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La redazione
-

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 07/04/2011 @ 09:35:49, in casa, visitato 1507 volte)

ReggioTV TRAPPOLA MORTALE A CICCARELLO

Reggio Calabria. "Da anni viene segnalato al comune di Reggio Calabria che nell'insediamento rom dell'ex Polveriera un vecchio edificio militare sta per crollare sulle baracche, ma, nonostante il pericolo di vita in cui si trovano dieci famiglie, fino ad oggi, non è stato fatto niente. Ieri mattina , da una parete del vecchio edificio che si sporge sulle baracche si sono staccati dei mattoni, e c'è mancato poco che colpissero i bambini che giocavano sotto". E' la denuncia dell'Opera Nomadi di Reggio Calabria dopo l'ennesimo episodio che ha interessato quello che è rimasto dell'ultimo insediamento Rom in città.

I vigili del fuoco, che sono intervenuti sul posto, hanno segnalato il pericolo ai vigili urbani sottolineando, ancora una volta, "la necessità di evacuare l'area e hanno avvisato le famiglie che l'edificio potrebbe crollargli addosso da un momento all'altro".

"Ci chiediamo cosa stia aspettando il Comune di Reggio Calabria prima di intervenire" è l'interrogativo di Giacomo Marino che aggiunge: "è forse necessario che prima qualche bambino resti sepolto sotto le macerie dell'edificio?".Continua Marino: "questa situazione di gravissimo pericolo è ben nota al sindaco ff Raffa, tanto da aver maturato una posizione ben precisa a riguardo".

"Il 24 settembre 2010, dopo molte sollecitazioni, il sindaco Raffa si reca personalmente sul posto e una volta constatato di persona il pericolo esistente dichiara di non poter promettere nulla, ma che comunque tenterà di trovare una sistemazione abitativa per le famiglie in pericolo. Facendo seguito al sopralluogo del primo cittadino, il 25 ottobre 2010, il presidente dell'Opera Nomadi incontra la dirigente del Patrimonio Edilizio, avvocato Titty Siciliano, la quale in quell'occasione afferma che il comune intende sviluppare un piano per la sistemazione abitativa delle famiglie che si trovano in pericolo e per questo chiede all'associazione un censimento completo dell'insediamento".

"Dopo pochi giorni ( novembre 2010) - continua la nota - l'Opera Nomadi consegna alla dirigente e al sindaco un report contenente il censimento aggiornato delle famiglie (insediamento composto da 27 famiglie delle quali 10 in condizioni di gravissimo pericolo) , una planimetria dell'insediamento, il primo verbale dei vigili del fuoco (dicembre 2003) attestante il pericolo del crollo dell'edificio, una certificazione dell'ASP e altri documenti. Nel mese di dicembre 2010 la dirigente al patrimonio edilizio avvocato Siciliano, in un incontro con un gruppo di famiglie rom, sostiene che il suo ufficio si sta impegnando nel reperire alloggi per le 10 famiglie che si trovano in pericolo. Ma queste promesse vengono smentite dallo stesso sindaco Raffa, il quale, in un incontro pubblico tenutosi ad Arghillà nel mese di gennaio 2011, dichiara che il comune non ha alloggi disponibili per le famiglie in pericolo e che non intende intervenire nemmeno per mettere in sicurezza l'insediamento evitando il crollo dell'edificio sulle baracche, visto che l'insediamento si trova su territorio di proprietà del demanio statale e non di proprietà comunale".

"Nei mesi successivi il sindaco e la stessa dirigente Siciliano sostengono che questa posizione del non intervento in quanto territorio del demanio statale è stata ratificata anche dalla Prefettura e quindi il Comune è a posto. Insomma - a detta dell'Opera Nomadi - per il comune di Reggio Calabria le 10 famiglie devono vivere con il pericolo che il vecchio edificio gli crolli addosso. Se poi l'edificio dovesse crollare e seppellirli veramente l'ente ha le carte in regola, saranno le famiglie ad avere la colpa di aver costruito abusivamente delle baracche accanto a questo vecchio edificio".

"Questa posizione assurda e fortemente immorale - conclude il presidente Marino - è quella che un comune può oggi assumere tranquillamente nei confronti di cittadini emarginati, senza che nessuno si indigni. Alla luce di quanto accaduto ieri, invitiamo nuovamente il sindaco Raffa a rivedere la sua posizione e quindi a provvedere ad effettuare almeno l'intervento di messa in sicurezza dell'insediamento evitando la tragedia annunciata. Preghiamo, infine, tutti i candidati a sindaco di voler inserire nei loro programmi la sistemazione abitativa in dislocazione delle famiglie di questo ghetto che si trovano in grave pericolo di vita, dimostrando così che la politica che loro propongono è ricerca del bene comune anche per gli ultimi".

Sabato 02 aprile 2011 - Ore 15:02

 

di Vinicio Leonetti - Catanzaro (05/04/2011)

Eliminare Scordovillo in quattro mosse. La prima è la nomina del prefetto Antonio Reppucci a commissario per l'emergenza. L'incarico dovrebbe arrivare direttamente dal governo centrale, e in quel caso al commissario oltre ai poteri straordinari verrebbero dati fondi dalla Protezione civile per gestire lo sgombero ordinato dalla procura della Repubblica entro Pasqua. Il tempo stringe: dall'ultimatum del procuratore Salvatore Vitello sono passati diversi giorni, e se non si comincia a smantellare per mano politica il magistrato già in questa settimana potrebbe adottare provvedimenti coattivi per far partire la mobilitazione di un villaggio considerato malsano e ricettacolo di criminalità. Un aspetto seguito da vicino dal Comandante provinciale dei carabinieri Salvatore Sgroi, da Stefano Bove che guida la Compagnia dell'Arma lametina, e Pasquale Barreca dirigente del commissariato di polizia. Che ieri erano in aula.

Unità d'intenti

Un commissario subito è l'obiettivo prioritario non solo del consiglio comunale che ieri sera ha votato all'unanimità un documento, ma anche della Regione rappresentata in aula da due consiglieri degli opposti schieramenti Mario Magno e Tonino Scalzo.
"Siamo di fronte alla più grande questione sociale della città, e non c'è un modo indolore per eliminare Scordovillo. Ogni proposta sembra sbagliata", ha spiegato il sindaco introducendo il dibattito in aula. "Bisogna spostare più di 500 persone, questo si fa quando c'è una calamità. Ecco perché ci vogliono i poteri straordinari del prefetto per accelerare i tempi, con l'affiancamento di Comune, Provincia e Regione".

