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Gli Zingari fanno ancora paura?

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 09/09/2010 @ 11:23:54, in scuola, visitato 1827 volte)

Ricevo da Stefano Pasta

ASSOCIAZIONE GENITORI SCUOLA
ELEMENTARE "BRUNO MUNARI"


Milano, 8 settembre '10

Ieri mattina hanno sgomberato il campo rom di via Rubattino.

Come nel novembre dell'anno scorso, come papà e mamme dei compagni di classe di questi bambini eravamo presenti allo sgombero. Con noi le maestre dei nostri figli.

Uno sgombero annunciato. Ci siamo trovati verso le sei circa, nella speranza di un falso allarme, ma purtroppo, così non è stato.
Verso le sette, la pioggia e il freddo hanno scortato le forze dell'ordine e le ruspe dentro il campo.
Una storia che si ripete, la peggiore. Donne, uomini e bambini a cui non si offre nessuna speranza, nessun futuro, nessuna umanità.

Tra cinque giorni, molti dei bambini presenti (29) avrebbero ripreso la scuola. L'unica possibilità per poter pensare ad un futuro diverso dai propri padri, dalle proprie madri. Negato. Bambini senza diritto di istruzione.
Senza il diritto di sapere che si può vivere diversamente.

Ieri mattina, mentre ero nel campo, osservavo la barbarie di quella scena, donne uomini e bambini accampati tra la sporcizia, i topi, il freddo; e le Autorità che come unica soluzione, non riescono a fare altro che cacciarli, nella speranza che possano scomparire in altra sporcizia, convivere con altri topi, magari in un altro Comune. Tutto mi portava ad una considerazione: non è cambiato nulla.

Ora mentre scrivo mi accorgo che in realtà non è così.

Grazie all'impegno in quest'ultimo anno da parte delle maestre, delle mamme di Rubattino e delle comunità che operano nell'assistenza, come la Comunità di S. Egidio, qualcosa è cambiato:
si è creata una rete di solidarietà, di affetto, di contatti che con le proprie sole forze è riuscita a dare qualche speranza a qualcuna di queste famiglie. Qualche genitore Rom ha trovato lavoro, seppur temporaneo;
qualche famiglia Rom è riuscita a trovare anche una casa.

Tutte le famiglie Rom hanno compreso l'importanza della scuola per i propri figli ed hanno messo in atto una grande determinazione e volontà nel far frequentare con continuità le lezioni, nonostante i continui disagi e incertezze a cui dovevano far fronte. Hanno capito che, attraverso la scuola, un processo di integrazione è possibile. I bambini Rom hanno festeggiato con i nostri figli i compleanni, partecipato alle feste della scuola.

La politica e le istituzioni hanno offerto solo sgomberi. Sgomberi che hanno comunque un costo molto alto, nella speranza di essere ripagati con la moneta elettorale. Ero al campo e la sola cosa che le istituzioni offrivano, senza peraltro grande convinzione, è lo smembramento delle famiglie. Allontanare gli uomini dalle donne e dai propri figli.

Alcune maestre e mamme del nostro circolo, con la Comunità di S. Egidio, avevano già iniziato in questi giorni, un pre-scuola con i bambini Rom.

Sarà difficile, ma sono convinto che qualcosa cambierà ancora. Le maestre cercheranno ancora i propri alunni e i nostri figli inviteranno i loro compagni di classe ad una festa.
L'Associazione Genitori della Scuola Munari sarà al loro fianco.

Associazione Genitori
Scuola elementare "Bruno Munari"

Domenico Protti
Presidente
www.elementareinfeltre.it
info@elementareinfeltre.it

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Di Fabrizio (del 10/09/2010 @ 09:04:46, in musica e parole, visitato 3329 volte)



Ci sono pagine di Storia dimenticate, come quella del Porrajmos, il genocidio nazista del Popolo Rom.
Matteo, Angela e Nazifa Bebé seguono le tracce lasciate da nonno Gabriel, che portano fino a Lodz e all'Obóz Cygański, il "lager degli zingari"...

Mondadori Junior Oro
In libreria: da oggi

Anteprima
Dal Capitolo 11


Rupa che non aveva ali

(...) - Beh, cosa aspetti?
Seduta su una delle assi di poppa del barcone, il cui fondo era ancora umido per la pioggia del giorno prima, Angela attendeva impaziente che cominciassi a leggere il seguito della storia di Nanosh. Ma io continuai per qualche istante a fissare il panorama che si scorgeva oltre la sponda opposta del fiume, un campo incolto costellato da radi cespugli e, più in là, il solito groviglio di strisce d'asfalto soffocate dal traffico e la distesa di palazzi grigi e anonimi che si smarriva a perdita d'occhio.

Quando poco prima avevamo superato il boschetto di aceri, alcuni piccoli gabbiani erano scesi in picchiata sulle acque dell'Aniene, prima di impennarsi di nuovo verso l'alto e di scomparire alla nostra vista. E all'improvviso ero stato colto da una strana sensazione. Quella di trovarmi in un posto lontanissimo e sperduto, una terra straniera e di nessuno dove fino a pochi giorni prima non mi sarei mai sognato di posare i piedi.

- Hai mai pensato che è come se noi e Nazifa Bebé vivessimo in due città diverse – chiesi ad Angela – anche se tra Ponte Mammolo e le nostre case ci sono solo poche centinaia di metri di distanza?

Lei scosse la testa. Poi sussurrò: - Però ho pensato che anche oggi, intorno ai rom, sono state costruite delle barriere impenetrabili. Solo che queste barriere non somigliano a quelle cinte dal filo spinato di Litzmannstadt o di Auschwitz, ma sono dentro ciascuno di noi e si chiamano paura e pregiudizio.

