Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 11/10/2011 @ 09:45:36, in media, visitato 2296 volte)

Da Bulgarian_Roma

TOL 03/10/2011 - Reporter bulgara bersaglio su Facebook per la copertura delle violenze etniche
Mirolyuba Benatova

Le tensioni etniche che hanno preso piede in Bulgaria (vedi QUI ndr) hanno portato ad un incidente online particolarmente brutto. Una delle prime giornaliste ad occuparsi dei disordini a Katunitsa, Mirolyuba Benatova per bTV, ha detto che la sua pagina Facebook è stata cancellata dagli amministratori del sito dopo che qualcuno s'era lamentato definendola "dannosa ed offensiva".

Mentre la sua pagina veniva cancellata, la giornalista subiva "una settimana di terrore verbale, odio, intimidazioni e dichiarazioni apertamente antisemite" in un'altra pagina sempre su Facebook, dal titolo Mirolyuba Benatova Nemica del Popolo Bulgaro, commenta "Omicidio su Facebook" postando sul sito web della società civile Online Parliament. Il grilletto è stato la caratterizzazione su bTV dei manifestanti e dei teppisti del calcio che hanno distrutto le proprietà del boss rom.

"Hanno chiesto che mi scusassi perché avevo chiamato quanti loro vedevano come rappresentanti della società civile -tifosi di calcio che si sono comportati oltraggiosamente-. Ragazzi che si erano fotografati mentre facevano saluti nazisti di fronte alla fiamme, chiedevano che dicessi che loro erano cittadini giustamente arrabbiati."

I tifosi di calcio sono stati al centro dei disordini che si sono scatenati il 23 settembre quando un uomo è stato investito ed ucciso da un minivan. Il conducente era legato a Kiril Rahskov, Rom ritenuto un boss della mafia. Nelle proteste che sono seguite, persone descritte come hooligan hanno dato alle fiamme le proprietà di Rashkov nel villaggio centro-meridionale di Kanunitsa. Ci sono state manifestazioni in tutto il paese, la polizia ha arrestato circa 350 persone.

Anche i fan dello Zenit St. Pietroburgo hanno potuto dire la loro sulla questione. In una partita casalinga, hanno issato uno striscione che recitava, in bulgaro: "La Bulgaria è per i Bulgari, non per lo sporco" come scrive novinite.com. Non è chiaro se i fan fossero russi o bulgari.

Due giorni dopo, secondo le agenzie stampa, sostenitori del Politechnica Timisoara, squadra rumena di seconda divisione, hanno innalzato uno striscione con la prima strofa di un popolare motivo bulgaro del XIX secolo: "Alzati, alzati eroe dei Balcani! Vai, Bulgaro!"

Domenica 2 ottobre ha visto a Sofia ed altrove tanto marce per la pace che proteste anti-rom. Circa 5.000 tifosi di calcio e studenti si sono riuniti in una piazza nel centro di Sofia, per protestare contro quella che chiamano l'inazione del governo contro il crimine.

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Di Fabrizio (del 12/10/2011 @ 09:29:45, in Regole, visitato 1322 volte)

Medea.noblogs

Ciao a tutt*, vi inoltro per conoscenza la lettera che ho spedito al gruppo Pam dopo aver assistito ieri ad un episodio di razzismo nel supermercato Metà di Via Madama Cristina angolo Via S.Pellico, a 100 mt da P.za Madama nel quartiere S.Salvario a Torino. Fate girare il più possibile e cerchiamo di boicottare il negozio, il razzismo è una piaga sociale da combattere sempre e ovunque.

Gentile Servizio Clienti,
ieri 6/10/2011 alle ore 13.15 circa mi trovavo in un supermarket del vostro gruppo, ovvero il Metà di via Madama Cristina angolo via Silvio Pellico; ero alla cassa del supermarket e mi apprestavo a porre i prodotti sul carrello scorrevole della cassa, quando dall'ingresso è entrata una signora Rom con sua figlia. Con totale sbigottimento da parte mia e degli altri clienti. la cassiera ha lasciato le sue mansioni e si è messa davanti alla signora impedendole di entrare, adducendo come motivo il fatto che <<Quelli come lei>> non possono entrare nel supermercato. La signora, che voleva solamente acquistare dei pannolini per il suo bebè era sbigottita e confusa. Mi sono rivolto quindi alla cassiera chiedendole se lei aveva visto nello specifico la signora rubare all'interno del locale, ricevendo come risposta un "No",e, nonostante facessi notare che si stava compiendo del becero razzismo identificando il comportamento di un singolo qualunque come di tutta un'etnia o un popolo, la cassiera irremovibile non faceva entrare la signora. In quel momento, vedendo la situazione di umiliazione negli occhi di questa signora, ho posato la merce sulla cassa e me ne sono andato, certo che in quel supermercato non ci tornerò più e anzi, farò di tutto affinchè altre persone mie conoscenti non si rechino in quel luogo.
Questo comportamento mi ha ricordato anni bui della nostra storia, raccontati da mio nonno, quando si impediva l'ingresso nei locali "agli ebrei e ai cani" o quando, nella Torino anni '60, comparivano i "non si affitta ai meridionali" sugli annunci immobiliari, tutte cose che non hanno insegnato nulla se esistono ancora oggi, nel 2011, episodi di questo tipo.
Mi preme ricordare inoltre che è vietato per legge non fare entrare una persona all'interno di un luogo aperto al pubblico, per qualsiasi motivo.
Cordialmente,
Simone Pallaro

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Di Fabrizio (del 12/10/2011 @ 09:42:05, in sport, visitato 1515 volte)

Uno dei miti di quando ero bambino: Dragan Džajić, stempiata ala sinistra della nazionale jugoslava, che nel 1968 vidi perdere l'Europeo di calcio contro l'Italia (foto tratta da Aoutravisao.wordpress.com)

Settimana scorsa gli occhi degli appassionati di calcio erano puntati sulla partita Serbia-Italia, e molti esprimevano le loro giustificate preoccupazioni, visto cos'era successo nella partita dell'andata a Genova. Ricordate?

Come accade spesso parlando dell'Europa dell'est, la Serbia per i nostri mezzi d'informazione diventa il capro espiatorio di una situazione di disagio comune a tutta la regione. E di una serie di spinte politiche-sociali "giocate" dagli attori più controversi, incapaci di scegliere i loro futuri padroni, mentre continuano le faide riemerse da un passato di oltre 70 anni fa.

Insomma lo sport è la cartina di tornasole del vaso di Pandora che si è aperto oltre 20 anni fa con la caduta dei regimi di allora, spesso impresentabili ma che erano un fattore di stabilità. Rimane, come al tempo della cortina di ferro, un elemento di lotta nazionalista, vedi i recenti (esagerati) entusiasmi per la conquista del titolo europeo di pallavolo della Serbia. Ne scrive quest'articolo di Repubblica.

Ma, proprio perché Repubblica s'è distinta spesso in polemiche anti-serbe, ripeto: la Serbia è solo un pezzetto dell'ennesimo puzzle balcanico.

