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Le conseguenze di vivere in un campo rom
Di Fabrizio (del 15/10/2011 @ 09:50:20, in Italia, visitato 1550 volte)

Segnalazione di Alberto Maria Melis

PartitoDemocratico.it

Ansia, disturbi del sonno e dell'attenzione. La situazione delle famiglie rom in Italia nel rapporto di 'Associazione 21 luglio' e Centro europeo per i diritti dei rom, su richiesta della Commissione diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite. "Negati i diritti a istruzione, abitazione, salute"

ROMA - Le famiglie e i minori rom in Italia vedono negati, giorno dopo giorno, i propri diritti. Il diritto all'abitazione, prima di tutto, ma anche quello all'istruzione, alla salute e a una vita dignitosa. Lo testimonia il rapporto che "Associazione 21 luglio" e Centro europeo per i diritti dei rom (Errc) hanno redatto su richiesta della Commissione dei diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite. Il documento è stato presentato al Comitato per i diritti dell'infanzia (Crc) nei giorni scorsi e ha avuto come prima conseguenza l'invio di una serie di raccomandazioni al governo italiano, nelle quali il Comitato che si è detto "seriamente preoccupato per le politiche, le leggi e le pratiche discriminatorie nei confronti dei bambini in situazione di vulnerabilità".

Il rapporto, realizzato attraverso ricerche e monitoraggi sul campo, parla esplicitamente di "condizioni abitative precarie" e di un "impatto negativo degli sgomberi forzati", pratica tuttavia molto diffusa nelle città italiane. A pagare il prezzo più alto sono i bambini, che "hanno gravi difficoltà, quanto non ne sono completamente privati, ad esercitare il loro diritto all'istruzione, alla salute, a un'abitazione dignitosa e alla protezione da discriminazioni, abusi e sfruttamento". Parallelamente, i diritti dei genitori "in relazione alle decisioni da prendere riguardo ai propri figli e all'assistenza sociale da fornire loro sono sistematicamente violati". Il contesto italiano già in passato ha suscitato un coro di critiche da parte delle istituzioni internazionali ed europee, a partire dal Commissario uropa, del Consiglio d'to nette critiche da parte delle istituzioni internazionali ed europee, come la commissione per i diritper i diritti umani del Consiglio d'Europa, il Parlamento europeo, l'Ocse, le Nazioni Unite e molte Ong.

Molto c'è da fare, quindi, per garantire la tutela dei diritti dei rom che vivono in Italia. Innanzitutto, "migliorare le condizioni abitative e porre fine agli sgomberi, in quanto pratica che influenza negativamente tutti gli aspetti della vita", come si legge nelle raccomandazioni finali del rapporto. Per i minori, l'appello è di lavorare sulle leggi "per garantire una piena e adeguata protezione". In particolare, si chiede di stabilire quando il minore deve essere considerato a rischio e di rendere obbligatoria la raccolta di dati disaggregati per etnia e per altri fattori rilevanti. Per tutelare i genitori, invece, si invita a "garantire supporto legale gratuito alle famiglie che rischiano di perdere la custodia dei figli", prevedendo anche un'attività di prevenzione dell'allontanamento. Infine di adottare un piano di protezione con misure studiate per i rom italiani e non, non dimenticando le donne e le ragazze rom, che devono essere incentivate a denunciare abusi e matrimoni forzati e precoci.

La vita all'interno di un campo mette a rischio non solo la salute, ma anche la crescita di un bambino. Lo dice senza mezzi termini il rapporto di Associazione 21 luglio ed Errc, nel quale si avverte di un pericolo serio per l'infanzia rom. Secondo alcuni studi, infatti, un'alta percentuale di minori che vivono nei campi "sono inclini a disturbi d'ansia, fobie, disordini del sonno, disturbi dell'attenzione e iperattività, ritardi nell'apprendimento. Tutti fattori che possono portare, nell'adolescenza o in età adulta, a disordini ben più gravi". Dal canto loro, le donne intervistate riferiscono di condizioni igieniche pessime, di assenza di spazi personali e di tensioni tra gruppi rom e di altre nazionalità. Senza contare che i campi spesso non sono serviti dai mezzi di trasporto pubblici, rendendo difficile frequentare la scuola e aggravando la marginalizzazione dei bambini. "Le difficoltà nell'ottenere i documenti e la registrazione nei campi - si aggiunge nel rapporto - ostacolano il diritto all'istruzione. Inoltre la mancanza di privacy e in generale le condizioni di vita nel campo creano una barriera alla riuscita della scolarizzazione".

