Rom e Sinti da tutto il mondo

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 21/10/2013 @ 09:03:29, in media, visitato 3127 volte)

Vi propongo un gioco: sapreste spiegare (senza sbirciare Wikipedia) la differenza tra notizia e notiziabilità?

Io non sarei capace, e mi piacerebbe discutere con voi lettori su alcuni appunti che ho preso riguardo al presunto rapimento da parte di una famiglia rom di una bambina in Grecia.

  1. Pochi se ne ricordano, e non ho trovato niente su Google. Alcuni anni fa sempre in Grecia ci fu un caso simile (una bambina sottratta ai genitori "forse" adottivi, perché dei turisti italiani ritennero che non era figlia di quei rom). Indagini successive smontarono la tesi di chi aveva denunciato il caso, e tutto finì nel dimenticatoio.
  2. Se l'interesse "generale" è la tutela dei minori, perché quello che emerge dalle cronache (in meno di un giorno la notizia ha fatto il giro del mondo) è l'etnia dei "presunti rapitori"? E' responsabilità solo dei media, o siamo noi lettori che in questa notizia abbiamo visto prima di tutto quel particolare?
  3. Ovviamente, di fronte ad una denuncia, la polizia non poteva agire differentemente. Ma, altrettanto ovviamente, nella tutela del minore la polizia ha voluto mantenere il caso come riservato. La notizia è quindi circolata, per responsabilità della stessa OnG a cui è stata affidata la bambina: "Il sorriso del bambino". Possiamo noi lettori ritenere che così abbia fatto l'interesse della bambina o della sua OnG?
  4. Il direttore della stessa (cito testuale) dice: "La bambina è più sollevata” rispetto ai primi giorni[...], per la prima volta è circondata da persone che si prendono cura di lei." Eppure, di tutte le foto che circolano in rete (alla faccia della tutela dei minori) non ne ho visto una dove la bambina sorrida.
  5. Sul fatto in sé, possiamo anche dividerci in "innocentisti" o "colpevolesti". In ogni caso, ci affideremmo a quanto dicono la famiglia, i suoi avvocati o viceversa gli inquirenti. Tutta gente che non conosciamo e di cui sinora ignoravamo l'esistenza. Può bastare per non fidarsi della prima impressione che ci siamo fatti?
  6. Se proprio proprio si trattasse di rapimento, basterebbe per giudicare questo fatto come intrinseco alla cultura di un popolo? O no? Insomma, è una notizia da cui abbiamo l'ISTINTO di difenderci per colpe non commesse?
  7. Se invece l'accusa si rivelasse infondata, quanto ce ne rimarrà nella nostra memoria profonda?
  8. Otto anni fa, in un articolo pubblicato sulla PadaniaOnline (non più disponibile), a proposito di un'altra bambina scomparsa si scrisse (spostando il soggetto dai rapimenti ai rom): "nel 30% dei casi in cui si e' proceduto all'analisi del DNA non si e' trovata alcuna correlazione tra i bambini e i supposti genitori? Forse perche' fanno tanti figli e poi se li scambiano tra di loro?" Chiesi allora, volendo ingenuamente ragionare sulle cifre: "Ma nel caso di genitori non Rom, quest’analisi, che risultati ha dato?" Nessuno seppe rispondere, per la semplice ragione che dati simili non esistono.
  9. Con l'ultimo punto, potrei smentire tutti quelli precedenti. Un gruppo di Rom che conosco da anni: una volta ogni famiglia era solidale con l'altra, ma ora ognuno si fa i fatti propri. In passato, se dei bambini, per una causa qualsiasi, non potevano contare su neanche un genitore, era una famiglia del campo che li adottava e li cresceva, e le altre famiglie cooperavano se c'era bisogno. Ora, non succede più, forse stanno integrandosi, e certamente la polizia allora sarebbe potuta intervenire (col rischio di una rivolta di tutta la comunità) mandando quei bambini in una struttura protetta. Eppure, io ho sempre trovato più umana quella pratica di anni fa.
  10. Mi rendo conto che l'ultimo punto potrebbe essere non pertinente con la sottrazione di minore (magari c'era a monte un accordo tra le famiglie). Ma su quale base saremmo in grado di fare gli adeguati distinguo?

