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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Marylise Veillon (del 25/11/2011 @ 09:39:25, in Europa, visitato 1657 volte)

Da Roma_Francais

MENDICANTI IN TRIBUNALE: "LA CACCIA AI ROM CONTINUA"

Intervista: due rumene compaiono lunedì davanti al Tribunale di Bobigny per "abbandono" dopo essere state arrestate mentre mendicavano insieme ai loro figli. Il loro avvocato denuncia un'infrazione aberrante e chiaramente contro i rom.

TF1 NEWS:
"In quali circostanze sono state arrestate le Sue due clienti e cosa viene esattamente contestato loro?"
HENRI BRAUN, AVVOCATO:
"Maria e Genovita sono due giovani donne rom, originarie dalla Romania. Hanno circa venti anni e sono arrivate in Francia alcuni mesi fa, con i loro mariti e i loro figli. Come tutte le cittadine rumene e bulgare in Francia, non hanno accesso al mercato del lavoro. Vivevano quindi in condizioni molto precarie, e sono state costrette a mendicare per sopravvivere e nutrire i loro figli. Sono state arrestate il 6 settembre al Bourget, mentre chiedevano l'elemosina per strada, con i loro figli. Questi ultimi sono stati loro tolti per otto giorni, poi finalmente restituiti. Da allora, sono citate per "abbandono" presso il Tribunale di Bobigny.
Questo reato, che figura nel C.P. Art. 227-15 comma 2, è stato creato per mezzo della legge di sicurezza interna del 2003. Stipula che costituisce un abbandono, in particolare il fatto di mantenere un bambino di meno di sei anni sulla via pubblica o in uno spazio riservato al trasporto collettivo di viaggiatori, con lo scopo di sollecitare la generosità dei passanti. La sanzione prevista è di 7 anni di reclusione e di € 100'000 di multa. In seguito all'istituzione di questo reato, c'è stata una prima ondata di controlli nel 2004 e nel 2005. Poi, il 12 ottobre 2005, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza che impone alla procura di apportare la prova che la salute del bambino è stata intaccata, perché il reato possa essere costituito. Siccome non è mai il caso, gli arresti si sono fermati di netto.
Ma l'attacco è chiaramente ripartito, dall'estate scorsa. La caccia ai rom continua. Questo si ricollega all'offensiva lanciata un po' più di un anno fa, con lo smantellamento di tutti i campi nomadi, in particolare nella zona di Seine-Saint-Denis."

TF1 News:
"Questo lunedì sarà esaminata una questione prioritaria di costituzionalità (QPC), depositata da Lei a metà ottobre, durante una prima udienza: perché Lei si augura che questo testo venga abrogato?"
H.B:
"Ciò che sorprende, nei fascicoli delle mie due clienti, è che possiamo leggere che i poliziotti hanno dichiarato abbiamo reperito e interpellato una donna di tipologia rom. Il mio obiettivo è di fare sparire quest'articolo di legge, che considero chiaramente contro i rom, in quanto fino ad oggi, ho visto soltanto rom essere incriminati sulla base dell'art. 227 -15 comma 2. Quest'ultimo è stato pensato in un senso discriminatorio ed è applicato in modo discriminatorio. Semmai la mia QPC dovesse essere rifiutata oggi, mi rivolgerò alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nel Lussemburgo, per violazione della Carta europea dei diritti fondamentali. Ritengo infatti che la mendicità non sia un reato. E quanto bene verrebbe stabilito che lo sia, la sanzione proposta è totalmente spropositata. E' aberrante. Come è possibile che un furto semplice sia punito con tre anni di reclusione, mentre il semplice fatto di mendicare sia punito con sette anni?"

TF1 News:
"E' il fatto di mendicare con il proprio figlio, che è punito con sette anni di reclusione."
H.B.:
"Sono d'accordo, ma il problema è che queste donne non hanno accesso né ai nidi, né ai baby-parking. Quindi, come devono fare? La giustizia penale è lì per reprimere dei comportamenti nocivi nei confronti della società. Ma nella fattispecie, si mira semplicemente a stigmatizzare una parte della popolazione. Trovo questo insopportabile. E senza fare alcun amalgama o volere tentare di paragonare l'incomparabile, è ancora più insopportabile per il fatto che gli zigani sono stati spesso stigmatizzati nella storia."

TF1 News:
"Nello stesso tempo però, la nostra società non può tollerare di vedere bambini mendicare fuori tutto il giorno, con i loro genitori."
H.B.:
"La questione non è di sapere se si approva o meno moralmente questa situazione. Nel fondo, sono ovviamente completamente d'accordo nel dire che il posto dei bambini di meno di sei anni non è per strada a mendicare. La vera questione è di capire se questo merita una repressione penale. All'ora attuale, non facciamo nulla per questi bambini. Un inizio di soluzione sarebbe di dare a questa gente l'accesso al lavoro. Hanno piene capacità per farlo. Allora, non avranno più bisogno di mendicare."