Per qualche istante riflettei sulle sue parole. Poi le passai il quaderno che Mariam ci aveva consegnato e lasciai che fosse lei a leggere a voce alta il secondo capitolo del racconto di nonno Gabriel.

- Quando i soldati dalle facce di lupo fecero scendere dai camion Nanosh e la sua gente – cominciò – la notte si stava stingendo in un'alba nebbiosa e livida. Fu poco dopo che il piccolo rom vide da vicino, e per la prima volta nella sua vita, la ciminiera sbuffante di una locomotiva a vapore.

Per tutto il tempo in cui Angela continuò a leggere, io rimasi in assoluto silenzio, con le ginocchia sollevate sul petto e le braccia allacciate intorno alle gambe.

Nanosh e la sua kumpanìa erano stati portati in una stazione ferroviaria, dove ad attenderli c'erano altri soldati con le divise nere, che li avevano obbligati a salire sul primo vagone di un lunghissimo treno merci. I portelloni non erano stati chiusi subito e il bambino, stretto con sua sorella Mirsada tra suo padre e sua madre, aveva potuto vedere centinaia e centinaia di altri rom che incolonnati in lunghe file venivano fatti salire sul treno, mentre l'aria si riempiva delle grida assordanti dei soldati e dei gemiti disperati dei vecchi e dei bambini.

Faceva un freddo cattivo.

Ma Nanosh, che aveva messo Nùvero al riparo sotto la sua giacca, non riusciva a capire se era per quello che Mirsada e Keja erano scosse da lunghi brividi, o se era perché i beng, i diavoli, avevano deciso di uscire dalle pieghe più oscure della terra per inghiottire i rom, il "Popolo degli Uomini".

Quando ormai quasi tutti erano stati fatti salire sul convoglio, davanti ai vagoni era comparsa un'ultima colonna di prigionieri, formata quasi esclusivamente da bambini e da donne. Nanosh aveva riconosciuto una di loro, la più anziana di tutte, che aveva la pelle del viso scura come un pezzo di cuoio e lunghe trecce bianche che le ricadevano sul petto magro. Si chiamava Rupa ed era una paramisaris, una narratrice di swatura e di paramitsha, le antiche storie e fiabe dei rom Lovara.

Qualche mese prima la kumpanìa di Nanosh e quella di Rupa si erano accampate insieme, vicino a un campo di trifoglio. E quella notte la vecchia, seduta sull'erba davanti al fuoco, aveva fumato la pipa con gli altri anziani e aveva raccontato ai bambini la leggenda di Vadni Rasa, l'oca selvatica che, come i rom, non stava mai ferma nello stesso posto, perché inseguiva il respiro del vento ovunque esso andasse a posarsi.

Nanosh aveva pensato che se Rupa avesse posseduto le stesse ali di Vadni Rasa, di certo si sarebbe librata in volo e sarebbe fuggita lontano. Ma Rupa, come tutti loro, non aveva ali. E quando uno degli ufficiali l'aveva brutalmente spintonata, si era voltata verso di lui e l'aveva colpito sul viso, maledicendolo a gran voce. Era stato allora che Konstant aveva coperto con entrambe le mani gli occhi di Mirsada, perché non vedesse quello che stava per succedere.

L'ufficiale aveva afferrato l'anziana donna per una delle lunghe trecce, e mentre lei continuava a dibattersi e a gridare l'aveva costretta a mettersi in ginocchio. Poi aveva estratto una pistola dalla fondina e gliel'aveva puntata sulla sua fronte.

Un attimo dopo, mentre il fischio della locomotiva annunciava che da lì a poco i portelloni dei vagoni sarebbero stati chiusi e che il treno si sarebbe mosso, il fragore dello sparo si era spento sotto i tetti delle pensiline e Rupa si era rovesciata a terra senza più voce e senza più vita. (...)

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Di Fabrizio (del 10/09/2010 @ 09:10:00, in media, visitato 1768 volte)

Da British_Roma

BBC South East Wales (al link è possibile visionare un precedente cortometraggio di Cinetig di circa 10')

04/09/2010 - Giovani residenti di un sito di zingari e Viaggianti a Cardiff stanno girando un film sulle loro vite, grazie ad una borsa di BBC Children in Need.

La società di animazione Cinetig passerà 10 settimane lavorando con i giovani del sito di Shirenewton che porterà ad una performance pubblica del loro lavoro.

Cinetig ha già lavorato in precedenza con zingari e Viaggianti nel Galles dell'ovest per produrre un film animato.

Il lavoro del progetto Shirenewton partirà a gennaio 2011.

Gerald Conn, amministratore delegato di Cinetig, ha detto: "I bambini spesso superano le loro aspettative quando vedono l'animazione terminata. L'approccio uno-a-uno che siamo in grado di portare con un progetto come questo, accresce l'autostima dei bambini coinvolti."

4 I bambini del sito di Shirenewton hanno già imparato le arti circensi

I bambini del sito di Shirenewton hanno mostrato il loro talento a giugno, esibendosi in numeri circensi ad un evento a Cardiff Bay per celebrare i Rom ed il Mese di Storia dei Viaggianti.

Tradizionali contastorie, giovani lavoratori e cineasti lavoreranno con i più giovani per un periodo di dieci settimane che culmineranno in una presentazione pubblica del loro lavoro, volta a istruire gli altri sulla storia della comunità viaggiante in Galles.

I giovani seguiranno tutte le fasi del processo filmico - ricerca, script, storyboard, animazione di produzione e post produzione assieme a registi professionisti e creeranno il proprio lavoro e disegni per il film.

Isaac Blake della Romani Cultural and Arts Company, che ha creato l'evento di Cardiff, ha accolto la sovvenzione di £18.696 come un modo per accrescere l'autostima ed abbattere le barriere con la comunità stanziale.