Direi allora che la differenza tra notizia e notiziabilità dipende da una serie di ingredienti, forniti dai nostri pre-giudizi e da quelli di chi fa circolare una notizia. La mia sensibilità e la mia esperienza suggeriscono i punti che ho elencato sopra, ma ovviamente OGNI notizia che ci raggiunge rischia di essere manipolata.

Da questo punto di vista, sto tentando di imparare a diffidare della marea di notizie che, volente o nolente, mi vengono servite ogni giorno. Ma, parte questo, non trovate anche voi che ultimamente sui Rom (caso Leonarda, Grecia, bimba Osmannoro) stia prevalendo il taglio sensazionalistico?

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Di Fabrizio (del 20/10/2013 @ 09:02:58, in Europa, visitato 1615 volte)

18 Ottobre 2013, di Anna Calori - Verso cosa ritornano i Rom rimpatriati in Kosovo?

Risale a ieri la notizia di una protesta studentesca che vede coinvolti numerosi studenti parigini nell'occupazione di più di trenta licei della capitale francese. Migliaia di essi hanno partecipato a un corteo di protesta verso il ministero dell'Interno.
Causa scatenante l'espulsione di Leonarda, giovane Rom Kosovara, prelevata a forza dalla polizia davanti ai propri compagni di classe durante una gita, per poi essere immediatamente rimpatriata in Kosovo insieme ai genitori e ad altri cinque fratelli.
Il ministro dell'Interno Manuel Valls ha commentato l'accaduto difendendo il proprio operato, e argomentando in favore delle leggi vigenti in Francia in materia di immigrazione.

Di primo acchito, questa notizia suggerisce un imbarazzante parallelismo con quanto accaduto, e ancora accade, sulle coste di Lampedusa e con la reazione che tali avvenimenti hanno suscitato nella coscienza pubblica italiana.
Se l'indignazione e la vergogna - sentimenti ormai auto-assolutori, specie in politica - sono reazioni comuni e condivise nei confronti di procedure a dir poco draconiane, l'Italia non ha purtroppo visto una mobilitazione tanto repentina da parte di quella società civile (gli studenti, in questo caso).
Si potrebbe cinicamente suggerire che la mobilitazione della società civile italiana su questi temi - caratterizzata da rivendicazioni assai deboli e povera di proposte che guardino oltre l'abolizione (sacrosanta) del reato d'immigrazione clandestina - sia lo specchio di una comunità in frantumi.

Eppure, anche un governo "socialista" di una repubblica "illuminata" ha commesso in questo caso lo stesso errore: un pressappochismo politico e culturale, purtroppo comune alle democrazie europee che si vedono impegnate in quella mission impossible che è il controllo dei flussi migratori.
Il ministro Valls si è più volte mostrato preoccupato dalla questione Rom, arrivando a sostenere che i circa ventimila presenti sul suolo francese andrebbero espulsi poiché particolarmente restii a qualsiasi tipo di integrazione.
Sembra inoltre che il motivo di questa recente espulsione sia in parte legato al carattere violento del capofamiglia, già segnalato alle autorità francesi dalla famiglia stessa di Leonarda.
Trovo necessaria, a partire da quest'ultimo elemento un'ulteriore riflessione sulle conseguenze sociali e politiche di tali misure.

