Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.

La redazione
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 31/08/2008 @ 08:51:08, in casa, visitato 2433 volte)

Da Roma_Daily_News

Espulsioni Forzate e Diritto alla Casa dei Rom in Russia

Riassunto Esecutivo: I Rom che vivono nella Federazione Russa sono vittime di dure forme di discriminazione razziale, le più flagranti sono gli sgomberi forzati, un fenomeno esteso ed in crescita.

Nel 1956, un decreto del Soviet Supremo proibiva il "vagabondaggio" da parte dei cosiddetti Zingari, obbligandoli a stabilirsi. Dopo il collasso dell'Unione Sovietica, le autorità russe hanno accordato la privatizzazione della terra, ma rifiutato di legalizzare effettivamente gli alloggi delle famiglie Rom sedentarizzate a forza.

Avvantaggiandosi della mancanza della mancanza di documenti sicuri, dell'analfabetismo e dei livelli di povertà estremi nella popolazione Rom, le amministrazioni russe hanno rifiutato di legalizzare l'occupazione delle terre e più spesso l'hanno venduta all'asta al miglior offerente.

I Rom sono incapaci di reagire alle misure di acquisizione delle terre o alle ripartizioni delle porzioni nei programmi generali di progettazione urbana (GenPlan), che spesso sono decise senza consultarli. Di solito non sono considerati quando esprimono lamentele territoriali e senza poteri di fronte ai reclami legali presentati dall'amministrazione.

E' un fatto che l'attuale quadro legale sui diritti di proprietà nella Federazione Russa è particolarmente complesso. La prescrizione conforme dell'articolo 234 del Codice Civile della Federazione Russa sembra essere l'unico rimedio legale disponibile per il precaria situazione dei Rom. Garantisce la proprietà individuale legale  a quanti ne siano stati in possesso apertamente e continuativamente per quindici anni. D'altra parte, di solito i Rom non hanno i documenti richiesti per legalizzare le loro case.

Inoltre, la non registrazione delle loro case impedisce ai Rom l'accesso ad un'ampia gamma di diritti economici e sociali. Effettivamente, la registrazione permanente nella Federazione Russa è obbligatoria, ma pratiche discriminatorie ed un alto livello di corruzione tra gli amministratori locali, spesso privano i Rom della possibilità di ottenere tali documenti. Ciò ostacola il loro accesso all'istruzione, al lavoro e ad altri diritti sociali. Inoltre, gli insediamenti dei Rom sono spesso deprivati di servizi essenziali, come l'acqua, l'elettricità e il gas.

Come risultato, l'unica maniera è di ricorrere ad accordi sottobanco che non offrono garanzia di un indennizzo adeguato o di rilocazione. Sono quindi truffati o diventano vittime di sgomberi forzati quando rifiutano di allontanarsi volontariamente.

Nella maggior parte dei casi, gli sgomberi forzati seguono ad una decisione del tribunale che autorizza l'amministrazione a demolire le case considerate "edifici non autorizzati". In queste decisioni, il diritto ad un equo processo è spesso violato.

Gli sgomberi vengono spesso condotti con violenza. In alcuni casi, i verdetti di espulsione seguono a campagne nei media locali contro l'intera popolazione Rom, che li presentano come trafficanti di droga e criminali. In molti casi, viene richiesto agli stessi Rom di distruggere le loro case. I Rom non beneficiano di alloggio alternativo o di adeguato indennizzo, e sono obbligati a trovare un altro posto dove insediarsi.

In questi casi, i cittadini russi non Rom sono di solito capaci di legalizzare le loro case o ottenere un alloggio alternativo o un adeguato indennizzo, un fatto che conferma la natura discriminatoria degli sgomberi forzati. Questi e la demolizione delle case Rom portate avanti dalle autorità violano il diritto ad un alloggio adeguato, garantito dalla Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali e la Convenzione Internazionale sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Razziale, ratificate dalla Federazione Russa.

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Di Fabrizio (del 30/08/2008 @ 17:29:42, in casa, visitato 2367 volte)

Da Roma_Francais

Fine della più grande baraccopoli di Francia

ALLOGGIO. Lo stato evacua il campo rom di Saint-Ouen (Seine-Saint- Denis). Solamente 24 famiglie coinvolte nel progetto di inserimento

Seduti al sole, gli uomini continuano a giocare a carte. Tuttavia, da qui a qualche giorno, la più grande baraccopoli di Francia non sarà che mucchio di rovine e di rifiuti. Da due anni, circa 650 Rom occupano questo terreno situato a Saint-Ouen, Seine-Saint- Denis, nel quartiere dei magazzini in piena riorganizzazione. La città di Parigi, proprietaria del terreno, e quella di Saint-Ouen hanno firmato un accordo per costruirvi alloggi sociali. Indesiderabili, i Rom sono dunque pregati di andare altrove. Ventiquattro famiglie sono state selezionate dalla DDASS per integrarsi in un "villaggio d'inserimento". Gli altri sono invitati a lasciare la Francia.

Delle 633 persone occupanti il più grande terreno libero di Francia, un centinaio sono già partiti per la Romania, giovedì scorso, con un viaggio offerto dall'ANAEM (Agenzia nazionale di accoglienza degli stranieri e dei migranti), che ha retribuito questi "ritorni volontari" con 300 euro per adulto. Domani, una seconda partenza dovrebbe contare nuovamente un centinaio di Rom. Quanti rifiutano questi ritorni riceveranno un'ingiunzione a lasciare il territorio francese (OQTF). Quanto alle voci di un'espulsione dal campo condotta dalle forze di polizia e prevista domani, Paul Planque, primo assistente del sindaco di Saint-Ouen, rassicura "Non siamo assolutamente in una fase d'espulsione".

