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La redazione
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\\ Mahalla : VAI : Europa (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 20/08/2007 @ 09:12:14, in Europa, visitato 3352 volte)

08/12/07 - By Nicole Itano WeNews correspondent

I Rom in Albania hanno sempre affrontato la povertà e la discriminazione, ma dopo la caduta del comunismo nel 1991, la situazione delle donne Rom è peggiorata. Si è abbassata l'età dei matrimoni e un numero crescente di ragazze non ha mai frequentato la scuola.

TIRANA, Albania (WOMENSENEWS) I caffé trendy di questa città colorata e risorgente sono lontani da Breju Lumi, una baraccopoli di fango, strade distrutte e baracche di metallo, dove vive Nexhmije Daljani.

Una volta il paese più povero ed isolato d'Europa, oggi l'economia dell'Albania sta crescendo rapidamente e il paese sta compiendo la transizione dal comunismo alla democrazia e al capitalismo del libero mercato.

Ma a Breju Lumi - il cui nome significa "sponda del fiume" anche se l'unica acqua è il letto asciutto riempito di immondizie - la maggior parte delle case non ha acqua corrente, fognature od elettricità, ed i bambini corrono per le strade a mezzogiorno mentre dovrebbero essere a scuola.

Qui le famiglie più povere, come quella di Daljani, appartengono ai Rom, termine che i membri della comunità preferiscono al derogatorio "Zingari".

"Io e i due figli più piccoli andiamo a mendicare," dice Daljani, che ha 22 anni e tre figli piccoli, senza marito o lavoro. "E' l'unico modo per mangiare."

Daljani ebbe il suo primo figlio a 17 anni. A 21, suo marito lo lasciò con tre figli. Ora vive in una baracca di metallo e come per molti Rom, la sua unica fonte di reddito è l'accattonaggio.

Il figlio più grande, disabile mentale, va in un centro diurno guidato da una OnG chiamata Children of the World.

La vita è più dura

Per molti Rom, soprattutto donne, la vita si è fatta più dura con la fine del comunismo. Le ragazze si sposano ed hanno figli prima, povertà e disoccupazioni sono rampanti, mentre l'accesso ai servizi sanitari e scolastici è declinato drammaticamente.

Al tempo del comunismo, ai Rom - come a tutti i cittadini - venivano dati lavoro e casa e obbligati ad andare a scuola. A quei tempi, tutti gli Albanesi erano poveri, ma i Rom non erano più poveri di ogni altro gruppo.

Con il collasso dei servizi sociali, le disparità tra Rom ed altri Albanesi sono cresciute nella sanità e negli standards di vita. Un recente studio del Fondo Sviluppo delle Nazioni Unite ha trovato che le entrate medie dei Rom sono meno della metà dei non-Rom che vivono nelle medesime comunità.

"La qualità dei servizi è diminuita," dice Arlinda Ymeraj, incaricato delle politiche sociali dell'UNICEF, nel Fondo per l'Infanzia delle Nazioni Unite in Albania. "Rispetto al passato c'è più disparità nell'accesso ai servizi e determinati gruppi ne soffrono."

Oggi il 57% delle donne Rom - paragonato al 48% degli uomini - non è mai andata a scuola, un declino rispetto all'era comunista, secondo i dati della Banca Mondiale.

Da allora la media dell'età matrimoniale è scesa a livelli che preoccupano gli esperti dello sviluppo.

Età del matrimonio, tassi di nascita

In Albania la media dei matrimoni tra le Romnià è di circa 15 anni, comparata alla media nazionale (23) e quella dei Rom maschi (18). Anche l'età della prima gravidanza è scesa: prima del 1990 era di circa 19 anni, oggi è di 17. Per gli uomini Rom è di 21.

La giovane età dei matrimoni e delle gravidanze tra i Rom li mette ad alto rischio dall'abuso e dal traffico di persone, limita l'accesso alla scolarizzazione e può portare ad alti tassi di mortalità per le donne ed infantile, dicono le Nazioni Unite.

Nell'Europa Centrale ed Orientale vivono tra i 7 e i 9 milioni di Rom, in Albania sarebbero circa 95.000. Come gruppo, rimangono tra i più poveri e discriminati nel continente e spesso vivono ai margini della società. Oltre il 70% delle famiglie Rom nel paese sono considerate molto povere e molte, come quella di Daljani, vivono in condizioni estreme.

Le cause di questa esclusione sociale sono dibattute. Molti Rom lamentano discriminazioni, ma altri dicono che rifiutano di integrarsi nella società maggioritaria. I Rom - tradizionalmente nomadici, ma ora largamente stanziali o semi-nomadici - sono un gruppo etnico distinto con la loro propria lingua e sistema di credenze.

"Le famiglie Rom hanno una cultura molto differente," dice Marinela Cani, assistente sociale che lavora con le famiglie di Breju Lumi. "Non pensano al domani."

Jalldyz Ymeri, nonna di 42 anni che vive in due stanze con otto familiari e mendica per vivere, dice che la vita è diventata molto più dura dalla caduta del comunismo.

Meno anni a scuola

Lei è andata alle superiori, sua figlia no. Secondo la Banca Mondiale, prima della fine del comunismo le donne Rom avevano una media di 6,2 anni di scolarità. Oggi la media è meno di 4.

Le donne Rom in Albania dicono che anche l'accesso ai servizi sanitari è deteriorata. Dicono che molti bambini nascono in casa e che molte donne non hanno educazione prenatale. L'Albania non ha statistiche attendibili su mortalità infantile e delle puerpere, ma molti esperti ritengono che i tassi tra i Rom siano più alti della media nazionale.

La sanità pubblica in Albania dovrebbe essere gratuita, ma molti dottori chiedono soldi.

"Ci trattano così perché siamo Rom. Se non possiamo pagare, ci mandano via," dice Ymeri, il cui nipotino di 3 anni è morto perché lei non aveva abbastanza denaro.

