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La redazione
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 22/06/2007 @ 09:40:07, in casa, visitato 1764 volte)

Il Comune vuole sgomberi sempre e comunque, nonostante in Questura crescano i dubbi

“E adesso?” È questa la domanda che serpeggia in Questura. A denti stretti e assolutamente in via non ufficiale. Eppure l’interrogativo si fa sempre più insistente poiché la Giunta, con in testa il Vicesindaco, sembra non sentire ragioni.
Nei mesi scorsi gli strateghi di Palazzo Marino hanno tracciato la via –Milano è attanagliata dalla criminalità– e dopo le fiaccole è iniziata la giostra degli sgomberi.
Del resto l’equazione tra la figura dell’immigrato-povero-senza tetto e quella del criminale fa ormai parte delle ossessioni radicate nel profondo di una città invecchiata, acritica e capace di sentirsi viva solo quando spaventata. Pertanto la serie di sgomberi degli ultimi giorni, destinata probabilmente a non fermarsi nell’immediato, costituisce solo un altro elemento dell’ennesimo dispiegarsi dell’ossessione securitaria all’ombra della Madonnina.
Rimane però la domanda:“E adesso?” che racchiude sia una preoccupazione immediata che una a lungo termine. Infatti gli sgomberi riguardano spesso cittadini ormai comunitari come i Rom rumeni o africani con permesso di soggiorno per motivi umanitari come coloro che da un anno e mezzo hanno fatto il giro della città passando dallo stabile di via Lecco, all’ex caserma di via Forlanini per arrivare alla scalo ferroviario abbandonato di Porta Romana.
Il Comune può anche continuare ad affrontare la situazione limitandosi ad invocare l’intervento delle forze dell’ordine e ignorando situazioni drammatiche come quella dello scalo di Porta Romana, ma una volta rientrati in caserma poliziotti e carabinieri le risposte vanno date sia alla città che ad esseri umani che non si possono rispedire nei paesi d’origine.
È possibile che i responsabili di via Fatebenefratelli siano più lungimiranti di chi governa a Palazzo Marino?
Sembra proprio di sì. Infatti per quanto ci è dato sapere la Questura preferirebbe tenere sotto controllo le situazioni che non si configurano come territori franchi in mano alla criminalità più o meno piccola e colpire invece i contesti di abusivismo e occupazione dove si commettono reati e si creano catalizzatori di attività illegali. Il Comune invece esige sgomberi, sempre e comunque. Anche un’Assessore di peso come Mariolina Moioli, che sulla ‘questione Rom’ aveva provato la strada della mediazione, è stata rimessa in riga. A Palazzo Marino è prevalsa la linea dura; su questo il Vicesindaco è stato chiaro.
Meno chiaro è l’obiettivo.
Infatti, se si tratta di risolvere un problema della sistemazione di centinaia di persone che non possono essere rimpatriate una successione di sgomberi significa non risolvere nulla. Se, al contrario, l’obiettivo è quello di continuare a giocare la carta securitaria la girandola degli interventi affidati unicamente alle forze dell’ordine sono assai utili; poiché è ovvio che non appena si risolvesse il problema non ci sarebbe più nessuno da sgomberare.

Beniamino Piantieri

 
Di Fabrizio (del 22/06/2007 @ 11:47:30, in casa, visitato 1975 volte)

Ricevo da Paolo Cagna Ninchi

Al prefetto di Milano

Al consiglio comunale di Milano

Alla società civile di Milano


Il consiglio comunale di Milano ha deciso unitariamente con la sola opposizione di cinque di consiglieri della minoranza, di sgomberare a tappeto i campi senza predisporre nessun tipo di soluzione per centinaia di rom rumeni che si trovano ora in condizioni disperate determinando gravi situazioni di tensione come è avvenuto al campo di Triboniano.

Le conseguenze di questa scelta destano grandissime preoccupazioni. Questi sgomberi non offrono alternative: uomini, donne e bambini vengono semplicemente abbandonati a se stessi costringendoli a cercare rifugi di fortuna o, peggio ancora, a bivaccare nei parchi milanesi. Costretta a un nomadismo da tempo abbandonato perde le tracce di integrazione che si erano create - occasioni di lavoro, inserimento scolastico - una popolazione che ha lasciato il disastro della loro terra per cercare la loro piccola parte di felicità nell'opulenta Lombardia e per questo sono disposti ad accettare condizioni che una società normalmente civile non dovrebbe consentire a nessuno.

Chi voleva, a parole, la sicurezza ora soffia sul fuoco

genera una situazione di degrado umano e di conflitto;

legittima le azioni squadristiche contro i rom di leghisti e razzisti vari;

giustifica chi pensa che cittadini stranieri, persone e popoli abbiano meno diritti e più leggi speciali, secondo precedenti storici che hanno tragicamente segnato la storia umana;

infine abbandona a se stesse le molte associazioni e i volontari che agiscono sul sociale e seguono i rom..

