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\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 20/02/2007 @ 10:00:42, in Italia, visitato 1779 volte)

Ricevo da Mariagrazia Dicati: Invio documentazione relativa alla manifestazione per la giornata della memoria a Piove di Sacco (PD), riportato anche su: www.coopofficina.blog.tiscali.it

Riportiamo integralmente l’intervento del Rom Loris Levak che insieme alle rappresentanze Istituzionali, al Rabbino della comunità ebraico di Padova e insigni rappresentanti del Centro Studi del Triveneto sulla Shoah, ha partecipato alla cerimonia commemorativa per la giornata della memoria

“ Ho partecipato più volte a manifestazione per rievocare lo stermino dei Rom e dei Sinti, in particolare voglio ricordare il 1997 a Padova dove ho prodotto il rilievo in rame messo nel museo dell’Internato Ignoto che si conserva perfettamente nel tempo.

Oggi 8 febbraio 2007 sono orgoglioso di essere presente a Piove di Sacco insieme ai esponenti delle Comunità Ebraiche, davanti ad un pubblico di ragazzi che rappresentano il futuro.

Voi avete già conosciuto mio padre Mirko Levak che vi ha raccontato la sua prigionia nei campi di sterminio, lui ha rappresentato il passato, io sono qui per assumermi l’impegno per il futuro, per fare in modo che non vengano dimenticate le sue sofferenze e quelle di migliaia di altri Rom e Sinti

La giornata della memoria voluta e  istituita dall’ex Presidente Ciampi  vuole ricordare tutte le vittime delle sterminio, ma accanto allo sterminio degli ebrei, dobbiamo ricordare che ci sono stermini minori, ma non per questo meno importanti.

500.000, o forse molti di più, Rom e Sinti sono stati trucidati nei campi di sterminio e molti altri morirono per mano degli ustascia.

Questo stermino che noi abbiamo chiamato “PORRAJMOS” perché nella nostra lingua significa divoramento, distruzione, non ha ancora avuto un riconoscimento dalla storia.

Per questo, a nome  della comunità Rom e Sinta, di mio padre  MIRKO EMILIO LEVAK  ex deportato sopravissuto ad Auschwitz, chiedo al Sindaco di Piove di Sacco, Mario Crosta, rappresentante delle Istituzioni, al Rabbino della comunità ebraica di Padova Adolfo Locci, ad Antonio Sorrenti, del Centro Studi Triveneto sulla Shoah,di sostenere la nostra richiesta, chiedendo al Presidente della Repubblica NAPOLITANO, che lo stermino dei Rom e dei Sinti, a carattere razziale come quello degli Ebrei, abbia un riconoscimento anche nella legge per la giornata della memoria”

Alla fine dell’intervento di Loris Levak, Antonio Sorrenti, lo ha ringraziato per avergli dato l’opportunità di ricordare ai ragazzi delle scuole alcune testimonianze proprio sulle sofferenze dei Rom e dei Sinti, inoltre ha voluto sottolineare che nelle loro ricerche hanno trovato documentazioni che si riferiscono proprio ai Rom e, alla fine, lo stesso Antonio Sorrenti si è impegnato a portare avanti quanto era stato richiesto da Levak.

La cerimonia, molto sentita e commovente si è conclusa con un gesto simbolico : allo scoccare dei 12 tocchi delle campane, ora in cui vennero aperti i cancelli di Auschwitz, il Sindaco, i rappresentanti delle Comunità Ebraiche e Rom, hanno liberato i grappoli dei palloncini, mentre gli alunni e i ragazzi erano invitati a fare una riflessione cercando di mettersi nei panni dei prigionieri in quel lontano momento.

AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO

Oggi 8 febbraio 2007, in occasione della celebrazione della giornata della memoria per lo sterminio del popolo ebraico e del popolo Rom e Sinto, nella città veneta di Piove di Sacco in provincia di Padova, mi rivolgo al Sindaco  Mario Crosta, quale rappresentante delle Istituzioni, al Rabbino della Comunità Ebraica di Padova Adolfo Locci, ad Antonio Sorrenti, del Centro Studi Triveneto sulla Shoah affinché facciano pervenire al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano la seguente

RICHIESTA

sull’estensione dell'intitolazione del "Giorno della Memoria" anche al popolo dei Rom/Sinti, e a tutte le vittime del nazifascismo, sottoponendo alla Sua attenzione quanto segue :

-          In considerazione anche del Decreto legislativo Mastella, che prevede pene più severe per  chiunque commetta o inciti a commettere atti discriminatori per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o compiuti a causa del personale orientamento sessuale o dell'identità di genere

