Rom e Sinti da tutto il mondo

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 06/08/2010 @ 09:44:19, in Regole, visitato 1841 volte)

Segnalazione di Elisabetta Vivaldi



"Per cittadini comunitari valgano le regole europee. Valutare caso per caso"

Roma – 2 agosto 2010 - I rom pericolosi o senza mezzi di sostentamento possono essere rimandati da un Paese dell’Ue nel loro Paese d’origine, ma solo valutandone la condizione caso per caso, senza espulsioni di massa. Diversamente, si infrangerebbero le regole europee sulla libera circolazione dei cittadini comunitari.

È la linea ricordata oggi dal portavoce della Commissione europea Michele Cercone, a proposito del giro di vite contro i campi rom annunciato dal governo francese.

"Tutti i cittadini europei sono liberi di circolare nell'Ue secondo quanto stabilisce la direttiva sul libero movimento, che fissa però anche una serie di condizioni in proposito, tra cui la capacità di provvedere a se stessi e il non costituire una minaccia per la sicurezza del paese", ha detto Cercone.

"Le autorità nazionali responsabili in materia devono però seguire una procedura di valutazione caso per caso", quindi "non esiste la possibilità di un'espulsione di gruppo, ma questa e' personale e deve essere valutata individualmente anche nei casi di situazioni simili", ha sottolineato il portavoce. Il "semplice fatto di essere iscritti alle liste di disoccupazione, per esempio, non è un motivo sufficiente" per essere allontanati da un paese secondo quanto stabilisce la direttiva, ha aggiunto.

Allo stesso tempo, ha ricordato il portavoce, un cittadino Ue può fare appello ai giudici del paese in questione contro la decisione di espulsione se la ritiene immotivata, e i magistrati dovranno quindi valutare se l'espulsione decisa dalle autorità "rispetta il principio di proporzionalità". "Tutti i cittadini hanno le stesse libertà e gli stessi diritti" ha concluso Cercone.

 
Di Fabrizio (del 26/07/2010 @ 09:30:13, in Regole, visitato 2027 volte)

A nome della ragazza, autrice di questa protesta rivolta alla Direzione CPT di Pisa. Ciao, Agostino Rota Martir

Sono una ragazza Rom del campo nomadi di Coltano, sono nata in Italia e vivo da molti anni con la mia famiglia a Coltano, di origine Bosniaca. Da quando ho raggiunto la maturità sto facendo di tutto per ottenere la cittadinanza italiana, benché i miei genitori siano Bosniaci io mi sento Italiana in tutto, non solo perché questo è il paese in cui sono nata, ma mi sento parte di esso, penso di rispettare le sue Leggi (mai alcun precedente in fatto di giustizia), perché sono anche le mie, ma soprattutto perché sento di appartenere anche alla gente italiana, anche come Rom.

Scrivo per raccontare quello che mi è successo due giorni fà a Pisa all’interno di un autobus del CPT, un fatto che decido di raccontare, perché non è l’unico che mi è successo ultimamente e credo sia importante farlo conoscere, perché ferisce non solo il mio animo, ma anche quello del popolo italiano al quale sento di appartenere, anche se ancora non ufficialmente.

Ebbene mi è successo questo: l’altro giorno (21 Luglio) sono salita sull’autobus delle ore 16.40 diretto all’ospedale di Santa Chiara per visitare la mia zia ricoverata, ero munita di regolare biglietto che ho timbrato nella apposita macchinetta. Il controllore ad un certo punto si è rivolto a noi, ero in compagnia di una mia cugina, con un atteggiamento di accusatore, dicendoci: “ragazze, comportatevi a modo” ad alta voce, davanti a tutta la gente, prima da lontano, poi anche vicino a noi. Ovviamente per me questo atteggiamento prevenuto verso di noi era offensivo: primo, perché lui non poteva permettersi di giudicarci senza conoscerci. Io allora, gli ho fatto presente che avevo il biglietto timbrato e che suo compito era di verificare se il biglietto fosse in regola, prima di accusarci di qualcosa.

Lui mi ha risposto, senza nemmeno guardare il biglietto, dicendomi sempre davanti la gente presente in autobus, che senz’altro era già stato utilizzato due o tre volte. Io gli ho mostrato il biglietto, che lui non si è degnato di verificare ma ha continuato a sottintendere che noi stavamo facendo delle “scenate per niente”.

