Rom e Sinti da tutto il mondo

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 22/07/2008 @ 09:15:28, in Regole, visitato 1691 volte)

Ricevo da Sara

Dal Secolo XIX

21 luglio 2008 Donata Bonometti - C’è una bambina rom di un anno e mezzo che si è "persa" per la città. Non la trova la mamma, non la trova il suo avvocato. Il tribunale dei minori è fermo nel negare ogni tentativo di incontro, di avvicinamento di una madre, fin qui non colpevole di alcun reato, e soprattutto impedisce a una bimba così piccola e che non conosce ovviamente una parola di italiano, di rivedere un volto familiare dopo cinque mesi di separazione.

Sembrerebbe una storia alla rovescia. Chi è perennemente messo all’indice come ladro di bambini, si trova nella condizione di chiedere che fine hanno fatto i suoi.

La macchina della giustizia ha i suoi tempi, spesso anche rispettabili, ma l’avvocato Enrico Bet, il cui studio legale è specializzato sul diritto della famiglia e dei minori, e nel caso specifico è il riferimento di questa famiglia rom-romena, si chiede con preoccupazione in che stato d’animo viva questa piccola missing.

Ricoverata inizialmente al Gaslini, non per malattia ma per offrirle temporaneamente un letto, in seguito potrebbe essere stata data in affido a una famiglia, oppure mandata in una struttura.

«Certo è che per interrompere i rapporti fra genitori e figli devono essersi consumati atti gravissimi di abbandono morale e materiale. E per quel che riguarda la madre non mi risulta sussistano», precisa l’avvocato.

Quanto al padre, il discorso è diverso. Nell’inverno scorso l’uomo, che abita con la moglie e la figlia e con un fratello con la sua famiglia, (quest’ultimo persona abbastanza perbene con un lavoro regolare), in un appartamento (forse occupato abusivamente) nei pressi di Milano, litiga con la moglie e se ne va trascinando con sé la bambina.

Dopo qualche settimana lo intercettano mentre scende dal traghetto su una Porsche Cayenne, la bambina sul sedile posteriore e quindici chili di cocaina. Fa la fine che merita: in galera.

Ma anche per la bambina inizia un percorso quasi punitivo, segregante: prima in ospedale al Gaslini, poi chissà. L’avvocato Bet racconta di aver chiesto più volte al tribunale un incontro protetto, anche alla presenza dei carabinieri, pur di far vedere la mamma alla piccola, per rassicurarla, per dimostrarle che la mamma non è stata inghiottita dal nulla. Dice: «Che mai può passare nella testolina di una bimba di quell’età se non vede la sua mamma da mesi?». Ma il permesso gli è stato negato. Non è riuscito neppure a sapere dove la bambina è stata accolta. Ancora dal Gaslini, da una comunità, da una famiglia?

Si dice che siano in corso delle indagini supplettive su questa famiglia che è senza dubbio squinternata, e siccome nei vari interrogatori sono tutti caduti in contraddizione più volte, pare ci sia il fondato sospetto che la madre in qualche modo sapesse. Di più: che fosse complice. Che avesse acconsentito all’uso della bambina per distrarre i finanzieri. Fondato sospetto ma fin qui non confermato da alcuna prova, garantisce l’avvocato Bet. E per la bambina, che non c’entra proprio niente, la punizione dell’allontanamento. «E comunque sia - commenta Bet - fermo restando che fin qui la complicità della madre non è stata provata, se ci mettessimo a togliere i figli a tutti coloro che spacciano, ci sarebbero le comunità che scoppiano».

Il giudice Marina Besio conferma il fatto che la bambina è stata separata da mesi oramai dalla madre e che non è stato concesso un incontro. Premette «Mi sto occupando di questa bambina, tanto quanto mi occupo degli altri. E non vorrei che si speculasse sul fatto che è una bambina rom». Insomma stessi tempi e stessi modi.

Il magistrato precisa che le indagini supplettive non riguardano eventuali reati commessi dalla madre, perché questa indagine non è sua competenza, ma sta svolgendo un’inchiesta per accertare le capacità genitoriali di questa donna, le risorse educative. Insomma sta cercando di capire se è una madre in grado di esserlo. Successivamente deciderà se restituire o no la piccola alla sua famiglia.

 
Di Fabrizio (del 14/07/2008 @ 10:01:39, in Regole, visitato 1561 volte)

Gio 10 Lug - 18.54 LUSSEMBURGO - La Corte di giustizia delle comunità europee ha stabilito oggi che la Romania può impedire a un suo cittadino di recarsi in un altro stato membro, da cui era stato rimpatriato perché irregolare, a condizione che sia una minaccia per l'ordine pubblico. Lo ha riferito un comunicato della Corte.

