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\\ Mahalla : VAI : Europa (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 17/01/2010 @ 09:18:43, in Europa, visitato 1711 volte)

15 gennaio 2010
Germania: il nuovo Ministro all’Immigrazione vuole più impiegati pubblici di origine immigrata.
Boehmer: insegnanti, educatori, poliziotti e impiegati della pubblica amministrazione che conoscano l’esperienza di migrazione senza però stabilire quote.

Il Governo tedesco intende aumentare le assunzioni di cittadini di origine straniera nel servizio pubblico, senza tuttavia arrivare a fissare quote. È quanto ha dichiarato al quotidiano Rheinische Post il ministro alla Cancelleria con delega all’Immigrazione, Maria Boehmer (Cdu), secondo cui anche nel servizio pubblico bisogna tener conto del fatto che un abitante su cinque della Bundesrepublik proviene da esperienze migratorie dirette o della famiglia.

"Abbiamo urgentemente bisogno di più insegnanti ed educatori con un passato da migrante", spiega la signora Boehmer, sottolineando che ciò deve valere anche per le forze di polizia, i vigili del fuoco e gli impiegati delle amministrazioni comunali. In una comunicazione ufficiale il Ministro ha tuttavia precisato che "stabilire quote è fuori discussione”. La proposta del Ministro ha ricevuto l'immediato appoggio del presidente del sindacato di polizia, Konrad Freiberg, secondo il quale le forze dell'ordine hanno fatto finora buone esperienze con l'assunzione nei loro quadri di migranti. Dello stesso avviso si è detto Josef Kraus, presidente dell'Associazione degli insegnanti tedeschi, per il quale un accresciuto numero di insegnanti di provenienza extracomunitaria contribuisce ad una migliore integrazione degli studenti con analoga origine e serve anche da modello di ascesa sociale.

(Red.)

 
Di Fabrizio (del 20/01/2010 @ 09:29:32, in Europa, visitato 1448 volte)

Da Romanian_Roma (per ulteriori informazioni, cercare nel blog Guardia Ungherese o Magyar Garda)

[...]

Nell'agosto 2009 Gabor Vona, il presidente del partito ungherese ultra-nazionalista JOBBIK, prese parte ad un campo giovanile organizzato dalla Gioventù Ungherese in Transilvania. La partecipazione di un estremista ungherese ad un evento organizzato in Romania è stata trattata con indifferenza dalle autorità rumene. Allora MCA espresse preoccupazione su questa apparizione ed il suo futuro impatto, ma non si fece niente, né da parte delle autorità, né da parte dell'UDMR, il partito rappresentante la minoranza ungherese di Romania, partito che partecipa al governo appena formato.

Il 12 gennaio 2010, il giornale "Adevarul" informava i lettori sul "Plutonul Secuiesc", una divisione del battaglione "Wass Albert", parte della "Guardia Ungherese", gruppo paramilitare estremista che ha esteso la sua attività in Romania.

La procedura di reclutamento del "Plutonul Secuiesc", come presentato da "Adevarul", include elementi che indicano chiaramente la natura paramilitare di questo gruppo che si sta sviluppando in Romania: domande come "hai servito nell'esercito?", "pratichi sport estremi?", "qual è il tuo grado militare e in quale corpo hai militato?", fanno parte del questionario che i richiedenti devono compilare.

In conclusione. un nuovo soggetto si è aggiunto ai gruppi esistenti estremisti, nazionalisti, anti-democratici in Romania. Questo è un gruppo controllato e formato da un'entità politica straniera, un gruppo che in Ungheria è stato dichiarato illegale. Facciamo appello alle autorità rumene di agire rapidamente e con decisione nel prendere tutte le misure necessarie a bloccare il trasferimento di attività illegali, razziste, ultra-nazionaliste sul suolo rumeno.

Maximillian Marco KATZ and Alexandru Florian
The Center for Monitoring and Combating AntiSemitism in Romania (MCA)

 
Di Fabrizio (del 21/01/2010 @ 09:33:47, in Europa, visitato 1545 volte)

Da British_Roma (vedi anche QUI)

By Brian Lovett

13/01/2010 - Una strategia di relazioni comunitarie che affronti il razzismo nell'area del Village è [stata lanciata] dal sindaco onorario a Belfast venerdì 15 gennaio.

