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La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 20/12/2013 @ 09:03:15, in Italia, visitato 1410 volte)

Una dedica fatta col cuore, alla giunta milanese che aveva promesso che sgomberi con la brutta stagione non ci sarebbero più stati.

GLI ALLEGRI CAMPEGGIATORI


    SCRIVONO DA MILANO-EST: Questa mattina (19 dicembre ndr.) è stato sgomberato il piccolo campo abusivo rom di V.le Forlanini Lambro. La polizia locale si è presentata dopo che nel pomeriggio di ieri due funzionari della locale li ha avvertiti. Totalmente assenti i servizi sociali del Comune ma l'assurdo di questa vicenda è che dello sgombero in atto né l'Ass.re Granelli, né la Dr.ssa De Bernardis ne erano a conoscenza! Di fatto sono venuti a conoscenza di ciò che stava accadendo solo perché da me avvertiti! La mano destra non sa cosa fa la sinistra...! In questo piccolo campo ca. 10 gg fa alcuni funzionari della polizia locale hanno fotografato tt i minori presenti! Compiendo un atto di illegalità! Ora hanno trovato rifugio nei campi della zona Forlanini accolti dalla loro stessa gente, dopo che tutti hanno rifiutato di recarsi nel centro di accoglienza di v.le Lombroso.

NOTA PERSONALE: che sarebbe bello capire (almeno per distrarre il cervello dagli orrori quotidiani) cosa hanno la gente, la stampa, i signori in cravatta nella loro testa. Il giorno prima a stracciarsi le vesti per un bambino (l'ennesimo, ormai non sono neanche più capace di commuovermi...) morto sempre a Milano, in un insediamento spontaneo accanto ad un campo che resiste nei decenni. Poi, nel massimo silenzio possibile, si ricomincia come prima, se non peggio.

Piove, malinconico ricordo dell'epoca De Corato, quando la mattina si guardava il cielo per capire se ci sarebbero stati sgomberi. Se pioveva, di sicuro ci sarebbero stati.


SPOT

A proposito di sgomberi e di cultura che non sia consolatrice:

clicca sull'immagine per scaricarlo GRATUITO

Si tratta praticamente di un gruppo di persone, addestrate e coordinate, il cui scopo è raccogliere testimonianze di prima mano su quanto avvenga durante uno sgombero (in questo caso), ma anche in occasione di manifestazioni o scontri con le forze dell'ordine. Le informazioni raccolte vengono poi inviate ad un "centro di collegamento legale", non per venire girate ai mezzi d'informazione, ma per essere conservate ed adoperate nel caso di processi e strascichi legali.

Chi fosse interessato a sviluppare il discorso, mi contatti info@sivola.net

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Di Fabrizio (del 19/12/2013 @ 09:01:44, in Italia, visitato 1625 volte)

di Medicina di Strada - Naga. Pubblicato da Anna_MiM il 17 dicembre 2013.

Le otto di sera, avevamo appena recuperato il resto dei volontari ed eravamo pronti per andare.

Di solito le uscite con il camper di mds si organizzano negli insediamenti irregolari, per effettuare visite mediche, ma questa volta non avevamo un punto di riferimento. Non lo avevamo più da due giorni, da quando il comune ha sgomberato i campi rom di via Montefeltro e via Brunetti. Così a seguito di quello sgombero, abbiamo deciso di uscire con il camper diretti nella zona attorno i due ex insediamenti, per capire come e in che condizioni si sono raccolte alcune tra le circa 450 persone che non sono state accolte nei due centri emergenziali messi a disposizione del Comune.

Di giorno sarebbe stato più facile incontrarli, ma a quell'ora sapevamo che molti si erano già spostati in posti non visibili per passare la notte. Grazie ai contatti telefonici avuti con alcuni rom, ci siamo diretti verso uno di questi luoghi. Poco prima di arrivare, abbiamo parcheggiato il camper per non dare nell'occhio. Ci avevano detto che la polizia continuava a girare, e a mandarli via ogni qual volta si fermavano in un punto.

Con torce elettriche e telefonini, ci siamo poi diretti a piedi all'interno di un prato ai margini della ferrovia. Proseguendo sempre a piedi ci siamo visti venire incontro un gruppetto di 4/5 rom, alcuni di loro con grossi borsoni carichi di vestiario e coperte, provenienti dalle aree appena sgomberate. Uno di loro ci ha spiegato di come gli hanno negato l'accesso nelle strutture d'emergenza, insieme alla sua famiglia, dopo essersi recato per accedervi legittimamente, ovvero in regola con le richieste previste dall'amministrazione che prevedono appunto di garantirne il diritto solo a chi non lo abbia rifiutato precedentemente.

Lo stesso signore rom raccontava che a tutti i rom presenti lì ieri sera, e agli altri che hanno fatto richiesta per accedere nelle strutture emergenziali, le forze dell'ordine hanno sequestrato i documenti (carta d'identità) trattandoli in malo modo. Non è ancora chiaro come e quando gli verranno restituiti i documenti e, a quale proposito glieli hanno sequestrati. Nel frattempo abbiamo chiesto in quanti fossero in quello spazio di prato, ci hanno risposto che erano una decina, divisi dentro due tende appositamente aperte la sera e smontate al mattino presto. Le tende vengono poi nascoste nei dintorni e, durante il giorno, si muovono per la città senza una meta precisa: non è difficile pensare in che condizioni fisiche e mentali, considerando anche che uno di questi rom è stato sottoposto ad un intervento chirurgico per un tumore alla testa e che deve regolarmente assumere medicinali antiepilettici, farmaci salva vita. Lo stesso rom dopo averci domandato come fare per un suo problema all'occhio, è stato invitato a contattare subito il servizio medico del Naga per le visite del caso previo contatto telefonico in sede.

Infine abbiamo domandato se sono veritiere le voci che girano, circa il presunto affitto che alcuni rom di Montefeltro avrebbero dovuto pagare per l'occupazione delle baracche a una specie di satrapo governante - ci hanno risposto assolutamente no, nulla di tutto ciò corrisponde al vero.

Zona Cimitero Maggiore, interviste e accompagnamento giornalista Radio Popolare (4 dicembre)
Primo pomeriggio, insieme ad una giornalista di Radio Popolare siamo andati in zona Cimitero Maggiore per incontrare un numero maggiore di famiglie rom rispetto all'ultima uscita effettuata la sera.

Le prime persone che abbiamo incontrato sono una famiglia con un bambino ospitata nel centro di emergenza Barzaghi 2, così viene chiamato. Il bambino giocava con i nonni, ai quali è stato negato l'accesso alla struttura, così si incontrano di giorno per stare insieme. La sensazione è quella di un detenuto che incontra i familiari nell'orario di visite, all'aria aperta. La sera mentre i primi rientrano nel centro, la coppia di anziani cerca riparo dove capita per la notte. Il vanto di questa amministrazione comunale è quello di non dividere le famiglie dopo gli sgomberi, o allontanamenti come preferiscono chiamarli. Forse sarebbe il caso di rivedere il concetto di famiglia.

Il bambino ha una tosse preoccupante, quando abbiamo chiesto come viene curato, ci hanno risposto che non c'è assistenza medica nel centro emergenziale. In questo modo oltre a non poter curare la sua di tosse, e dato che vivono tutti stipati dentro degli stanzoni, c'è il rischio che anche altri possano ammalarsi. Possono andare al Pronto Soccorso, venire anche ricoverati, ma da regolamento, se non ci si presenta per tre notti di fila, c'è l'esclusione dalla struttura emergenziale.
Il regolamento è stipulato dagli enti gestori che hanno vinto il bando emanato dal Comune. Un bando valido tre mesi. Chi ha avuto accesso alla struttura emergenziale di Barzaghi 2, ha firmato senza poter leggere, nessuna copia attualmente è stata consegnata agli ospiti.