Piano B

Se il governo non interviene? Gianni Speranza ha un'alternativa. L'ha chiamato "piano d'arrangiamento". E consiste in tre mosse: 1) prendere 1 milione di euro dai fondi Pon per comprare 16 case prefabbricate e d'assegnarle ad altrettante famiglie rom; 2) tirare fuori i 5 milioni di euro che la Regione s'è impegnata a dare al Comune per il Piano di sviluppo lametino per acquistare appartamenti sparsi nella città, attraverso un bando pubblico al miglior offerente; 3) chiedere un impegno straordinario all'Aterp e mettere a disposizione 25 alloggi che spettano alle famiglie rom in testa alla graduatoria delle case popolari.
Queste non sono indiscrezioni, ma precisi impegni dell'amministrazione presi in aula davanti ai parlamentari Pino Galati e Ida d'Ippolito, ai consiglieri regionali Magno e Scalzo, all'assessore provinciale Roberto Costanzo, ma soprattutto in presenza dell'esponente del governo Antonio Reppucci, prefetto di Catanzaro. Che ognuno ha indicato come il commissario ideale per gestire l'emergenza. Sia Galati che d'Ippolito, deputati di maggioranza, hanno preso l'impegno di spingere sul governo per la nomina commissariale, com'è avvenuto finora in cinque grandi città.
Nessuna voce dissonante in aula. Tutti con l'obiettivo comune di cancellare una piaga aperta da sessant'anni. Quello che non è mai riuscito a fare la politica l'ha fatto la magistratura. C'è chi ha parlato di "fallimento della politica" come Raffaele Mazzei, capogruppo del Pdl, e Mario Magno consigliere regionale dello stesso partito. Ma oltre al grande merito di aver smosso le acque stagnanti della polemica sui rom, il provvedimento di sequestro di Scordovillo è riuscito anche a creare unità dove tradizionalmente c'è lotta politica spesso improduttiva.

Dove metterli?

Se lo chiedono tutti in questi giorni. A cominciare dai cittadini, fino agli esponenti politici. L'opinione comune è quella che Galati ha definito "dislocazione diffusa". Significa distribuire piccoli gruppi di famiglie in diverse parti della città. Perché un'altra parola d'ordine ieri era: no ad altri Scordovillo.
Anche in questo caso non mancano interrogativi. Il primo l'ha posto il prefetto Reppucci molto realisticamente: "Prima bisogna trovare i proprietari propensi a vendere le case. Poi bisognerà capire se i vicini vorranno i nuovi inquilini, perché il valore delle loro abitazioni diminuirà".
C'è invece chi, come il consigliere Bruno Tropea, ha ipotizzato di dare una casetta ad ogni famiglia rom, lontano un chilometro l'una dall'altra. Ipotesi scartata dal sindaco. I nuclei familiari di zingari sono 136 secondo il più recente censimento fatto quest'anno dal Comune a Scordovillo, per un totale di 528 persone. "Questa è la gente che risiede e dorme nel campo", ha spiegato il sindaco, "perché durante il giorno ce ne sono circa 300 in più che fanno capo al villaggio". In otto anni, sempre secondo i dati municipali, sono aumentate le famiglie ma è rimasto immutato il numero degli stanziali. Che sono molto giovani: il 40% è fatto da minorenni. Di questi il 18% è costituito da bambini sotto i 6 anni.

Umani come noi

Lo hanno sottolineato in tanti. Non sono più nomadi, né slavi né altro, ma italiani. Lametini da generazioni. Cittadini iscritti all'anagrafe con diritto di voto. Si tratta di integrarli. Elvira Falvo, Mariolina Tropea e lo stesso sindaco si sono sforzati di evidenziare il lavoro fatto con i programmi di recupero per i rom, ma non ci sono stati risultati determinanti. Scordovillo resta Scordovillo. Ghetto, bidonville, città proibita, bomba sempre innescata. Bubbone da estirpare.
Il cammino verso l'integrazione dei rom è lungo. Ieri lo sapevano tutti in aula, anche gli stessi zingari presenti. Due dei quali sono intervenuti col consenso del presidente del consiglio Francesco Muraca.
Pamela Bevilacqua, giovane rom: "Non siamo nomadi, chiamateci zingari. Il discorso del prefetto ci è piaciuto: abbiamo diritti e doveri di ogni cittadino. Così come anche voi avete diritti e doveri". L'anziano Francesco Bevilacqua, lunga barba bianca: "Vent'anni fa hanno trasferito alcune famiglie in un palazzo. Ma poi ci volevano cacciare anche da quella casa con l'accusa di portare un ciuccio fino al quarto piano. Ma come si fa a far salire le scale di quattro piani a un ciuccio?".

 
Di Fabrizio (del 10/04/2011 @ 09:27:49, in casa, visitato 1602 volte)

Questo è l'abstract dell'intervento presentato alla EWL-HWL Conference on Roma Women, svoltosi a Budapest il 7 Aprile 2011. Monica Rossi [1]

Un'Introduzione

Il Movimento di Lotta per la Casa è una organizzazione storica romana che si occupa del riutilizzo di spazi pubblici e privati per mezzo della pratica delle occupazioni. Questi movimenti di squatters sono in contatto con il governo della città che ha in alcuni casi riconosciuto le occupazioni per mezzo di Delibere specifiche concedendo la proprietà occupata o con l'accesso all'edilizia sociale. Il Movimento è così esteso e radicato che ha anche un membro eletto nel consiglio Municipale di Roma. Questi movimenti esistono sin dagli anni '60, quando le baraccopoli romane ospitavano 60.000 cittadini italiani senza casa. Il Movimento si è esteso nel corso degli anni, ed è stato affiancato da altre organizzazioni (ATTAC, Blocchi Precari Metropolitani ed altre), tutte impegnate nella causa dell'abitare a Roma, dove la mancanza di abitazioni e forme di povertà locale sono endemiche. Come etnografa che ha lavorato da 21 anni nelle baraccopoli romane, ho incontrato spesso questi movimenti nel corso delle mie ricerche, anche perché a partire dagli anni '80 questi gruppi hanno iniziato ad accogliere anche individui e famiglie di migranti.

Come è iniziato tutto:

Nel 2008 un gruppo di famiglie ed individui Rom rumeni, tutti provenienti da Kalarasi, si stabilisce in una grande area abbandonata nella periferia romana, lungo la via Casilina . Nel Novembre del 2008 vengono sfrattati per la prima volta. La soluzione offerta dal Comune di Roma fu quella di trasferirli in una vecchia cartiera già occupata da altri e poi abbandonata lungo la via Salaria, in condizioni di gran lunga peggiori di quelle che avevano vissuto nel campo. 
Una piccola ONG (Popica Onlus), che aveva svolto attività di volontariato presso questo gruppo, ed era allo stesso tempo in contatto con I Movimenti di Lotta per la Casa, decise di proporre ai Rom sfrattati di unirsi al Movimento, iniziando una serie di incontri comuni per verificare la fattibilità del progetto. Molti dei gruppi erano preoccupati all'idea di far accedere nelle occupazioni un'intera comunità di 90 persone, ma alla fine un gruppo di formazione più recente, i Blocchi Precari Metropolitani, accettò di fare un tentativo accogliendo I Rom in un grande complesso industriale abbandonato lungo la via Prenestina: il cosiddetto gruppo del "Metropoliz", già abitato da 110 fra italiani, marocchini, peruviani ed africani .
All'arrivo dei Rom è stato loro spiegato cosa fosse e come funzionava un'occupazione: tutte le decisioni vengono prese nell'assemblea alla quale tutti debbono partecipare, e dove ciascuno deve esprimere la propria opinione, L'assegnazione degli spazi è decisa in base ai bisogni dell'individuo o della famiglia. Le pulizie, la risistemazione ed il controllo dell'area vengono intrapresi collettivamente per mezzo di un sistema di turnazione. Sono proibiti i comportamenti aggressivi e violenti, è proibito picchiare o maltrattare donne e bambini. I bambini si recano regolarmente a scuola assieme ai bambini degli altri gruppi ed accompagnati dai loro genitori. L'idea di base è quindi quella della partecipazione diretta, secondo la quale ognuno deve assumersi la responsabilità dello spazio "Metropoliz" a livello individuale e collettivo. 