Il Kosovo è impegnato da qualche anno in una difficile e ben poco efficace lotta nei confronti della violenza domestica. Da un punto di vista sia culturale che legislativo, la violenza domestica stenta ancora a venire considerata reato, e il numero di denunce (circa un migliaio all'anno) è ben poco rappresentativo dell'effettiva entità del problema.
Nelle zone rurali, e nelle sacche di marginalità alle quali specialmente le famiglie Rom sono costrette, tali episodi vengono raramente segnalati alle autorità, e difficilmente ricevono una risposta efficace sul lungo periodo.
I centri di assistenza per donne vittime di abuso sono soltanto sette, con un'operatività purtroppo limitata. Non riescono ad avere una copertura capillare sul territorio, e spesso faticano a raggiungere le componenti più emarginate della popolazione - per lo più famiglie Rom e di altre minoranze etniche rurali e suburbane.

Quand'anche le vittime riuscissero ad avere accesso alla protezione e assistenza offerte da questi centri, il rischio del loro ritorno all'ambiente violento dal quale sono fuggite rimane altissimo. Non esiste infatti un serio programma di inserimento nel mondo del lavoro - in un paese in cui la disoccupazione femminile risulta al 40%, e quella giovanile supera il 55% - e la mancanza di indipendenza economica riporta inevitabilmente le vittime al contesto sociale dal quale hanno cercato di distanziarsi.

Come osserva uno studio dell'UNICEF (Verena Knaus 'No place to call Home - Repatriation from Germany to Kosovo as seen and experienced by Roma, Ashkali and Egyptian children'August 2011, p.25), dei bambini di etnia Rom e Ashkali rimpatriati in Kosovo nel 2010, solo uno su quattro frequentava la scuola dell'obbligo. Numerosi procedimenti legali sono stati avviati nei confronti del Ministero dell'Educazione, in seguito alla discriminazione ed esclusione di bambini e studenti Rom dalla scuola primaria e secondaria.
Infine, non esistono in Kosovo strutture o programmi volti a offrire un supporto sociale e psicologico nei confronti dei rifugiati rimpatriati in Kosovo. In particolare, si riscontrano numerosi episodi di disturbo fisico e mentale tra quei bambini che si ritrovano a un tratto rispediti nella propria terra d'origine, con la quale tuttavia non hanno avuto, fino a quel momento, alcun contatto ('SILENT HARM- A report assessing the situation of repatriated children's psycho-social health', March 2012, UNICEF Kosovo in cooperation with Kosovo Health Foundation).

Tenendo presente quanto riportato, l'espulsione di Leonarda lascia quindi spazio a una duplice considerazione.

Se confidiamo nella sostanziale buona fede del ministro Valls, che sta "solo applicando la legge vigente" (a questo punto, chiunque avesse letto Hannah Arendt verrebbe scosso da un brivido lungo la schiena), possiamo immaginare che il ministro, semplicemente, non sia a conoscenza della situazione dei Rom in territorio kosovaro.
Questo, allora, mostra la feroce efficacia della linea Frontex nel rendere l'Europa politicamente e culturalmente impermeabile a ciò che avviene negli stati immediatamente al di là di un muro istituzionale e burocratico.
Un'Europa claustrofobica e sorda, eppure strenuamente impegnata nella standardizzazione democratica dei paesi limitrofi, primariamente di area balcanica.
É nostra responsabilità fronteggiare e reagire alle problematiche che emergono soltanto al di qua di un immaginario, arbitrario e mobile confine.
Se così fosse, allora il processo di espansione dell'Unione verso Est - già avviato con l'ingresso della Croazia - può considerarsi fallito in partenza.

Se invece ci atteniamo alle precedenti dichiarazioni del ministro Valls - da tempo promotore dello sgombero forzato dei campi e dell'espulsione dei Rom francesi "oltre i confini" poiché "non esiste altra soluzione" - si può allora considerare il rischio di una mentalità politica che ancora fa riferimento al concetto di Stato-Nazione.
I Rom vanno rispediti verso il loro territorio di provenienza (lo Stato) e di conseguenza verso una società e una cultura (la Nazione) che necessariamente li rappresentano, poiché inestricabilmente legate al territorio da cui sono scaturite. L'appartenenza alla comunità civile, e l'appartenenza allo stato istituzionale devono, necessariamente, coincidere. E questa impalcatura, questo costrutto sociale va imposto e rispettato da chiunque voglia muoversi all'interno di esso.
É forse un caso che siano proprio i Rom, una comunità le cui radici scardinano questa identità tra Stato e Nazione, ad essere le principali vittime di tale ossessione?