Isaac Blake ha superato molti ostacoli per costruire la sua carriera nella danza

Lui stesso della comunità di Shirenewton, Isaac ha costruito una carriera come ballerino e coreografo e vuole incoraggiare l'altrui creatività.

"Questo progetto permetterà ai giovani zingari e Viaggianti di ricercare la propria cultura, sviluppare un senso di orgoglio per quella cultura e dimostrarne l'importanza a noi outsider impegnandoci a filmarla," ha detto.

"Durante il processo speriamo che diventino meno tolleranti verso la discriminazione e riconoscano i propri valori e e autostima."

Cinetig negli anni recenti ha ottenuto diversi premi per i suoi film comunitari, inclusi i primi premi ai festival di Chicago, Ottawa e Bradford.

I partner dietro il progetto sperano di ottenere altri fondi portando in futuro il progetto a Newport e Swansea.

Nel 2005 Cinetig ha lavorato con i giovani di Monkton, Pembrokeshire e Bynea, Carmarthenshire per realizzare cortometraggi sulla loro appartenenza zingara.

The Travelling Harpists racconta la storia della famiglia Wood che, in passato, portò la sua musica e stile di vita in Galles.

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Di Fabrizio (del 11/09/2010 @ 09:05:11, in Italia, visitato 1561 volte)

Ricevo e porto a conoscenza

caro Fabrizio,
potresti dare conto sul tuo interessante portale di alcuni siti che trattano di altrettanti progetti con i sinti a Pavia?
Si tratta di:
www.sociability.it/sintiapavia (laboratorio universitario di progettazione, per il superamento dei campi nomadi)
www.sociability.it/sinto-nizzati (progetto radioweb con adolescenti sinti)

Sempre su www.sociability.it, alla voce Empowerment, si può scaricare integralmente un documentario che abbiamo realizzato sulla comunità sinti pavese.

Grazie e complimenti per il lavoro
un cordiale saluto

Andrea Membretti
PhD Sociology
Prof. a c. Università di Pavia
www.sociability.it

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Di Fabrizio (del 11/09/2010 @ 09:10:54, in scuola, visitato 1423 volte)

Segnalazione di Marco Brazzoduro

Stamattina, 9 settembre 2010, le operazioni del Comune di Roma contro gli insediamenti spontanei dei rom sono entrate nel vivo. Fin dalla mattina su via Prenestina, all’altezza di via De Chirico, un numero sproporzionato di appartenenti alle forze dell’ordine (polizia, carabinieri e municipale) è stato impegnato per procedere allo sgombero forzato di circa 80 rom provenienti da Craiova (Romania), di cui la metà bambini, che risiedevano da diversi mesi in una fatiscente costruzione abbandonata.

Molti dei bambini erano prossimi a cominciare il nuovo anno scolastico.

Non ci è stato possibile entrare nello spazio durante le operazioni di polizia, l’unica proposta d’accoglienza offerta dalle Istituzioni riguardava l’inserimento nei centri d’accoglienza comunali per sole donne e bambini e per un periodo di tempo limitato. Per quanto ci risulta tutti hanno rifiutato questa offerta di finta accoglienza volta a separare i padri dalle madri e i figli.

Le famiglie rom si sono quindi disperse sul territorio senza alcuna soluzione e continuamente incalzate dalle forze dell’ordine.

Per i bambini lunedì non suonerà la campanella della scuola e, assieme ai loro genitori, trascorreranno la notte tra parchi e cespugli alla ricerca di un pertugio dove rifugiarsi. Questa è la soluzione del Comune di Roma, del Prefetto Pecoraro e del Ministro Maroni.

Vogliamo ricordare alle Autorità competenti che, come ribadito all’Italia da Amnesty International, secondo la normativa internazionale, lo Stato ha il dovere di assicurare che nessuno rimanga senzatetto a causa di uno sgombero, se non può permettere un altro alloggio, le autorità sono tenute a fornire un’abitazione alternativa adeguata, sia che tu sia un uomo che una donna.

Se il buongiorno si vede dal mattino siamo di fronte all’inizio dell’ennesima illegale caccia al Rom.

POPICA ONLUS
ARCI ROMA

Claudio Graziano responsabile immigrazione ARCI di Roma
tel 3939465522-0641734712 www.arciroma.it

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Di Fabrizio (del 12/09/2010 @ 09:08:51, in Italia, visitato 1919 volte)

Segnalazione di Alberto Maria Melis

Fondazione Anna Ruggiu onlus COMUNICATO STAMPA

Cagliari 10 settembre 2010, Proprio mentre il Parlamento europeo approvava una mozione di censura contro le espulsioni dei rom messe in atto da parte del Governo francese e ribadiva, così, anche la censura contro la politica adottata dal Governo italiano, le forze dell'ordine di Cagliari facevano irruzione nel campo "nomadi" di Cagliari e prelevavano due giovani rom, un uomo ed una donna. Il primo è stato rilasciato la sera con l'intimazione di lasciare l'Italia entro 5 giorni. La seconda, essendo già stata destinataria di un foglio di espulsione, è stata processata per direttissima. La causa è stata rinviata e proseguirà il prossimo lunedì 13 dopo che il P.M. ha chiesto la condanna ad un anno di reclusione. Se, di per sé, è criticabile la cieca politica di espulsione adottata dalle autorità, il caso in esame, per la sua particolarità, risulta addirittura paradossale.

Laura e Zagor, infatti, sono due giovani entrambi nati e sempre vissuti in Sardegna (ad Olbia e Cagliari), con la fedina penale pulita, che non sono mai stati in nessun altro paese e non conoscono altra lingua che l'italiano ed il romané, (la loro lingua materna).

Secondo il provvedimento delle autorità italiane, dovrebbero uscire dal paese per recarsi non si sa dove, in un luogo che non hanno mai visto dove si parla una lingua che non conoscono, senza il minimo mezzo di sussistenza.