TF1 News:
"La votazione di questo articolo di legge mirava ugualmente a mette un fermo alle reti organizzate..."
H.B.:
"Può darsi che ciò esista, ma io non ne ho mai visto. Ho semplicemente visto mariti e donne che provavano ad avere una vita migliore per i loro figli. Ma se fosse il caso, esiste un altro testo che condanna lo sfruttamento della mendicità e che non ho ancora mai visto applicato. Allora iniziamo da questo."

TF1 News:
"Durante la prima udienza a metà ottobre, un'altra donna arrestata alla Courneuve e alla quale si rimproverava gli stessi fatti, è stata finalmente rilasciata. Lei si aspetta la stessa clemenza da parte del Tribunale, nei confronti delle Sue clienti?"
H.B.:
"Sono molto fiducioso in quanto all'ottenimento del rilascio, in quanto gli esami clinici effettuati sui bambini hanno dimostrato che godono di perfetta salute. I servizi di polizia stessi, hanno giusto constatato che il pannolino di uno di loro era stato cambiato con un po' di ritardo, e che di conseguenza, il piccolo aveva il sederino leggermente arrossato... Siamo quindi lontano dal maltrattamento o dall'abbandono. Però il mio obiettivo si sposta più in là del rilascio. Il mio obiettivo, come ve l'ho detto, è di ottenere l'abrogazione di questo testo di legge."

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Di Fabrizio (del 26/11/2011 @ 09:21:53, in lavoro, visitato 1658 volte)

2011/11/22

Il 2011 non è stato un buon anno "per il popolo Rom, grande protagonista del riutilizzo in Italia. Nonostante il grande servizio dato all'ambiente e le innovazioni normative, le amministrazioni non danno segnali per la regolarizzare del fenomeno": si apre così la sezione dedicata agli operatori Rom del settore dell'usato, contenuta nel "Rapporto sul Riutilizzo 2011" curato dal Centro di Ricerca Economico e Sociale di "Occhio del Riciclone", in collaborazione con il Ministero dell'Ambiente, presentato il 18 novembre scorso presso la Città dell'Altraeconomia a Roma.

Dal documento emerge che, grazie alla vendita di merci recuperate, circa il 10% di questa comunità riesce a vivere con un reddito onesto. Si tratta di frugatori, in parte sostituiti dalle nuove generazioni di bulgari e rumeni, stanziati ai margini dei mercati spontanei in ritrovi di fortuna e che, non sostenendo costi di trasporto e igienizzazione dei prodotti raccolti, hanno determinato il crollo dei prezzi in vendita. Insieme a quella dei ferraioli sono la categoria più colpita. "Una volta gettato nel cassonetto, il rifiuto diventa proprietà dell'A.m.a. e il suo approviggionamento viene considerato furto", spiega Silvia Paoluzzi, della Rete di Sostegno ai Mercati Rom. "Si rischia addirittura il sequestro del veicolo. Per questo ha preso piede il fenomeno dei ragazzi in bicicletta, che con cassette di plastica, trasportano ferro e metalli in piccole quantità". Poi ci sono i rigattieri e svuotacantine che, non trovando sbocchi nei mercati, sono costretti al conto terzi.

Sempre più ridotto lo spazio concesso nei mercati autorizzati. "Sono sotto attacco in tutta Italia", spiega Aleramo Virgili, portavoce della Rete O.n.u. Lazio (Rete Operatori nazionali dell'usato). "Dalle periferie romane al famoso mercato di Porta Portese; dal mercatino dello stadio San Nicola di Bari a quello di Bonola (Milano); dall'area del Porto antico di Genova o di Piazza Garibaldi a Napoli". Per oltre 10 anni, i "Romano Pijats", i mercati della Capitale, dietro il pagamento della Ta.Ri (tariffa rifiuti) e del suolo pubblico, hanno garantito un reddito ad oltre 500 capifamiglia Rom, consentendo di regolarizzare documenti. Da circa 3 anni la battuta d'arresto. Chi vuole lavorare è costretto ad aprire la partita Iva, che molti non possono permettersi, costringendo la maggior parte a tornare nell'informalità.