-          In considerazione della Legge n. 211 del 20 luglio 2000 che ha istituito il "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti, l'art. 1 della Legge riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi si sono opposti al progetto di sterminio, ed al rischio della propria vita hanno salvato altre vite  e protetto i perseguitati". Sia il popolo ebreo che le popolazioni Rom e Sinti erano considerati rappresentanti di razze geneticamente inferiori tanto da esservi per i nazisti anche una  Zigeunerfrage (questione zingari) da risolvere con un'apposita legislazione discriminatoria che venne emanata nei confronti di quelle popolazioni e che alcune norme della stessa permasero in vigore in Germania fino alla fine degli anni settanta. Nei campi di sterminio furono uccisi tra 5,6 e 6,1 milioni di ebrei e tra 500.000 e 800.000 Rom e Sinti, corrispondenti al 50/80% di quelle popolazioni presenti nei territori occupati dai nazisti. La vicenda del Porrajmos (sterminio del popolo dei Rom/Sinti) non ha avuto un riconoscimento fino al 1994.

Con il supporto di tutti questi elementi chiediamo si possa pervenire ad una estensione dell'intitolazione del "giorno della Memoria" anche "al popolo dei Rom/Sinti e a tutte le vittime del nazifascismo".

Piove di Sacco 8 febbraio 2007                                                                               

                                                          In rappresentanza della comunità Rom e Sinta

                                        MIRKO EMILIO LEVAK

                                   ex deportato sopravissuto ad Auschwitz

 
Di Fabrizio (del 20/02/2007 @ 11:57:32, in Italia, visitato 1479 volte)

E' il 800.25.36.08 ed è gestito dal nucleo operativo ecologico dei Carabinieri

In molti campi nomadi si è diffusa l'abitudine di dar fuoco, ad ogni ora del giorno e della notte, a rifiuti di vario genere tra cui anche vecchi pneumatici.

Per arginare tale fenomeno ed il conseguente inquinamento atmosferico è possibile segnalare tali incendi al NUMERO VERDE: 800.25.36.08, già operativo da oltre 5 anni, del nucleo operativo ecologico dei Carabinieri che opera in sinergia con il Ministero dell'Ambiente, e che interverrà tempestivamente.
Il servizio è operativo oltre che a Roma anche su tutto il territorio nazionale.
19/02/2007

PS: Non per fare il guastafeste, ma a leggere il titolo avevo capito che si riferisse agli incendi che purtroppo funestano gli accampamenti tutti gli inverni.

 
Di Fabrizio (del 21/02/2007 @ 09:40:35, in Italia, visitato 1573 volte)

Dove abita la convivenza? Diritti e cittadinanza per le popolazioni Rom e Sinti nel comune di Milano e nella Provincia

Milano ha vissuto, negli ultimi mesi, l’ennesima drammatica storia di esclusione; vittime principali ancora una volta alcuni cittadini stranieri (con regolare permesso di soggiorno), ci riferiamo alla trentina di famiglie rumene, circa 70 persone, di cui la metà bambini, sgomberati dal campo di via Ripamonti. Anche in questo caso, come avvenne un anno fa per la vicenda dei rifugiati di via Lecco, si è dimostrata l’incapacità della città di Milano ad affrontare con intelligenza la questione dell’accoglienza e a governare l’emergenza con previdenza e con politiche di largo respiro, trasferendo semplicemente “il problema” sul vicino comune di Opera.

Molti errori sono stati commessi nella gestione di questa situazione: manca prima di tutto un orizzonte culturale e politico di riferimento che consenta di impostare delle politiche pubbliche di inclusione credibili ed efficaci.

Non si può rimandare oltre la questione della mancanza di strutture atte ad affrontare l’emergenza, ma soprattutto ad evitarla; teniamo a sottolineare che per fronteggiare queste situazioni non servono più risorse di quelle già a disposizione, ma serve investirle meglio, evitando la dispersione e lo spreco di denaro pubblico. In particolare le politiche dei “campi nomadi” e delle soluzioni abitative separate hanno dimostrato negli anni non solo la loro inefficacia, ma anche la sistematica violazione dei diritti umani dei loro ospiti, con il conseguente doloroso avvilimento della loro dignità.