Parlando con altre persone presenti abbiamo saputo che finalmente hanno portato un le cucine, promesse da inizio ottobre, ma inspiegabilmente il Comune ha sospeso la distribuzione dei pasti, così per tutti quelli che non possono comprare da mangiare le cucine sono inutili, non passano neanche il latte per i bambini ospitati. I costi stimati per ogni famiglia rom si aggirano sui 30 euro al giorno, ma a loro non viene dato nulla.

L'acqua calda non basta per tutti, la maggior parte degli ospiti è costretta a lavarsi con l'acqua fredda. Peggio per chi è stato escluso e ora è costretto a muoversi continuamente per la città, dato che ogni qual volta si fermano in un posto vengono cacciati dalla polizia.

Non oggi, non con noi presenti. La polizia staziona e guarda mentre siamo con loro.

Anche di notte, quando la polizia li trova, taglia loro le tende chiamando l'Amsa per portare via coperte e sacchi a pelo. Alla loro richiesta di un posto dove stare la risposta è sempre la stessa "non lo sappiamo, qui non potete stare". Una madre allatta il figlio poco distante da noi, al freddo di un pomeriggio invernale. Anche lei vive per strada ora.

Tutte le famiglie con bambini che abbiamo incontrato e che ora vivono all'addiaccio, ci hanno detto di aver fatto domanda per entrare nei due centri di emergenza, ma non sono state accolte. Non ne capiamo il motivo, dato che hanno tutti i requisiti per accedervi.

Prima che ci riconoscessero come Naga, si sono dimostrati diffidenti, la giornalista di Radio Popolare è riuscita a fare qualche intervista e dopo una ritrosia iniziale molti hanno fornito testimonianze. Il giorno dopo andrà in onda il servizio con l'assessore Granelli al telefono come ospite.

Le notizie ufficiali parlano di un Comune che ha dato accoglienza a 31 bambini e a tutte le famiglie che ne hanno fatto richiesta, togliendoli dal freddo e dai topi, e che ora risiedono in condizioni decenti. La realtà è un po' diversa.

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Di Fabrizio (del 18/12/2013 @ 09:02:03, in Italia, visitato 1639 volte)

di Sergio Bontempelli - 16 dicembre 2013 su corriere delle migrazioni

Per un attivista che "si occupa di rom" - come si usa dire - il posto più difficile da frequentare è il bar. Perché se tieni una conferenza, o se entri in una scuola a discutere coi ragazzi, hai tempo e modo di articolare un discorso. Provi a decostruire pregiudizi e stereotipi, e i tuoi uditori ti ascoltano in silenzio. Lo vedi che sono scettici, che non credono a quel che dici: ma almeno ti guardano con il rispetto che si deve all'"esperto".
Al bar no. Al bar, davanti a un cappuccino caldo, tutti sono "esperti", soprattutto dell'argomento "zingari". "Te lo dico io, non si integrano, vivono di furti e di illegalità". Le tue statistiche e i tuoi studi non contano nulla. "Puoi raccontarmi quel che ti pare, ma io li conosco, l'altro giorno mi sono entrati in casa e hanno rubato l'argenteria di famiglia...". Stop. Fine del ragionamento.

Come si distingue un rom?
Ecco, fuori dal bar il discorso sull'argenteria sarebbe interessante da approfondire. Ti hanno rubato in casa, e tu hai visto il ladruncolo mentre scappava. Era uno "zingaro", dici: ma come fai a saperlo? Con quale criterio distingui un rom? Lo riconosci dal colore della pelle, dai tratti somatici, dall'aspetto? Impossibile, perché tra i rom ci sono i biondi, i mori e i castani, c'è chi ha la pelle chiara e chi è più scuretto, chi è alto e chi è basso...
Forse hai riconosciuto il "tipico abbigliamento zingaro". Magari non era un ladro ma una ladra, e aveva la gonna lunga e colorata... Ora, ammesso (e non concesso) che la gonna lunga sia "tipicamente rom", non ti viene il sospetto che la ragazza in fuga abbia usato un travestimento per sviare i sospetti? E d'altra parte, se la ladra era davvero rom perché è andata a rubare vestita in modo così riconoscibile?
Forse un buon criterio per identificare un rom potrebbe essere la lingua, ma quanti sono in grado di riconoscere una persona che parla romanes?
Al bar, però, obiezioni del genere non contano. Suonano come i sofismi di uno che ha studiato troppo. "Il ladruncolo era uno zingaro, l'ho visto coi miei occhi, cosa vuoi di più?". Stop. Fine del ragionamento.
Al bar non contano i ragionamenti, contano le storie. E allora proviamo a raccontarla, una storia. E' una storia vera che mi è accaduta in questi giorni. E che mostra come i pregiudizi condizionino non solo le nostre idee, ma anche le percezioni, quel che "vediamo coi nostri occhi", quel che ci sembra oggettivo e irrefutabile.

Un viaggio da manager
E' Martedì, e come sempre vado al lavoro di buon mattino. Oggi però è un giorno speciale, devo uscire dall'ufficio un po' prima perché parto: mi hanno invitato a tenere un ciclo di seminari proprio sull'argomento rom, a Udine. Per arrivare dalla mia Toscana al lontano Friuli devo fare un percorso lungo e accidentato, con tre cambi di treno: dopo il regionale da Montecatini Terme a Firenze, devo prendere l'Alta Velocità per Venezia-Mestre, quindi di nuovo un regionale che mi porta a Udine.
Armato di pazienza, comincio il mio viaggio sul regionale. Salgo, prendo posto, mi siedo e accendo il computer: devo finire le slide che mi servono per far lezione, e comincio a lavorare. Sono ben vestito (meglio del solito, almeno...), consulto libri e documenti, armeggio col mouse, prendo qualche appunto sull'Ipad e di tanto in tanto rispondo al cellulare: devo avere l'aria di uno quegli odiosissimi manager che lavorano ovunque, sul treno come in ufficio, alla fermata dell'autobus come sulla panchina al parco... Intorno a me noto occhi curiosi che mi scrutano, con un senso di rispetto misto a invidia.

La "zingara" del treno regionale...
Mentre lavoro vedo passare Maria, una ragazza rom romena che conosco di vista: di solito chiede l'elemosina sul treno, e io le do sempre qualcosa. Si avvicina e mi tende la mano per chiedere qualche spicciolo: poi mi riconosce, trasale e sorride. Col mio rumeno un po' maccheronico le chiedo come sta. Mi dice che nelle ultime settimane la vita è più dura del solito, la questua non "rende" bene e lei non ha i soldi per mangiare.
Può darsi che sia vero, può darsi che sia un modo per strappare qualche spicciolo in più: per me non ha importanza, e le allungo una moneta da due euro. Lei sorride di nuovo, mi ringrazia e si siede un attimo. Continuiamo a parlare del più e del meno, le chiedo se ha programmi per Natale e lei mi dice che, finalmente, passerà le vacanze a casa, in Romania. "Fa freddo laggiù", spiega, "adesso c'è la neve". Poi si alza, saluta e se ne va.
La scenetta non è passata inosservata. I viaggiatori mi guardano attoniti. Prima sembravo un manager indaffarato, ma i manager di solito non parlano con gli zingari. Già, perché Maria sembra proprio una "zingara": ha l'aspetto trasandato, chiede l'elemosina e porta una gonna lunga e colorata...