Noi crediamo che una politica responsabile e degna di un Paese civile non debba inseguire il malcontento, il disagio e anche il pregiudizio ma costruire le condizioni di diritti e doveri uguali per tutti per una convivenza pacifica e rispettosa delle .diverse culture.

Per questo chiediamo alle autorità prima di tutto di sospendere questa scelta dissennata che porta solo tensione, che si trovino nell'immediato soluzioni che rispettino la dignità e la condizione umana dei rom, infine che le aree vengano svuotate solo dopo aver trovato soluzioni abitative adeguate per tutti, avviando una politica concordata anche con i rom di processi di inserimento reale nel mondo lavorativo e sociale; dopo aver consegnato alla gestione delle forze dell'ordine e al sistema di giustizia solo chi lo deve essere.

Bisogna abbandonare la logica dei campi e prevedere, come è avvenuto e avviene in molti altri paesi, sia in Italia che in Europa, percorsi di inserimento sociale, lavorativo ed abitativo adeguato, come anche per i rifugiati e richiedenti asilo.

Facciamo perciò un appello

alle istituzioni e alla politica perché tornino a produrre e proporre idee, contenuti, progetti per l'agire sociale della nostra comunità, mettendo al centro il diritto-dovere dell'accoglienza di una città, il rispetto dell'interesse generale di tutti i cittadini, italiani o stranieri che siano;

alla società civile perché intervenga anche con atti concreti manifestando la volontà di. rifiutare una comunità fondata sull'esclusione e sull'odio esercitato sui più deboli e indifesi dei nostri concittadini.

Adesioni aggiornate: Acea Onlus, Accesso coop.sociale , Mario Agostinelli, Salvatore Amura, ARCI Milano, Paola Arrigoni, Associazione Altropallone, Associazione Aven Amenza, Associazione Cittadini dal mondo, Associazione Comitato italiano contro la schiavitù moderna, Associazione Oltre il Campo, Associazione OsservAzione, Associazione Guerre&Pace, Associazione culturale Punto rosso, Associazione Rom Sinti @Politica, Associazione Liberi, Associazione NAGA, Associazione Sinistra critica, Associazione Sucar drom, Associazione Todo Cambia, Associazione Unaltralombardia, Daniele Barbieri, Gabriella Benedetti, Pierluigi Branca, Paolo Cagna Ninchi, Grazia Casagrande, Fabrizio Casavola, Marco Cavedon, Circolo migranti PRC-SE, Comitato per le libertà e i diritti sociali, ConGES Consorzio Giusto Etico Solidale, Sergio Cusani, Bianca Dacomo Annoni, Giorgio D'Andrea, Deafal ong, José Luis Del Roio, Festa dei popoli di Opera, Diario Fo, David Gentili, Massimo Gentili, Marina Gori Sanremo, Roberto Guizzi, Marcello Maneri, Marina Mariani, Pietro Maria Maestri, Ainom Maricos, Andrea Membretti, Giovanni Merlo, Luciano Muhlbauer, Giuseppe Natale, Alfonso Navarra, Giorgio Nobili, Opera nomadi, Officina Soc. Coop, Osadonna, Moni Ovadia, Michele Papagna, Stefano Panigada, Luigia Pasi, Dijana Pavlovic, Fabio Quassoli, Franca Rame, Valentina Rossi, Anna Maria Satta, SDL intercategoriale, Sergio Segio, Bebo Storti, Atomo Tinelli, Antonio Tosi, Pino Vanacore, Roberto Veneziani, Tommaso Vitale

 

Per adesioni: leonardo.fiorentino@comune.milano.it

 
Di Fabrizio (del 24/06/2007 @ 10:12:36, in casa, visitato 2235 volte)

Da British_Roma

Ustiben report

By Grattan Puxon

Minacciati dalla distruzione delle loro case, i residenti di Dale Farm, la più grande comunità di Nomadi e Viaggianti della Bretagna, intende inviare settimana prossima un'ingiunzione al consiglio di Basildon per prevenire l'autorità locale dall'intraprendere uno sgombero con la forza.

Gli avvocati dei residenti dicono che è stata preparata una domanda di rassegna giudiziaria che sarà immediatamente presentata dopo il consiglio di giovedì 28 giugno, che dovrebbe dare il via libera al piano di distruggere con le ruspe undici proprietà a Dale Farm, vicino Crays Hill, Essex.

L'ingiunzione estenderà l'attuale protezione di 40 proprietà alle undici minacciate di distruzione entro il 6 luglio.

Nel frattempo, il portavoce dei residenti Richard Sheridan dice che questa settimana la comunità ha ricevuto nuove offerte di aiuto dai gruppi che promuovono i diritti di Nomadi e Viaggianti. Si impegnano assieme nella Campagna per Salvare Dale Farm.

"Siamo tutti preoccupati per quanto può succedere alle nostre dimore, e loro hanno risposto alla nostra richiesta di aiuto," dice Sheridan. "La nostra fiducia nel risultato finale è stata ristabilita."