Risultati:

Dopo un anno e mezzo sono stati raggiunti i seguenti obiettivi:

1) Per la prima volta un gruppo di Rom entra in uno storico movimento locale come quello delle occupazioni, unendosi ad altri gruppi e spezzando la trappola etnica che ha portato alla creazione dei campi. Al di la dell'origine etnica, tutti gli occupanti che vivono a "Metropoliz" sono considerati come persone che condividono diritti e bisogni comuni, seguendo un percorso di autodeterminazione. Oggi vi sono almeno 5 nazionalità che vivono assieme, inclusi membri delle classi subalterne romane. Ciò ha permesso di evitare ogni forma di segregazione etnica ed ha prevenuto la nascita di rivalità o odio fra la popolazione locale e quella straniera. 
2) Per la prima volta è stato cambiato il meccanismo di leadership e rappresentanza politica fra tutti I gruppi coinvolti, compresi I Rom. Nell'esperienza di "Metropoliz" non esistono "capi" della comunità, capi famiglia o mediatori. Ognuno è responsabile per le proprie azioni e deve partecipare a tutte le riunioni e le attività collettive, esprimendo il proprio parere nelle assemblee senza considerazione del sesso, dell'origine o della posizione sociale. 
3) Nemmeno un euro è stato richiesto a privati o a istituzioni. Le persone del "Metropoliz" hanno rifiutato la logica dei bandi e quella della cementificazione. La città di Roma ha molte strutture abbandonate che potrebbero venire riutilizzate con relativamente poca spesa e secondo standard ecologici, offrendo così una soluzione al problema dell'abitare ma anche occasioni di impiego. Tutte le stanze, gli appartamenti, le zone comuni sono state risistemate dagli stessi occupanti utilizzando anche materiali riciclati e con l'aiuto tecnico del gruppo "Stalker" e di un ricercatore della Facoltà di Architettura dell'Università di Roma 3, Francesco Careru, che come me conosceva questa esperienza e l'ha sostenuta con forza.

L'idea di presentare qui questo progetto è dovuta al fatto che ho intenzione di farlo conoscere al più ampio numero di persone. Volevo mostrare come sia non ci voglia poi molto per implementare progetti che funzionino bene. Ci vuole impegno umano, scambio e condivisione delle conoscenze e delle risorse per raggiungere l'emancipazione attraverso la mutua cooperazione per un fine comune e oltre ogni appartenenza etnica. Una delle prime cose che fecero gli occupanti del "Metropoliz", fu quella di riprodurre nel cortile centrale il mosaico che si vede a Roma nella piazza del Campidoglio, sede del governo della città. Il messaggio è chiaro: siamo tutti cittadini di questa città.
Siamo dunque desiderosi di invitarvi a Roma per vedere questa esperienza con i vostri occhi. Siamo inoltre pronti ad interagire e cooperare con chiunque voglia replicare questo modello seguendo i semplici principi di autodeterminazione, autoresponsabilizzazione ed attenzione all'ambiente citati prima.

EWL-HWL Conference on Roma Women: Budapest, 7 April 2011

[a] Monica Rossi is a Visiting Research Fellow at the University of Birmingham UK, School of Government and Society

link per chi legge da Facebook

Ammassati in un capannone, separati da pannelli fatti di stracci per difendere quel minimo di privacy, in pessime condizioni igieniche e tutti sotto uno tetto con profonde infiltrazioni d'acqua. Sono le condizioni di vita di alcuni dei rom sgomberati che hanno accettato l'offerta di accoglienza del Comune di Roma secondo quanto denuncia l'associazione "21 luglio", impegnata nella capitale a favore del rispetto dei diritti dell'infanzia dei rom. In esclusiva per Redattore Sociale, il filmato realizzato all'interno della struttura con un telefonino mostra le condizioni di vita nell'ex Cartiera di via Salaria. Una struttura che ad oggi ospita circa 300 persone, di cui circa 170 minori e che secondo l'associazione non rispetta le norme minime di sicurezza. "La struttura sembra non essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge regionale n. 41/2003 -- spiega la "21 luglio" -, che disciplina l'ambito delle strutture di accoglienza sul territorio laziale, e non rispettare le disposizioni previste dalla normativa vigente in materia edilizia, igienico-sanitaria e di prevenzione incendi". Servizio di Giovanni Augello.


HOME IS WHERE YOUR HEART IS:
THE “METROPOLIZ” EXPERIENCE IN ROME



An introduction:
The Movement of the Fight for the Right to Housing (from now on MFRH)[1] is an historical Roman organisation dedicated to the re use of abandoned public and private building with the practice of squatting. These movements of squatters are in contact with the Municipality’s Government who has in many case recognised the occupations and often by mean of specific Deliberations[2] has conceded the building or granted access to social housing. The Movement is so large and rooted in the territory that it has even an elected member in the Municipality Council of Rome.
It exists since the 1960’s, at a time when the shanty towns in Rome were hosting some 60.000 impoverished Italians. This Movement in time has enlarged and it has been joined by others organisations (ATTAC, Blocchi Precari Metropolitani and others), all dedicated to the problem of housing in Rome, where lack of housing is chronical and local poverty endemic.
As an ethnographer who is working since 21 years in Roman shanty towns I have met them very often in the course of my researches, also because since the 1980’s these groups begun to welcome also migrant individuals and families.

How it all begun:
In the year 2008 a group of Romanian Roma families and individuals of circa 100 persons, all coming from Kalarasi, settles in a large abandoned area in the eastern periphery of Rome[3] along the via Casilina. After one year, in November 2008 they have been evicted for the first time. The solution offered by the Municipality was that of being transferred in a former squatted and abandoned paper factory[4] along the via Salaria in hygienic and living conditions which were even worse than that of the encampment.
A small NGO that was volunteering with members of this group and who was also in contact with the MFRH, decided to propose to the evicted Roma to join the Movement, and begun a series of meeting with the members of the Movement. Many were afraid of having a whole community of 90 people entering the occupation, but in the end a newly formed group, the Blocchi Precari Metropolitani, accepted to try and welcomed them in a huge former factory along the via Prenestina: the so called “Metropoliz” group, already inhabited by 110 Italians, Moroccans, Peruvians and African families[5].
When the Roma arrived it was explained to them how the place worked and was organised: all decisions are taken in the assembly, which must be participated from everyone and where everyone must express his/her views. The space would be assigned on the bases of family’s needs regardless any other consideration. Common tasks such as cleaning, fixing and patrolling of the area were also undertook collectively with turns. Abusive language and behaviour is banned, it is forbidden to beat or mistreat women or children. Children must go to school together with the children of the other groups accompanied by their own parents. The base idea of the project is the direct representation, and that everyone must take responsibility for the place, individually and collectively[6].