La Rete di Sostegno ai Mercatini Rom, nata lo scorso aprile durante gli "Stati Generali del Riciclo", ha raccolto l'eredità di questa esperienza e quella dello Sportello Popolare per i Migranti di via del Quarticciolo 18 a Roma, che dal 2008 ha svolto un servizio di ascolto e supporto legale gratuito fino a tre settimane fa, quando è stato chiuso "a causa di pesanti problemi d'intolleranza razziale da parte degli abitanti del quartiere, molti dei quali coinvolti nella malavita locale" racconta la Paoluzzi. "Il VII Municipio, pur riconoscendo l'importanza che il servizio gestito da volontari ha svolto per decine di famiglie Rom, migranti di origine araba, nordafricana e sud americana, ha preferito farlo chiudere, piuttosto che affrontare il problema. Segno di come la questione Rom sia ancora percepita dalle istituzioni come un problema di sicurezza". L'idea ora è quella di donare la sede ad altre cooperative e di trovare un'altra area dalla quale ripartire.

Al momento la Rete è impegnata a Napoli nei lavori della Prima Assemblea Nazionale degli Operatori dell'Usato, insieme alla Rete O.n.u. di cui fa parte: "Chiederemo mercati multietnici per migranti e la revisione della legge 205, per aprire spazi occupazionali e d'integrazione". E conclude: "In Campania sono stati proprio i Rom a dare il buon esempio durante l'emergenza rifiuti. Dalla ricerca dell'Isde (Associazione Medici per l'Ambiente) ‘Il valore della raccolta differenziata a Napoli', condotta con i dati di Asia e Ispra, risulta che i Rom abbiano contribuito per il 90% al corretto smaltimento di alluminio, rame e materiale ferroso. Fra i pochi quindi, a comprendere che è proprio la differenziazione dei rifiuti il vero ‘Oro di Napoli".

Loredana Menghi

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Di Fabrizio (del 27/11/2011 @ 09:22:12, in musica e parole, visitato 1960 volte)

Young4young.com chi viene e chi va di Ana Cvitan - Raccontare la situazione rom in Italia attraverso l'arte e lo spettacolo. Si può, se hai come santi protettori Daniela e Silvio - giovedì 24 novembre 2011

Antun Blazevic in una foto di Marija Dzalto

Iniziare un'intervista con qualcuno che ti dice che puoi lasciare tranquilla la tua borsa vicino a lui, perché oggi "non lavora", e finirla sentendo la sua dichiarazione di essere invidioso di Berlusconi, perché appare solo lui alla TV italiana e non i rom, non è molto comune. Invece, la conversazione con Antun Blazevic, in Italia conosciuto come ToniZingaro, è andata proprio così. Lui è un mediatore culturale, ha radici zingare, vive in Italia da più di 30 anni e attraverso l'ironia racconta il suo popolo e le condizioni nelle quali si trova dentro la società italiana.

Da un anno gestisce l'associazione "Theatre Rom" che ha il ruolo, come lui stesso dice, «di promuovere la cultura e la tradizione del popolo rom e di far vedere alla società che i rom non sono tutti sporchi, brutti e cattivi, ma che sono pure persone che lavorano, persone che mettono passione nel proporre un messaggio costruttivo, e non solo quello distruttivo, che invece alla società italiana piace sentire e vedere». Nei media i Rom sono spesso presentati attraverso i pregiudizi; nessuno li presenta come persone che «cantano, suonano, recitano, dipingono quadri, lavorano il rame, fanno sculture».

L'associazione "Theatre Rom" non cerca di raggiungere l'obbiettivo attraverso grandi azioni politiche, ma, come dice ToniZingaro, vuole «raccontare lo stato dei Rom in Italia attraverso il palcoscenico e l'arte». Non vuole nemmeno cambiare le convinzioni degli altri, «perché ognuno può pensare quello che vuole. Ciò però non significa che egli non si debba confrontare con se stesso, ripensare i propri modi di ragionare, mettersi nelle condizioni di riflettere se tutti i suoi giudizi sono veri». Antun Blazevic, cosciente della presenza di pregiudizi nella società italiana, li affronta in un modo ironico. Considera che «una risata sana salva la vita» e proprio per questo usa l'ironia per far capire alle persone quale è la vera situazione. «Con l'ironia metti le persone davanti alla realtà, ma rendendola più leggera», dice.

Si intitola "la lettera" lo spettacolo d'ironia e di denuncia, andato in scena la settimana scorsa. Il testo, scritto proprio da lui, racconta il mondo rom attraverso l'umorismo: ad esempio, i figli del protagonista portano i nomi «dei santi protettori del popolo rom: Giulio, Silvio, Daniela, Mario, Umberto, Pier Silvio. È infatti merito loro, se i Rom in Italia si trovano "così bene"».