I gruppi includono l'European Roma and Travellers' Forum, il Traveller Law Reform Project ed il IrishTravellers' Movement. Il Rev.Joe Browne, cappellano dei Viaggianti Cattolici, ha recentemente visitato Dale Farm impegnandosi di persona.

Padre Browne ha detto di sperare che l'esperienza vittoriosa di Smithy Fen, una simile enclave Viaggiante a Cottonham, Cambridegeshire, possa essere ripetuta nell'Essex.

"Il nostro approccio è costruire ponti, non muri," ha detto ai residenti. "Devono essere una priorità gli incontri con Crays Hill."

Kathleen McCarthy, reggente alla Scuola Primaria di Crays Hill, afferma che bisogna tentare con ogni mezzo di migliorare le relazioni tra i Viaggianti e gli altri residenti. Ha detto di aver sperato nell'aiuto del parlamentare locale John Baron  in questo processo.

Nel frattempo la Dale Farm Housing Association si incontrerà lunedì a Wickford per considerare la risposta al rifiuto del consiglio di Basildon nello sviluppo di un'area sosta a Pitsea.

L'associazione intende fissare un appello e sottoporre il caso ad inchiesta pubblica. Dato che il progetto di prevedere una possibile alternativa a Dale Farm presso Terminus Drive è stato inizialmente appoggiato dal Vice Primo Ministro John Prescott, l'associazione ritiene di poter vincere l'appello.

 
Di Fabrizio (del 28/06/2007 @ 09:59:39, in casa, visitato 2312 volte)

Da Les Rroms acteurs

A Puces de Saint-Ouen, la signora Rouillon, sindaca della città, invitava oggi all'inaugurazione del posto Django Reinhardt. Il grande Django suonava regolarmente in questa zona, ed un festival di jazz vi ha luogo tutti gli anni.

Ma Saint-Ouen, è anche la città che espelle i Rroms che vi hanno trovato un tetto, in particolare in un edificio abbandonato dell'EDF. La Sig.ra sindaca, che ha tenuto oggi questo discorso d'apertura, di diversità, di mixité sociale ecc., è la stesso che rifiuta le domande d'istruzione dei bambini rroms. Le famiglie che si sono installate in via Ardoin, nella zona dei bacini, hanno ricevuto la notifica della loro espulsione per lunedì 25 giugno. EDF, proprietaria dei luoghi occupati, aveva chiesto alla sindaca di organizzare una tavola rotonda con la prefettura per trovare una soluzione agli occupanti prima dell'applicazione della decisione d'espulsione. Silenzio radiofonico del lato del comune. I Rroms si sono riuniti giovedì scorso, ma le porte in ferro della sindaca si sono chiuse immediatamente. È il dialogo come concepito dalla Sig.ra sindaca, almeno oltre ai suoi interventi pubblici.

E mentre la cerimonia d'inaugurazione si svolgeva, ecco di fronte alla Sig.ra sindaca i bambini che rifiuta scolarizzare; venuti con animatori dell'associazione Parada, che organizza con loro diverse attività.

Lunedì mattina, questi bambini perderanno forse anche i seminari dell'associazione Parada, se l'espulsione ha luogo e le famiglie si disperderanno a destra ed a sinistra.

Si può lasciare fare?

A quando?

Ecco l'opuscolo che è stato diffuso oggi a Puces de Saint-Ouen:

SAINT-OUEN SIA REALMENTE UMANA ED INTERDIPENDENTE!

NO all'espulsione senza soluzione di rialloggiamento delle famiglie dI via Ardoin!


Siamo un certo numero di famiglie, per la maggior parte rroms, che abitiamo nella zona bacini, via Ardoin. Da alcuni mesi, il nostro luogo di vita è minacciato d'espulsione. Una decisione d'espulsione è stata resa infatti, in particolare a causa di "disordini di vicinanza", disordini inesistenti nei fatti, poiché non abbiamo vicini. Dopo alcuni mesi di calma, abbiamo ricevuto una notifica dell'espulsione che dovrebbe intervenire il lunedì 25 giugno. La sindaca di Saint-Ouen è restata muta dinanzi alla proposta di una tavola rotonda fatta dalla EDF, proprietaria dei luoghi, tavola rotonda alla quale parteciperebbe anche la prefettura. Ha fatto anche l'orecchio di mercante davanti le nostre domande d'istruzione dei nostri bambini, mentre secondo gli insegnanti di Saint-Ouen ci sarebbero 15 posti liberi nel CLIN, classi d'accoglienza per gli allievi non francofoni.

Riconosciamo anche gli sforzi dei servizi della sindaca, ma questi restano minuscoli: casse mobili di rifiuti sono state messe a nostra disposizione ed a volte abbiamo ricevuto abiti. Certamente, ciò ci ha permesso di rispettare meglio il nostro luogo di vita e la città, ma è sufficiente?