Dove ogni singolo stato è differente, per storia, popolazioni, economia ecc. ma i fenomeni sociali si rimbalzano similmente, quasi ci fosse un tam-tam da un paese all'altro:

  • In Bulgaria, sono stati ancora i tifosi di calcio a dare inizio alle violente manifestazioni anti-rom, che si sono diffuse rapidamente a macchia d'olio in tutto il paese. Gli sciacalli, gli ultra-nazionalisti di Ataka intendo, si sono fatti vivi solo a cose fatte, giusto in tempo per rivendicarsene il merito.
  • Sempre in Bulgaria, tanto i tifosi quanto i dirigenti delle squadre di calcio, non fanno fare un bella figura del loro paese all'estero.

Altri tre esempi li trovo citati in Osservatorio dei Balcani e Caucaso:

  • In Bosnia Erzegovina (che per fare da contrappunto alla "cattiva" Serbia, consideriamo per pigrizia come uno stato vittima della storia), le partite di calcio tra squadre di calcio che "rappresentano" etnie diverse, si svolgono in un clima di emergenza continua. Appena un attimo più calma la situazione in Croazia, ma anche lì il calcio è terreno di scontro di interessi contrapposti, e relative violenze.
  • In Kosovo anche lo sport vive una sua situazione particolare di isolamento, specchio delle sue contraddizioni politiche. Sempre dal Kosovo, si ricorda come anche la nazionale serba di pallavolo venga arruolata nell'oltre decennale conflitto etnico, ancora non pacificato. Come accade spesso leggendo gli articoli di Osservatorio dei Balcani e Caucaso, bisogna anche scorrere i commenti per avere il quadro delle polemiche che si ripetono da decenni come un vecchio ed abusato copione.

Considerazioni finali:

  • Non solo in Italia, ma anche nei Balcani, parlare di sport purtroppo prescinde dalla bontà della sua pratica, per portarci ad esaminare gli sporchi interessi che stanno dietro.
  • Se la Serbia piange, gli altri non ridono.
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Di Fabrizio (del 13/10/2011 @ 09:10:59, in blog, visitato 1658 volte)

Circa un mese fa, scrivevo Giramenti. Ricevo, con permesso di pubblicazione, questa mail da parte di chi scrisse quell'articolo:

Mi spiace molto dell'equivoco creatosi, in quanto per mia disattenzione ho citato solo l'autrice Karin Waringo e non Lei, in quanto traduttore dello stesso articolo. Non volevo in nessun modo mancarLe di rispetto, ne tanto meno mancare di rispetto al Vs lavoro che fate egregiamente sul Vs blog, in modo volontario e senza alcun profitto. Volevo solo divulgare delle notizie che mi sembrava fosse giusto sapesse quanta più gente è possibile, mi creda molti anzi moltissimi non sanno delle sofferenze dei rom durante la seconda guerra mondiale, come sicuramente lei sa di memoria storica scritta su questi argomenti non ne esiste molta purtroppo. Approfitto per chiedere scusa sia a Lei che ai suoi collaboratori, non c'era nessuna cattiva fede, la prego di credermi. Continuerò a leggere il suo blog, e semmai dovessi postare qualcosa, sicuramente non commetterò mai più lo stesso errore.

Rosalba Moccia


Oggi alle 14.26, mi scrive la redazione di Campo Libero, segnalandomi questo link:

ERRATA CORRIGE SU CONTRIBUTO DI ROSALBA MOCCIA

Per correttezza, pubblichiamo una rettifica relativa al contributo pubblicato sul nostro sito nel mese di agosto 2011 a firma di Rosalba Moccia.
Nella sua riflessione, la socia Moccia, per riportare l'attenzione sulla questione rom, cita un articolo di Karin Waringo postato il 1 agosto 2005, ma non il traduttore dello stesso, Fabrizio Casavola, quale fonte originale attraverso il suo blog (http://www.sivola.net/dblog)
Rispondiamo così al signor Casavola che sottolinea giustamente, dalle pagine del suo blog, che lavoriamo tutti nel sociale e, presumibilmente, tendiamo agli stessi obiettivi. Ci scusiamo con lui per l'inconveniente: non era nostra intenzione causare problemi a nessuno, quanto piuttosto, attraverso il ricordo, sensibilizzare i lettori riprendendo una storia che non tutti conoscono e che l'attenzione mediatica spesso ha trascurato.

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Di Fabrizio (del 13/10/2011 @ 09:18:04, in Regole, visitato 1425 volte)

Due notizie prese da ImmigrazioneOggi del 3 ottobre scorso

Lega Nord: durata della carta d'identità legata al permesso di soggiorno e cancellazione d'ufficio dalle anagrafi entro 60 giorni dal permesso non rinnovato.
La nuova proposta del Carroccio per rendere ancora più severa la normativa già modificata nel 2009 con la legge n. 94 sulla sicurezza.

Una proposta di legge per equiparare la durata della carta d'identità a quella del permesso di soggiorno e che prevede la cancellazione d'ufficio dalle anagrafi degli stranieri che non presentano entro 60 giorni la documentazione di rinnovo del permesso.
È l'iniziativa del gruppo parlamentare della Lega Nord alla Camera, che vede primo firmatario Luciano Dussin, e che chiede, che per gli stranieri, la durata del documento di identità sia "indissolubilmente legata" alla durata del titolo di soggiorno.
L'obiettivo, ha spiegato Dussin, è quello di "fornire agli organi di pubblica sicurezza ulteriori strumenti di controllo e vigilanza del territorio". Controllo e vigilanza che, secondo il parlamentare, vanno esercitate anche attraverso "la repressione di ogni tipo di utilizzo illegittimo da parte dello straniero dell'iscrizione all'anagrafe della popolazione residente".
La proposta prevede infatti la cancellazione d'ufficio dall'anagrafe dello straniero che non abbia entro i sessanta giorni successivi alla scadenza del permesso di soggiorno rinnovato la dichiarazione di dimora abituale nel Comune. Un procedimento che, spiega l'esponente del Carroccio, "non avverrà più impegnando risorse e mezzi ai fini del 'rintraccio' o della 'notifica' del provvedimento di cancellazione, ma sarà effettuata d'ufficio". Con questa modifica, "l'onere della prova" spetterà quindi allo straniero, che sarà chiamato a rinnovare il permesso di soggiorno o a fornire un documento che provi come sia stata avviata la richiesta di rinnovo. Oggi, invece, il regolamento anagrafico, modificato con la legge n. 94 del 2009 sulla sicurezza, stabilisce che gli stranieri, entro sessanta giorni dal rinnovo del permesso di soggiorno, hanno l'obbligo di rinnovare all'ufficiale di anagrafe la dichiarazione di dimora abituale nel comune (e comunque non decadono dall'iscrizione nella fase di rinnovo del permesso di soggiorno); se non effettuano la dichiarazione nei tempi, si procede alla loro cancellazione trascorsi sei mesi dalla scadenza del permesso di soggiorno, previo avviso da parte dell'ufficio, con invito a provvedere nei successivi 30 giorni.
(Red.)


