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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 03/06/2005 @ 00:17:11, in lavoro, visitato 4041 volte)

Da: emilia.net

Tra Bologna e Piacenza 19.000 ore di formazione per giovani zingari sinti e rom. E arrivano 35 contratti. I lavori più gettonati? Meccanico, barista e parrucchiera

BOLOGNA (31 mag. 2005) - Centoventiquattro giovani sinti e rom coinvolti, di cui 76 hanno svolto percorsi formativi, 48 hanno avuto proposte di lavoro e 35 hanno firmato un contratto lavorativo.
Sono i risultati del progetto dell'Iniziativa Comunitaria Equal di riqualificazione e recupero professionale delle popolazioni zingare: "A kistè ki braval an u lambsko drom - A cavallo del vento verso il lungo cammino", che verranno presentati oggi in un seminario presso il Teatro Testoni di Bologna.
Il progetto, primo e finora unico in Italia, si è concluso a maggio 2005 dopo tre anni di sperimentazione ed è stato realizzato con il contributo di una partnership costituita da enti locali, enti di formazione, scuole, università, associazioni imprenditoriali e sindacali, associazioni di volontariato.
Le comunità Sinti/Rom interessate sono state 10, situate a Bologna (Ada Negri, Pianazze, Trebbo, quartieri Navile e Borgo Panigale), in provincia di Bologna (Casalecchio e Malalbergo) e a Piacenza (campo Le Mose).
L'esperienza ha visto inizialmente coinvolti 124 zingari di età compresa tra i 15 e i 30 anni. Di questi 99 sono di Bologna, 25 di Piacenza; 88 sono sinti e 36 rom. Tra i 124 ragazzi e ragazze, ben 76 sono stati protagonisti di percorsi di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro. Dei 76 zingari "formati" 40 sono sinti italiani e rom abruzzesi, mentre 36 sono rom slavi; 40 sono donne e 36 uomini. Oltre al recupero della scolarità e all'insegnamento della lingua italiana, i corsisti hanno seguito lezioni per alcune professioni specifiche: ciclo-motoriparatore, barista, parrucchiere, elettricista, carrozziere, muratore, igiene e sicurezza ristorazione, assistente al trasporto scolastico, addetto preparazione pasti. In tutto sono state svolte oltre 19.000 ore di formazione (30% in aula, 70% in stage).
Dopo la formazione, per alcuni zingari l'esperienza è proseguita con l'avviamento e la ricerca attiva di un posto di lavoro. Sono arrivate 48 proposte di lavoro di cui 35 si sono concretizzate in contratti, mentre 13 non sono state accettate dai sinti e dai rom per diversi motivi. Dei 35 contratti di lavoro 3 sono a tempo indeterminato, 18 a tempo determinato, 5 apprendistati e 7 contratti a progetto o collaborazioni. I lavori più "gettonati" sono stati meccanico, barista e parrucchiera. Inoltre durante il periodo del progetto un rom abruzzese ha creato un'impresa individuale nel settore del commercio.
Per facilitare i rapporti e creare un clima di fiducia tra i sinti/rom e gli operatori della formazione, ci si è avvalsi nelle azioni del progetto di 11 "facilitatori" (1 rom slavo e dieci sinti, di cui 3 donne) che hanno effettuato azioni di collegamento, garantendo ad esempio il trasporto e l'accompagnamento presso le sedi formative, soprattutto alle donne,
"Al di là dei risultati – ha affermato Cecilia Vicentini, responsabile del progetto - la sensibilizzazione delle comunità sinte e rom e le significative esperienze di formazione e di inserimento lavorativo del progetto hanno permesso l'avvicinamento di queste popolazioni al mondo della formazione e del lavoro. Ciò ha portato anche alla mobilitazione di sinti e rom non direttamente coinvolti come destinatari del progetto, i quali hanno richiesto di partecipare a corsi di formazione o si sono attivati per la ricerca attiva del lavoro. Questo risultato indotto testimonia che i beneficiari del progetto non sono stati solo i destinatari diretti, ma le comunità sinte e rom nel loro complesso".
Inoltre le azioni di sensibilizzazione sulle problematiche dei sinti e dei rom rivolte al mondo della formazione, del volontariato e delle imprese hanno aumentato la consapevolezza di queste realtà circa la necessità di intervenire con azioni mirate a sostegno dell'inclusione sociale di queste popolazioni. L'esito è stato una serie di proposte progettuali scaturite da reti di partner di Bologna e Piacenza, ma anche di Parma, Modena e Reggio Emilia.