Non chiediamo la carità, ma il rispetto della nostra dignità umana. Se l'espulsione venisse ad avere luogo, ci troveremmo nella via con i nostri figli, le nostre persone anziane, i nostri malati... Di conseguenza, chiediamo:

1 Che nessun'applicazione della decisione d'espulsione intervenga senza che una soluzione sia trovata per il nostro rialloggiamento
2 Che la sindaca accetti le domande d'iscrizione dei nostri bambini nelle scuole di Saint-Ouen
3 Che la sindaca chieda luna tavola rotonda con tutti i servizi interessati, per trovare soluzioni durature di rialloggiamento e d'inserimento delle nostre famiglie


Attendiamo dunque una risposta a queste domande e l'apertura di un dialogo con la sindaca, poiché delle soluzioni sono possibili. Ciò che ha funzionato a Saint-Denis, Aubervilliers ed altre città della regione parigina, dovrebbe potere funzionare anche da noi, a Saint-Ouen, città umana ed interdipendente.

Le famiglie della via Ardoin ed i loro sostenitori

 
Di Fabrizio (del 30/06/2007 @ 09:50:52, in casa, visitato 2428 volte)

Una baraccopoli del Ventunesimo secolo. Nella banlieu di Parigi

Quasi 4mila persone vivono in estrema povertà alla periferia della capitale francese. Ma ottanta persone potranno presto avere una casa vera.

I grandi tendoni della celebre compagnia circense Cirque Du Soleil svettano sulla spianata di Saint-Denis, alla periferia nord di Parigi. Ogni sera centinaia di persone si riuniscono lì dentro per ammirare, naso all'aria, le spericolate ed eleganti acrobazie degli artisti. Nessuno immagina che al di là del recinto metallico che circonda il circo, lo show è ben diverso. Nessuna sfavillante scenografia, nessun costume variopinto, poca spensieratezza e molte preoccupazioni per i 600 gitani che cercano di sopravvivere nella loro misera baraccopoli. E non sono i soli: in tutto circa 4mila persone conducono questa vita ai margini di Parigi. Diverse associazioni cercano di addolcirla almeno un po': Medici del mondo offre assistenza sanitaria, Emmaus e la Fondazione Abbé Pierre si occupa della fornitura di alimenti, mentre ATD Quarto Mondo promuove la lettura.

«Niente contratto di lavoro, se non paghi»

Marco è arrivato in Francia cinque anni fa, dalla Romania. Da gennaio 2007, con l'ingresso del suo Paese nell'Ue, è formalmente un cittadino comunitario, ma ha comunque bisogno di un permesso di lavoro. Ci mostra un contratto preliminare che gli ha preparato una ditta di pulizia vetri. Ma un volontario di origini rumene si dimostra scettico. «È molto difficile – spiega – ottenere un contratto senza pagare una somma di denaro in cambio. Nella maggior parte dei casi il datore di lavoro trattiene la prima busta paga in nome di uno scambio di favori.» Ma Marco ci crede ancora: gli manca solo il certificato di residenza per ottenere il prezioso permesso. Alcune associazioni si occupano di espletare queste procedure burocratiche per i gruppi nomadi del villaggio, come gli zingari. Ma i rumeni sono considerati una comunità stanziale e quindi non possono beneficiare di questo servizio.
La maggioranza dei rumeni che vivono in questi accampamenti di fortuna provengono dalle aree di Arad e Timisoara, nella Romania occidentale. Hanno dovuto lasciare il loro Paese per sfuggire a una vita fatta di miseria e discriminazione.
Una manciata di monete da 5 centesimi è stata impilata in un angolo della capanna in cui vive Maria. In meno di dieci metri quadrati abitano quattro persone. Maria non ha il tempo di spiegarci perché è emigrata in Francia. Ha altre preoccupazioni. «Abbiamo diritto a qualche contributo?» chiede. I volontari le dicono di rivolgersi a un assistente sociale. «Resteremo qui fino a quando non ne avranno abbastanza di noi» dice con voce stanca, mentre si alza per andare a raccogliere dei fiori. Più tardi la incrociamo nella metropolitana: vende mazzolini di fiori a due euro ciascuno.

Chi fa le leggi?

Maria ci assicura che non deve pagare nulla per vivere nella sua capanna, ma un volontario ci spiega che la questione è tabù. In ogni accampamento, infatti, c'è una sorta di capo: generalmente è la persona che si è insediata per prima nell'area. È lui che fa le leggi, risolve le controversie e riceve una sorta di affitto per ogni baracca. A Saint-Denis il Cirque du Soleil ha portato l'acqua fino al campo e ha anche installato dei lavandini. Ma le associazioni danno per certo il fatto che “il capo” fa pagare due euro alla settimana alle famiglie che li utilizzano.