Tutto quello che fa l'associazione lo realizza con propri mezzi, perché «se con i nostri progetti denunciamo il fatto che il popolo rom per colpa dell'amministrazione è povero e a disagio, mi sembra poi contraddittorio chiedere all'amministrazione di sostenere economicamente questi stessi progetti».
L'associazione promuove anche laboratori per bambini, non solo rom. Si sceglie un'altra metodologia, «si mettono insieme i bambini rom con i gagè (tutti gli altri bambini), perché siamo convinti che la vera integrazione si realizza nel loro incontro. Il mondo occidentale vorrebbe che noi lasciassimo la nostra cultura e ci assimilassimo a loro, per entrare a pieno titolo nella loro società. Ma l'assimilazione è una cosa pericolosa – essa significa perdere l'identità, i valori, il modo di essere, di vivere, il modo di capire e percepire il prossimo».

Non solo attraverso lo spettacolo, ma anche in altri momenti Antun Blazevic è «portavoce dei rom» per richiamare l'attenzione del pubblico su alcuni diritti fondamentali di questo popolo che lo Stato dovrebbe riconoscere: «la minoranza linguistica - perché un uomo senza lingua è come un uomo senza l'identità; il diritto al lavoro; il diritto all'educazione, in modo tale che le scuole non siano più soltanto un "parcheggio" per i bambini rom, ma luoghi dove questi bambini sono trattati come tutti gli altri bambini. Alla fine si dovrebbe rispettare e conoscere la cultura dei Rom, perché soltanto così si arricchisce la propria».

Secondo ToniZingaro è la musica la cosa più significativa del mondo rom. Davvero può arricchire la cultura occidentale: «La musica è una forza molto più potente della bomba atomica. La musica nel mondo rom è capace di aprire tutte le porte, le finestre, i cuori, le anime, le persone. Con la musica trasmetti gioia, dolore, amore, tristezza, felicità, pensieri. Tutto!». C'è poi un'altra cosa che a noi occidentali può insegnare molto: questo popolo ha una grande forza di sopravvivenza. «I rom non si arrendono mai. Anche dopo che qualcuno gli ha bruciato la baracca, essi riprendono subito a vivere, perché sono liberi, non hanno la necessità di essere proprietari di qualcosa, non hanno questo senso della proprietà al quale invece gli occidentali tengono così tanto».

Alla fine gli chiediamo di spiegare la parola "Rom". Ci risponde che preferisce essere chiamato ToniZingaro. La parola "rom", tradotta letteralmente dalla lingua romaní, significa "uomo": non vuole che qualcuno lo chiami con questo sostantivo, mentre poi non lo considera un essere umano.

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Di Fabrizio (del 28/11/2011 @ 09:23:07, in media, visitato 3815 volte)

Questa storia potrebbe iniziare in Svezia, un paese a tratti molto più civile del nostro, talmente triste e nordico che possono dare dei TERÜNI anche a quei polentoni di Cassano Magnago. In Svezia nacque 30 anni fa Zlatan, calciatore dal vago profilo cavallino, capace di sfracelli nei campionati nazionali e sostanzialmente una pippa nelle competizioni europee (un po' come le nostre squadre di calcio negli anni '70-'80). Zlatan ha il problema di molti calciatori viziati: un carattere schifoso (e quando sei ai vertici, devi anche essere educato come Pelè, i sanguigni come Maradona non sono tollerati, neanche se Zlatan ha un approccio alla chimica diverso dall'argentino). Inoltre, cambia squadre di calcio manco fossero mutande. Così, i tifosi avversari (anche quelli che lo adoravano pochi anni prima) cominciano ad urlargli ZINGARO, ZINGARO... perché a questo punto Zlatan non è più uno svedese, ed anche a gridargli BOSNIACO-CROATO non sarebbe la stessa cosa. Zlatan ha origini khorakhané, nonostante le sue mille casacche, quello rimane il peccato originale.

Suo coetaneo è Alan Caligiuri, che alla radio realizza una di quelle trasmissioni pietose con le risate e gli applausi registrati. Il suo siparietto si chiama "Zlatan lo zingaro" (manco a farlo apposta: il peccato originale). Biografia truzza come quella dello Zlatan più famoso.

Il suo Zlatan vive "nella casa a rotelle", ruba, spaccia, sfrutta minori e prostitute... e, devo dire per averne parlato con loro, non dispiace neanche a Rom e Sinti (italiani o stranieri), sempre ansiosi di conformarsi con quel che pensano i gagè. Diciamo che ci hanno fatto l'abitudine a chi di loro parla male, e poi non sono mai stati un popolo da scatenare crociate. Così, stanno allo scherzo, indecisi se si tratta del solito razzismo da poveracci (che per forza se la prende con i più poveracci ancora) o un sistema perché al solito qualcuno faccia soldi usando gli zingari (cioè amici e nemici uniti nell'abbraccio del dio denaro).

DATO CHE L'ORIGINALITA' E' ZERO, la storia potrebbe finire qua. Ma visto che i Rom e i Sinti sostanzialmente se ne fregano, ecco scendere in campo i soliti professionisti dell'antirazzismo, speranzosi nell'ennesima tribuna mediatica. O peggio ancora, di assurgere a portavoce di un popolo che vorrebbe essere ascoltato (qualche volta) in prima persona e senza protettori.