Accaldate, molte famiglie hanno già lasciato la baraccopoli per altri terreni. A fianco delle baracche di fortuna in lamiera, il vecchio immobile dell'EDF è già praticamente deserto. Al primo piano, la famiglia Covaciu si fa discreta. I genitori ed i loro quattro figli sono tra i fortunati che usufruiranno del "villaggio d'inserimento". Situato in rue de Clichy, sempre nella zona dei docks, questo terreno accoglierà prima di tutto roulottes attrezzate e poi, entro otto mesi, 25 case mobili. "Quando ho appreso la buona notizia, ho pianto dalla gioia, - racconta la madre Violeta. - E' veramente bene per i miei figli". I bambini saranno scolarizzati ed i genitori accompagnati verso mestieri autorizzati. La madre vorrebbe fare lavori di casa, il padre, lavorare nella ristorazione. Sinora la famiglia ha vissuto della vendita di ferraglia e di mendicità.

All'interno della baraccopoli, le selezioni suscitano gelosie e incomprensioni. "Perché loro e non noi?", tuona un giovane la cui famiglia non è stata selezionata. La sua sorellina, Bianca, 8 anni, e secondo tutti, una scolara modello. "Non ha mai saltato un giorno di scuola," sottolinea Coralie Guillot, dell'associazione Parada, che si inquieta per il percorso scolare della bambina: "Bianca avrebbe dovuto rientrare in CE1 tra qualche giorno, la sua scolarizzazione, ben avviata, può interrompersi." "Sulle 94 famiglie che hanno depositato una candidatura, solo 24 sono state selezionate secondo diversi criteri: padronanza della lingua francese, sforzo di scolarizzazione dei figli e capacità di lavorare in uno dei 62 mestieri aperti ai Rumeni e ai Bulgari dal gennaio 2007. Sette altre famiglie con problemi sanitari saranno prese in carico. "Occorre che questo tipo di villaggio d'inserimento resti a misura umana perché l'inserimento funzioni," sottolinea il sotto prefetto Olivier Dubaut. All'interno di progetti simili, solo 21 famiglie sono state selezionate a Saint-Denis, e 18 a Aubervilliers. "E' la soluzione meno peggio," sospira Paul Planque che chiede una conferenza regionale. "L'alloggiamento dei Rom non può essere di sola responsabilità dei comuni. Occorre una visione a scala regionale, soprattutto quando l'Île-de-France è la regione più ricca d'Europa."

Marie Barbier


"6.000 Rom nell'emergenza"
Malik Salemkour è vice-presidente della Lega dei diritti dell'uomo e membro del collettivo Romeurope

Lo sgombero del più grande campo rom segna una svolta?

Si tratta di una nuova tappa della politica dello Stato che accompagna alcune famiglie e ne espelle altre. Non è una novità, l'abbiamo già visto a Saint-Denis e Aubervilliers. A Saint-Ouen, le grida d' allarme delle associazioni e delle famiglie finalmente sono state ascoltate. Solo, sono state scelte appena 24 famiglie su 100. Le altre sono invitate a lasciare il terreno o il territorio. Ma questi cittadini europei, che hanno un progetto di vita in Francia, torneranno inevitabilmente ed in tempi molto brevi.

Qual'è la situazione dei Rom in Francia?

I 6.000 Bulgari e Rumeni  che vivono qua sono praticamente tutti nell'emergenza. Sono i capri espiatori dello Stato. A livello di rispondere all'uguaglianza dei diritti europei, li si tratta come cittadini di seconda scelta. Lo Stato è troppo repressivo, non abbastanza nell'esame individuale.

La metà vive a Seine-Saint-Denis. Come si spiega?

Con le sue officine industriali ed i terreni abbandonati, questo dipartimento accoglie molti mal-alloggiati. Contrariamente ad altri siti, come l'Hauts-de-Seine, l'espulsione non è immediata. Possono sopravvivere.

Cosa pensa dei villaggi d'inserimento?

E' una soluzione transitoria accettabile per rispondere all'urgenza dell'indegnità delle baraccopoli e rimettere queste persone nel diritto all'abitare. Ma non può essere durevole, come le città di transito che sono durate anni. La loro prima richiesta è d'integrarsi, di accedere ad alloggi di diritto comune e ad un impiego, di uscire dal regime transitorio della Romania e della Bulgaria (i rumeni e i bulgari non possono accedere in Francia che a 62 mestieri - NDLR).

Propos recueillis par M. B.

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Di Fabrizio (del 30/08/2008 @ 09:09:06, in scuola, visitato 2677 volte)

Da Roma_Daily_News

I Rom combattono per un'istruzione più giusta

Per generazioni, milioni di Rom e Sinti - spesso chiamati zingari - sono stati esclusi dalle scuole regolari in Europa. Ma la Corte Europea dei Diritti Umani l'anno scorso ha stabilito che questa è una discriminazione, contro la più grande minoranza etnica del continente.

Ray Furlong della BBC esamina quale impatto ha avuto il giudizio

Non c'è senso di vittoria nel piccolo appartamento di Berta Cervenakova.

I quattro figli, dai 13 ai 18 anni, vivono ancora nella stessa camera da letto di otto anni fa, quando lei iniziò il suo ultimo ricorso di successo contro la Repubblica Ceca. Il cadente blocco di appartamenti è ora un edificio condannato.