La situazione appare paradossale anche per il fatto che entrambi i giovani, sono stati a lungo regolarmente presenti nel comune di Cagliari in carico ai rispettivi genitori e regolarmente iscritti all'anagrafe. Hanno perso tale condizione solo perché è cambiata la posizione giuridica dei genitori o per inadempimenti meramente burocratici, come la mancanza di presentazione di istanza entro i termini previsti dalla legge.

L'espulsione e la condanna, accompagnata dall'espulsione, costituiscono un atto di inaudita violenza che offende la dignità delle persone ed i fondamentali diritti umani che la nostra Costituzione riconosce a tutte le persone indipendentemente dalla cittadinanza, anche se presenti irregolarmente nel territorio.

La stessa Corte Costituzionale, peraltro, ha sempre invocato il rispetto del principio di ragionevolezza e di proporzionalità nell'applicazione delle norme.

A nessuna persona di buon senso può apparire ragionevole l'espulsione (verso un ignoto inimmaginabile e terribile) di due giovani che sono nati e da quasi trent'anni vivono in Sardegna senza che possa essere loro addebitata alcuna colpa.

Facciamo appello al rispetto dei diritti fondamentali, alla ragionevolezza ed al buon senso di chi è preposto al rispetto della legalità, per evitare atti che costituirebbero una macchia per la nostra cultura giuridica e per la nostra comunità.

La Fondazione si rivolgerà a tutte le autorità competenti ed invita tutti i sinceri democratici a mobilitarsi per evitare questo grave atto possa essere portato a compimento.

Il presidente: Gianni Loy
Gloy@unica.it
Tel. 3207232122

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Di Fabrizio (del 12/09/2010 @ 09:13:42, in Italia, visitato 2030 volte)

Segnalazione di Tommaso Vitale

I Petre vengono dalla Romania, ma la vita dei nomadi l'hanno conosciuta qui, insieme agli sgomberi.
Ora sono tornati a stare in una casa vera. Sperando che il loro futuro somigli a questo presente

di Ilaria Solari -foto Alberto Dedé (le foto non sono riportate ndr.) | 80 | Gioia 2010 | controcorrente

La foto risale sì e no a cinque anni fa, ma sembra vecchissima da quanto è consumata. Ritrae una bella ragazza coi capelli sciolti sulle spalle, l'espressione ombrosa e il viso leggermente inclinato. Abbraccia due bambini piccoli, uno per lato. Constantin, 33 anni romeno, deve averla tenuta tra le mani tanto a lungo che sul bordo inferiore l'immagine è completamente sbiadita, "è stata tutti questi anni nella tasca della mia giacca, sul cuore". Accanto a lui, la moglie Mirela lo guarda con la stessa faccia ermetica della foto. I due bambini, Elvis e Loris, 9 e 8 anni, stanno facendo i compiti delle vacanze sul lettone del loro appartamento milanese, nel quartiere popolare di Calvairate. Un piccolo soggiorno, una camera con un letto doppio e uno a castello, un microbagno e un cucinino in cui si cammina solo di profilo. È l'ultimo approdo della famiglia Petre, dopo una serie infinita di tappe, da un campo abusivo all'altro, lungo la cintura della tangenziale, insieme a poche centinaia di persone, rom romeni come loro. Fino all'ultimo sgombero, lo scorso novembre, nel quartiere periferico del Rubattino, dove il loro insediamento è stato raso al suolo dalle ruspe e i loro piccoli averi, cartelle di scuola comprese, inghiottiti in una montagna di immondizie.

A portarli nel bilocale di questa casa popolare sono stati i volontari di Sant'Egidio: sotto la loro scorta, i Petre hanno intrapreso con altre famiglie rom un "percorso di accompagnamento all'autonomia", in assoluta controtendenza, in questi giorni di tensione e rimpatri forzati. A garantire loro casa e ménage fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica, sono borse di studio per i bimbi e borse lavoro per gli adulti, finanziate da enti, associazioni e privati cittadini. Un piccolo miracolo: l'anno scarso di permanenza al Rubattino, dove i piccoli rom hanno cominciato ad andare a scuola, ha innescato, insieme al livore di molti residenti, una fitta rete di solidarietà che si sta ancora allargando. Poche centinaia di persone, genitori delle scuole, abitanti del quartiere che nel momento del bisogno hanno ospitato gli sfollati, maestre straordinarie, volontari instancabili, che hanno animato raccolte di fondi e iniziative di finanziamento come la vendita di un vino definito "rosso di origine migrante" (vino.rom.rubattino@gmail.com). E poi corsi di italiano per gli adulti, doposcuola e spazi gioco per i bambini. Un miracolo forse ancora troppo piccolo perché valga la pena di citarlo accanto alle notizie di cronaca, agli esodi forzati dalla Francia, ai vertici sull'emergenza nomadi. "Dei trecento che erano qui l'anno scorso", spiega Elisa Giunipero,volontaria di Sant'Egidio " nel nuovo campo abusivo del Rubattino, sotto i capannoni dismessi, sono rimasti in duecento. Dei cento che mancano all'appello, però, sono un'ottantina quelli che abbiamo guidato verso soluzioni residenziali e impieghi, sia pure precari" (proprio mentre scriviamo è in corso l'ennesimo sgombero, che metterà a rischio l'attuazione di tali progetti e la frequenza a scuola dei bambini, ndr).