A noi, ha anche detto che lui neanche voleva vedere il biglietto, ma allora mi chiedo quale è il suo compito? Quello di giudicare le persone che non conosce? Mi piacerebbe sapere sulla base di che cosa? Io gli ho risposto che lui non poteva permettersi di giudicare le persone in quel modo, offensivo e maleducato, semplicemente per le nostre sembianze e per la nostra apparenza Rom.

Io lo so che diverse persone, (Rom , ma anche Italiani e immigrati) utilizzano l’autobus per scopi non sempre chiari, esempio per furti e borseggi, ma il controllore non può fare di ogni erba un fascio, sentendosi autorizzato ad offendermi davanti a tutti e pretendere che io mi comporti a modo, dopo averci fatte passare per ladre davanti a tutti.

Con questa lettera voglio augurarmi e sperare che l’atteggiamento dei controllori del CPT nei confronti delle ragazze e donne Rom, non sia dettato da pregiudizi o da ignoranza, semplicemente chiedo che sia uguale a tutti gli altri, e di smetterla di giudicarci a priori, perché questo offende non solamente noi ma colpisce anche la cittadinanza di Pisa. Lo stesso vale anche per quegli autisti, che quando vedono dei Rom in attesa alla fermata, decidono di passare oltre senza fermarsi, non vorrei che diventasse una abitudine consolidata, sia per gli autobus cittadini e sia quelli extra-urbani.

Se sbagliamo è giusto che i controllori ci riprendano e procedano nel darci ciò che meritiamo (multa, richiamo, allontanamento dal mezzo, o denuncia), è il loro compito, ma se il nostro comportamento è corretto e civile esigiamo altrettanto dai controllori e dagli autisti dei mezzi del CPT di Pisa verso noi Rom, come verso qualsiasi cittadino italiano o immigrato che sia.

Grazie dell’attenzione e spero che tutto questo non si ripeta mai più.

Una ragazza Rom del campo nomadi di Coltano. 23 Luglio 2010

 
Di Fabrizio (del 25/07/2010 @ 09:20:01, in Regole, visitato 1797 volte)

Neri, extracomunitari, zingari, albanesi, in Toscana sono persone. In Italia no.

Lo ribadisce la Corte Costituzionale che boccia il ricorso del governo contro la legge regionale in materia di accoglienza e integrazione degli stranieri che prevede, tra l’altro, l’erogazione dei servizi socio sanitari anche per gli immigrati non regolari.


Volevate il federalismo? Bene, noi vi diciamo che in Toscana siamo tutti uguali.
La legge toscana è stata approvata dal Consiglio regionale il 9 giugno 2009, con una forte opposizione del Pdl. Dopo poche settimane dell’approvazione il Governo aveva impugnato la legge regionale per la presunta illegittimità costituzionale di alcuni articoli. Perchè è chiaro, il governo DEVE distinguere tra italiani e negri, froci, zingari e quant’altro.

"La Corte costituzionale ha affermato che "la norma regionale in esame non determina alcuna lesione delle competenze legislative statali e che lo straniero è titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona"." (da Reuters)

La legge Toscana del 2009, che trovate per intero qui è quasi grottesca perché, come lei stessa dice, non fa altro che esprimere ciò che già è insito nella costituzione. Non per nulla "La nota aggiunge che la Costituzione protegge il diritto alla salute come "ambito inviolabile della dignità umana": il diritto alla salute "deve perciò essere riconosciuto anche agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato"." (da Reuters).

E visto che la matematica non è una opinione, se un clandestino dovesse avere bisogno di cure ospedaliere, e abitasse in Lombardia, potrebbe morire a causa dell’applicazione della legge statale. Lo stesso clandestino, abitante in Toscana, sarebbe salvato, senza mettere in mezzo problemi.

In Lombardia la vita umana cambia a seconda del colore, della provenienza, della lingua. In Toscana no. Con tanti saluti alla Lega.

Per cui o le altre regioni cominciano a seguire la Toscana, o faccio la tessera del movimento per la restaurazione del granducato. Questa è la mia magica Toscana, e non la Sua Magica Italia.

 

Segnalazione di Pierluigi Umbriano

La Corte europea dei diritti umani (CEDU) ha accertato, nel caso Udorovic c. Italia, la violazione dell'art. 6, par. 1, della Convenzione che garantisce l'equità della procedura, in relazione ad una domanda giudiziaria di un cittadino italiano di etnia sinta avverso lo sgombero di un campo nomadi.