Il progetto di alcuni gruppi locali nacque inizialmente in risposta agli attacchi razzisti dell'anno scorso contro Rom e Polacchi, durante i quali alcuni Rom furono forzati a fuggire dalle loro case.

La strategia, coordinata dal Greater Village Regeneration Trust (GVRT) e dal Village Focus Group, sottolinea un impegno allo sviluppo di relazioni comunitarie nell'area per i prossimi tre anni.

Lo scopo è sviluppare una strategia che renda il Village "un posto più armonioso dove vivere" e "disinnescare le tensioni razziste e prevenire ulteriori attacchi/intimidazioni".

La strategia è stata sviluppata attraverso un processo consultivo che ha coinvolto un'indagine della comunità per campionare le opinioni e vasta consultazione con i soggetti chiave.

Paula Bradshaw, direttrice di GVRT, ha detto che il gruppo ha iniziato a lavorare nello sviluppare lo schema, sin da quando gli attacchi hanno avuto luogo.

"La ragione per cui siamo arrivati ad una strategia formulata è perché abbiamo capito che c'era una sfida enorme," ha detto. "Detto questo, crediamo che quanti esprimeranno punti di vista razzisti nel Village saranno sempre meno in futuro. Ma avevamo bisogno di una robusta strategia per affrontare questi temi."

[...] GVRT avrà l'appoggio della Northern Ireland Housing Executive attraverso il programma del Vicinato Condiviso.

 
Di Fabrizio (del 22/01/2010 @ 09:36:36, in Europa, visitato 1611 volte)

Segnalazione di Paolo Ciani

Budapest (Ungheria): "Zingari, europei senza patria". Un convegno all'Accademia della Scienze, promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, raccoglie le voci solidali con il popolo rom

La Comunità di Sant’Egidio dell'Ungheria promuove un convegno dal titolo: “Zingari: europei senza patria”, il 22 gennaio, all’Accademia delle Scienze di Budapest.

L'iniziativa nasce dall'esigenza di reagire alla serie di attentati compiuti in Ungheria negli ultimi due anni contro gli zingari, esprimendo la vicinanza al dolore delle vittime, contro il pregiudizio e la violenza verbale e fisica, che feriscono tragicamente non solo i loro bersagli, ma anche i loro portatori e la società nel suo insieme.

La Comunità di Sant’Egidio ha inteso così raccogliere le voci solidali con la popolazione rom, e offrire le motivazioni per opporre alle derive antigitane una vera cultura dell’accoglienza e della dignità della persona, insieme a piste di integrazione.

Al convegno intervengono, tra gli altri: Péter Szőke, responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Ungheria e funzionario del Ministero degli Affari Esteri; Katalin Katz, della Hebrew University, Jerusalem, esperta di prestigio internazionale dell’olocausto dei rom; Ceija Stojka, scrittrice rom di nazionalità austriaca, sopravvissuta all’olocausto; János Ladányi, dell'Università Corvinus di Budapest; mons. Marco Gnavi, della Comunità di Sant’Egidio; mons. János Székely, vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest, responsabile della Conferenza episcopale ungherese per la pastorale degli zingari e una rom ungherese, madre e nonna di due zingari uccisi lo scorso anno a Tatárszentgyörgy.

 
Di Fabrizio (del 26/01/2010 @ 09:43:51, in Europa, visitato 2062 volte)

Da Roma_Benelux

Ginevra potrebbe forzare i bambini rom ad andare a scuola - Christian Lecomte

L'associazione di difesa dei Rom teme una messa sotto tutela

Ormai i bambini rom dovranno passare le loro giornate sui banchi di scuola invece che mendicare davanti ai grandi magazzini? Questa sembra la volontà delle autorità ginevrine. Scandalizzato dal rischio di vedere dei bambini morire di freddo per le strade di Ginevra, il consigliere amministrativo (socialista) Manuel Tornare in un primo tempo si era felicitato che i suoi servizi avessero aperto un rifugio notturno per questi bambini e le loro madri. Misura di protezione salutare che però ha avuto il dono di irritare una parte della classe politica - destra e sinistra insieme - , che teme che tutto si limiti ad "una bolla d'aria".