E così la storia riparte, perché al coro antirazzista si uniscono i Rumeni, in Italia e in patria, cioè una delle popolazioni più antizigane che ci siano; maltollerati in Italia, ma che col nostro popolo condividono sicuramente il vittimismo.

Cosa c'entrano i Rumeni? Zlatan al limite è un nome slavo...

Se Caligiuri avesse continuato a ripetere le stesse cose, prima o poi sarebbe diventato una macchietta (come capita a chi non sa variare il repertorio). Ma, ad un certo punto, ha deciso che Zlatan, nonostante il nome, dovesse venire dalla Romania (visto che ultimamente quasi tutti i Rom arrivano in Italia da lì) e ha chiamato la Romania come Zingaria. Apriti cielo! Se sei rumeno, puoi anche essere definito ladro, pappone, prostituta, ma essere solo avvicinato ad uno zingaro significa montare un incidente internazionale.

Poco altro da raccontare: la trasmissione è stata sospesa, Caligiuri si dipinge come una vittima della censura, i professionisti dell'antirazzismo sono contenti perché si è parlato di loro in Romania. Storie da gagé.

Io mi accontenterei che Caligiuri provasse sulla sua pelle cosa significa campare di elemosine e piccoli furti, o raccogliere rottami per 10 euro al giorno. Alan, se non ti faranno più andare in radio (ma non credo, quelli come te cadono sempre in piedi), ti raccomanderò a qualche amico mio, poi mi dirai...

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Di Fabrizio (del 28/11/2011 @ 09:30:06, in lavoro, visitato 1665 volte)

  VENERDI 2 DICEMBRE 2011 ORE 19.00
LA CITTA' DEL SOLE – VICO MAFFEI A SAN GREGORIO ARMENO, 18 – NAPOLI

per
LA KUMPANIA un anno di Percorsi Gastronomici Interculturali

Donne rom e italiane si incontrano in cucina e sperimentano percorsi di emancipazione personale e professionale, per valorizzare e diffondere i rispettivi patrimoni culturali e gastronomici.

Il progetto ha visto la partecipazione di 12 donne rom e italiane di Scampia in un percorso di ricerca azione al femminile costruito intorno al tema della cucina come strumento in grado di favorire le relazioni, l'incontro tra culture e sperimentare una forma di lavoro auto imprenditoriale.

Proiezioni di foto e video
Presentazione di un quaderno di racconti e ricette

CENA con le delizie gastronomiche rom e italiane a cura della Kumpania
a seguire
O' ROM IN CONCERTO

Vi aspettiamo!

Info e contatti
339.2784528 - 348.8842827
sito chiromechino.blogspot.com
lakumpania.wordpress.com
www.orom.it
http://www.facebook.com/oRomgypsyband

email chirom.e.chino@gmail.com
info.orom@gmail.com

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Di Fabrizio (del 29/11/2011 @ 09:14:48, in musica e parole, visitato 1661 volte)

Megaevento domenica passata a Milano. Tanti gli ingredienti: storie di riscatto di piccoli musicisti che suonavano nelle metropolitane, un palco di tutto rispetto come quello del Conservatorio, un fronte inedito per la nuova santa alleanza, una riuscita campagna mediatica, commozione del pubblico... (clicca sull'immagine per leggere l'articolo)

Mancavamo solo noi, e credo che non se ne sia accorto nessuno (per fortuna). Però due righe di cronaca siamo riusciti a scriverle lo stesso:

C'era una volta, tanti e tanti anni fa, un paese chiamato Milano, dove regnava don Colmegna I, detto il buono.

La fama di don Colmegna era giunta anche all'orecchio di un suonatore zingaro di fisarmonica, Jovica Jovic (proprio quello di cui si parla spesso in Mahalla), che allora teneva corsi di fisarmonica dalle parti di via Morigi.

I corsi andavano esaurendosi, e forte della sua passione, professionalità ed esperienza, Jovica propose di tenere dei corsi presso Casa della Carità, aperti a tutti, Rom e no, perché secondo lui è stando insieme che si sconfigge il razzismo.

Don Colmegna mai rispose a Jovica, ma poco dopo iniziò il suo progetto di corsi di violino per giovani rom, gestito da un suo amico.

Probabilmente pensò che se proprio un Rom deve lavorare, non è conveniente che assuma un ruolo di responsabilità, o peggio direttivo.