Con sentenza del 18 maggio 2010, la Corte europea dei diritti umani (CEDU) ha accertato, nel caso Udorovic c. Italia, la violazione dell'art. 6, par. 1, della Convenzione che garantisce l'equità della procedura, in relazione ad una domanda giudiziaria di un cittadino italiano sinto avverso lo sgombero di un campo nomadi.

La vicenda riguarda nello specifico un cittadino italiano, appartenente alla comunità dei Sinti, abitante in un campo nomadi di Roma. Sebbene il campo fosse stato autorizzato al comune in un primo momento, successivamente ne era stato ordinato lo sgombero, in quanto il campo non era fornito di acqua potabile e non era dotato di fognature.

Contro i provvedimenti del Comune, il ricorrente aveva quindi promosso un ricorso davanti all'autorità giudiziaria amministrativa, per l'annullamento, previa sospensiva, del provvedimento impugnato, ed altra azione davanti all'autorità giudiziaria ordinaria, ai sensi degli artt. 43 e 44, D.Lgs. n. 286 del 1998, lamentando il carattere discriminatorio dell'azione amministrativa.

Il giudizio amministrativo si era concluso con la sospensiva del provvedimento impugnato, confermata dal Consiglio di Stato; il giudizio innanzi al giudice ordinario aveva invece visto soccombere l'attore, in quanto il tribunale, con ordinanza del 12 marzo 2001, aveva ritenuto che i provvedimenti impugnati non erano discriminatori, avendo essi lo scopo di garantire la salute pubblica dei cittadini residenti vicino al campo nonché quella degli occupanti dello campo stesso (ed il giudizio dinanzi alla Corte d'Appello di Roma aveva quindi confermato la decisione di prime cure).

Il ricorrente era però ricorso alla Corte europea dei diritti umani, lamentando la discriminatorietà del provvedimento, e deducendo l'iniquità della procedura svoltasi davanti all'autorità giudiziaria ordinaria dato che il processo si era svolto in camera di consiglio e che la corte non si era pronunciata sul provvedimento amministrativo del sindaco di Roma, di alcuni anni precedente allo sgombero, che precisava le regole dei campi nomadi in città (e, in particolare, prevedeva, per le famiglie di Rom e Sinti, che coloro che avevano figli in età scolare e frequentanti corsi di istruzione obbligatori avevano il diritto di risiedere nei campi nomadi collegati alla città).

La Corte europea dei diritti umani (CEDU) ha quindi accertato, con la decisione in epigrafe, la violazione dell'art. 6, par. 1 della Convenzione, ed il diritto ad un equo processo, perché la Corte d'Appello non aveva statuito sulla parte della domanda proposta dal ricorrente riguardante proprio la decisione sindacale precedente, inerente la regolamentazione dei campi nomadi in città.

Di: Giulia Malinconico

 
Di Fabrizio (del 25/06/2010 @ 09:42:48, in Regole, visitato 1878 volte)

Da questo articolo di Federico Casabella su il Giornale, sembra che qualcuno non l'abbia presa bene : - D

Il contributo per il «trasloco» forzato, frutto dei lavori per la Gronda di ponente toccherà anche ai nomadi più immobili del mondo. Infatti i 108 sinti residenti nel campo di Bolzaneto (circa 40 famiglie), essendo cittadini italiani residenti a Genova, otterranno l’indennizzo da 40mila euro che spetta a tutti gli abitanti delle aree che saranno interessate dai cantieri del futuro passo autostradale. Fondi che verranno messi a disposizione direttamente dalla società Autostrade come prevede la legge: conseguenza del fatto che i cantieri interesseranno anche la zona del campo nato alla fine del 1987 sulla sponda del Polcevera e sul quale, da qualche (...)

 
Di Fabrizio (del 12/06/2010 @ 09:21:29, in Regole, visitato 1496 volte)

Da Roma_Francais (ed una notizia gemellata)

Mendicare con un bambino: è autorizzato

La mendicità con un bambino, può essere scioccante o commovente. Eppure, secondo la corte d'appello di Bruxelles, questa pratica non è illegale. La legge autorizza i mendicanti a prendersi cura dei loro piccoli. E' lo sfruttamento dei bambini ad essere illegale.