Le condizioni sono talmente cattive che molti Rom hanno lasciato il paese per andare nella confinante Grecia, che è parte dell'Unione Europea. Benché siano discriminati - con in più il rischio di deportazione - molti dicono che la vita lì è migliore perché è più facile trovare lavoro, o fare soldi mendicando o suonando per i turisti. Ymeri e la sua famiglia hanno passato diversi anni in Grecia e dice che le è dispiaciuto dover tornare in Albania.

Ma anche in Grecia - una terra promessa per i Rom albanesi - la vita è dura.

In un insediamento rom chiamato Grthaios, in un'area industriale di Atene, le famiglie vivono in baracche di legno circondate da pile di immondizia. La casa di una stanza di Elena Zerollari, 39 anni e madre di 5 figli, è pulita e ordinata. [...] Zerollari, che è originaria dell'Albania, dice che molte cose sono migliori in Grecia: i dottori li trattano meglio ed è più facile trovare lavoro. I bambini che ha avito da quando è arrivata in Grecia sono nati tutti in ospedale.

Ma Zerollari dice che le piacerebbe una casa con acqua corrente e che i suoi figli andassero a scuola. La scuola accetta i bambini rom, dice, ma molti abbandonano perché sono molestati per i loro vestiti o perché senza scarpe.

"I Rom non dovrebbero vivere così per sempre," aggiunge. "Vogliamo essere come voi."

Nicole Itano is a freelance reporter based in Athens, Greece. Before moving to Greece in 2006, she spent five years reporting from across the African continent. Her book, "No Place Left to Bury the Dead," about AIDS in Africa will be published in November by Atria Books.

 
Di Fabrizio (del 24/08/2007 @ 09:41:17, in Europa, visitato 2094 volte)

Ricevo e porto a conoscenza:

http://www.idebate.org/roma/profiles.php

Carissimi!

Come ideatore della pagina web http://www.idebate.org/roma/ vi sarei grato se voleste assistermi con informazioni su individui Rom, ben integrati nella società civile, e che nel contempo non abbiano perso la loro identità etnica. Questi profili sono richiesti per combattere i forti stereotipi negativi contro i Rom diffusi in Europa.

Il profilo può essere composto in questo formato (in lingua inglese):

Name
Year of birth
Country of residence
Profession
Biography in brief
Photo (if available)

Potete inviarmi informazioni a romale@zahav.net.il

Baxt, sastipe!

Kind regards,
Valery Novoselsky.
Editor of Roma Virtual Network.
http://www.valery-novoselsky.org/romavirtualnetwork.html

 
Di Fabrizio (del 28/08/2007 @ 08:58:39, in Europa, visitato 2160 volte)

Intervista: il reporter TV Richard Samko - Praga, 20.8.2007, 13:01, (By Alice Tejkalová and Israel Tockman - Common Ground)

"Gli skinheads non sanno cosa dire ad un Rom giornalista"

Richard Samko (29 anni) ha lavorato per la Televisione Ceca (la più grande stazione TV non privata) per almeno 8 anni. Ha cominciato scrivendo piccoli pezzi ed è diventato un rispettato giornalista ed il secondo presentatore rom della televisione. Ci ha parlato della sua infanzia a Náchod, della preparazione agli esami, della sua famiglia e su come la TV ceca tratta i raduni skinheads.

Come sono stati i tuoi primi anni di scuola?

Sono di Náchod, una città a 150 km da Praga, vicino al confine polacco. Per quattro anni ho frequentato una piccola scuola, tutto andava bene. C'erano solo tre studenti Rom - io, mio fratello e un altro bambino. Provengo da una famiglia Rom tradizionale. Mio padre aveva nove fratelli e sorelle e mia madre otto. Ma sono cresciuto in un blocco di appartamenti tra i "gagè" ed avevo un fratello e una sorella. Mio padre non voleva vivere nel centro di Náchod e costruì un altra casa per noi. Ci ho vissuto sino a 15 anni. A scuola non ebbi problemi. A volte i miei compagni mi deridevano per il colore scuro della mia pelle, ma non ci furono seri problemi razziali.

Perché tuo padre ha voluto dividersi dalla sua famiglia?

Voleva per noi un futuro migliore per noi; che ognuno avesse la sua stanza ed il suo letto. Non voleva che passassimo la sua esperienza - per esempio, dormire con i suoi fratelli in uno o due letti. [...] Ma non ci separammo del tutto dalla sua famiglia. Andavamo in visita dai nostri nonni, anche se non vivevamo più con loro.

I tuoi genitori erano andati a scuola, e ti hanno appoggiato nel tuo processo educativo?

Sia mio padre che mia madre sono nati in tipico povero villaggio Rom in Slovacchia e arrivarono poi in Boemia al seguito dei genitori. Mio nonno era solo capace di firmare una lettera e mio padre ha frequentato solo cinque anni di scuola. Tutti i membri della mia famiglia erano illetterati e vennero in Boemia per lavori manuali. Mia madre parlava solo l'ungherese ed un po' di slovacco. Mio padre fece pressione perché io e i miei fratelli andassimo a scuola, ma è stata nostra madre che ci aiutava (o almeno ci provava) con i compiti a casa. Li ammiro veramente. Non erano scolarizzati, ma volevano che noi lo fossimo, anche se non erano in grado di aiutarci. In ogni modo, noi facemmo del nostro meglio per soddisfare le loro aspettative, perché hanno fatto molti sforzi perché noi avessimo un futuro migliore.

Cosa hai fatto dopo le elementari?

Sono andato ad una scuola per cuochi e camerieri a Nové Město nad Metují, una piccola città vicino a Náchod.

Perché hai scelto questa scuola?