Sotto lo sguardo di James Fazy (nota ndr)

Manuel Tornare ora va oltre, volendo aprire loro le scuole ginevrine. "Nel paese di James Fazy, si deve assolutamente difendere il principio dell'istruzione, che è il mezzo migliore per uscire dalla miseria", dichiara. Essendo la questione di competenza cantonale, Charles Beer, consigliere di stato in carico al Dipartimento dell'istruzione pubblica (DIP), proporrà una comunicazione in questo senso mercoledì mattina al Consiglio di Stato.

Il capo del DIP, che venerdì scorso si è già intrattenuto a questo proposito con Isabel Rochat, consigliera di stato in carico al Dipartimento della sicurezza, della polizia e dello sviluppo, cosicché i servizi ai minori obblighino i minori ad andare a scuola.

I metodi ed i mezzi al momento non sono ancora conosciuti. Ma garantiamo che sarà arduo convincere le famiglie rom che mendicano per strada a "lasciare" i loro piccoli. "Si deve ai minori la protezione di un'istruzione," sostiene Charles Beer. Ed idealmente, "se sono presenti in maniera stabile a Ginevra, questi bambini devono essere scolarizzati. Ma so che, statisticamente, sarà difficile trovarne anche uno solo, perché i loro genitori non vogliono."

D'altra parte, il consigliere di stato che evoca possibili casi di maltrattamenti, vedendo questi bambini che vivono per strada in pieno inverno, parla di attivare la clausola di pericolo che può condurre al sequestro del bambino, "che sia rom o di qualsiasi altra origine".

Una minaccia giudicata "grave" dall'avvocato Dina Bazarbachi, dell'associazione Mesemrom, che difende i Rom a Ginevra. "Tutto ciò non serve a niente," dice. "Questa gente è qui solo di passaggio, non vivono qui. Se c'è una soluzione, è da trattare a livello rumeno ed in scala europea. E questi bambini non sono maltrattati, non sono in pericolo. La notte, sono al riparo, e strutture diarie possono accoglierli. Agitare il tema del pericolo, significa abbassare la guardia ed imporre una misura tutelare, cosa che è inaccettabile."

"Strumenti di mendicità"

L'eletto liberale al Gran Consiglio, Olivier Jornot, che è all'origine della legge cantonale contro la mendicità, da parte sua si felicita che ci sia una riflessione generale sui Rom perché, afferma, "questo inverno il loro numero sta crescendo. La clausola di pericolo, che permette l'intervento dei servizi sociali, è una buona cosa, perché questi bambini utilizzati come strumenti di mendicità non abbiano da noi posto sulla strada" .

Riguardo la loro scolarizzazione, il deputato ci tiene a porre un limite: "C'è una situazione paradossale: questi non sono immigranti, non sono installati da noi. Scolarizzarli, significherebbe incatenarli a Ginevra e questo non ha alcun senso per queste popolazioni. Il rischio è anche di vedere questi bambini confrontati ad un altro modo di vita ed essere rifiutati dalla loro stessa comunità."


Allegato: da Roma_Francais

ASSOCIATION MESEMROM
4, rue Micheli-du-Crest,
1205 Genève
contact@mesemrom.org

Lettera aperta al Consiglio di Stato della Repubblica e al Cantone di Ginevra

Ginevra, 21 gennaio 2010

Signor Presidente del Consiglio di Stato, Signore e Signori Consiglieri di Stato,

La presente fa seguito alla pubblicazione del vostro comunicato stampa di ieri, annunciante che il Consiglio di Stato incarica la polizia di interrogare e trattenere i mendicanti accompagnati da bambini o i mendicanti minori, di segnalare questi casi al Servizio di Protezione dei minori (SPMi), di condurre i minori con o senza i loro genitori in seno a questo servizio, che potrà pronunciarsi su una clausola di pericolo, cioè il ritiro immediato della patria potestà da parte dei loro genitori e l'adozione del minore da parte del servizio.

L'associazione MESEMROM intende denunciare vivamente queste misure incisive ed ingiuste prese contro i Rom di passaggio a Ginevra con i loro bambini.