Ma l'avventura italiana di Mirela e Constantin comincia molto prima del Rubattino, in un'altra casa. Quella che si intravvede sullo sfondo della foto consumata: è la casa del padre di Constantin, nella provincia depressa e rurale dell'Oltenia, tre stanze in tutto in cui vivevano in otto. Come molti rom sedentarizzati sotto il regime di Ceausescu, i Petre facevano gli agricoltori: "Vite e granturco", specifica Constantin "non è una vita dura, forse per uno di città. Ma niente soldi, niente di niente". Constantin era anche muratore, "ho costruito le case a tutti laggiù. Una volta sono andato a fare un lavoro a casa sua", lo sguardo è una fessura scura che accarezza la moglie. "Continuava a guardarmi. Ho fatto in modo di andare a trovarla spesso". Negli occhi di Mirela finalmente si allarga una luce gialla. E il primo sorriso: "Eri tu che guardavi me". Un matrimonio vero non ce l'hanno avuto. "Nessun vestito bianco, feste o balli. Ci siamo sposati solo civilmente".

A Milano c'è arrivato per primo Constantin, seguendo il cognato, che è pastore pentecostale ma fa anche il muratore. Niente roulotte e vita randagia: come per molti rom romeni, la prima esperienza con i campi nomadi è stata in Italia. Insomma, una storia di ordinaria immigrazione: all'inizio l'ospitalità in una parrocchia, in cambio di lavori e riparazioni. Poi è stata la volta di un egiziano a cui, per un letto in un appartamento affollato, Constantin pagava 200 euro al mese. Ma Mirela soffriva di malinconia e decise di raggiungerlo con Loris, il più piccolo. "Il grande ha sofferto così tanto di solitudine in Romania che è rimasto piccolino", ricorda accarezzando i capelli cortissimi di Elvis. Proprio allora Constantin aveva perduto alloggio e lavoro. Si rifugiarono nel campo di via Bacula, dove già si trovavano amici e parenti. "Quando sono arrivata era primavera, Milano era bellissima", ricorda Mirela "tutto mi sembrava caldo e pulito, anche il campo".

Per segnalare disponibilità di alloggi e offerte lavorative o contribuire a borse di studio e lavoro scrivete a: santegidio.rubattino@gmail.com

La caccia al nomade ingaggiata dal Comune li ha sospinti da un insediamento all'altro. Fino al Rubattino: il campo piano piano si è gonfiato, hanno tagliato l'acqua ed è stato l'inferno. "Che dovevamo fare?", mormora Constantin indicando la tv sintonizzata su un canale romeno "migliaia di medici lasciano il Paese, con lo stipendio statale non campano. Per noi era peggio".

Ci sono due televisioni in casa Petre, una per stanza, entrambe accese. L'appartamento assomiglia a tanti altri. Pulito, ordinato. Con una differenza, che salta agli occhi dopo un po': in giro manca quella nebulosa di oggetti provvisoriamente fuori posto: chiavi, giornali, cianfrusaglie. Sul tavolo tondo ci sono soltanto un melone a fette e dei dolci, in segno di benvenuto. Il resto è stivato con la meticolosità di chi si dispone a partire da un momento all'altro. Elvis ascolta le canzoni rom scaricate dal computer e inserisce nel lettore un dvd con le foto di classe: "Guarda: qui facevamo la terra mossa dal vento", dice con il faccino serio, indicando tanti bambini che agitano le braccia. E in quella che fate? "Non vedi? Cantiamo in inglese". Mostra con un filo d'orgoglio la strepitosa pagella. Sono due bravi scolari, spiega Mirela, fanno i compiti spontaneamente e non hanno mai perso un giorno di scuola. Nemmeno nell'ultimo sgombero, quando dormirono due notti in un orto nella bruma di novembre e poi con la mamma in un dormitorio pubblico, mentre papà si rifugiava dove poteva. "La scuola dell'obbligo e l'ufficio vaccinazioni sono le uniche istituzioni che riconoscono queste persone", spiega Stefano Pasta di Sant'Egidio" che sono comunque cittadini comunitari. Eppure, senza residenza, ogni altro diritto è loro precluso". Forse per questo, anche ora che abitano lontano, si consumano le scarpe per raggiungere puntuali la scuola del Rubattino. "Quando Constantin non deve lavorare, ci andiamo insieme", racconta Mirela. Altrimenti esce alle sei di mattina. "Papà colora i muri, costruisce le case di Milano", spiega Loris. Anche Mirela è in attesa di un lavoro. Intanto confessa che si sente sola. Il momento più bello della giornata è il pomeriggio, quando rivede i suoi bimbi. Nel resto del tempo? Abbassa gli occhi, "se siamo in difficoltà chiedo ancora l'elemosina, ma solo a chi conosco". A quelli che definisce gli "italiani bravi". "Come la signora vestita di blu che ci porta i soldi ai giardini", le fa eco Elvis. Mirela ricorda il senso di vergogna delle prime volte, "non passa mai, ma poi impari a non pensare a niente". Tutto il resto la incupisce solo un po', come i commenti acidi della farmacista da cui acquista una confezione di aspirine perché è raffreddata. O il costante sguardo sospetto dei commessi quando fa la spesa al supermercato. Il pomeriggio i bambini scendono da soli ai giardini sotto casa. Mirela non si fida a mandarli in giro da soli, ma ai giardini sì, "lì sono tutti amici", dice Constantin. I ragazzini, da queste parti, vengono da ogni angolo del mondo, e che tu sia rom è un dettaglio irrilevante. "Sei da Milano", chiede a tutti Elvis. Qualcuno gli risponde che ormai anche lui è "da Milano"."Non ancora", risponde convinto, agitando la testa "solo quando avrò il portafogli da Milano". "Vuoi dire il passaporto, Elvis?". "Sì, anche quello".