Tendere la mano per chiedere una moneta è autorizzato dalla legge. L'accattonaggio per strada e negli spazi pubblici quindi non è illegale. E mendicare con un bambino? Anche se questa pratica può scioccare o commuovere, è lo stesso autorizzata. Secondo una decisione della corte d'appello di Bruxelles, in effetti è permesso mendicare con dei bambini, sopratutto con i propri. Secondo il giornale Le Soir, questo dovrebbe costituire un precedente giudiziario.

Verbalizzata un giovane rumena

Il caso riguardava una giovane rumena di 20 anni, che chiedeva l'elemosina a Bruxelles accompagnata dai suoi figli di 3 anni e 7 mesi. Loredana non beneficiava di alcun reddito fisso e le era stato rifiutato l'aiuto del CPAS. Come spiegato dai suoi avvocati al giornale "Le madri rom non possono concepire di separarsi dai loro figli prima che siano scolarizzati". E' stata sanzionata dalla polizia in varie riprese tra il gennaio 2007 e marzo 2008. Se il delitto di mendicità è stato abrogato nel 1993, nel 2005 è stata votata una nuova legge per rafforzare la lotta contro la tratta ed il traffico di esseri umani.

Condannata in prima istanza, assolta in appello

Nella prima istanza, il tribunale l'aveva condannata a 18 mesi di prigione ed una multa di € 4.125. Giudizio ribaltato in appello. "E' una comprovata nullatenente che mendicava con uno dei suoi bambini nelle Stazioni du Nord e du Midi, l'accusata non ha 'assunto', 'esercitato', 'deviato' o 'scelto' nessuno per 'consegnarlo alla mendicità' o 'incitarlo a mendicare'," indica la sentenza.

"La circostanza che una giovane mendicante avesse dei bambini di età molto giovane a cui accudire, ancorché sollecitare la generosità dei passanti, ed approfittare dei benefici della loro presenza per suscitare pietà, di certo non è una scusante, ma non costituisce infrazione penale", ha aggiunto la camera costituzionale, che ha assolto la giovane donna.

 
Di Fabrizio (del 01/06/2010 @ 09:51:48, in Regole, visitato 1978 volte)

Segnalazione di Dhyan Gandha Emanuela Risari

Le carte false comunali sui Rom di Fossarmato di Giovanni Giovannetti - da ilprimoamore.com