Berta Cervenakova

L'anno scorso la Corte Europea riconobbe che la figlia di Berta, Nikola - ora di 18 anni, aveva sofferto di discriminazione essendo stata mandata in una scuola speciale per bambini disabili mentali, anche se non c'era niente di sbagliato in lei.

"La presero da parte per un test psicologico. Mi dissero di aspettare fuori."

"Poi mi diedero qualcosa da firmare, e firmai. Diceva che era ritardata mentalmente - ma non avevo idea di cosa significasse," ricorda.

Ha ricevuto un indennizzo di 4.000 €u. "Ma ciò non la ricompensa per gli anni persi - gli anni dove impari a leggere, scrivere, far di conto. Non posso mandarla a fare compere. Tutto quello che può fare ora è un lavoro manuale."

Ma il verdetto è stato visto dai gruppi Rom come uno strumento importante per combattere una pratica che è comune in Europa - sono seguiti ricorsi in Grecia e Croazia, mentre altri paesi hanno preso misure verso le classi desegregate.

Attitudini

Nonostante ciò, il vero cambiamento è lento da filtrare. I cechi hanno abolito le scuole speciali nel 2006, quando sono cresciute le critiche attorno ai casi in tribunale.

I critici dicono che l'unico cambiamento è nel nome sulla targa della porta -ed una visita ad un'ex scuola speciale di Ostrava sembra confermarlo.

"Nel primo grado di una scuola normale, i bambini sanno contare sino a 20. Qui, arrivano solo a 5 - anche se vogliamo insegnargli i numeri sopra il 10," dice il direttore Jindrich Otzipka della scuola Ibsen.

Mi porta in giro. Nell'ottavo grado, una classe di quattordicenni, c'è un colorato alfabeto sul muro.

Normalmente, i bambini lo imparerebbero durante il quarto rado. Ma questi bambini dimenticano le cose, quindi bisogna continuare a ripeterle," dice.

"Rimprovero i genitori. Non leggono ai loro bambini. I Rom non apprezzano che ci si debba applicare per riuscire. Vivono alla giornata." Immagini simili sono un luogo comune nella Repubblica Ceca, e mi sono state espresse anche da altri insegnanti. Il Ministro dell'Istruzione, Ondrej Liska, dice che cambiare gli atteggiamenti è la sfida più grande.

"Non possiamo dire a quanti insegnano così: dovete andare. Porterebbe al collasso del sistema scolastico."

"Voglio vedere in due anni che gli insegnanti nelle scuole con un'alta percentuale di bambini Rom abbiano una formazione appropriata e voglio vedere un cambiamento in queste scuole - ma non posso dire: domani dovete cambiare la filosofia con cui avete insegnato per 20 anni."

Scelte

Ma i membri della comunità Rom mi dicono che i anche i genitori devono assumersi più responsabilità per come i loro bambini proseguono a scuola.

Radek Bhanga, rapper Rom

"Non sono andato alla scuola speciale perché i miei genitori sono stati rigorosi con me," dice Radek Bhanga, un rapper Rom che ha ottenuto un vasto pubblico interraziale - mischiando  l'hip-hop con i suoni tradizionali zingari.

E' diventato famoso per aver sfidato quello che chiama la "mentalità vittimistica" dei Rom cechi.

"Il popolo ceco è razzista e xenofobo. Ma molti Zingari sono peggio. Non mandano i figli a scuola perché non vogliono che diventino "bianchi". E' un grosso errore. Possiamo parlare di razzismo. Ma viviamo in un paese democratico e ognuno può scegliere."

Sinti

Dopo aver parlato con Radek, mi dirigo in Germania - dove ci sono stati problemi simili nel mandare i bambini Sinti nelle scuole regolari. Voglio vedere che effetto hanno avuto 30 anni di sforzi stridenti per l'integrazione.

La mia visita alla scuola speciale di Straubing, Baviera, è più ottimistica della visita alla scuola di Ostrava. Le lezioni che vedo sembrano molto più esigenti. Ma ancora. i Sinti sono sotto rappresentati in maniera massiccia.

"Le famiglie Sinti vedono questa scuola come la loro scuola," dice il direttore Wolfgang Steinbach.

"Ci mandano i loro bambini, e noi cerchiamo di inserirli nella scuola normale. Ma loro preferiscono che i loro bambini siano in una scuola dove ci sono altri Sinti."

Assistenti Sinti agli insegnanti come Manuela e Nadia aiutano i bambini ad entrare nel circuito scolastico regolare

Frequentano classi speciali con assistenti Sinti per prepararli a rientrare nella scuola principale.

In una classe , ho incontrato Leo - che sarà  trasferito l'anno prossimo nella scuola normale.

Leo ha un carattere insolente e divertente, con le guancie tozze e capelli sparati neri.

Dice che il lavoro in questa scuola è frustrante e che le assistenti Sinti nella nuova scuola lo faranno sentire come a casa. Ma c'è voluto un anno per persuadere i suoi genitori a trasferirlo.

L'esperienza qui è un ammonimento a chiunque si aspetti cambiamenti rapidi nella Repubblica Ceca dopo la decisione di Strasburgo.

Ma Jim Goldston, l'avvocato che rappresenta Berta Cervenakova, dice che quel giudizio è tuttora un momento cruciale.

"I genitori dei bambini nelle scuole speciali o sotto gli standard sono loro stessi i prodotti di uno sviluppo istruttivo discriminatorio. Questo interesserà le scelte dei loro figli."

"Così ci sono problemi con molte delle comunità coinvolte, ma la difficoltà principale resta che il governo renda chiaro che la discriminazione deve finire."