Ho preso parte a spettacoli teatrali quand'ero alla scuola dell'obbligo e un insegnante che si era affezionato a me voleva che studiassi arte drammatica. [...] Ma i miei voti non erano tanto buoni, così non avevo possibilità di andare al ginnasio. Ho sceltola scuola per cuochi perché non era lontana da casa e mi è sempre piaciuto cucinare. Alla fine del corso di studi iniziai in un piccolo ristorante con giardino con la mia ragazza, Angelica, che ora è mia moglie.

Dženo e Zdeněk Šámal mi hanno aiutato molto.

Come sei finito a studiare il programma per giornalisti rom sponsorizzato dalla OnG Dženo?

Ci fu una grande possibilità nella mia vita quando raggiunsi i 15 anni. Iniziai ad andare tra i Rom. Era qualcosa come tornare alle mie radici. Per esempio, abbiamo un giorno speciale per i bambini Rom e di solito volevano me o qualcuno dei miei amici per presentare questi eventi. Ero una specie di commediante e la gente lo sapeva ed è per questa ragione che mi contattavano.

Ho passato la prova introduttiva e fui accettato l corso di sei mesi per Rom giornalisti. Iniziai ad ottobre 1998 e terminai a marzo 1999. Ogni settimana si studiava da giovedì a domenica e dopo pochi mesi iniziammo ad andare nelle stazioni radio e TV per fare pratica. Il mio grosso vantaggio fu che Zdeněk Šámal era a capo dello staff delle notizie della TV ceca e mi aiutò in questo progetto.10 di noi furono assunti nella televisione ceca, ma la maggior parte mon durarono.

Perché?

E' difficile da spiegare... è parte del carattere dei Rom. Guarda, ognuno è un individuo, ma abbiamo tutti delle caratteristiche in comune: Vogliamo un risultato immediato. Forse arriva dal passato - "Ho lavorato e mi pagano subito." Aspettare è duro per noi. E' questa la ragione per cui non molti Rom frequentano la scuola. Cinque anni è per noi un periodo lungo. Un giovane pensa: "Se vado con mio nonno a costruire case, in cinque anni faccio mezzo milione di corone."

I Rom con cui iniziai a lavorare in TV non furono abbastanza pazienti. Ho aspettato cinque anni per diventare presentatore ed altri due per ottenere un regolare impiego. Durante questo periodo non avevo molti soldi. [...] ma sentivo che era l'opportunità della vita e che non sarebbe passata un'altra volta.

Forse non sono in grado di spiegarvi l'approccio dei Rom alla vita, ma è qualcosa di profondo in noi, la consapevolezza di una natura transitoria delle cose. E' conensso al nostro destino, all'olocausto. Vivi per l'oggi e non vuoi pensare al domani.

Sei grato a Dženo?

Naturalmente. Ivan Veselý e Jarmila Balážová mi hanno offerto la prima possibilità, mi hanno aiutato agli inizi. E sono in una posizione dove tanti Rom vorrebbero essere. In molti hanno iniziato a lavorare con la TV ceca,  ma non hanno potuto continuare questo percorso. E'dura per chi studia giornalismo. E' molto difficile per chi ha solo due mesi di corso alle spalle di continuare.

A volte i Rom pensano che io non lo sia affatto.

Da quando hai iniziato a lavorare come giornalista, hai sperimentato del pregiudizio nei tuoi confronti?

Ho avuto un'esperienza con gli skinheads andai a Nové Město a visitare Angelica. Una volta mi picchiarono. Ma nessuno mi ha urlato contro per la strada o cose del genere. A lavoro i miei colleghi non mi hanno mai fatto pesare l'essere Rom. Tanta gente mi ha aiutato all'inizio e nessuno è stato contro di me perché ero Rom. Ma quando ho iniziato a vivere a Praga, uscendo da casa sentivo molto forte il pregiudizio. Ora va meglio.

So che le cose non sono soltanto rosee. Anche tra di noi c'è il cattivo, chi ruba eccetera. Ma non so perché la gente generalizza. Per esempio, perché dovrei aver paura di una persona che è seduta accanto a noi al ristorante. Posso lasciare il mio cellulare sul tavolo accanto a lui senza problemi. Ma se invece fosse un gruppo di Rom seduti lì, allora alcuni porrebbero le borse sul lato opposto del tavolo. Perché?

Qualcuno ha espresso pregiudizi verso di te mentre intervistavi la gente per strada?

Se appaio con una telecamera, la gente non vede che sono Rom. Penso, vedano un giornalista della TV ceca. Ho anche storie divertenti. Per esempio una volta trasmettevo da una festa religiosa rom a vatý Kopeček; intervistavo un Rom chiedendogli le differenze tra le celebrazioni Rom e no. Mi rispose: "Quando VOI fate una festa è completamente differente dalle NOSTRE." Non aveva capito che anch'io ero Rom!

A lavoro mi hanno ammonito di non andare tra i razzisti, tra gli skinheads. Ma io amo queste situazioni strane. Così per circa tre anni ho riportato i rallies degli skinheads col mio collega Karel Rožánek. Una volta ero da qualche parte fuori Praga e l'atmosfera era tesa perché loro erano molto muscolari. Ma avresti dovuto vedere le loro facce quando mi sono avvicinato con la telecamera e il microfono ed ho iniziato a porre domande. Sapevano che ero Rom e non sapevano che dire o che fare. Erano semplicemente scioccati.

Vedendo un Rom giornalista?

Esattamente. Erano totalmente confusi. Mi accade anche quando seguo per lavoro le loro dimostrazioni. Non sanno come reagire. Le loro rimangono aperte. Una sola volta ho avuto un incidente con due ubriachi, ma io e il cameraman ci siamo rifugiati in macchina e siamo andati via. Forse è questa la maniera per mostrare realmente come sono.

I genitori devono persuadere i loro figli ad andare a scuola

Ora ti stai preparando agli esami ad una scuola a Praga. Perché?