"Il diritto comunitario non osta a una normativa nazionale che consente di limitare il diritto di un cittadino di uno Stato membro di recarsi nel territorio di un altro Stato membro, in particolare perché questi vi si trovava in «situazione illegale», a patto che siano soddisfatte alcune condizioni", si legge nella nota.

In particolare, "il comportamento personale di tale cittadino deve costituire una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società".

La Corte era stata sollecitata ad esprimersi da un tribunale romeno, a cui il ministero dell'Interno di Bucarest aveva chiesto un provvedimento per vietare ad un romeno di tornare in Belgio per tre anni, dopo che da quel paese era stato espulso perché "in situazione illegale".

Secondo la Corte, il fatto che il romeno fosse irregolare in Belgio non costituisce di per sé un buon motivo per proibirgli di tornare, ma il divieto deve essere motivato da ragioni di comprovata pericolosità che il soggetto ha mostrato, soprattutto nel suo paese.

La più alta giurisdizione dell'Unione europea conferma inoltre che ogni stato membro può determinare le esigenze di sicurezza con cui trattenere i propri cittadini o rispedire in patria quelli degli altri paesi della Ue, ma che tali esigenze devono essere intese in senso restrittivo.

"I provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza per essere giustificati devono essere fondati esclusivamente sul comportamento personale della persona nei riguardi della quale vengono applicati, mentre giustificazioni non direttamente legate al caso individuale in esame o attinenti a ragioni di prevenzione generale non possono essere prese in considerazione", ha detto la Corte.

Anche il governo italiano, nel fronteggiare l'asserita "emergenza sicurezza" ha chiesto alla Romania un coordinamento per gestire i dossier dei romeni espulsi dall'Italia, mentre la Camera sta esaminando la conversione in legge del decreto sulla sicurezza che contiene norme per rendere più facili le espulsioni anche dei cittadini comunitari.

 
Di Fabrizio (del 11/07/2008 @ 09:25:11, in Regole, visitato 1562 volte)

Da Religion Clause

Il Budapest Times riporta che settimana scorsa la Corte Costituzionale ha deciso su due emendamenti alla legge sui "discorsi d'odio" precedentemente giudicata incostituzionale. Un emendamento permetteva di procedere contro un oratore che dirigesse discorsi chiaramente infiammatori contro persone di un gruppo religioso od etnico.

Prima i querelanti dovevano dimostrare che il discorso fosse rivolto direttamente a loro. L'altro emendamento per la prima volta rendeva un discorso razzista pari all'offesa criminale, punendolo con sino a due anni di prigione.

Il tribunale aveva precedentemente giudicato entrambe gli emendamenti eccessivamente restrittivi della libertà di espressione. Aveva anche giudicato che solo le persone fisiche potevano avere protetta la loro dignità umana. Questo non era possibile per comunità o gruppi. Criticando la decisione il parlamentare socialista Gergely Bárándy ha detto che apre la porta agli attacchi verbali verso Ebrei e Zingari.

 
Di Fabrizio (del 09/07/2008 @ 20:07:21, in Regole, visitato 1517 volte)

Da CronacaQui

Il provvedimento è in relazione allo sgombero del campo comunale di via Impastato

MILANO 08/07/2008 - Depositato presso il Tribunale di Milano il primo ricorso contro il decreto del presidente del Consiglio dei ministri che ha dichiarato lo stato di emergenza in Lombardia in relazione agli insediamenti di comunità nomadi e contro l'ordinanza che ha conferito poteri straordinari al prefetto Gian Valerio Lombardi.

Il ricorso è stato depositato oggi dagli avvocati Ada Lucia De Cesaris, Stefano Nespor, Valeria Sergi, Laura Hoesch, Achille Cutrera, Salvatore Morvillo e Alberto Guariso in relazione al controllo svolto il 6 giugno scorso da circa settanta tra agenti di polizia e vigili nel campo comunale di via Giuseppe Impastato 7 dove dal 2005 risiede una famiglia di italiani, sottolineano i legali, composta da 35 persone il cui esponente più anziano è Goffredo Bezzecchi, sposato con Antonija Hudorovich, entrambi invalidi civili.