Ci indigniamo che il Consiglio di Stato non abbia appreso le lezioni della storia, tornando sui passi della Pro Juventute, più precisamente quelli dell'Oeuvre des enfants de la grande route che ha imperversato dal 1926 al 1973.

Bisogna ricordare che sotto la copertura d' una motivazione sociale, centinaia di bambini zigani sono stati, all'epoca, strappati alla loro famiglia e messi in famiglie di accoglienza. Le attività dell'Oeuvre des enfants de la grande route sono state unanimemente qualificate in seguito come un genocidio culturale.

Deploriamo anche che questa decisione del Consiglio di Stato sia stata presa dall'alto senza alcuna concertazione con gli attori della società civile vicini alla popolazione interessata.

Partendo senza dubbio da buoni sentimenti, urta tuttavia il senso comune nella misura in cui si torna ad una nuova misura discriminatoria ed arbitraria che colpisce una popolazione che vive, in mancanza di interventi nazionali ed internazionali efficaci, in condizioni di precarietà e di miseria estreme.

Ricordiamo che i Rom mendicanti a Ginevra non soggiornano nella nostra città che per una durata molto limitata. Se vivono senza casa e lavoro, non è certo per una scelta deliberata. L'emigrazione, accompagnata dalla mendicità, costituisce un atto di sopravvivenza in risposta alle discriminazioni (tra cui l'accesso al mercato del lavoro) di cui sono vittime i Rom, soprattutto in Romania.

E' nel contesto delle istruzioni che voi avete data che questa mattina, alle 6.30, dei poliziotti del posto di polizia della Sevette sono all'intervenuti all'Armée du Salute ed hanno portato via tre bambini di 9, 6 e 3 anni, mentre stavano dormendo e si trovavano al sicuro con la loro madre.

Malgrado i nostri interventi nel corso della giornata, non abbiamo potuto sapere cos'era accaduto a quella madre e ai suoi bambini, mentre il loro padre è alla disperazione e non possiamo rispondere alle sue legittime domande.

In maniera più generale e forte di una visione pragmatica, chiediamo alle autorità ginevrine di precisare l'obiettivo reale - che non può essere un nuovo mezzo per tentare di escluderli dalla nostra città - e di esporre il seguito delle misure che si propongono, queste non che si possono riassumere a trattenere/detenere bambini o genitori.

Se le nostre autorità sperano, con un certo candore, di assicurare condizioni di vita ed un'educazione appropriata a questi bambini, converrà accordare loro il diritto ad un soggiorno a lungo termine, assieme ai loro genitori, cosa che presuppone anche alloggi e possibilità di lavoro.

Una volta di più, chiediamo l'attenzione delle autorità sul fatto che misure coercitive, come le sanzioni penali, non porteranno in nessun caso una soluzione ad una problematica legata alla miseria, che non può essere risolta che con la collaborazione attiva e positiva, sul posto, delle autorità dei paesi d'origine dei Rom che si trovano a Ginevra.

Solo con interventi politici efficaci, e appoggi finanziari, sul posto, mirati allo sradicamento delle ingiustizie sociali e delle discriminazioni in questo paese, che le autorità ginevrine contribuiranno perché questi bambini rom possano, a breve, essere scolarizzati e beneficiare dei frutti dell'istruzione.

Formuliamo infine il desiderio che la storia oscura della Svizzera non si ripeta con questa ultima presa di posizione che dispiega effetti di una ingiustizia inaccettabile e i cui aspetti pratici ed il seguito a lungo termine ci lasciano allibiti.

Vi ringraziamo per l'attenzione che porterete alla presente, vi preghiamo di credere, Signor Presidente del Consiglio di Stato, Signore e Signori Consiglieri di Stato, all'assicurazione della nostra alta considerazione.

Pour MESEMROM
Doris Leuenberger, Membre du comité
Dina Bazarbachi, Présidente

 
Di Fabrizio (del 02/02/2010 @ 09:43:17, in Europa, visitato 1500 volte)

Da Roma_Francais

Lettera aperta

Nuova espulsione di due Rom rumeni ed OQTF (obbligo a lasciare il territorio ndr) a Saint-Martin d'Hères il 27 gennaio 2010.