Una nuova casa per trenta famiglie

Non lontano da Saint-Denis il Comune di Aubervilliers ha avviato un programma di integrazione per dare una casa a trenta famiglie. L'iniziativa, sostenuta sia dal Consiglio regionale che da quello locale, mira a smantellare le baraccopoli e ha un costo di 1,2 milioni di euro, di cui solo il 7% proviene dalle casse statali. Si tratta di un progetto innovativo perché associa all'offerta abitativa il rilascio di permessi di lavoro.
Gli operai stanno effettuando gli ultimi ritocchi ai prefabbricati che alla fine di giugno verranno messi a disposizione delle 82 persone coinvolte nel progetto, in maggioranza zingari. «Abbiamo condotto una battaglia con lo Stato durata due anni per ottenere i permessi di lavoro e di residenza per i destinatari, molti dei quali lavorano in nero» afferma il consigliere cittadino Claudine Péjoux.
In attesa di traslocare, Elena Radasanu vive in un caravan preso a noleggio dal Comune di Aubervilliers per un euro al giorno. Come lei decine di altre persone, per un totale di quindici roulotte. Qui le condizioni di vita sono decisamente migliori rispetto a Saint-Denis. Una recinzione circonda il campo e all'entrata un servizio di sicurezza permette l'ingresso solo alle persone registrate. «Siamo tranquilli. Qui non ci sono armi, droga, prostituzione ed è proibito fare affari» spiega Elena. Sposata e con due bambini, è una degli 82 beneficiari del programma di integrazione.


La testimonianza di Elena Radasanu: «Vogliamo soltanto essere una famiglia normale»

In Romania c'era tanta povertà, così un bel giorno io e mio marito decidemmo di venire a cercare lavoro in Francia. Un amico ci trovò un'occupazione nel settore edilizio e il capo ci affittò una soffitta a Versailles. Ma il nostro amico tratteneva il salario di mio marito per pagare i debiti e così decidemmo di andarcene. Affittammo allora un monolocale nel sobborgo parigino di Clichy-sous-Bois per il quale pagavamo una cifra esorbitante: 800 euro. Mio marito continuò a lavorare nel settore delle costruzioni mentre io iniziai a fare la cameriera in un bar portoghese. In questo periodo divenni madre di due bambini. Tutto procedeva abbastanza bene finché il proprietario decise di vendere l'appartamento.
Dovemmo così abbandonarlo e arrivammo al campo nomadi Chemin Vert di Aubervilliers. Il capo non voleva farci entrare perché non siamo di origine gitana, ma quando mio marito sborsò per una roulotte 700 euro accettò. Una settimana dopo, però, un incendio distrusse parte del campo. Costruimmo quindi una baracca, meglio che potevamo, e vivemmo lì per due mesi, fino a quando la polizia non ci sfrattò tutti. Ma eravamo già stati scelti per il programma di integrazione di Aubervilliers. Abbiamo vissuto in una tenda vicino alla Senna per cinque mesi. Finché, lo scorso dicembre, il Comune ci ha fatto traslocare nella roulotte dove viviamo tuttora. Abbiamo a disposizione riscaldamento, acqua, elettricità, assistenza sociale, un indirizzo di posta e un contratto di affitto. L'associazione Emmaus ci ha consegnato un buono per andare ad acquistare dei mobili e io non vedo l'ora di trasferirmi nella nuova casa. Non penso più a tornare in Romania. Entro tre anni vorrei avere una casa tutta mia. Spero anche che i bambini vadano a scuola e che io e mio marito possiamo trovare un lavoro stabile. Come una famiglia normale.

Mariona Vivar Mompel - París - 26.6.2007 | Traduzione: Sara Menegatti Cerlini

 
Di Fabrizio (del 04/07/2007 @ 14:32:17, in casa, visitato 2030 volte)

Comunicato Stampa IL GIUDICE FERMA I BULLDOZERS

Dale Farm, Essex, 5 luglio - Appena 24 ore prima dello scadere dell'ingiunzione di lasciare le loro case, i residenti di Dale Farm hanno appreso oggi che il consiglio di Basildon ha ritirato la minaccia di inviare i bulldozers, perché questo sarebbe potuto sfociare in un confronto violento.

Secondo un piano segreto Constant & Co, autodefinitasi compagnia specializzata nello sgombero dei campi, oltre 150 specialisti erano pronti ad invadere la comunità nelle prime ore del mattino. Sarebbero dovuti essere accompagnati dalla polizia anti-rivolta dell'Essex.

Impiegati della sanità hanno ammonito che i metodi forti impiegati dai dipendenti di Constant avrebbero portato a ferite e traumi tra i bambini e gli anziani di Dale Farm. Questo approccio, che in passato aveva portato a bruciare case e proprietà, avrebbe potuto sfociare in disordini [...].

"Potrebbero essere uccisi dei bambini", dice Kathleen McCarthy, reggente scolastica che con le due figlie si oppone allo sgombero. "Non possiamo assistere e permettere che ci distruggano".

Dice che dall'inizio dei sette anni di assedio, Basildon ha abusato dei suoi poteri e sistematicamente bersagliato il villaggio dei Viaggianti. Richiedere il salvataggio della cintura verde è stata solo una cortina fumogena per mascherare una deliberata politica di pulizia etnica.

Se questo confronto è stato evitato, ciò è dovuto all'intervento del procuratore legale Keith Lomax, la cui squadra mercoledì ha inviato un'ingiunzione a Basildon, perché nessuno sgombero avvenga senza l'opinione dell'Alta Corte.