Per prudenza ai Petre è stato sconsigliato di invitare troppa gente a casa. i momenti di socialità si sono finora consumati al campo del Rubattino. Non sarà più così, dopo questo nuovo sgombero, il numero 125 dall'inizio dell'anno, secondo il bollettino del Comune. "Ci i ritrovavamo ogni domenica a cucinare sulla griglia", gli occhi di Mirela diventano lucidi. "Ogni volta che li vedo, mi chiedo come è possibile vivere così". È il suo piccolo film dell'orrore, un passato inarchiviabile di notti all'addiaccio, topi, gelo. E il futuro? A lei basterebbe che assomigliasse al presente. Se proprio deve esprimere un desiderio, vorrebbe "una cucina appena più grande, da poterci cucinare con mia cognata e le amiche". Magari il sarmale, gli involtini di verza in cui si dice sia maestra, "da servire, come fate voi, con la polenta".

MA IN EUROPA VINCE LA LINEA DURA
Sono quasi 900 i rom di origine bulgara e romena rimpatriati forzatamente dalla Francia, nonostante i richiami di Onu e Commissione europea, perché considerati una "minaccia per l'ordine pubblico". E mentre il partito di estrema destra ungherese Jobbik avanza la proposta di destinare le comunità rom del Paese in "campi chiusi", anche in Italia il clima si surriscalda: il ministro dell'Interno Maroni promette di essere ancora più duro di Sarkozy e gli amministratori delle grandi città perpetrano piani di sgombero sistematico di ogni insediamento abusivo. A Roma, dove una curiosa psicosi collettiva segnala i primi presunti avvistamenti di "macchine rom con targhe francesi", il sindaco Alemanno ha appena smantellato il campo abusivo di Quartaccio. A Milano, ancora al Rubattino, il vicesindaco De Corato ha attuato il 125esimo sgombero dell'anno, mentre l'unico campo regolare della città, in via Triboniano, entro ottobre sarà smantellato per fare spazio alla strada che collegherà la città all'area dove si terrà Expo 2015.

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Di Fabrizio (del 13/09/2010 @ 09:30:22, in Kumpanija, visitato 1398 volte)

Campagna straordinaria di Medici per i Diritti Umani per il riacquisto dell'unità mobile destinata ai senza fissa dimora del territorio fiorentino, rubata nel periodo di Ferragosto

Facciamo appello a tutti i nostri sostenitori per raggiungere la cifra di 10.000 euro.

Lo stato della raccolta fondi verrà costantemente aggiornato sul nostro sito internet www.mediciperidirittiumani.org e si concluderà con una festa aperta a tutti dove, speriamo, verrà presentato il nuovo mezzo a disposizione dei trenta volontari medici, infermieri, antropologi, psicologi, ostetriche, operatori sanitari e non sanitari che collaborano con MEDU.

Medici per i Diritti Umani è una associazione di solidarietà internazionale che si propone la tutela dei diritti umani e del diritto alla salute in particolare, garantendo l'accesso alla salute alle popolazioni vulnerabili in Italia e nel mondo.

L'unità mobile di MEDU a Firenze ha seguito nel corso dell'ultimo anno circa 400 pazienti, con l'obiettivo di offrire una prima assistenza sanitaria, orientare e ed accompagnare gli utenti all'uso dei servizi sanitari pubblici ed effettuare incontri di gruppo di promozione alla salute.

E' visibile nel nostro sito internet il recente rapporto "L'Europa invisibile, il lavoro di MEDU negli insediamenti spontanei dei Rom rumeni a Firenze e Sesto Fiorentino", mentre è in fase di realizzazione il nuovo rapporto sull'attività svolta con richiedenti asilo e titolari di diritto di asilo e protezione umanitaria.

I contributi poteranno essere versati tramite bonifico postale o bancario alle seguenti coordinate:
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Di Marylise Veillon (del 13/09/2010 @ 09:32:42, in Kumpanija, visitato 1554 volte)

Da Mundo_Gitano

Radio Nederland Wereldomroep Publicado el: 5 de septiembre 2010 - 7:00 de la mañana | Por María Isabel García (http://www.informarn.es)

Mentre a Bruxelles la Commissione Europea studia le recenti espulsioni verso la Romania e la Bulgaria accadute in Francia, la Colombia riconosce il popolo Rrom come patrimonio ed espressione della pluralità culturale ed etnica, consacrata dalla costituzione.

Non si vedono più le tende nella periferia delle città, come successe a Macondo, quando ogni anno, durante il mese di marzo, arrivava Melquiades con le sue invenzioni e i suoi prodigi come attrazioni, che per un momento fecero pensare ad una di quelle di José Arcadios, della saga inventata da Gabriel Garcia Marquez, con le quali si avrebbe potuto attirare l'oro; né l'immensa lente d'ingrandimento con la quale un altro dei Buendia credette d'iniziare le guerre solari.

Nei quartieri di Bogotà, Puente Aranda, Santa Isabel, El Sol, Galan, Camelia e Ciudad Montes, è frequente incrociare delle donne con i loro vestiti lunghi e colorati, talvolta con una sciarpa legata ai fianchi e lunghi orecchini. Sono Gitane, che abitano come una volta nei dintorni della capitale colombiana, dove si calcola ci siano 60 famiglie gitane, circa 700 persone, dei cinquemila che si stima risiedono in tutto il paese. Cucuta, alla frontiera nord con il Venezuela, è la città con la maggiore concentrazione di membri del popolo Rrom. Gli uomini non si distinguono molto nel loro abbigliamento, generalmente indossano vestiti scuri, anche se caratteristici a secondo del loro mestiere: forgiatura dei metalli, o allevamento e scambio di cavalli.

Riconoscimento

"La comunità gitana è uno dei multipli gruppi umani che vivono a Bogotà e che grazie a le sue manifestazioni artistiche rinforza la diversità del patrimonio culturale intoccabile della città", affermò domenica scorsa (29 agosto 2010), il Sindaco della capitale, Samuel Moreno, a una festa gitana, durante la quale annunciò che, all'occasione di un prossimo incontro sperava di firmare un documento relativo alla Politica Pubblica per i Rrom.

