 2006, "Esclusione Sistematica dei Rom dall'Impiego", recita così:

La disoccupazione di massa dei Rom in età da lavoro è spesso percepita come una questione riferita al mercato del lavoro, e l'alto livello di disoccupazione è attribuito all'incapacità dei Rom a trovare un impiego, a causa del loro basso livello di istruzione; capacità lavorative non aggiornate e distacco dal mercato lavorale. Anche perché vasti segmenti della comunità sono rimasti indietro durante la ristrutturazione economica ed industriale avvenuta durante la transizione dal comunismo. Senza dubbio, questi fattori creano barriere reali che riducono la possibilità di occupazione ed escludono molti Rom dal lavoro, ma c'è un'altra dimensione - la discriminazione - che aggrava significativamente la situazione e le cause di esclusione sistematica dall'impiego per un gran numero di Rom in età da lavoro.

Nella sua lettera, Kováč tocca la reale questione della discriminazione anti-Rom:

Voglio che la società sappia che i Rom stanno continuando la loro istruzione, crescendo le loro qualifiche, chiedendo un lavoro di qualità, ma che esistono ancora barriere, fattori ed influenze che rendono impossibile raggiungere il successo.

Disgraziatamente, tanto il clientelismo che il razzismo giocano ancora un ruolo determinante nel processo decisionale in questo paese. Quelli con cui ho parlato, che sono stati attivi per anni nella difesa dei diritti dei Rom, confermano questa realtà, enumerata nello studio ERRC e illustrata da Kováč.

Un modo per combattere la discriminazione nella ricerca del lavoro e nella fase di reclutamento, suggerisce l'ERRC, è dare mandato per la raccolta dei dati disaggregati per etnia e di monitorare e rispondere, in maniera strutturale, alle iniquità alla base di questi dati, per migliorare l'accesso al lavoro per i richiedenti Rom qualificati. Questo ora non accade. Dichiara ERRC:

Risulta evidente, dall'esperienza di paesi con le misure più efficaci nel combattere la discriminazione razziale nell'impiego, che il monitoraggio della forza lavoro, inclusa la raccolta di dati sull'etnia, è uno strumento chiave per ottenere prove statistiche a sostenere le azioni positive per affrontare la sotto-rappresentazione di gruppi etnici nei posti di lavoro e più in generale, in professioni e settori specifici del mercato del lavoro. Il monitoraggio, la registrazione, la notifica e la risposta alla composizione etnica sul posto di lavoro sono fattori chiave che garantiscono l'efficacia e l'efficienza delle politiche sulle pari opportunità. [...]

 
Di Fabrizio (del 05/08/2010 @ 09:08:44, in lavoro, visitato 1867 volte)

Da Roma_Daily_News

SEVİM SONGÜN - ISTANBUL - Hürriyet Daily News

27/07/2010 - La recente introduzione di nuovi chioschi per venditori di fiori sta agitando i venditori di fiori per le vie di Istanbul, un gruppo dove sono predominanti i membri della comunità rom cittadina. I venditori si lamentano di essere stati allontanati dalle loro bancarelle ed esprimono preoccupazione sui prezzi regolamentati e sulle ore di lavoro nei nuovi chioschi.

I rom costituiscono una parte sostanziale dei venditori di strada di Istanbul che vendono fiori. DAILY NEWS foto, Mehveş KONUK

Un'iniziativa municipale di introdurre nuovi chioschi perla vendita di fiori, preoccupa i venditori di strada di Istanbul, la maggior parte membri della comunità rom cittadina, per la perdita delle loro bancarelle o per la paura di essere obbligati ad adottare pratiche nuove ed inaccettabili.

Il comune ha detto che i venditori di strada sono liberi di affittare i nuovi chioschi o continuare a lavorare nei vecchi, ma i venditori lamentano che la compagnia che sta installando questi chioschi obbliga chi li affitta ad indossare abiti "adeguati" e anche "intende scoraggiare i venditori di strada".

I venditori lamentano di essere obbligati a lasciare le loro bancarelle nelle strade, per le misure indirette prese dagli incaricati della ditta di consulenza Birikim, che sta costruendo i chioschi di fiori dopo avere vinto la gara indetta da Kültür A.Ş., una corporazione commerciale fondata nel 1989 all'interno della Municipalità Metropolitana di Istanbul o İBB.

I funzionari della compagnia hanno rifiutato di commentare o fornire qualsiasi informazione sulla questione.