Filippina arrestata ed espulsa perché nel nullaosta c'è il nome da sposata e non da nubile. Il Giudice di pace annulla.
Si è conclusa positivamente la vicenda iniziata nel 2010 della giovane filippina, che vive a Bologna, con un figlioletto di 4 anni.

È stato annullato dal Giudice di pace di Bologna Nicoletta Maccaferri il decreto di espulsione a carico di una donna filippina di 35 anni, madre di un bambino di 4 anni e mezzo, impiegata in un agriturismo del Bolognese, che nell'aprile 2010 era stata prima incarcerata e poi espulsa per un equivoco nato dal doppio cognome, da nubile e da sposata.
Il marito della donna lavorava a Bologna regolarmente quando lei, J.I., arrivò in Italia nel 2006, con un visto per cure mediche per portare a termine la gravidanza. Permesso che scadeva il giorno della nascita del bambino, il 24 agosto 2006. J.I. fece richiesta di rinnovo, ma il 5 aprile del 2007 le venne notificato un decreto di espulsione per essersi trattenuta in Italia senza aver chiesto il permesso nei termini prescritti. Il decreto le venne notificato in italiano e in inglese, due lingue poco conosciute allora dalla donna. Il suo referente italiano intanto, sia nel 2006 che nel 2007, aveva fatto richiesta di nullaosta al lavoro subordinato per la sua regolarizzazione lavorativa; di conseguenza la donna, ritornata nel giugno 2009 nelle Filippine, il 3 luglio ricevette il nullaosta con regolare visto di ingresso per l'Italia. Con questi documenti tornò a Bologna e chiese il permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Nella primavera 2010 ricevette una lettera dell'Ufficio immigrazione per comunicazioni sul permesso di soggiorno: così con il marito e il bambino andò all'Ufficio dove le spiegarono che la sua domanda di permesso non era ammissibile e seduta stante l'arrestarono.
Per il nullaosta al lavoro sarebbero state date generalità diverse, sosteneva nel decreto la Questura, ma secondo la difesa, l'avvocato Cristina Gandolfo, in realtà nel nullaosta c'erano semplicemente le generalità da sposata, fermi restando tutti gli altri dati e soprattutto le impronte digitali rilevate.
Ma per l'Ufficio immigrazione, malgrado anche il figlio in età pre-scolare, la donna – che nel frattempo aveva lavorato regolarmente pagando i contributi – andava espulsa. "Il decreto di espulsione – ha osservato nelle motivazioni il giudice – appare motivato su un presupposto di fatto contrario al vero, in quanto la donna è rientrata in Italia con il nome J.E., riconosciuto nel suo Paese quanto il nome J.I., munita di regolare visto di ingresso ottenuto a seguito di nulla osta al lavoro subordinato concesso dallo Sportello unico per l'immigrazione. Ne consegue che il decreto di espulsione dovrà essere annullato".
(Red.)

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Di Fabrizio (del 14/10/2011 @ 09:02:19, in lavoro, visitato 1777 volte)

11 ottobre, 17:19

Progetto pilota al via a Scampia e Secondigliano

(ANSA) - NAPOLI, 11 OTT - Non solo i napoletani, ma anche i rom faranno la raccolta differenziata. Con questa finalita' e' stato siglato oggi un protocollo d'intesa tra Prefettura, Comune e Provincia di Napoli. L'intesa prevede la realizzazione di un progetto pilota per avviare la raccolta differenziata all'interno dei campi nomadi di Cupa Perillo a Scampia e al Campo Nuovo di Secondigliano.

Elemento caratterizzante che la raccolta sara' affidata agli abitanti stessi dei campi. Due gli obiettivi a cui tende il progetto: l'opportunita' per i rom di partecipare a progetti formativi di lavoro e, allo stesso tempo, il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie degli insediamenti. (ANSA).


Raccolta differenziata al campo rom di Scampia
Noiconsumatori.org martedì 11 ottobre 2011 - 5:57:07 PM - Autore: Paola Di Matteo
Pisani: "Urgono interventi più approfonditi e mirati per l'igiene e la sicurezza. Fondamentale l'apertura dello svincolo

Siglato oggi il protocollo d'intesa tra Comune di Napoli, Provincia e Prefettura per avviare la raccolta differenziata nel campo rom di via Cupa Perillo a Scampia ed nel Campo Nuovo di Secondigliano. Un progetto pilota, questo, che si propone due obiettivi primari: il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie all'interno dei villaggi e l'occasione per i nomadi di partecipare a progetti formativi.

"E' un buona notizia per i residenti e per tutti quei nomadi che finora hanno vissuto nella mortificazione dei diritti umani – afferma l'avvocato Angelo Pisani, Presidente dell'VIII Municipalità -. Tuttavia per il quartiere di Scampia urgono interventi più approfonditi e mirati che noi da tempo invochiamo alle autorità. Oltre alla raccolta differenziata bisogna innanzitutto assicurare costantemente la pulizia e la sicurezza, nello specifico agire per una vera e propria bonifica di questi luoghi dalla sporcizia e dal rischio epidemie e ripristinare la legalità - spiega Pisani - delocalizzando i campi rom abusivi ed illegali, operazione che permetterebbe anche il recupero della funzionalità dello svincolo dell'Asse Mediano chiuso da oltre 25 anni e mai aperto proprio a causa delle baracche e dei rifiuti di ogni genere".

Il progetto, inoltre, prevede anche un sistema di videosorveglianza nei pressi del campo rom e nelle zone di raccolta, aspetto di cui il presidente Pisani si dice "soddisfatto e fiducioso per un'immediata installazione delle videocamere - un punto fondamentale su cui abbiamo insistito tanto - estremamente necessarie per controllare e prevenire gli sversamenti illegali".


Napoli, raccolta differenziata: progetto pilota nei campi Rom
DI REDAZIONE IL DENARO – MARTEDÌ 11 OTTOBRE 2011,

Un progetto pilota per la raccolta differenziata all'interno dei campi nomadi di Scampia e Secondigliano affidata agli stessi abitanti dei villaggi. Sottoscritto oggi un protocollo d'intesa tra l'ente di Piazza Matteotti, il Comune di Napoli e la Prefettura. Il progetto elaborato dalla Provincia di Napoli è finanziato dal Ministero dell'Interno – Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione – su proposta del Prefetto di Napoli, con la concessione di un contributo straordinario 200 mila euro nell'ambito di un più ampio disegno progettuale destinato a realizzare interventi a carattere assistenziale in favore delle popolazioni nomadi.

LE RISORSE
Una parte del finanziamento è stata già utilizzata in favore dei minori Rom con borse di studio e con progetti in ambito sportivo che hanno avuto UNA MASSICCIA adesione; oltre 110 mila euro saranno, invece, destinati al progetto della raccolta differenziata. Gli insediamenti nomadi sono generalmente caratterizzati da precarie condizioni igienico sanitarie e, molto spesso, sono ricettacolo di rifiuti di varia tipologia. L'iniziativa intende dunque rafforzare le attività di di inclusione sociale della comunità nomadi.