«Bluffano sui dati, raccontano balle...» Ricordate? Cominciava così un mio articolo del dicembre scorso, poco dopo lo sgombero "politico" del Centro comunale di prima accoglienza a Fossarmato, «uno sporco gioco sulla pelle di uomini donne e bambini rumeni» cacciati in mezzo a una strada. Quello sgombero fu un atto di puro arbitrio, senza il supporto di un'ordinanza del sindaco (obbligatoria in questi casi) preceduta dalla divulgazione di falsi dossier e da un'infamante campagna di criminalizzazione orchestrata dal sindaco Cattaneo e dall'assessore Assanelli, due che si dicono cristiani.
I falsi dossier erano opera di Carla Galessi, la superpagata dirigente dei Servizi sociali (96 mila euro annuali in pubblico denaro), superpagata per raccontare balle galessiche ai cittadini pavesi e al Prefetto che, fidandosi, ha poi firmato sette decreti di allontanamento a carico di persone appartenenti a cinque famiglie (di famiglie il Comune ne ha infine cacciate dieci).
In solitudine, dalle colonne di questo blog, avevo denunciato l'incredibile misto di razzismo e menzogne; sei mesi dopo, la conferma arriva da una sentenza del Tribunale di Pavia, a cui Radu Romeo – assistito dalla Cgil e dagli avvocati Francesca Segagni e Sara Brusoni – unico tra loro, si era fiduciosamente rivolto: accolto il ricorso, annullato il provvedimento.
La sentenza commenta anche le false carte comunali: in una nota del 7 settembre 2009 la dirigente dei Servizi sociali ha sostenuto che Radu «non è immune da precedenti penali e di polizia, conduce un tenore di vita non idoneo alla sua situazione, ha rifiutato una borsa lavoro […] non è integrato nella società italiana». Dunque «si sospetta che il suddetto possa trarre il proprio sostentamento da attività illecite». In uno Stato di diritto si sarebbe sentito il dovere di esibire prove, documentare fatti, invece in Comune «si sospetta...» e in prefettura nemmeno si sospetta che si tratti di una sòla costruita ad arte, così come è stato infine accertato: né sugli aggiornatissimi certificati dei "carichi pendenti" né sul "casellario giudiziale" figurano procedimenti penali a suo nome, così come non risultano i millantati precedenti penali.
La banda Galessi-Cattaneo-Assanelli infierisce anche sui tre figli di Romeo: «I maggiorenni non risultano inseriti nel tessuto nazionale. Il Comune di Pavia ravvisa, per loro, gli estremi di una situazione di "drop-out"» ovvero «il rifiuto dei predetti di seguire un percorso di integrazione, probabilmente dettato dall'esempio del padre». Insomma, per i contaballe comunali Romeo è un mostro. Allora forse stupiranno nell'apprendere che il Tribunale pavese ha accertato che è vero esattamente il contrario; e bene hanno fatto e fanno i figli di Romeo a seguire l'esempio del padre: il maggiore frequenta assiduamente e con profitto un istituto professionale; i voti – recita la sentenza – sono «spesso al di sopra della sufficienza», dimostrando un costante «impegno, volontà di apprendere, buona conoscenza della lingua italiana e perfetta integrazione nel tessuto scolastico e sociale». La secondogenita, pur avendo perso l'anno «ha in programma di iscriversi a giugno ad un corso serale». Quanto al più piccolo, la certificazione rilasciata al giudice Confalonieri dal dirigente scolastico sottolinea «l'ottimo rendimento in tutte le materie» e una più che «buona disponibilità a relazionarsi con gli altri nel rispetto delle regole di convivenza». Su rispetto delle regole e della civile convivenza è dunque il caso che Cattaneo, Assanelli e Galessi prendessero lezioni da questi piccoli Rom e dai loro genitori: come si legge nella sentenza, «il loro comportamento dimostra quanto la famiglia li stia educando in maniera corretta, insegnando loro l'importanza dello studio e il rispetto delle regole di buona convivenza».
Non è finita: nella sentenza leggiamo che Radu Romeo è un «lavoratore autonomo integrato nel tessuto socio economico del Paese, dispone per se stesso e per i propri famigliari di risorse economiche sufficienti per la conduzione di un'esistenza dignitosa, non è un onere a carico dell'assistenza sociale […] e non rappresenta un pericolo per la società»: sono motivi sufficienti per annullare il provvedimento prefettizio, emesso il 12 novembre 2009, dodici giorni prima che Radu venisse cacciato dal centro di Fossarmato insieme a moglie e figli.
La prefettura ha perso, Romeo ha "vinto", in forza di una sentenza che restituisce dignità a lui e credibilità allo Stato di diritto.
Ma quale dignità potrà fingere di avere ora la bugiardissima Carla Galessi? Come dimenticare quell'altro falso dossier infamante su presunti episodi di prostituzione minorile tra i Rom ospitati nel Centro di San Carlo? Che dire poi dell'altrettanto bugiardo sindaco Cattaneo, secondo cui quelli come Romeo «non si vogliono integrare? E l'assessore Assanelli? Aveva ritagliato su di loro la menzogna degli «uomini difficilmente difendibili». E ora?
- Parte lesa è la Prefettura, che ha creduto ai falsi dossier di sindaco e assessorato, esponendosi così a una sonante figuraccia.
- Parte lesa sono i cittadini, di fronte alla sistematica irrisione delle norme da parte di chi invece ne dovrebbe garantire il rispetto.
- Parte lesa sono le dieci famiglie rumene illecitamente sgomberate da Fossarmato e da San Carlo, le stesse che, coltivando non infondati pregiudizi verso istituzioni così profondamente illiberali e antidemocratiche, sfiduciate, hanno subito la violenza comunale, senza nemmeno provare a far valere i loro diritti di esseri umani prima che di cittadini.
- Parte lesa sono le istituzioni, quelle rese astratte da chi erige muri – a Fossarmato come in Borgoticino – di fronte a ogni realtà dinamica e fuori da coro.
- Parte lesa è la ragione, sistematicamente irrisa da chi coltiva la cultura dell'odio, chi promuove Pavia come terra di frontiera senza più spazi sociali né sensibilità umana. E lo fa solo per nascondere l'incapacità di interazione tra la politica accattona e le esigenze del territorio, oltre che con la vita delle persone.