Outcomes:
After one year and a half there have been the following results:

1) For the first time a group of Roma entered into an historical local movement such as that of MFRH joining other groups and breaking the vicious ethnic trap which led to the creation of the encampments. Regardless of ethnic origins all occupants who live there are considered as people who share common rights and comon needs, in a self determination path. Also, there are now at least five nationalities living together, including impoverished working class Romans. This has helped to break also forms of ethnic segregation and jealousies which have been often the cause for rivalry and hate among locals and foreigners poors.
2) For the first time it has changed the mechanism of leadership and political representation among all the groups involved, including the Roma. In the “Metropoliz” experience there are no community leaders, prominent members of the community, head of families or mediators. Everybody is held responsible for his/her actions and must participate to all collective decisions and tasks, expressing his/her views in the assemblies regardless their sex, origin or social position.
3) Not a single euro has been asked to Institutions ot to Companies. The “Metropoliz” people refuses the logic of the public bids and that of cementification. The city of Rome has many abandoned buildings and warehouses like this, and they could be reused with relatively little money and according to environment friendly standards thus offering solutions to many problems like that of the lack of housing and unemployment.
All the public rooms, the apartments, common areas, common services have been refurbished and fixed by the same occupants with the technical help of the group “Stalker” and that of a Researcher of the Faculty of Architecture University of Roma 3, Francesco Careri, who like me, came to knew this project and strongly supported it.

The idea of presenting this project here is because I strongly wanted to disseminate it, in order to show that it does not take much to implement projects which work well. It takes human commitment, common sharing of knowledge and resources to gain empowerment through mutal human cooperation, outside social and ethnic boundaries of any kind.
One of the first thing the occupants did at “Metropoliz” was that of painting the mosaic which decorates the square of Campidoglio in Rome, home of the City government. The message is that we all are citizens of this city.
We are willing to invite you in Rome to see for yourself this experience. We are also eager to interact and to cooperate with anyone who wants to replicate this model, following the simple principles of self determination, self responsibilisation and attention to environment quoted above.

Monica Rossi is a Visiting Research Fellow at the University of Birmingham UK, School of Government and Society.

EWL-HWL Conference on Roma Women: Budapest, 7 April 2011

[1] Movimento di Lotta per la Casa.

[2] See for example: Comune di Roma, Deliberation n.110/2005 and a new one (which also includes the “Metropoliz”) is at the center of meetings between the Administration and the Movements for a future official assignment.

[3] The former military Airport “F. Baracca”, who later became a large Roma dwelling under the name “Casilino 700” (destroyed in 2000), only a few meters away from another historical Roman shanty towns first inhabited by Italians and later on by Roma, “Casilino 900” (destroyed in 2009).

[4] See video on You Tube here: http://www.youtube.com/watch?v=tLAdxUYkFJQ

[5] See video on You Tube here: http://www.youtube.com/watch?v=MeqIINjcOyY&feature=feedf_more

[6] The “Metropoliz” experience is strongly supported also by the Committee “Ex Casilino 900”, a group of which I am also part, composed by Academics, NGOs, Roma, Catholic groups such as the “Comunità di base S. Paolo”, teachers and many others who have joined together to contrast the policy of Roma encampments.

 
Di Fabrizio (del 12/04/2011 @ 09:51:51, in casa, visitato 1420 volte)

Pubblicato il 11/04/2011 da Virginia - di Matteo de Bellis, campaigner sull'Italia di Amnesty International, in visita in un campo rom di Milano.

Siamo in visita in uno dei campi rom che le autorità italiane vogliono smantellare in vista dell'Expo 2015, che si terrà a Milano.

In una giornata particolarmente calda, decisamente fuori stagione, nel campo di Triboniano possiamo vedere ciò che resta delle baracche recentemente smantellate, dopo che alcune famiglie avevano accettato di ritornare in Romania. Le autorità hanno immediatamente demolito le loro case per evitare nuovi arrivi nei campi.

Molti degli abitanti del campo discutono del loro futuro, quando il campo non ci sarà più. Le famiglie, principalmente provenienti dalla Romania ma anche bosniache, costituiscono la metà delle persone che vivevano qui lo scorso mese. Alcuni hanno accettato gli incentivi finanziari offerti dal governo per tornare in Romania.

Altre, 20 su un totale di 110, si trasferiranno negli appartamenti assegnati dalle autorità. Sebbene siano stati firmati dei contratti, gli alloggi offerti più tardi sono stati chiusi dal governo locale con lo slogan "Nessuna casa ai rom". Così le famiglie si sono rivolte a un tribunale. Stanno aspettando finalmente di trasferirsi, il prima possibile.

Solo poche famiglie hanno potuto trovare una soluzione abitativa nel mercato privato. Altre, soprattutto quelle con disabilità, ancora sperano nell'assegnazione di una casa popolare.

Camminiamo nel campo insieme a un operatore di un'Organizzazione non governativa locale, che conosce i nome di tutti gli abitanti. Una donna rom ci mostra la sua casa, una roulotte con un piccolo prolungamento davanti. Vive qui da qualche anno, insieme al marito e ai figli; ha un'espressione forte, ma ora è raggiante.

"Ci hanno assegnato un appartamento e ci trasferiremo nell'arco di tre settimane, siamo davvero molto contenti" – ci ha detto. "L'unico problema è che dobbiamo farlo prima della fine dell'anno scolastico e non voglio che i miei bambini all'improvviso interrompano la scuola. Li accompagneremo, ogni giorno fino a giugno, alla vecchia scuola anche se è abbastanza lontana. Mi dispiace lasciare Triboniano per i legami con i maestri e le madri dei compagni di classe dei miei bambini".

Ci viene da pensare ai bambini che sono tornati in Romania e a coloro che non hanno avuto la possibilità di completare l'anno scolastico in Italia.

Entriamo nell'area abitata dai bosniaci. Sono molto cordiali e una famiglia ci invita a sedere con loro.
L'odore di caffè e la musica da un'autoradio porta le nostre memorie a Sarajevo, anche se non ci siamo mossi dalla periferia di Milano.

Questa famiglia, che vive in Italia da quasi 30 anni, dovrà andare via prima o poi e non sa cosa farà quando il campo verrà chiuso, dato che nessuna delle alternative proposte sembra essere adatta per loro.

Mentre andiamo via ci domandiamo se forse ogni giorno non dovrebbe essere la Giornata internazionale dei rom e sinti.

 
Di Fabrizio (del 16/04/2011 @ 09:41:59, in casa, visitato 1608 volte)

InterNAPOLI.it 12-04-2011 L'operazione all'alba. Alex Zanotelli: «Eravamo un paese accogliente»

GIUGLIANO. L'operazione è cominciata questa mattina all'alba. Oltre 400 nomadi residenti nei campi rom a ridosso della zona Asi, sono stati sgomberati con l'ausilio di ruspe e di agenti delle forze dell'ordine. Si prevede che le operazioni di sgombero continueranno anche domani. Non sono mancati momenti di tensione. Sul posto è giunto anche il padre comboniano Alex Zanotelli, il quale ha annunciato che lascerà il campo nomadi «solo quando la prefettura mi darà rassicurazioni in merito alla sistemazione dei nomadi che non hanno trovato posto nei moduli abitativi, allestiti dal Comune di Giugliano». Nel nuovo campo infatti trovano posto appena 200 persone circa a fronte delle 500 che fino a oggi vivevano nella ''baraccopoli'' a ridosso della zona industriale di Giugliano. «Ho chiamato in prefettura ed ho rappresentato ad una funzionaria questa esigenza - ha spiegato padre Alex Zanotelli - ma fino ad ora non ho ricevuto alcuna risposta».