SENZA CASA

McCarthy riferisce che il consiglio di Basildon ha informato il Governo che se in futuro si sgombererà la comunità, non si prevede di sistemare i residenti di Dale Farm in un'altra parte del distretto.

"Questo va contro la politica governativa come pure ai nostri diritti umani," continua McCarthy. "Il nostro prossimo compito è rompere quest'attitudine razzista e ripristinare il buon senso."

Vice presidente di Dale Farm Housing Association, McCarthy spiega la sua strategia dei due passi con cui spera di dialogare con Basildon. Il primo passo è di appellarsi contro il recente rifiuto del consiglio di garantire all'associazione il permesso sviluppare un parco per case mobili a Terminus Drive, Pitsea. Questo sito fu inizialmente proposto come alternativa dal vice primo ministro John Prescott.

Il secondo, è di riunire le richieste e le forze di quanti sono senza casa. Lo scopo è di fare pressione su Basildon perché riconosca la propria responsabilità su quanti sta rendendo senza casa e per risistemarli in comunità in un'altra posizione.

McCarthy è inflessibile, le famiglie allargate non accetteranno case singole o che le dividano. Insistono nel loro diritto di vivere assieme [...], parte essenziale della loro cultura e tradizione.

Wed Jul 4, 2007 11:32 am

 
Di Fabrizio (del 16/07/2007 @ 09:40:38, in casa, visitato 1637 volte)

Da Repubblica

Il progetto arriva dal Nord Europa: recuperare e creare appartamenti
Giovani, immigrati e precari: lavorano nei giorni liberi e abbattono i costi

Anche in Italia le case costruite da soli
E il ministro promette una legge

di CARLOTTA MISMETTI CAPUA

I nostri bisnonni l'hanno sempre fatto. Si rimboccavano le maniche e si costruivano la propria casa da soli. Allora si poteva fare, non c'erano troppi permessi da chiedere, le pietre si trovavano nei campi dei vicini, la speculazione edilizia non esisteva.

Oggi rinasce questa pratica, in chiave sociale. Arriva dal Nord Europa un progetto semplice, innovativo: si chiama “auto-costruzione”, e nasce dal basso. Ci si mette insieme con altri lavoratori, o amici, o immigrati, o vicini di casa. Le amministrazioni offrono dei sussidi o pratiche burocratiche semplificate. E la casa si costruisce collettivamente, lavorando il fine settimana e nelle feste comandate. A costruirsi la casa da soli si abbattono i costi del 40%, e si sfugge agli speculatori.

Il progetto sembra talmente innovativo che la Provincia di Napoli e il comune di Padova stanno provando a replicarlo con i Rom. Altre comunità ci stanno lavorando: i Sinti veneti stanno costruendo un intero villaggio. L'associazione Alisei si occupa di auto-costruzione e ha cantieri aperti in Umbria, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana e nelle Marche. Totale: 400 alloggi in auto-costruzione. La stessa Banca Etica ha finanziato cantieri a Ravenna e Perugia con oltre 7 milioni di euro per 86 alloggi. In Lombardia la Regione ha messo a disposizione un fondo per finanziare fino al 20% del costo del progetto, da restituire dopo 10 anni dal termine lavori. Iniziative lungimiranti: in Irlanda l'auto-realizzazione arriva a coprire il 25% dell'edilizia popolare, per dire.

In Italia il ministro Ferrero sta pensando ad una legge nazionale. Finora tutte le cooperative al lavoro sono tutte inter-etniche, e per questa ragione il ministro le considera molto importante anche come strumento di coesione sociale. In Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia stanno lavorando a progetti di legge regionali: si pensa ad una agevolazione fiscale sull'Ici o a finanziamenti da restituire in dieci anni. “Al momento abbiamo un tavolo informale, una sorta di gruppo di lavoro. Stiamo cercando di capire come possiamo sostenere questa pratica” dicono dal ministero. La legge nazionale ci sarà, forse con un fondo per sostenere i programmi di auto-costruzione (per ora c'è un fondo di inclusione per gli immigrati a disposizione). “Riteniamo che questa politica debba uscire dalla sperimentazione, e diventare diffusa” dice il ministro Ferrero. “E' una risposta concreta per chi cerca un abitazione e non ha un grande reddito: ma è anche un modello di solidarietà, per imparare a fare le cose insieme”.

 
Di Fabrizio (del 31/07/2007 @ 09:25:51, in casa, visitato 2224 volte)

L'Ombudsman contro la Discriminazione Etnica (Diskrimineringsomb udsman - DO) sta indagando sul mercato immobiliare dato che il numero di proteste continua ad aumentare.

Negli ultimi cinque anni, ha ricevuto un totale di 314 rapporti su proprietari che discriminano contro chi non è di etnia svedese. La prima metà di quest'anno ha già visto 43 lamentele, comparate alle 60 di tutto l'anno scorso.

Secondo DO, i gruppi più discriminati sono gli Africani, i Rom, i Musulmani e quanti provenienti dai paesi del Medio Oriente.