In questi giorni, il popolo Rrom di Colombia celebra l'emissione del decreto 2957, che riconosce loro caratteristiche specifiche nonché il loro contributo "al processo di formazione della nazionalità colombiana e come parte del patrimonio etnico e culturale della nazione" secondo Moisés Mediano, rappresentante delle popolazioni al Ministero della Cultura.

L'eccezionale Dalila

Nativa di Bogotà e cittadina del mondo, Dalila Gomez la quale si definisce come una "ribelle con i gitani", è un ingegnere industriale con studi di amministrazione pubblica. Questo è piuttosto eccezionale nella sua comunità, fortemente tradizionalista in quanto al ruolo della donna, il quale si svolge prevalentemente all'interno del nucleo famigliare. Tuttavia, lei è visibilmente a capo del processo che già da una decina di anni, ha iniziato a liberare il popolo Rrom alla ricerca di un riconoscimento legale. Ha dato l'impulso e seguito i lavori che portarono parzialmente al culmine, il 6 agosto 2010, con l'emissione del Decreto che lo riconosce come comunità etnica con un'identità, la cui forma di organizzazione sociale e la lingua propria hanno definito storicamente le sue istituzioni politico-sociali.

Dalila riferisce che le strategie di incidenza politica si concentrarono nel rendere la comunità più visibile, tramite i mezzi di comunicazione e per mezzo della presenza in distinte istituzioni dello stato e della società.

RN. Quali saranno i piani maggiormente decisivi per il futuro?
DG. Il più importante è di concretizzare le azioni che sono state pianificate dal punto di vista normativo, per trasformare le realtà negative e migliorare le condizioni di vita del popolo Rrom.

RN. Si stima che in Colombia la comunità Rrom integrata sia di cinquemila persone. Dove si localizzano, benché nomadi?
DG. In Colombia abbiamo le Kumpanias, gruppi patriarcali, famigliari, stabiliti nei quartieri di alcune delle grandi città, considerando che la maggior presenza gitana si registra in Cucuta, Giron, Barranquilla, Cartagena e Bogotà.

RN. A quando risale la presenza dei gitani nel paese?
DG. Secondo i registri dell'Archivio dell'India, i primi gitani arrivarono in America all'epoca del terzo viaggio di Cristoforo Colombo. Fino alla fine del XVIII secolo erano chiamati "arrochelados" o "llovidos", e si integravano con degli schiavi sfuggiti e indigeni che non si sottomettevano alle leggi coloniali. Nuove ondate di immigranti arrivarono quando fu stabilita la Repubblica, e poi durante la prima e la seconda guerra mondiale. Recentemente, più che arrivare, vanno via dei gitani, in quanto a causa del conflitto interno, la Colombia non è un paese adeguato per ospitarli.

RN. Sono persone di armonia e di pace.
DG. Siamo un popolo pacifico, non abbiamo nessun eroe riconosciuto, né odi tramandati, il che si traduce in un grande amore per la vita, e questo fa si che abbiamo un concetto del tempo e della libertà, molto particolare, differente di quello della maggioranza delle società nei vari paesi, dove si legifera per i sedentari e si hanno forme rigide per il controllo della gente, dell'essere umano.

RN. Come vede la persecuzione della quale sono stati oggetto i gitani, in Europa e in Francia?
DG. I gitani in Europa, equivalgono agli indigeni in America, perché sono discriminati, c'è il genocidio etnico, alto tasso di mortalità infantile, i loro figli sono considerati a scuola come dei disabili. Perché un gitano possa eccellere in Europa, deve riempire più condizioni del normale, in quanto c'è molto razzismo. Quello che vediamo ora in Francia, un paese notoriamente liberale, il quale fece la rivoluzione per promuovere i diritti di tutte le persone, è una retrocessione; stanno dimostrando che ritornano al nazismo, come durante la seconda guerra mondiale. Al contrario, nel nostro paese, considerato del terzo mondo, malgrado i nostri conflitti e i nostri problemi, stiamo dando un esempio di civiltà. Inoltre abbiamo una ferma volontà di convivere con gli altri gruppi e culture.

Saluto romanì

E in segno di fratellanza, Dalila rivolge un saluto in lingua romanì, che tradotto significa:

"Saluto e libertà per tutti i gitani del mondo; stiamo passando attraverso un momento di crisi, speriamo che tutto si aggiusti, pensiamo che valgano più la ragione dell'essere umano per cercare il dialogo tramite la parola, e la saggezza. Basta essere preparati, si tratta di dimostrare al mondo che siamo esseri umani e che meritiamo di vivere su questo pianeta."

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Di Fabrizio (del 14/09/2010 @ 09:08:28, in Europa, visitato 3015 volte)

by Paul Polansky

[continua]

Dr. Sergey Shevchenko

(foto da minority-net.net) Il Percorso della Salute del dr. Shevchenko costruito accanto ai cumuli di scorie tossiche che attorniano i campi zingari. I cartelli sono in inglese, serbo ed albanese. In inglese dicono: Inala l'odoure (sic) della salute. E' una sfida per te. VINCILA. L'esercizio creato per un corpo sano.

IL PREMIO "PERCORSO DELLA MORTE": disonora e disgrazia quel dottore ONU che approfittò finanziariamente della costruzione di impianti sportivi su terreni contaminati.

Non tanto tempo fa, chiesi ad un incaricato dell'UNMIK chi avrebbe perseguito per questa tragedia dei campi zingari contaminati da piombo. Senza esitazione, mi disse: 1- il dr. Kouchner per aver messo lì gli zingari; 2- Norwegian Church Aid per aver amministrato i campi senza riportare un decesso o senza aver poi protestato; 3- il dr. Shevchenko per essersi riempito le tasche di soldi con i progetti sportivi realizzati su terreni contaminati.