Gli stati europei sono ancora alla ricerca di una chimera, l'omogeneità tra il cittadino e il membro della comunità nazionale.
Finché gli esponenti politici europei saranno impegnati in questa lotta contro i mulini a vento, i diritti civili dell'individuo verranno, inesorabilmente, confinati a spazi sempre più ristretti.

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Di Fabrizio (del 19/10/2013 @ 09:03:14, in scuola, visitato 1893 volte)

Commozione generale per la studentessa francese rimpatriata a forza in Kosovo. Non è la prima, non sarà l'ultima. E' dai tempi di Sarkozy che la Francia "sta giocando" con i propri immigrati e con i propri rifugiati, alternando bastone e carota. Non è questione di essere io cinico, o i francesi buoni o cattivi; molto semplicemente gli effetti di queste politiche sono che, anche nei momenti di buona dello stato, una famiglia di rifugiati vivrà nel costante terrore di una Mme Le Pen o di un Mr Valls che possono decidere sul loro futuro. Perché, questa ragazzina era da anni in Francia con la sua famiglia, andava a scuola, quindi aveva da tempo superato lo scoglio dell'integrarsi (sempre Valls dice che la sua politica si basa sul fatto che i Rom non sono integrabili nella società francese), e già aveva una prospettiva di futuro in Francia, il paese che generazioni di immigrati hanno associato alla libertà e ai diritti.

Ma, nuovamente e non cinicamente, diffido della commozione e dell'indignazione a senso unico. Mi spiego: ha senso prendersela con questa Francia cattiva che sta rimpatriando a forza (caricando bambini dai pullman scolastici) bulgari, rumeni, kosovari? La Germania è dal 2008, quando il Kosovo ha dichiarato la propria indipendenza, che sta attuando la medesima politica di rimpatri forzati, con le medesime modalità.

Nel silenzio generale, nonostante in queste pagine e altrove siano apparse sporadiche denunce.

Forse per questo diffido dell'attuale commozione e ho paura che tra una settimana tutto sarà dimenticato.

Lo faccio raramente, ma vi consiglio un acquisto, per non perdere la memoria e per capire un po' meglio dove nasca e come si evolva la storia che vi ha commosso per un giorno o una settimana.

Perdere tutto
Ci era permessa una sola valigia.
La polizia buttava via ogni cosa
dicendo che non ne avremmo avuto bisogno.

Mia sorella cercò di tenere la sua Barbie.
Io cercai di prendere i libri di scuola.
La polizia buttò via tutto.

Dissero che in Kosovo era inverno.
Quella roba avrebbe soltanto preso spazio
e che avevamo bisogno di vestiti caldi.

Mio padre urlò che non sarebbe mai
tornato in Kosovo.
Non era più il suo paese.

Quando i poliziotti risero,
si buttò
dalla finestra del secondo piano.

Prezzo: € 10,00
Anno: 2013
ISBN: 9788677463762
Traduzione: Fabrizio Casavola
Epilogo: Rainer Schulze
Disegni: Stephane Torossian

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Di Sucar Drom (del 18/10/2013 @ 09:07:12, in conflitti, visitato 1698 volte)

MEMORS- Francesco Brajdic from Luca Bravi on Vimeo.

nome: Francesco Brajdic
data di nascita: Lubiana, 1939
luogo di nascita:
posizione attuale: Udine
campo:

Francesco Brajdic ricorda il proprio internamento insieme alla madre Maria e ai suoi sette fratelli (tra cui Stanka Brajdic) a Gonars. Racconta infine del successivo trasporto di sua madre verso Buchenwald e Ravensbrück.