Ho terminato gli studi per cuoco e cameriere ma non ho fatto gli esami finali. Così ho iniziato un corso a distanza in una scuola evangelica per diritto sociale un paio di anni fa ed ora lo sto terminando. [...] Lì ho incontrato tante persone, specialmente lavoratori sociali ed ho conosciuto i loro problemi.

Nessuno nella TV mi ha spinto agli studi superiori o a fare gli esami, ma è qualcosa di profondo dentro me, qualcosa del tipo: Sei un Rom e lavori nella TV, se ci fosse qualcosa nel futuro che non volesse che tu lavori lì, allora saresti nei problemi.

Ti sei mai sentito discriminato a scuola per essere un Rom?

Non ho mai imparato qualcosa sulla storia e la cultura Rom finché non ho iniziato a frequentare il corso di giornalismo. Ho imparato così che ci sono libri scritti in romanes, ci sono autori Rom, musicisti... Non penso che il problema sia che queste informazioni non siano nei libri di testo. Credo che i genitori dovrebbero insegnarle ai loro bambini. Non è discriminazione. E' più un fraintendimento delle condizioni in cui vivono i Rom. Per esempio, io sono stato davvero fortunato perché i miei insegnanti erano realmente preoccupati per me. Ma alcuni insegnanti semplicemente non si preoccupano se tu sei indietro rispetto agli altri. Siedi in fondo e ti lasciano solo.

Pensi che ci sia un sistema per persuadere tutti i bambini Rom a frequentare regolarmente, visto che una larga porzione di loro non va a scuola?

Mia sorella ha due figlie. Incontrano persone che dicono loro che sono zingare. Io provo a spiegare la situazione e dico "Dovete essere orgogliose di essere Rom! Avete una ricca cultura!" E loro lo capiscono. Le incoraggio a studiare. Dico loro: "Tu sarai una dottoressa e tu un'avvocatessa. E' chiaro?" Hanno già fatto i loro piani. Vedono il mio successo. Mi vedono in TV e così mi ascoltano con attenzione, io ne sono molto contento. Sono sempre orgogliose quando prendono buoni voti e si vergognano quando non succede.

Ma realmente non saprei come migliorare l'intero sistema, perché i miglioramenti devono arrivare dalle famiglie. I genitori devono persuadere i loro bambini ad andare a scuola. I miei genitori sono cresciuti poveri e ci hanno spinti tutti a scuola. Questo è il terreno.

 
Di Fabrizio (del 30/08/2007 @ 09:27:32, in Europa, visitato 6810 volte)

Un partito di estrema destra ai margini della politica ungherese ha presentato sabato i primi membri di un corpo paramilitare, facendo temere un risorgere dell'estremismo.

I membri fondatori di Magyar Garda, o Guardia Ungherese, hanno prestato giuramento accanto al palazzo presidenziale di Budapest alla presenza di circa 1000 sostenitori del partito Jobbik.

Nei pressi, in centinaia partecipavano a una contromanifestazione organizzata dai gruppi anti-fascisti, incluse organizzazioni per i diritti di Ebrei e Rom, che richiedono che le autorità vietino il gruppo paramilitare.

Alla cerimonia, erano presenti molte bandiere bianche e rosse dell'Arpad, una formazione storica delle Frecce Uncinate pro-naziste durante la II Guerra Mondiale. Anche le uniformi erano addobbate dall'emblema.

La Magyar Garda è stata formata per eseguire una vera (politica) transizione e salvare il popolo Ungherese," ha detto alla folla il fondatore della Guardia e presidente di Jobbik, Gabor Vona.

Jobbik, conosciuta per la retorica anti-semita, anti-Rom e anti-gay, è un partito di estrema destra non rappresentato in Parlamento, ma presente in diverse municipalità.

Il gruppo paramilitare intende "difendere l'Ungheria fisicamente, moralmente e spiritualmente." I loro appartenenti, tra l'altro verranno istruiti all'uso delle armi.

Di recente a luglio, i sostenitori di Jobbik hanno interrotto una manifestazione gay nella capitale, lanciando uova e bottiglie e ferendo diversi partecipanti.

Alcuni partecipanti alla contro-manifestazione portavano cartelli con foto che mostravano ebrei con la stella gialla, inviati sui treni verso i campi di sterminio.

Le organizzazioni internazionali ebree hanno chiesto al Primo Ministro, il socialista Ferenc Gyurcsany, di mettere al bando la Magyar Garda, la cui formazione affermano essere "uno sviluppo estremamente allarmante dell'anti-semitismo in Europa."

 
Di Fabrizio (del 02/09/2007 @ 09:49:57, in Europa, visitato 1569 volte)

da LA VOIX DES RROMS

Oggi, 31 agosto 2007, verso 10 ore, una ventina di Rroms che erano stati espulsi di un terreno situato dietro la via André Campra a Saint-Denis si sono raccolti dinanzi alla sindaca di Saint-Denis. Fanno parte di quei 600 Rroms che si trovavano su questo terreno e che non sono stati scelti per il progetto d'inserimento professionale realizzato dal vice prefetto, né hanno accettato il famoso "aiuto umanitario al ritorno" gestito dalla ANAEM. Erano venuti a chiedere alla sindaca una soluzione per il loro rialloggiamento.

Un rappresentante de "LA VOIX DES RROMS" è andato alla loro riunione e previa una consultazione, è stata posta una domanda alla sindaca, che precisa le aspirazioni di queste famiglie : apprendimento del francese, inserimento professionale, iscrizione dei bambini a scuola e rialloggiamento provvisorio in attesa dell'acquisizione di un'indipendenza di ciascuno.