Ci preoccupa in generale, l’apparente scomparsa di un dovere pubblico alla solidarietà, un diritto-dovere collettivo che appartiene alle Città e ai suoi cittadini. Sempre più spesso viene a mancare una cultura propria dell’accoglienza che sappia farsi carico anche delle contraddizioni esistenti, ma che trovi appunto nella solidarietà, e non nella paura, la chiave di lettura per la risoluzione di molte delle situazioni che si affrontano e si incontrano nelle città e soprattutto nelle metropoli come la nostra.

E’ necessario pensare ad un ampio intervento culturale, che possa modificare gli approcci delle amministrazioni, dei media, delle parti politiche e sociali di una città, ma che per primo possa arrivare ai cittadini come rassicurante percorso di conoscenza e approfondimento, capace di debellare luoghi comuni ed etichette sociali con efficacia e forza.

Teniamo a ricordare che quelli che comunemente chiamiamo “zingari” o “nomadi”, sono la minoranza etnico-culturale più discriminata d’Europa. Una discriminazione che si manifesta nella vita di tutti i giorni, nella scuola, sul lavoro, nella negazione del diritto ad un alloggio adeguato. Una discriminazione che arriva fino al rifiuto di riconoscere a questo popolo lo status di minoranza nazionale.

Di fronte al riconoscimento che gli uomini e le donne rom e sinti non sono più nomadi da molte generazioni, che i “nuovi arrivi” hanno alle spalle lunghe tradizioni di inserimenti abitativi tradizionali e che circa la metà della popolazione presente sul territorio nazionale ha la cittadinanza italiana, la nostra associazione invita il Comune, la Provincia di Milano, la Regione Lombardia, le Associazioni e i Partiti ad una riflessione e ad una scelta pubblica coraggiosa che vada verso il superamento della logica dei “campi nomadi” e di ogni forma di soluzione abitativa separata.

L’accettazione di un abitare inferiorizzato e di una condizione di cittadinanza separata e imperfetta per qualunque gruppo sociale, svilisce la stessa idea di cittadinanza e impedisce lo sviluppo di una nuova democrazia. A nessuna persona e a nessun gruppo può essere destinata una condizione di abitare inferiore o di ghettizzazione sulla base della sua provenienza, della sua cultura, della sua religione, della sua lingua, della sua condizione sociale.

Riteniamo che una nuova idea di cittadinanza debba legarsi strettamente ad una azione decisa contro ogni forma di segregazione e di subordinazione delle popolazioni che abitano la città e il territorio. Ciò è possibile solo attraverso la costruzione di percorsi di fuoriuscita dai campi e di inserimenti abitativi, condivisi e partecipati con le comunità (italiane e rom), attraverso un percorso che veda gli uomini e le donne rom partecipare attivamente alla costruzione di progetti di convivenza e promozione dell’autonomia, e non come soggetti passivi sottoposti ad una azione di tutela preventiva. Accanto a queste azioni riteniamo che sia urgente garantire a tutti coloro che mantengono uno stile di vita nomade, delle aree di transito provvisorie e temporanee attrezzate per garantire la dignità e l’accesso ai servizi, seppure per un tempo limitato.

Nell’attuale situazione di Milano e Provincia mancano completamente politiche di partecipazione dei cittadini (italiani e rom), che sappiano per tempo avviare percorsi, attivare risorse e risposte “dal basso”, per far emergere risposte collettive, pensate e mediate dal confronto e dallo scambio; in questo senso è stata estremamente significativa la chiusura del "Tavolo programmatico per il monitoraggio rom e ulteriori azioni" istituito dalla Provincia di Milano. Con questa scelta, anziché promuovere un coinvolgimento delle associazioni che operano con i Rom, nella speranza di allargare la rappresentanza alle stesse comunità presenti sul territorio, si va nella direzione opposta, escludendo l'associazionismo e il terzo settore dalla possibilità di partecipare alla definizione delle politiche nei confronti delle popolazioni rom e sinti.

A ciò si aggiunga che nelle politiche pubbliche i Rom e i Sinti sono quasi sempre assenti, manca qualsiasi forma di coinvolgimento reale nelle decisioni che li riguardano. Quello che accade, nella migliore delle ipotesi, sono parvenze di partecipazione, mentre le decisioni vengono prese altrove, da altri referenti. Nella peggiore, invece troviamo Rom e Sinti utilizzati come spauracchi o “capri espiatori” per mobilitare elettorati benpensanti, paurosi e razzisti.

Teniamo a precisare che una politica inclusiva, rispetto a quella contrassegnata da una logica di esclusione, non favorisce solamente chi in questa città è “nuovo cittadino”, ma accresce la qualità generale dell’abitare urbano, compresa la sicurezza di tutti i suoi cittadini; ciò è possibile soprattutto se si sposta l’accento sulla partecipazione anche rispetto al tema delicato della sicurezza, affinché questa non sia solo terreno di politiche poliziesche volte al controllo e alla repressione.