I legali spiegano che gli agenti si sono presentati con vari mezzi blindati al campo, svegliando di soprassalto i residenti senza tener conto della presenza bambini, e che per oltre due ore hanno perquisito e fotografato le loro abitazioni. Peggio, li hanno "schedati" secondo l'espressione utilizzata dagli stessi operanti, fotografando i loro documenti di identità perché appartenenti all'etnia sinti. Durante il controllo il domicilio dei residenti è stato violato e a tutti è stato impedito di lasciare le abitazioni.

Per andare a lavoro o a scuola, hanno dovuto attendere di essere schedati e le apposite autorizzazioni. Ora, secondo il pool di legali, la schedatura, la violazione del domicilio e il comportamento tenuto dai funzionari costituiscono una gravissima discriminazione. Di più, sono stati posti in essere in violazione di disposizioni interne di rango costituzionale e ordinario, di norme vincolanti dell'Unione europea e di norme di diritto internazionale.

Di qui il ricorso contro il ministero dell'Interno, nella persona del ministro Roberto Maroni; la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella persona di Silvio Berlusconi, il Prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi; il Questore di Milano, Vincenzo Indolfi; e il Comune di Milano. Nello specifico si ricorre contro il decreto con cui il 21 maggio scorso è stato dichiarato lo stato di emergenza fino al 31 maggio 2009 "in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia" e contro l'ordinanza del 30 maggio successivo con cui il presidente del Consiglio dei ministri, "considerata la situazione di estrema criticità determinatasi nel territorio della Regione Lombardia a causa della presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi che si sono stabilmente insediati nelle aree urbane", ha nominato il prefetto di Milano Commissario delegato per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza.

Tra i poteri speciali figura il "monitoraggio dei campi autorizzati in cui sono presenti comunità nomadi e all'individuazione degli insediamenti abusivi", nonché "l'identificazione e censimento delle persone, anche minori di età e dei nuclei familiari presenti nei luoghi" attraverso rilievi segnaletici. Per i legali questi due provvedimenti sollevano numerosi profili di illegittimità. E comunque sono stati illegittimamente applicati alla vicenda in esame perché la famiglia "controllata" è composta da cittadini italiani stabilmente residenti a Milano fin dagli anni Settanta e quindi né extracomunitari né nomadi.

Anzi, Bezzecchi è un italiano decorato con la medaglia d'oro al valore civile dopo essere stato deportato nel 1942 all'età di 4 anni nel campo di concentramento di Tussicia (Abruzzo) in base alle leggi razziali del 1938 perché di etnia sinti. In punto di diritto, si ravvisa dunque una violazione del principio di parità di trattamento con l'assenza di qualsiasi discriminazione a causa della razza o dell'origine etnica.

Nel caso di specie l'elemento ritenuto più gravemente discriminatorio è la "schedatura" in assenza di fatti rilevanti per l'ordine pubblico ma determinata esclusivamente dalla appartenenza dei ricorrenti a una determinata etnia. I legali ricordano che i sinti costituiscono una minoranza nazionale, trattandosi di cittadini italiani residenti in Italia.

Per questo chiedono al giudice di ordinare alle amministrazioni citate di astenersi dal formare schede di cittadini italiani predisposte per etnia o razza e di distruggere quelle già fatte; di dichiarare che il comportamento tenuto dagli agenti integra una condotta discriminatoria, di condannare le amministrazioni per i danno cagionati e di pubblicare il provvedimento su tre quotidiani nazionali.

 
Di Fabrizio (del 08/07/2008 @ 08:26:11, in Regole, visitato 1492 volte)

Da Roma_Francais

1912: Il governo francese introduce il carnet antropometrico, un documento che contiene dati personali, incluse fotografie ed impronte digitali, che tutti i Rom sono tenuti a portare con sé. Questo rimane in auge sino al 1970, quando viene rimpiazzato dal libretto di circolazione.

Vedi: http://www.a-part-entiere.org/data/File/carnet_grand.jpg

 
Di Fabrizio (del 04/07/2008 @ 09:08:52, in Regole, visitato 1551 volte)

Da Osservatorio sulla Legalità e sui Diritti

di Paola Pierantoni*

Eccoci ancora al volantino con cui la Lega Nord promuove la raccolta di firme per abrogare la Legge regionale (ligure, ndr) sulla immigrazione. Nessun eco, almeno recente, sulla stampa, molto scarne anche le tracce sulla rete. E' quindi possibile che la cosa muoia lì.

Ma il punto è che questi volantini hanno girato, hanno avuto un loro percorso popolare, hanno fatto 'opinione'. Normale dialettica democratica. Ma dove e come si fa contro opinione allo stesso livello popolare? Chi va a raggiungere le stesse persone per suggerire un pensiero più complesso, più articolato, più responsabile? Con quali mezzi?