LA FORMAZIONE
Il progetto, che interessa due villaggi, sarà affidato per la realizzazione agli stessi Rom, che saranno preventivamente formati, a cura dell'amministrazione provinciale. Per le attività di raccolta è previsto l'utilizzo di sei operatori organizzati da un coordinatore con il compito di redigere un programma di raccolta, organizzare in turni il lavoro dei singoli operatori, verificare il raggiungimento degli obiettivi, gestire l'occorrente per le attività, mantenere i rapporti con le istituzioni e con le aziende coinvolte, redigere un rapporto mensile sull'andamento del progetto. Gli operatori avranno i compiti di ritirare i rifiuti a domicilio secondo le disposizioni del programma di raccolta, depositare quanto raccolto nella vicina isola ecologica o negli spazi che verranno indicati dall'Asia, fornire informazioni agli abitanti sulle modalità della raccolta differenziale, controllare il territorio per quanto attiene l'igiene ambientale. L'iniziativa presentata alla comunità nomade che ne ha condiviso i contenuti, ha carattere sperimentale per la durata di nove mesi. Se il risultato sarà positivo l'esperienza sarà estesa ad altri insediamenti. In costruzione, intanto, un nuovo villaggio a Scampia il cui progetto è finalmente arrivato alla fase esecutiva.


Napoli, la raccolta differenziata arriva al campo Rom

Ecodallecitta.it - mercoledì 12 ottobre 2011 18:46
Siglato un protocollo d'intesa tra Prefettura, Comune e Provincia di Napoli che prevede la realizzazione di un progetto pilota per avviare la raccolta differenziata all'interno dei campi Rom di Scampia e Secondigliano

L'11 ottobre il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, il prefetto di Napoli, Andrea De Martino, il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, hanno firmato un accordo per la realizzazione di un progetto pilota per avviare la raccolta differenziata negli insediamenti Rom di Cupa Perillo a Scampia e al Campo Nuovo di Secondigliano.

Il progetto è stato elaborato dall’Amministrazione provinciale di Napoli e finanziato dal Ministero dell’Interno. La raccolta sarà affidata agli abitanti stessi dei campi. Due gli obiettivi a cui tende il progetto: l'opportunità per i rom di partecipare a progetti formativi di lavoro e, allo stesso tempo, il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie degli insediamenti.

"Se a Napoli la raccolta differenziata la faranno i rom, che per i nostri costumi oggettivamente vivono in condizioni precarie e disagiate, allora non vedo chi possa più esimersi da questo dovere civico" ha dichiarato il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro. "La valenza di questo progetto, voluto dalla mia amministrazione e portato avanti con successo dall’assessore Marilù Galdieri - ha aggiunto Cesaro - è duplice: innanzitutto è portatore di messaggi di integrazione, visto che gli attori ed i realizzatori dello stesso saranno proprio le comunità nomadi; in secondo luogo perché, grazie a questa iniziativa, si potranno contrastare fenomeni quanto mai frequenti quali roghi di rifiuti e suppellettili spesso individuati proprio presso i campi nomadi. Tale progetto, inoltre, si inserisce nel solco della piena collaborazione con l’amministrazione comunale di Napoli, perché ribadisco - ha concluso Cesaro - che solo con la sinergia delle varie istituzioni il territorio potrà puntare ad un suo effettivo rilancio".

"Oggi in prefettura - ha detto poi l’assessore provinciale al lavoro ed alle risorse umane, Marilù Galdieri - ho parlato con Nino, rom in rappresentanza della comunità di Secondigliano e di Scampia. Credono fermamente in questa che vedono anche come un’ opportunità di migliorare la vita all’interno dei campi e di formazione spendibile anche in un futuro lavorativo. Mi piacerebbe, ad esempio, che proprio qualche rom, un domani, possa spiegare a noi napoletani come effettuare correttamente la raccolta differenziata".

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Di Fabrizio (del 14/10/2011 @ 09:14:22, in Kumpanija, visitato 2196 volte)

Lo confesso: non amo i convegni, le frasi fatte che conosco a memoria, le polemiche che si tirano dietro. Qualche volta, qualcuno riesce a catturare la mia attenzione: martedì scorso è successo con i discorsi di Jovica Jovic e quello finale di Nicolae Gheorghe: magari non ero d'accordo su tutto, ma si respirava (ecco: RESPIRARE è il termine appropriato) una grammatica mentale romanì, indipendente dai modi di pensare e di imporre il proprio pensiero, tipici di ogni cultura maggioritaria, come è anche la nostra. Però, lo confesso : - \, non so resistere ai convegni perché ogni volta mi capita di incontrare amici vecchi e nuovi e mi incanta come in pochi minuti si ricrei tra noi un clima cameratesco.
Dopo che timidamente in Mahalla si era accennato ad Idea Rom di Torino, finalmente ci si è conosciuti di persona. Ma lasciamo che si descrivano da soli, attraverso il loro sito:

L'associazione:
IDEA ROM ONLUS è un'associazione di promozione sociale costituita nel 2009 che opera a Torino nelle sedi di via Garibaldi 13 e via Cavagnolo 7 e presso i territori con i maggiori insediamenti abitativi di famiglie Rom della città. Nel 2010 l'associazione è stata premiata con una Targa d'Onore del Presidente della Repubblica per l'opera tesa a favorire l'integrazione sociale della propria comunità.

Da chi è formata:
L'Associazione è costituita da donne Rom appartenenti alle diverse comunità presenti a Torino, alcune con esperienze professionali nel campo della mediazione culturale.

A chi si rivolge:
Idea Rom Onlus ha una forte caratterizzazione femminile perché le principali azioni hanno come attori, riferimenti e interlocutori soprattutto le donne e le giovani Rom delle diverse comunità con cui condividere ed elaborare saperi e competenze, creando e sostenendo sbocchi lavorativi e attività culturali.
Destinatarie e protagoniste degli interventi sono le famiglie Rom presenti in città, nei "campi nomadi" e negli appartamenti, coinvolte direttamente nella definizione dei bisogni, nella progettazione delle iniziative e nella loro concreta realizzazione.

Obiettivi dell'associazione:
Idea Rom Onlus, pur non rappresentando i Rom della città, cerca di promuovere progressive forme di rappresentanza diretta, formale e sostanziale, delle diverse comunità.
Tutti i progetti e le attività sono ispirati ai seguenti obiettivi:

  • favorire l'integrazione e la partecipazione attiva dei Rom (e dei Sinti, dei Kalé, dei gruppi e delle comunità viaggianti) nella società italiana ed europea, nel rispetto delle diverse identità, della pari dignità e dei valori fondamentali del vivere civile
  • contrastare i pregiudizi diffusi sui Rom e tutte le forme di discriminazione, dirette e indirette verso questa popolazione

E poi, se vi garba, ci sarebbero molte altre cose da scoprire. In Home page troverete i link:


Convegno per il 40° dell'AIZO - due interventi che mi sono goduto:

Jovica Jovic, secondo il programma, avrebbe dovuto parlare di "Lo sterminio della mia famiglia". Educato e rispettoso com'è sempre, visto che agli oratori precedenti erano stati riservati tempi biblici di intervento, ha chiesto se per lui c'erano limiti di tempo, aggiungendo "se vi stancate, ditemelo, che riprendo a suonare la fisarmonica".

