Rom e Sinti da tutto il mondo

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Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località

La redazione
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 24/03/2012 @ 09:43:26, in musica e parole, visitato 2179 volte)

Circolo ARCI Via D'Acqua - viale Bligny 83, PAVIA
sabato 31 marzo, ore 21.00 

Reading con Paul Polansky, poeta e attivista americano. Tra i pochi eredi della stagione della "protesta", ha fatto della strada e delle situazioni di sofferenza l’oggetto centrale della sua arte poetica.
Nel corso della serata video e dibattito sui campi rom in Italia e in Europa (con lo stesso Paul Polansky, Giovanni Giovannetti e rappresentanti delle comunità rom e sinti). Finalino con dj-set folk-gipsy.

Programma della serata:
1) Enzo Giarmoleo e Fabrizio Casavola presentano Paul Polansky;
2) Reading - Paul Polansky con traduzione;
3) Proiezione video e intervento di Paul Polansky sulla situazione dei Rom in Europa;
4) Intervento di Giovanni Giovannetti sulla realtà dei Rom e dei Sinti a Pavia e in Italia;
5) Reading - Paul Polansky con traduzione;
6) Finale di serata con dj set folk-gipsy-balkan-pop-unza-unza;
7) Saluti

Nel pomeriggio, prima del reading, Paul Polansky è invitato in visita all'insediamento della comunità sinti pavese.

L'iniziativa è organizzata dalla rivista FAREPOESIA, associazione LA CONTA e MAHALLA, in collaborazione con le locali comunità rom e sinte.

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Di Fabrizio (del 23/03/2012 @ 09:52:29, in Italia, visitato 1294 volte)

La Gazzetta di Viareggio - mercoledì, 21 marzo 2012, 16:30 (segnalazione di Stojanovic Vojislav)

Dura presa di posizione, quella dell'associazione dei Berretti Bianchi in merito ai volantini anti rom, comparsi a Viareggio: "Tutti a firma di un’organizzazione di destra - che incita all’odio verso il popolo Rom e chiede di arrestarne " l’invasione prima che sia troppo tardi", e la gravità di questo gesto si commenta da sola, come il miserabile tentativo di voler far credere all’opinione pubblica che i problemi della nostra città sono imputabili alla presenza della Comunità Rom". "Vogliamo solo ricordare - afferma il portavoce Licio Lepore - che a Viareggio, ormai da anni, è stanziale un numero esiguo di cittadini Rom, che i loro figli sono compagni di banco dei nostri figli e il loro inserimento è ostacolato solo da una politica sorda e cieca verso le più elementari richieste di una vita dignitosa". La richiesta dell'associazione è che "gli esponenti della Giunta e il Sindaco in prima persona, il mondo politico, il mondo religioso, l’associazionismo e i singoli prendano nettamente e senza ambiguità le distanze da tali atti, che ricordano il periodo più buio della nostra storia, quando il silenzio di molti si è reso responsabile della persecuzione di milioni esseri umani". "Vogliamo anche ricordare - aggiunge Lepore -, perché non sarà mai abbastanza, che più di mezzo milione di rom e sinti sono stati sterminati nei campi di concentramento. Quando tutto è cominciato, molti hanno sottovalutato, hanno lasciato correre …. "tanto erano zingari". La stessa cosa è accaduta per gli ebrei. Abbiamo celebrato il giorno della memoria da due mesi. Affinché le celebrazioni non cadano nella retorica, aspettiamo dichiarazioni di condanna chiare e forti, capaci di isolare e sconfiggere il germe dell’odio razziale che non appartiene all’anima democratica della nostra città".

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Di Fabrizio (del 23/03/2012 @ 09:31:02, in media, visitato 1526 volte)

Da Czech_Roma - (con nota finale)

Analisi: i media cechi contro la famiglia rom attaccata dagli incendiari di estrema destra - Praga, 16.3.2012 20:54, (ROMEA) František Kostlán, translated by Gwendolyn Albert

Intervento di Anna Siváková al "Concerto per Natálka" a Benátky nad Jizerou, organizzato  ad aprile 2010 da Richard Samko per la televisione e ceca, Martin Čurej e Josef Pešta del Respekt club. Photo: František Kostlán

Trappole e vendette sono l'unica maniera per descrivere il continuo stalking a cui sono sottoposti Pavel Kudrik e Anna Siváková, vittime dell'assalto a Vitkov nel 2009, da parte di incendiari di estrema destra, poi condannati. La famiglia da allora è sotto la lente dei media, che stanno indagando su precedenti provvedimenti a loro carico, incluse imputazioni di cui la famiglia è venuta a conoscenza solo tramite i giornalisti. Secondo questa camera di raccolta-segnalazioni, oltre ad un procedimento che è stato risolto, dovrebbero averne altri due di fronte a loro.

Il primo sarebbe stato bloccato ed il debito della famiglia sarebbe stato pagato dalla compagnia MobilKom, che inizialmente aveva richiesto il saldo di bollette telefoniche arretrate per 3.000 CZK (1 corona ceca = 0,04 euro ndr.). I media l'hanno trasformata in una richiesta di 28.000 CZK,  conteggiandovi interessi e commissioni [...].

Tuttavia, Anna Siváková è convinta di non dover pagare quelle bollette. Diversi anni fa si fidò di un agente di vendita che le disse che il telefono sarebbe stato gratuito. Sappiamo che non è raro che le pratiche di certe agenzie prevedano questi sistemi per attirare i clienti con offerte simili, mentre la stampa di regime fornisce un quadro totalmente differente.

Il secondo dei tre debiti, per i quali è stato proposto il recupero della casa della famiglia, dipende dal presunto non pagamento dell'assicurazione sanitaria. "E' un debito molto vecchio, quando nacque la sorella maggiore di Natálka. Riguarda i pagamenti dell'assicurazione sanitaria, ma la signora Siváková afferma di averla pagata ed anche di avere le ricevute," dice Kumar Vishwanathan, direttore dell'associazione civica Vita Insieme (Vzájemné soužití). Non è chiaro a cosa si riferisca il terzo debito.

L'anno scorso i tribunali cechi hanno commutato 936.000 sentenza, quest'anno il numero sarà simile, se non superiore. Comunque, per un certo tipo di informazione, il caso più importante di tutti sarebbe  una bolletta telefonica non pagata di 28.000 CZK. Perché? Al solo scopo di incassare il sensazionalismo attorno ai presunti debitori.

La vita di questa famiglia romanì è stata brutalmente violata da piromani assassini, ma i media non sono interessati al fatto che la piccola Natálie dovrà presto sottoporsi a diverse altre operazioni. Non sono interessati al fatto che gli incendiari, che secondo la sentenza avrebbero dovuto pagare a Natálie 9,5 milioni di CZK ed ai suoi genitori 72.000 CZK, non hanno ancora versato una singola corona. Tuttavia, i media sono interessati al fatto che la famiglia abbia pagato o meno vecchie bollette telefoniche. La casa dove ora vive la famiglia, è stata acquistata tramite una pubblica raccolta di fondi, e questo è d'interesse per i media, perché attira lettori e spettatori a cui comunicare che quelle persone per cui si sono impegnati finanziariamente, sono in realtà degli stupidotti per cui non valeva darsi pena.

Sono esattamente il tipo di visioni semplicistiche che imperano tra alcuni giornalisti e parte del pubblico, e che interessa doppiamente anche i Rom in quanto tali. I media possono essere soddisfatti del risultato di queste azioni. Anna Siváková ha avuto un collasso come risultato di campagne simili, ma intanto aumentano i lettori ed il numero dei visitatori ed in sintesi affluisce denaro "pulito" nelle casse dei proprietari.

C'è chi non ha nessun interesse nel fatto che ogni giorno che Natálie passa in ospedale, costa 200 CZK alla famiglia, e che oltretutto debbano acquistare pomate ed altri medicinali. Nessuno assumerà permanentemente Pavel Kudrik, perché deve prendersi cura delle altre tre figlie, quando Anna Siváková è in ospedale con Natálie, cosa che accade sovente. Nessuno è interessato al fatto che tanto le altre tre figlie che i loro genitori avrebbero bisogno di assistenza psicologica, in quanto severamente ustionati durante l'assalto incendiario dei razzisti.

Grazie a questo, i "trucchi" mediatici, a cui recentemente il perito Ivo Svoboda si è correttamente riferito come "deprivati, stupidi bruti", sono nuovamente presenti in prima pagina. Diversi individui volgari, che vedono il mondo con odio - soprattutto quando si tratta di Rom, stanno prendendosi la loro rivincita su questa famiglia. E' gente che ammira i razzisti incendiari, che obbietta sulla durata eccessiva della condanna, gente che non è capace di sopportare la coesistenza con culture diverse o qualsiasi tipo di differenza, che lotta contro la correttezza politica quasi inesistente nel paese, che si spinge oltre i limiti della comune decenza umana verso la propria patologica visione del mondo.

Non si contano tutti gli articoli ed opinioni nelle "discussioni" online che traboccano di odio e razzismo. Chiunque può vederli in pochi istanti utilizzando un qualsiasi motore di ricerca.