Così adesso Jovica ha iniziato lo stesso i suoi corsi da un'altra parte,  senza troppa pubblicità e senza gli spot di RadioPop

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Di Fabrizio (del 29/11/2011 @ 09:40:35, in musica e parole, visitato 1741 volte)

Osservatorio Balcani e Caucaso - Fazıla Mat | Istanbul 24 novembre 2011 (altre notizie di Sulukule su Mahalla)

La scuola di Sulukule (foto di Tansel Atasagun)

Per secoli Sulukule è stato il quartiere dei rom di Istanbul, poi le loro case son state distrutte per lasciar spazio a nuove costruzioni. Oggi la vivace tradizione musicale rom torna a vivere a Sulukule in un laboratorio artistico dedicato a tutti i ragazzi

"Amano il rosso, si lodano a vicenda. Sono fatti così i rom, non potrebbero vivere, morirebbero senza uno strumento musicale". Inizia così una famosa canzone rom suonata nelle cerimonie nuziali di strada. Fino a poco tempo fa la si sentiva riecheggiare nelle case delle viuzze di Sulukule, a ridosso delle mura di Teodosio, quando le orchestre del quartiere di insediamento rom più antico del mondo facevano musica nelle "case di divertimento" e la gente ballava e suonava insieme. Altre volte, al calar della sera, quando venivano poste le sedie davanti ai portoni delle case un via vai di violini, kanun, clarinetti, ud, cümbüş attaccavano con la musica, mentre le donne e le ragazze, vestite dei colori più sgargianti, li accompagnavano con le loro danze.

Nel 2009 la musica a Sulukule è stata bruscamente interrotta. Il quartiere è stato completamente raso al suolo per consentire al piano di riqualificazione urbana della municipalità metropolitana di Istanbul di costruire su 46mila metri quadrati un complesso di case moderne, destinate a nuovi inquilini. Le famiglie rom che abitavano nella zona sono state costrette a vendere le loro proprietà (dichiarate fatiscenti) a prezzi stracciati. In cambio hanno ricevuto nuove abitazioni a Taşoluk, a quaranta chilometri da Istanbul, con tanto di mutuo agevolato per pagarne il debito.

Ma delle 337 famiglie che erano partite, quasi tutte sono tornate indietro. Hanno trovato sistemazione, ciascuno secondo le proprie possibilità, nelle zone limitrofe del loro vecchio quartiere, perché vivere in appartamenti isolati, privi del sostegno comunitario essenziale per la loro quotidianità non è stato possibile.

Un innovativo atelier artistico per ragazzi

Lezione a Sulukule (foto di Tansel Atasagun)

La scomparsa di Sulukule e la disgregazione sociale che ne è seguita hanno portato con loro anche un altro rischio, quello di perdere la tradizione musicale tramandata tra i rom di generazione in generazione. Per questo motivo gli attivisti della Piattaforma di Sulukule, che fin dall'inizio del processo di demolizione nel 2006 hanno lottato per salvare il quartiere, hanno pensato di dare vita ad un laboratorio artistico rivolto ai bambini e alle bambine di Sulukule, presentando il loro progetto all'Agenzia per Istanbul Capitale Europea della Cultura 2010.

"Solo un terzo del budget che avevamo richiesto è stato accolto. Ma abbiamo deciso di accettare comunque per non vedere il nostro proposito sfumare del tutto", spiega a Osservatorio Balcani e Caucaso Funda Oral, direttrice del progetto e attivista della Piattaforma Sulukule.

Una piccola casa rosa a tre piani, al confine nord dell'area del quartiere abbattuto, è diventata nell'agosto del 2010 la sede di questo innovativo atelier artistico frequentato da 60 ragazzi e ragazze dai 6 ai 17 anni. "Non ci sono solamente bambini rom, ci vanno anche altri ragazzi della zona", aggiunge Şükrü Pündük, presidente dell'Associazione culturale rom di Sulukule ed altro promotore del progetto.

Tutti a studiare ritmica, danza, elementi di nota, chitarra, violino, kanun, ud, clarinetto, ma anche lettura e scrittura, inglese e da quest'anno sono previsti anche elementi di drammaturgia e cinema. "Avendo avuto modo di osservare negli ultimi cinque anni la vita culturale a Sulukule, ci siamo resi conto di quanto i rom siano naturalmente portati all'arte. I ragazzi hanno un grande interesse per la musica e molti l'hanno già imparata in famiglia, dove spesso ci sono dei musicisti, ma suonano a memoria, senza conoscere le note" aggiunge Oral.

Infatti, se gli allievi del primo livello devono ancora imparare gli elementi di base degli strumenti che hanno scelto, ascoltare quelli del secondo, durante una lezione, è estremamente piacevole, visto che ci si trova di fronte a degli abili esecutori che vengono seguiti anche da maestri della musica rom del calibro di Yaşar Akpençe.