... e la strana ragazza sull'Eurostar
Arrivato a Firenze, corro al binario e salgo sul treno Alta Velocità, quello per Venezia. L'ambiente è decisamente diverso: qui non ci sono i pendolari, ma - appunto - i manager indaffarati. Rispondono al telefono e li senti parlare di bilanci, di contratti, di accordi commerciali da perfezionare, di meeting da organizzare. La voce dell'altoparlante invita a gustare le prelibatezze del bar al centro del treno: fuori dal finestrino, le gallerie si alternano ai paesaggi delle montagne toscane. Cullato dal treno, mi addormento.
Dopo poco più di mezzora siamo a Bologna. Sale una ragazza giovanissima e si siede accanto a me. E' vestita elegante ed è truccata con molta cura. Saluta il fidanzato dal finestrino e gli manda un bacio romantico, uno di quelli "soffiati" sul palmo della mano... Poi, quando il treno riparte, si mette a sfogliare una rivista.
Nel bel mezzo del viaggio le squilla il cellulare. Si mette a conversare al telefono e sento che non è italiana: parla una lingua che non riesco a identificare. Frequentando gli immigrati, mi sono abituato a sentirne tante, di lingue: ovviamente non le capisco, ma sono in grado di distinguere un albanese da uno slavo, un rumeno da un ucraino, un russo da un georgiano. Ma la ragazza proprio no, non capisco da dove viene. La ascolto con attenzione e mi pare di sentire qualche parola in romanes. Però no, non può essere rom: non ne ha l'aspetto, non parla con la tipica gestualità "alla zingara", non è vestita da rom... E poi, si è mai vista una rom sul treno ad Alta Velocità?

La romnì "invisibile"
Mentre cerco di identificare la provenienza della ragazza, mi squilla il telefono. E' un amico senegalese che ha problemi con il permesso di soggiorno. Gli fornisco qualche consiglio, poi gli dico di passare al mio ufficio: l'argomento è delicato, ed è bene capire la situazione controllando di persona documenti e carte.
Quando riaggancio mi accorgo che la ragazza mi sta guardando. "Ma tu sei un avvocato?", mi chiede. Le rispondo che no, non sono avvocato, lavoro per i Comuni e mi occupo di permessi di soggiorno. Mi spiega che suo padre ha problemi con i documenti, e mi chiede consigli. Scopro così che la ragazza è macedone. Ma qualcosa non torna.
Conosco bene la lingua macedone. Voglio dire, non la parlo e non la capisco, ma la riconosco quando la sento. E la ragazza no, proprio non parlava macedone. Nei Balcani ci sono consistenti minoranze albanesi, ma lei non parlava neanche albanese. Non riesco a vincere la curiosità, e mi faccio avanti: "ma che lingua era quella al telefono?". La ragazza trasale, ha un momento di imbarazzo e farfuglia: "no, non era macedone... la mia lingua è...". Si ferma un attimo. Si vede che non sa proprio come dirmelo. "Ecco, in casa parliamo una specie di... di lingua sinta...".
"Una specie di lingua sinta" significa che la ragazza parla romanes. E' una romnì macedone ("romnì", per chi non lo sapesse, è il femminile di "rom"). Provo a sciogliere il suo imbarazzo, le dico che ho molti amici rom che vengono proprio dalla Macedonia. Ci mettiamo a parlare, e scopro che la ragazza abita a Bologna, ma il fidanzato è un sinto di Pisa, la mia città. Facciamo amicizia e alla fine ci scambiamo i numeri di telefono. "Se mi sposo a Pisa ti chiamo e vieni alla mia festa di matrimonio".

La morale della favola
La "morale" di questa piccola storiella ci riporta alle conversazioni da bar di cui si parlava prima. Crediamo tutti di sapere chi sono gli "zingari", e come sono fatti. Chiunque è (crede di essere) in grado di riconoscere un rom, o una romnì. E su questa percezione intuitiva costruiamo i nostri discorsi: "tutti i nomadi chiedono l'elemosina, nessuno lavora" (come se l'elemosina fosse una cosa orribile, e non un lavoro come gli altri: ma questo è un altro discorso, e ci porterebbe lontano...). "Io li ho visti, rubavano i portafogli ai passanti". "Ero sull'autobus e c'era una nomade che non aveva pagato il biglietto: non ce n'è una che rispetti le regole...". E gli esempi potrebbero continuare.
Non pensiamo mai che quel che vediamo è anch'esso frutto di pregiudizi. Non ci viene in mente che il nostro educato vicino di casa, che incontriamo sull'ascensore al mattino, potrebbe essere rom. Sul treno, non ho pensato che la mia "compagna di viaggio", elegante e ben vestita, era una romnì macedone.
I rom, quelli veri e in carne ed ossa, non sono come li immaginiamo. Come dice un mio amico sinto, "se vuoi davvero sapere chi siamo, devi conoscerci uno a uno, perché i sinti non sono tutti uguali". E' una verità semplice, questa. Ma chissà perché, quando si parla di rom, anche le cose banali diventano complicate da vedere e da capire.

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Di Fabrizio (del 17/12/2013 @ 09:01:28, in Italia, visitato 2171 volte)

... anzi, fate finta di aver afferrato la coda, e di aver vinto un altro paio di giri

Mi sento a disagio nel parlare del termine CULTURA, ma non potrei fare altrimenti, portate pazienza...

Quando qualcuno accenna alla "cultura rom", mi trovo a chiedere cosa significhino quelle due parole affiancate. Se, per esempio, mi chiedessero di descrivere la "cultura italiana", non saprei farlo. O, ad esempio, qual è la "cultura USA", quella dominante? Il Midwest, la California, o New York? E se fosse NY: Brooklyn o il Bronx?

Vorrei partire, quindi, dalla cultura NOSTRA:

La segnalazione è sul profilo FB di Tahar Lamri, collaboratore (tra l'altro) di Internazionale. Questo il suo messaggio:

    In Francia. I poveri non possono nemmeno cercare cibo nei cassonetti dei rifiuti. Su questi cassonetti dei rifiuti dei supermercati 8 à Huit (Gruppo Carrefour) c'è scritto: "Chiunque venga sorpreso a rubare da questi cassonetti sarà perseguitato dalla gendarmeria", "Il contenuto di questi cassonetti è stato irrorato con varechina". Sì avete letto bene "rubare"! Dove ci porterà questo sistema?

Nella mia ignoranza, questa è cultura, la nostra cultura. Cultura nel senso che quegli avvertimenti non ci fanno più ricchi, non migliorano la nostra vita. Sono, soltanto, i voleri di chi ha pance piene (mica sempre) e vede il pericolo del partito delle pance vuote. E al posto di parlare con le pance vuote, spreca varechina.

LO SCANDALO

    Il panno insanguinato
    Siamo rimasti fuori dalla roulotte
    Lanciando terra, pietruzze,
    Rifiuti, cantando, suonando serenate
    Finché la coppia di sposi
    Ha finalmente esposto
    Il panno insanguinato.

    Quindi ci siamo ubriacati
    Per celebrare la nostra ragazzina
    Che adesso era una donna.

    Per il resto delle loro vite
    Conserveranno quel panno
    Che prova il loro matrimonio.

    Non è meglio
    Di quello stupido pezzo di carta
    Che le autorità italiane pretendono
    Per dimostrare che i tuoi figli

    Sono legittimi?

E' la poesia di Paul Polansky che chiude il calendario 2014 dell'associazione 21 luglio. Una persona che l'ha ricevuto in regalo, l'ha ritenuto diseducativo, per essere precisi quando parla di un atto, assolutamente privato, che questa persona trova orribile, come altre pratiche (infibulazione, escissione, matrimoni imposti ecc ecc). Ha difficoltà ad accostarsi a questa cultura, continua, e trova che sia un atteggiamento presuntuoso chi attinge dalla [nostra] civiltà e progresso ciò che fa comodo [che serve] e rifiuta il resto.