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Di Fabrizio (del 17/10/2013 @ 09:01:59, in Europa, visitato 1958 volte)

Premessa: la notizia è già vecchia e digerita, l'informazione online ha tempi spietati.

Parto allora da un mese fa, 18 settembre: Grecia, vi ricordate? Nella foto c'è tutto e il suo contrario: maniche corte estive, un trenino per turisti (o per bambini), passanti indifferenti, una signora grassa, la fisarmonica e... la protagonista di cui non sappiamo niente.

    LA FOTO INDIGNA IL WEB era il commento riportato da tutti i media, che poi sono gli stessi che quando si parla di cose mooooolto più serie, ripetono che l'Italia rischia di fare la fine della Grecia. Già, ma forse intendono altro.
    INDIGNARSI: so che è un sentimento comune (non azzardatevi a chiamarci BUONISTI, siamo solo umani). A me successe al tempo della vicenda di Natalka: bruciata viva da una molotov a Kosice. Poi, la lunghissima degenza, la solidarietà che sollevò il suo caso in uno dei paesi più razzisti d'Europa, solidarietà che fu più forte dei commenti (postumi) sprezzanti e derisori dei neonazisti, e dei perbenisti che accusarono i genitori di voler speculare su quanto era successo. Ma quante volte una persona può indignarsi, per quanto tempo? A ogni cronaca simile mi sento più povero e deprivato, nel senso di impotente.

Neanche un mese dopo la Grecia, indignazione, di nuovo. Siamo a Napoli, e suona nella mente un campanello d'allarme: perché li vicino ci fu il pogrom di Ponticelli, a Torregaveta due ragazzine rom annegarono nell'indifferenza generale, in città ci fu l'omicidio di Petru Birladeanu.

Leggo l'articolo e il quadro è diverso dalle cronache passate: la gente del quartiere ha preso le parti della romnì e del bambino, ha cercato come poteva di aiutarla.

Lo stesso appare nell'altro video di Leggo: gente normalissima, che non si pone il problema di essere giudicata razzista o antirazzista. Poi, torna quel sottile veleno che i giornali sanno distribuire così bene: "La donna, che probabilmente non è la madre, è sparita dopo aver strappato di dosso gli abitini bruciati alla piccola."

Cosa si intende con probabilmente non è la madre? La donna è sparita, come racconta Leggo, o ha ricevuto le prime cure dal benzinaio, come scrive il Corriere del Mezzogiorno? E, ammesso che abbia importanza, quale paura può avere una madre rom a Napoli?

Napoli, ma potrebbe essere Grecia, Milano, Parigi o Mosca... Anche con la gente migliore del mondo, si vive sapendo che essere Rom comporta dei rischi, magari da parte di qualcuno che non c'è con la testa, e che se ci si trova a Ponticelli, a Opera, alle Vallette nel momento sbagliato, la pazzia può diventare collettiva.

Con i bambini, visto che l'infanzia è sacra, che diventano il bersaglio per misurare il disprezzo etnico. Non solo nei fatti, provatevi a leggere qualche commento sui forum razzisti, per perdere ogni fiducia nel futuro di questa umanità.

    Oppure no, un po' di fiducia rimane. Qualche anno fa, passai per una brutta depressione. Non mi guarirono gli psichiatri o altri specialisti. Fu un campo rom, uno di quelli che sono il simbolo mediatico del degrado. Pieno di amici che conoscevo da anni e della loro unica ricchezza: un esercito costante di figli. Giocando con loro, iniziai a migliorare.
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Di Fabrizio (del 16/10/2013 @ 09:05:47, in Europa, visitato 1449 volte)

di Ettore Bianchi - Italia Oggi

Niente soldi Ue per gli zingari
Nei quartieri rom prende piede l'islamismo radicale

Gli zingari bulgari non hanno peli sulla lingua e lanciano l'accusa: dei fondi dell'Unione europea qui non arrivano che le briciole. A parlare è Orhan Tahir, rom e presidente di un'organizzazione non governativa che li rappresenta. Gli fanno eco i portavoce dei 60 mila zingari che vivono a Stolipinovo, quartiere della città bulgara di Plovdiv che si trova a un centinaio di chilometri a sudest della capitale Sofia: da anni veniamo attaccati per questa storia dei fondi comunitari, ma non siamo noi a beneficiarne.