Dopo i primi minuti di discorso, il moderatore della mattinata si stava visibilmente preoccupando perché Jovica continuava a parlare d'altro. Gliel'ha fatto notare, con garbo. Per tutta risposta, Jovica ha continuato, col medesimo garbo, per la sua strada. Questo il resoconto di una parte dell'intervento, riportato da Balkan-Crew:

"Io sono solo un musicista, ma la mia testimonianza è una testimonianza di vita vissuta in Bosnia, tra un campo e un altro a parlare con figli e nipoti di chi è morto a Jasenovac eppure la mia fisarmonica non parla ne di fascismo ne di razzismo, ma solo di pace. Tanti parlano per sentito dire o perché hanno studiato e pensano di poter esprimere giudizi, io quello che racconto l'ho vissuto e viene dal cuore. La Jugoslavia non c'è più e tutti a dire è colpa tua, no è colpa tua, ma la Jugoslavia non c'è più!!! Ho suonato tante volte al binario 21 a Milano, posto in cui i rom e gli ebrei e tante altre minoranze venivano deportati per i campi di concentramento e ancora adesso, dopo tanti anni e tanti morti, troviamo ancora chi vorrebbe fare le stesse politiche. Il popolo rom meriterebbe un nobel, perché ha passato le peggiori cose e non si è mai ribellato, non ha mai fatto guerra a nessuno, nonostante non ha una terra su cui vivere. Che colpa ho avuto io a nascere da una zingara e che colpa ha avuto mia figlia che è nata in Italia, è stata vaccinata, ha frequentato la scuola, eppure non può avere la cittadinanza perché non può dimostrare la residenza ? Ma come faccio a risiedere in un posto se dopo tot anni arriva l'ordine di sgombero? Ero in un campo in cui si rubava e ho cambiato la situazione. Ho fatto fare una chiesa e veniva un prete a celebrare la Santa messa. Le persone erano cambiate, non rubavano più, ma ci hanno detto di andare via e hanno distrutto la chiesa e buttato la croce nel fango. Le persone le giudichi da ciò che dicono e che fanno. Se fanno del male sono persone cattive, ma loro sono i primi giudici di loro stessi"

Insomma, ha parlato ai suoi fratelli, di qualsiasi razza fossero.

Un personaggio apparentemente all'opposto di Jovica, è il dott. Nicolae Gheorghe, che può vantare un curriculum di tutto rispetto. In Italia si esprime in un misto di rumeno, italiano, spagnolo, inglese e francese. Lui è un Rom che ragiona di alta (a volte troppo) politica, con il raro dono di rendersi immediatamente comprensibile. Gli toccava concludere il convegno, senza che i custodi ci chiudessero dentro. Questo il sunto del suo intervento finale di 3 minuti:

"L'Olocausto ancora non è stato riconosciuto come fatto politico.
La povertà del nostro popolo, la capisco sino ad un certo punto, non oltre: non siamo a chiedere l'elemosina agli altri. La nostra miseria da forza ai nuovi nazisti, dobbiamo averne conoscenza per combatterli.
La nostra terra, il ROMESTAN, ci è stato copiata ed è diventato patrimonio dei discorsi della destra. Ricordatevi: in Germania la prima misura dei nazisti fu di togliere la cittadinanza ai sinti, e la loro prima richiesta a guerra finita fu di riaverla. Allora: la cittadinanza EU, richiesta da molti, non può essere una riparazione per la mancata cittadinanza nazionale.
Siamo una nazione culturale: IL NOSTRO SIMBOLO NON E' LO STERMINIO, MA LA SOPRAVVIVENZA."


Per completare la mia personalissima cronaca, aggiungo anche un comunicato sicuramente più oggettivo:

COMUNICATO STAMPA
CONVEGNO "LO STERMINIO DI ROM E SINTI E LE NUOVE INTOLLERANZE"

Lunedì 10 e martedì 11 ottobre si è tenuto presso la sala Lauree della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere il Convegno dal titolo "Lo sterminio di rom e sinti e le nuove intolleranze", organizzato dall'Associazione Italiana Zingari Oggi, che da 40 anni opera a difesa dei diritti e per la promozione dei doveri della popolazione rom.

Il Convegno ha visto la partecipazione di relatori da tutta Europa, i quali hanno arricchito il dibattito con riflessioni, non solo sulla tragedia dello sterminio, ma anche sulle nuove intolleranze che stanno emergendo e sui problemi che questa minoranza quotidianamente incontra nei paesi europei.

La prima mattinata del Convegno è stata dedicata alle celebrazioni dei quarant'anni dell'Associazione, a cui hanno portato il proprio saluto, tra gli altri, il Preside della Facoltà di Lingue, l'ex sindaco Diego Novelli e l'attuale assessore alle Politiche Sociali, Elide Tisi, la quale ha anche consegnato alla Presidente dell'A.I.Z.O., Carla Osella, una targa di ringraziamento da parte del Comune di Torino per i 40 anni di proficua collaborazione.

Il resto del Convegno è stato dedicato al ricordo dello sterminio del popolo rom e sulle nuove intolleranze. Di particolare rilievo sono stati gli interventi dell'on. Letizia De Torre, che ha presentato il Rapporto sulla condizione di rom, sinti e caminanti, stilato dal Senato, facendo sorgere un vivo dibattito sui problemi della minoranza rom in Italia e le azioni intraprese dal governo, e il contributo dell'avv. Olga Marotti, dell'UNAR, la quale ha presentato gli interventi dell'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali a tutela dei diritti dei rom.
Tra gli interventi riguardanti lo sterminio perpetuato dai nazi-fascisti, tragico e commovente il resoconto sugli esperimenti compiuti dal dott. Mengele e il suo staff sui bambini detenuti nei campi, che è stato presentato dal dottor Erasmo Maiullari, docente di chirurgia pediatrica dell'Università di Torino, così come meticolosi ed interessanti gli interventi del dott. Claudio Vercelli e della dott.ssa Rosa Corbelletto, che rispettivamente hanno presentato le basi ideologiche dello sterminio di rom e sinti in Germania e dell'internamento in Italia.
Tra i relatori internazionali, di particolare interesse sono stati i contributi di Nicolae Gheorghe, attivista rom dalla Romania e di Dusan Mladen, presidente della Camera di Commercio Romani degli Stati Uniti, che ha presentato i progetti realizzati dal suo Istituto in Serbia.
L'ultima parte del convegno, dedicata alla situazione attuale ed alle intolleranze che stanno emergendo, è stata arricchita dagli interventi della prof.ssa Marcella Delle Donne, che con passione ha presentato casi di emarginazione e di integrazione, richiamando con forza la necessità di un riconoscimento della minoranza rom da parte delle istituzioni italiane ed europee, e dall'intervento delle prof.ssa Mara Francese, che ha presentato una riflessione sull'emergere di nuovi pregiudizi che, come i ghetti fecero durante la seconda guerra mondiale, impediscono la conoscenza reciproca e l'integrazione.