Col medesimo disagio con cui iniziavo questo post, penso che:

  1. è relativamente facile dichiararsi femminista (o di qualsiasi altra idea) avendo come riferimento il nostro mondo, e pensandolo migliore degli altri (salvo poi criticarlo aspramente). Il nodo è quel pensarsi in grado di giudicare 11 mesi di un calendario dal dodicesimo, identificare una cultura altra da un particolare, togliendosi la possibilità di conoscere gli altri particolari;
  2. una critica esposta in quel modo non verrà raccolta che da settori minoritari della gente a cui dovrebbe essere rivolta. Che si sentirà ulteriormente discriminata. E' un suo costume, e sospetto che continuerà a sussistere per decenni;
  3. ma forse, era anche un costume nostro, e sicuramente lo è per una buona fetta della popolazione mondiale. Ignorare quello che è un puro dato di fatto perché cozza contro le proprie "opinioni-sensibilità-ideologia ecc ecc" mi sembra un po' superbo;
  4. forse, se si vuole almeno iniziare a cambiarli, questi dati di fatto, bisogna trovare il modo di interloquire con i "selvaggi", e non limitarsi a considerarli dei "selvaggi".

Ma sul punto 4. tornerò tra poco.

TEMP'ADDIETRO (ANCORA OGGI)

Una volta, tanti e tanti anni fa, sarei stato capace di definire il termine CULTURA. Ero un ragazzo perso nella vivacità degli anni '70, e come capita da giovani ero rimasto innamorato della rivista Il Politecnico, o meglio del famoso primo articolo di Elio Vittorini, di cui cito tre parti:

    UNA NUOVA CULTURA
    Non più una cultura che consoli nelle sofferenze ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini
    Per un pezzo sarà difficile dire se qualcuno o qualcosa abbia vinto in questa guerra. ma certo vi è tanto che ha perduto, e che si vede come abbia perduto. I morti, se li contiamo, sono più di bambini che di soldati;
    [...]
    Pensiero greco, pensiero latino, pensiero cristiano di ogni tempo, sembra non abbiano dato agli uomini che il modo di travestire e giustificare, o addirittura di rendere tecnica, la barbarie dei fatti loro. E' qualità naturale della cultura di non poter influire sui fatti degli uomini?
    Io lo nego. Se quasi mai (salvo in periodi isolati e oggi nell'U.R.S.S.) la cultura ha potuto influire sui fatti degli uomini dipende solo dal modo in cui la cultura si è manifestata. Essa ha predicato, ha insegnato, ha elaborato princìpi e valori, ha scoperto continenti e costruito macchine, ma non si è identificata con la società, non ha governato con la società, non ha condotto eserciti per la società. Da che cosa la cultura trae motivo per elaborare i suoi princìpi e i suoi valori? Dallo spettacolo di ciò che l'uomo soffre nella società. L'uomo ha sofferto nella società. l'uomo soffre. E che cosa fa la cultura per l'uomo che soffre? Cerca di consolarlo.
    [...]
    Io mi rivolgo a tutti gli intellettuali italiani che hanno conosciuto il fascismo. Non ai marxisti soltanto, ma anche agli idealisti, anche ai cattolici, anche ai mistici. Vi sono ragioni dell'idealismo o del cattolicesimo che si oppongono alla trasformazione della cultura in una cultura capace di lottare contro la fame e le sofferenze?
    Occuparsi del pane e del lavoro è ancora occuparsi "dell'anima". Mentre non volere occuparsi che "dell'anima" lasciando a "Cesare" di occuparsi come gli fa comodo del pane e del lavoro, è limitarsi ad avere una funzione intellettuale e dare a "Cesare" (o a Donegani, a Pirelli, a Valletta) di avere una funzione di dominio "sull'anima" dell'uomo. Può il tentativo di far sorgere una nuova cultura che sia di difesa e non più di consolazione dell'uomo, interessare gli idealisti e i cattolici, meno di quanto interessi noi?
    Elio Vittorini [n. 1, 29 settembre 1945]

QUI il testo completo dell'articolo. Alcuni punti mostrano i quasi 70 anni passati da allora (ad esempio, per restare in tema, il fatto che il termine "uomo-uomini" oggi sarebbero politicamente scorretti). Il punto nodale resta: la segnalazione di Tahar Lamri riguarda una cultura (che sia di destra, razzista o semplicemente padronale), che si da strumenti per modificare l'equilibrio delle cose, che viceversa potrebbero rimanere come sono, senza che una delle due parti in causa ne tragga un vantaggio materiale. Questo, la definisce come cultura.

Il secondo caso è invece, secondo me, un puro sfogo intellettuale, che nel non riconoscere l'esistenza di qualcosa che è altro, nega anche la possibilità di cambiare, di discutere, gli attuali equilibri e di capire le cause di tanti disequilibri. Parafrasando un'altra frase celebre, don Milani, è "una cultura che cura i sani e allontana gli ammalati".

Se dovessi dire la mia sulla condizione femminile e sulla coscienza politica delle Romnià, potrei concludere che non è simile ovunque, perché diverse sono le persone e diverse le loro situazioni. E' rom, si considera tale, Ostalinda Maya Ovalle, femminista e ricercatrice dell'European Roma Rights Center, vale lo stesso discorso per quella donna che centra la sua identità nella poesia di Polansky che urta la sensibilità, come lo è la ragazzina che nel libro IL PIANTO DEGLI ZINGARI (sempre di Paul Polansky) rifiuta il suo matrimonio combinato.

Ma dopo tanti ragionamenti, devo passare ai MIEI ricordi personali. Discutevo qualche settimana fa con una gagì, anche lei impegnata per la condizione delle romnià con cui interagisce e consapevole di quando continuare un discorso e quando interromperlo, per non spezzare il filo che la tiene unita alle altre donne. Le dicevo, sconsolato, che vent'anni fa e con un'amministrazione leghista, la condizione delle donne tra i Rom era migliore di oggi. Migliore, perché erano loro a fare da cerniera tra la loro società e quella esterna. Erano mediatrici scolastiche, mediatrici sanitarie, istruite e partecipi.

Erano LORO a voler cambiare. Dopo 20 anni, quel capitale culturale è quasi totalmente andato perso. Perché si erano fidate di noi, della società esterna, ma nonostante la loro PROFESSIONALITA', quei tentativi e molti altri sono stati mandati in malora dalle amministrazioni che sono seguite. E allora, per donne e uomini, si è assistito al ritorno di pratiche, costumi e diffidenze che c'erano sempre stati. Si è trattato, sempre di un dato di fatto parlo, di contrapporre una cultura della collaborazione che contava qualche anno, a pratiche di sopravvivenza e identitarie che sono secolari. Sentitisi traditi, stanno tornando indietro di 20-30 anni, senza che io debba giudicare questo giusto o sbagliato. E', a differenza del passato, una sorta di cultura che si definisce per sottrazione.

Quindi, cosa resta della cultura? Nuovamente, cedo la parola a Paul Polansky:

    Il professore

    Un professore universitario
    Ha chiesto a mio nonno
    Di accompagnarlo
    In tutti i campi
    Per chiedere se crediamo ancora
    Che il sole sia come Dio.

    Per chiedere se le donne
    Leggano ancora il futuro.

    Per chiedere se le nostre donne
    Succhino ancora i vermi
    Fuori dalle orecchie dei bambini
    Fuori dai cervelli dei bambini.

    Per chiedere se facciamo medicine
    Con i cuccioli dei topi.

    Per chiedere se curiamo la bronchite
    Con grasso di cane, d'oca
    E di cavallo.

    Per chiedere se compriamo ancora
    Le nostre mogli.

    Per chiedere se chi non può
    Permettersi di comprare una moglie,
    La rapisce.