Ciò che è anche peggio, è che questi poveri, stupidi bruti stanno attaccando direttamente la famiglia di Pavel Kudrik ed Anna Siváková, ed anche chi sta facendo del suo meglio per aiutarla in questo difficile momento. Email odiose, grida di minacce per strada, gossip e telefonate minatorie sono all'ordine del giorno.

"Non rispondo nemmeno più al telefono. Mi chiamano continuamente con insulti volgari, mi dicono -porca-, -troia- -figa- e che -finirò nella camera a gas con gli zingari-. E poi ci maledicono con email indirizzate alla nostra associazione. Se quella famiglia fosse stata -bianca-, tutti si sarebbero dispiaciuti per lei, ma dato che sono rom, parte del pubblico li criticava," ha detto recentemente a Romea.cz Helena Jedináková, dell'associazione Life Together, che aiuta la famiglia della giovane Natálie.

Noi di Romea.cz abbiamo avuto la stessa esperienza. Gossip odiosi e razzisti indirizzati a questa particolare famiglia, vengono regolarmente inviati alla nostra email.

Racconta ancora Jedináková: "Anna Siváková si sente molto male, psicologicamente parlando, a causa dell'interesse dei media e dopo aver letto alcune delle discussioni online. Si è chiusa in casa e non risponde al telefono. La famiglia non ha soldi. L'odio verso di loro attraverso forum e discussioni online è incredibilmente aumentato."

Jedináková continua dicendo che "fortunatamente abbiamo trovato anche brave persone che vogliono aiutare finanziariamente la famiglia e che ci incoraggiano, cito, -non preoccupatevi di quegli idioti e non dategli retta-. Li ringrazio enormemente. Le loro lettere e telefonate mi hanno dato una grande forza ed ispirazione per continuare."

Ha anche ricordato che Life Together assiste non solo la famiglia della giovane Natálie, ma tutte le famiglie vulnerabili quando chiedono collaborazione. "Se ne abbiamo la possibilità, siamo molto lieti di aiutare chiunque," dice.


Nota finale del redattore: è da tempo che la Repubblica Ceca è interessata da violenti ed incessanti episodi di razzismo, grandi e piccoli. A volte, questo razzismo arriva a vette che scuotono anche il "cittadino medio", come nel caso di Natálka che è stato seguito negli sviluppi di tutti questi anni.

Ma per comprendere come sia possibile che fatti simili avvengano, diventino quasi vita comune, occorre capire qual è il clima generale di questo paese che, ricordiamolo, è parte dell'Unione Europea. Ragionando, nel contempo, su quanto in Italia siano conseguenti tra loro il razzismo violento e la discriminazione quotidiana.

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Di Sucar Drom (del 22/03/2012 @ 09:56:44, in blog, visitato 1476 volte)

Partecipa anche tu alla nostra indagine sulla conoscenza
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Appello: Il diritto all'alloggio non si sgombera!
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Lucca, l'inchiesta giornalistica della vergogna
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L'ipocrisia di Maroni su razzismo e xenofobia
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Oggi 21 marzo è la Giornata Mondiale contro il Razzismo e sono molteplici le iniziative svolte in tutta l'Italia e tutta l'Europa. La giornata è istituita in ricordo della strage di Sharpeville in Sud Africa, dove il 21 marzo 1960 la polizia sparò sui manifestanti uccidendo 69 cittadini neri in protesta contro il regime dell’apartheid...

ONU: i sinti e rom sono discriminati in Italia
Sono state rese pubbliche pochi giorni fa le Osservazioni conclusive sull'Italia del Comitato per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale sull'Italia (Ottantesimo della sessione 13 febbraio - 9 marzo 2012, Esame dei rapporti presentati dagli Stati Parte ai sensi dell'articolo 9 della Convenzione). Il Comitato ha rilevato che permangono serie preoccupazioni per quanto accade in Italia, in...

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Di Fabrizio (del 22/03/2012 @ 09:34:02, in Italia, visitato 1196 volte)

Milano, 20.3.2012

Buongiorno,
le nostre associazioni seguono da tempo il campo rom non ufficiale di via Sacile per un'iniziativa integrata su diversi fronti, in stretta collaborazione fiduciaria con gli abitanti.

Il campo di via Sacile rappresenta uno tra i più popolati insediamenti rom non ufficiali esistenti sul territorio milanese. Sito in uno spazio isolato e discreto, è costituito da circa 300 persone, di cui una settantina di bambini e bambine di diverse età, che in molti casi stanno frequentando con profitto la scuola dell'obbligo. L'insediamento presenta peculiarità non trascurabili: autogestione della raccolta rifiuti, eliminazione dei ratti, presenza di pozzi neri con "gabbiotti" (prima che venissero demoliti dai lavori di cantiere per la MM).

Oltre a questo, il campo viene seguito in maniera costante da associazioni con diverse specificità:
- con la partecipazione diretta alla Consulta rom e sinti Milano, che tra l'altro sta curando, in accordo con l'Amministrazione, la raccolta dei curriculum per l'avvio al lavoro;
- il NAGA, che sta attuando un intervento di assistenza sanitaria su unità mobile e anagrafe socio-sanitaria finalizzata ad avviare un programma di vaccinazioni per i bambini e le bambine e un'informazione sulla contraccezione per le donne;
- il Gruppo sostegno Forlanini, che sta organizzando una ludoteca e attività di avviamento alla lettura e all'espressività.

Inoltre, già da tempo, i Padri somaschi operano in questo insediamento con interventi individuali per iscrizioni scolastiche e accompagnamento sanitario.

Siamo preoccupati, insieme con gli abitanti, per il destino del campo a causa dell'incombere dei lavori MM. Il campo è in una situazione già di per sé difficile, ulteriormente peggiorata dalla mancanza di acqua, di luce, di servizi igienici.

Date le problematiche specifiche presenti al suo interno (numero minori, precariato lavorativo degli adulti) e le sue proporzioni numeriche, chiediamo una maggiore attenzione e una conseguente strategia che ponga al centro della discussione la RESIDENZA come aspetto essenziale sia della risoluzione delle problematiche legate al lavoro, alla continuità dell'istruzione scolastica dei bambini e delle bambine e alla sanità, sia della collocazione fisica del campo.

Siamo altresì preoccupati per il verificarsi sempre più frequente di controlli da parte della polizia locale (in borghese) talvolta notturni e decisamente invasivi nelle forme (spesso si fanno fotografie e video) che, insieme ai preannunci di sgombero, seminano inquietudine e incertezza tra gli abitanti. Abbiamo ben chiaro inoltre che l'eventuale sgombero interromperebbe i già difficili, ma preziosi, percorsi scolastici dei minori e lavorativi degli adulti.

La stessa Amnesty International (vedi QUI ndr.), un cui funzionario ha recentemente visitato alcuni campi milanesi nell'ambito dell'iniziativa mondiale sul diritto all'abitare dignitoso che questa associazione ha avviato da tempo, ha potuto constatare la specificità e le esigenze dell'insediamento in questione.

Rendendoci perfettamente conto della complessità delle questioni sopraindicate, siamo convinti che una proposta di SPERIMENTAZIONE possa facilitare e avviare un dialogo tra abitanti del campo, associazioni e istituzioni, con l'intento di superare una "impasse" che attualmente, a nostro avviso, non trova sbocchi risolutivi.

Ci premono due sottolineature importanti:
- la necessità di aprire rapidamente un confronto, che sollecitiamo agli Assessorati competenti, per arrivare ad una soluzione positiva, anche sulla scorta delle indicazioni provenienti dal Consiglio di zona 4 (vedi QUI ndr.), maturate in una specifica riunione della sua Commissione Politiche sociali (...);
- non chiediamo, come associazioni firmatarie, di essere gestori, ma sostenitori delle decisioni e delle richieste d'intervento espresse dalla comunità del campo.

Ne consegue che, come associazioni firmatarie, chiediamo l'apertura di un Tavolo con tutte le componenti comunali centrali e periferiche, unitamente alle rappresentanze proprie che il campo riterrà di nominare.

Vi ringraziamo per l'attenzione e restiamo in attesa di un riscontro.

Distinti saluti

Consulta rom e sinti Milano, NAGA, Gruppo sostegno Forlanini

Destinatari:

Assessore alle Politiche sociali Comune di Milano
Assessore alla Sicurezza e alla coesione sociale Comune di Milano
Assessore alla Mobilità Comune di Milano

e p.c.