Una delegazione di 6 persone è stata ricevuta dalla prima aggiunta al sindaco, la signora Soulas, come pure i sigg. Cossic e Dionisi, dei servizi amministrativi del municipio. La sig.ra Soulas ha precisato che il comune di Saint-Denis salutava l'iniziativa del vice prefetto, ma che aveva bene messo in guardia sul fatto che lo sgombero del terreno creava una situazione nuova difficile per loro (gli espulsi) che non potrebbe essere gestita dalla città. Tuttavia, il municipio rilancerà la sua domanda di una tavola rotonda a livello almeno regionale per trovare soluzioni a questa situazione che si trova in molte altre città dell'Ile-de-France. "LA VOIX DES RROMS" ha annunciato la sua analisi della situazione, in particolare del fatto, poco conosciuto e/o trascurato dalle autorità, che nella maggior parte dei casi, le famiglie interessate vengono da un ambiente rurale. Così, sarebbe più giudizioso e più conforme alle domande degli interessati da allargare il campo del lavoro ed esplorare le possibilità d'impianto delle famiglie che lo desiderano in villaggi francesi, in cui possono allo stesso tempo acquisire esperienze nuove e contribuire allo sviluppo duraturo con l'agricoltura biologica.

Per quanto riguarda la domanda di rialloggiamento, la sindaca di Saint-Denis si è detta nell'impossibilità di rispondervi. Cosciente del rischio di vedere una nuova bidonville costituirsi con edifici in abbandono occupati, la signora Soulas ha informato che la durata di tale impianto non dipendeva dalla volontà della sindaca ma che non avrebbe chiesto un'espulsione.

Sulla questione dell'istruzione dei bambini, Rroms vi tiene tanto più che il rientro arriva a grandi passi, e passi saranno fatti nel corso della settimana prossima.

 
Di Fabrizio (del 04/09/2007 @ 09:37:17, in Europa, visitato 1568 volte)

Francesca Cookney - http://europe. tiscali.co. uk/114b6f42bd6. html

Nonostante il generalmente impatto positivo della legislazione anti-discriminazione della UE, un recente rapporto mostra che la violenza ed i crimini razzisti sono aumentati in Europa dall'introduzione delle direttive del 2000. Il rapporto intitolato "Razzismo e Xenofobia negli stati membri della UE" è stato pubblicato agli inizi della settimana (scorsa ndr) dalla recentemente stabilita Agenzia per i Diritti Fondamentali e rivela che il razzismo e la discriminazione sono aumentati in 8 dei 27 Stati Membri, incluse Danimarca, Germania, Francia, Irlanda, Finlandia e GB.

Secondo il rapporto, le disuguaglianze e le discriminazioni etniche continuano nell'impiego, nella scolarizzazione e nell'alloggio ed i dati raccolti tra il 2005 ed il 2006 mostrano un aumento dei crimini e della violenza razziale in diversi paesi d'Europa. La ricerca appunta come gli immigrati siano vittime dei casi di discriminazione più diffusi e particolarmente i Rom che sono finiti recentemente sotto i riflettori dopo che un incendio in Italia ha ucciso quattro bambini Rom ed alimentato il dibattito sulle politiche UE e sulla realtà della situazione a livello nazionale.

L'Italia è un paese che per lungo tempo è stato criticato per le scorciatoie politiche riguardo la comunità viaggiante. Aperta discriminazione ed odio razziale appaiono fuori controllo secondo quanto Nazzareno Guarnieri, Rom e membro di un'associazione che raggruppa varie associazioni Rom e Sinte, descrive come "indifferenza politica". Non è l'unico paese ad essere criticato per le sue politiche verso i Rom, ma dopo la tragedia di Livorno è sotto attacco da tutte le parti. Il Primo Ministro Romano Prodi ha riconosciuto il problema ma dice che prima che sia risolto a livello UE, sarà difficile affrontarlo a livello nazionale. "La questione Rom è terribilmente complicata," dice. Guarnieri è meno convinto. "Il fatto è che la UE ha promulgato una serie di regole che l'Italia non ha applicato o rispettato."

Secondo le statistiche ci sono circa 12 milioni di Rom in Europa. La maggioranza di loro vive in baraccopoli ai margini delle maggiori città, isolati dal resto della comunità ed in condizioni sciagurate. "Ci sono diverse politiche a livello regionale o locale, e ciò è problematico (...) si ha una situazione estremamente confusa, con differenti norme, regole differenti in differenti città e nessun approccio comprensivo o un quadro in cui lavorare," riconosce Michael Guet,  capo della Divisione Rom e Viaggianti del Consiglio d'Europa, ma aggiunge fermamente che "la ghettizzazione di parte della popolazione non è accettabile per gli standards del Consiglio d'Europa."

 
Di Fabrizio (del 06/09/2007 @ 09:47:11, in Europa, visitato 1853 volte)

Da Macedonian_Roma

E' vietato ai Rom l'ingresso al caffè bar "Kartel", sulla riva del fiume Vardar, nel centro di Skopje. Pochi giorni fa un gruppo di sette giovani Rom, Alen Hasan, Daniel Petrovski, Leila Amet, Gilbert Mamut, Alberto Mamut, Selina Alieva e Nexharije Muratova, volevano prendere un caffé da "Kartel",  ma il cameriere ha detto loro che non potevano sedersi senza una prenotazione. I giovani Rom hanno chiesto a chi avrebbero dovuto rivolgersi, ed il cameriere ha risposto che dovevano parlare col proprietario. I giovani Rom aggiungono che durante la loro discussione col manager del bar, altri clienti entravano e si sedevano senza ulteriori richieste del cameriere e senza prenotazione.

La discussione col manager è terminata quando questi ha detto: "Non vogliamo Rom. Sono un danno alla nostra reputazione".

Alcuni di questi Rom erano in vacanza in Macedonia dalla Francia. "Cose così là non accadono. Siamo tutti uguali. Sono tornato nel mio paese e mi hanno detto che c'era un bel bar lungo il viale. Sfortunatamente, la cultura di qualcuno è di basso livello." dice Gilbert Mamut.