Di fronte alle discriminazioni subite da Rom e Sinti è lecito parlare di “razzismo istituzionale”? Se con questo termine indichiamo sistemi sociali che non riescono a confrontarsi adeguatamente con altri gruppi nazionali e / o etnico – culturali e che non promuovono riforme per attuare, oltre all’uguaglianza giuridica, l’uguaglianza di opportunità a parità di condizioni, allora ci troviamo di fronte a pratiche diffuse e radicate di razzismo istituzionale. A questo proposito ricordiamo che il Governo italiano è stato recentemente (24/04/06) richiamato dall’Unione Europea per violazione della Carta sociale europea revisionata in merito alle condizioni abitative di Rom e Sinti sul territorio italiano.

Riteniamo pertanto urgente e necessario che le istituzioni e le forze politiche del nostro territorio comincino una riflessione nei confronti delle minoranze rom e sinti partendo dal tema dei DIRITTI, confrontandosi con le “buone pratiche” sperimentate in passato dentro e fuori la Lombardia, con uno sguardo anche alla dimensione europea del fenomeno.

 
Di Fabrizio (del 22/02/2007 @ 12:06:03, in Italia, visitato 2628 volte)

A forza di essere vento.
Lo sterminio nazista degli zingari

SABATO 03.03.07
ore 20.00
cena rom macedone
15€ bevande incluse

ore 21.00 proiezione dvd

presso il circolo Arci Blob / 
via Casati 31, Arcore (MI). 039 61 69 13 info@arciblob.it
www.arciblob.it ingresso con tessera Arci

prenotazioni entro il 23.02

 
Di Fabrizio (del 27/02/2007 @ 10:20:59, in Italia, visitato 2525 volte)

Aflat è un Rom, viene dalla Romania, vive nel campo di via Triboniano, ha firmato il “Patto di legalità” e manda i suoi due figli a scuola, sperando che domani possano fare una vita diversa dalla sua

ascolta l'intervista ad Aflat

inoltre: intervista a don Colmegna

 
Di Fabrizio (del 01/03/2007 @ 09:37:52, in Italia, visitato 1707 volte)

26 febbraio 2007 | de Gabriela Mladin - da Roma Italia

[...] Circa 350 persone del villaggio rumeno di Rau de Mori, nella regione di Hunedoara, vivono in containers e roulottes alla periferia di Torino, ad 800 metri dal quartiere di Orbassano. Sette anni fa erano una decina; ma l'anno scorso un centinaio ha lasciato il villaggio in Romania ed il resto e si è unito al gruppo dopo l'ingresso nell'Unione Europea il 1 gennaio.

Nel villaggio di Rau de Mori vivono ora solo sei famiglie: gli anziani e quelli senza documenti.

I Rom nella colonia di Torino dicono di aver provato a cercare lavoro, ma non ci sono riusciti e così mendicano per sopravvivere.

Horia Munteanu e arrivato a Torino pochi giorni dopo aver celebrato il capodanno in Romania. "Ho preso la mia famiglia e sono arrivato qui, dove c'erano già dei nostri parenti. Viviamo assieme, come facevamo a casa, soltanto meglio. Anche se siamo lontani da casa, non ci siamo dispersi, siamo tutti in un posto. Sarei arrivato anche prima, ma non avevo il passaporto. Così, la differenza è stat che dopo il 1 gennaio abbiamo potuto arrivare in Italia con la carta d'identità. Siamo in 350 qui, tutti da Rau de Mori," dice Munteanu.

Patru Gaman spiega che: "La gente [in Romania] viveva della sicurezza sociale. Ma come si può vivere con 80 lei, 23 euro al mese!? Elemosinando agli angoli delle strade ricaviamo oltre 60 euro al giorno."

Il guadagno medio dall'elemosina parte da circa 30 euro al giorno, che portano i Rom a concludere che gli Italiani sono più generosi dei Rumeni.

"Siamo arrivati qui credendo che ci fosse lavoro per noi, ma nessuno ci ha cercato, così mendichiamo agli angoli delle strade. Gli Italiani sono brava gente, ci danno dei soldi, non come la gente a casa. Anche polizia e carabinieri sono bravi. Vengono ogni volta a controllare se qui abbiamo roba rubata, ma poi ci lasciano stare," spiega Ion Lega.