Lezione di violino (foto di Tansel Atasagun)

La formula che unisce un ambiente piccolo ed accogliente ad un metodo didattico elastico, si è rivelata fondamentale per i docenti di musica turca del conservatorio dell'Università Tecnica di Istanbul (İTÜ) che insegnano al laboratorio. Aykut Büyükçınar, docente di violino, proviene lui stesso da una famiglia rom. Per esserci passato personalmente, conosce bene le tendenze e i problemi dei suoi studenti.

"È un dato di fatto", dice Büyükçınar, "noi abbiamo difficoltà a stare negli schemi". Come fare allora a non reprimere la vena naturale dei bambini insegnando loro anche le regole? "Lasciarli liberi di suonare quello che vogliono e insegnare loro le note sulla base dei pezzi che preferiscono. Applicare un nuovo sistema basato su una comunicazione diretta e informale che permetta di coniugare l'insegnamento accademico con quello tramandato dalla famiglia", ci spiega.

Non solo musica

Il laboratorio però non funge solo da scuola di musica. Secondo Funda Oral, che l'anno scorso ha dedicato tutto il suo tempo per tenere in piedi il progetto, "la musica serve ai ragazzi per tenere testa ai problemi della vita. Ma per poter essere forti nella società devono avere anche un'istruzione". Scopo della scuola è anche quello di aiutarli ad accedere alle scuole d'arte e ai conservatori, un proposito che richiede un grande impegno da parte dei docenti del laboratorio, vista la scarsa scolarizzazione dei bambini. E per questo che Oral e Şükrü Pündük stanno cercando di organizzare anche dei corsi da privatisti per loro.

"Qui ci si sposa, si diventa adulti già a 15 anni", spiega Oral. "A scuola i ragazzi spesso vengono bocciati durante l'anno per le numerose assenze. La metà circa abbandona la scuola dopo la terza elementare. L'altra metà continua a stento fino alla conclusione della terza media. Solo due giovani nel quartiere frequentano l'università". Ma, aggiunge: "L'esperienza che abbiamo avuto ci ha dimostrato che attraverso l'arte è possibile avvicinare i ragazzi all'istruzione. In realtà la Convenzione sui diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite prevede che i bambini ricevano un'istruzione in considerazione dei loro talenti, ma è un punto che viene spesso dimenticato. In più abbiamo un altro problema: non sappiamo dove indirizzare i ragazzi, dato che in tutta Istanbul c'è un solo liceo artistico".

I costi di mantenimento del laboratorio artistico sono molto bassi – volendo, se ne potrebbe aprire uno ogni tre vie – propone l'attivista. Si parla di 600 lire turche d'affitto al mese (circa 240 euro) e un piccolo stipendio per gli insegnanti. Ma c'è da integrare il numero degli strumenti musicali. Per alcuni bambini la carta, i pennarelli, i quaderni e i libri sono un lusso incontrato per la prima volta al laboratorio. Fortunatamente, all'inizio dello scorso agosto, proprio quando i soldi a disposizione del progetto erano esauriti, una fondazione ha deciso di finanziarlo per altri 6 mesi.

Un sostegno che i ragazzi del laboratorio si sono guadagnati suonando da soli per quindici minuti all'interno del concerto dell'orchestra giovanile venezuelana Simón Bolivar tenuto lo scorso agosto in Piazza Galata a Istanbul. Prima dell'evento, alcuni membri dell'orchestra, figlia del programma el Sistema Nacional de las Orquestas Juveniles e Infantiles de Venezuela ideato da José Antonio Abreu che in quasi quarant'anni ha trasformato mezzo milione di giovani venezuelani socialmente a rischio in musicisti, sono venuti ad ascoltare un saggio dei ragazzi di Sulukule per decidere sulla loro partecipazione al concerto e l'impressione è stata ottima.

Dopo il concerto Abreu ha fatto i complimenti ai giovani esecutori rom e delle promesse su una futura cooperazione musicale tra la Turchia e il Venezuela. Ma di fronte ad un'improbabile eventualità che lo Stato venezuelano finanzi anche il laboratorio artistico di Sulukule, sta alle amministrazioni turche capire l'importanza di iniziative come questa, investire meno nei centri commerciali e sostenere la crescita della cultura dei suoi giovani.

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Di Fabrizio (del 30/11/2011 @ 09:36:50, in Italia, visitato 1560 volte)

Segnalazione di Paolo Buffoni

Il Dirigibile Comunicato dell'Asce

Si sono presentati in 9 per cacciare una famiglia di Rom ospite di un privato, senza alcun mandato, rifiutando di farsi identificare e di rilasciare un qualsiasi verbale dell'intervento.
Dovevano o volevano cacciare due anziani, due giovani donne, due ragazzi, una bambina di 12 mesi e una neonata di appena 5 giorni.