Non si sa dove andranno i rom sgomberati dai campi. Dopo che le ruspe hanno distrutto le baracche, alcune famiglie hanno lasciato la zona, altre stanno ancora raccogliendo le cose che hanno deciso di portarsi dietro, altre invece, alcune decine di nomadi, si sono accampati in due terreni non lontani da Ponte Riccio, entrambi nel territorio del comune di Giugliano. Alcune famiglie con i loro camper si sono sistemati nei pressi del cavalcavia della stazione ferroviaria. Altre invece a poca distanza dalla rotonda di Qualiano.

La preoccupazione viene rivolta in particolare per i tanti bambini, molti dei quali, frequentavano regolarmente le scuole. Solo domani si saprà quanti continueranno a frequentare regolarmente le scuole. La maggior parte di essi è praticamente nata a Giugliano e, sempre alcuni di loro sono figli di altri nomadi nati a Giugliano. Gli insediamenti hanno cominciato a mettere radici a Giugliano già 20 – 25 anni fa.

Alcuni volontari, rappresentanti di associazioni umanitarie, hanno provveduto alla distribuzione del pasto e dell'acqua. I servizi sociali del Comune di Giugliano hanno fatto sapere che i nomadi hanno rifiutato la colazione offerta loro in mattinata. «Solo una bambina - ha riferito all'Ansa Rosa Ariano, responsabile dei servizi sociali al Comune di Giugliano - ha accettato un pacco di merendine». Padre Zanotelli si è intrattenuto per l'intera giornata con i rom della zona Asi esprimendo loro solidarietà: «Una volta eravamo un popolo ospitale - ha commentato il sacerdote - ma ora sembra che non ci sia più umanità».

Appartengono a varie etnie i rom sgomberati dai campi giuglianesi. Molti di loro provengono dalla ex Jugoslavia. Lo sgombero del campo era già stato predisposto e pianificato da settimane e legato a problemi di salute pubblica. Esso infatti insiste su un terreno fortemente inquinato e destinato alla bonifica. Ma la presenza dei rom aveva creato problemi al consorzio di imprenditori locali che opera all'interno dell'area per i furti di cavi di rame e di energia elettrica. Proprio per questo motivo gli imprenditori del Cig da anni si battono con istituzioni, Comune e prefettura, affinché venisse trovata una soluzione al problema: «Lo sgombero non era più rinviabile perché i nomadi non potevano più vivere in queste assurde condizioni igienico-sanitarie. Ma d'altra parte dico anche che ora gli imprenditori non hanno più alibi e devono investire, come anche le istituzioni devono fare il loro dovere - è il commento che in mattinata ha rilasciato il presidente degli industriali giuglianesi, Angelo Punzi - Ora ci aspettiamo che venga bonificata l'area e che venga garantita la sicurezza soprattutto per i nostri clienti, che molto spesso in questa zona non volevano proprio venire La nostra sfida – aggiunge Puzi - è anche quella di realizzare un centro servizi per tutti gli imprenditori, siamo sicuri che nel giro di poco tempo potremmo aumentare considerevolmente il numero di lavoratori impiegati».

 
Di Fabrizio (del 26/04/2011 @ 09:00:27, in casa, visitato 1887 volte)

Segnalazioni di Marco Brazzoduro

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Da donnecontroilrazzismo

L'occupazione della Basilica di S Paolo da parte dei rom che erano stati sgomberati venerdì scorso si è conclusa stasera con la sconfitta del sindaco e del suo piano sgomberi. Grazie alla resistenza compatta dei rom, grazie alla presenza della stampa e delle tv che hanno dedicato molto spazio alla vicenda, grazie anche al presidio ininterrotto dei firmatari del documento qui sotto, la Caritas ( impegnata ai massimi livelli in trattative durate due giorni) è riuscita a far accettare al sindaco la proposta di farsi carico delle famiglie e di ospitarle in un centro della Caritas. Stasera sono partiti tutti/e verso la nuova struttura, e spero che finalmente possano dormire in un letto dopo due o tre notti passate in bianco , sul pavimento e senza potersi lavare.
Resta la soddisfazione per una battaglia, una volta tanto vincente, e la convinzione che dobbiamo rafforzare la rete antirazzista cittadina e non abbassare la guardia per quanto riguarda la garanzia dei diritti umani per tutti/e.
Buona Pasqua, finalmente,
Francesca

Umano e disumano
E' questo oggi l'unico fronte che attraversa Roma e l'Italia.
Da un lato il sindaco, il prefetto e sempre troppi ingenui che, sempre meno incolpevoli, per paura di guardare con i propri occhi la realtà credono alle vergognose parole di qualche istituzione. Dall'altra i Rom che dopo essere stati "sgombrati" non accettano di scomparire nel nulla, di rendersi invisibili e con tenacia, sotto la pioggia, chiedono di esistere e di essere rispettati, chiedono alla chiesa cattolica di aprir loro le porte.
Quanto è successo ieri è disumano, inaccettabile. I gendarmi hanno filtrato l'accesso alla veglia pasquale nella basilica di s. Paolo: no ai Rom -donne e bambini compresi – no agli attivisti; si ai pellegrini. Tanti fedeli hanno rifiutato il privilegio e si sono uniti a noi gridando vergogna; una coppia che doveva battezzare il proprio figlio si rifiuta ed esce con noi tra gli applausi. Vergogna!
Oggi è pasqua e associazioni vicine ai Rom preparano il pranzo della solidarietà con tutta quella Roma umana e solidale che si vergogna delle proprie istituzioni, cittadini e cittadine che vogliono essere vicini ai Rom, ai tunisini, agli ultimi.
Ormai non c'è più alcuna trattativa.
Una giovane coppia di Rom con due gemelline di 10 giorni, dopo la solerte ordinanza del sindaco che ha ordinato la rimozione della tenda disposta dall'XI Municipio per accoglierli, chinano il capo – sotto la pioggia bimbe così piccole rischiano di morire – accettano il rimpatrio. Chissà se avranno diritto ai mille euro che le istituzioni, per lavarsi le mani, promettono di dare a chi accetta il rimpatrio.
I Rom sono qui. Noi siamo qui. Qui è ciò che resta della nostra civiltà.
No al piano "nomadi". No agli sgombri. No ai respingimenti.
Restiamo umani.

A buon diritto
Action
Aiz onlus
Arci Roma
Arpjtetto
Ass. Popica
Ass. Stalker
BPM – Blocchi Precari Metropolitani
Casa dei diritti Sociali
Collettivo antagonista Primavalle
Comitato ex Casilino 900
Comunità di Base S. Paolo
CSOA ex Snia
CSOA La Strada
Donne Contro il Razzismo- Casa Internazionale delle Donne
Federazione Romanì
Forum Immigrazione PD
Funzione Pubblica CGIL Roma Ovest
Osservatorio Antirazzista Pigneto
Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese
Rifondazione Comunista FdS

 
Di Fabrizio (del 28/04/2011 @ 09:36:28, in casa, visitato 2019 volte)

Da British_Roma

IDEBATE.org Dale Farm: Il Pogrom di Pickles By Ian Abley

Pogróm è una parola di origine yiddish ed è una parola che significa "devastare, demolire violentemente, distruggere o devastare una città".