Nell'accampamento vicino a Torino, c'è chi sta meglio degli altri. Alcuni vivono in case mobili che hanno acquistato a 300 euro, altri preferiscono risparmiare per un container a  metà di quel prezzo. Il problema dell'energia elettrica è stato risolto collegandosi al sistema di illuminazione pubblica. L'acqua viene rifornita con contenitori, riempiti in città. [...]
 

 
Di Fabrizio (del 06/03/2007 @ 09:31:52, in Italia, visitato 2162 volte)

Cari amici,

le adesioni raccolte dall’appello contro il “patto di legalità” che abbiamo promosso come singoli cittadini ci incoraggiano a pensare che sia possibile andare oltre la visione del problema rom come un problema di segregazione e di intervento meramente emergenziale. D’altro canto manca, nel nostro Paese, non solo una cultura che superi il pregiudizio ma anche una legislazione che riconosca i rom come minoranza portatrice di una propria cultura, una propria lingua, un modello di convivenza e socialità diverso dal nostro. Per superare la polemica, pur necessaria e utile, contro il “patto di legalità” proponiamo di incontrarci per uno scambio di opinioni, per una informazione sullo stato delle cose a Milano e provincia e per un aggiornamento sui lavori della commissione interministeriale istituita per i rom con l’obiettivo di preparare una iniziativa pubblica che porti il dibattito sul terreno per noi fondamentale del riconoscimento di questo popolo.

Per questo proponiamo di incontrarci lunedì 12 marzo alle ore 18 presso CHIAMAMILANO in largo Corsia dei Servi 11 (alle spalle di corso Vittorio Emanuele).

Paolo Cagna Ninchi

corso di Porta Ticinese 48

20123 MILANO

Tel.: +39.0258101910 - 3391170311

In allegato una nota dell’Opera nomadi

PARTECIPA ALL'INCONTRO DI LUNEDI' 12 MARZO ORE 18,00

Cercare di ragionare sulle politiche locali nei confronti delle comunità stanziali di rom e sinti significa spesso inoltrarsi in un labirinto di pratiche discriminatorie striscianti, talvolta anche da parte di poteri pubblici che dovrebbero essere invece garanti dell'universalismo dei diritti.

Dopo un lungo periodo in cui rappresentanti delle istituzioni milanesi e della casa della carità hanno parlato sui media, in una sorta di monologo, della necessità di stipulare un “patto di legalità e socialità” con i rom rumeni dei campi di via Triboniano ed Opera, eccoli ora proporre di estendere nel prossimo futuro questo ipotetico “modello” di comportamento agli altri insediamenti abitati dai rom e sinti italiani, serbi, bosniaci, kosovari.

Ce lo aspettavamo.

Il fastidio e l'irritazione un po' scomposta che hanno accompagnato la reazione di alcuni politici e opinion leaders alle nostre critiche e argomentazioni, non hanno peraltro offerto una risposta convincente nel merito di politiche che rischiano di essere discriminanti sul piano del diritto o fin troppo logore e condizionate da interventi di solo carattere emergenziale.

Cioè senza prospettive di più ampio respiro.

Difficile dunque capire perché non si debba continuare a discutere sulle conseguenze e le implicazioni della varie possibili scelte senza sottostare alla spada di Damocle di un'accusa davvero ingiusta che ci siamo sentiti rivolgere, cioè di “indebolire” la sinistra impegnata a difendere le politiche per i Rom del centro destra al governo a Milano.

Opera Nomadi Milano

 
Di Fabrizio (del 07/03/2007 @ 09:45:55, in Italia, visitato 4074 volte)

Da Roma_Italia

Marina Galati

Il lavoro avviato dalla Comunità Progetto Sud per favorire l’inclusione di un gruppo soggetto ad esclusione e stereotipi