L'intero Convegno è stato animato dall'eclettico musicista Jovica Jovic, che ha suonato alcuni pezzi con la sua celebre fisarmonica durante i momenti di pausa. Lo stesso Jovica è intervenuto come relatore, portando la propria testimonianza sullo sterminio della sua famiglia e sulle difficoltà che oggi lui e i suoi figli incontrano nel percorso verso l'integrazione nella nostra società.

I relatori e il pubblico hanno condiviso la necessità primaria di riconoscere la minoranza rom quale minoranza italiana da parte dello Stato e di rendere più semplice l'accesso ai documenti e alla cittadinanza, requisiti fondamentali per una completa integrazione. Altro argomento più volte emerso è il ruolo dell'Unione Europea e del Consiglio d'Europa nella difesa della minoranza rom e sulla necessità di fare pressione sul governo italiano affinché si muova per avere accesso ai fondi messi a disposizione dall'UE per l'inclusione sociale.

L'alta partecipazione da parte delle istituzioni e dalla cittadinanza al Convegno realizzato dall'A.I.Z.O., oltre ad essere motivo d'orgoglio per l'Associazione, rappresenta una speranza per un incremento dell'interesse della popolazione maggioritaria nei confronti delle questioni che toccano il popolo rom e per un rafforzamento della collaborazione tra associazioni rom e gagjè e enti locali.

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Di Fabrizio (del 15/10/2011 @ 09:50:20, in Italia, visitato 1536 volte)

Segnalazione di Alberto Maria Melis

PartitoDemocratico.it

Ansia, disturbi del sonno e dell'attenzione. La situazione delle famiglie rom in Italia nel rapporto di 'Associazione 21 luglio' e Centro europeo per i diritti dei rom, su richiesta della Commissione diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite. "Negati i diritti a istruzione, abitazione, salute"

ROMA - Le famiglie e i minori rom in Italia vedono negati, giorno dopo giorno, i propri diritti. Il diritto all'abitazione, prima di tutto, ma anche quello all'istruzione, alla salute e a una vita dignitosa. Lo testimonia il rapporto che "Associazione 21 luglio" e Centro europeo per i diritti dei rom (Errc) hanno redatto su richiesta della Commissione dei diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite. Il documento è stato presentato al Comitato per i diritti dell'infanzia (Crc) nei giorni scorsi e ha avuto come prima conseguenza l'invio di una serie di raccomandazioni al governo italiano, nelle quali il Comitato che si è detto "seriamente preoccupato per le politiche, le leggi e le pratiche discriminatorie nei confronti dei bambini in situazione di vulnerabilità".

Il rapporto, realizzato attraverso ricerche e monitoraggi sul campo, parla esplicitamente di "condizioni abitative precarie" e di un "impatto negativo degli sgomberi forzati", pratica tuttavia molto diffusa nelle città italiane. A pagare il prezzo più alto sono i bambini, che "hanno gravi difficoltà, quanto non ne sono completamente privati, ad esercitare il loro diritto all'istruzione, alla salute, a un'abitazione dignitosa e alla protezione da discriminazioni, abusi e sfruttamento". Parallelamente, i diritti dei genitori "in relazione alle decisioni da prendere riguardo ai propri figli e all'assistenza sociale da fornire loro sono sistematicamente violati". Il contesto italiano già in passato ha suscitato un coro di critiche da parte delle istituzioni internazionali ed europee, a partire dal Commissario uropa, del Consiglio d'to nette critiche da parte delle istituzioni internazionali ed europee, come la commissione per i diritper i diritti umani del Consiglio d'Europa, il Parlamento europeo, l'Ocse, le Nazioni Unite e molte Ong.

Molto c'è da fare, quindi, per garantire la tutela dei diritti dei rom che vivono in Italia. Innanzitutto, "migliorare le condizioni abitative e porre fine agli sgomberi, in quanto pratica che influenza negativamente tutti gli aspetti della vita", come si legge nelle raccomandazioni finali del rapporto. Per i minori, l'appello è di lavorare sulle leggi "per garantire una piena e adeguata protezione". In particolare, si chiede di stabilire quando il minore deve essere considerato a rischio e di rendere obbligatoria la raccolta di dati disaggregati per etnia e per altri fattori rilevanti. Per tutelare i genitori, invece, si invita a "garantire supporto legale gratuito alle famiglie che rischiano di perdere la custodia dei figli", prevedendo anche un'attività di prevenzione dell'allontanamento. Infine di adottare un piano di protezione con misure studiate per i rom italiani e non, non dimenticando le donne e le ragazze rom, che devono essere incentivate a denunciare abusi e matrimoni forzati e precoci.

La vita all'interno di un campo mette a rischio non solo la salute, ma anche la crescita di un bambino. Lo dice senza mezzi termini il rapporto di Associazione 21 luglio ed Errc, nel quale si avverte di un pericolo serio per l'infanzia rom. Secondo alcuni studi, infatti, un'alta percentuale di minori che vivono nei campi "sono inclini a disturbi d'ansia, fobie, disordini del sonno, disturbi dell'attenzione e iperattività, ritardi nell'apprendimento. Tutti fattori che possono portare, nell'adolescenza o in età adulta, a disordini ben più gravi". Dal canto loro, le donne intervistate riferiscono di condizioni igieniche pessime, di assenza di spazi personali e di tensioni tra gruppi rom e di altre nazionalità. Senza contare che i campi spesso non sono serviti dai mezzi di trasporto pubblici, rendendo difficile frequentare la scuola e aggravando la marginalizzazione dei bambini. "Le difficoltà nell'ottenere i documenti e la registrazione nei campi - si aggiunge nel rapporto - ostacolano il diritto all'istruzione. Inoltre la mancanza di privacy e in generale le condizioni di vita nel campo creano una barriera alla riuscita della scolarizzazione".

Una conseguenza di tutta questa precarietà è che i minori rom sono esposti, più degli altri, al pericolo di allontanamento dai propri genitori e di inserimento in istituti monitorati o case famiglia. I dati attestano che i rom rappresentano circa il 10,4% di tutti i minori che vivono in queste strutture, anche se la loro percentuale sul totale della popolazione italiana si ferma allo 0,23%. Tutto questo è dovuto all'assenza di una politica uniforme che definisca quando l'allontanamento è necessario: "Una lacuna che permette di fatto comportamenti discriminatori in relazione alla valutazione dell'adeguatezza della situazione familiare". Secondo i promotori del rapporto, poi, in queste sedi i minori non trovano una "preparazione culturale e sociale adeguata" e si devono scontrare con gli "stereotipi discriminatori di alcuni operatori, che danneggiano lo sviluppo dei minori e il loro accesso all'istruzione". Anche per queste ragioni è alto il fenomeno delle fughe.

Esiste poi una terza minaccia all'infanzia, passata per lo più sotto silenzio perché erroneamente ritenuta "parte della cultura rom". Si tratta dei matrimoni precoci e forzati che, tra le alte cose, mettono le giovani a rischio di violenze domestiche e abusi. A questo si accompagna spesso il "test della verginità": durante le ricerche condotte dall'Errc nel marzo 2011, il 65% delle 48 donne intervistate ha riferito di aver subito il test prima del matrimonio: "Fallirlo – legge nel rapporto - si comporta il rifiuto da parte del marito e il ritorno alla famiglia d'origine o trattamenti offensivi simili, come abusi verbali, infedeltà, ostracismo dalla comunità". Tutte pratiche che "non solo minacciano la salute e la dignità delle giovani donne rom, ma interferiscono con la loro educazione e successivamente restringono la loro autonomia economica".