Emine Çetinbaşlar, che vende fiori di fronte all'università Bahçeşehir, ha detto ad Hürriyet Daily News & Economic Review che gli incaricati della ditta hanno installato un chiosco proprio accanto al suo, dopo che lei aveva detto di non volerne affittare uno dalla compagnia. Çetinbaşlar ha aggiunto che l'università le aveva precedentemente rinnovato il permesso, cosicché non aveva bisogno di affittare un chiosco.

Metin Salih Şentürk, a capo dell'Associazione Fioristi di Kuştepe dell'omonimo quartiere di Istanbul, dice che sebbene i funzionari di İBB avessero assicurato il gruppo che i chioschi sarebbero stati costruiti lontani dalle bancarelle dei venditori di strada, circa 15 chioschi sono stati recentemente installati vicino a dove i Rom vendono fiori.

I venditori dicono di essere riluttanti ad affittare questi chioschi, dato che dovrebbero vendere fiori a prezzi regolamentati e non sarebbero in grado di trattare con i compratori, una cosa che Çetinbaşlar dice far parte del suo lavoro.

Dice: "Vendo fiori agli studenti. A volte non hanno abbastanza denaro, ed io posso preparare fiori per due lire turche. A volte non hanno proprio soldi, ed io do lo stesso dei fiori, che mi pagheranno quando avranno i soldi."

I venditori che affittassero i chioschi, dovrebbero anche prevedere ore di lavoro obbligatorio, cosa che molti venditori di strada hanno contestato. Şentürk ha detto al Daily News che nei chioschi costruiti da Birikim i venditori devono lavorare dalle 7 del mattino sino a mezzanotte.

Secondo Şentürk, alcuni funzionari della ditta hanno invitato i venditori rom di fiori e detto loro che le venditrici avrebbero dovuto indossare minigonne e truccarsi, se volevano lavorare nei nuovi chioschi. "Siamo estremamente disturbati da queste regole presentate ai fioristi," dice Şentürk. "Una settantenne che ha detto ai funzionari di non poter accettare regole simili, è stata allontanata dalla sala della riunione."

Il comune di Istanbul ha detto al Daily News con una dichiarazione scritta che i venditori di strada sono stati informati sulle prassi dei nuovi chioschi, incluso un codice di abbigliamento che prevede pantaloni neri, T-shirt bianca ed un grembiule per le venditrici. "Essere truccate non è obbligatorio, ma ai venditori è stato detto che sarebbe più opportuno un aspetto pulito, elegante e ben curato," recita la dichiarazione, aggiungendo che gli affittuari dovrebbero prestare attenzione anche alla pulizia dei chioschi.

Dice Şentürk che ci sono circa 400 banchi di fiori in tutta Istanbul, ed i venditori pagano prezzi differenti per il posto su strada ai vari comuni locali.

Il comune di Istanbul ha pianificato un'installazione iniziale di 56 chioschi, 40 dei quali sono pronti. Quanti hanno lavorato come venditori di fiori nella stessa area per almeno cinque anni avranno la priorità nell'affittare i nuovi chioschi, dichiara İBB, aggiungendo che gli affitti per i chioschi saranno minori a quelli degli spazi alternativi.

Şentürk ha detto che i venditori di fiori non erano ancora stati informati sugli affitti, ma che non erano a conoscenza delle altre condizioni.

 
Di Fabrizio (del 23/09/2010 @ 09:35:08, in lavoro, visitato 1538 volte)

Segnalazione di Alberto Maria Melis

Petizione in favore di Cirque Tzigane Romanes: http://www.petitions24.net/cirqueromanes

COMITATO DI SOSTEGNO al  CIRQUE TZIGANE ROMANES

Il circo famigliare zigano ROMANES a Parigi, è oggi parte del paesaggio artistico europeo.

"Noi zigani, siamo accusati di tutto e soprattutto di mandare i nostri bambini a mendicare e rubare, occorrerebbe una buona volta per tutte sapere cosa si vuole: chiedo ai parlamentari francesi di non gettare i miei bambini per strada e permettere loro di apprendere e di esercitare il mestiere che hanno scelto" Alexandre ROMANES

Al fine di permettere al Cirque ROMANES di continuare la sua attività, noi membri di questo collettivo chiediamo alle autorità francesi:

  • di ridare ai musicisti rumeni del Cirque ROMANES i permessi di lavoro che sono stati loro ingiustamente ritirati
  • di autorizzare il Cirque ROMANES ad impiegare gli artisti rumeni e bulgari con cui lavorano da anni
  • di chiedere al Pubblico Ministero di abbandonare le accuse contro il Circo ed i suoi dirigenti, per la partecipazione dei loro figli allo spettacolo
  • di proporre ai parlamentari francesi di avere la gentilezza di non proibire ai bambini del Circo di esercitare il più presto possibile uno dei rari mestieri ancora apprezzati dalla gioventù
 
Di Fabrizio (del 29/10/2010 @ 09:27:01, in lavoro, visitato 2051 volte)

Segnalazione di Orhan Tahir

 Il link per chi legge da Facebook

Aldo, Bibi e i loro due figli restaurano una fonte battesimale

 
Di Fabrizio (del 03/11/2010 @ 09:39:26, in lavoro, visitato 1767 volte)

Da Hungarian_Roma

* - 29/10/2010 scrive Szabolcs Szûcs:

Riportano i giornali canadesi che dei Rom ungheresi sono stati trattati come schiavi da una famiglia ungherese ad Hamilton, Ontario, e le autorità comunali hanno emesso un mandato relativo a traffico di persone contro 10 membri della famiglie.

I sospettati avrebbero attirato più di 16 persone da Pápa verso il Canada con la promessa di una vita migliore e di opportunità di lavoro.

Al loro arrivo [le vittime] erano costrette a lavorare gratis e a lasciare i loro benefici sociali. I sospetti aguzzini trattenevano i documenti delle vittime, le chiudevano in uno scantinato e davano loro avanzi di cibo. Tutte le vittime conosciute sono maschi.

E' il più grande reato di traffico di persone mai scoperto in Canada e gli imputati potrebbero essere i primi nel paese ad essere condannati per questo crimine. Ferenc Dömötör, Ferenc Dömötör Jr., Gyöngyi Kolompár, Gizella Kolompár, Lajos Dömötör, Ferenc Kolompár, Gizella Dömötör, Attila Kolompár, Gyula Dömötör e Zsanett Kolompár sono ricercati dalla Polizia Canadese a Cavallo. Nove di loro sono accusati di tratta.

Il caso è arrivato all'attenzione dicembre scorso quando uno dei Rom è riuscito a protestare pubblicamente sul modo in cui erano trattati. Prima le vittime non erano state in grado di rivolgersi alle autorità, perché erano sorvegliati strettamente e non parlavano bene l'inglese.

Il Canada ha lanciato un'indagine e dopo 10 mesi ha emesso gli avvisi di garanzia.

Le accuse a Ferenc Dömötörs e agli altri includono quella di aver insegnato agli immigrati come truffare le autorità canadesi.

Altri due membri della famiglia sono accusati dello stesso reato. Il capo del gruppo sembra essere Ferenc Dömötör senior, descritto dal procuratore della corona Sandra Antoniani come il capo del gruppo criminoso di Rom ungheresi, composto da parenti di vario grado. Durante un'audizione Ferenc Dömötör ha negato le accuse, dicendo di essere stato minacciato dalla polizia e dalle autorità canadesi, a causa della sua discendenza rom.

La maggior parte delle vittime sono ritornate in Ungheria.

Il ministro canadese dell'immigrazione, Jason Kenney, ha detto che il crimine organizzato ha portato queste persone in Canada a rubare i loro benefici sociali. Ha detto che molti cittadini ungheresi sono migrati nel paese, ma dei 2.500 che nel 2009 hanno richiesto asilo in Canada, solo tre l'hanno visto accolto.

Nota dell'editore: Il Kyiv Post è un membro fondante del New Europe News Network, assieme ad altri giornali in lingua inglese. I media includono il Krakow Post in Polonia, The Budapest Times in Ungheria, The Slovak Spectator di Bratislava, Slovacchia, The Sofia Echo in Bulgaria e The Prague Post nella Repubblica Ceca. In base ad un accordo informale, i giornali condividono articoli nelle versioni stampate e online con gli altri membri del network.