 
Di Fabrizio (del 28/05/2005 @ 18:38:38, in lavoro, visitato 2310 volte)

Il Partito Democratico dei Rom rivolge un appello a favore di uno suoi membri.

Muhamed Osman possedeva una bancarella in Dusanova bb, all'ingresso del mercato di Bajlonijeva. Era l'unica fonte di reddito per la sua famiglia, composta da 11 persone. Il comune di Stari Grad ha deciso di negargli il rinnovo della licenza di sosta, e rimuovendo il banchetto la sua famiglia non ha più possibilità di vivere. Sottolineiamo che è già la terza bancarella rimossa dal comune.

 

Mentre la Comunità Europea promuove il Decennio dei Rom, il governo continua con le discriminazioni nei confronti dei Rom, rendedo loro difficile ogni forma di sostentamento autonomo. Abbiamo anche provato a contattare il Ministero per i diritti umani e le minoranze, ma senza ottenere aiuto ed il sindaco rifiuta di riceverci.

 

Vi chiediamo di aiutarci scrivendo la vostra protesta a:

 

Emina Ajdini

General Secretary of Democratic Party of Roma

 
Di Fabrizio (del 12/05/2005 @ 23:35:29, in lavoro, visitato 3783 volte)
... e filosofia, per i nostalgici del quiz
Un campo sosta si riconosce dall'odore: può essere il fumo della legna che ti rimane appiccicato ai vestiti, di animali da cortile e bambini piccoli, o di wc intasati e vestiti zuppi.
Fango e polvere.
Qui il fango era un ricordo, perché i vialetti interni erano asfaltati da anni. Da un paio di mesi sono in corso i lavori di ripavimentazione. Il campo è un cantiere unico, ma tra gli operai che lavorano non conosco nessuno, sono di un'impresa esterna. Gli uomini del campo sono seduti a fumare e a lamentarsi, i più giovani invece fanno a gara con gli operai: il tempo è ancora incerto e stanno riparando i tetti delle loro baracche. Le baracche sono abusive, ma nessuno dice niente, d'altronde qui c'è chi ci abita da 16 anni - e non conosco nessuno che a Milano vivrebbe tutto questo tempo in una roulotte.

Quasi assieme al campo, era nata una cooperativa, formata dai Rom stessi, da volontari, da operatori della scuola e dei servizi sociali. Si era formata con lo scopo preciso di fornire occasioni di lavoro, di operare per la scolarizzazione dei bambini in età scolare, di indire manifestazioni che potessero presentare vari aspetti della cultura e del modo di vita dei Rom.
Non è così strano come sembra, immaginare questa cooperativa. Un Rom è abituato a trattare la durata prevista del lavoro e la ricompensa, poi a seconda dell'impegno e del premio coinvolgere altri parenti o conoscenti, oppure chiedere in prestito gli attrezzi necessari a qualche componente della sua famiglia allargata, se non ha attrezzi a disposizione; poi si divide. Come pure, è costume che vecchi e bambini, anche se non fan parte del proprio gruppo ristretto, vengano accuditi in comune quando non siano in grado di essere autosufficienti al proprio sostentamento.
Insomma: a parte qualche difficoltà con quote sociali, bilanci e consigli di amministrazione, per loro il concetto di cooperativa è molto più comprensibile che per noi.