Published: 2008/08/28 00:19:51 GMT
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Di Sucar Drom (del 29/08/2008 @ 13:31:54, in blog, visitato 2298 volte)

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Brescia, quartiere San Polo, all'ombra dell'inceneritore finito al centro delle cronaca quando c'era da risolvere l'emergenza rifiuti a Napoli. Là Augusto Innocenti anni fa acquistò un pezzo di terra e edificò il suo sogno, una villa stile «Via col vento», con colonne d...

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Di Fabrizio (del 29/08/2008 @ 09:06:17, in media, visitato 2466 volte)

Da Nordic_Roma

Il Malinteso by Keith Goetzman

Per altre informazioni sulla cultura Rom, inclusi link ad articoli, interviste, organizzazioni ed altre risorse, visitate utne.com/ Roma (in inglese NDR)

Raccontare l'intera storia del popolo Rom sarebbe un'impresa epica. La saga attraverserebbe secoli e continenti, con una narrazione spezzettata che parte da un gruppo di nomadi quando lasciò l'India e si dirama in una costellazione di distinte comunità attraverso l'Europa e oltre, ognuna formando le proprie tradizioni e stili di vita, tutti perseguitati da stereotipi, sospetti ed altre connotazioni dell'etichetta "Zingara" così spesso loro applicata. Coinvolgerebbe l persecuzione, la discriminazione, ed il genocidio, come pure la musica, le arti circensi ed i propri vestiti e manufatti.

Il fotografo danese Joakim Eskildsen conosceva poco di questo contesto in espansione quando nel 2000 decise di fotografare le comunità Rom per il libro The Roma Journeys (Steidl, 2008). Infatti, confessa di non conoscere "assolutamente niente" sui Rom eccetto gli "orribili, terribili, inumani" stereotipi assorbiti mentre cresceva in Danimarca. Quando cominciò a vivere tra i Rom ungheresi con la scrittrice Cia Rinne, così, si avvicinò alla "storia infinita" del popolo Rom.

"Diventammo così affascinati, così interessati" dal mondo Rom, dice, "ed anche sorpresi da tutta l'ignoranza" dei non-Rom. "Anche i nostri amici più istruiti avevano ogni tipo di strani stereotipi e idee strambe. Abbiamo ritenuto in qualche modo che era impossibile fare qualcosa di superficiale."

Lui e Rinne lavorarono al progetto per sette anni - "il tempo più breve possibile che avremmo mai immaginato" - vivendo nelle comunità Rom in sette nazioni con una notevole abilità di un giornalismo documentario di immersione. L'abilità linguistica di Rinne aiutò a forgiare collegamenti personali ed assicurare una sistemazione strategica come quella di quattro mesi sul sofà di una nonna in Ungheria. Il risultato è un volume vividamente colorato di una cultura selvaggiamente diversa che, vista globalmente, non aiuta ma cambia il punto di vista di un osservatore riguardo ai Rom.

Non è una realizzazione superficiale in un mondo dove i Rom sono ampliamente visti con ostilità. L'espansione ad est dell'Unione Europea ha portato dagli 8 ai 12 milioni di Rom nel recinto d'Europa, e la xenofobia corre veloce in molti dei paesi "vecchi" e "nuovi" del continente

Durante la campagna elettorale delle elezioni nazionali dell'aprile 2008, l'ex primo ministro Silvio Berlusconi promise tolleranza zero verso "Rom, immigrati clandestini, e criminali," e ridiventato primo ministro ha varato misure che prevedono raid polizieschi e regole facilitate di espulsione.

In Bulgaria e Romania, nuovi stati membri UE dove i Rom sono la più grande minoranza etnica, costituiscono anche la maggior parte dei disoccupati. I Rom sono anche oggetto di sgomberi forzati in Slovacchia, Grecia e Irlanda, tra gli altri posti.

Nel contempo, un movimento di difesa legale sta ottenendo attenzione, assieme ad organizzazioni come l'European Roma Rights Centre (www.errc.org) fondato da George Soros facendo pressione sulle singole nazioni, l'Unione Europea e le Nazioni Unite ad aiutare i Rom nell'integrarsi socialmente. Inoltre, le arti e la cultura Rom hanno ottenuto una buona fama alla Biennale di Venezia del 2007, dove il Padiglione Rom ha avuto oltre 20.000 visitatori.

Contro questo contesto turbolento The Roma Journeys evita la politica consumata, salvo una rapida prefazione dello scrittore tedesco Günter Grass. Il libro informa sul dibattito mostrando, non raccontando. Anche il testo di Rinne, che descrive persecuzioni e minacce, lo fa con un approccio che è più documentario che di parte. Eskildsen, dalla sua parte, esige l'autorizzazione artistica.

"Non ho selezionato le mie fotografie con un occhio a [costruire] una storia sui diritti umani," dice. "E' solamente una maniera fotografica, artistica, personale di vedere. Perché sento che c'è una sola cosa importante che possiamo fare - e poi qualcun altro potrà fare qualcosa con quel materiale."

Il libro ha già innescato "parecchia discussione," dice Eskildsen, e pure alcune domande su come possa rafforzare o invece sfidare gli stereotipi. Riconosce prontamente che lui e Rinnie si sono focalizzati su una sola sfaccettatura della popolazione Rom.

"Quello che mostriamo nel libro potrebbe essere descritto come i Rom visibili: quanti lo sono perché vogliono esserlo, o perché non può aiutare - nei paesi dove vivono potrebbero essere messi in pericolo," dice. "Ma c'è almeno una metà della popolazione Rom che vive in Europa ed in altri paesi che è invisibile, e questo lavoro non può agire per loro. E' un'altra storia."