In Macedonia d'altronde, aggiunge il resto del gruppo, questa sta diventando la norma quotidiana per i Rom. "Siamo una nazione di fronte a grandi discriminazioni, e nessuno ci accetta come cittadini uguali agli altri, nonostante il fatto che siamo leali allo Stato", è il loro commento.

I Rom affrontano tuttora discriminazioni, dicono diversi studenti che di propria iniziativa, hanno compilato una lista di tutti i casi dove i Rom sono bersagli di apparenti discriminazioni.

Dicono gli studenti: "Abbiamo condotto l'iniziativa indipendentemente. Stiamo ancora raccogliendo informazioni. La lista dei bar che hanno -regole- simili a Kartel è molto lunga. Non è un evento isolato. Ne abbiamo registrato più di 50, gli stessi casi o simili."

I Rom continuano ad essere la comunità più discriminata nella Repubblica di Macedonia, conclude Iso Rusi, Presidente del Comitato di Helsinki per i Diritti Umani in Macedona. Dice che il progetto del "Decennio Rom" che aveva lo scopo di includere attivamente i Rom nella società, appare una "bugia multicolore" ed i Rom sono una comunità etnica a cui nessuno presta attenzione.

 Conclude Rusi: "Il numero dei partiti politici Rom sta crescendo, ma sono ancora lontani dall'articolare effettivamente i loro problemi. Dubito che i partiti Rom nella regione stiano contribuendo al miglioramento della loro situazione, che può essere descritta come catastrofica, ed i Rom sono il miglior esempio che non esiste uno "stato campione" che abbia regolato le relazioni interetniche in maniera decente."

 
Di Fabrizio (del 14/09/2007 @ 10:05:47, in Europa, visitato 1773 volte)

Da Abitare a Roma

Francia, Germania e Spagna sembrano essere più avanti nella ricerca di una soluzione efficace
di Laura Roxana Neamtu


La vicenda dei quattro bambini Rom morti nella periferia di Livorno, nella notte di venerdi, 10 agosto è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da mesi si discute del problema nomadi in Italia, ma questa volta la questione è diventata un caso politico a livello europeo.

E stato l’intervento del presidente del Consiglio, Romano Prodi, in seguito alla tragedia di Livorno ad innescare una reazione a catena. “Quello dei Rom - ha affermato il premier - è un problema politico. L’Europa ha risolto molti problemi interetnici, ma non quello dei rom.”

La Commissione Europea, nelle vesti di Katharina Von Schnurbein, portavoce del Commissario agli Affari sociali e alle Pari Opportunità ha risposto per le rime: "Dal 2000 esiste una legislazione sul tema, la direttiva contro la discriminazione basata sulla razza e le origini etniche. Attualmente stiamo valutando l'effettiva trasposizione della direttiva (nella legislazione dei singoli stati) e lo scorso giugno abbiamo inviato una notifica formale (equivalente al primo passo di un procedimento di infrazione, ndr) a 14 stati membri, inclusa l'Italia".

Pronta la replica del Ministero dell’Interno, il quale precisa che la direttiva in questione è già stata applicata nel 2003, con il decreto legislativo nr. 215, ritenuto non soddisfacente su tre aspetti, che però “non riguardano la specifica questione dei rom”.

Due punti di vista contrapposti, quindi, quella dell’Italia e della C.E., sulla gestione italiana della questione rom. Vedute diverse, che non tolgono però il fatto che l’Italia si sta effettivamente trascinando addosso, oramai da anni, un problema che oggi viene comunemente - e non a a caso- definito “emergenza rom”.

In Italia sono 160 mila, di cui 70 mila con cittadinanza italiana e 90 mila provenienti dai Balcani; un popolo con una alta percentule di minori ( ben 60% ) che vive in condizioni igienico- sanitarie pessime: spesso nei campi rom autorizzati e controllati dal comuni( all’incirca un centinaio in tutto il paese); più spesso ancora nei campi abusivi dove “spuntano” roulotte, tende, strutture di legno e metallo senza alcun tipo di sicurezza e dove accade, non poche volte, che bimbi piccoli perdano la vita a causa di una stufa o di una bombola di gas. Eppure il Viminale dichiara di aver applicato la direttiva della Commissione Europea, la direttiva 2000/43/CE del 29 giugno 2000 che attua il principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica. Perché le buone intenzioni non hanno avuto altrettanto buoni risultati? Forse perché la direttiva in questione non indica un modello esecutivo unico per fronteggiare la questione rom. Questo è quanto risulta dalla dichiarazione di Maria Ochoa-Llido, responsabile del Dipartimento rom e migranti del Consiglio d’Europa, secondo la quale ”purtroppo non esiste un modello unico per affrontare la questione. La situazione varia da paese a paese e ogni governo affronta la questione con un proprio approccio politico”.

E pare che le soluzioni adottate dagli altri paesi della CE non abbiano prodotto i risultati sperati, ma almeno su qualche punto risultino soddisfacenti: prendiamo il caso della Spagna, con una delle comunità gitane più popolose( qusi 800mila persone): qui i campi nomadi non esistono quasi più, la maggior parte dei rom vivono in affitto nei condomini popolari o in case di proprietà, chi non riesce a trovare un impiego riceve un sussidio di quasi 700 euro al mese per sei mesi. Resta comunque alto il tasso di criminalità, ma non si può certo parlare di emergenza rom.

Anche la Francia pare sia riucita a affrontare la questione con la legge Besson del 2000 e quella voluta nel febbraio 2003 dal attuale presidente, Nicolas Sarkozy. La legge Besson prevede che ogni comune con più di cinquemila abitanti sia dotata di un’ area di accoglienza, la legge sulla sicurezza interna voluta da Nicolas Sarkozy contempla sanzioni pesanti per chi non rispetta le regole dei campi.