"Siamo passati attraverso situazioni terribili per cui la gente si trova intrappolata in aree-ghetto. Spesso hanno fatto centinaia di richieste per uscire dalle aree dove sono confinati. E' una situazione che porta alla disperazione." racconta John Stauffe (avvocato e project manager DO) a Svenska Dagbladet.

Nessuno dei casi riportati da DO ha prodotto una singola decisione del tribunale. L'ufficio DO ha comunque prodotto atti in cinque occasioni, i più recenti nel caso di una donna rom sfrattata dal suo appartamento a Sundsvall.

Le azioni giudiziarie sono in corso in altri tre casi. Nel quinto caso, è stato raggiunto un accordo in tribunale, con l'inquilino che ha ricevuto 20.000 kronor (2.900 $) in compenso dal proprietario.

 
Di Fabrizio (del 27/08/2007 @ 09:29:43, in casa, visitato 11865 volte)


di Vincenzo Galiano

CASONI di Vegni, Avi, Casissa, Noci, Canate di Marsiglia. Nomi di antiche frazioni abbandonate, tutte più o meno sperdute tra i monti. Impropriamente qualcuno li chiama paesi, ma sono piccoli agglomerati di case in pietra, in gran parte diroccate. Testimonianza di un passato rurale che potrebbe tornare a vivere se le istituzioni dessero corpo alla proposta lanciata al SecoloXIX da Edin Hrustic, portavoce dei rom slavi dell’ex campo nomadi della Foce e, oggi, inquilini delle case popolari di Comune e Arte. «Perché si chiede Hrustic non dare la possibilità di ripopolare le piccole località disabitate dell’entroterra agli zingari che stentano a integrarsi o accettano con difficoltà la vita nei condomini?». «Io stesso continua Hrustic, dipendente di una ditta che effettua servizio di rimozione delle auto con carroattrezzi prenderei in considerazione l’idea di ristrutturare, anche tramite mutuo, un vecchio rustico abbandonato. I lavori di recupero potrebbero essere eseguiti direttamente dagli stessi zingari con l’aiuto delle amministrazioni pubbliche.

Il vantaggio sarebbe una vita più autonoma e all’aria aperta: quella che, in fondo, manca a molti di noi». Questa potrebbe anche essere la soluzione per dare un tetto alle decine e decine di rom romeni che stazionano a Genova in accampamenti abusivi privi di tutto, a rischio di incidenti ed epidemie. Tanto più che il lavoro nei campi, la manutenzione dei giardini e la pulizia dei boschi erano tra le attività tradizionalmente praticate dai rom sotto l’ex regime di Ceausescu.Ma quanto è praticabile l’idea di affidare agli zingari il compito di rivitalizzare remoti presidi montani? L’ipotesi non piace ai volontari della Comunità di Sant’Egidio, da sempre impegnata in prima linea nell’aiuto ai nomadi divenuti stanziali. «Isolare queste persone non è certo il modo migliore per favorirne l’integrazione e sarebbe un passo indietro rispetto al lavoro di tutti questi anni», osserva Claudio Bagnasco, tra i responsabili dell’assistenza ai rom in seno all’associazione no profit di ispirazione cattolica.

Sulla carta, l’operazione sembrerebbe fattibile. Perché sono diversi i borghi fantasma dell’entroterra e, appunto, perché l’ipotesi non pare sgradita agli stessi rom, slavi e romeni. Ovviamente, non mancano gli ostacoli. Il primo riguarda la difficile accessibilità dei paesi abbandonati. Per esempio Noci, un pugno di case disabitate da decenni nei pressi dell’omonimo invaso che alimenta l’acquedotto comunale e non lontano da Montoggio, è raggiungibile solo attraverso una pessima strada sterrata, preferibilmente a bordo di una jeep. «E pensare che Noci è forse il posto meno isolato», dice Marco Balostro, escursionista appassionato di fotografia, che, insieme a Davide Pambianchi, fotoreporter del Secolo XIX, ha documentato l’abbandono di cinque antichi insediamenti tra la Provincia di Genova e il Basso Piemonte. Luoghi come Avi, vicino a Roccaforte ligure, Rivarossa e Casoni di Vegni, tutti in Valborbera, provincia di Alessandria. E frazioni che gravitano su Genova, quali Casissa, valle di Vobbia, alle spalle di Ronco Scrivia, dove si è conservata intatta un’antica chiesa. O come Lavazzuoli, in Valbrevenna. Canate di Marsiglia, in alta Valbisagno, è un’altra frazione abbandonata che, però, ha il pregio della vicinanza alla città.