La spiegazione fornita da Anton Karaguiozov, responsabile dell'associazione locale Roma, è che i soldi destinati ai rom sono trattenuti dai bulgari: essi sono più smaliziati e preparati, sanno come muoversi nei meandri della burocrazia e come redigere correttamente le complicate domande di sovvenzione.

Così gli zingari si prendono la colpa, gli altri i cospicui flussi di denaro.

Ma non è finita. Perché, secondo Karaguiozov, in quello che ormai è diventato un ghetto si continua a essere scambiati per romeni: noi invece, dice il portavoce degli zingari, non rubiamo e ci accontentiamo delle entrate provenienti dalle nostre attività lavorative. Tradotto, significa vivere di aiuti sociali e di espedienti: contrabbando di sigarette, recupero di rottame, vendita di vecchi prodotti usati. Uno dei problemi principali è quello della formazione scolastica: gli insegnanti, dice ancora Karaguiozov, prendono la loro assegnazione a Stolipinovo come una punizione e si accontentano di fare il minimo indispensabile. Così le famiglie non muoiono dalla voglia di mandare i figli a lezione.

Intanto i servizi di sicurezza rilevano il forte rischio della penetrazione dell'Islam radicale in questi gruppi sociali sempre più emarginati. Orhan Tahir afferma che si tratta di bombe a orologeria. Il guaio è che lo stato bulgaro, troppo debole e privo di una politica coerente sugli zingari, è praticamente assente.

Quanto ai fondi distribuiti da Bruxelles, Tahir precisa che i rom sono inclusi nel vasto gruppo delle persone vulnerabili, che comprende varie categorie sociali che vanno dalle ragazze madri ai carcerati sulla via del reinserimento sociale. Di fatto, sono i poteri locali a decidere sull'assegnazione e sulle priorità. Rom e zingari si trovano in fondo alla lista. Tahir lancia quella che a prima vista ha tutta l'aria di essere una provocazione, ma che non lo è affatto secondo il diretto interessato: se domani l'Europa decidesse di interrompere la distribuzione di questi soldi, vi assicuro che i rom neppure se ne accorgerebbero. Inoltre, prosegue, quando sento Viviane Reding (la commissaria Ue per la giustizia e i diritti) annunciare decine di miliardi di euro previsti per i rom, mi metto le mani nei capelli e mi domando in che mondo vivano questi politici e funzionari a Bruxelles.

Intanto, nei ghetti, la gente continua a vivere senza acqua corrente né servizi essenziali. E perfino il ministro degli interni francese, Manuel Valls, socialista, si è messo in concorrenza con la destra di Marine Le Pen affermando che i rom devono andarsene dalla Francia. Non è soltanto una questione di soldi.

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Di Fabrizio (del 15/10/2013 @ 09:00:10, in media, visitato 2534 volte)

Segnalazione di Franco Marchi

Scritto da Giovanni Pili 13 ottobre 2013 su

Dopo la bufala sul "Vendola pedofilo", la pagina di Catena Umana Italia ci delizia con una nuova perla; quella dei Rom che getterebbero cibo donato loro, nei cassonetti. La lettera, firmata da un certo Damiano Angeli, fa riferimento ad un gruppo di "clandestini/rifugiati politici". Facciamo notare che i Rom sono cittadini italiani, inoltre non si può essere allo stesso tempo clandestini e rifugiati; tra l'altro secondo Angeli percepirebbero un sussidio di "€45 giornalieri oltre che all'alloggio nei rispettivi stabili", ma questo rende ancora più confusa la descrizione dell'autore.