Cos'è successo nel frattempo?
- a fine 1992, ci fu la prima manifestazione cittadina dei Rom a Milano, per chiedere che il campo venisse attrezzato dignitosamente, dopo 3 anni. La sera stessa, si finì in TV a Milano-Italia di Gad Lerner. Il campo venne sistemato;
- fu stipulata una convenzione per il trasporto degli alunni alla scuola dell'obbligo. I ragazzi iniziarono a frequentare la scuola media. La convenzione non è stata più rinnovata;
- attività para-scolastiche all'interno del campo: doposcuola, scolarizzazione per adulti. Animazione per ragazzi e sportiva. Nessuna convenzione viene rinnovata da due anni;
- vari corsi di formazione professionali: operatori del verde, lavorazione del rame, produzione tessuti batik; richieste varie di commercializzazione di quanto autoprodotto;
- installazione di serre all'interno del campo. In abbandono;
- corso di informatica e primo bollettino Rom con redazione interna. Non è più finanziato;
- affido di minori dall'istituto Beccaria, per reinserimento sociale e famigliare. Interrotta per mancanza di attività curricolari...
... perché a distanza di anni, l'unica convenzione rimasta "era" quella per il mantenimento del verde e la potatura delle piante in alcuni giardini comunali. Ci lavoravano 4/5 persone, 2 soli mesi all'anno. Da quest'anno, anche di quello non si sa più niente.

Ho capito: si fa prima a dire cosa è rimasto:
La vecchia e cara "ARTE DI ARRANGIARSI"
Un serbatoio di professionalità inespresse per:
- lavori di giardinaggio (compreso piantumazione, concimazione, abbattimenti, lavori da serra);
- squadre per lavori di traslochi, imbiancatura, muratura;
- pulizie civili e industriali;
- e poi ci sono idraulici, piastrellisti, saldatori, portinai...

meglio che niente!
Contattatemi!

Domanda: ma come è potuto succedere?
Magari dipende dalle persone, o dalla politica... se ne parla da tempo e forse ho perso il filo del discorso.
Questa gloriosa cooperativa, ha avuto secondo me un grande difetto: legarsi a un grande, unico cliente. Finendo per dipendere dai suoi "mal di pancia".
Questo cliente è il Comune di Milano, che ha fatto (sicuramente) cose buone e altre meno. Ad esempio, ha "usato" la cooperativa per incentivare la presenza dell'obbligo, o ha dato lavoro agli adulti. Ma nel contempo, l'ha "usata" anche per avere servizi di buon livello a prezzi stracciati, scaricandola quando trovava qualcuno a cui subappaltare questi servizi che fosse ancora più disperato, o quando il ragionamento era di mera opportunità politica. Quando ne parlo al campo, insisto: "Cercate altri committenti, offritevi al privato!". La risposta è che loro per primi non credono che i privati si fidino di loro.
Il peggio (è sempre la mia opinione) è che si siano abituati ad avere qualche contentino a poco prezzo, e la maggior parte degli adulti in età di lavoro abbia perso la capacità tipica del nomade, del sapersi adattare a seconda delle circostanze e inventarsi il lavoro.
Non è la disperazione della recente lettera dal Canada. Per questi Rom, cittadini italiani a tutti gli effetti, forse è peggio: una vita ad aspettare, in un lager carino fuori dalla città, senza memoria di cosa siano e senza voglia per cambiare.

Tranquilli: qualcuno ce la fa sempre - è provato dalle statistiche!
Per esempio la casa: piano piano, senza che nessuno se ne accorga, le famiglie dai campi finiscono nelle case popolari. I miei amici della PadaniaOnLine rivendicano di essere stati i primi a chiedere la chiusura dei campi. Posso dirgli bravi? ...se insieme all'onore si accollano anche gli oneri. Un conto è avere qualche famiglia che fa domanda di casa popolare, un altro "chiudere i campi". Lo scrivo, pensando a noi sedentari: che senso avrà dare la casa a chi non può mantenerla, se non si progettano politiche di supporto? Tanto i problemi, resteranno in quelle periferie già avvelenate dalla convivenza nella miseria.