Tra i cittadini di Lamezia Terme vi sono circa 700 persone di etnia rom.
Presenti da più di sessant’anni, per la maggior parte nati in questa città, solo alcuni in altri paesi della Calabria. Ovviamente parliamo di rom stanziali, residenti da sempre nella nostra comunità.
Anche nella nostra città la popolazione di etnia rom è vissuta tra ostilità ed emarginazione.
I primi insediamenti sono stati baraccopoli messe insieme alla meglio e autorizzate anche grazie al numero ridotto di rom ospitati. Relegata in un campo dal 1982, indicato inizialmente come “sistemazione provvisoria”, la popolazione rom si è trovata ad essere confinata – circondata materialmente da un muro di cinta alto circa 4 metri – ed esclusa dalla vita della città.
La questione rom anche a Lamezia Terme viene affrontata con le stesse modalità di altri contesti territoriali: cittadini che protestano per la loro vicinanza e amministratori che si trovano stretti tra il bisogno di garantire l’ordine pubblico e il non scontentare i propri elettori. Ogni volta che viene individuato un rione in cui trasferire il campo nomadi, la popolazione insorge e tutto ricomincia. La maggior parte dei rom ancora oggi vive nel campo. Le istituzioni che fino ad ora si sono “interessate” ai Rom hanno affrontato il problema come se fosse temporaneo, senza accorgersi che ormai questo popolo è definitivamente stanziale nel territorio lametino e che ogni rom è, a pieno titolo, cittadino italiano.
A Lamezia Terme, tra le discussioni della gente e sulla stampa locale, è diffusa l’opinione che i rom rimangano “sempre uguali”, sostanzialmente un problema. Eppure in questi anni tantissime vicende dimostrano i significativi cambiamenti avvenuti e l’avvio di processi che hanno apportato profonde trasformazioni nella comunità stessa.
Il lavoro costante dell’Associazione “La strada” per l’inserimento dei rom a scuola e l’educazione sanitaria, le attività della cooperativa sociale “Ciarapanì” per la creazione di lavoro per e con i rom hanno innescato visibili processi di integrazione.
A differenza di prima, oggi bambini e bambine rom vanno a scuola, giovani rom lavorano in cooperativa, ragazzi e ragazze rom crescendo hanno messo su famiglia e diversi altri di loro hanno trovato casa fuori dal campo andando ad abitare in case popolari o in affitto.
Tanti bambini e bambine lametini hanno avuto per compagni di classe un rom. Nelle vie della città di Lamezia si vedono lavorare i rom della cooperativa “Ciarapanì” mentre svolgono il servizio di raccolta differenziata “porta a porta”. Ed altri giovani rom lavorano nel comparto ortofrutticolo; alcune ragazze lavorano presso bar e ristoranti. Nella vita quotidiana rom e “italiani” si ritrovano insieme in tante attività ed esperienze comuni: dalla spesa nei supermercati e nei negozi alle file in posta, nei ricoveri in ospedale. Al matrimonio di uno dei soci rom della cooperativa “Ciarapanì” eravamo in tanti: i parenti venuti da tutta la regione, i compagni del circolo sportivo, gli amici della squadra di calcio, i vicini di “campo”, i colleghi di lavoro e tante altre persone, “chi rom e chi no”. Un matrimonio come tanti altri, un evento normale tra mille eventi normali.
Allora ci siamo chiesti: ma bastano la scuola, la casa, il lavoro per riconoscersi ed essere riconosciuti cittadini? La cittadinanza la si ottiene soltanto quando si gode dell’accesso ai diritti essenziali come quelli civili e sociali?
La sedentarietà di questi cittadini rom non vuol dire automaticamente cittadinanza, perché forse la cittadinanza è un portato culturale molto più complesso. Crediamo che si è cittadini e si è integrati non solo quando si gode dell’accesso ai diritti essenziali (come la scuola, la sanità) ma anche quando si può partecipare attivamente alla produzione di cultura e di senso. Lo spazio per la parola, la possibilità di negoziare il proprio ruolo sociale, la propria identità culturale, i propri progetti, sono fondamentali per una convivenza reale tra culture ed identità plurime.
L’integrazione è un processo, non può essere uno schema, un principio generico, e va quindi continuamente nutrita di fatti concreti.
Le domande che ci siamo posti all’interno di un gruppo di persone, tra cui alcuni di etnia rom, ci hanno condotto ad avviare un percorso nella città e con la città.
Da più di un anno abbiamo avviato una ricerca-azione con il coinvolgimento diretto di persone rom nel lavoro di rilevazione, elaborazione ed interpretazione dei dati. Ciò ci ha permesso innanzitutto di conoscere dati e fenomeni concreti relativi a questa popolazione, informazioni che aiutano a modificare delle rappresentazioni costruite a volte sui pregiudizi e sulla non conoscenza. Dati che sfatano anche alcuni immaginari. Ad esempio, in questi mesi più volte abbiamo posto a persone diverse la domanda: “Quante persone ritenete che vivano al campo rom?”. Nessuno mai si è avvicinato al dato reale, quasi tutti hanno sovradimensionato la presenza dei rom nella nostra comunità.
Abbiamo cosi promosso un laboratorio di cittadinanza coinvolgendo diversi soggetti della comunità locale, tra cui rappresentanti delle circoscrizioni dei quartieri in cui risiedono i rom, alcuni gruppi scout, le parrocchie, la Caritas, associazioni giovanili, presidi delle scuole, rappresentanti di associazioni di categoria. E, soprattutto, abbiamo dato inizio ad un percorso in cui siano le persone rom a prendere la parola e raccontarsi in prima persona in quanto cittadini di Lamezia.
Sono stati strutturati percorsi di empowerment con adolescenti e giovani rom da cui è scaturita una lettera indirizzata ai giovani coetanei lametini, costruita con il metodo della scrittura collettiva. Questa è stata un’occasione di incontro con piccoli gruppi di coetanei, nelle scuole, nelle associazioni, nelle parrocchie per discutere insieme i contenuti della lettera.
Il video documentario “Dal campo al lavoro” è nato come lavoro di inchiesta sociale volta ad indagare la situazione socio-lavorativa all’interno della comunità rom a Lamezia.
L’inchiesta è stata costruita attorno alla raccolta di alcune video-testimonianze significative fatte a persone rom, sia giovani che anziane, sia uomini che donne, residenti all’interno del campo o al di fuori di esso. Le interviste hanno permesso di ricostruire soprattutto dei percorsi individuali di vita lavorativa ed esperenziale. Il video è divenuto anch’esso strumento per interloquire con gli altri cittadini non rom della città.
Insieme ad un esperto di etnopsichiatria abbiamo creato un gruppo-parola con donne e giovani rom ed i mediatori sociali che operano con loro. L’intento è proprio quello di ascoltare ed interrogarsi sulle dimensioni dell’esistenza e cogliere quegli aspetti culturali ed identitari che provengono da altri territori di esperienza e da altri contesti culturali.
Difatti abbiamo creato un “cantiere” dove si continuano ad aprire spazi di parola ed espressione per riflettere insieme. Il processo messo in atto vuole riconoscere i cittadini rom come soggetti ed interlocutori (di diritti e di doveri) insieme agli altri abitanti di questa città per trovare congiuntamente le soluzioni ai problemi che oggi bloccano, frammentano, dividono. Ci preme creare luoghi e spazi in cui facilitare comunicazioni, negoziazioni tra interessi diversi per perseguire obiettivi e soluzioni che ci aiutino a vivere e a realizzare sempre più integrazione reale nella vita sociale della nostra comunità. È un processo di crescita diffusa di cui la città ha bisogno.