Qui non stiamo parlando di reti televisive, ma del più scontato e datato tra i mezzi di comunicazione politica, che la Lega Nord non disdegna affatto suggerendo ai passanti: noi siamo qui, in mezzo a voi, siamo persone popolari, semplici, alla vostra portata. Vi interpretiamo, vi rappresentiamo. Siamo la vostra anima.

Cosa contrapponiamo ai volantini della Lega? Mi vengono in mente volantinaggi e assemblee nei luoghi di lavoro, feroci e feconde discussioni ai cancelli, seminari di formazione e discussione stile '150 ore' sulle diversità, sulla identità, sulla disuguaglianza, sulla discriminazione, sulla paura? ma mi sento subito come il vecchio della canzone di Guccini.

Il volantino elenca inammissibili privilegi:
- Servizi sociali: libero accesso ai servizi sociali? Leggi: è uno scandalo che un immigrato - non importa se bambino, anziano, donna incinta, con regolare lavoro e permesso, invalido, abusato, sfruttato? - possa avere accesso ai servizi sociali.

- Sanità: l'assistenza sanitaria e specialistica e non solo di pronto soccorso?. Come dire: ad essere generosi agli immigrati può essere concesso di non crepare per strada, ma l'assistenza sanitaria con tutti i punti e le virgole va riservata alla categoria superiore dei 'non' immigrati.

-Istruzione: formazione del personale docente per l'educazione interculturale?. Le scuole della Liguria sono prese d'assalto da ragazzine e ragazzini di almeno un centinaio di nazionalità diverse? E'? già tanto che gli diamo un banco, figuriamoci se dobbiamo buttar via soldi per tener conto della loro cultura.

Tutto intorno a noi si stanno costruendo le condizioni culturali ed emotive della 'accettazione', quella che farà apparire almeno giustificabile l'assalto al campo Rom; considerare come nulla di grave - e in fin dei conti quasi un gioco - è la presa delle impronte dei bambini; ritenere in certi casi ammissibile la discriminazione (vedi il recente pronunciamento della Corte di Cassazione che ha giudicato ammissibile la campagna del sindaco di Verona per cacciare gli zingari 'perchè dove arrivano ci sono furti'). (Vedi NOTA in calce)

Non intendo parlare di stelle gialle sugli abiti e di campi di sterminio, ma penso a più domestiche vicende italiane: l'esclusione degli Ebrei dalle scuole, dal lavoro, dai luoghi pubblici, le loro improvvise scomparse dai banchi di scuola, dalle università. La domanda su come sia stata possibile a suo tempo l'accettazione passiva di tutto questo tormenta molti di noi nati dopo la fine della guerra. Non vorrei che ora ci venisse data l'opportunità di osservare il fenomeno in diretta.

NOTA: in realta' la Corte di Cassazione non ha assolto Tosi e non ha considerato accettabile la sua campagna, ha solo rimandato il caso alla Corte d'Appello per una nuova sentenza anche perche', sottolinea, non risulta evidente l'insussistenza del reato (cioe' potrebbe esserci reato, ma non nei termini espressi dal tribunale d'appello).
La Corte d'Appello di Venezia aveva inflitto al sindaco di Verona due mesi di reclusione e il divieto di svolgere propaganda politica per tre anni riconoscendolo colpevole di aver diffuso idee basate sulla superiorita' e l’odio razziale. Il sindaco aveva fatto ricorso.
La Corte di Cassazione ha sottolineato che "un soggetto" (non un'etnia) puo' essere discriminato per i suoi comportamenti criminali ed ha valutato che discriminare un popolo in base alla presunzione che 'gli zingari siano ladri' e' un preconcetto, non e' razzismo perche' non si basa sulla presunzione di superiorita'.
Pertanto la Corte ha solo fatto dei distinguo ed ha messo in guardia dall'etichettare come razzismo un preconcetto, ma ha comunque concluso che "Il contenuto del manifesto diffuso evidenzia elementi potenzialmente discriminatori"
.