Il dr. Shevchenko, un optometrista, era il dottore ONU incaricato di Mitrovica nord, che includeva due dei tre campi originari (Cesmin Lug e Kablare). Alcuni del suo staff dicono che è un russo originario di Vladivostok e gira con un passaporto diplomatico russo, ma che vive oggi a Vancouver, BC, Canada. Però, nel 2005 disse all'avvocato americano Dianne Post di avere passaporto canadese.

Ma la cattiva fama del dr. Shevchenko è dovuta al "Percorso della Salute". Ispirandosi ad un parco della salute in Canada, Shevchenko costruì il suo Percorso della Salute su un terreno contaminato tra i campi zingari di Kablare e Cesmin Lug ed i 100 milioni di scorie tossiche la cui polvere per molti giorni ricopriva i campi. Il dr. Shevchenko trasformò un vecchio sentiero di 1,5 Km. in un percorso di jogging tossico ed installò anche barre per gli esercizi accanto al cammino, più una rete da basket e due porte improvvisate da calcio. Pose cartelli blu di due metri con scritte in bianco, firmati dall'ONU in tre lingue, incoraggiando i locali a "respirare l'odore della salute". Gli esercizi, aprire i polmoni, permette a più polvere tossica di entrare nel corpo, ma questo non era menzionato sopra la firma dell'ONU.

Secondo il suo staff ONU, Shevchenko raccolse 66.000 euro per costruire queste infrastrutture sportive, pagandole però ai contraenti locali che le costruirono solo 10.000 euro. Incoraggiato da come fosse facile ottenere fondi per "progetti zingari", il dottore-affarista Shevchenko scrisse allora un progetto da 300.000 euro per costruire più baracche sui terreni contaminati per rifugiati zingari, a favore dei rifugiati che l'ONU stava rimpatriando dalla Serbia. Secondo il suo staff locale il nostro optometrista in orgasmo da sviluppo aveva un contraente serbo locale che intendeva costruire le baracche per 100.000 euro. Quando venne chiesto loro (il suo staff) su perché non premessero per dar luogo ai lavori, mi dissero che avevano così paura di perderlo. Shevchenko lasciò il Kosovo prima che il suo progetto dei baracche venisse approvato.


KAAD (Kosovo Agency for Advacacy and Development)

IL PREMIO DIETA SPECIALE: disonora questa OnG di Pristina che ha amministrato il campo zingaro di Osterode dal dicembre 2008, ma sta facendo pochissimi sforzi per tenere in vita i bambini.

Non ho mai pensato che potesse esserci un amministratore di campi peggiore di Norwegian Church Aid nel non curarsi se i bambini dei campi zingari vivessero o morissero. Ma questa OnG albanese a contratto e finanziata dal governo del Kosovo, potrebbe essere di parecchio peggiore. Ergin Salihi, bambino di nove anni, è entrato ed uscito sette volte dall'ospedale negli ultimi anni per insufficienza renale causata da malnutrizione e debolezza del sistema immunitario causata da avvelenamento da piombo. Suo fratello Robert, cinque anni, è in condizioni persino peggiori. Senza una dieta adeguata, dicono i dottori locali, non vivranno a lungo. Sino a settembre 2009, KAAD ha fornito la dieta speciale al costo di 7 euro al giorno. Da settembre, KAAD ha sospeso la somministrazione dicendo di non potersela permettere.

Quando Human Rights Watch (l'OnG internazionale con base a New York) a novembre 2008 visitò i campi, parlò con una dottoressa part-time del campo, Javorka Jovanovic, che dichiarò che era impossibile distinguere tra cause mediche dipendenti solamente dal piombo e quelle semplicemente collegate alla povertà e alla deprivazione. Aggiunse che la combinazione dei due fattori peggiorava sempre di più ogni condizione. Tuttavia, notava nei bambini su base giornaliera i sintomi da contaminazione come rachitismo, nervosismo, fatica ed epilessia. Disse che l'avvelenamento da piombo stava rendendo i bambini più vulnerabili alle altre malattie.

La dottoressa Jovanovic sentiva che la cattiva salute dei bambini peggiorava a causa della loro dieta. Molte, se non la maggior parte, delle famiglie vanno a cercare il cibo nei container delle discariche cittadine. Nel 2002 ACT/NCA interruppero tutti gli aiuti alimentari ai campi, dicendo che gli zingari ne rivendevano una parte per comprarsi le sigarette. Gli zingari ammisero di vendere alcuni degli aiuti, ma soprattutto per comprare le scarpe perché i bambini potessero andare a scuola. Nondimeno, tutti gli aiuti alimentari vennero fermati nel 2002.

Tutte le madri del campo si sono lamentate con KAAD sulle cattive condizioni igieniche e per la dieta che sta esacerbando la situazione sanitaria dei più vulnerabili, i bambini sotto i sei anni d'età e le donne incinte. La dottoressa Jovanovic ha detto che la concentrazione di malattie nei campi rende la situazione medica senza paragoni con nient'altro che abbia mai visto nei suoi 35 anni come dottoressa.

Anche se KAAD ed il governo del Kosovo non sono responsabili per la costruzione di questi campi su terreni contaminati, furono gli Albanesi che allontanarono gli zingari dalle loro case dopo che le truppe NATO francesi avevano occupato la città. Punire ora i bambini nati lì dopo la guerra appare una rivincita senza senso. Ma è quello che sta succedendo adesso. Altrimenti perché KAAD dovrebbe interrompere  la dieta speciale del novenne Ergin? Sicuramente KAAD che mantiene uno staff di 42 persone ed è finanziata dal governo del Kosovo può permettersi 7 euro al giorno per salvare Ergin ed i suoi fratelli. Nessuno in Kosovo, KAAD specialmente, sembra comprendere che la negligenza dolosa verso i bambini è un crimine.

Fine tredicesima puntata

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