Presidente Commissione Politiche sociali Cons. comunale
Presidente Commissione Sicurezza e coesione sociale Cons. comunale
Presidente Commissione Mobilità Cons. comunale
Presidente Commissione Pari opportunità Cons. comunale

Presidente Consiglio di zona 4
Presidente Commissione Politiche sociali Consiglio di zona 4

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Di Fabrizio (del 21/03/2012 @ 09:38:43, in musica e parole, visitato 1622 volte)

Osservatorio Balcani e Caucaso di Svetlana Slapšak1 13 marzo 2012

Foto di Camilla de Maffei

Alla scoperta dei multiformi significati della parola čarda, alla scoperta della "cultura della complessità" che caratterizza il sud est Europa. Un approfondimento in vista di Sapori del Danubio, l'iniziativa promossa da www.viaggiareibalcani.it e Slow Food
Tratto da www.viaggiareibalcani.it

Attraverso incredibili traiettorie linguistiche tipicamente balcaniche la parola turca Çardak è penetrata nell'ungherese, nel serbo-croato-bosniaco, bulgaro, macedone e greco.
Può significare torre, piano superiore o soffitta, magazzino o seccatoio (soprattutto per il mais), locanda di bassa qualità, situata di solito lungo una trafficata via di comunicazione o vicino a un fiume; ma dal termine Çarda deriva anche la musica che i rom ungheresi suonavano in queste locande (le csardas) diventata col tempo una danza eponima ungherese... e si potrebbero trovare altri significati.

Non c'è indicatore migliore per descrivere "l'unicità plurima" di cui è impregnata la cultura balcanica, non c'è prova più lampante dell'inconsistenza di tutti i discorsi identitari nazionalistici che hanno fatto breccia tra ampi strati delle società di questa regione. In tutti i suoi significati la parola čarda, csardas, cardak, čardaklija - un tipo di casa in Bosnia -, cognome o toponimo in Macedonia, si associa con l'inferiore e il più felice, declinato in chiave sia musicale che sessuale.

Čarda-Çardak-csardas, la cui radice etimologica deriva forse dalla lingua Avara (črtog, čertog), quindi più alta e nobile di quella turca, denota un posto dedicato al riposo, al piacere e alla contemplazione del mondo - il miglior punto panoramico della casa: fondamentalmente il piacere provato da un voyeur nascosto.

Altri significati accordati a questo termine: balcone, terrazza, stanza delimitata da ampie vetrate, camera del padrone e anche casa di campagna, come le vikendice sparse attorno alle città dei Balcani. Il segno più importante del godimento insito in questa parola è la musica: nelle melodie del rebetiko greco l'uomo invita la donna nella sua čarda per godere insieme i piaceri dell'amore.

In Vojvodina e Ungheria le čarde sono soprattutto i luoghi dove si può sentire la musica Rom. In modo estensivo Čarda potrebbe forse indicare un luogo del peccato? Sicuramente sì, perché il nascosto è la parte integrante di tutti questi multiformi significati. Oltre alle sue declinazioni erotico-dionisiache la parola čarda, nel suo senso culturale e sociale, è un posto dove ci si diverte al riparo dagli sguardi indiscreti delle masse, proprio perché si tratta di un diletto contrario a forme di divertimento caste, approvate dai codici sociali del tempo.

Le čarde e la cultura delle čarde sono frequentate anche dalle classi superiori, come luoghi e tempi dell'illegale. Cornice naturale della produzione di sottoculture, čarda è simbolo di conflitti e accordi - o più precisamente di negoziazioni sociali su cosa sceglieranno per sé gli strati sociali più alti della società nel loro diritto esclusivo ai piaceri della carne e dello spirito.

Per usare una metafora, lo stesso poliziotto che di notte paga musicisti e danzatrici rom affinché animino la sua terevenka (sbornia collettiva) con gli amici, il giorno seguente rimane impassibile vedendo i colleghi chiudere una csarda, arrestare e picchiare i musicisti, o in tempi più bui mandarli nei campi di concentramento. L'intera storia dei Balcani è caratterizzata da esplosioni di violenza contro vari tipi di sottoculture. Parallelamente però sono queste ultime ad aver sempre prodotto le forme comportamentali dominanti legate alla sfera del desiderio e del piacere.

In assenza di quei codici sociali e di quelle istituzioni che nell'Occidente europeo assicurano trasferimenti più complessi tra gli strati culturali superiori e inferiori, questa specificità dei Balcani è potuta sfumare negli stereotipi semplificatori che ricoprono la regione: "balcanofili" che credono di poter trovare nei Balcani emozioni e comportamenti autentici come pure "balcanoclasti" terrorizzati da essi, sono entrambi vittime di una percezione edulcorata delle culture sincretiche di queste terre.

Esiste allora una formula per comprendere i Balcani? Si, ma non è semplice.

Innanzitutto bisogna conoscere almeno una della lingue parlate in questa parte d'Europa; in secondo luogo, aggiungo, almeno due generi musicali dei Balcani. Le correlazioni tra le musiche balcaniche, in termini culturali, sono straordinarie. Quella che forse è la più famosa, il rebetiko greco, conserva tanti elementi della musica rom. Jovan Tsaus, un popolare musicista di rebetiko degli anni venti e trenta del secolo scorso, era un immigrato proveniente dai Balcani centrali. All'altro estremo di questo spazio semantico, nella musica ungherese, è difficile trovare elementi che non siano di origine rom.

Tutti questi tipi di musica tradizionale, dal rebetiko a quella ungherese, includendo la tamburaska di Vojvodina e Slavonia, la musica di Costantinopoli, lo stile anatolico o di Smirne, la sevdalinka bosniaca, le kantade adriatiche o i canti a cappella, sono tutte forme di musica dove l'improvvisazione è un elemento centrale, anche se in realtà tale peculiarità fuoriesce dai Balcani e si diffonde in tutta l'area mediterranea. Un paragone azzeccato che coinvolge la sfera delle sottoculture urbane è la musica americana jazz/blues o il tango. Č la musica che dà il meglio di sé quando viene suonata per la propria anima.

Nel momento in cui alcuni esperti dell'Unesco vollero registrare il rebetiko originale, andarono a cercare il leggendario Vasilis Tsitsanis, scovandolo una sera nella cucina del suo locale, al termine dell'abituale concerto settimanale. Queste registrazioni di Tsitsanis, con una strumentazione ridotta al minimo e la sigaretta all'angolo della bocca contratta in un canto destinato solo a coloro che davvero amavano la sua musica, sono le migliori registrazioni esistenti.

Nelle čarde che conosco lungo il Danubio e la Drava, quando è notte inoltrata e la maggior parte degli avventori è già rincasata, questo è il momento dei repertori musicali ebbri di passione che si custodiscono solo per momenti speciali. Una di queste čarde è rimasta incisa nella mia memoria: è la Čarda "Čingi-lingi", frequentata da bambina negli anni sessanta. Ci andavo con mia mamma e i suoi amici che già a quel tempo dicevano "non è più come una volta". Di loro però non ci si poteva fidare: erano tutti ancora piccoli negli anni antecedenti la Seconda guerra mondiale, e sicuramente si ricordavano più dell'esperienza dei loro genitori che della propria.

Quando in seguito mi capitava di tornare con la memoria al "Čingi-lingi", o quando sentivo raccontare altre storie su di essa, il mio ricordo infantile trovava conferma: tutti parlavano di questa čarda da un punto di vista mitologico, senza un vero legame esperienziale. Perciò ritengo che sia giusto obbedire a questa usanza, e invece di raccontare un'esperienza personale, che a causa della mia giovanissima età e dunque dell'assenza di codici culturali non può essere elaborata sino in fondo, racconto un'esperienza altrui. Riguarda mio nonno, che purtroppo non ho mai conosciuto essendo morto molto tempo prima che io nascessi. "Il nonno Vlado non poteva essere altro che un rom", penso spesso guardando le sue foto. La sua professione - in vita fu un commerciante di successo - deve avergli permesso l'acquisto di un'altra, più "rispettabile" identità. Neanche quella comunque gli è stata d'aiuto a mantenere il senno della ragione, anche se questo è un dettaglio di secondo piano nella storia che sto per raccontare.

Il nonno Vlado era un grande edonista, conosceva tutte le migliori locande con annessi musicisti da Budapest a Zagabria, Novi Sad e Niš giù sino a Skopje. Più a sud purtroppo non arrivò mai. Con tutti i musicisti parlava nella loro lingua madre.
I suoi tour notturni nella città natale, a Osijek, iniziavano sempre al Royal, che oggi è un triste residuo di un locale K&K di un tempo, e finivano alla già citata čarda "Čingi-lingi", oggi solo una rovina, un triste monumento dell'ultima guerra degli anni novanta.
Nelle critiche al suo stile di vita che sentivo dalla nonna, era la frequenza di questi tour a essere rimproverata: la necessità di intraprenderli non si metteva mai in discussione. Amico di ebrei e rom, colpevole di possedere un'identità "sbagliata", il nonno fu tra i primi ad essere ucciso dopo la fondazione del NDH - lo Stato Indipendente Croato. Gettato nella Drava, il suo corpo emerse nel Danubio a Bela Crkva - fatalmente un altro posto famoso per le sue čarde e la sua musica.
Se quindi dovessi definire la mia identità culturale e legarla ad un luogo, la čarda "Čingi-lingi" lungo la riva della Drava potrebbe rappresentare un sicuro rifugio contro ogni identità chiusa, refrattaria alla contaminazione. La čarda non c'è più, le acque della Drava sono passate sulle sue fondamenta. Tuttavia, la musica un tempo suonata tra queste mura aleggia ancora nell'aria, immune a qualsiasi cambiamento politico o sociale. Musica fatta di un continuo dare e ricevere dai propri vicini, con la quale si ama facilmente e si uccide a stento; musica di infelici e perdenti i cui brevi momenti di gioia nessuno potrà mai cancellare.