    Per chiedere se crediamo ancora
    Che ogni casa ha un serpente
    Che vive nelle fondamenta
    E viene fuori di notte
    Per proteggerci.

    Per chiedere se pronunciamo ancora
    I nostri giuramenti
    Sul pane.

    Per chiedere se posiamo
    Due pietre di fiume
    Sulle nostre tombe
    Così che i morti
    Abbiano acqua in cielo.

    Per chiedere se crediamo ancora
    Nel malocchio,
    Nella magia nera.

    Per chiedere se crediamo ancora
    Che i morti ritornino
    Per osservarci
    E tormentarci.

    La gente dei campi Sinti disse al professore
    Che gli italiani si sono presi i nostri cavalli,
    I nostri carri, i nostri lavori,
    La nostra lingua, le nostre vite,

    Quindi cosa ci resta
    Da credere,

    Al di fuori delle nostre tradizioni?
    [Il silenzio dei violini pagg. 45-47]

    Nota dell'autore
    Ho scritto le poesie di questa raccolta esprimendo in prima persona la voce dei Rom e Sinti di cui ho raccolto le storie tramandate oralmente. Ne consegue che se queste sono opere scritte da me, le esperienze e le testimonianze sono loro.

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Il calendario dell'associazione 21 luglio puoi anche scaricarlo in formato .pdf

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Di Fabrizio (del 16/12/2013 @ 09:08:13, in Europa, visitato 1534 volte)

di Valeriu Nicolae

su Amazon

Dumitru G. è un benestante uomo d'affari rumeno di successo.

Il 4 settembre 2008 noleggiò un minivan online. Pagò usando la sua VISA, ed il sistema emise una ricevuta del noleggio che dichiarava chiaramente come lui fosse la persona che aveva effettuato il noleggio del vicolo, assieme al suo indirizzo rumeno.

Il 5 settembre 2008 Dumitru G. arriva all'ufficio Europcar nell'aeroporto di Monaco di Baviera, chiedendo di ricevere la vettura.

La signorina Manske, di servizio presso 'ufficio Europcar, controllò la prenotazione e l'avvenuto pagamento. Non trovò discrepanze tra la prenotazione, il suo ID e l'indirizzo.

Rifiuta di consegnare il veicolo, motivandolo col fatto che la compagnia "non può affittare veicoli ai cittadini rumeni, perché li rubano e attraversano il confine con quelli." Negli sviluppi successivi, la posizione di Europcar verso i cittadini rumeni si è ripetuta, alla presenza della polizia aeroportuale

Dumitru G. è di pelle scura. La signorina Manske pensò che sembrava un rom e secondo le politiche della sua compagnia, il signor Dumitru era un cliente ad alto rischio.

Dumitru, come molti altri Rom rumeni, è pienamente integrato nella società rumena. Secondo una ricerca di un investigatore privato, molti dei dipendenti rumeni di imprese di successo condotte da Rom, pensano che i proprietari rom abbiano costruito la loro fortuna attraverso il furto e la violenza e che solo da poco (prima che si cominciasse a lavorare per loro) siano diventati onesti e laboriosi.

Negli ultimi 30 anni l'obiettivo principale per qualsiasi istituzione europea, ONU o governo nazionale, è stato l'istruzione e l'occupazione per i Rom.

Un numero significativo (se non la maggioranza) dei Rom che si sono integrati con successo nelle loro società nasconde la proprie radici etniche, dato che non si adattano agli stereotipi prevalenti sui Rom - ignoranti e disoccupati. Ci sono molti casi simili a quello di Dumitru G. - per queste persone il problema non ha niente a che fare con l'istruzione o il lavoro, ma col razzismo (anti-ziganismo). Persone come Dumitru G. possono i essere modelli positivi così necessari, tanto per popolazione maggioritaria che minoritaria e contribuire significativamente all'inclusione sociale dei Rom nelle società europee.

Nell'ultimo trentennio le istituzioni europee hanno equiparato i Rom con quei Rom ignoranti, non qualificati, disoccupati poveri e spesso criminali, soprattutto dai ghetti e dalle comunità romanì tradizionali. Questa parte di popolazione rom (che io chiamo i Rom Frankenstein - vedi QUI, ndr.) incontra gli stereotipi negativi della popolazione maggioritaria ed è stato l'obiettivo principale delle iniziative europee volte all'inclusione sociale dei Rom. Nessuna campagna europea di sensibilizzazione ha mai riguardato tanto i Rom integratisi con successo e neanche il più vasto gruppo dei Rom mischiati etnicamente.

Selezionare le tanto necessarie risorse umane romanì di alta istruzione è fortemente ostacolato dall'esistenza dei gruppi di destinazione e porta ad una leadership di bassa qualità e ad una rappresentazione che allontana le esistenti elite di Rom integratisi con successo.

Perciò, è minimo l'aumento dei Rom che dichiarano la loro identità etnica ed il numero di quei Rom che preferiscono nasconderla è tuttora superiore da 3 a 10 volte. I modelli di ruolo positivi sono quasi del tutto spersi e lo stigma sociale continua ad essere perpetrato dalle esistenti leadership.

Casi come quelli di Dumitru G. dovrebbero segnalare un'urgente necessitò di riforma del paradigma funzionale delle istituzioni europee.

Oltre due terzi dei Rom (secondo le statistiche del Consiglio d'Europa) non dichiarano la loro identità etnica per paura della stigma e la maggior parte dei Rom con successo professionale preferiscono non parlare della propria identità oppure nasconderla. L'anti-ziganismo rimane stridente e diffuso tra le elite politiche d'Europa, come i sondaggi continuano a dimostrare anno dopo dopo anno, che i Rom sono di gran lunga il gruppo etnico più odiato in Europa.


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Sull'argomento leggi anche: 

Con una testimonianza di Valeriu Nicolae. Clicca sull'immagine per acquistare - La recensione su Mahalla

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Di Fabrizio (del 15/12/2013 @ 09:08:59, in Italia, visitato 1542 volte)

da napolimonitor (emma ferulano)

Le immagini del breve documentario proiettato martedì scorso nell'ambito del Festival Cinema e Diritti Umani sulla vita quotidiana nel campo di Masseria del Pozzo a Giugliano dove vivono almeno trecentocinquanta persone, rom, sono immagini di guerra. Una guerra istituzionale, silenziosa e spaventosa che si consuma sul territorio campano, vicina a tutti noi, da molto tempo. L'ultimo atto è stata la delibera del comune di Giugliano che, esattamente a dicembre di un anno fa, stabiliva il trasferimento immediato e temporaneo - che ancora dura - di questo nucleo di "popolazione rom" in un'area che, secondo quanto ammette con una certa indignazione il commissario alle bonifiche della Regione Campania De Biase, invitato a partecipare all'incontro, non è semplicemente inquinata, ma una vera e propria discarica, tra i siti più inquinati della regione, oggetto di indagini della magistratura.

Il trasferimento e l'allestimento minimo dell'area attrezzata (recinzioni, brecciolino, quadro elettrico e pochi bagni da campeggio, tubature già intasate) sono costati 379.210,00 euro da fondi PON del ministero dell'interno. La prefettura di Napoli ha assicurato il supporto al comune di Giugliano (commissariato ora come allora), una volta che questo avesse accertato l'"effettiva utilizzabilità del sito prescelto", cosa che effettivamente accade, compreso il parere favorevole dell'ASL 2. Amministratori locali, esponenti del volontariato e, secondo la delibera, almeno "un capo villaggio rom", si ritengono soddisfatti di questa scelta e si dispone l'esecuzione immediata del provvedimento.