Una conseguenza di tutta questa precarietà è che i minori rom sono esposti, più degli altri, al pericolo di allontanamento dai propri genitori e di inserimento in istituti monitorati o case famiglia. I dati attestano che i rom rappresentano circa il 10,4% di tutti i minori che vivono in queste strutture, anche se la loro percentuale sul totale della popolazione italiana si ferma allo 0,23%. Tutto questo è dovuto all'assenza di una politica uniforme che definisca quando l'allontanamento è necessario: "Una lacuna che permette di fatto comportamenti discriminatori in relazione alla valutazione dell'adeguatezza della situazione familiare". Secondo i promotori del rapporto, poi, in queste sedi i minori non trovano una "preparazione culturale e sociale adeguata" e si devono scontrare con gli "stereotipi discriminatori di alcuni operatori, che danneggiano lo sviluppo dei minori e il loro accesso all'istruzione". Anche per queste ragioni è alto il fenomeno delle fughe.

Esiste poi una terza minaccia all'infanzia, passata per lo più sotto silenzio perché erroneamente ritenuta "parte della cultura rom". Si tratta dei matrimoni precoci e forzati che, tra le alte cose, mettono le giovani a rischio di violenze domestiche e abusi. A questo si accompagna spesso il "test della verginità": durante le ricerche condotte dall'Errc nel marzo 2011, il 65% delle 48 donne intervistate ha riferito di aver subito il test prima del matrimonio: "Fallirlo – legge nel rapporto - si comporta il rifiuto da parte del marito e il ritorno alla famiglia d'origine o trattamenti offensivi simili, come abusi verbali, infedeltà, ostracismo dalla comunità". Tutte pratiche che "non solo minacciano la salute e la dignità delle giovani donne rom, ma interferiscono con la loro educazione e successivamente restringono la loro autonomia economica".


Rom: il volto violento del Piano nomadi

Articolo21 di Bruna Iacopino

Nico ha occhi profondi e riflessivi. Zaino in spalla, capelli neri come il carbone, osserva attentamente e ascolta quello che i "grandi" hanno da dire. "Cosa vuoi fare da grande?". Mi guarda un po' titubante, pensando fra se, se deve darmi o meno la risposta, poi sorride, timido "...il poliziotto". " Ma sul serio vorresti fare il poliziotto? Nonostante tutto quello che vi è successo in questi giorni? anche in questi giorni?"
Non fa una piega, abbozza di nuovo un sorriso e fa cenno di si. Nico ( che non si chiama Nico nella realtà) di anni ne ha 12, e frequenta la seconda media in un istituto scolastico della capitale. Dal 29 settembre, giorno in cui è stato sgombrato con tutta la sua famiglia, si sveglia prestissimo, ogni mattina in un posto diverso, per arrivare a scuola puntuale come se nulla fosse successo, come un qualsiasi ragazzino della sua età. "E' un portento questo ragazzo" sussurra chi lo conosce " nonostante tutto non ha perso un giorno di scuola."

Nonostante tutto... e il tutto in questo caso è un lungo elenco di sgomberi e atti di vera e propria persecuzione subiti da una piccola comunità di rom rumeni, nel contesto del vacuo e ormai sempre più lontano e controverso Piano Nomadi di Roma. Ma procediamo per ordine.
A raccontare sono le vittime stesse facendo un excursus un po' confuso, tra le varie tappe , e fermandosi sui dettagli, a volte pesanti da digerire per un osservatore esterno.

La vicenda ha inizio il 29 settembre, quando una piccola comunità di circa duecento persone viene sgomberata ad opera di Polizia e Vigili Urbani dall'insediamento spontaneo sito in via Salaria proprio nelle adiacenze del civico 971, l' ex-cartiera ora adibita a "centro d'accoglienza", le tende... completamente distrutte, "tagliate" raccontano. Alcuni di loro avevano preso parte all'occupazione simbolica della basilica di San Paolo. In mezzo, come sempre, un numero considerevole di bambini, molti iscritti a scuola o in procinto di iscriversi, sballottati da un campo all'altro, da un centro d'accoglienza alla strada.