Pubblicato da il 27-05-10

Comunque la pensiate serena notte a TUTT* e miglior risveglio : - )

 
Di Fabrizio (del 25/05/2010 @ 09:55:35, in Regole, visitato 1763 volte)

I testi dei cartelli posti fuori dalle baracche e delle tende in via Rubattino. Tommaso Vitale

QUESTA TENDA È LA CASA
DELLA FAMIGLIA CHE LA ABITA
ED È UN DONO DELLE FAMIGLIE
DELLE SCUOLE DI LAMBRATE

CHIEDIAMO ALLE FORZE DELL'ORDINE, GARANTI DELLA LEGALITÀ, DI RISPETTARE QUESTA TENDA E I BENI DELLE PERSONE CHE VI ABITANO, OSSERVANDO COSÌ LA LORO DIGNITA’ E IL LORO DIRITTO FONDAMENTALE AL DOMICILIO E ALLA VITA FAMILIARE, PROTETTI DAGLI ARTT. 14 E 29 DELLA COSTITUZIONE, DAGLI ARTT. 7 E 33 DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA, DALL’ART. 8 DELLA CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI E DALLE PRESCRIZIONI DELLE NAZIONI UNITE IN MATERIA DI SGOMBERI FORZATI.
IN CASO DI SGOMBERO CHIEDIAMO DI CONTATTARE I NUMERI: [numero oscurato] OPPURE [numero oscurato]

QUESTA TENDA È LA CASA
DELLA FAMIGLIA CHE LA ABITA
ED È UN DONO DEI VOLONTARI
DI RUBATTINO – LAMBRATE

CHIEDIAMO ALLE FORZE DELL'ORDINE, GARANTI DELLA LEGALITÀ, DI RISPETTARE QUESTA TENDA E I BENI DELLE PERSONE CHE VI ABITANO, OSSERVANDO COSÌ LA LORO DIGNITA’ E IL LORO DIRITTO FONDAMENTALE AL DOMICILIO E ALLA VITA FAMILIARE, PROTETTI DAGLI ARTT. 14 E 29 DELLA COSTITUZIONE, DAGLI ARTT. 7 E 33 DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA, DALL’ART. 8 DELLA CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI E DALLE PRESCRIZIONI DELLE NAZIONI UNITE IN MATERIA DI SGOMBERI FORZATI.
IN CASO DI SGOMBERO CHIEDIAMO DI CONTATTARE I NUMERI: [numero oscurato] OPPURE [numero oscurato]


QUESTA TENDA È LA CASA
DELLA FAMIGLIA CHE LA ABITA

CHIEDIAMO ALLE FORZE DELL'ORDINE, GARANTI DELLA LEGALITÀ, DI RISPETTARE QUESTA TENDA E I BENI DELLE PERSONE CHE VI ABITANO, OSSERVANDO COSÌ LA LORO DIGNITA’ E IL LORO DIRITTO FONDAMENTALE AL DOMICILIO E ALLA VITA FAMILIARE, PROTETTI DAGLI ARTT. 14 E 29 DELLA COSTITUZIONE, DAGLI ARTT. 7 E 33 DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA, DALL’ART. 8 DELLA CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI E DALLE PRESCRIZIONI DELLE NAZIONI UNITE IN MATERIA DI SGOMBERI FORZATI.
IN CASO DI SGOMBERO CHIEDIAMO DI CONTATTARE I NUMERI: [numero oscurato] OPPURE [numero oscurato]

 
Di Fabrizio (del 22/05/2010 @ 09:11:07, in Regole, visitato 1548 volte)

In seguito ad alcuni commenti di amici su Facebook, e a questo articolo del Corriere, volevo fare alcune considerazioni a mente fredda sui fatti del Triboniano di due giorni fa:

La storia di Triboniano, come polveriera sempre pronta ed esplodere, risale indietro negli anni. Non può essere liquidata da un articolo di giornale.

I Rom PROTESTANO, occorre ricordarlo, perché da un anno quegli stessi giornali riportano notizie sul fatto che devono andarsene, ma ancora nessuno ha scritto quando, come e dove. Alcuni di loro sono a Milano da 10/15 anni, abbastanza da NON ACCETTARE di essere trattati come pacchi postali. Magari possono essere stati strumentalizzati, ma che scelta avevano?

Interpretando le cronache odierne: ALCUNI COMPONENTI dei centri sociali (metterli tutti nello stesso calderone aumenta la confusione) hanno un rapporto decennale col Triboniano, quasi dello stesso  periodo la presenza di Casa della Carità, prima su base volontaria e poi istituzionale.