 
Di Fabrizio (del 11/11/2010 @ 09:35:31, in lavoro, visitato 1684 volte)

Da Nordic_Roma (appunto personale: quasi un quadro dei tempi di Steinbeck)

Street News Service

Sono Rom e provengono dal medesimo povero villaggio in Romania. Ora sono a Copenhagen suonando l'armonica per i passanti. Catalin Tudorache e Puiu Toader fanno quello che possono per racimolare abbastanza soldi per le loro famiglie a casa - By Simon Ankjaergaard

Come per molti altri Rom, la vita in Romania è sempre stata una lotta per Catalin e Puiu. Uno stipendio medio non basta a sostenere una famiglia. In quanto Rom, sei automaticamente al livello più basso nella gerarchia sociale. La scelta tra un lavoro instabile per 3 o 4 sterline all'ora o il più basso assegno sociale di circa 1,70 sterline, sono ben lontani da coprire le spese per cibo, vestiti, gas ed elettricità. Non bastano neanche a pagare l'istruzione, cruciale ai bambini rom per rompere la spirale negativa e costruire una vita migliore per loro stessi.

Sei anni fa, Catalin e Puiu decisero di lasciare la povera casa nel villaggio di Mârgineanu, 50 km. a nord-est di Bucarest, per tentare la fortuna fuori dalla Romania. Con gli ultimi soldi comprarono un biglietto d'autobus, destinazione Copenhagen.

Da allora, hanno viaggiato avanti e indietro tra la capitale danese e Bucarest. Tre o quattro mesi in Danimarca, un mese in Romania. E non sono i soli. L'autobus del ritorno è sempre pieno di Rom poveri. Qualcuno ha racimolato solo i soldi per il biglietto. Altri hanno contratto debiti con usurai locali con l'ordine di non mostrarsi in Romania fin quando non avranno guadagnato abbastanza da cancellare il proprio debito.

Pagamenti illegali

"Per sei anni, abbiamo vissuto in questo modo, ma non è diventato più facile. Ogni giorno è ancora una lotta", dice il trentenne Catalin, che ha lasciato in Romania una moglie ed un figlio di tre anni.

Pone la sua armonica in grembo e si accende una sigaretta. Nella luce fioca sotto il ponte della stazione Noerrebrola gente è come un flusso uniforme. Inspira e sorride a più gente che può. Servizio Clienti. Forse gli getteranno una o due monete nella giacca stesa a terra la prossima volta che passeranno. Oggi ha guadagnato 55 corone (£6.20). Più in là in Frederikssundvej, dove il quarantatreenne Puiu lascia che i brani di "Somewhere Over the Rainbow" soddisfino i clienti del supermercato, il reddito della giornata è di 30 corone (£3.40).

"Il nostro reddito dipende dal clima e dalla stagione", dice Puiu. "Quando piove, guadagniamo quasi niente, perché la gente è troppo occupata a cercare di evitare la pioggia." Suonare l'armonica è l'occupazione principale dei due amici, che però sono più contenti quando ottengono qualche lavoro occasionale.

"Ci pagano illegalmente, così non posso dire per chi lavoro. Significherebbe non lavorare più per lui," dice Puiu, che deve racimolare i soldi per sua moglie e tre bambini. "Talvolta sono altri Rumeni che ci raccomandano. Altre volte, sono i capi del commercio che ci trovano per strada e chiedono se vogliamo aiutarli. A volte Danesi, altre volte stranieri", dice.

In quel momento, d'improvviso Puiu smette di parlare e si sbraccia entusiasticamente verso un uomo in tuta da jogging all'altro lato della strada. "E' l'Arabo", dice con un gran sorriso.

"E' mio amico. Ha assunto sia Catalin che me diverse volte. Abbiamo costruito un muro per lui ed anche altre cose. A volte ci paga bene, perché sa che il denaro va alle nostre famiglie. E mi ha dato questa. Gratis." Puiu indica l'armonica.

L'Arabo zigzaga lungo la strada e stringe calorosamente la mano di Puiu. Puiu lo interroga sulle prospettive di lavoro. L'uomo scruta pensieroso e sembra non promettere troppo. Alla fine si stringe nelle spalle. "Forse. Ho il vostro numero di cellulare, Puiu. Ti chiamerò."

"E' mio amico," ripete Puiu e lo segue con gli occhi mentre l'altro si immerge nuovamente nella via trafficata. "E' per lui che possiamo prendere l'autobus per Copenhagen e per tornare."

Oltre a lavorare come muratori, Catalin e Puiu hanno montato controsoffitti in cartongesso e fatto lavori di pulizia. Il pagamento avviene sempre in contanti. Non dispongono di conti bancari e i loro principali non intendono informare le autorità fiscali. I salari variano da poche centinaia di corone a qualche migliaia, dipende dalla quantità di lavoro. Sanno perfettamente di essere scelti per un lavoro soltanto perché sono a buon mercato. Ma non importa: anche uno stipendio ben al di sotto del minimo salariale danese può fare meraviglie per le famiglie a Mârgineanu.