 
Di Fabrizio (del 10/03/2007 @ 14:21:34, in Italia, visitato 1748 volte)

Ricevo da Mariagrazia Dicati, con richiesta di diffusione

Continuano inesorabili gli sgomberi dei campi nomadi, senza che ci sia un chiarimento e una programmazione sulla loro destinazione.
7 marzo 2007 - Blitz degli agenti della polizia municipale dell'ottavo gruppo, stamani intorno alle 9.30, nel campo nomadi abusivo di Ponte di Nona, in via don Primo Mazzolari a Roma.
L'intervento, spiegano gli uomini del Gruppo comandato da Antonio Di Maggio, si è reso necessario anche dopo le proteste del comitato di quartiere che nei giorni scorsi aveva anche fatto un blocco stradale per attirare l'attenzione sul problema; dei genitori degli alunni della scuola elementare e media che si trova sulla stessa via e dei proprietari di alcuni cantieri che nelle scorse settimane aveva subito numerosi furti.
La polizia municipale sta predisponendo la bonifica della zona su cui si erano insediati i nomadi.

Intanto c’è chi invece si sta mobilitando tempestivamente per un rifiuto netto dei campi nomadi. Viterbo: "No ai campi nomadi” invito alla mobilitazione.

7 marzo 2007 Viterbo - Il presidente del Movimento "insieme per il territorio", Michele Bonatesta dice: Il modo in cui Veltroni e Serra stanno cercando di risolvere i problemi di Roma è semplicemente vergognoso. Basta leggere un’agenzia del 1 marzo scorso, quando il Prefetto di Roma si lamenta “dell’egoismo di chi non vuole accogliere i nomadi romani in altri comuni… ” anche se non può fare a meno di esternare alcuni altri aspetti del problema-rom.

E’ un fiume in piena Michele Bonatesta, la notizia che alcuni Comuni del Viterbese sarebbero già stati individuati come possibili “ospiti” per i nomadi sfrattati da Roma dal sindaco Veltroni.
Il bubbone ora è scoppiato? Se lo tengano e individuino la cura senza “contagiare” altri territori che fanno di tutto per restare nei limiti della sicurezza e dell’ordine pubblico.
Questo è il tasto da battere e se qualcuno non dovesse sentirsi in grado di garantirci questo, si dimetta o chieda il trasferimento, a seconda del ruolo che ricopre nel nostro territorio.