Se Casa della Carità ha da sempre perseguito il rapporto col comune, individuandolo come un interlocutore NECESSARIO per affrontare i problemi, "i centri sociali" individuano nei Rom i soggetti da sempre vittime della VIOLENZA delle istituzione. Quindi, due posizioni tra loro inconciliabili.

I Rom di Triboniano vivono queste due spinte opposte in maniera ambivalente, rivolgendosi da sempre ora a questo ora a quello, col rischio perenne di finire come CARNE DA CANNONE dei diversi equilibrismi politici.

Nel merito: la proposta che loro hanno fatto al Comune (di cui non trovo traccia nelle recenti cronache), e che era alla base del presidio di ieri, era: "Tramite i fondi europei stanziati per le comunità rom e gestiti dal Comune la concessione di aree abbandonate dentro il territorio del comune di Milano, autorecuperabili a costo zero, e garantendo la continuità scolastica ai bambini."

Una proposta che se il Comune volesse mantenere le proposte di chiudere i campi per integrare gli occupanti, POTREBBE TRANQUILLAMENTE DISCUTERE (non ho scritto "accettare", ma "discutere"), e che mi ricordo era già stata avanzata più di 10 anni fa da Carlo Cuomo. Ma evidentemente è più facile sgomberare i campi e caricare gli occupanti se questi protestano. Certo, non si può più pretendere che la cosa passi sotto silenzio, ma bisogna allora fare in modo che gli aggrediti passino per aggressori.

Riguardo alla questione se il presidio avesse o no un'autorizzazione: Secondo me: in seguito a regolare richiesta, è stato fatto intendere (ma non in maniera chiara), che il presidio fosse autorizzato. Visto la risposta di massa, la polizia si è mostrata pronta a caricare (evidentemente allertata) per due ragioni:

1) Un presidio di 4 gatti poteva essere tollerato ed ignorato, non altrettanto centinaia di persone (Rom e gagé uniti) in piazza Scala. Troppe, per la pace sociale che deve regnare su Milano.
2) In questa maniera, non solo ai Rom veniva fatto capire che a loro era vietato manifestare, ma anche che i destinatari delle manganellate erano proprio loro, e non i loro amici gagé dei centri sociali. Insomma, un modo pratico per dividerli.

Cosa può succedere adesso: temo che il comune cercherà un'altra prova di forza (per sgomberare PARZIALMENTE il campo) ad agosto, quando i vari paladini sono al mare. Casa della Carità, nonostante le minacce di ritirarsi dalla gestione del campo, non lo farà e cercherà di alzare il prezzo della propria collaborazione. I "centri sociali" cercheranno nuovi momenti di contrapposizione, ma bisognerà vedere se i Rom li seguiranno ancora: dipende se il comune riuscirà ad uscire dalle parole d'ordine di repressione e sicurezza, per proporre soluzioni magari impopolari ma realistiche.

Rimane il fatto che per tutti il tempo stringe (a giugno potrebbero iniziare i primi trasferimenti) e con un'amministrazione cieca e sorda la soluzione non può risiedere nell'ennesimo convegno.

 
Di Fabrizio (del 20/05/2010 @ 20:04:48, in Regole, visitato 2138 volte)

Un lungo comunicato (che riporto qua sotto) mi informava che stasera alle 18.00 in piazza Scala c'era un presidio dei Rom. Ero lì per intervistare qualcuno di loro, ed avere qualche parere dai diretti interessati.

Non ho potuto farlo: in piazza c'erano solo Ventila (vecchia conoscenza dei lettori), che in effetti abita nel campo di Triboniano, qualcuno del comitato antirazzista, una delegazione del  comitato di Rubattino e Roberto Malini  del gruppo EveryOne.

Era successo che ai Rom è stato IMPEDITO CON LA FORZA  di manifestare, perché un cordone di polizia ha impedito loro di uscire dal campo di Triboniano, effettuando una carica che si è conclusa con alcuni Rom contusi.

Una delegazione ha tentato di farsi ricevere in Comune per chiedere la rimozione del blocco di polizia, ma non è stata neanche fatta entrare nel palazzo.