Rom: il volto violento del Piano nomadi

Articolo21 di Bruna Iacopino

Nico ha occhi profondi e riflessivi. Zaino in spalla, capelli neri come il carbone, osserva attentamente e ascolta quello che i "grandi" hanno da dire. "Cosa vuoi fare da grande?". Mi guarda un po' titubante, pensando fra se, se deve darmi o meno la risposta, poi sorride, timido "...il poliziotto". " Ma sul serio vorresti fare il poliziotto? Nonostante tutto quello che vi è successo in questi giorni? anche in questi giorni?"
Non fa una piega, abbozza di nuovo un sorriso e fa cenno di si. Nico ( che non si chiama Nico nella realtà) di anni ne ha 12, e frequenta la seconda media in un istituto scolastico della capitale. Dal 29 settembre, giorno in cui è stato sgombrato con tutta la sua famiglia, si sveglia prestissimo, ogni mattina in un posto diverso, per arrivare a scuola puntuale come se nulla fosse successo, come un qualsiasi ragazzino della sua età. "E' un portento questo ragazzo" sussurra chi lo conosce " nonostante tutto non ha perso un giorno di scuola."

Nonostante tutto... e il tutto in questo caso è un lungo elenco di sgomberi e atti di vera e propria persecuzione subiti da una piccola comunità di rom rumeni, nel contesto del vacuo e ormai sempre più lontano e controverso Piano Nomadi di Roma. Ma procediamo per ordine.
A raccontare sono le vittime stesse facendo un excursus un po' confuso, tra le varie tappe , e fermandosi sui dettagli, a volte pesanti da digerire per un osservatore esterno.

La vicenda ha inizio il 29 settembre, quando una piccola comunità di circa duecento persone viene sgomberata ad opera di Polizia e Vigili Urbani dall'insediamento spontaneo sito in via Salaria proprio nelle adiacenze del civico 971, l' ex-cartiera ora adibita a "centro d'accoglienza", le tende... completamente distrutte, "tagliate" raccontano. Alcuni di loro avevano preso parte all'occupazione simbolica della basilica di San Paolo. In mezzo, come sempre, un numero considerevole di bambini, molti iscritti a scuola o in procinto di iscriversi, sballottati da un campo all'altro, da un centro d'accoglienza alla strada.

La soluzione proposta è sempre la stessa ad ogni sgombero: o donne e bambini dentro i centri d'accoglienza, e uomini fuori, oppure rimpatrio assistito per tutti, ipotesi che, per chi sta in Italia da 8-9 anni e ha figli che vanno a scuola appare inaccettabile.

Inizia così l'odissea fatta di sgomberi ripetuti, almeno 4-5 nell'arco di pochi giorni. Via Papiria, poi di nuovo via Salaria, il canalone di via di Centocelle, Vigne Nuove, fino ad arrivare all'unica soluzione possibile: non si può stare tutti insieme, bisogna frammentarsi in piccolissimi nuclei sul suolo urbano per scongiurare l'ennesima irruzione da parte delle forze dell'ordine.

Helena ( anche questo è un nome di fantasia) ricorda... guanti neri infilati in fretta per effettuare lo sgombero, sirene e volanti che li inseguono... "trattati peggio degli animali" dice.
Ricorda il pianto disperato dei bambini e la paura: che fare adesso? Dove andare a dormire stanotte?
Ricorda parole pesanti da ascoltare, indegne di un paese civile... " siete peggio della spazzatura, potete anche stare nei cassonetti". Mentre lo dice la sua faccia assume un'espressione incredula, come se aspettasse una risposta, una spiegazione a tanto odio, gli altri ascoltano, annuiscono.
In Italia vive e lavora da 8 anni, lavoretti saltuari certo, ma che le hanno permesso di far crescere e mandare a scuola i figli, facendole conquistare l'affetto e la stima di insegnanti e dirigenti scolastici.

Qualcuno più fortunato come O. è riuscito a recuperare un vecchio camper e a sistemarvi dentro le poche cose e la famiglia per intero. Ma anche quella rimane una soluzione poco sicura. "Ogni giorno- mi dice O. che fa raccolta di metallo e rame, o va a lavorare nei mercati- sistemo il camper in un posto diverso, perchè a stare fermi nello stesso posto è pericoloso." Il suo terrore più grande è che un giorno o l'altro qualcuno possa arrivare e portargli via i bambini.

Tutti attendono pazienti una risposta da parte dell'amministrazione o da chiunque altro. Il freddo è in arrivo, non si può pensare di dormire per strada, all'addiaccio, braccati.

In un comunicato diramato in questi giorni a puntare il dito contro le forze dell'ordine, in riferimento agli episodi appena narrati, un gruppo di cittadini ( alcuni testimoni oculari di tutta la vicenda) riuniti nell'Assemblea Vertenza Rom: "... condanniamo con forza l'abuso di potere da parte delle forze dell'ordine, che durante le loro "operazioni di sgombero" non permettono a nessuno di aprire bocca, non spiegano cosa stia succedendo, sbraitano contro le persone ordinando di sparire, di disperdersi in fretta, ricorrendo anche a veri e propri inseguimenti con le volanti... Uno dei rappresentanti istituzionali sempre presente agli sgomberi di questi giorni ha commentato parole testuali : " [fare gli sgomberi] è come tagliare l'erba del prato... il problema è a che altezza si taglia" ..."


Gli sgomberi: violazione dei diritti umani e delle normative comunitarie
Durante la conferenza stampa tenuta nella mattinata di ieri da parte dell'Associazione 21 luglio in occasione della presentazione del rapporto curato in partenariato con l'ERRC (European Roma Rights Centre) per la Commissione dei diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite un ampio capitolo è stato dedicato proprio alla questione sgomberi e trasferimenti forzati, con focus sulle città di Roma e Milano. Stando al rapporto "... da maggio 2010 a maggio 2011 a Roma sarebbero stati effettuati 430 sgomberi, che avrebbero portato alla nascita di 256 insediamenti informali. Nel solo periodo tra marzo e maggio 2011 nella Capitale se ne sono contati 154, per un totale di 1.800 persone rom coinvolte..."
Sgomberi, denuncia il rapporto, effettuati senza alcun preavviso e senza offerte alternative se non lo smembramento del nucleo famigliare e costati dall'inizio del Piano nomadi, come riferito dal presidente dell'associazione, ben 4 milioni di euro. Sgomberi che andrebbero fermati, come andrebbe fermato e completamente rivisto il cosiddetto Piano nomadi contestato a più livelli, e nei suoi vari aspetti dal mondo dell'associazionismo e non solo.