Chi è?

Nata a Belgrado il 18 gennaio 1948, tra gli anni sessanta e settanta partecipa ai movimenti studenteschi nati attorno al sessantotto jugoslavo. Dopo aver conseguito laurea e dottorato di ricerca in linguistica, inizia a pubblicare articoli e saggi in difesa della libertà di espressione e dei diritti umani. Dagli anni ottanta dedica la sua attività intellettuale al contrasto delle spirali nazionalistiche che stavano crescendo in Jugoslavia. A causa di alcuni articoli critici verso Slobodan Milošević e sua moglie Mirjana Marković, nel 1988 Svetlana Slapšak fu portata a processo: sebbene assolta, perse il lavoro, fu isolata dal resto del mondo accademico serbo, espulsa dall'Accademia delle scienze e delle arti in quanto unica membra a non aver firmato un documento con il quale si rompevano tutti i rapporti culturali tra la repubblica serba e quella slovena.
Tra il 1988 e il 1989 viaggiò instancabilmente attraverso i territori jugoslavi tenendo conferenze contro i venti di guerra che soffiavano sulla Jugoslavia. Quando nel 1991 iniziarono i primi scontri a fuoco in Slovenia, Slapšak si trasferì a Lubiana, dove tuttora vive assieme al marito (l'archeologo Božidar Slapšak), bollata in patria come "traditrice" e "minaccia nazionale". Dagli anni novanta inizia anche il suo impegno a difesa dei diritti delle donne. Dal 1996 insegna presso il Ljubljana Graduate School in Humanities, prestigiosa scuola di dottorato dove insegna studi di genere e antropologia dei mondi antichi. Collaboratrice del settimanale belgradese Danas a partire dalla caduta di Miloševic e del quotidiano sloveno Većer, nel 2005 è stata inserita tra le mille donne candidate al Nobel per la pace.

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Di Fabrizio (del 21/03/2012 @ 09:11:54, in Italia, visitato 1352 volte)

L'associazione Università Migrante e Arci Todo Cambia
presentano
UNIVERSITŔ MIGRANTE 2012 - SESTA EDIZIONE
"Una mattina ci siam svegliati… razzisti" Razzismo e antirazzismo in Italia: storia e geografia di incontri e conflitti

Cinque incontri dal 15 aprile al 26 maggio 2012

PROGRAMMA DEL CORSO
Lo ripetiamo sempre: per combattere il razzismo bisogna conoscerlo meglio dei razzisti.
Il corso primaverile di Università Migrante fornisce strumenti di comprensione e di approfondimento per chiunque, nella propria attività sociale, professionale, educativa o di movimento desideri contrastare con sempre maggior efficacia ogni forma di razzismo e di discriminazione, promuovendo lo scambio interculturale e la convivenza tra cittadini e cittadine di diversa origine e cultura.
Cinque appuntamenti per capire come e perché il razzismo è andato diffondendosi in questo paese negli ultimi anni, ma anche per apprezzare le alternative in campo.

Sabato 14 aprile (dalle 10 alle 13.30)
1. PECULIARITA' DEL RAZZISMO IN ITALIA
PROF. ANNA MARIA RIVERA Antropologa - Università di Bari
Il razzismo "dall'alto", veicolato e rafforzato dai media, alimenta la xenofobia "dal basso" e se ne serve per legittimarsi. Un circolo vizioso che va spezzato se si vuole costruire convivenza civile in una società che è già pluriculturale.

Sabato 21 aprile (dalle 9 alle 13)
2. QUANDO IL RAZZISMO DIVENTA LEGGE
AVV PIETRO DI STEFANO Avvocato e Presidente dell'Ass Todo Cambia
PROF. FEDERICA SOSSI Docente di Estetica all'Università di Bergamo
L'Italia non offre agli immigrati alcuna certezza del diritto. Gli strumenti giuridici per contrastare il razzismo istituzionale e la tutela giuridica dei migranti. L'esempio dei Campi di Identificazione ed Espulsione. Le politiche italiane di esternalizzazione delle frontiere.

Sabato 5 maggio (dalle 9 alle 13)
3. Politiche di inclusione ed esclusione: IL FENOMENO "NORDISTA"
PROF. VINCENZO MATERA Antropologo - Università di Milano
Immigrazione, criminalità, clandestinità, integrazione, assimilazione, multiculturalismo, cittadinanza, seconde
generazioni, moschee e veli islamici, terroristi e stupratori, cibi etnici e intercultura, identità. Il lessico dell'esclusione/inclusione e l'uso della "cultura" nella demagogia politica italiana.

Sabato 12 maggio (dalle 9 alle 13)
4. Politiche di inclusione ed esclusione: L'ESPERIENZA DEL COMUNE DI NOVELLARA
RAOUL DAOLI Sindaco del Comune di Novellara
Con il progetto "Nessuno Escluso" il Comune di Novellara ha vinto nel 2010 il premio nazionale Tom Benetollo per aver saputo ridefinire il concetto di cittadinanza: interculturalità non come risposta ad una emergenza, ma in quanto valorizzazione dell'identità cittadina, includendo i nuovi partecipanti di questo processo; rendendo questa esperienza un modello efficace e replicabile in altri contesti.

Sabato 19 maggio (dalle 9 alle 13)
5. Tavola rotonda: DA VILLA LITERNO A ROSARNO: storia e prospettive del movimento degli immigrati e dell'antirazzismo in Italia
ALY BABA FAYE, MERCEDES FRIAS, KARIM METREF, EDDA PANDO Attivisti del movimento antirazziste e degli immigrati
La nascita del movimento degli immigrati, la sua relazione con il movimento antirazzista, le esperienze positive e negative del percorso di autorganizzazione, lo stato attuale dell'insieme del movimento.

Per iscriversi: Le iscrizioni devono essere inviate via mail a info@unimigrante.net entro il 7 aprile 2012.

Quota di iscrizione: 30 euro. Per frequentare il corso è necessario avere la tessera Arci. Chi non ne fosse in possesso può farla il primo giorno del corso. Il costo è compreso nella quota di 30 euro. La quota di iscrizione serve a coprire le spese del corso che è totalmente autofinanziato.

Luogo: Il corso si svolge presso il circolo Arci Corvetto in via Oglio 21 Milano (MM3 Brenta) sede dell'associazione Università Migrante.

Info: www.unimigrante.net - info@unimigrante.net

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Di Fabrizio (del 20/03/2012 @ 09:18:06, in musica e parole, visitato 4797 volte)

(Note al testo ed Appuntamenti)

FAREPOESIA - RIVISTA DI POESIA E ARTE SOCIALE Anno 3 - N. 6 Marzo 2012
IN QUESTO NUMERO: PAUL POLANSKY POETA LEGGENDARIO a cura di Enzo Giarmoleo

Alcuni affermavano: "La poesia non è democratica, non fa sconti!" Altri parlavano dell'importanza solenne della metrica. Altri dissertavano sulla lunghezza del verso misurandolo. Altri dicevano che i "Veri" poeti in Italia sono circa dieci. Altri li rintuzzavano dicendo che quella era una visione elitaria. Altri parlavano di minimalismo, qualunquismo, epigonismo, di poesia come atto di fede nel futuro…

Mentre la disputa infinita infuriava è apparso a Milano Paul Polansky, poeta leggendario, uno degli scrittori più impegnati nella lotta per i diritti umani nell'Europa dell'Est, erede di una stirpe di guerrieri di un "antico villaggio vichingo", una stirpe di "belve combattenti"1. La sua presenza è riuscita a neutralizzare la controversia. Polansky non è approdato nella Milano dei "Veri" poeti, non ha sventolato bandiere per farsi notare.

Avevo letto il suo nome nelle locandine "resistenti" di realtà culturali come "La Casa della Poesia" di Baronissi e l'associazione "Angoli Corsari" di Reggio Calabria. Una sera di novembre, all'Arci di Turro, nel cuore del quartiere più multietnico di Milano, Polansky si è rivelato e ha rubato l'attenzione del pubblico con le sue poesie e i suoi racconti.

Le sue opere spaziano dalla narrativa alla poesia, inizia a scrivere romanzi per poi approdare, a 50 anni, alla poesia impegnata. Polansky è sicuramente il poeta più coinvolto, a livello globale, nella difesa dei diritti umani delle popolazioni Rom, vittime dell'olocausto. La parola nei suoi scritti ha sempre a che fare con l'azione e, come dice il poeta e attivista americano Jack Hirschman: "Non v'è alcuna fuga artificiosa attraverso lo stile". Polansky non si pone il problema di verseggiare per rispettare certe regole dell'accademia, né d'altra parte potrebbe farlo, tanto impellente è la necessità di raccontare. Per una volta la liricità non ha bisogno di lacci e lacciuoli. La poesia di Polansky è la prova che fuori dal carcere delle strutture linguistiche esistono mille altri modi di fare poesia. Il risultato è che riesce a trasmettere emozioni fortissime; in ogni parola, in ogni immagine, si sente l'odore dell'indigenza, della violenza, della guerra.