Alcune famiglie rumene con bambini hanno trovato rifugio in un edificio abbandonato situato in avenue Gabriel Péri à St. Martin d’Hères (Isère). Tentano di sopravvivere con la speranza di ottenere un lavoro legale, un impiego che garantirebbe loro dei diritti. Queste famiglie sono seguite quotidianamente dall'associazione Roms Action nell'agglomerato di Grenoble.

Nel giugno 2009 un raid illegale della Polizia s'è concluso con l'arresto di un padre di famiglia considerato come "il patriarca" (che non è) e di un dipendente di Roms Action che svolgeva il proprio lavoro. Sono stati rilasciati poco dopo, perché non c'era nessun motivo per trattenerli.

L'11 gennaio 2010 alle 7.00 del mattino, dei gendarmi sono andati al medesimo luogo per arrestare due uomini, che sono stati direttamente inviati al centro di detenzione di Lione e reinviati via aerea in Romania. Nel contempo le forze dell'ordine hanno confiscato i documenti (carta d'identità e passaporto) a 3 adulti e 2 bambini, promettendo loro di ridarli l'indomani. Il 13 gennaio i documenti non erano ancora riapparsi. Roms Action ha accompagnato gli interessati nella ricerca dei loro documenti d'identità: la polizia ha ammesso che la confisca dei documenti d'identità è illegale. Per contro, non hanno accettato un reclamo contro ignoti per furto di documenti. I documenti in questione sono riapparsi solo il 14 gennaio.

Il 21 gennaio alle 6.00 di mattina, i gendarmi hanno visitato ancora una volta l'edificio ed hanno arrestato una donna, che è stata reinviata in Romania con l'aereo.

Il 27 gennaio, di mattino presto, tre camionette della Gendarmerie accompagnate da una macchina della BAC (Brigate Anti Criminalità ndr) e da un'interprete si sono ripresentate allo stesso indirizzo.

Dopo un controllo sommario del luogo (dentro gli armadi e sotto ai letti), i gendarmi hanno arrestato:

  • Una famiglia con tre bambini (15 mesi, 14 anni e 16 anni)
  • Una famiglia con due bambini (6 anni e 11 anni)
  • Un padre di famiglia (i cui due figli vanno a scuola da due anni)

Non è stata fornita nessuna spiegazione riguardo all'ispezione del luogo. Per giustificare gli arresti, la sola spiegazione data è stata "controllo dei documenti alla prefettura".

Alle 8.00 di mattina abbiamo appreso che le famiglie non erano in prefettura, ma alla gendarmerie di Moirans.

Alle 16.30 veniamo a sapere che due dei tre uomini sono stati mandati al centro di detenzione di Lione. Uno dei due era già stato oggetto di un rimpatrio forzato in Romania due settimane fa (l'11 gennaio). Era rientrato in Francia qualche giorno dopo, per raggiungere sua moglie e i suoi bambini che frequentano la scuola.

Abbiamo anche appreso che gli altri 3 adulti ed i 5 bambini sono stati rilasciati, con l'obbligo a lasciare il territorio. Le famiglie che hanno ricevuto un OQTF non erano in Francia che da una settimana - dunque lontane dal termine legale di espulsione, che è di tre mesi di presenza sul territorio. Ricordiamo anche che la Romania fa parte, dal gennaio 2007, dell'Unione Europea.

Perché questo accanimento? Queste famiglie sono tranquille (il vicinato lo può testimoniare), frequentano tra l'altro regolarmente i servizi di Roms Action e provano a cercare soluzioni per costruire la loro vita. I bambini vanno a scuola con la paura che la polizia li venga a cercare o che i genitori vengano arrestati in loro assenza. Come costruire un avvenire in queste condizioni?

Chiediamo che cessino l'accanimento e le pratiche d'intimidazione verso queste persone grandemente sconfortate.

A chi o cosa sono servite le spese generate dalla detenzione, dai giudizi e dai rimpatri in aereo verso la Romania? Se non sono offerte alternative, le persone ritorneranno in Francia qualche giorno dopo. A cosa servono queste nuove espulsioni?