Spesso però molti gitani vivono in case popolari, lavorano e se sono disoccupati per sei mesi, ricevono un sussidio; i diritti sono però accompagnati dai doveri: l’accattonaggio e l’elemosina sono vietati e per i genitori che non mandano i figli a scuola il diritto alla casa, agli assegni familiari, e al sussidio in caso di disoccupazione si trasforma in una bolla di sapone.

I 130mila rom che vivono invece in Germania sono considerati per legge “minoranza nazionale”, il che implica il fatto che i rom dispongono di molti più diritti, rispetto ai “nomadi” italiani- in Italia la minoranza rom non è considerata minoranza nazionale- ma anche di altrettanti doveri Secondo i Rapporti del Consiglio Europeo in Italia invece “non si riscontra a livello nazionale un coordinamento. E in assenza di una guida a livello nazionale, la questione non potrà mai essere affrontata in modo valido”

 
Di Fabrizio (del 19/09/2007 @ 09:41:33, in Europa, visitato 1665 volte)

Si possono trovare scritte contro i Turchi e contro i Rom sui muri di Sofia, come dappertutto nei Balcani. Ma in Bulgaria gli slogan sono transitati ad un livello superiore ed appaiono sulle fiancate delle macchine.

Come i suoi vicini balcanici, la Bulgaria ha una significativa popolazione di minoranza, inclusa l'etnia Turca (circa il 10% della popolazione) e Rom (forse oltre l'8%). L'etnia Turca ha creato un potente partito, il Movimento per i Diritti e la Libertà, che è presente nella coalizione di governo e conta ministri in posizioni chiave. Il suo successo ha generato risentimento nella maggioranza della popolazione. I Rom [...]non hanno virtualmente partito e soffrono discriminazioni a tutti i livelli della società, in Bulgaria come negli altri stati europei.

Nel 2005, gli slogan dipinti sui muri si evolserono in un nuovo partito politico, Ataka. Fondato da Volen Siderov, proprietario di una stazione TV, sull'onda del successo di Silvio Berlusconi in Italia, Ataka ha capitalizzato i sentimenti anti-governativi, la percezione pubblica di corruzione attorno al partito dell'etnia Turca, e un profondo sentimento di razzismo. Il mantra della sua campagna elettorale fu il piuttosto scontato "La Bulgaria ai Bulgari" (non è chiaro se qualcuno recentemente abbia fatto un'offerta in questo senso). Secondo una ricerca del Comitato di Helsinki in Bulgaria, le attitudini negative verso le minoranze etniche sono gradualmente ma significativamente scese dal 1992 al 1997. Alla domanda se si potesse appoggiare un valido candidato Rom, per esempio, l'82% delle risposte erano no nel 1992,ma soltanto il 66% nel 1997. Nel 2005 col sorgere di Ataka, la percentuale di no risalì al 76%.

Ataka ha ottenuto l'8% dei voti nelle elezioni del 2005. Alcuni sondaggi hanno mostrato che la sua popolarità è precipitosamente cresciuta sino al 14%, in occasione delle elezioni per il Parlamento Europeo del 2007. I rappresentanti di Ataka nel Parlamento Europeo hanno formato una coalizione chiamata Identità Tradizione e Sovranità, assieme a partiti come il Fronte Nazionale Francese, i neo-fascisti Italiani, e lo xenofobo Partito Liberale Austriaco. Una coalizione multinazionale di xenofobi può sembrare una contraddizione in termini, ma il progetto europeo di integrazione ha generato una strana prole.

Per quanto il razzismo permei le attitudini e le istituzioni bulgare, Ataka non ha portato ad una significativa crescita della violenza, e non ha trasformato il panorama politico del paese. Effettivamente, sembra come se Ataka si sia trasformata. Con il supporto stagnante e forse declinante, il partito cerca aiuto nei collegi elettorali da opporre alla coalizione governativa che include realisti, ex-comunisti e pro turchi.. Questo potrebbe spiegare l'apparizione nella stazione TV di Ataka di temi legati alla comunità Rom.

John Feffer is the co-director of Foreign Policy In Focus at the Institute for Policy Studies

 
Di Fabrizio (del 22/09/2007 @ 09:53:45, in Europa, visitato 2516 volte)

scrive Mihaela Iordache

Secondo le autorità italiane il numero di rom di origine rumena in Italia dopo il primo gennaio 2007 è aumentato. E si parla d'emergenza e rimpatri. Il dibattito in Romania e in Europa
I rom che provengono dalla Romania preoccupano da tempo le autorità italiane che sempre più spesso utilizzano rispetto alla questione il termine “emergenza”. Il tragico episodio avvenuto a Livorno agli inizi di agosto, dove in un incendio sono morti quattro bambini rom originari della Romania, ha richiamato ulteriormente l’attenzione sull’esistenza stessa di queste persone che spesso vivono in condizioni disumane.

Sull’opportunità di allestire campi rom si sono accese polemiche e scambiate accuse tra autorità locali, centrali e europee. Alle dichiarazioni del premier Prodi secondo il quale l’Italia non è preparata ad affrontare questo fenomeno - relativamente recente per il paese - e che comunque si tratta di un problema politico, l’Unione europea ha risposto categoricamente ribadendo che le regole per l’integrazione dei rom esistono e che l’Italia come anche altri paesi europei deve seguirle.

Il problema è complesso e l’argomento è comunque sensibile. Dove i rom installano i loro campi - spesso abusivi - i residenti si lamentano per aspetti che vanno dalle condizioni igieniche precarie fino ad episodi di criminalità di cui si renderebbero responsabili. Spesso la situazione viene strumentalizzata portando a gravi episodi di razzismo e violenza. Non raramente si arriva a sgomberi che risolvono solo localmente la situazione, spostando il problema altrove.