Nel 1963 Polansky lascia l'America per sfuggire all'arruolamento per la guerra in Vietnam e si trasferisce in Spagna, un paese dove ancora l'ombra del Caudillo si allunga minacciosa oscurando i cuori e le menti. La Guardia Civil è onnipresente sul territorio. Si sposta anche nella Spagna rurale, spesso girovagando sul dorso di un mulo per le sendas (mulattiere) in paesaggi selvaggi, per ricostruire il filo di sentieri persi e dimenticati, quasi anticipando la sua passione e la sua sete per la ricerca antropologica. Più di mille discorsi, la poesia "Caccia Grossa"2 svela un modo di sentire, quasi una concezione del mondo, con un tocco di ironia.

Nel 1991 parte per la Repubblica Ceca con l'intento di svolgere ricerche sulle origini della propria famiglia di linea paterna. Scopre negli archivi 40 mila documenti riguardanti il famoso campo di lavoro di Lety costruito durante la II guerra mondiale per gli ebrei e successivamente impiegato solo per gli zingari. Polansky non può rassegnarsi quando viene a sapere che il campo era gestito da guardie ceche e non da tedeschi. Contrastato nel suo intento dalle autorità egli cerca eventuali sopravvissuti al campo di lavoro. Le voci strazianti dei sopravvissuti sono contenute nella sua prima raccolta di testimonianze orali "Black Silence" e nel suo primo libro di poesie "Living Thru It Twice" (1998) che, come dice il poeta, gli ha cambiato la vita.

C'è una poesia che rispecchia la dedizione del poeta nei confronti dei Rom, scritta basandosi sulla testimonianza di una donna sopravvissuta al campo di sterminio di Lety, la poesia s'intitola "Pensavo di essere una sopravvissuta", una delle parole chiave del testo è il termine "barcollare" e ci suggerisce nettamente la sensazione di perdita d'identità che hanno provato migliaia di persone. La poesia è talmente densa di emozioni che ogni suo verso potrebbe dare il titolo a questo straordinario componimento.

Durante la fine degli anni '90, Polansky, dotato di grande empatia, combatterà a fianco delle popolazioni rom ceche per ottenere i risarcimenti per i torti subiti nei campi boemi durante la II guerra mondiale e fa propria la storia dolorosa degli zingari kossovari nella guerra Serbo-Albanese. La sua scrittura e la sua poesia saranno le sue armi per raccontare l'esperienza storica del popolo Rom ma anche per dare visibilità ad un popolo che appare soltanto negli "hate speech" diffusi nei discorsi pubblici e nelle rappresentazioni mediatiche negative.

La sua protesta comincia a preoccupare le autorità ceche, un suo romanzo "The Storm"del 1999, in nuce la descrizione di una sopraffazione storica, viene requisito dalle librerie3.

In questi anni la poesia serve ad esprimere questo dolore. Č sempre una poesia che non segue i canoni classici della poesia tradizionale, la rima, la misura del verso; al di là del tema trattato, la drammaticità serpeggia nelle sue poesie. La poetica di Polansky è al di fuori dell'assolutezza di un principio che valga per tutti; c'è solo spazio per le allitterazioni e l'eufonia, tipiche della
antica poesia vichinga, che per il poeta sono naturali4.

Dalla storia inquietante di "Sacchi per Cadaveri" (1999) emergono i mali nascosti dell'America, un esempio di umorismo nero per una vicenda tragica come la strage per mano di due adolescenti5.

Gli anni seguenti vedono la ripresa dei temi dei Rom in Kossovo e nella Repubblica Ceca dove le autorità locali e civili auspicano l'eliminazione o la deportazione di queste comunità prendendo alla lettera la lezione swiftiana6. Nella poesia "The Well" lontano da atmosfere ovattate, c'è il racconto, crudo dettagliato, di uno zingaro vittima di una violenza estrema - uno dei tanti costretti a fuggire "da un paese in cui hanno vissuto per quasi settecento anni".

Come sempre avviene nei migliori esempi alla "Guantanamo", la violenza psicologica perpetrata nei confronti degli zingari cechi è paralizzante quanto quella fisica. Un esempio calzante lo troviamo nella poesie "Un Vestito Nuovo" e "Una scuola speciale". Ironia e sarcasmo del poeta, se da un lato attenuano la drammaticità e la crudezza di alcune poesie-racconto, dall'altro fanno emergere con più forza l'ingiustizia perpetrata nei confronti dei rifugiati come in "Fermata d'Autobus", "Il Presidente del Kossovo" e in molte altre.

I temi dei suoi scritti si alternano, dalle raccolte di poesie sui rom kossovari a quelle con connotazioni antropologiche sulle comunità di zingari, per ritrovare ancora la Spagna dove è iniziata la sua incredibile avventura.

Un suo libro in lingua ceca del 2001, "Homeless in the Heartland" venduto per le strade di Praga dai barboni, ricorda in parte l'epoca dei libri samiždat che venivano scambiati clandestinamente nella Praga degli anni '80. La discriminazione è ricorrente nella poetica di Polansky anche quando racconta la realtà dei senzatetto americani del midwest.

C'è anche una poesia più personale ed intima che ha per oggetto gli anni duri dell'adolescenza quando praticava sport come il football americano e la boxe. La boxe diventa protagonista di uno dei suoi libri più famosi, "Stray Dog" (Cane Randagio, 1999), in cui dagli aspetti violenti emerge la profonda sensibilità umana del poeta7. Nella poesia "Gli imbattuti", pervasa da un grande senso della realtà, alle immagini crude si associa un senso di fragilità e di sofferenza dell'io narrante consapevole che non si vince mai del tutto anche se abbatti l'avversario. Solo chi si distrae durante il "combattimento" non sente la poesia.

Un virus partito da un antico villaggio vichingo, diffusosi poi in America e ritornato in Europa, si aggira ora per Milano; è il virus "Polansky", pericoloso virus dell'empatia che potrebbe insediarsi nelle nostre menti per amplificare la nostra comprensione, per capire ad esempio le ragioni per cui i bambini zingari di Mitrovica (Kossovo) sono morti a seguito di complicazioni dovute ad avvelenamento da piombo nei tre campi ONU costruiti su una discarica tossica.

Dall'azione alla narrazione. Quella di Polansky è una metanarrazione mai consolatoria, che non si sofferma soltanto sulle discriminazione nei confronti dei rom e l'orrore da essi subito. Polansky racconta con molta serenità e in veste di antropologo anche l'origine, i rituali della cultura rom, le abitudini, le credenze, le abilità di questo popolo. Racconta in modo disarmante gli espedienti usati dai rom per sopravvivere, si sofferma su alcuni aspetti non accettati dalle comunità "civili" occidentali: usanze millenarie come la compravendita delle giovani spose o l'atteggiamento fortemente maschilista all'interno delle comunità zingare.

Č grazie a questo approccio, alla serietà delle sue ricerche che la narrazione coinvolge l'ascoltatore e lo fa avvicinare allo scottante problema degli zingari8. La conoscenza di Polansky è frutto di una attenta osservazione sul campo e di pazienti ricerche antropologiche in India, Pakistan, Kashimir, ex Cina. Si scoprono cosi le similarità linguistiche tra gli zingari nostrani e le tribù sansis del Punjab, certa musica zingara del Rajestan in tutto simile al flamenco spagnolo o più in generale i debiti della musica colta nei confronti dei Rom.

Polansky trova nei luoghi originari degli zingari corrispondenze con moltissimi aspetti e dettagli della cultura rom di cui si era impadronito vivendo con i rom sia in Spagna che nel Kossovo.

Si sfaldano nei suoi racconti anche i luoghi comuni che vogliono gli zingari nomadi costantemente in viaggio. Gli zingari, dai musicisti ai maniscalchi, viaggiavano di mercato in mercato per vendere cesti, ferri di cavallo, briglie, setacci ecc, o si spostavano per i lavori stagionali ma solo dalla primavera fino all'autunno. Anche certe leggende, come quella del serpente domestico protettore della casa, suggeriscono che gli zingari non erano nomadi ma vivevano in abitazioni fisse.

La simbologia del serpente, comune agli zingari in Albania, Grecia, Turchia e nelle montagne della Bulgaria, le pietre fluviali messe nelle tombe per garantire l'acqua ai defunti nell'aldilà allo scopo di non mendicare l'acqua nell'altro mondo, certe cure sciamaniche comuni sia agli zingari della Bulgaria che a quelli del Kossovo o l'appartenenza alle caste sono prove del legame degli zingari con l'India.

Polansky sa che gli zingari sulle montagne della Bulgaria credono nel Dio Sole e ritrova questo legame, in particolare a Multan, l'antica capitale del Punjab, dove intorno all'anno mille c'era il famoso tempio del sole e dove arrivavano gruppi consistenti di esiliati dall'Egitto. Da qui anche l'etimo di zingaro: Egyptian come Gypsies.