Eskildsen e Rinne hanno scelto specificamente le loro sette destinazioni con un occhio alla rappresentazione dei vari tipi di Rom, che infatti raramente si autodefiniscono con quel termine e piuttosto si identificano con i sottogruppi come i manouches viaggianti francesi, i vari gruppi di professionisti (musicisti, commercianti di cavalli) della Romania, o la piccola ma distintiva comunità Rom finnica con i suoi propri vestiti, dialetto ed abitudini.

Eskildsen e Rinne sono andati anche in India, dove non ci sono Rom. "L'identità Rom è una cosa Europea," spiega. "Linguisticamente si pensa che [il Romanes, la lingua dei Rom] si sia originato in India, e per questo volevamo andarci, dove possibilmente potessero esserci i loro antenati. Di più, ci sono gruppi che tuttora vivono in situazioni simili."

Hanno girato nel loro itinerario in Ungheria, Grecia, e Russia, dove hanno passato un anno a produrre il libro meticolosamente progettato. Soltanto ora Eskildsen sta iniziando a comprendere la portata della sua realizzazione di The Roma Journeys - con due bambini piccoli a casa, sa che può essere un'occasione di una sola volta nella vita. Eppure, spera ardentemente di trovare un giorno il modo di documentare i Rom "invisibili", e nel contempo è ottimista su cosa  possa fare The Roma Journeys per la gente fiera e leggendaria che ritrae.

"Questo tipo di cose non farà una rivoluzione," dice, "ma potrebbe essere un modo di aprire gli occhi su questa cultura molto, molto importante che dovremmo apprezzare. Il mondo intero sta diventando sempre più simile ad una singola cultura, ed aggiunge sapore alla vita che ci siano gruppi differenti e popoli e cultura e linguaggi. Tutto ciò rende il nostro pianeta un posto più interessante dove vivere. Se sapremo girare questa forza negativa contro i Rom in un discorso sulle cose positive - c'è tanto di positivo e bello nella loro cultura - ne beneficeremo tutti.

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Di Fabrizio (del 29/08/2008 @ 00:20:05, in Italia, visitato 1983 volte)

Da Vita - 29 agosto 2008

Parla Eva Rizzin della neonata Federazione Rom e Sinti Insieme

Eva Rizzin, 30 anni, è un vulcano d'energia, con un curriculum in continuo aggiornamento. Laureata in Scienze Politiche con bacio accademico, un anno fa ha discusso una tesi di dottorato in geopolitica sull'anti-ziganismo nell'Europa unita. È qualcosa che la tocca in prima persona: la Rizzin è nata a Udine da mamma sinta e ne va fiera. È anche per questo che la sua lotta contro le discriminazioni e per i diritti di rom e sinti va oltre l'Accademia e la vede quotidianamente impegnata sul campo. Nel 2005 ha fondato OsservAzione, centro di ricerca-azione contro la discriminazione. Appena gliel'hanno proposto, non ha esitato un attimo ad accettare la proposta di entrare a far parte della neonata Federazione Rom Sinti insieme.

Vita: Eva, ci spiega perché nasce quest'esperienza?
Eva Rizzin: La parola chiave è partecipazione. Rom e sinti devono diventare soggetti attivi delle politiche che li riguardano. Per troppi anni in Italia sono stati fatti programmi di stampo assistenzialistico e di "segregazione culturale". Esiste un vero e proprio problema di rappresentatività politica, una questione che, invece, da anni è stata superata in alcuni paesi dell'Est Europa. La Federazione si è costituita il 18 maggio 2008, dopo più di un anno di lavoro del Comitato rom e sinti insieme. Ne fanno parte già 22 associazioni con sede in dodici regioni italiane.

Vita: Perché avete scelto la formula della federazione?
Rizzin: Esiste una profonda ignoranza riguardo a rom e sinti. Il nostro mondo viene considerato come se fosse un blocco unico. Siamo gli "zingari", i "nomadi". Non si conosce la pluralità di gruppi, l'eterogeneità che ci distingue l'uno dall'altro. Io, ad esempio, mi sono laureata con una tesi sulla cultura della mia comunità, i gackane eftawagaria. D'altra parte, coinvolgiamo anche chi non è rom o sinti, non vogliamo escludere nessuno, ma cooperare, lavorare assieme. Va chiarito anche che non pretendiamo di rappresentare tutti i gruppi di rom e sinti in Italia, ma solamente le associazioni che aderiscono alla Federazione.

Vita: Ci sono anche conflitti tra i diversi gruppi. Ad esempio, rom e sinti italiani sono spesso ostili verso i rom immigrati... Come farete a mettere tutti d'accordo?
Rizzin: Non sarà un'impresa facile. È paragonabile al fare l'Europa unita. Siamo un piccolo mondo, è come se fossimo tanti Stati, ciascuno con la propria storia e cultura. Tanto per cominciare, la pluralità dei gruppi è rappresentata ai vertici della Federazione: il presidente è Nazzareno Guarnieri, rom italiano, i vice presidenti sono il sinto italiano Gabrielli Radames e il rom immigrato, Demir Mustafà.

Vita: Perché in Italia la voce di rom e sinti non si è levata prima, per rivendicare una partecipazione attiva sulle politiche che vi riguardano?
Rizzin: Da dicembre 2006 la situazione per le nostre minoranze è sempre più preoccupante, con sgomberi e atti di violenza gratuita. Nasce in questo contesto l'idea di reagire in modo unitario e propositivo. La Federazione si propone di costruire un dialogo diretto con le istituzioni, per promuovere una società aperta e interculturale, l'affermazione della cultura della legalità, il contrasto agli abusi di potere.