A nome delle persone interessate, di quante lo saranno in seguito, e di quanti tenteranno con ogni mezzo d'arrivare,
L’associazione Roms Action

La Présidente de l'A.M.I.D.T et Samudaripen
Esméralda Romanez

ROMS ACTION
3, rue Gay-Lussac
38 100 Grenoble
09 52 52 87 13
Email romsaction@yahoo.fr

 
Di Fabrizio (del 08/02/2010 @ 09:24:12, in Europa, visitato 1645 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

02/02/2010 - Il 25 novembre 2009 Thomas Hammarberg, Commissario per i Diritti Umani, ha scritto una lettera alla Cancelliera tedesca Angela Merkel, in cui chiede di fermare con urgenza la deportazione dei rifugiati Rom verso il Kosovo.

Ieri in un seminario a Stoccolma, Thomas Hammarberg ha informato di aver ricevuto una risposta dal governo tedesco, che gli intimano di non rendere pubblica (cosa tra l'altro impossibile secondo le leggi svedesi). Invece, ha raccontato al pubblico sul contenuto della risposta. La Germania sta insistendo nella sua politica di deportazione dei rifugiati verso il Kosovo. Nella risposta dicono che intendono deportare 2.500 rifugiati Rom all'anno, sino a quando tutti 10.000 avranno lasciato la Germania. E' tutto estremamente spaventoso. Thomas Hammarberg mi ha detto che intende visitare nuovamente il Kosovo nelle prossime settimane. Dopo, intende scrivere a tutti i governi europei (Svezia compresa) che intendono deportare rifugiati Rom verso il Kosovo per chiedere loro di fermarsi.

[...]

Irka Cederberg
Journalist
Davidshallsgatan 25 A S-21145 Malmö Sweden
Tel +46-40-232402
mobil +4670-6368817

 
Di Fabrizio (del 10/02/2010 @ 09:09:34, in Europa, visitato 1911 volte)

Da Roma_Francais

Fabienne Huger, Vincent Vérier - 08.02.2010

Domenica sera, poco prima delle 20.00, s'è sviluppato un incendio su un terreno comunale in voie du Bouvray a Orly, dove alcuni Rom avevano installato sette baracche da circa un anno. Le fiamme, che hanno devastato due baracche e danneggiato una terza, sono costate la vita ad un bambino di quattro anni.

Una bambina di due anni, che potrebbe essere sua sorella ed è stata seriamente ustionata al viso, è ricoverata in prognosi riservata all'ospedale Trousseau, dove è stata condotta d'urgenza. Due adulti, un uomo di 28 anni ed una donna di 22, sono stati feriti più leggermente alle braccia. Qualche istante dopo il dramma, la sindaca di Orly (DVG - sinistra indipendente ndr), Christine Janodet, presente sul posto, ha fatto aprire il ginnasio Paul-Eluard, situato nelle vicinanze, per alloggiare i sinistrati. La psicologa della scuola è stata sollecitata a sostenere la piccola comunità.


Una tragedia che puntualmente si ripete nei campi e nelle baraccopoli in Europa. Certo, nel dolore spicca il comportamento delle autorità di Orly (proprio come quelle italiane, vero?).

Purtroppo la bambina ustionata non ce l'ha fatta. Leggo su Roma_Francais

Ahimè, la piccola Francesca (15 mesi) non è sopravvissuta alle bruciature. Ci siamo riuniti ieri sera (il comitato Romeurope 94) a Orly con la sindaca, i compagni di Romeurope 94 e le famiglie ospitate provvisoriamente in un ginnasio ed anche con la famiglia interessata da questo dramma: la morte di due bambini (Stéfan di 3 anni e la piccola Francesca).

Certamente daremo un altro senso alla nostra giornata che si voleva festiva sabato prossimo (al Royal) a Choisy-le-Roi (giorno dell'anniversario di 10 anni d'accompagnamento dei Rom nella Val-de-Marne) in presenza di numerosi eletti (consiglio generale, ecc.) che manterremo agli stessi orari (ma con un altro contenuto).

Redigeremo un opuscolo che vi faremo conoscere rapidamente.

Yves LORIETTE

 
Di Fabrizio (del 14/02/2010 @ 08:19:35, in Europa, visitato 1495 volte)

Segnalazione di Gabriel Segura

Laboratorio di cucina, una delle attività dell'associazione. :: BLANCA CASTILLO ElCorreo.com

Gitani sul buon cammino
L'associazione Gao Lacho Drom celebra 25 anni di lavoro a favore dell'integrazione
07.02.10 - 03:07 - FRANCISCO GÓNGORA | VITORIA.