Secondo le autorità italiane si è verificato un aumento della presenza dei rom in Italia dal primo di gennaio, quando la Romania è diventata membro dell’Unione europea e i cittadini romeni di conseguenza cittadini comunitari. Questi ultimi vengono in Italia spesso per sfuggire, in Romania, a una situazione di miseria e discriminazione.

Dei circa sei milioni di rom che vivono nell'Ue quasi 2,5 milioni si trovano in Romania, anche se l’ultimo censimento parla di 700.000 persone. In Romania i rom sono considerati una minoranza e come le altre 16 minoranze etniche hanno diritto ad un loro rappresentante nel Parlamento di Bucarest. Inoltre un dipartimento speciale governativo si occupa dei problemi che li riguardano, dalla discriminazione fino a progetti finanziati con fondi nazionali, europei ed internazionali per favorire la loro integrazione.

Ciononostante l’Unione europea ha recentemente criticato aspramente il modo in cui la Romania gestisce la questione dei rom. Il rapporto del 2007 sul razzismo e xenofobia menziona ad esempio come nonostante alcune misure positive varate dallo stato i rom continuino ad essere evacuati con la forza senza ricevere alcuna abitazione in cambio.

Anche molte ong romene hanno segnalato evacuazioni forzate seguite da demolizioni in alcune località della Romania. "Gran parte dei problemi dei rom della Romania sono i problemi di altre comunità, di romeni o magiari. La povertà non è una categoria etnica, non è qualcosa esclusivamente dei rom. Ma i rom si confrontano con problemi specifici , come la discriminazione", spiega Ioan Gruia Bumbu il presidente dell’Agenzia nazionale per i rom.

E' solo da poche settimane che il ministero romeno per l’Educazione ha varato un decreto che vieta dall’anno scolastico 2007-2008 la costituzione di classi, sia nelle scuole elementari che nelle medie, separate per i rom. Cosa che sino ad ora è avvenuta regolarmente. Il clima dominante in Romania rispetto ai rom emerge chiaramente da uno studio commissionato dalla Fondazione Soros e dalla Banca Mondiale: tre quarti della popolazione non desidera abitare nelle vicinanze degli “zingari”. I rom romeni per conservare le loro tradizioni e a fronte di un’integrazione mai avvenuta (anche se imposta forzatamente durante il regime di Ceausescu) vivono in vere e proprie enclave, comunità ben determinate, luoghi spesso “ai margini” dove si riscontrano gravi problemi di criminalità.

In questo contesto le continue notizie che arrivano dai paesi europei tra cui anche Italia e che trattano dell’emergenza rom hanno destato preoccupazione in Romania, soprattutto per l’immagine negativa che si ritiene poi si rifletta su tutti i cittadini romeni. I forum dei giornali e i siti delle tv sono pieni di commenti spesso a carattere razzista. I romeni sono indignati perché si fa di tutta l’erba un fascio ed in particolare si confonda tra rom, “di origine indiana” (benché siano residenti in Romania perlomeno da sette secoli) e romeni, “di origine latina”.

Con toni simili è intervenuto sul quotidiano italiano “Il giornale” anche l’ex console della Romania a Milano, Mircea Gheordunescu, che ha spiegato che “non tutti i romeni sono rom e che non tutti i rom sono romeni”. Come se i rom della Romania non fossero a pieno titolo cittadini romeni. “L’equazione romeni uguale rom è un "inganno” - ha proseguito il console perché - la gente tende a generalizzare e a confondere troppo facilmente i due popoli”.

La questione rom non riguarda solo l’Italia bensì anche altri paesi Ue. In Francia ad esempio, gli sgomberi sono continui e le autorità hanno offerto anche denaro ai rom affinché tornassero in Romania: 150 euro per un adulto e 45 per un bambino per i quasi 200 rom che abusivamente si erano istallati su un terreno nelle vicinanze di Lione. Difficile credere questa possa essere una soluzione.

In base al diritto alla libera circolazione i rom possono stabilirsi in un paese Ue per tre mesi. In Francia se vogliono prolungare il loro soggiorno dopo quella data devono trovare un posto di lavoro, seguire studi o lavorare come liberi professionisti. Ma naturalmente non è facile: confrontandosi con problemi di discriminazione già nei paesi di provenienza quando poi arrivano in Francia, in Italia, Spagna di solito i rom sono di solito privi di mezzi finanziari e hanno uno scarso livello di formazione.

La visita del sindaco di Roma, Walter Veltroni, recatosi a fine giugno a Bucarest dove ha insistito per un rimpatrio progressivo dei rom man mano che in Romania si trova per loro un lavoro e un alloggio, in Romania ha destato perplessità: si è da più parti sottolineato che ormai la libertà di movimento non riguarda solo i capitali ma anche la forza lavoro ed i cittadini.

Secondo un rapporto annuale della Commissione europea contro il razzismo e le intolleranze presentato al Parlamento Europeo il 23 novembre 2005 i rom sono la popolazione più discriminata d'Europa. In Europa si calcola che viva un gruppo di circa 9-12 milioni di persone. La Romania è la prima in classifica, con i suoi 2,5 milioni, seguono poi Bulgaria, Spagna, Ungheria, Serbia, Slovacchia, Francia, Russia, Regno Unito, Macedonia, Repubblica ceca e Grecia. L'Italia è al quattordicesimo posto con una stima, ufficiosa, che si aggira sui 120mila. Per quanto riguarda Italia, secondo il Consiglio d'Europa, il paese non ha una politica chiara per i rom. Mancano regole precise tra l'altro in materia di documenti d'identità e di soggiorno.

Intanto a Roma sono in corso da mesi lavori in vista di una conferenza dell’ottobre prossimo a cui dovrebbero partecipare le associazioni che li rappresentano. Un tentativo per capire come affrontare questa problematica complessa.

 

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