* da Osservatorio Ligure sull'Informazione

 
Di Fabrizio (del 01/07/2008 @ 09:27:06, in Regole, visitato 1844 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro

PER LA CASSAZIONE TUTTI I NOMADI SONO LADRI

La clamorosa assoluzione del sindaco leghista di Verona Fabio Tosi ha dato occasione alla Corte di Cassazione di ridurre ulteriormente l’ambito di applicabilità della legge Mancino contro la discriminazione razziale, ed ha sostanzialmente strappato importanti principi costituzionali che non possono essere trascurati neppure dalla Cassazione. Nel 2001 Tosi era capogruppo della Lega Nord nel consiglio regionale veneto e durante una riunione aveva detto tra l'altro che "gli zingari dovevano essere mandati via perché dove arrivavano c'erano furti". Dopo una condanna in corte di Appello, il verdetto della Corte definisce come lecito il comportamento di Tosi, annullando la precedente sentenza e rinviando ad altro giudice per la decisione definitiva.

Nella nostra legge fondamentale esistono principi immediatamente precettivi che non possono essere violati neppure quando le persone che commettono reati o sono denunciati per avere commesso reati sono appartenenti ad una categoria o ad un gruppo etnico particolare . La presunzione di innocenza, affermata dall’art.27 per tutti, cittadini e non cittadini, stabilisce che " l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva". Non si può quindi definire come ladro una persona che non sia stata condannata con sentenza passata in giudicato. Sembra ovvio, ma per il sindaco leghista di Verona ed adesso per la Corte di Cassazione, tutti i nomadi, anche sinti, quindi cittadini italiani, sono ladri, anche prima di una condanna definitiva, addirittura anche prima di una denuncia, o di un qualsiasi accertamento dei fatti.

E ancora l’art. 27 della Costituzione afferma che "la responsabilità penale è personale", ribadendo poi la funzione rieducativa della pena. Anche questa norma vale per tutti, quale che siano lo stato di soggiorno ed i precedenti penali. Anche i ladri, dopo avere scontato una pena possono inserirsi nella società ed hanno diritto a non essere discriminati, ed anzi a livello locale, gli ex detenuti (italiani) godono di particolari aiuti per il loro reinserimento sociale. Ma sono numerosi anche i casi di reinserimento sociale di rom e migranti che hanno commesso un reato e poi, dopo avere scontato la pena, sono riusciti a trovare una loro strada nella legalità. Ma questa possibilità di reinserimento, evidentemente, per la Corte di Cassazione vale per gli italiani, ma non per i sinti, che sono pure cittadini italiani, ed è del tutto da escludere per tutti coloro che vengono definiti zingari senza avere neppure la cittadinanza italiana, come appunto i rom.

In pratica la Corte di Cassazione ritiene, come il sindaco leghista Tosi, che gli zingari, tutti gli zingari, in quanto tali sono ladri, affermando una sorta di responsabilità collettiva, ed è quindi legittima la discriminazione ai loro danni. Poco importa che, dopo avere scontato una pena, chiunque, soprattutto se cittadino italiano come i sinti, ha diritto alla tutela del suo onore, della sua privacy ed agli altri diritti fondamentali, comunque affermati dall’art. 2 del Testo Unico sull’immigrazione anche per gli stranieri privi di permesso di soggiorno, sulla base del principio di parità con i cittadini italiani.

Secondo la Cassazione "la discriminazione per l'altrui diversità è cosa diversa dalla discriminazione per l'altrui criminosità. In definitiva un soggetto può anche essere legittimamente discriminato per il suo comportamento ma non per la sua qualità di essere diverso". La corte suggerisce quindi ai giudici di merito della corte d'Appello di Verona che esaminerà di nuovo il caso, in sede di rinvio, di non considerare reato le iniziative politiche che hanno come obiettivo i comportamenti illegali di appartenenti alle minoranze etniche e non le etnie in sé. Non sembra più rilevare per i giudici della Cassazione che queste "iniziative politiche" hanno attribuito a tutti i rom la definizione di ladro, una colpa collettiva che ripugna alla tradizione democratica del nostro paese e ci riporta indietro nel tempo allo sterminio delle minoranze ( ebrei, rom, oppositori politici) praticato dal nazismo e dal fascismo.

La Suprema Corte aggiunge che "la frase pronunciata da Tosi non esprimeva alcuna idea di superiorità o almeno non superiorità fondata sulla semplice diversità etnica, ma manifestava solo un'idea di avversione non determinata dalla qualità di zingari delle persone discriminate ma dal fatto che tutti gli zingari erano ladri". E questo, per i supremi giudici, "non è un concetto di superiorità o odio razziale, ma un pregiudizio razziale". Punibile se "contiene affermazioni categoriche non corrispondenti al vero".
E dunque per la suprema Corte, che afferma la non punibilità di Tosi, è "corrispondente al vero" che "tutti gli zingari sono ladri".