A questo punto da piazza Scala si sono spostati verso il campo di Triboniano, per capire quale fosse la situazione. Io son tornato a casa per darvi almeno queste scarne notizie, che lascio a voi giudicare. Vi farò sapere appena possibile se ci son aggiornamenti.


COMUNICATO STAMPATriboniano, i Rom, le Ong e gli operatori umanitari in presidio davanti a Palazzo Marino

Milano, 19 maggio 2010. Domani, giovedì 20 maggio, a partire dalle 18 si terrà un presidio pacifico davanti a Palazzo Marino, in piazza della Scala. La manifestazione è stata promossa dalla comunità Rom di via Triboniano, per protestare contro i continui sfratti che mettono sulla strada famiglie indigenti e contro il progetto dello smantellamento del campo, programmato a partire dal 30 giugno, senza alternative abitative e inclusive sufficienti all'emergenza umanitaria. Organizzazioni per i Diritti Umani e centri antirazzisti sosterranno il presidio. "E' il primo passo per la difesa del nostro diritto all'esistenza e alla dignità," affermano senza esitazioni i rappresentanti delle comunità Rom riunitesi in assemblea domenica scorsa. Il Gruppo EveryOne, che ha scritto una lettera al vicesindaco e alla Casa della Carità, chiedendo l'interruzione degli sfratti e l'avvio di politiche in linea con la Carta dei diritti fondamentali della persona nell'Ue, sarà presente al presidio. "Negli ultimi anni il Comune di Milano ha perso una grande opportunità civile," spiegano i leader dell'organizzazione Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, "perché ha avuto a disposizione tanti milioni di euro, ma ha investito tutto quel denaro in una forsennata caccia all'uomo, attuando sgomberi irresponsabili in estate e in inverno, mettendo sulla strada bambini, donne e malati. Ha murato case abbandonate, acquistato centinaia di telecamere di sorveglianza, distolto la polizia municipale dai suoi compiti utili alla collettività per trasformarla in una milizia etnica. La Commissione europea e l'Alto Commissario Onu per i Diritti Umani hanno condannato tali procedure, contro cui sono state aperte procedure di infrazione. Ora tocca al Triboniano, un campo che sta per essere sacrificato alla realtà dell'Expo, attorno a cui gravita ogni genere di malapolitica e malaffare". Vi è una certa preoccupazione, da parte delle istituzioni locali, dopo i moti di protesta verificatisi al Triboniano giovedì 13, quando alcuni rappresentanti della comunità di via Triboniano hanno eretto barricate, dato fuoco a copertoni e a un'auto, messo alcune bombole in mezzo alla strada. L'Assemblea di via Triboniano e gli Antirazzisti Milanesi assicurano che il presidio si svolgerà in modo pacifico: "La manifestazione si prefigge esclusivamente lo scopo di consegnare e rendere pubblica alla una proposta di soluzione della vicenda che rappresenta la volontà di tutti gli abitanti del campo. Le famiglie si rendono infatti disponibili a lasciare l'insediamento purché vengano salvaguardati i loro diritti fondamentali: un’abitazione degna e sostenibile per i 100 nuclei familiari; la garanzia di continuità scolastica per tutti i bambini; la fine di ogni gestione esterna degli interessi e dei diritti della comunità". La Croce Rossa Italiana e la Croce Rossa Romena visiteranno il campo nei prossimi giorni con una delegazione, per verificare le condizioni di salute degli insediati, per accertare che le famiglie verranno risistemate in alloggi adeguati e che siano previsti dopo il trasferimento programmi di inclusione, come prevedono gli accordi internazionali. "Al Triboniano rischia di verificarsi una spaventosa tragedia umanitaria," comunica l'ufficio stampa della sezione Diritti Umani del Circolo "Generazione Italia" di Milano, "ed è importate evitarla. Dopo le proteste di giovedì, si è parlato dei Rom come di facinorosi e violenti. Chi conosce la situazione del campo, però, si rende conto che per i 700 esseri umani lì residenti non esistono più diritti né opportunità di vita. Quando un gruppo sociale viene perseguitato, è sancito il suo diritto alla ribellione: lo afferma la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Domani, però, la protesta si svolgerà in modo tranquillo, anche perché è auspicabile da parte delle autorità cittadine iniziare finalmente ad ascoltare i Rom del Triboniano, evitando di delegare le loro scelte e il loro destino ad associazioni che non hanno motivo di rappresentarli".

 
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
+39 393 4010237 :: 39 331 3585406
 
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