Un capitolo molto interessante riguarda il ruolo vitale che gli zingari assumono nell'economia di altri paesi. Con l'inizio della diaspora del XV secolo, si spostano dalle regioni balcaniche in Calabria, Sardegna, Spagna diventando spesso manodopera indispensabile a basso costo, specie nell'agricoltura nelle fasi della semina e del raccolto. Questo ruolo vitale restituisce dignità storica, se pure ce ne fosse bisogno, alle comunità zingare ed è un buon punto di partenza per ricostruire una storia che non sia solo il frutto di mistificazioni o di analisi faziose sulla loro cultura.

Intervista a Paul Polansky
a cura di Enzo Giarmoleo



Ho l'impressione che sei molto attento a non farti coinvolgere dal successo facile, dalla notorietà, insomma che ti difendi dal circolo mediatico. Č un'impressione corretta?

Giusto il contrario. Inseguo i media, non per me stesso ma per la mia causa, la mia missione, per aiutare la gente a capire gli zingari, la cultura rom. Ho avuto successo nel coinvolgere BBC (British Broadcasting Corporation), ZDF (Zweites Deutsches Fernsehen, la seconda televisione tedesca), TV Australiana, Arte TV, Al Jazeera, ecc. ma non sono riuscito a fare molti progressi né con i media italiani né con quelli americani. Sia gli uni che gli altri non danno tendenzialmente spazio agli zingari a meno che non si tratti di una storia negativa. Sebbene abbia partecipato a reading in più di 50 città italiane, solo raramente sono stato intervistato dalla stampa italiana poiché agli editori non interessa chi parla in modo positivo degli zingari.

Alcuni episodi della tua vita on the road mi hanno fatto venire in mente "Il Vagabondo" di Jack London, anche se è difficile inquadrarti in una corrente letteraria. Quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?

Jack London, Hemingway e la prima poesia di Bukowsky hanno avuto su di me una grande influenza. Suppongo che verrò sempre considerato un poeta americano fuori patria, completamente fuori dal mainstream, con poco o nessun riconoscimento in America. Credo di trattare temi sociali che non sono popolari per la maggior parte degli americani e che la mia poesia sia più accettata in Europa. D'altra parte ho vissuto in America solo 21 anni e in Europa per ben 49 anni. Credo nel socialismo, termine che in America è considerato una parolaccia. Gran parte della mia poesia è molto di sinistra che significa che molti degli editori americani, se non tutti, ignorerebbero i miei scritti. Lo stesso vale per il pubblico americano.

Polansky spiazza il lettore tradizionale abituato a romanticherie tutte occidentali, con tematiche e soggetti fuori dagli schemi: rom, zingari, barboni, pugili…

Si, perché sono temi rari. I lettori sono più interessati ad ascoltarli. Oggi buona parte della poesia almeno in America, tratta della tragica vita amorosa del poeta. I lettori si annoiano a leggere queste storie senza fine, che sono fondamentalmente identiche. Zingari, pugili, vagabondi hanno ancora storie universali da raccontare, in grado di colpire il lettore. Ogni volta che leggo le mie poesie a studenti della scuola superiore in Italia, succede che gli insegnanti vengono da me e dicono che questa è la poesia che dovrebbero insegnare. Dicono questo perché i loro studenti restano entusiasti e coinvolti mentre trovano noiosa la poesia classica insegnata a scuola. Per quanto grandi siano i poeti classici come Dante, gli studenti oggi non riescono a stabilire un rapporto con essi.

Hai avuto mai problemi con i poeti o i critici dell'establishment che ti hanno fatto critiche riguardo alla metrica, al ritmo, alla lunghezza del verso e cose simili?

Si, certamente. Alcuni poeti e critici non considerano la mia poesia, poesia, neanche antipoesia. Questo non mi disturba. Scrivo per raccontare una storia. Tutte le mie poesie potrebbero prendere la forma di racconti, persino novelle. Faccio molta attenzione alle allitterazioni e all'eufonia perché queste mi arrivano naturalmente, proprio come le mie storie. Il poeta francese Frances Combes dice della mia poesia: "Č il tipo di poesia che amo. Efficiente, saggia e talvolta ironica. Soprattutto testimonianza umana. Questa è la poesia di cui abbiamo bisogno in questi tempi di divertimento massmediale e di brutalizzazione della mente. Poesia fatta non solo di parole ma di vita. Ora penso che le poesie debbano essere vissute prima di essere scritte."

A cosa serve l'ironia? Mi pare che essa non manchi nei tuoi scritti.

La mia poesia deriva da esperienze vere. E ne ho avute parecchie. Sebbene i miei temi siano centrati sull'ingiustizia e sull'ipocrisia, spesso vedo queste cose attraverso il filtro dell'ironia piuttosto che con la rabbia. Ho visto persone morire nelle mie braccia. Ho visto centinaia di persone cacciate dalle loro case saccheggiate e distrutte. Mi succede di descrivere le storie così come le persone le hanno vissute; altre volte uso la lente dell'ironia o dell'umorismo nero. L'ironia è una forma più sofisticata della rabbia. I lettori sono stanchi di poeti e attivisti che battono semplicemente sulla grancassa della politica. L'ironia fa arrivare lo stesso messaggio ma in un modo più interessante, serve anche ad erodere l'ipocrisia.

Come mai non sono stati ancora pubblicati in Italia: Living through it twice (scritto nel 1998), libro che ha segnato una tappa importante nella tua vita, e la raccolta di testimonianze orali Black Silence scritto nell'autunno del 1998?

Innanzitutto questi libri dovrebbero essere tradotti in italiano e questa operazione costa denaro che oggi manca a molti editori. Un'altra ragione è che gli editori non vogliono investire molti soldi in un sentimento di solidarietà per gli zingari. Le case editrici temono che il pubblico non comprerebbe libri che parlano di zingari. Cosi l'ignoranza sugli zingari è alimentata proprio da quelle stesse persone (gli editori) che dovrebbero educare il pubblico.

Vivere nell'epoca della globalizzazione ti reca qualche disagio? Come ti contrapponi ai mali della globalizzazione? Come ti poni nei confronti dei movimenti antiglobalizzazione, contro la guerra?

Ho lasciato l'America nel 1963 a causa della Guerra del Vietnam; credo che da allora non sia cambiato nulla. L'America ancora crede nell'impero, nella guerra, nell'essere il poliziotto del mondo. Oggi il complesso militare-industriale insieme alle lobby israeliane regna sulla politica estera americana. La globalizzazione ha solo contribuito a rendere le imprese americane più ricche e il mondo più povero. I problemi che ne derivano sono difficili da descrivere con la poesia a meno che non si racconti la tragedia attraverso la
storia di un individuo piuttosto che attraverso una diatriba politica. La poesia può raggiungere la gente, e in modo speciale i giovani, più velocemente di qualsiasi altra forma di comunicazione, fatta eccezione forse per il video. Persino il video è troppo lungo qualche volta. La poesia breve può svegliare le persone più di qualsiasi altra cosa.

Leggendo le tue poesie mi sono accorto della ricchezza e della varietà dei temi trattati. Non c'è il rischio che tu venga conosciuto solo come il poeta che difende i diritti umani, in particolare dei Rom?

Ho più di 3000 pagine di poesia non pubblicate che non parlano di diritti umani o di zingari. Una delle mie collezioni non pubblicate parla dei miei giorni passati a fare trekking sul dorso di un mulo in Spagna alla ricerca di sentieri perduti e dimenticati. Un'altra collezione tratta della mia gioventù nella vecchia Madrid. Spero che un giorno la mia "Altra" poesia venga pubblicata.

Puoi dirci brevemente perché hai dichiarato guerra all'ONU nel periodo in cui ti sei occupato dei bambini di Mitrovica.

La missione ufficiale dell'ONU e delle sue agenzie è soprattutto quella di difendere i diritti umani e in modo particolare i diritti dei bambini. Eppure in Kossovo ho visto che l'ONU era presente solo per difendere i diritti degli albanesi. Nei campi ONU dove ho vissuto con gli zingari, i diritti umani non solo non erano rispettati ma erano invece violati da personale ONU, specialmente dagli appartenenti ai livelli più alti. Nella mia esperienza la maggior parte degli ufficiali dell'ONU è interessata esclusivamente a conservare il proprio posto di lavoro, la propria sicurezza, la carriera e la pensione, piuttosto che al benessere delle persone che proprio loro dovrebbero aiutare. Come si può rispettare una organizzazione come l'ONU che ha lasciato vivere bambini in campi ONU costruiti su discariche tossiche per 12 anni? Sin dal primo anno i loro stessi dottori e in special modo l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e la Croce Rossa avevano avvertito l'ONU che ogni bambino nato in questi campi avrebbe accusato danni irreversibili al cervello e non sarebbe vissuto abbastanza per dar vita ad un'altra generazione. L'ONU è gestita da politici disoccupati. Il cinismo, il nepotismo e la corruzione finanziaria permeano i ranghi dell'organizzazione rendendola in molti casi inutile.