I giudici della Cassazione sono particolarmente "premurosi" nei confronti dei politici leghisti che, dopo avere incassato il successo elettorale conquistato alimentando per anni la paura e la xenofobia, stanno attuando una vera e propria pulizia etnica ai danni dei rom e dei sinti con ordinanze contingenti da stato di emergenza, di dubbia legittimità costituzionale.

Per la Corte di Cassazione, "la discriminazione si deve fondare sulla qualità del soggetto (nero, zingaro, ebreo ecc) e non sui comportamenti. La discriminazione per l'altrui diversità è cosa diversa dalla discriminazione per l'altrui criminosità". "In definitiva - conclude la Corte, condividendo la linea difensiva del sindaco leghista - un soggetto può anche essere legittimamente discriminato per il suo comportamento ma non per la sua qualità di essere diverso". "Tuttavia su un tema acceso come quello della sicurezza che crea forti tensioni emotive - argomenta la Cassazione - non si può estrapolare una frase poco opportuna per attribuire all'autore idee razziste senza esaminare il contesto e valutare gli elementi a discolpa".

Tra questi elementi "a discolpa" evidentemente, il giudizio sommario condiviso dalla stessa Corte che tutti gli zingari sono ladri.

Ma noi vogliamo proprio richiamare il "contesto" che i giudici della corte sembrano ignorare.

La Corte dimentica che i leghisti, proprio a partire da questa "legittima discriminazione",perpetrata nel 2001, con centinaia di successive iniziative, che sono giunte fino ad appiccare il fuoco a campi abitati da donne e bambini indifesi, come nel caso del rogo di Opera vicino Milano, hanno sempre confuso i comportamenti devianti di una parte dei rom con la qualità di diversi che si riassume nel linguaggio corrente con l’attribuzione dei termini "nomadi" o "zingari". Anche quando si tratta di colpire persone incensurate, nate e cresciute in Italia, addirittura cittadini italiani, come nel caso dei Sinti, o che in condizioni di irregolarità lottano giorno per giorno per garantire ai loro figli un futuro diverso da quello che tocca a loro.

A fronte della espansione delle sanzioni penali verso tutti quei comportamenti che esprimono opposizione sociale, fulcro del pacchetto sicurezza e dei provvedimenti emergenziali che il governo sta frettolosamente facendo approvare dalle Camere, contro rom e migranti, ma anche contro quei cittadini italiani che praticheranno forme di protesta e di resistenza civile non violente come occupazioni e blocchi stradali, quali saranno le conseguenze del ragionamento della Corte di Cassazione?

Quali altre categorie di imputati per diversi reati, italiani o stranieri, magari per resistenza a pubblico ufficiale o per una occupazione, oppure per violazioni delle norme contenute nel nuovo pacchetto sicurezza, potranno essere oggetto di "legittime discriminazioni" in nome della sicurezza ?

Ringraziamo la Corte di Cassazione per avere precisato "quando la discriminazione è lecita". Purtroppo la sentenza della Corte si potrebbe definire una decisione di regime, anche se è stata adottata alla fine dello scorso anno ed oggi se ne conoscono le motivazioni. Ma le prove tecniche di discriminazione erano in corso da tempo, con i patti per la sicurezza concordati da Amato con i sindaci. Una sentenza, questa della Corte, che rischia oggi di sprofondare ulteriormente il nostro paese in una situazione di discriminazione generalizzata ai danni delle minoranze. Tra breve sarà attaccato il diritto di difesa con patrocinio gratuito, e poi il diritto alla salute, e poi si profila già la messa in discussione del diritto alla famiglia. Anche per i sinti cittadini italiani viene negato il diritto all’abitazione e vengono tagliati tutti i finanziamenti a favore delle comunità rom ed immigrate, come il fondo di solidarietà nazionale.

Il diritto alla libertà personale, già affermato dall’art. 13 della Costituzione italiana è tradito ogni giorno, in ogni occasione in cui un agente di polizia arresta e trattiene una persona priva di un permesso di soggiorno, e se comunitaria, priva di residenza e di mezzi di sostentamento, in base ai cd. "motivi imperativi di pubblica sicurezza". Ma se si possono discriminare gli zingari perché sono ladri, perché non si potrebbero discriminare i migranti irregolari perché sono pericolosi delinquenti? Ed infatti, ecco pronto il reato di immigrazione clandestina e la detenzione amministrativa persino per i minori, lo vuole l’Europa, fino a diciotto mesi..