A Frosinone sono già scesi in piazza. Noi siamo ancora allo stadio delle chiacchiere ma, quel che è peggio e che lascia presagire il peggio, è che qualcuno si sta mostrando disponibile al dialogo ed alla trattativa. Noi, invece, diciamo (come già lo dicemmo il 17 gennaio scorso) “NO”, senza se e senza ma!”.

9 marzo - "Come annunciato nei giorni scorsi prosegue l'opera di riqualificazione del Comune di Roma. L'intervento effettuato questa mattina a Villa Troili restituisce dignita' alle persone che vivevano in condizioni disagiate e garantisce ai cittadini della zona maggiore sicurezza e decoro urbano per una migliore qualita' della vita".
Cosi' il sindaco di Roma, Walter Veltroni, commenta l'avvenuto sgombero del campo nomadi di Villa Troili.

Il Sindaco di Roma Walter Veltroni precisa: "Le persone che ci vivevano saranno accolte nei centri di accoglienza del Comune di Roma. Con questo trasferimento il campo, creato nel 2001 a seguito di un'ordinanza prefettizia, e' definitivamente chiuso e l'intera area sara' bonificata e restituita alla citta'".
"Anche questa volta le operazioni di sgombero si sono svolte nella massima tranquillita, grazie alla collaborazione della polizia municipale, delle forze dell'ordine, della protezione civile e delle associazioni che assistono i rom.
Un'operazione che, si aggiunge a quelle gia' effettuate nel corso di questi anni, dal 2001 sono stati sgomberati 30 campi e insediamenti abusivi presenti nella citta'".


La prima domanda è: Che fine hanno fatto le persone sfrattate dai 30 campi nomadi?
I nostri timori che dallo sgombero di "campi nomadi" nascano un numero maggiore di "piccoli campi nomadi", legali ed abusivi, è fondato, e questo accade per l'assenza di UNA SCELTA POLITICA ABITATIVA per Rom e Sinti.
Oppure forse dobbiamo credere che non si voglia uscire concretamente dall'ottica distruttiva del campo nomade?

Questo Governo aveva promesso maggiore attenzione alla questione Rom, e mentre si discute nei diversi tavoli Ministeriali, la realtà Rom diventa drammatica passando "dalla padella alla brace".

Non è arrivato il momento che TUTTE le organizzazioni pro rom/sinti facciano sentire PUBBLICAMENTE e con forza la propria voce?

 
Di Fabrizio (del 19/03/2007 @ 09:51:10, in Italia, visitato 1550 volte)

Arci Lombardia - CGIL Lombardia organizzano

Giovedì 22 marzo ’07

 Camera del Lavoro di Milano,

C.so di P.ta Vittoria, 43 - sala De Carlini

 

Ore 20.30 presentazione del libro

Cittadinanze Imperfette.

Rapporto sulla discriminazione razziale di rom e sinti in Italia

(a cura di Nando Sigona e Lorenzo Monasta)

 Con Nando Sigona, attivista di OsservAzione e ricercatore presso il gruppo di ricerca su Sviluppo e Migrazioni Forzate (DFM) della Oxford Brookes University (UK).

Rom e sinti, quelli che comunemente chiamiamo "zingari" o "nomadi", sono la minoranza etnico-culturale più discriminata d’Europa. Come documentano i numerosi casi riportati in questo volume, anche in Italia questo popolo è oggetto di discriminazione in molti ambiti, in molti modi e da parte di diversi soggetti, talvolta anche istituzionali.

 Ore 21.30 presentazione del documentario

SUSPINO. UN GRIDO PER I ROM, di GILLIAN DARLING KOVANIC (2006)

Il documentario offre uno sguardo sulla persecuzione che affligge la minoranza europea più numerosa e umiliata. Con la caduta del comunismo e il rafforzamento del nazionalismo di destra, i rom sono diventati il capro espiatorio delle nuove democrazie dell'Est Europa. A causa di violenti conflitti e discriminazioni, decine di migliaia di rom dell'Europa Orientale scappano dai loro Paesi. Questo video parla della Romania, dove la più grande concentrazione di rom in Europa è considerata 'nemico pubblico'. E parla dell'Italia, dove i rom sono considerati nomadi e relegati a vivere nei campi, negando loro i diritti umani fondamentali concessi ai rifugiati e ai cittadini stranieri.

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