Sì, lo so, sono il solito ipercritico. E voi invece sarete pazienti, perché manca ancora un pezzo a questo puzzle, che chiameremo Ziganopoli.
Ziganopoli, non è solo il campo, è tutta l'industria che ci gira attorno. Ziganopoli, è dare lo spazio dove vivere e togliere poco per volta la possibilità di essere autonomi, per finire nel girone di quel purgatorio che è l'assistenza, ad aspettare qualcuno che risolva i problemi. E' anche isolamento forzato, in maniera fisica rimbalzando tra campi e periferie già a rischio di loro.
Ma... non è tutto. L'isolamento può anche essere mediatico: cosa c'è di + adatto di un popolo tenuto isolato e temuto, per costruirci la PICCOLA INDUSTRIA dell'esperto che parla di loro? Oppure dei quintali di libri e film scritti NON da loro? La stampa, la pubblicità legate a questi eventi. I dibattiti sui Rom e Sinti a cui loro non vengono invitati? (a meno che non siano persone eccezionali o abbiano assistito a fatti eccezionali). A cui non vengono chiamati neanche per montare/smontare le strutture o occuparsi del catering?
Pensate a quanti sociologhi, scrittori, filmaker disoccupati, se solo ci fosse un sociologo, uno scrittore, un regista Rom. Magari, basterebbero solo qualche imbianchino e qualche giardiniere in +, per fermare questa "esposizione della povertà altrui"!

Io ipercritico? Fate i bravi e ripensate alla scena iniziale. Vi rioffro la mia piccola soluzione:
LAVORO CERCASI!
- lavori di giardinaggio (compreso piantumazione, concimazione, abbattimenti, lavori da serra);
- squadre per lavori di traslochi, imbiancatura, muratura;
- pulizie civili e industriali;
- e poi ci sono idraulici, piastrellisti, saldatori, portinai...

(with a little help by my friends)
Contattatemi!
Dimenticavo: a buon rendere!!

 
Di Fabrizio (del 06/05/2005 @ 12:06:35, in lavoro, visitato 1843 volte)
da Bruno Bartolozzi

La Cgil Milano: "Lavoro-nero e immigrati, controlli nelle aziende non alle frontiere"
Si accende il dibattito dopo le affermazioni del generale Pollari (Sismi) secondo il quale per combattere l'immigrazione clandestina occorre debellare la piaga del lavoro nero. Per la Camera del lavoro di Milano è necessario spostare "i controlli dai confini dello Stato al territorio per verificare se le aziende favoriscono l'illegalità". Le reazioni di Ds, Caritas e An

MILANO - "Maggiori diritti per tutti, anche per gli immigrati, equivale ad avere una maggior sicurezza per tutti, residenti italiani compresi. E se lo dice anche il Sismi possiamo stare tranquilli". Marida Bolognesi, deputata Ds, presidente della commissione Affari sociali della Camera nella passata legislatura, commenta l'intervento di Nicolò Pollari (capo del Sismi) apparso sulla rivista del Sisde a proposito di immigrazione. "Va colpito il lavoro nero - sostiene il generale - solo così spezzeremo il legame che alimenta l'immigrazione clandestina". Il dibattito pubblicato da Gnosis e rilanciato da ilPassaporto.it crea attenzione e reazioni.

Bolognesi (Ds): anche i minori penalizzati dalla Bossi-Fini
"E' stato messo il dito sulla piaga. Il vero problema è il governo dei flussi e della manodopera - insiste la deputata livornese - Abbiamo una domanda più alta delle offerte regolari. Ed è interessante che chi si occupa di sicurezza veda questa come soluzione. I diritti di cittadinanza , il diritto più in generale nel lavoro, diventa una soluzione ai problemi di sicurezza. E significa che vanno cambiati i termini della questione dei flussi migratori gestita dalla legge Bossi-Fini", insiste Marida Bolognesi che esprime una preoccupazione. "Proprio ieri in commissione infanzia abbiamo saputo del continuo invio alle polizie di altri paesi dei minori non accompagnati. C'è un'applicazione ulteriormente restrittiva della Bossi-Fini fra il comitato minori stranieri e il ministero degli Esteri. I ragazzi di 10-12 anni invece di essere accolti in case-famiglia vengono rispediti ad un mittente. E' un mittente che non offre loro nessun tipo di garanzia. Un altro caso di diritto negato che alimenterà nuove fughe e nuove clandestinità".