Puiu ripone l'armonica, accende un'altra sigaretta e ingoia una pillola per l'ulcera. Agita lo sporco tubetto delle pillole. "Mi costano 500 corone (£56.20) al mese. Devo prendere sei pillole al giorno. L'ulcera è peggio dei miei calcoli renali," dice. Scuote le spalle e si avvia verso il rifugio di Catalin. Sono due km. e mezzo di strada. Il biglietto dell'autobus è troppo caro.

Senza tetto

Catalin accoglie Puiu con un sorriso. Conosce la routine. Il lavoro ora, come ogni giorno, è di immaginare dove andranno a passare la notte. La notte scorsa hanno dormito da un amico rumeno, ma stanotte non c'è spazio. Sono tornati a Copenhagen in 50 dal villaggio, e così hanno iniziato a telefonare e cercare di trovare un tetto sopra la testa prima che scenda l'oscurità. Spesso la risposta è negativa -come oggi. Altri sono arrivati prima di loro.

Puiu e Catalin restano insieme. Tendono a rimanere isolati dal resto della popolazione rom il più possibile. Non vogliono unirsi al grande gruppo di Rom che si accomodano nei campi o nelle fabbriche abbandonate. Hanno paura di finire negli arresti di massa, come quello di Copenhagen lo scorso luglio, quando la polizia ha sgomberato un campo e una fabbrica. 23 Rom sono stati deportati.

Invece si spostano verso l'area di Amager - in metropolitana, ma senza biglietto. Risalgono e camminano in un parchetto. Qui è dove dormono se non hanno la fortuna di trovare sistemazione da amici. Hanno scelto un boschetto, nascosto lontano dalle panchine piene di graffiti e dai sentieri. Con le teste appoggiate sulle loro piccole borse sportive, parlano tra loro con calma finché non sono interrotti dalla vibrazione del cellulare di Catalin. Al telefono c'è sua moglie. Ha bisogno urgente di soldi. Catalin deve deluderla. Ha soltanto 400 corone (£45), così ci vorrà molto tempo prima che possa tornare a casa. Ma Puiu dovrà aspettare anche di più. Tira fuori 80 corone (£9) dalla tasca. Sono tutti i suoi averi.

"Non possiamo tornare a casa finché non abbiamo almeno 2.000 corone (£225) in contanti per la famiglia," dice Catalin con un sospiro. "Durante un buon mese, possiamo guadagnare fino a 2.500 corone (£280), ma dobbiamo togliere 1.000 corone (£110) per cibo e sigarette. E dobbiamo considerare che il biglietto del bus per il ritorno costa 1.000 corone."

Spesso ci vogliono tre o quattro mesi perché i due abbiano abbastanza soldi per tornare a casa dalle loro famiglie. E dopo, occorre un altro mese per guadagnare denaro per un nuovo viaggio in autobus sino a Copenhagen. Di solito cercano di trovare lavoro come manovali, ma spesso i posti di lavoro sono presi da manodopera a basso costo proveniente da paesi ancora più a est.

La soluzione finale è di affidarsi agli strozzini. E con loro, parte la spirale del debito. "Ho avuto diverse volte in prestito i soldi del biglietto del bus," dice Catalin. "Quel debito dev'essere pagato ed è per questo che devo guadagnare di più quando sono in Danimarca. E poi ci vuole più tempo prima che possa rivedere mio figlio e mia moglie," sospira.

Sente di trascurare la sua famiglia con le sue lunghe assenze, ma Puiu non è d'accordo. Può darsi che il loro cuore appartenga a Mârgineanu, ma è la necessità che li ha spinti in Danimarca. Puiu pone la domanda retorica: "Cos'altro dovremmo fare? Non possiamo guadagnare abbastanza in Romania da provvedere alle nostre famiglie e pagare l'istruzione dei figli. Non è negligenza. E' una necessità."

Schiocca l'indice destro nel palmo della mano per sottolineare l'argomento. "Se ne avessi la possibilità, certo che starei in Romania. Ma è impossibile. Fintanto che la Romania rimarrà povera, viaggeremo verso i paesi più ricchi per far soldi. E' così semplice."

Originally published by Hus Forbi, Denmark. © www.streetnewsservice.org

 
Di Fabrizio (del 24/11/2010 @ 09:35:25, in lavoro, visitato 1545 volte)

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