Martedì si è svolta una giornata per denunciare una situazione che non può restare nascosta né cronicizzarsi come molte altre. Un gruppo informale ha contribuito alla costruzione del piccolo evento, a Giugliano, che ha visto anche la numerosa partecipazione dei rom, tra cui molti giovani e bambini, che vivono nel campo e si sono rivisti in quelle immagini. L'intento è di proseguire l'azione di denuncia anche oltre la giornata, sperando di ottenere risultati concreti, in termini di alternative abitative e di smantellamento di un luogo in cui è difficile pensare di trascorrere un anno di vita.

I rom provenienti da Bosnia ed ex-Jugoslavia vivono a Giugliano da circa trent'anni; comunità storiche, frammentate, che evidentemente hanno trovato negli anni la capacità di articolare radicate strategie di sopravvivenza e di relazioni in un territorio che si racconta come ostile ma in cui tutti convivono. Parlare di emergenza e agire con quest'unico principio ispiratore, che ha portato alla recente infausta scelta istituzionale giuglianese, oggi vuol dire non solo che il piano della discussione è fuori dal tempo e dalla storia, ma anche che a livello sistemico - sul piano politico, culturale, sociale - è ancora tabù parlare di scelte "diverse", dignitose e non discriminanti per i rom. Il "superamento dei campi" è ancora un discorso che, nel profondo, non viene accettato dalla società maggioritaria, la nostra. Resta appannaggio di pochissimi, spesso perdenti, che si rompono la testa a furia di parlare una lingua che forse non si comprende.

Il campo di Giugliano è la punta di diamante di quello che sono tutti i campi rom d'Italia e d'Europa. È l'esemplare peggio riuscito, l'errore madornale di cui non si può tacere, perché avviene qui e ora, in un momento in cui l'intera Europa prova a dare un'altra impronta - e con essa importanti fondi - "per le politiche di inclusione dei rom" (Purtroppo, bisogna ammetterlo, questo significa anche che siamo appena all'inizio dell'industria e della rete di progetti che avviluppano le comunità rom e probabilmente finché esisteranno progetti ad hoc per i rom, i rom resteranno una minoranza che va verso la specie protetta nell'immaginario di tutti).

Nel nuovo campo istituzionale, accade tutto quello che accade nei vecchi campi istituzionali: la scuola è un servizio che stenta ad affermarsi, la sanità non è un servizio a cui tutti accedono, i servizi di base scarseggiano per le operazioni quotidiane minime; quando piove si allaga tutto, la distanza dal resto del mondo è di anni luce, il campo infatti è in una zona ai margini dei margini, non tutti hanno i documenti, il lavoro non è nemmeno tema di discussione... Non si può parlare del campo di Giugliano in maniera isolata, non se ne può parlare "solo" in relazione al disastro ambientale, da cui bisogna mettere tutti al riparo con urgenza ma anche attraverso battaglie trasversali che si svolgono sull'intero territorio regionale in maniera sempre più consapevole.

La rete civica e politica può e dovrebbe essere internazionale, bisogna provare a uscire dall'isolamento di un sud Italia che vuole considerarsi e crogiolarsi nei suoi mali, e far uscire dall'isolamento le questioni che riguardano i rom che non possono essere sempre un settore a parte, speciale e da specialisti. Così come l'informazione dovrebbe uscire da una certa retorica improvvisamente indignata che "salva" e si spende per i rom un po' più facilmente quando sono evidenti, e innocue, vittime di un sistema impazzito.

Un rom che interviene dal palco ringraziando tutti per essere lì, esprime molto chiaramente quelle che sono le richieste essenziali: poter mandare i figli a scuola con gli altri bambini, non in classi speciali inventate per l'occasione e, con un riso quasi amaro, sommesso e ironico, di poter aspirare in futuro a qualcosa di meglio di un campo. Con il coinvolgimento paziente, graduale, diretto dei rom, dei cittadini, dei territori, i tempi possono essere maturi per denunciare e capovolgere la situazione, non solo quella di Giugliano.

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Di Fabrizio (del 14/12/2013 @ 09:01:30, in blog, visitato 2331 volte)

Scrittori, poeti, saggisti, aspiranti cronisti o fotoamatori... Penso di conoscere oramai i lettori di Mahalla: colti, attenti e impegnati, ma timidi o forse un po' pigri.

Vi offro un'opportunità: esiste in Mahalla una piccolissima libreria, forse un'ancora più piccola casa editrice. E' a vostra disposizione e non vi costa niente: se avete qualcosa di interessante che volete far conoscere, potete approfittarne. La distribuzione avviene su internet (limitatamente all'Italia) e se i testi sono in inglese, c'è anche la possibilità di ottenere l'ISBN e di accedere ad un mercato globale tramite le principali catene di distribuzione online. Inoltre, se a qualcuno interessasse il prodotto cartaceo, con lo stesso circuito ci sono costi di stampa più che interessanti.

Naturalmente, Mahalla rimane sempre a disposizione per collaborazioni anche occasionali su cronache, eventi, iniziative...

Fatevi vivi.

Cosa c'è attualmente sugli scaffali:

I media e la percezione di Rom e Sinti
Lezione tenuta il 28 maggio 2013, ad un gruppo di studenti rom e sinti di Milano, presso l'Umanitaria. 1. Come si vende il mondo dell'informazione 2. Percezione e autopercezione 3. Alcuni casi di... GRATIS

Negligenza Mortale Di Paul Polansky
Traduzione in italiano di "Deadly Neglect" GRATIS

Pacchetto formativo per Osservatori Legali
Si tratta praticamente di un gruppo di persone, addestrate e coordinate, il cui scopo è raccogliere testimonianze di prima mano su quanto avvenga durante uno sgombero (in questo caso), ma... GRATIS

L'Europa che c'è
Un giro tra Rom e Sinti in Europa. Parallelamente alla situazione di deprivazione che tutti conosciamo, le testimonianze di studenti, professionisti, attivisti e comunicatori romanì, quelli...

Cocci
E' un libro che nessuno ha voluto, e non avevo voglia di inseguire altri possibili editori. A vostro rischio quindi, potete leggerlo come, quando, dove e perché vorrete. Non ho fretta. Cocci,... GRATIS

VICINI DISTANTI cronache da via Idro
Cronaca di vent'anni circa di una comunità rom a Milano. Storie, testimonianze, aneddoti. II Edizione con testo e note riveduti e aggiornati, una rassegna fotografica inedita e un epilogo

Luoghi Comuni
Ho visto cose che voi umani... ... e voglio condividerle! La strana Lonely Planet di Zingaropoli Tutto questo in una trentina di pagine che l'autore si è divertito a scrivere, sperando di...

Una nonna racconta Di Hajrija (Maria) Seferovic
Da un lato c'è una nonna (sì, proprio quella che avete visto nel film "Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen") che gira ancora le nostre campagne, in cerca di erbe mediche....

Un anno contro l'antiziganismo Per concessione: Associazione 21 Luglio
Il Calendario 2014 "Un anno contro l'antiziganismo" ci aiuta, con gli scatti di Davide Bozzalla e la poesia di Paul Polansky, a combattere,...

Novità in arrivo!

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Di Sucar Drom (del 13/12/2013 @ 09:06:27, in blog, visitato 1411 volte)

A Milano gli sgomberi di sinistra

Milano, la Consulta Rom e Sinti incontra il Prefetto
Il 28 novembre una delegazione della Consulta Rom e Sinti di Milano ha incontrato il nuovo prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca. L'incontro ha riguardato il tema fondamentale della partecipazione delle comunità rom e sinte alla vita civile d...

Antidiscriminazione, riparte la newsletter di Articolo 3
Riprende l'invio della newsletter di Articolo 3. Dall'ultima, la n.3, rilasciata nel gennaio 2013, molto è stato fatto per mantenere l'agibilità operativa dell'Osservatorio sulle discriminazioni e per dare continuità a questa straordinaria e, per certi aspetti, davvero unica esperienza. Abb...