«Comunque conclude Balostro in tutte queste località, soprattutto d’inverno, la vita è dura. Non a caso ’60, gli insediamenti più disagiati si sono spopolati nel giro di poco tempo». Infatti, il portavoce dei rom”sfrattati” dall’ex campo di via dei Pescatori pensa a sistemazioni meno avventurose: «Ho notizie dice Hrustic di ruderi abbandonati sopra Sestri, sul monte Gazzo e nelle vicinanze della discarica di Scarpino». Nelle località Cassinelle e Bianchetta effettivamente esistono modeste dimore in disuso. A Panigaro c’è una vecchia fabbrica di mattoni, accanto a una cava. Potrebbe essere adatta a diventare quell'asilo notturno per romeni senza tetto prima ipotizzato e, poi, ufficialmente accantonato dalla giunta Vincenzi? «Non penso proprio sbotta Stefano Bernini, presidente Ds del municipio Medio Ponente Sapete quanto costa la bonifica di una vecchia cava?». Hrustic non si fa illusioni: «I tentativi dei romeni di riutilizzare case o vecchie fabbriche fuori dai centri abitati sono falliti per l’opposizione della gente del posto. Per quanto mi riguarda, sto bene nella casa popolare e posso benissimo rimanerci. I problemi riguardano solo pochissimi rom. E non è vero che siamo morosi: quelli che erano in ritardo coi pagamenti, hanno cominciato a mettersi in regola».

 
Di Fabrizio (del 30/09/2007 @ 09:08:27, in casa, visitato 2960 volte)

Da British_Roma

By Grattan Puxon

Ad appena una settimana dal rapporto che ammoniva sulla crescita del razzismo contro gli zigani, la polizia è accusata di lanciare un'operazione di pulizia etnica per cacciare i Viaggianti dall'Essex.

Abusando dei loro poteri (la notoria Sezione 61) i poliziotti hanno obbligato un gruppo di 25 famiglie a spostarsi per cinque volte in tre giorni. Le famiglie si aspettano di essere sgomberate nuovamente stamattina (29 settembre) mentre vi sto scrivendo.

"Abbiamo con noi due neonati ma la polizia non mostra riguardi o considerazioni" dice Patrick Gammell. "Agiscono come animali." Gammell dice che gli ordini sono partiti dopo che sono stati sgomberati dal terreno di loro appartenenza a Birchfield Lane [...], a seguito dell'elezione  di membri del neo-fascista British National Party in consiglio comunale.

Settimana scorsa hanno cercato rifugio a Canvey Island, sul Tamigi. Cacciati dall'isola, Gammell ha raggiunto altri Viaggianti che erano fermi vicino a Southend Pier. "Questi dovevano recarsi in tribunale lunedì prossimo" spiega Gammell. "Ero pronto ad unirmi a loro, ma la nostra richiesta è stata negata."

Così si sono spostati a Shoeburyness, dove alle 23.00 di giovedì è arrivata la polizia ordinando loro di lasciare il posto entro le 10.00 del mattino successivo.

Le operazioni sono state guidate dall'Ispettore Capo Steve Worron, che non considerando le esigenze familiari del gruppo ha insistito sul fatto che l'area andava sgomberata, concedendo comunque loro di non lasciare il distretto.

Ma nel giro di un'ora, Gammell e gli altri Viaggianti si sono ritrovati circondati dai veicoli della polizia, mentre avevano fatto una pausa a Pitsea. Obbligati nuovamente a spostarsi, si sono spinti in un terreno industriale vicino alla A113. Nuovamente minacciati di sgombero, Gammell chiede "Potete far niente per far fermare questo stato di cose?" I bambini piangono e hanno fame, gli uomini sono esasperati [...]

---

Nel contempo, la vicina Dale Farm è da sette anni sotto assedio di un consiglio che ha pronto a spendere cinque milioni di euro per distruggere questa comunità.

Martedì aprirà un'Inchiesta Pubblica sul caso di sue ragazze orfane che si appellano contro lo sgombero che le lascerebbe alla mercé della polizia. "Se perdiamo questo appello" dice Joanne McCarthy, i cui genitori sono morti in un incendio, "perderemo tutto. La nostra casa, la possibilità di andare a scuola e di una vita normale. Diventeremo come fuorilegge [...]"

Trevor Phillips, che settimana scorsa ha presentato la versione finale del suo rapporto come presidente della Commissione per l'Eguaglianza Razziale, ha riconosciuto i 350.000 Rom e Viaggianti britannici come la minoranza più svantaggiata in UK. Afferma che pregiudizio e discriminazione circondano ogni aspetto della loro esistenza, nonostante la consapevolezza che Nomadi e Viaggianti hanno diritto al loro stile di vita.

Sia la polizia dell'Essex e del Kent sono state messe in preallarme per alcuni volantini dietro cui ci sarebbe la minaccia di gruppi di vigilantes. Ma a ciò non ha corrisposto alcuna azione, secondo l'Irish Travellers Movement.

[...]

 
CONTACTS:
Patrick Gammell 07737467106
Richard Sheridan 07747417711
____________ _________ _________ _________ ___

JOINT PROTEST ACTION AT BASILDON CENTRE
St.Martin'sSquare, Basildon, 2-4 October,
sarting 11 am each day.

More details from: 01206 523528

Make your voice heard by phoning:

Chief Inspector Steve Worron
01702 431212

Southend Borough Council
John Williams
01702 215000

 

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