Motivo, la realizzazione di una baracca per proteggersi dall'atteso freddo invernale.
Nonostante le proteste del proprietario, i vigili si sono trattenuti nell'area recintata per 3 ore e mezza.
Con prepotenza e spregio della legalità come nell'uso delle peggiori squadracce del passato, con atteggiamento ed espressioni minacciose e intimidatorie da parte del comandante.

Per queste ragioni l'ASCE ha sporto querela e segnalato l'avvenimento ad Amnesty International.
I reati ipotizzati sono quelli di violazione di domicilio, minacce e violenza privata.
L'Asce precisa che si è consumato così l'ultimo atto di una lunga serie di pressioni da parte del Comune di Selargius contro il proprietario del terreno perché fosse allontanata la famiglia Rom.
L'Asce ricorda che da anni le sue proposte di collaborazione, coinvolgente gli stessi Rom, di costituzione di un tavolo permanente per trattare la questione e l'avvio di progetti di inserimento, sono rimasti inascoltati e peggio derisi.
Una segnalazione è stata inviata anche al prefetto di Cagliari, alla Provincia e alla Regione.

Il presidente dell'Asce Antonio Pabis

29 novembre 2011

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Di Fabrizio (del 30/11/2011 @ 09:55:10, in lavoro, visitato 2047 volte)

Dall'esperienza del Laboratorio Manufatti Donne Rom nasce la Cooperativa Lavoro Zajedno

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Di Fabrizio (del 01/12/2011 @ 09:14:54, in Regole, visitato 1315 volte)

 Amnesty.it

"Ogni volta che mi sgomberavano dai campi ero molto dispiaciuto... perché non pensavo che era un campo, pensavo che era la mia casa. Era il mio posto che adoravo, dove arrivavo la sera e mi mettevo al caldo... nella casa, nella baracca".

Marius ha 16 anni. È arrivato in Italia oltre un anno fa ed è stato sgomberato già otto volte. Il suo sogno era di "andare avanti", di lavorare, di "essere un ragazzo molto, molto bravo". Ma per lui non è facile.

Nemmeno per Giuseppe, italiano di etnia rom che ha vissuto per oltre 20 anni in un campo autorizzato a via Idro, è semplice. È venuto sapere che le autorità di Milano vogliono ridurre il numero di abitanti del campo e trasformarlo in un "campo di transito". Né lui né la sua famiglia sono stati consultati su questo piano e temono di dover andar via senza un'alternativa adeguata.

Da un po' di tempo si sente sempre più indesiderato nella sua città natale, Milano.

In questa città, le autorità da decenni attuano politiche che sembrano considerare i campi l'unica soluzione abitativa per le persone rom, disinteressandosi inoltre del fatto che queste persone vivano in container sovraffollati, con sistemi fognari vecchi e infestati dai topi. Ma negli ultimi anni, la loro situazione è addirittura peggiorata.

L'"emergenza nomadi", dichiarata dal governo italiano nel 2008, ha permesso alle autorità di Milano di sgomberare forzatamente dai campi non autorizzati tantissime famiglie. Le conseguenze sono state devastanti, soprattutto per centinaia di bambine e bambini rom, la cui frequenza scolastica è stata interrotta.

Anche i campi autorizzati sono stati presi di mira. Una nuova normativa fortemente discriminatoria ha permesso di programmare la chiusura di quasi tutti i campi autorizzati in cui risiedono i rom, anche per consentire l'esecuzione di progetti connessi all'Expo, che si terrà a Milano nel 2015. I progetti infrastrutturali per questo evento internazionale hanno già portato alla chiusura di due campi autorizzati.

Per Amnesty International, dichiarare uno stato di emergenza su basi infondate nei confronti di una minoranza etnica e mantenerlo per tre anni e mezzo è stato uno scandalo!

L'"emergenza nomadi", illegale e discriminatoria in base al diritto internazionale, non avrebbe dovuto mai essere dichiarata. E adesso che anche il Consiglio di stato, il più alto organo amministrativo del nostro paese, ha dichiarato la sua illegittimità, occorre un'inversione di rotta!

Il governo Monti deve porre i diritti umani in cima alla sua agenda, fornendo rimedi alle persone colpite da sgomberi forzati e da altre violazioni dei diritti umani.

Le nuove autorità di Milano devono immediatamente fermare tutti gli sgomberi forzati, mettere a disposizione di tutte le persone sgomberate che non sono in grado di provvedere a se stesse ripari di emergenza, sospendere e rivedere i piani per la chiusura dei campi autorizzati e assicurare che rispettino in pieno gli standard internazionali sui diritti umani.

È il momento di un cambiamento reale per le donne, i bambini e gli uomini rom di Milano!

clicca sull'immagine per scaricare il rapporto

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