Sette poesie

GLI IMBATTUTI


Esistono solo nei fumetti
Persino Marciano non restò imbattuto


Rocky perse fuori dal ring
Perché evitò Kid Rivera


Nella vita reale non puoi evitare gli avversari
specie i peggiori: la famiglia e gli amici


La vita non è un incontro dilettantistico di tre round
ma un campo di sterminio dove fai cose cattive
per sopravvivere


Una lotta a mani nude in un porcile
Senza un gong o un arbitro a salvarti


Ho più cicatrici sull'anima che attorno alle sopracciglia
……………………………………….
………………………………………


Puoi vincere sul ring,
ma non vincerai mai
più di un round
nella vita
…………..


CACCIA GROSSA

Una domenica del 1967
ci allontanammo dalla spiaggia alla ricerca
di una senda sopra Sierra Cabrera


Molti sentieri portavano a
fattorie abbandonate e
a due villaggi semideserti


Eppure ci vollero quattro ore
per trovare un sentiero
e superare lo spartiacque


Nessuna capra di montagna in vista
né bighorn
neanche un cinghiale selvatico


Solo una pernice dalle zampe rosse
che planava giù
per i pendii spogli.


…………………………….


…………………………….


Dopo aver abbeverato i cavalli
stavamo per tornare indietro
quando arrivò la Guardia Civil


Un ufficiale si sporgeva
con un binocolo
dal finestrino della jeep verde


Dietro c'erano quattro guardie
e ciascuna aveva un fucile
con il mirino


L'ufficiale chiese
se avevamo visto
qualcuno sulla vetta


Non mi piacevano i suoi
baffetti ben curati
quindi dissi di no


In seguito venni a sapere che alcuni fuggitivi
repubblicani ancora erano
nascosti nelle sierras dal 1939.


Un cacciatore del posto mi disse:
"questa è l'unica caccia grossa
che ci è rimasta.

 

PENSAVO DI ESSERE UNA SOPRAVVISSUTA

Sono sopravvissuta alle bande della gioventù hitleriana

scappando a Praga
Dopo che mi hanno portato a Lety
sono sopravvissuta


fame
fucilazioni
iniezioni letali
squadre di lavoro
pestaggi
stupri
tifo
e annegamenti
nel fusto di acqua piovana


Dopo la guerra
volevo una vita migliore
ed ho sposato un uomo bianco


Solo uno dei miei otto figli
ha ereditato la mia pelle scura di zingara.


Ora lui è in ospedale
a riprendersi da due operazioni
dopo che gli skinheads
lo hanno impalato su un palo metallico


Non so se sto vivendo
nel 1936 o nel 1995.


Pensavo di essere sopravvissuta,
ma credo di aver solo
barcollato senza arrivare da nessuna parte


SACCHI PER CADAVERI

I sacchi per cadaveri
che la polizia ha usato
per portare fuori
gli studenti morti
sembravano
gli stessi sacchi di plastica nera
che l'esercito usava
per riportare dal Vietnam
i corpi dei miei
compagni di scuola
un anno dopo
il nostro
diploma
Sfortunatamente
non credo
che i sacchi per cadaveri
andranno mai
fuori moda
in America
per gli studenti
delle scuole superiori.


IL POZZO

Mi presero al mercato
dove la mia gente una volta vendeva i vestiti
e dove ora gli albanesi praticano il contrabbando
Quattro uomini mi gettarono sul sedile posteriore
di una lada blu urlando "Lo abbiamo detto
niente zingari a Pristina"


Mentre mi spingevano sul fondo
sentivo la canna della pistola sull'orecchio sinistro
Era così fredda che sussultai proprio mentre qualcuno premette il grilletto
Il sangue mi schizzò su un lato della faccia
dalla ferita sulla spalla
Caddi fingendomi morto
Pregai la mia amata madre morta tutti i
Mulos9 affinché questi uomini non si accorgessero da dove
fuoriusciva il sangue

Quando arrivammo
mi tirarono fuori per i piedi
La testa si schiantò sul terreno
rimbalzando sulle pietre


Mi gettarono a testa giu in un pozzo
Non raggiunsi mai l'acqua
C'erano troppi corpi
Giacevo rannicchiato quasi incosciente
finchè la puzza e il bruciore della calce viva
non mi fecero rinvenire
………………………..
………………………….


A mezzogiorno stavo camminando
attraverso un bosco seguendo un sentiero per carri
che nessuno usa più


Tranne gli zingari
che fuggono da un paese
in cui hanno vissuto
per quasi
settecento anni


UNA SCUOLA SPECIALE

Ho sempre saputo che mia figlia era brillante
Faceva disegni pieni di dettagli
memorizzava tutte le canzoni dei nostri antenati
suonava il piano prima di avere cinque anni


Per cui fui sorpreso quando l'insegnante venne
a casa nostra e ci disse
che nostra figlia non era pronta per la scuola


Il suo ceco non era abbastanza buono
aveva bisogno di aiuto con la grammatica


Mia moglie disse che tutti a sei anni
hanno bisogno di aiuto con la grammatica


Il preside accettò di incontrarci
disse che nostra figlia era una bella bambina
ma sarebbe stata l'unica zingara nella sua classe


Alla fine acconsentimmo
Firmammo il foglio
Non volevamo che la nostra bambina fosse maltrattata


Ma ora quando la porto a piedi a scuola
e vedo la targa sull'edificio
mi si spezza il cuore


Perché non ci hanno detto
che la sua scuola speciale
era un centro per


ritardati mentali


FERMATA D'AUTOBUS

Io e mio marito
avevamo finito di fare le compere
ed eravamo alla fermata dell'autobus
quando arrivò questa macchina.


mio marito era andato presto in pensione
perché non riusciva a vedere bene
A me non va molto meglio ma vidi che gli uomini
che scendevano erano gadzos10


Quando mi svegliai in ospedale
avevo un braccio rotto
il naso rotto e
avevo perso tutti denti anteriori


Eppure ce l'ho fatta ad andare
al funerale
di mio marito

NOTE

Da metà marzo a tutto aprile, Paul Polansky è in tournee in Italia. A fine marzo sarà in Lombardia. Contattatemi per organizzare un reading nella vostra città. Calendario provvisorio:

  1. In Una figlia parla, Boxing Poems, Volo Press, Lonato (BS).
  2. Le poesie "Caccia Grossa"(1999),"The Well", "Pensavo di Essere una Sopravvissuta", "Sacchi per Cadaveri", "Il Pozzo", "Una Scuola Speciale", "Paradiso e Inferno", "Il Presidente del Kossovo", "Gli Imbattuti", sono incluse in Undefeated, P. Polansky, trad. e cura di Valentina Confido, Multimedia Edizioni, Baronissi (SA) 2009.
  3. Polansky: "il governo ceco avvertì il mio editore di Praga, un ebreo slovacco, che sarebbe stato espulso dal paese se avesse pubblicato un altro mio libro. Tutte le copie furono comprate da Prince Karel Schwarzenberg, il cui padre aveva fondato il campo di Lety. Quest'ultimo usava gli ebrei e gli zingari come schiavi durante la guerra e i cechi-tedeschi come schiavi dopo la guerra fino a quando le sue proprietà non furono confiscate dal governo comunista nel 1948. Prince Karel Schwarzenberg oggi è il ministro degli esteri della Repubblica Ceca e il candidato favorito alle prossime elezioni presidenziali." (da un messaggio elettronico del poeta).
  4. Polansky: "The only poetry techniques I have in my poetry are alliteration and euphony (like the old Viking poetry), both of which come naturally to me … like many other themes." (ibid.).
  5. Il riferimento è alla strage di Columbine nel Colorado (inverno 1999).
  6. Jonathan Swift, Una modesta Proposta.
  7. Estratti di Stray Dog si possono trovare in Undefeated, P. Polansky, Multimedia Edizioni Baronissi (SA), a cura di Valentina Confido
  8. Polansky definisce gli zingari con il nome che loro stessi si danno. Se sono rom, kale, sinti… li identifica con questi nomi, quando parla in generale usa la parola "zingaro" che è quella compresa da tutti. Si può approfondire il tema consultando il libro La mia vita con gli zingari, P. Polansky Ed. datanews.
  9. Mulos: spiriti di zingari defunti a cui non è stato ancora concesso di entrare nel regno dei morti.
  10. Gadzos: in lingua Romani, il termine indica i non Rom.

  • 23 marzo: Libreria delle Moline a Bologna  (sera, orario da definire)
  • 31 marzo: Circolo ARCI via d'Acqua a Pavia, alle 21.00
  • 2 aprile: CAM delle Gabelle a Milano, alle 21.00 (gli eventi di Pavia e Milano sono organizzati da FAREPOESIA, LA CONTA e MAHALLA, a breve il programma completo)
  • 13 aprile: Università di Cagliari alle 18.00, evento sponsorizzato dall'Unicef
  • 17 marzo: ore 21:00 Pane e Bacco – Osteria Fuori Porta via IV Novembre, 69 – Rezzato (BS) info: magadellaspezie@osteriapanebacco.com
  • 18 marzo: ore 21:00 Caffè Galetér via Guerzoni, 92h – Montichiari (BS) info: info@galeter.it
  • 27 aprile: Vicenza alle 18.00 a Palazzo Trissino (Sala degli Stucchi), nell'ambito di Dire Poesia
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Di Fabrizio (del 20/03/2012 @ 09:03:14, in sport, visitato 1462 volte)

 (prima di prendervela col sottoscritto, il discorso è un falso ma capita a fagiolo)

Qualche anno fa, mi scappò qualche consiglio semiserio sulle cose da fare in campagna elettorale. Un fatto recente può essere un buon bigino per studiare invece come si comporta in questi casi, col massimo ritorno mediatico e la minima spesa, un potenziale candidato, non importa quanto sia razzista o meno.