Don Colmegna (Caritas): snellire la burocrazia
Persino don Virgilio Colmegna della Caritas Ambrosiana è d'accordo con quanto sostiene il generale Pollari: "Io sono convinto che il problema sia quello del lavoro nero. Colpire il lavoro nero significa impedire la moltiplicazione delle cause degli arrivi e delle permanenze irregolari. In generale il problema è quello dell'efficienza degli strumenti legislativi. C'è una differenza importante fra effettive richieste di lavoro e situazione burocratica. A Milano ci vogliono 12 mesi per un permesso di soggiorno, lo rilascia assurdamente la questura che dovrebbe invece occuparsi semplicemente della cause che impediscono il rilascio di un permesso. Va cambiata la legge non tanto in termini ideologici, ma in termini di funzionalità. L'econonia reale trova delle strade che l'ingessamento delle procedure impedisce di tradurle in diritto".

La Cgil: controlli nelle aziende non alle frontiere
La Cgil di Milano, dopo aver letto i contenuti del dibattito promosso dai servizi di sicurezza, interviene con una propria posizione politica. E propone. Controlli ispettivi sulle aziende, spostando l'azione di polizia dalle frontiere al territorio. Maurizio Crippa illustra la posizione della Camera del Lavoro milanese: "E’ vero. Il lavoro nero sta alla base dell’illegalità. Siamo favorevolmente impressionati dall’analisi di Nicolò Pollari che individua nel lavoro nero la causa principale dell’illegalità. Se abbandoniamo la visione esclusivamente ideologica e politica della Bossi-Fini (l’immigrazione si controlla bloccando i confini e quindi l’entrate) ci rendiamo conto che la necessità di manodopera a buon mercato favorisce un flusso migratorio parallelo ai flussi (con quote per altro scarse ed irrilevanti rispetto alla domanda).
Occorre quindi un controllo ispettivo rigoroso sulle aziende, spostandolo dalle frontiere al territorio, e soprattutto serve una maggiore consapevolezza delle imprese e delle associazioni di categoria, nel ricercare intese con le parti sociali atte a tutelare i diritti delle persone nei luoghi di lavoro applicando i contratti nazionali e favorendo azioni positive nei confronti dei lavoratori di altre culture. Inoltre sarebbe importante intervenire sui criteri di ingresso nel Paese pensando a permessi di ingresso di almeno sei mesi per ricerca lavoro. Così si potrebbe eliminare il mercato nero delle braccia e il conseguente sfruttamento della manodopera gestito da caporali e malavita organizzata".

Prosperini (An): ognuno a casa propria
Il consigliere regionale di Alleanza nazionale, Gianni Prosperini, quasi ventimila preferenze in Lombardia nelle ultime elezioni, uno degli uomini che ha raccolto più voti per sostenere il progetto-Formigoni, rappresenta i duri e puri contro gli stranieri. "Io sono contro l'immigrazione, ognuno stia a casa sua. L'immigrazione è eticamente e praticamente dannosa: sia per chi vede arrivare gente di tutti i tipi, sia per chi si muove. E poi questi stranieri vengono solamente per vivere alle spalle degli italiani. A Milano ci sono 200.000 immigrati. Quanti lavoreranno davvero? Mah, non più di 30.000. Il lavoro nero? Lo fanno anche gli italiani e lo promuovono gli imprenditori che guardano al loro profitto. E praticano la delocalizzazione del lavoro. Spostano le fabbriche dove si paga meno la gente. Del resto è un'Europa allargata degli imbecilli. Se si pensa che un mungitore di vacche italiano costa dieci volte un mungitore di vacche polacco... Vediamo alla fine chi ci rimette. Comunque il problema è semplice. C'è lavoro? Quei pochi stranieri che vengono qui a lavorare devono avere un permesso di soggiorno rapido, non aspettare mesi e mesi come accade ora. Più che un permesso di soggiorno deve essere un ticket. Scaduto il contratto, scaduto il ticket e... fuori dalle scatole".
(05 maggio 2005 - ore 16.04)

 
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