Se percepisci un sussidio significa che sei regolare. Oltre a questo i suddetti "Rom/clandestini/rifugiati" si trovano - guarda un po' - vicino ad una ditta che confeziona cibo per le mense. Lo testimonia, nella pagina, proprio una ragazza che abita in zona, il cui commento è stato ignorato dagli amministratori. Del resto chi fa girare la lettera non si preoccupa minimamente di spiegarci chi sia l'autore, giusto per capire se per caso non abbia interessi personali o ideologici.



La foto allegata alla "notizia" non significa un fico secco, del resto i cibi dopo un certo periodo di tempo hanno questo vizio - poco patriottico - di decomporsi e andare a male. Tutte le attività economiche alimentari sono tenute a gettar via il cibo scaduto o invenduto. Non è colpa dei clandestini.

Cercando la fonte della lettera scopriamo che questa è rimbalzata anche su Tutti i Crimini degli Immigrati, un sito chiaramente "tollerante e tendente a verificare le notizie", come quando recentemente hanno delirato di uno stupro commesso dai profughi di Lampedusa ai danni di una ragazzina imbarcata assieme a loro. Ovviamente non era vero niente. Basta leggere con attenzione il testo che loro stessi hanno copia-incollato.

Francamente non sappiamo cosa sia peggio, se sprecare una cotoletta o l'intelligenza di chi legge, commenta, e magari fa finta di non vedere un suo simile, gettato da un barcone, morire annegato.

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Di Fabrizio (del 14/10/2013 @ 09:06:09, in Regole, visitato 1722 volte)

UN PRIMO RISULTATO DELLA CONSULTA ROM E SINTI DI MILANO CONTRO L'"EMERGENZA NOMADI" DECRETATA DAL GOVERNO BERLUSCONI. CANCELLATI I DATI PERSONALI DEL CENSIMENTO SU BASE ETNICA DEL 2008

La Consulta Rom e Sinti di Milano ha avviato a giugno 2013, in collaborazione con ERRC (European Roma Rights Center), un'azione legale per la cancellazione dei dati personali - un vero archivio parallelo su base etnica - e per ottenere un risarcimento per danni morali da parte delle comunità di Milano che hanno subito il censimento etnico nell'ambito della cosiddetta “emergenza nomadi" decretata dal governo Berlusconi nel maggio del 2008.

Questa "emergenza" - e tutti i suoi effetti: censimento, regolamento prefettizio - è stata definitivamente dichiarata illegittima, motivando le richieste di cancellazione dei dati e il risarcimento danni.

Il 4 ottobre il prefetto di Milano ha trasmesso all'avvocato della Consulta, Gilberto Pagani, il verbale di cancellazione dei dati, sia cartacei, sia digitali, raccolti con il censimento. Un primo importante risultato dell'azione della Consulta che ora proseguirà con la causa per il risarcimento danni di chi ha subito un censimento razziale nell'estate del 2008.

In allegato il verbale di cancellazione.

Per informazioni: 339.7608728

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Di Fabrizio (del 13/10/2013 @ 09:06:31, in sport, visitato 1794 volte)

(Ndr interessante: leggo che "lo stesso trattamento, [...], era stato riservato a parti invertite a Sofia")

Da Goal

Razzismo anche in Armenia, i tifosi di casa accolgono la Bulgaria in maniera poco amichevole: "Zingari!" La polizia è dovuta intervenire per fermare il lancio di uova e petardi all'aeroporto di Yerevan. Il ct bulgaro Penev: "Non ci fanno paura".

La piaga del razzismo colpisce continuamente. E non soltanto in Italia. Stavolta accade in Armenia, dove i tifosi di casa hanno accolto l'arrivo nel Paese della Bulgaria, avversaria domani sera a Yerevan, effettuando un fitto lancio di uova e intonando cori discriminatori.