L'Europa ha bisogno di una classe operaia rom
In tutta Europa, milioni di persone soffrono la disoccupazione e la prospettiva di un lungo periodo di stagnazione economica. Ma nessun gruppo è stato più colpito dei Rom. Ce ne sono più di 10 milioni che vivono in Europa, principalmente concentrati nei Balcani e nei nuovi Stati membri dell'Unione Europea, in particolare...

Ue, gli Stati devono investire di più nelle Strategie nazionali
L'Unione Europea vuole una maggiore inclusione sociale dei rom e dei sinti. L'impegno per nuove misure di integrazione è stato sottoscritto all'unanimità dai 28 Stati membri. Si chiede di migliorare l'accesso a istruzione, occupazione, assistenza sanitaria e alloggio...

Giornata dei Diritti Umani, il messaggio del Segretario Generale dell'ONU
La Giornata dei Diritti Umani segna l'anniversario dell'adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani da parte dell'Assemblea Generale. Quest'anno, in particolare, si celebrano i vent'anni dal compimento di un passo coraggioso verso la realizzazione di tali diritti: l'adozione della Dichia...

Rom e Sinti, adottato il primo strumento giuridico dell'UE
Ieri i 28 Stati membri dell'Unione europea si sono impegnati ad attuare una serie di raccomandazioni della Commissione europea per accelerare l'integrazione socioeconomica delle minoranze sinte e rom. La raccomandazione del Consiglio è stata adottata all...

Madiba (1918-2013)

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Di Fabrizio (del 12/12/2013 @ 09:01:34, in Italia, visitato 1905 volte)

AL DIRETTORE de "IL GIORNO"

Gentile Signor Giancarlo Mazzuca,

nei giorni scorsi il giornale da Lei diretto ha pubblicato un articolo che ci ha molto spiacevolmente colpiti, a partire dal titolo: "Illuminavano il campo rubando la luce pubblica" e quindi, deduce il titolista nell'occhiello, "Nei guai i Sinti del Terradeo" (vedi QUI ndr.).

Passato, si fa per dire, il primo sconcerto, ci siamo chiesti come fosse possibile che un importante quotidiano pubblichi una simile... 'notizia' senza alcuna verifica, additando un'intera comunità di persone all'opinione pubblica di una città, dove hanno finora vissuto con una certa tranquillità, in un periodo di difficoltà economiche generalizzate che facilmente riscaldano gli animi. Oltretutto, la signora Santolini conosce il Terradeo, ci è stata, conosce noi e l'associazione: sarebbe bastata una telefonata, una mail, per avere tutte le spiegazioni del caso.

Dunque, i Sinti del Terradeo nei guai ci stanno per tante ragioni, anche senza bisogno di... raccomandazioni, a partire dal lavoro che non si trova, ma certo non per i motivi di fantasia che 'il Giorno' attribuisce loro.

Ma ci può essere di peggio? C'è: in tutte le edicole di Buccinasco è apparsa una locandina che a lettere cubitali denuncia: "campo nomadi illuminato rubando la corrente". A parte il grottesco 'nomadi' per persone registrate in anagrafe da trent'anni, le cose stanno ben diversamente.

Non stiamo a ricordare la legge sulla stampa, né cosa possa comportare questo modo di trattare una minoranza già emarginata e, altrove finora, malvista. Ci aspettiamo, però, un articolo che racconti le cose con pari evidenza e in modo più realistico, e le accludiamo una lettera sull'argomento. Essa si conclude con un invito, che rivolgiamo anche a lei e alla Signora Santolini, per sabato 14, alle 10.30, al Quartiere Terradeo, dove spiegheremo, documenteremo e, ancor più, mostreremo come stanno realmente le cose.

Gradisca i saluti di Ernesto Rossi e Augusto Luisi, dell'associazione "ApertaMente di Buccinasco".
Tel.3338628466 - 3355324525
10 dicembre 2013


ALLEGATO: da Buccinasco - Rino Pruiti

#Buccinasco - Fornitura dell'Enel al quartiere Terradeo: 'precisazioni'


Il sindaco Giambattista Maiorano interviene sulle polemiche dei giorni scorsi respingendo le accuse diffamatorie di chi gli ha attribuito dichiarazioni e volontà mai espresse. Intanto la fornitura dell'energia è stata riattivata con regolare contratto a forfait

Buccinasco (10 dicembre 2013) - La vicenda è ormai nota, dopo la pubblicazione sulla stampa e su un blog locale: la scorsa settimana è stata sospesa l'erogazione di energia elettrica al blocco servizi (bagni e docce comuni) del quartiere Terradeo in via dei Lavoratori, lasciando gli utenti privi dell'acqua calda. Meno noto, e anzi raccontato sul web in modo non corrispondente al vero, è quanto accaduto nei giorni scorsi. Tanto da spingere il sindaco Giambattista Maiorano a presentare una formale denuncia di diffamazione.

La sospensione del servizio fornito da Enel risale allo scorso 2 dicembre: in quella data ne viene informato il primo cittadino che il giorno successivo aveva già in programma un incontro con i rappresentanti dell'associazione Apertamente (di cui fanno parte alcuni abitanti del quartiere), il maresciallo della locale Stazione dei Carabinieri e il comandante della Polizia locale: i sinti non sono stati convocati dunque per offrire loro una via d'uscita né tanto meno l'offerta di un obolo pagato di tasca propria dal sindaco o addirittura dai cittadini di Buccinasco. In qualità di primo cittadino, in quella circostanza e con una nota scritta, Maiorano ha chiesto però ad Enel di riattivare il servizio considerata la presenza di numerosi minori nel quartiere e garantendo l'immediata firma di un contratto (non da parte del Comune ma a nome degli abitanti del campo).

E' vero che Enel ha rilevato una serie di anomalie e per questo è stato sospeso il servizio: solitamente il blocco servizi è alimentato dai pannelli solari del quartiere e solo nei periodi di cattivo tempo negli anni è sempre stato sottoscritto dalle famiglie del Terradeo una forma contrattuale forfettaria (con pagamento in anticipo). Quest'anno evidentemente non è stato fatto ma il problema è già stato risolto: in seguito ad un nuovo incontro con i rappresentanti dell'associazione, il giorno 6 dicembre è stato formalizzato un regolare contratto presso gli uffici Enel di Corsico. Per quanto concerne le utenze private abbinate ai singoli nuclei familiari, lo stesso sindaco ha comunicato ai rappresentanti del quartiere che qualora ci fossero degli insoluti, la società adotterbbe quanto previsto per tutti i cittadini.

"Ritengo pertanto assolutamente diffamatoria e calunniosa - dichiara il sindaco Maiorano - ogni altra versione dei fatti, come quella fornita dal sito internet 'La Città Ideale', proprio per questo ho presentato una denuncia per diffamazione ai carabinieri. Il rischio di tutte queste notizie infondate è la creazione di un clima che potrebbe sfociare in atti di intolleranza verso una comunità che faticosamente tenta di integrarsi a Buccinasco".

Ufficio stampa Comune di Buccinasco

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Di Fabrizio (del 11/12/2013 @ 09:00:02, in conflitti, visitato 1918 volte)

Rom-Anzi Sergio Bontempelli, 9 dicembre 2013 su corriere delle migrazioni

Quest'uomo io lo conosco da sempre: da quando, quasi venti anni fa, ho cominciato a frequentare il "campo nomadi" di Coltano, vicino a Pisa. Piccoletto di statura, con una coppola in testa che gli conferisce un'aria quasi da contadino siciliano, con il tono compassato di un vecchio saggio, Zajko è una specie di "istituzione" del campo.