La decisione della Corte, anche per il clamore mediatico con il quale è stata resa pubblica, produrrà effetti devastanti, e contribuirà ad accrescere il dilagare di atti discriminatori posti in essere da privati e da rappresentanti istituzionali ai danni delle popolazioni rom e sinte, se non ci sarà un tempestivo intervento sulle nuove norme da stato di emergenza da parte della Corte costituzionale o delle autorità internazionali, a partire dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo e dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. Le associazioni dovranno moltiplicare le loro denunce per atti di discriminazione, diretta ed indiretta, anche se posta in essere da agenti istituzionali, agendo in sede civile e penale, se necessario al posto delle vittime che sono spesso minacciate da vere e proprie ritorsioni, anche da parte di agenti di polizia, come si è verificato ancora di recente a Milano.

La posizione assunta dalla Corte darà copertura ad i peggiori interventi discriminatori che i sindaci "sceriffi", che si potranno avvalere anche della polizia municipale in armi. I commissari straordinari nominati da Maroni con le ordinanze sull’emergenza "nomadi "potranno perpetrare andando all’assalto dei campi rom con i blindati dell’esercito e le ruspe scortate dalla polizia. Magari con la copertura "caritatevole" della Croce Rossa militare. E con la benedizione della Corte di Cassazione. Tanto, si tratta soltanto di ladri da allontanare dalle nostre "tranquille" città. I cittadini italiani scopriranno presto, sulla loro pelle, quanto questa deriva securitaria riprodurrà insicurezza e devianza, alimentando la clandestinità che a parole tutti proclamano di volere combattere.

Fulvio Vassallo Paleologo
Università di Palermo

 
Di Fabrizio (del 16/06/2008 @ 10:10:17, in Regole, visitato 1962 volte)

Ricevo da Ernesto Rossi

Egregi Signori, Direzione di Hydromania,

leggo casualmente sul web la notizia, secondo la quale nel vostro parco acquatico sarebbe stato vietato l’ingresso ad una famiglia, presentatasi allo sportello per pagare l’entrata, in quanto ‘zingari’.

La notizia è riportata dal quotidiano la Repubblica di sabato 7 giugno scorso (lettera firmata) e non risulta smentita.

Naturalmente sono cose che possono sfuggire all’attenzione, e dunque spero di fare cosa gradita per il vostro buon nome, segnalandovela.

Quello che non può sfuggire è –se vero- il fatto.

Vi prego dunque, compiuti i doverosi accertamenti , se ancora non fossero stati eseguiti, sul comportamento del vostro personale, di smentire, o informare sui provvedimenti presi, il quotidiano e coloro che vi scrivono per protestare.

Si tratterebbe infatti di un comportamento vergognoso prima ancora che illegale e tale da mettere in forse la vostra licenza di esercizio. Infatti in questo paese non è consentito, a differenza di quanto avveniva nella Germania nazista, per fare un esempio, impedire l’accesso ad un esercizio pubblico sulla base di discriminazioni relative all’aspetto delle persone, alla nazionalità o ad altre caratteristiche individuali.

Appartenere ad un popolo è un fatto di natura, non un reato.

Nell’attesa di vostre informazioni, grazie per l’attenzione.

Ernesto Rossi

 
Di Fabrizio (del 14/06/2008 @ 09:21:43, in Regole, visitato 1402 volte)

Danze rom a Gjilan/Gnjilane, Sud Kosovo

Sono 12 milioni i rom che abitano in Europa. Si stima siano 500.000 nella sola Serbia, dove grazie all'assistenza legale gratuita potranno ottenere l'iscrizione anagrafica e il rilascio di documenti di identità
Fonte: UNHCR - Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati

elaborazione di Osservatorio sui Balcani


Al via a Belgrado il primo progetto di assistenza legale gratuita per le comunità rom che l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati attua in Serbia e negli altri Paesi della regione.

Il progetto fa parte di un programma regionale finanziato dall’Unione Europea che mira all’integrazione delle minoranze in questi Paesi, "Inclusione sociale ed accesso ai diritti umani per i rom, gli ashkali e gli egiziani dei Balcani occidentali", e verrà messo in atto in Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia e Serbia, incluso il Kosovo.

Obiettivo principale del progetto di assistenza legale è quello di aiutare le comunità rom ad ottenere la registrazione presso l'anagrafe ed il rilascio dei certificati di nascita in modo da poter richiedere i documenti di identità che possono, a loro volta, aprire la strada a nuove opportunità in campo sociale, sanitario, educativo e lavorativo.