"Cos'è, un carro armato?" domanda Jesús Jiménez, di 7 anni, quando la maestra indica la ruota disegnata sulla bandiera azzurro cielo e verde terra dei gitani. "Ma non te l'ha detto tuo padre?", insiste l'insegnante. "Ah, sì! - dice il bambino - Che prima non avevamo case, ma solo gli alberi". La scena ha avuto luogo nel giorno di Santa Águeda nell'aula di ripasso educativo che l'associazione Gao Lacho Drom tiene in calle Antonio Machado del barrio di Sansomendi de Vitoria. Vecchi ricordi si affacciano nella mente dei piccoli gitani, che così celebrano, per esempio, la tradizione di cantare con i bastoni alla santa martire, come qualsiasi studente.

Ne Jesús ne su fratello Ángel, di 9anni, immerso nell'imparare la tavola pitagorica, sanno niente della vita errante, dei carri, del dormire sotto le stelle, degli accampamenti di baracche degli anni sessanta e del villaggio di adattamento chiamato "un popolo (villaggio) nel buon cammino" - è il significato di Gao Lacho Drom - che è posto molto vicino all'attuale laboratorio di Lakuabizkarra nel 1971. Non ne sapeva niente, salvo i racconti a voce un'altra volta "dei genitori", Pascual Borja, 28 anni, vice-presidente dell'associazione, Bartolomé Jiménez, che presto diventerà leader del collettivo.

"Siamo una nuova generazione, non conosciamo queste sistemazioni marginali e neanche quella malavita che non ha niente di romantico. E' da idioti credere che a qualcuno piaccia vivere nella sporcizia, come molti continuano a pensare. Io sono nato sul suolo di Antonio Machado - tre mesi dopo che i miei abbandonarono il villaggio. Ho potuto studiare e non vivo al margine", afferma il giovane Pascual che maneggia, inoltre, la lingua di un patriarca, la cortesia, la diplomazia, l'ospitalità, il saper stare con tutti. E tutto ciò è la somma di una grande conoscenza della gente. Con le statistiche e con l'esperienza che nasce dal ricevere la gente ed ascoltare i suoi problemi.

Chi si ricorda dettagli inverosimili di quella tappa oscura sono Bartolomé e Julia Chávarri, la religiosa del Divino Maestro che cominciò a lavorare col gruppo nel 1968, animata da quello spirito postconciliare del Vaticano II che portò molti cristiani a compromettersi con i più deboli.

Una vasca congelata

"Il sindaco era Lejarreta ed ottenemmo qualcosa per la prima volta in Spagna, abitacoli con bagno, cucina e una stanza di 36 metri che poi ciascuno separò con mattoni, secondo le sue necessità. Era qualcosa per iniziare ad uscire dalle baracche. Gli inverni furono durissimi. La vasca per lavare si congelava", riferisce Julia, "l'anima ed il cuore dell'associazione", che a 77 anni continua l'attività preparando però il ricambio.

Quando Bartolomé Jiménez va indietro nel tempo e vede il cammino percorso dal suo popolo si inorgoglisce."Si è sofferto molto. Si sono superati conflitti, ci sono tuttora discriminazioni, però abbiamo sempre tentato di superarle parlando. Abbiamo contribuito a costruire Vitoria, alla pace sociale e, senza dubbio, abbiamo ricevuto molto dal resto della gente di buon cuore". La lista è lunga: Cáritas, Cayo Luis Vea Murguía, Pedro Mari Núñez e la sua famiglia, tutti i sindaci meno uno "che era molto cattivo", Jesús Loza e tutti i gruppi politici, PNV, PP, PSE, EA, IU, "tutti senza eccezione ci hanno aiutato", sottolinea soddisfatto il patriarca.

"Integrazione esemplare"

"Credo che il processo di integrazione sia stato esemplare a livello spagnolo. Ci sono state luci ed ombre, come la decisione di creare un collegio per i soli gitani, ma poi è stato ricondotto. Ottenere che vivano sparsi per la città come tutti i vitoriani senza creare ghetti è stato fondamentale", pensa l'ex sindaco José Ángel Cuerda, che ricorda come "affrontammo il rialloggiamento dalle case di Antonio Machado alla città negli anni '80, assieme al Ministero della Casa. Hanno collaborato tutte le istituzioni", sottolinea.