16/04/2011 - Eric Pickles, ministro britannico alle comunità, sta progettando di demolire, distruggere e devastare mezza Dale Farm, a Oak Lane, Crays Hill, vicino a Billericay. Situata a nord, nelle ora consolidate "plotlands" attorno alla nuova cittadina post-guerra di Basildon nell'Essex, Dale Farm ospita circa 1.000 persone.

Non è una fattoria (farm in inglese, ndr). Si tratta di un ex terreno abbandonato, all'incrocio tra la A127 e la M25, di proprietà degli stessi zingari e viaggianti. Ha costruito i loro chalet su circa 100 piazzole, grandi abbastanza da includere lo spazio per i caravan delle famiglie e degli amici. Il loro problema è che l'autorità locale ha cambiato il suo atteggiamento nel permettere a zingari e viaggianti di rimanere su questo sito [...]. Oggi l'autorità locale èper la maggior parte schierata contro i residenti di Dale Farm.  Ma non fu sempre così in questo pezzo di Essex, con una lunga storia di "plotlands".

Negli anni '60 c'erano meno di 10 lotti su Oak Lane. Col tempo l'autorità locale, il consiglio di Basildon, concesse il permesso di edificare su circa 40 ulteriori piazzole. L'atteggiamento poi si radicalizzò nel 2000. Le autorità locali decisero che non si potevano aggiungere piazzole a Dale Farm, e che aver permesso nel passato di costruire era stato un errore. I residenti si sono trovati l'opposizione a nuove costruzioni sul loro terreno, e le circa 50 case costruite nel XXI secolo non hanno ottenuto i permessi dall'autorità locale che ora voleva eliminare anche le altre. Metà delle case sono legali. L'altra metà è stata costruita su terreni di proprietà ei residenti, ma che le autorità locali ora vedono come "Green Belt" (Cintura Verde ndr). Zingari e nomadi hanno di fronte un'autorità locale che, nonostante la storia delle "plotlands" a Basildon, si è malignamente rivolta contro di loro.

Per ulteriori informazioni: http://dalefarm.wordpress.com

Su Google Earth guardate il rettangolo di poveri edifici familiari sulla Green Belt a Dale Farm, Oak Lane, Crays Hill, Billericay, Essex, CM11 2YJ. Zingari e viaggianti di Dale Farm hanno mostrato come si potrebbero soddisfare le proprie esigenze abitative, se solo le autorità locali fornissero i permessi di edificazione. Adesso il consiglio di Basildon intende spendere 8 milioni di sterline per demolire le loro case, oltre ai costi per l'azione della polizia. Il Daily Mail ha affermato che la polizia dell'Essex ha chiesto al ministero degli interni 10 milioni di sterline per coprire i costi della polizia. (1) Che tipo di pazzesca tirannia pianificatoria si ha quando alla gente - proprio come voi e me - viene impedito di progettare e costruire in un campo le proprie case?

Di fronte ad una sfida alla legislazione del 1947, il sistema di pianificazione sta agendo disperatamente nell'obbligare a demolire le case di Dale Farm. Il governo di coalizione ha promesso sino a 1,2 milioni di sterline per aiutare il consiglio di Basildon a cacciare zingari e viaggianti. (2) Il consiglio di Basildon ha chiesto al dipartimento per le comunità ed il governo locale (CLG) 3 milioni di sterline per contribuire a finanziare lo sgombero. (3) Non è per soldi, ma il principio che più preoccupa Eric Pickles, che ora va oltre. Promette che il CLG sarà consultato sulle nuove linee guida di programmazione, per rafforzare i poteri degli enti locali nell'agire contro gli "sviluppi non autorizzati". Dale Farm può essere non autorizzato, ma sono l'autorità locale, CLG ed infine Eric Pickles in quanto segretario di stato che rifiutano l'approvazione dei permessi di edificazione. In caso contrario il conflitto non esisterebbe e 1.000 persone sarebbero lasciate in pace.

Pickles è determinato a cancellare zingari e viaggianti. Ha detto all'Evening Standard che "... stiano dando ai consigli il potere e la discrezione di proteggere l'ambiente ed aiutare a ricostruire le relazioni comunitarie." (2) Intende, naturalmente, che non vede nessun posto nella comunità locale per zingari e viaggianti. Li rimprovera per ogni tensione nelle relazioni locali, quando tutto ciò che vogliono è essere lasciati in pace. Si appella agli ideologi verdi, quando la Cintura Verde che avvolge Dale Farm è terra di rifiuti. James Heartfield l'ha puntualizzato su Spiked! nel 2009, quando i residenti di Dale Farm erano, ancora una volta, incapaci di superare il sistema legale di pianificazione. [...]

"La legge che il consiglio di Basildon sta sostenendo è quella che protegge la cosiddetta "Green Belt", che dovrebbe interrompere le nostre città con splendide campagne incontaminate. Sheridan ed i suoi compagni viaggianti non hanno preso la terra di nessun altro, hanno costruito le loro case sui loro terreni. Ma sono puniti perché hanno peccato contro la vacca sacra che è la campagna inglese." (4)

Anche Pickles probabilmente ammetterà che vaste aree della Green Belt, particolarmente nell'Essex, sono di scarsa qualità, ma come il New Labour prima di lui, non lo lascerà usare per viverci, in particolare non con i lavoratori. Intravede un'opportunità di usare "l'onesto" popolo lavoratore contro gli operosi ed indipendenti zingari e viaggianti che hanno infranto la stupida legge sulla pianificazione, e sfidato l'idea reale di un'ecologia protettiva. Così ora Pickles sta andando a fondo nel pregiudizio verde che le persone stiano invadendo la campagna e debbano essere contenute. A Dale Farm sta attingendo nel pregiudizio degli ambientalisti che le famiglie numerose siano un problema. A molti zingari e viaggianti piace avere grandi famiglie, che si curano una dell'altra, ma la loro cultura socievole è evidentemente in contrasto con l'idea anti-umana tra i verdi che la crescita della popolazione sia una minaccia al pianeta.

Il pregiudizio anti-umano è comune agli ambientalisti, ma viene diretto da Pickel verso una pressione sul sistema di pianificazione con una presunzione legale di "sviluppo sostenibile". Pickles sta dicendo che zingari e viaggianti che costruiscono case rappresentano lo sviluppo insostenibile che il suo Quadro Politico di Pianificazione Nazionale intende fermare.