Vita: Il clima politico attuale non sembra favorevole al dialogo. Riuscite a farvi ascoltare?
Rizzin: È molto difficile, ma non impossibile. Purtroppo alcuni passi avanti che erano stati fatti un anno fa, ora sono stati azzerati. In luglio 2007 abbiamo contribuito alla presentazione della proposta di legge 2858 per l'estensione della legge 482 del 1999 sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche con il riconoscimento anche delle minoranze rom e sinti. Solo a gennaio 2008, poi, abbiamo partecipato a una Conferenza europea sulla popolazione rom organizzata dai ministeri dell'Interno e Solidarietà sociale. È stato un momento di incontro costruttivo e partecipato: prefetti, politici, forze dell'ordine, organizzazioni internazionali, istituzioni, tutti insieme per affrontare le problematiche concrete che ci riguardano ed elaborare delle risposte condivise.

Vita: Come vi state muovendo?
Rizzin: Non ci diamo certo per vinti. Crediamo che la questione rom e sinti sia trasversale agli schieramenti politici: non è un fatto di destra o sinistra. Alle ultime elezioni il presidente Nazzareno Guarnieri era candidato per l'Udc, Dijana Pavlovic, consigliera della Federazione, per la Sinistra arcobaleno. In campagna elettorale, poi, abbiamo inviato a tutti candidati premier una lettera in sette punti che riteniamo importanti per la tutela dei nostri diritti. Ora abbiamo chiesto un incontro con il ministro dell'Interno, mentre siamo già stati ricevuti dai prefetti di Milano e di Roma.

Vita: In quali circuiti internazionali siete inseriti?
Rizzin: Abbiamo partecipato, il 21 febbraio 2008, all'audizione del Comitato dell'Onu per l'eliminazione della discriminazione razziale. Le Nazioni Unite hanno criticato severamente il trattamento dei rom e sinti in Italia. Il 10 luglio eravamo presenti al meeting Osce a Vienna sulle politiche per l'integrazione, per parlare della situazione italiana. Io sono intervenuta come responsabile della Federazione per il settore Diritti e Legislazione, Razzismo e Discriminazione. Ciascuno di noi si occupa di un'area specifica.

Vita: Quali soluzioni proponete?
Rizzin: Beh, non c'è una ricetta valida per tutti. Si deve sempre partire dal dialogo e partecipazione dei diretti interessati. Di certo prendere le impronte digitali ai bambini, come ha proposto Maroni, non contribuirà all'integrazione nelle scuole. Bisogna invece analizzare quali problematiche impediscono ad alcuni minori di avere un'istruzione. Inoltre, vanno riconosciuti i mediatori rom e sinti, perché i bambini delle nostre minoranze non vengano visti sempre come un ostacolo, ma come una ricchezza. Proponiamo poi un centro di orientamento professionale per adolescenti e adulti, tra i cui obiettivi c'è il recupero e reinserimento nel mondo del lavoro, la progettazione di interventi formativi per il recupero dei lavori tradizionali, la creazione di centri di lingua romanì e di storia e cultura di rom e sinti. Quanto alla casa, vogliamo il superamento dei campi nomadi, con soluzioni abitative adattate alle diverse situazioni, dalla casa alla microarea. E chiediamo la modifica del Testo Unico 380 del 2001 che considera abuso edilizio la sosta di roulotte o case mobili su terreni agricoli.

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Di Fabrizio (del 28/08/2008 @ 18:07:41, in musica e parole, visitato 2363 volte)

Su Rom Sinti @ Politica è apparso un post sulla presentazione alla Mostra di Venezia del film PA-RA-DA di Marco Pontecorvo, ambientato a Bucarest sulla storia (vera) di Milud e dei ragazzi di strada.
Ho ritrovato questa vecchia intervista (22 marzo 2004) ai ragazzi di Miloud, che penso possa interessare:

Premessa tratta dalla presentazione in italiano del progetto (a cura di COOPI)

A seguito della grave crisi economica e sociale attraversata dalla Romania all’inizio degli anni Novanta dopo la caduta del regime di Ceasescu, migliaia di bambini e di ragazzi sono scappati dalle loro famiglie o dagli orfanotrofi finendo sulle strade di Bucarest e del resto del paese, esposti alla solitudine, alla violenza e alla povertà assoluta. Nel 1992 il clown francese Miloud Oukili li ha incontrati nei canali sotterranei della capitale dove si rifugiavano la notte per sfuggire al freddo e alla pioggia.

Da allora Miloud non li ha più lasciati: li ha conquistati con arti del circo e attraverso la creazione della Fondazione Parada ha offerto loro assistenza medica, sostegno psicologico e un tetto…

Il centro diurno accoglie regolarmente centinaia di bambini e di giovani provenienti da diversi paesi della Romania ed è diventato un punto di riferimento importante per la città. Al suo interno si svolgono laboratori teatrali, atelier di clownerie, giocoleria e acrobazia.

Gli educatori inoltre forniscono ai ragazzi supporto psicologico e propongono corsi di formazione scolastica e professionale.

Due équipe di educatori incontrano quotidianamente i ragazzi che ancora vivono sulla strada offrendo loro ascolto, assistenza e un’opportunità educativa.

Negli appartamenti sociali i ragazzi che hanno scelto di abbandonare la strada possono organizzare la propria vita con regolarità, mantenendo la propria autonomia e seguendo progetti personalizzati concordati con gli educatori.

Interviste di Marta Rabbiosi e Fabrizio Casavola al termine dello spettacolo di sabato 20 marzo a ASSOCIAZIONE COLORE via Moncucco 29, MILANO

Zamfir Mia
Da quanto conosci Parada?