Il programma durerà 18 mesi e sarà messo in atto da squadre mobili di operatori UNHCR e dai partner dell'Alto Commissariato, tra cui le altre agenzie delle Nazioni Unite, le ONG e le autorità locali e nazionali dei vari Paesi.

Nel progetto saranno coinvolti venti municipi serbi dove l'UNHCR, tramite il proprio lavoro sul campo con rifugiati e sfollati nel corso degli anni, ha incontrato il maggior numero di rom che non possiedono documenti di identità. Tra queste comunità rom figurano quelle fuggite dal Kosovo e quelle rimpatriate dall'Europa occidentale sulla base di accordi di riammissione oltre ai rom residenti da sempre nelle varie località.

La situazione dei rom in Serbia è andata peggiorando in particolar modo con la crisi del Kosovo, nel 1999, quando arrivarono gli sfollati in fuga dalla provincia serba e molti registri anagrafici in Kosovo furono danneggiati, distrutti o smarriti. Le comunità rom in Serbia sono inoltre relegate ai margini della società in Serbia a causa dei loro spostamenti frequenti, della loro povertà estrema e della discriminazione cui devono far fronte.

La mancanza di documenti di identità è un grave problema nei Balcani occidentali, dove crea un mondo parallelo popolato da "invisibili" esclusi dai sistemi statali. In molti casi alle autorità sono mancate la volontà o le risorse per far fronte a questi problemi. Stando alle stime disponibili, in Serbia attualmente vivono tra i 100 ed i 500mila rom. 23mila di loro sono sfollati interni provenienti dal Kosovo registrati come tali. La maggior parte di queste persone non è in grado di veder rispettati i propri diritti di base a causa della mancanza di documenti di identità.

La Serbia si è impegnata a migliorare la situazione in base agli accordi raggiunti nell’ambito del "Decennio per i Rom", un forum di cui il paese assumerà la presidenza a giugno.

L'iniziativa "Decennio per i Rom 2005-2015" venne inaugurato nel 2005 in una riunione tenutasi a Sofia a cui parteciparono i capi di Stato e di governo di 8 paesi del continente europeo e i presidenti dell'Unione europea e della Banca mondiale. L'iniziativa - promossa dalla Banca mondiale - prevede uno sforzo internazionale per migliorare le condizioni di vita e l'integrazione dei circa 12 milioni di rom che vivono in Europa. I problemi che colpiscono i rom, che costituiscono il 2% della popolazione del continente, sono già da tempo affrontate dall'OSCE, che ha messo in campo diversi progetti per la non discriminazione ed il sostegno dei rom e dei sinti.

Un punto importante del problema è infatti l'educazione scolare, considerato uno strumento fondamentale per l'integrazione di una comunità che presenta peraltro un'età media molto bassa. Infatti il 70-80% dei giovani Rom ad oggi non completa il primo ciclo di studi ed ha quindi difficoltà a trovare lavoro. Come conseguenza i Rom sono segnati dalla povertà e dalla disoccupazione dieci volte di più che gli altri popoli europei. Vi è poi l'aspetto della discriminazione: essi vengono emarginati e fatti segno, talora, anche di gesti di intolleranza e violenza. Contro tali gesti sono in atto anche programmi culturali dell'Unione Europea.

 
Di Fabrizio (del 10/06/2008 @ 09:00:25, in Regole, visitato 1694 volte)

Bogotá, 2 giugno, (EFE) La Procura questo lunedì ha sollecitato che vengano riconosciuti agli afrodiscendenti ed ai gitani il diritto alla sicurezza sociale, stabilito in una legge per le minoranze etniche, adottata nel 2001 e che riguarda i popoli indigeni.

L'esclusione di entrambe le minoranze "vulnera il diritto alla salute ed all'esistenza dei suoi componenti", così ha considerato il procuratore generale, Edgardo Maya, che ha inviato la petizione alla Corte Costituzionale, per revisionare la legalità della norma a favori dei popoli minoritari.

Maya ha difeso in un comunicato gli afrodiscendenti ed i gitani: "Pure loro hanno diritto all'applicazione dei procedimenti medici secondo le particolarità etniche e culturali."

La partecipazione attiva di questi gruppi minoritari nel Sistema Generale della Sicurezza Sociale è necessaria anche per "mantenere e proteggere le proprie conoscenze e pratiche medicinali tradizionali," ha aggiunto l'alto incaricato statale.

Il Procuratore ha osservato che, in virtù di diritti come quello dell'uguaglianza, il pluralismo e la partecipazione previsti nella Costituzione, i benefici legali devono raggiungere tutte le minoranze etniche.

 
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