La soluzione proposta è sempre la stessa ad ogni sgombero: o donne e bambini dentro i centri d'accoglienza, e uomini fuori, oppure rimpatrio assistito per tutti, ipotesi che, per chi sta in Italia da 8-9 anni e ha figli che vanno a scuola appare inaccettabile.

Inizia così l'odissea fatta di sgomberi ripetuti, almeno 4-5 nell'arco di pochi giorni. Via Papiria, poi di nuovo via Salaria, il canalone di via di Centocelle, Vigne Nuove, fino ad arrivare all'unica soluzione possibile: non si può stare tutti insieme, bisogna frammentarsi in piccolissimi nuclei sul suolo urbano per scongiurare l'ennesima irruzione da parte delle forze dell'ordine.

Helena ( anche questo è un nome di fantasia) ricorda... guanti neri infilati in fretta per effettuare lo sgombero, sirene e volanti che li inseguono... "trattati peggio degli animali" dice.
Ricorda il pianto disperato dei bambini e la paura: che fare adesso? Dove andare a dormire stanotte?
Ricorda parole pesanti da ascoltare, indegne di un paese civile... " siete peggio della spazzatura, potete anche stare nei cassonetti". Mentre lo dice la sua faccia assume un'espressione incredula, come se aspettasse una risposta, una spiegazione a tanto odio, gli altri ascoltano, annuiscono.
In Italia vive e lavora da 8 anni, lavoretti saltuari certo, ma che le hanno permesso di far crescere e mandare a scuola i figli, facendole conquistare l'affetto e la stima di insegnanti e dirigenti scolastici.

Qualcuno più fortunato come O. è riuscito a recuperare un vecchio camper e a sistemarvi dentro le poche cose e la famiglia per intero. Ma anche quella rimane una soluzione poco sicura. "Ogni giorno- mi dice O. che fa raccolta di metallo e rame, o va a lavorare nei mercati- sistemo il camper in un posto diverso, perchè a stare fermi nello stesso posto è pericoloso." Il suo terrore più grande è che un giorno o l'altro qualcuno possa arrivare e portargli via i bambini.

Tutti attendono pazienti una risposta da parte dell'amministrazione o da chiunque altro. Il freddo è in arrivo, non si può pensare di dormire per strada, all'addiaccio, braccati.

In un comunicato diramato in questi giorni a puntare il dito contro le forze dell'ordine, in riferimento agli episodi appena narrati, un gruppo di cittadini ( alcuni testimoni oculari di tutta la vicenda) riuniti nell'Assemblea Vertenza Rom: "... condanniamo con forza l'abuso di potere da parte delle forze dell'ordine, che durante le loro "operazioni di sgombero" non permettono a nessuno di aprire bocca, non spiegano cosa stia succedendo, sbraitano contro le persone ordinando di sparire, di disperdersi in fretta, ricorrendo anche a veri e propri inseguimenti con le volanti... Uno dei rappresentanti istituzionali sempre presente agli sgomberi di questi giorni ha commentato parole testuali : " [fare gli sgomberi] è come tagliare l'erba del prato... il problema è a che altezza si taglia" ..."


Gli sgomberi: violazione dei diritti umani e delle normative comunitarie
Durante la conferenza stampa tenuta nella mattinata di ieri da parte dell'Associazione 21 luglio in occasione della presentazione del rapporto curato in partenariato con l'ERRC (European Roma Rights Centre) per la Commissione dei diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite un ampio capitolo è stato dedicato proprio alla questione sgomberi e trasferimenti forzati, con focus sulle città di Roma e Milano. Stando al rapporto "... da maggio 2010 a maggio 2011 a Roma sarebbero stati effettuati 430 sgomberi, che avrebbero portato alla nascita di 256 insediamenti informali. Nel solo periodo tra marzo e maggio 2011 nella Capitale se ne sono contati 154, per un totale di 1.800 persone rom coinvolte..."
Sgomberi, denuncia il rapporto, effettuati senza alcun preavviso e senza offerte alternative se non lo smembramento del nucleo famigliare e costati dall'inizio del Piano nomadi, come riferito dal presidente dell'associazione, ben 4 milioni di euro. Sgomberi che andrebbero fermati, come andrebbe fermato e completamente rivisto il cosiddetto Piano nomadi contestato a più livelli, e nei suoi vari aspetti dal mondo dell'associazionismo e non solo.