Da 12 anni sono col gruppo Parada. Allora vivevo per strada e ci siamo conosciuti lì. C’era una casa, era di Terres des Hommes, che ospitava bambini che vivevano in strada. Andavamo lì la mattina per fare teatro e disegno. Più tardi, ho conosciuto Miloud, che stava con noi tutto il giorno, ma con noi allora non faceva il pagliaccio – questo l’ho capito solo quando abbiamo cominciato a fare spettacoli. Adesso quella casa è stata chiusa dalla polizia, c’erano problemi con i vicini che vedevano tutti quei ragazzi che andavano avanti e indietro.

Io adesso lavoro con Parada e con un gruppo di francesi ho fatto un giornalino.

Sembra una rivista per ragazzi

No, nessun ragazzo comprerebbe un giornalino fatto e venduto da ragazzi di strada! Viene venduto agli adulti in abbonamento. Ci sono alcune cose che sembrano per bambini: qui si parla di Mowgli e del libro della giungla, perché anche lui era stato abbandonato e ha vissuto come un animale. Qui invece uno di noi parla di religione, lui si chiama Costantin, ve lo traduco: “Se non c’era Dio, non c’ero neanch’io… se Adamo ed Eva non avessero fatto peccato, non ci sarebbe stato nessuno di noi…” E poi c’è un mio articolo, dove su un foglio quello che faccio adesso e sull’altro ci sono le foto di com’ero prima.

Se volete riceverlo, richiedetelo a:
Echipa “Strada
Strada Jului, nr. 37
sect. 1 Bucuresti
0742 330392 stradaziar@poste.net

In questi 12 anni la situazione a Bucarest è cambiata?

Credo che i ragazzi per strada stiano aumentando, ma la polizia li va a prendere e li riporta alle famiglie o li rinchiude in carcere molto più di prima. Probabilmente è perché la Romania sta per entrare nella NATO. I canali di Bucarest sono stati sigillati, perché erano il rifugio preferito dei ragazzi di strada e di chi li usava per nascondere la refurtiva.

Qualcosa di importante è cambiato con Miloud. Vedete, io adesso sto facendo questa intervista, ma anche quando vivevo per la strada mi ricordo che si parlava molto di noi, tutti facevano solo parole! C’erano i giornalisti che ci cercavano e ci facevano parlare, ma poi tutto rimaneva come prima. Miloud invece, lui diceva una cosa e la faceva. Così ci ha dato da mangiare!

Dove sei stata con Parada?

In Francia a Bordeaux e poi a Milano. Ogni tour dura un mese. L’Italia l’ho vista molto, ma non mi ricordo tutti i paesi.

Da 12 anni fai teatro e ce l’hai nel sangue. Vorresti continuare o fare qualcos’altro?

Devo dire che in questi 12 anni, ogni tanto ho lasciato Parada e magari sono tornata alla vita di prima. Io sono così. Adesso vorrei lavorare anche con altre compagnie. Miloud lo sa. Ormai sono grande e se potessi lascerei lo spazio agli altri. Magari, iniziare io a lavorare coi bambini.

Cosa studiate a Bucarest?

Studiamo circo e teatro. Parliamo di com’era la nostra vita. I bambini imparano anche a leggere e a scrivere.

Ad aprile, ci sarà un nuovo centro con gli spazi per i laboratori teatrali e la scuola, ed ufficio per l’assistenza legale e per fare i documenti.

Daniel Porcescu
Tu nello spettacolo facevi anche il fachiro. Ci spieghi come si fa?


Mah… E’ una questione di concentrazione. Bisogna stare attenti…

Sei anche uno dei più vecchi di questo gruppo

Ho 28 anni. Io, Corinne e Rafael siamo tra i più vecchi. Sono con Parada da 4 anni, ma ho conosciuto Miloud quasi 12 anni fa.

Ho conosciuto solo mio padre, ma in quel periodo lo frequentavo poco ed ero sempre per la strada, non mi drogavo – non l’ho mai fatto, ma avevo bisogno di aiuto e così mi hanno trovato.

Dodici anni fa c’era un'altra organizzazione, Terres des Hommes e Miloud vi lavorava come volontario.

Cosa ti ha attirato di ciò che ti proponevano?

Ci sono diversi tipi di studio: giocoleria, acrobazia, clownerie, piramide, andare sul motociclo.

Comunque, noi andavamo al centro perché si stava tranquilli e sicuri, poi abbiamo iniziato per divertimento e mi ricordo che mi è piaciuto molto.

Ho iniziato con Parada che ero già grande, e da noi chi lavora col circo viene pagato pochissimo, a meno che non si sia dei veri professionisti di un grande circo.

Adesso lavoro come animatore.

Com’è il lavoro dell’animatore?

Da un anno c’è una squadra di tre/quattro persone con una ragazza francese e lavoriamo sulla strada e negli orfanotrofi. Facciamo circo, sport, disegno, ogni tanto andiamo al cinema.

Lo scorso dicembre c’è stata un’iniziativa chiamata “Decembre magique” e siamo andati a fare uno spettacolo negli orfanotrofi.

Ogni giorno usciamo a cercare ragazzi, di solito 2 o 3 ogni giorno.

In questo gruppo che è qua a Milano, ci sono due ragazzi piccoli, di 14 e 16 anni, è da un anno e mezzo che sto lavorando con loro e solo da tre mesi sono usciti dalla strada.

Voglio continuare a fare l’animatore.

Quanti siete in tutto?