Le famiglie numerose che violano la legge urbanistica, e costruiscono sulla Cintura Verde in maniera che il governo definisce insostenibile, sono per Pickles inaccettabili. Lui incoraggia la comunità locale ad organizzarsi per mandarli via, e ad adoperare la polizia per sgomberare le case dai loro terreni. Nel 2011 Pickles sta progettando un pogrom contro zingari e viaggianti. Come riconosce persino The Guardian, anticipando "La battaglia di Basildon", Pickles "... sta convertendo il suo personale percorso di veemente opposizione ai siti non autorizzati dei viaggianti in politica di governo." (5)

Eric Pickles è un nazionalista per la separazione sociale, ma non è fascista, e probabilmente odierebbe essere inteso come razzista. Ritiene di lavorare per proteggere il pianeta, mentre parla di una "Grande Società" agli uomini d'affari (6), volendo in realtà una Piccola Gran Bretagna sostenibile che faccia virtù dell'intolleranza parrocchiale. Pickles è abile a sfruttare le divisioni politiche. Naturalmente, questa controversia non è nuova, né di conseguenza si limita a Dale Farm. Molto dipende dal risultato. Ai residenti fu ordinato di andarsene nel febbraio 2007, quando Ruth Kelly concorreva per il CLG, ma loro presentarono ricorso contro la decisione. (7) Il caso Dale Farm si trascina dal 2001. Il leader del consiglio di Basildon, Tony Ball, insiste: "ciò che è sbagliato è sbagliato, e non ci può essere una regola per un gruppo ed una per un altro. Bisogna accogliere la legge sul suolo." (8) Sa che la legge sulla pianificazione ferma tutti dal costruire sulla propria terra, a meno che l'autorità locale accetti il progetto. Ball se che se anche zingari e viaggianti di Dale Farm non fossero presi ad esempio, ci sarebbero un sacco di persone attorno a Basildon, nell'Essex ed in Gran Bretagna che vorrebbero costruire sulla propria terra. Consiglieri come lui non avrebbero più il potere di rifiuto e di demolizione che Eric Pickles si aspetta venga esercitato a nome del governo nazionale. Ball non si può immaginare un sistema di pianificazione basato sulla persuasione piuttosto che sulla negazione universale dei diritti di sviluppo:

"Guardate le alternative. Se un consiglio chiudesse un occhio sulle violazioni della legge, quale diritto morale avremmo per farla valere contro chiunque altro la infrangesse? La Cintura Verde è lì per una ragione. Per fermare l'espansione urbana incontrollata." (9)

Se vincessero i residenti di Dale Farm, molta più gente potrebbe sfidare il divieto a costruire in tutta la Gran Bretagna [...]. I progettisti dovrebbero ottenere appoggio per qualcosa di positivo che sarà costruito dai proprietari terrieri, avendo perso il potere di dire "No".

Tony Ball, leader del consiglio di Basildon, ha difeso il piano di sgombero in un'intervista televisiva il 15 marzo 2011 su www.bbc.co.uk.

Senza alcun dubbio Ball vuole che i residenti di Dale Farm se ne vadano. Sembra disposto a permettere almeno un quadro limitato di opportunità ai residenti perché trovino una sistemazione alternativa. (10) Eppure Ball appare ancora totalmente insensibile al fatto che i residenti di Dale Farm vogliono la libertà di scegliere di restare sulla loro terra, a Oak Lane, Crays Hill. Fino all'intervento del segretario di stato Pickles sembrava che 28 giorni di preavviso di sgombero non potessero essere notificati rapidamente ai residenti. D'altra parte Pickles sta raccomandando pubblicamente a tutte le autorità locali di osservare i movimenti di zingari e viaggianti durante le feste pasquali. Rosa Prince, su The Telegraph, non ha tardato a ripetere l'allarme di Pickles prima delle vacanze, quando ha urlato:

"I viaggianti erano conosciuti in passato per approfittare delle festività per "occupare le terre", installandosi su terreni dove non avevano autorizzazione a sostare, e per fare poi domanda di permesso per costruire una volta che il comune riapriva... I consigli inoltre sono stati autorizzati ad opporsi ai permessi retroattivi richiesti dagli zingari e da altri, ed offrire più diritti per far rispettare gli avvisi di rimozione contro chi agisce illegalmente." (11)

Zingari e viaggianti di Dale Farm hanno bisogno di essere difesi contro il pogrom distruttivo e socialmente divisorio che Eric Pickles sta pianificando. Questi chalet non dovrebbero essere demoliti. "Dovunque non siamo benvoluti. Non ci hanno voluto nelle campagne. Non ci hanno voluto in città," ha detto Candy Sheridan a The Guardian. Viaggiante irlandese e vice presidente del Gypsy Council 2010, fondato nel 1966, è occupata ad aiutare gli altri attraverso il sistema di pianificazione. "I consiglieri non ci vogliono vedere," ma "siamo parte del paese dove siamo da 600 anni. Abbiamo più diritti noi di starci rispetto a loro." (14) Non c'è abbastanza spazio per tutti nel 90% della Gran Bretagna che non è edificata.

La Gran Bretagna dovrebbe spingere per la libertà universale a costruire, non a demolizioni forzate, dirette contro pochi. Non fatevi ingannare dalle incredibili menzogne di Eric Pickles. Lui ce l'ha contro zingari e viaggianti, che minacciano il suo sistema di pianificazione. Per Pickles sarà una lunga battaglia.

 
Di Fabrizio (del 29/05/2011 @ 09:39:01, in casa, visitato 1514 volte)

Quattro miliardi di lire del 1997. Questa, secondo il Corriere della Sera, la cifra che la giunta di Milano di centrodestra voleva investire per "un villaggio organizzato di tutto punto, dalle piazzole per le roulotte con allacciamenti per la luce e per il gas, ai campi di calcio". In favore di chi e di che cosa? Ma dei nomadi, no? Chi altri?

"E' la prima volta che Milano cerca di risolvere con grande dignità e finanziamenti cospicui il problema dei nomadi, tuttora sparsi in campi obsoleti ai margini dei quartieri periferici", dichiarava il vicesindaco Riccardo De Corato (e il Corriere specificava: "con orgoglio").

Altro che il programma del Pisapia candidato sindaco della sinistra: un "autentico stupidario" che, secondo le parole dello stesso De Corato, in versione aggiornata 2011, "dietro l'ambigua parola 'autocostruzione' intende dare case cascine ristrutturate a tutti i rom abusivi".

"Milano il Paese di Bengodi. Ha ragione Bossi, la città sarà zingaropoli", tuona oggi De Corato. Vuoi mettere con Nomadopoli, quel villaggio organizzato di tutto punto, auspicato dalla sua collega Ombretta Colli nel 1997?

Il vice sindaco e assessore alla Sicurezza, candidato al Consiglio Comunale di Milano come secondo capolista per il Popolo della Libertà, continua prevedendo catastrofi: "A Milano 6.500 se ne sono andati grazie a oltre 500 sgomberi. Ora ne rimangono 1500. Ma con quella lauta prospettiva faranno immediata marcia indietro. La voce correrà fino in Romania dove i rom sono 2 milioni. Che dunque busseranno alla porta per avere anche loro una casa o un rustico tutto per loro". "A questo punto - aggiunge De Corato – è interessante sapere in quale quartiere sorgerà questa immensa zingaropoli. Dove verranno costruite queste palazzine per i nomadi, quali sono le cascine dove troveranno posto rom romeni, sinti siciliani e spagnoli con camper e roulotte".

Eh sì, qui è la voce dell'esperienza che parla. Forse De Corato ricorda ancora i cittadini di Rozzano che si erano messi di traverso perché quel villaggio perfetto, vicino a casa loro, non lo volevano proprio.