Ma questa buona immagine trasmessa dalle istituzioni e dalla stessa associazione incontra anche polemiche come quella dei "Bartolos" dell'avenida de los Huetos che questa settimana hanno persola casa per non aver pagato le loro case. "Il 95% dei gitani svolge una vita normale senza creare conflitti. Essere differente non è sinonimo di essere cattivo, anche se ci costa rompere il muro dei pregiudizi e degli stereotipi. Da parte nostra abbiamo fatto uno sforzo, nel far pace con loro. Perché anche loro hanno diritti", sottolinea Bartolomé Jiménez, 65 anni, leggenda vivente di questo collettivo. Un'attitudine che lo onora, perché durante una discussione con il clan dei "Bartolos" nel suo ufficio, una pallottola stava per costargli la vita.

IL DATO
3.500 sono i gitani a Vitoria e Álava, una comunità che soffre la disoccupazione e la crisi in una maniera più virulenta che altri gruppi. Molti di loro vivono completamente integrati e sparsi nei vari quartieri di Vitoria, anche se i gruppi più grossi si concentrano a Sansomendi e nel Casco Viejo.

 
Di Fabrizio (del 16/02/2010 @ 09:34:25, in Europa, visitato 1468 volte)

Da Roma_Francais

Tribune de Genêve Rom espulsi dalla Francia: Bucarest s'impegna a seguire meglio il loro reinserimento - 11.02.10

Il segretario di stato francese agli affari europei, Pierre Lellouche, ha ottenuto giovedì dal governo rumeno che nomini un responsabile al reinserimento dei Rom espulsi dalla Francia ed invii magistrati e poliziotti rumeni in Francia per lottare contro la criminalità.

Lellouche, che era accompagnato da diversi deputati, è stato ricevuto dal primo ministro rumeno Emil Boc.

Al termine del loro incontro, Lellouche e Boc hanno annunciato tre decisioni.

La prima è la designazione di un segretario distato rumeno incaricato del reinserimento dei Rom, "che permetterà", ha spiegato Lellouche, "a noi, Francesi ed Europei, di accompagnare il reinserimento dei Rom in Romania".

Questo "seguito" necessario, ha detto, era il "collegamento mancante" nella sorveglianza e nel reinserimento.

La seconda decisione è l'invio di un contingente di poliziotti e magistrati rumeni in Francia per, ha detto Lellouche, "aiutarci a smantellare il traffico di esseri umani". Attualmente era in Francia un piccolo numero di poliziotti e di giudici rumeni.

La terza è una "politica di cooperazione" per "mobilitare fondi europei al servizio del reinserimento della comunità rom". "Siamo pronti ad aiutare questo reinserimento con fondi francesi ed europei", ha detto. Ha poi sottolineato l'importanza che il governo rumeno utilizzi bene questi fondi.

Questa politica, ha precisato il responsabile francese, "si sosterrà sulla conferenza europea di Cordova (Spagna), in aprile, sui Rom".

Boc ha qualificato le discussioni come "molto dirette". Ha assicurato che il suo governo ha praticato una "tolleranza zero" verso le associazioni a delinquere che incoraggiano i Rom a recarsi clandestinamente in Francia.

8.000 Rom sono stati ricondotti nel 2009 dalla Francia alla Romania, con in tasca un biglietto d'aereo, 300 euro per adulto (e 100 euro per bambino). Circa i due terzi di loro ritornerebbero in seguito clandestinamente.

"Dare loro dei soldi", come fa attualmente la Francia, "porta per principio al fallimento, poiché la maggior parte riesce a tornare" per guadagnare nuova pecunia, ha osservato Marian Tutilescu, segretario di stato all'interno.

Inoltre, ha stimato Tutilescu, la comunità rom è generalmente "refrattaria alle azioni di reinserimento sociale" ed "il quadro giuridico attuale" in Romania "non permette di lmitare il passaggio attraverso le frontiere", eccetto per i minori non accompagnati, applicandosi la libera circolazione a tutti i cittadini europei.

 

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