E' in Italia stabilmente dal 1988, ed è stato uno dei primi rom bosniaci ad arrivare a Pisa. Davanti alla sua baracchina ha visto transitare i "nuovi" immigrati rom, i profughi della guerra degli anni novanta. E ha cresciuto almeno tre generazioni, tra figli, nipoti e bisnipoti. Un vero e proprio custode della "memoria storica" di Coltano.

Sì, lo conosco da sempre, Zajko. E lo conoscono i tanti operatori, assistenti sociali e volontari che nel corso degli anni hanno frequentato il campo. Ma non tutti hanno avuto la pazienza di ascoltare quel simpatico ometto con la coppola. Perché Zajko si esprime in un italiano tutto suo: che non è un italiano "scorretto", ma una lingua ibrida, pronunciata con un forte accento slavo, piena di costruzioni sintattiche romanes e bosniache, infarcita di parole che sembrano strane, e a volte anche un po' buffe.
Non sempre lo capisci al primo colpo, e per entrarci in contatto hai bisogno di tempo: devi passarci qualche pomeriggio, condividere un caffè, fare due chiacchiere così senza scopo. E invece gli operatori, tutti presi dai loro "progetti", non hanno il tempo per ascoltare. Vanno al campo per convincere, spiegare, illustrare, parlare. Hanno sempre qualcosa di importante da dire, e non si prendono mai la briga di sedersi un attimo.

La storia di Zajko
La storia di Zajko è venuta fuori per caso, in una fredda giornata di inverno di tre anni fa. Con gli altri volontari dell'associazione Africa Insieme eravamo andati al campo, a far visita ad alcuni amici: l'aria gelida della sera ci aveva convinto a entrare nella baracca di Zajko, a prendere un buon caffè caldo.
C'era confusione e non si capiva molto: i bambini giocavano e urlavano, una ragazza più grande ci chiedeva di spiegarle una cosa di matematica che non aveva capito a scuola. E poi le due figlie di Zajko avevano avuto problemi in Questura con il loro permesso di soggiorno, ci chiedevano di aiutarle ma non c'era verso di farle parlare una alla volta. Un gran caos, insomma.

Zajko sembrava farfugliare qualcosa, ma i familiari ci dicevano di non dargli retta, "è vecchio e non si capisce mai quello che dice". Però il "vecchio" aveva pronunciato una parola che non avevamo mai sentito al campo, e che ci aveva incuriosito: "ustascia". Sì, Zajko parlava degli Ustascia, i fascisti croati amici di Hitler, che avevano fondato uno Stato Indipendente Croato alleato della Germania.
"Io visto cartelli", insisteva il nostro amico aggiustandosi la coppola, "cartelli sui muri, dicevano evrei srbi e zingari tutti ammazzare". Zajko aveva assistito all'arrivo delle leggi razziali nel territorio croato (che all'epoca includeva anche la Bosnia): le vittime designate erano - per l'appunto - ebrei, serbi e rom.

Gli ustascia, le leggi razziali, lo sterminio
Secondo alcune stime, gli Ustascia uccisero il 75% degli ebrei presenti nel Paese prima della guerra. Quanto ai serbi, interi villaggi furono dati alle fiamme, sacerdoti e altri esponenti religiosi ortodossi furono massacrati nelle loro chiese, circa 200 mila persone dovettero subire la conversione forzata al cattolicesimo.
Fra gli "zingari" - ci informa Mirella Karpati - "le vittime accertate fino al 1998 furono 2.406, di cui 840 bambini. Il campo più terribile era quello di Jasenovac, dove si uccidevano le persone con metodi barbari. Né mancarono campi destinati ai bambini, come quello di "rieducazione" a Jastrebarsko, dove fra l'aprile 1941 e il giugno 1942 morirono 3.336 bambini di varie etnie. Nel campo per le donne di Stara Gradiska morirono oltre trecento bambini zingari".

Da partigiano ad immigrato
Zajko aveva visto le prime avvisaglie di quella tragedia: i cartelli, affissi per le strade, che annunciavano la volontà di "ripulire" la Croazia dalle "razze maledette": ebrei, serbi e rom ("evrei srbi e zingari tutti ammazzare"). E aveva deciso di scappare, rifugiandosi in montagna. Qui aveva incontrato i partigiani di Tito, e si era unito a loro. Un pezzo di storia del Novecento riemergeva dalle parole un po' farfugliate di quell'ometto in apparenza così modesto.

Zajko era stato ferito ed era finito all'Ospedale: poi, uscito, aveva continuato a combattere. Finita la guerra, era andato a Zagabria, dove con la sua formazione partigiana aveva conosciuto Tito. Quindi era tornato finalmente a casa, si era sposato e aveva costruito la sua famiglia. Aveva avuto una prima esperienza migratoria in Italia negli anni Cinquanta: era stato a Napoli, poi a Piacenza a fare il barista. Ma la vera e propria migrazione - quella definitiva - era avvenuta nel 1988: da allora non è più tornato in Bosnia.

Quando abbiamo ascoltato il suo racconto, abbiamo deciso che questa piccola storia - legata alla Storia più grande, quella con la lettera maiuscola, che si legge nei libri e si studia all'Università - doveva essere raccontata. è nato così un video, prodotto da un gruppo di volontarie della nostra associazione, che trovate qui sotto liberamente visionabile e scaricabile.

Una bandiera alla finestra
Ho continuato a frequentarlo, Zajko. Lo incontriamo tutte le volte che andiamo al campo. Oggi ha problemi di salute dovuti all'età - più di ottanta anni - e fa sempre più fatica a lavorare. Era un calderaio, un artigiano del rame: vendeva i suoi prodotti ai mercati, e con quelli si manteneva. Negli ultimi anni i dolori e gli acciacchi gli hanno reso quasi impossibile continuare. Il Comune gli ha assegnato una "casetta", perché nel frattempo il campo di Coltano è stato trasformato in un "villaggio" di alloggi in muratura: ma lui, senza reddito, fatica a pagare l'affitto, e rischia lo sfratto.

L'esperienza della guerra lo ha segnato in profondità, forse più di quanto non sia disposto ad ammettere lui stesso. Perché di guerre, Zajko, ne ha conosciute due: la prima l'ha vissuta da partigiano, da protagonista e in qualche modo da vincitore. La seconda - quella degli anni Novanta - l'ha sorpreso mentre era in Italia, e di fatto l'ha "intrappolato" a Pisa, impedendogli il ritorno a casa.

Quando parla di guerra abbassa gli occhi, Zajko. E il suo sorriso si spegne. La sua "seconda" guerra, il tragico conflitto balcanico degli anni Novanta, non lo racconta volentieri. Ma ogni volta che in televisione sente parlare di bombardamenti, di profughi in fuga, di scontri militari, si preoccupa e ci chiede spiegazioni: vuol sapere che sta succedendo, se il teatro del conflitto è vicino o lontano, se sono coinvolti i civili, se la diplomazia sta facendo il suo lavoro e se le armi si fermeranno.
Nel comodino accanto al letto Zajko tiene una bandiera arcobaleno della pace. E, quando alla televisione parlano di guerra, la appende alla finestra, così che le macchine che sfrecciano sull'autostrada possano vederla.

Zajko. Un video di Africa Insieme from Africa Insieme on Vimeo. Video di Sara Palli, Alice Ravasio, Francesca Sacco, Marta Lucchini, Irene Chiarolanza, Diana Ibba. Prodotto dall'associazione Africa Insieme di Pisa nell'ambito del progetto "volontari come in un film", con la collaborazione di Cesvot, Aiart, Progetto Rebeldia. Musiche originali di Pasqualino Ubaldini

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