All'aeroporto della Capitale, vari tifosi della nazionale di casa hanno rivolto epiteti come "bulgari zingari" agli avversari. Lo stesso trattamento, secondo loro, era stato riservato a parti invertite a Sofia, l'11 settembre 2012, quando la Bulgaria vinse per 1-0 e le squadre terminarono in 10 contro 9.

La polizia in tenuta antisommossa è dovuta intervenire per evitare il peggio. I sostenitori armeni, infatti, hanno lanciato petardi e fumogeni e tentato di colpire i giocatori bulgari, in attesa di salire sul pullman una volta scesi dall'aereo, lanciando loro delle uova.

Il commissario tecnico della Bulgaria, l'ex attaccante Lubo Penev, non si preoccupa. "Se pensano di farci paura in questa maniera, hanno sbagliato" le sue parole. La sua nazionale ha ancora delle chances di arrivare seconda nel gruppo dell'Italia, mentre l'Armenia è già eliminata.

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Di Fabrizio (del 12/10/2013 @ 09:08:05, in Europa, visitato 1299 volte)

Nessun accesso ai servizi sanitari ai Rom senza tessere sanitarie 01-10-2013 10:15 by Aleksandar Dimishkovski

Uno studio sull'erogazione dell'assistenza sanitaria a Rom ed Egizi in un comune albanese, ha trovato che molti membri di queste comunità non hanno accesso ai servizi pubblici sanitari più richiesti, semplicemente perché non hanno tessere sanitarie.

Nello studio, commissionato dal progetto Best Practices for Roma Integration (BPRI), il 79% dei 175 Rom intervistati nel comune di Shushicoe, nell'Albania del sud-ovest, dicono di non avere una tessera sanitaria, e questo è identificato come il maggiore ostacolo nel loro accesso ai servizi sanitari, quindi con un impatto negativo sulla loro salute.

La ricerca è firmata da Bledar Taho, a capo dell'Istituto di Cultura Romanì di Albania, organizzazione giovanile locale che promuove una maggior protezione dei diritti umani dei Rom. Taho è tra i sette giovani Rom dei Balcani occidentali, scelti da BPRI per studiare e identificare i gap tra legislazione e prassi effettive nell'integrazione delle comunità rom nella regione.

Dice: "Il governo centrale deve modificare la legge per assicurare che ogni residente nel paese abbia diritto all'assistenza sanitaria universale, anche se disoccupato o non registrato presso un'agenzia del lavoro governativa."

Lo studio di Taho fornisce anche una panoramica sulle condizioni di vita dei Rom a Shushicoe, con il 77% degli intervistati che valutano i servizi di igiene pubblica nel loro quartiere come poveri o molto poveri. Tre quarti degli intervistati si dicono insoddisfatti del servizio di raccolta dei rifiuti.

"Per molti Rom, un aspetto chiave del processo di integrazione è migliorare l'accesso ai servizi pubblici, che dovrebbero già comunque essere a disposizione di tutti i cittadini," dice Judith Kiers, project manager di BPRI. "Se saremo in grado di individuare e superare alcuni degli ostacoli che impediscono ai Rom l'accesso a servizi pubblici come sanità e istruzione, potremo sostenere veramente il loro processo di integrazione."

Taho, già attivo nell'incoraggiare i giovani Rom a partecipare alla vita pubblica e ai processi decisionali, dice di sperare che la sua ricerca serva come strumento di ausilio.

BPRI è un progetto regionale finanziato dall'Unione Europea, sostenuto dai paesi che partecipano all'OSCE e sviluppato dall'Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani (ODIHR). Il progetto sostiene programmi innovativi per promuovere la maggior partecipazione rom nella vita pubblica e politica e nel processo decisionale, aiutando a combattere la discriminazione e contribuendo a migliori condizioni di vita.

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