"Il sindaco Pds di Rozzano boccia il campo Rom al Gratosoglio" titolava il Corriere. Sì, il sindaco Pds, la signora Maria Rosa Malinverno, una pericolosa estremista, che fece addirittura un ricorso al Tar contro quella Nomadopoli detta anche "Villaggio Lambro meridionale", fiore all'occhiello delle politiche sociali della giunta Albertini.

"Rozzano sta esagerando, dimentica che il terreno è di Milano. Noi chiudiamo due villaggi dove i nomadi erano in condizioni disperate e ne apriamo un altro dove vivranno dignitosamente" aveva risposto l'assessore Ombretta Colli. "Poi, certo, capisco i disagi e le proteste dei cittadini: hanno perfettamente ragione. Ma le leggi sui nomadi e i clandestini non le facciamo noi".

Poi le fecero loro.

 
Di Fabrizio (del 09/06/2011 @ 09:58:25, in casa, visitato 1514 volte)

Gazzetta di Reggio

Aggiornato il regolamento comunale sulle aree di sosta Parole di fuoco, la Zarina si scaglia contro il centrosinistra

Cambia e si aggiorna il regolamento comunale per l'allestimento e il funzionamento delle tre aree di sosta per i nomadi, che diventano meno campi di sosta libera e più una sorta di "campeggio" con tariffe per la sosta e le utenze e con maggior controlli e responsabilizzazione di chi vi risiede.

Un tema che pareva destinato a scatenare una nuova polemica tra Pd e Lega, ha visto invece le due forze politiche votare congiuntamente le proposte di modifica approvate dal consiglio, mentre il Pdl ha votato contro.

Diverse le motivazioni che hanno portato ad una votazione congiunta su un argomento sollevato dalla Lega. Prima fra tutte il lavoro preparatorio in commissione, ma poi il Pd è arrivato al sì perché il regolamento, che è del 1997, andava aggiornato. «E le modifiche approvate non fanno altro - ha detto l'assessore al Welfare Sassi - che inserire la prassi che il Comune già applica dal 2007».

Per la Lega invece si è trattato di una iniziativa per responsabilizzare maggiormente i nomadi, che sono portatori di diritti e di pari doveri e debbono essere trattati al pari degli altri cittadini. Non a caso spesso il confronto utilizzato dalla Lega è stato quello tra i residenti delle case popolari e quelli dei campi nomadi, per evidenziare la necessità di un principio di equità tra tutti i cittadini.

Chi invece si è chiamata fuori dal coro, è stato l'ex sindaco Antonella Spaggiari di Città Attiva, che ha accusato la maggioranza di aver fatto in campagna elettorale promesse che poi non ha mantenuto come la creazione delle micro campine e sostenendo inoltre «che la gestione e la tutela delle minoranze si fa anche per la tranquillità della maggioranza». Per cui, ha aggiunto, la Spaggiari, occorre un progetto e risorse da destinare in primo luogo alla scolarizzazione delle nuove generazioni di nomadi, che questa giunta non ha.

Una critica a cui l'assessore Matteo Sassi ha risposto elencando i dati relativi alla scolarizzazione dei nomadi nel comune di Reggio e che vedono nel corrente anno scolastico 99 bambini frequentare la scuola elementare, 73 ragazzi (con 9 abbandoni) alla scuola media e altri 16 (con 7 abbandoni scolastici) frequentare le scuole superiori o di formazione. A conferma di un impegno che sta andando avanti. Il nuovo regolamento prevede che per le utenze i contratti siano individuali, che vi sia una responsabilità personale per i danni arrecati alle strutture, maggiori controlli da parte della polizia municipale e maggior attenzione per la gestione dei rifiuti nelle aree di sosta.

[...]

Roberto Fontanili

 
Di Fabrizio (del 10/06/2011 @ 09:48:11, in casa, visitato 1403 volte)

A due mesi dal blitz nell'Asi nessuno ha provveduto a risistemare la comunità che da 30 anni vive in quei luoghi. Giugliano, dopo lo sgombero 3 nuovi accampamenti su terreni privati. Le associazioni mettono sotto accusa il sindaco Pianese e la prefettura - di TIZIANA COZZI

Li hanno mandati via due mesi fa dall'area industriale Asi di Giugliano, con la promessa di sistemarli altrove. Con le ruspe hanno buttato giù le loro baracche vecchie di trent'anni ma i nomadi sono rimasti lì. Per sessanta giorni hanno dormito nelle automobili, nei furgoni. Sono circa 500, 466 per l'esattezza, hanno occupato terreni e campagne private, non si sono mossi di un millimetro dall'area dove hanno vissuto più di un trentennio: la loro casa, più provvisoria che mai, è intorno al centro commerciale Auchan di Giugliano, una porzione di terreno praticamente invasa dai senzatetto nomadi. Lì vivono i rom rimasti fuori dalle assegnazioni del piccolo campo nato nell'area industriale Asi. Una tribù di senzatetto, tra cui 275 minori (147 tra 0 e 5 anni, 128 dai sei ai 16 anni) costretti a sopravvivere in difficili condizioni. Nessun servizio igienico, immersi nel fango e nella sporcizia, vivono come vagabondi accampati in mezzo alle campagne, senza un minimo di tutela. Tre gli accampamenti di fortuna nati su aree private che adesso i proprietari legittimi reclamano. Due intorno all'area del centro commerciale, uno nei pressi della stazione ferroviaria.

Una situazione di emergenza più volte segnalata al Comune e al prefetto, che però stenta a trovare una via d'uscita. Venerdì è previsto l'incontro con il sindaco Giovanni Pianese e con il prefetto Andrea De Martino, alla presenza di una delegazione di nomadi e di padre Alex Zanotelli.
"È una situazione davvero grave - dice Alexander Valentino del comitato "Con i rom" - restano lì perché ci hanno vissuto trent'anni e non sanno dove andare. Ma ogni giorno le pattuglie di polizia li controllano, ripetono di continuo che devono andarsene. Come è possibile che non ci sia una soluzione?". Nemmeno un mese fa, un bimbo ha perso la vita in uno dei tre accampamenti: viveva nel furgone con i genitori. E ora, con il caldo la situazione può soltanto peggiorare.

La soluzione ci sarebbe: un territorio confiscato alla camorra a Quarto. "Lo abbiamo visto assieme all'Opera Nomadi e ad una delegazione di rom - racconta Valentino - loro erano entusiasti. Ma alla fine l'accordo non c'è stato anche perché il terreno individuato si trova proprio al centro di una zona residenziale con villette private. Non è esattamente il posto adatto per 500 nomadi".

Nell'attesa, ognuno si arrangia come può. Chi ha lavoro e soldi ha comperato un camper. Gli altri hanno provato a costruirsi una baracca in legno ma la polizia gliel'ha impedito. In tanti si sono procurati vecchie roulotte, prestate da parenti o amici. Una situazione tale non può andare avanti per molto. In due mesi, però, nessuno ha trovato una soluzione. "Ci incontreremo con il prefetto e i proprietari dei suoli - spiega il sindaco di Giugliano Giovanni Pianese - ma non ci sono molte soluzioni sul tavolo. C'è l'ipotesi Quarto oppure si può temporeggiare nell'attesa dei provvedimenti giudiziari di sgombero. I proprietari si sono rivolti alle autorità per far liberare i loro terreni". Un progetto forse esiste: l'ennesimo sgombero.

 

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