I fatti li conoscete, vedono protagonisti un sindaco, un allenatore di calcio, ed il campanilismo tra due città: Chieti e Pescara (quindi in questo caso, facciamo a meno di tirare in ballo la solita Lega).

La prima cosa che salta all'occhio, è che il ROM, lo ZINGARO, diviene una mera scusa, una specie di categoria per sfottere l'avversario (neanche un avversario politico in questo caso). Non c'è bisogno di inventarsi storie di furti, maltrattamenti, percosse o altro... come diceva un vecchio Carosello: BASTA LA PAROLA, ma difatti in quel caso si parlava di lassativi...

(a proposito di razzismo)

    Razzismo come categoria, apro una parentesi: circa venti giorni fa apparve sul Tempo di Roma un articolo (che si voleva ironico) sui napoletani. L'originale non riesco a ritrovarlo, ma qua ve ne fate un'idea.  Chi scrisse quell'articolo venne sommersa di mail di protesta di napoletani, alcune le davano della RAZZISTA, altre della ZINGARA. : - D

Comunque, MAX RESPECT per la risposta dell'allenatore: "Io rom? Non capisco se è un'offesa nei miei confronti o del popolo rom..." 8 - )

Ovviamente, al sindaco non può fregargliene di meno di continuare con l'allenatore, leggo infatti sul suo profilo facebook:
"Ok la battuta su zeman me la potevo risparmiare (ma sapete quanto m'importa a me..." lunghissimo sfogo in sindachese, dove si scusa e rivendica di tutto, ma l'argomento ROM è stranamente scomparso.

Poco più sotto, sempre lui ci concede un'altra commovente testimonianza: "Sono stati intensificati i controlli per la repressione dell'accattonaggio molesto che negli ultimi mesi sta registrando in Città un incremento preoccupante..." (sabato h. 14.12) Però, poverino, assicura che tutti ce l'hanno con lui per motivi elettorali...

E tra un zeman minuscolo ed una Città in maiuscolo, ferve il dibattito, con ogni sfumatura possibile:

Sindaco
Mi dicono che tutto questo polverone, ovviamente io avrei fatto bene a farmi i fatti miei, l'ha alzato la Sclocco che nel confronto televisivo non ha detto nulla ma poi ha riferito parzialmente la mia battuta alimentando questa inutile polemica. Spero sia finita. Inviterò il boemo zeman....

Fioccano le risposte (ovviamente ho eliminato i nomi)
Giusto!!

adesso dici "il boemo Zeman" invece dello " zingaro Zeman" ..da chietino mi vergogno ...bada bene sono della tua stessa area politica ma non mi vergogno a bacchettare che dice cazzate..

Quante persone seriose che invocano rigurgiti di razzismo o una scusa x sfogare una repressa appartenenza politica ora Sindaco dopo la tua battuta puoi far venire tutta la monnezza che non se ne accorge nessuno ! Mah

ottima pubblicità "negativa" per Chieti. Mi stupisco ancora della genialità che riuscite a dimostrare per affondare la città

Certe battute da una persona che ricopre un ruolo simile andrebbero evitate...contesto goliardico o meno è umiliante!! Mah, rimango sempre più perplessa..grazie x il bell'esempio che la politica dà ogni giorno!

Che tristezza ancora ste menate su Chieti e Pescara...andate un po'oltre...o è chiedere troppo? E chiudo qui visto che non ne vale la pena!

magari se Zeman viene scritto con la maiuscola .....

ONORE A TE SINDACO AVANTI COSI

non è una cazzata da calcio: è razzismo!..e io mi indigno.

non ne facciamo un dramma e che avra' detto Mai !!!tutto sto polverone ....stia sereno i problemi sono ben altri rispetto a queste cavolate.

Si vergogni fascistone


La chiusa, al sindaco nostro, ormai lanciato in volata:
Stasera (lunedi ndr.) alle 18.30 rilascerò un'intervista a Radio 24 il Sole 24 ore

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Di Fabrizio (del 19/03/2012 @ 09:51:06, in blog, visitato 1822 volte)

Da NO(b)LOGO - Mar. 16th, 2012 at 11:36 AM

Non mi è molto chiaro che fine abbiano fatto i 30, o 34, milioni di euro del piano nomadi romano di Alemanno.

So solo che una delle prime cose fatte da Alemanno è stata quella di spostare i soldi che la fallimentare precedente gestione della giunta Veltroni spendeva per approssimativi progetti per la scolarizzazione (dico i numeri a memoria: un paio di milioni tra assistenti sociali ed accompagno a scuola di 2000 bambini) ai faraonici progetti sulla guardiania.

Due milioni spesi male dalla giunta Veltroni quelli sulla scolarizzazione, messi ipocritamente all'indice da un Bruno Vespa testimonial elettorale strapagato per la campagna elettorale di Alemanno, ma comunque una posta modesta che aveva almeno il fine di alleviare l'emarginazione. Sarebbe potuto essere investimento per il futuro se i soldi fossero stati spesi bene e sottoposti a controlli sull'efficacia.

Invece Alemanno ha dilapidato in cancelli muri, tesserini, guardie giurate armate telecamere, stimo oltre 8 milioni di euro, non un investimento ma un messaggio per rimarcare l' Apartheid.

Ora è costretto a fare marcia indietro,credo anche e soprattutto per motivi economici, ed affida i progetti sulla sicurezza ad una azienda partecipata interamente da Roma Capitale.

La notizia su il Tempo di Roma:

Questa la notizia.

Ci vuole una ricerca più accurata per cercare la "vision" che l'amministratore delegato di Risorse per Roma vuole far passare per l'iniziativa:

ROMA: I CAMPI ROM DIVENTANO VILLAGGI DELLA SOLIDARIETŔ

a parte la definizione ipocritamente Rutelliana di queste discariche dell'emarginazione che sono i campi romani è inquietante il compito che secondo l'Amministratore Delegato di Risorse per Roma, il personale (precario e non qualificato) messo in campo dovrebbe svolgere:

Da guardie giurate vengono promossi a giudici, con il compito di decidere chi sia un galantuomo e chi sia un farabutto.

L'attuale AD di Risorse per Roma ha esperienze in merito di attività di controllo:

  • è stato Direttore Generale per i mondiali di Nuoto, e non pare che si sia molto distinto a capire come si sono svolti gli appalti,
  • con Risorse per Roma avrebbe avuto dei compiti di vigilanza su Parentopoli

Scusiamolo, distinguere tra galantuomini e farabutti con gli zingari è molto più facile che con i colletti bianchi e gli affaristi.

Di seguito l'intervista da http://foglioverde.com/2012/03/15/roma-i-campi-rom-diventano-villaggi-della-solidarieta//

Dal primo marzo è cambiato il servizio di osservatori ai sette campi nomadi autorizzati della Capitale: Camping River, via Candoni, Castel Romano, via Gordiani, via Salone, Camping Nomentano e Lombroso. Fino al 29 febbraio questi campi erano sorvegliati da tre istituti di vigilanza: Urbe, Città di Roma e Italpol. La gestione è stata trasferita a Risorse per Roma: ne è amministratore delegato Prof. Roberto Diacetti.

Cosa cambia rispetto alla precedente gestione?

    "Cambia soprattutto l’obiettivo - dice il prof. Diacetti -. La vigilanza si arricchisce anche di un impegno di coesione sociale. Si tratta di un progetto sperimentale di un anno, per creare una collaborazione fra gli operatori di Risorse per Roma e quanti vivono nei campi rom."

Quali i compiti di questi nuovi 84 vigilantes?

    "Il loro compito sarà di sorvegliare quanti vivono in questi campi rom, una definizione questa che vogliamo trasformare con i fatti in modo che le attuali residenze diventino villaggi della solidarietà. Un compito certamente non facile ma un risultato che vogliamo raggiungere distinguendo fra galantuomini ed altri che vivono ai margini della legge. É chiaro che se si verificheranno fenomeni di criminalità il personale dovrà rivolgersi alle forze dell’ordine".

Sono stati assunti tutti ex vigilantes ora in mobilità, come mai questa scelta?

    "Abbiamo selezionato personale con esperienza nel settore della vigilanza privilegiando chi era rimasto senza lavoro ma il fatto di avere indossato una divisa non era un requisito di esclusività."

In base a quali regole è stata fatta la selezione?

    "Le società pubbliche non possono assumere direttamente, ma devono pubblicare un bando specificando la modalità selettiva e noi questo abbiamo fatto. Inoltre voglio aggiungere che Risorse per Roma è la prima società ad aver chiesto alle persone assunte di dichiarare di non essere parenti fino al terzo grado con amministratori e dirigenti sia della società che del Comune e questo mi sembra un segnale forte della nostra trasparenza nella gestione delle selezioni."
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