Sgomberi che tuttavia continuano senza alternativa nonostante i molteplici e ripetuti richiami anche da parte dell'Europa, non ultimo quello giunto a settembre da parte del Commissario per i diritti umani del CoE, Thomas Hammarberg in occasione della pubblicazione del rapporto stilato a seguito della visita del 26 e 27 maggio 2011 in Italia, nel corso della quale ha discusso della situazione della minoranza rom e dei migranti nordafricani.: " La situazione dei rom e dei sinti in Italia- aveva dichiarato il commissario- resta fonte di grande preoccupazione. È opportuno porre l'accento non sui provvedimenti coercitivi, come le espulsioni e gli sgomberi forzati, ma piuttosto sull'integrazione sociale e la lotta contro la discriminazione e l'antiziganismo"... e ancora "È necessario migliorare la gestione dei reati di stampo razzista e combattere i comportamenti abusivi, di tipo razzista, da parte della polizia. Il dispositivo di controllo degli atti e dei reati a sfondo razzista dovrebbe essere maggiormente flessibile ed attento ai bisogni delle vittime"...

E se l'ha detto Hammarberg... magari possiamo fidarci...


Sgomberi forzati dei rom: "una violazione sistematica dei diritti"

Affari Italiani Lunedì, 10 ottobre 2011 - 16:16:06

È una pratica molto diffusa, in Italia, quella degli sgomberi forzati. Solo a Milano ne sono avvenuti 189 tra maggio 2010 e lo stesso mese del 2011, con una frequenza in aumento. A Roma il conto è ancora superiore: sono stati 430 gli sgomberi, che hanno portato alla nascita di 256 insediamenti informali. Nel solo periodo tra marzo e maggio 2011 nella Capitale se ne sono contati 154, per un totale di 1.800 persone rom coinvolte. Alla luce di questi dati, Associazione 21 luglio e Errc hanno voluto dedicare un focus nel loro rapporto, rinnovando la richiesta di stop ai trasferimenti forzati.

"Le famiglie soggette allo sgombero frequentemente non ricevono un adeguato preavviso e non vengono loro offerti alloggi alternativi" si spiega nel documento, che raccoglie alcune testimonianze "sull'arbitraria distruzione delle abitazioni e dei beni della famiglie". Sempre secondo il rapporto, "in alcuni casi le autorità offrono un alloggio alle donne e ai bambini in ricoveri temporanei, ma non offrono nessuna opzione alle famiglie per restare unite". Quanto alle abitazioni di legno costruite dalle famiglie come dimora temporanea, "possono mettere a rischio la salute, e perfino la vita, dei minori, come avvenuto ".

Sulla situazione di Roma si sofferma il presidente dell'Associazione 21 luglio Carlo Stasolla, che alla luce delle raccomandazioni del Crc chiede "alle autorità locali l'immediata sospensione degli sgomberi illegali e dei trasferimenti forzati". E aggiunge: "Dall'inizio del Piano nomadi, i circa 430 sgomberi hanno comportato una spesa di circa 4 milioni di euro, producendo la violazione sistematica dei fondamentali diritti dell'infanzia sanciti dalle convenzioni internazionali". Perciò l'associazione chiede "una profonda revisione del Piano nomadi affinché la costruzione e la gestione dei cosiddetti ‘villaggi attrezzati', in realtà spazi istituzionali di segregazione e di esclusione sociale, possano essere sostituiti da reali ed efficaci azioni in favore dei rom e dei sinti". Stasolla annuncia anche l'avvio di procedimenti legali "qualora si ravvisino violazioni dei diritti umani, azioni discriminatorie e abusi istituzionali".

Quanto a Milano, il rapporto mette in luce i quotidiani ostacoli burocratici che impediscono ai rom l'accesso ai servizi: "Poiché bisogna avere un lavoro per poter richiedere il permesso di soggiorno, molti rom non sono in grado di ottenerlo. Senza un documento formale, poi, non è possibile iscrivere i figli all'asilo". Inoltre, molti bambini non possono accedere ai sussidi garantiti ai residenti di Milano, come libri e trasporti gratuiti. E i minori disabili senza residenza non possono esercitare il proprio diritto all'assistenza speciale. Allo stesso modo, "non è possibile accedere all'assistenza sanitaria perché l'autorità locale (il comune di Milano) rifiuta di riconoscere il Testo unico sull'immigrazione".

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Di Fabrizio (del 16/10/2011 @ 09:30:09, in Kumpanija, visitato 2100 volte)

Pannello esposto al Museo del Viaggio Fabrizio De Andrè

Domenica, finalmente. Il tempo per rilassarsi:

Mi piace

  • al calar del sole, davanti ad un fuoco acceso e seduti su sedie sgangherate, ritrovarsi tutti assieme con nonni e nipoti, in silenzio, gustandosi questa vicinanza. Il rito del caffè, che si ripete;
  • un campo senza topi e ratti, ma dove i bambini crescono assieme a cani, gatti, galline, capre, cavalli. Un bambino che cresce in un ambiente simile, difficilmente diventerà cattivo;
  • guardare i figli dei bambini a cui vent'anni fa facevo da educatore. Informarmi sulle malattie e sui progressi a scuola, coccolarli e viziarli sotto gli occhi dei loro genitori, come se fossi uno zio, non più un animatore;
  • fare a gara a chi è più bravo a prendere in giro chi ti è seduto di fronte. Ridendo e guardandosi negli occhi, perché non c'è cattiveria nella parole;
  • in una kampina con l'antenna satellitare, seduti in 5 o 6 con una lattina di birra in mano, commentare le partite di calcio del campionato rumeno, discutendo se Nicolita sia una pippa o un campione. Forse ci manca il sacchetto di popcorn nell'altra mano, per essere giudicati integrati o integrabili come tutti.
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Di Fabrizio (del 17/10/2011 @ 09:37:20, in Regole, visitato 1527 volte)

di PETIA EMILOVA

10 mesi con la condizionale ha ricevuto il 23-enne di Varna per incitamento all'odio etnico e alla violenza attraverso "Facebook". Ieri abbiamo riportato che, nel contesto degli eventi in Katunitsa, egli aveva creato l'iniziativa "Strage di zingari". L'invito era quello di raccogliere le "armi" il 28 settembre e in poche ore 76 utenti hanno confermato la partecipazione.

Dinanzi al tribunale distrettuale di Varna ha spiegato che ha creato l'evento dopo aver visto che tutti i gruppi relativi agli eventi di Katunitsa fossero stati rimossi da "Facebook". In questo modo, ha voluto continuare la discussione sul tema degli zingari e invitato alcuni amici i quali lo hanno diffuso in rete . Nonostante l'evento fosse stato chiamato "Strage di zingari" e applicato una foto di una mano con un coltello, Zhechev detto che il suo appello era per una protesta pacifica, alla quale egli non aveva intenzione di partecipare. Fino ad allora, il giovane aveva partecipato a solo una delle tre manifestazioni di Varna a sostegno dei residenti di Katunitsa.

Zhechev è stato condannato a 10 mesi con la condizionale e 3 anni di periodo di prova. Il computer dal quale è stato creato l'evento "Strage di zingari" sarà confiscato.

La sentenza è impugnabile entro 15 giorni.


L'articolo (in inglese) sul Washington Post

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