Sgomberi che tuttavia continuano senza alternativa nonostante i molteplici e ripetuti richiami anche da parte dell'Europa, non ultimo quello giunto a settembre da parte del Commissario per i diritti umani del CoE, Thomas Hammarberg in occasione della pubblicazione del rapporto stilato a seguito della visita del 26 e 27 maggio 2011 in Italia, nel corso della quale ha discusso della situazione della minoranza rom e dei migranti nordafricani.: " La situazione dei rom e dei sinti in Italia- aveva dichiarato il commissario- resta fonte di grande preoccupazione. È opportuno porre l'accento non sui provvedimenti coercitivi, come le espulsioni e gli sgomberi forzati, ma piuttosto sull'integrazione sociale e la lotta contro la discriminazione e l'antiziganismo"... e ancora "È necessario migliorare la gestione dei reati di stampo razzista e combattere i comportamenti abusivi, di tipo razzista, da parte della polizia. Il dispositivo di controllo degli atti e dei reati a sfondo razzista dovrebbe essere maggiormente flessibile ed attento ai bisogni delle vittime"...

E se l'ha detto Hammarberg... magari possiamo fidarci...


Sgomberi forzati dei rom: "una violazione sistematica dei diritti"

Affari Italiani Lunedì, 10 ottobre 2011 - 16:16:06

È una pratica molto diffusa, in Italia, quella degli sgomberi forzati. Solo a Milano ne sono avvenuti 189 tra maggio 2010 e lo stesso mese del 2011, con una frequenza in aumento. A Roma il conto è ancora superiore: sono stati 430 gli sgomberi, che hanno portato alla nascita di 256 insediamenti informali. Nel solo periodo tra marzo e maggio 2011 nella Capitale se ne sono contati 154, per un totale di 1.800 persone rom coinvolte. Alla luce di questi dati, Associazione 21 luglio e Errc hanno voluto dedicare un focus nel loro rapporto, rinnovando la richiesta di stop ai trasferimenti forzati.

"Le famiglie soggette allo sgombero frequentemente non ricevono un adeguato preavviso e non vengono loro offerti alloggi alternativi" si spiega nel documento, che raccoglie alcune testimonianze "sull'arbitraria distruzione delle abitazioni e dei beni della famiglie". Sempre secondo il rapporto, "in alcuni casi le autorità offrono un alloggio alle donne e ai bambini in ricoveri temporanei, ma non offrono nessuna opzione alle famiglie per restare unite". Quanto alle abitazioni di legno costruite dalle famiglie come dimora temporanea, "possono mettere a rischio la salute, e perfino la vita, dei minori, come avvenuto ".

Sulla situazione di Roma si sofferma il presidente dell'Associazione 21 luglio Carlo Stasolla, che alla luce delle raccomandazioni del Crc chiede "alle autorità locali l'immediata sospensione degli sgomberi illegali e dei trasferimenti forzati". E aggiunge: "Dall'inizio del Piano nomadi, i circa 430 sgomberi hanno comportato una spesa di circa 4 milioni di euro, producendo la violazione sistematica dei fondamentali diritti dell'infanzia sanciti dalle convenzioni internazionali". Perciò l'associazione chiede "una profonda revisione del Piano nomadi affinché la costruzione e la gestione dei cosiddetti ‘villaggi attrezzati', in realtà spazi istituzionali di segregazione e di esclusione sociale, possano essere sostituiti da reali ed efficaci azioni in favore dei rom e dei sinti". Stasolla annuncia anche l'avvio di procedimenti legali "qualora si ravvisino violazioni dei diritti umani, azioni discriminatorie e abusi istituzionali".

Quanto a Milano, il rapporto mette in luce i quotidiani ostacoli burocratici che impediscono ai rom l'accesso ai servizi: "Poiché bisogna avere un lavoro per poter richiedere il permesso di soggiorno, molti rom non sono in grado di ottenerlo. Senza un documento formale, poi, non è possibile iscrivere i figli all'asilo". Inoltre, molti bambini non possono accedere ai sussidi garantiti ai residenti di Milano, come libri e trasporti gratuiti. E i minori disabili senza residenza non possono esercitare il proprio diritto all'assistenza speciale. Allo stesso modo, "non è possibile accedere all'assistenza sanitaria perché l'autorità locale (il comune di Milano) rifiuta di riconoscere il Testo unico sull'immigrazione".