Siamo 4 animatori oltre all’animatore francese. Per i ragazzi che frequentano le attività, non saprei essere preciso: non esistono gruppi stabili di ragazzi coinvolti, il loro numero cambia continuamente. Per esempio: un giorno ne troviamo 2 in una piazza, e il giorno dopo magari si sono spostati in un’altra zona, oppure hanno altro da fare e magari riagganciamo qualcuno che avevamo conosciuto un’altra volta.

C’è qualche viaggio che ti ricordi?

Neanch’io ricordo tutti i posti dove siamo stati: le tournee sono molto piene e difficilmente troviamo il tempo di fare qualche visita.

Ho fatto 10 tourneé: 7 in Italia, 2 in Francia e una a Mostar, in Bosnia Herzegovina. Sono stato molto contento di essere andato a Mostar, perché per noi è stato il segno che la guerra fosse veramente finita. Quello di Mostar era un progetto veramente grande, si chiamava “Carovana dell’acqua”, c’erano tante organizzazioni francesi con Miloud, gruppi italiani da Novara, Varese, Torino e circhi professionisti. L’ultimo spettacolo che abbiamo fatto a Mostar, al solito la platea era divisa con i cattolici da una parte e i musulmani dall’altra, ma alla fine applaudivano mischiati tutti assieme.

Emil … - assistente sociale del gruppo
Parlate tutti molto bene l’italiano

Sì, la lingua è simile e poi la perfezioniamo nelle tourneé. Inoltre, a Bucarest abbiamo rapporti non solo con i francesi, ma anche con molte organizzazioni italiane, COOPI ad esempio collabora col nostro progetto

Tu sei arrivato a Parada in un’altra maniera…

Non vengo dalla strada, me lo si legge in faccia! Ho studiato a Bucarest e come tutti cercavo qualcosa da fare, però volevo anche occuparmi degli altri in maniera seria.

Ho sentito parlare di Parada, questo gruppo di matti, e sono andato a vedere cosa c’era da fare. E’ stato 5 anni fa e da allora sto con Parada.

Il primo che ho conosciuto è stato Rafael, che oggi faceva il presentatore. Con lui e con gli altri nel tempo quella che all’inizio è un’amicizia spontanea e istintiva, diviene un rapporto vero e profondo, al di là dei ruoli reciproci.

Come si crea il rapporto con i ragazzi?

In realtà, il mio lavoro non ha molto a che fare con l’assistente sociale. Seguo i ragazzi nelle materie scolastiche e nelle uscite, principalmente il mio lavoro è parlare e farli parlare, metterli a confronto in ogni momento del giorno sui problemi che hanno avuto e che vogliono affrontare.

Verso le 7, le 8, raggiungo il centro e c’è da fare sino a mezzanotte, insomma è un lavoro serio e impegnativo.

Adesso disponiamo anche di un caravan, che gira per le strade per dare vestiti e assistenza sociale ai ragazzi abbandonati. La mattina lo adoperiamo per andare a cercare i ragazzi e qualche volta per portarli con noi al centro.

Anche per strada non mi presento come “assistente sociale”, ma chiedo: “chi sei, cosa fai?” e a loro volta mi chiedono chi sono io e cosa voglio da loro. Io gli dico che sono di Parada e non ho bisogno di dire altro, questo nome è conosciuto da tutti i ragazzi di strada. Loro sanno chi siamo e cosa facciamo, quindi se vogliono cominceranno a frequentare il centro. Anche al centro le regole e il lavoro sono chiari: succede anche che qualcuno appena arrivato mi chiede di partire in tournee, e gli dico: prima studia e poi vedremo…

Anche dopo lo spettacolo vi siete ritrovati a discutere

E’ un confronto diverso da quello che dicevo prima. In quel caso parliamo espressamente dello spettacolo che è appena terminato, cosa è andato bene e cosa si può migliorare. Questo pomeriggio è stata una riunione molto lunga.

I ragazzi di strada ci sono solo a Bucarest o anche nelle altre città?

Principalmente a Bucarest. Nelle altre città non è un fenomeno rilevante: di solito i ragazzi abbandonati vivono per un po’ di tempo nei pressi delle stazioni e appena possono raggiungono Bucarest, che vedono come una specie di La Mecca.

Ho sentito che gli altri dicevano che i ragazzi che vivono in strada stanno aumentando: io ho visto alcune statistiche (ma non so quanto siano veritiere) e sembra che invece stiano diminuendo. Anche la situazione sulla chiusura dei canali non è definita: la polizia li chiude per ragioni di sicurezza, ma spesso i ragazzi riescono a riaprire dei passaggi e tornano a rifugiarsi lì. Quello che può essere cambiato negli anni, è che prima i ragazzi di strada sopravvivevano per una specie di spirito di clan, che li univa e in parte serviva a proteggerli da loro stessi e dagli altri, mentre adesso ognuno è abbandonato a se stesso.

C’è qualche ragazzo che ha lasciato Parada per fare altro?

In 8 anni saranno stati una ventina. Manteniamo comunque i rapporti. Tutti hanno scelto un’attività in proprio. La maggior parte lavora nelle costruzioni o nel piccolo commercio, in regola con la legge e i suoi permessi.

Che altro dire? E’ dura, anche se una durezza differente dal vivere per strada.

Dopo intervista

· Con 10 euro al mese finanzi i laboratori di clownerie e giocoleria del centro diurno

· Con 25 euro al mese finanzi le attività del caravan notturno

· Con 50 euro al mese contribuisci allo stipendio di un educatore

· Con 100 euro al mese finanzi una borsa di studio per un ragazzo

NUMERO VERDE 800.11.77.55 – c.c. postale 142273 intestato a COOPI – Ragazzi di Bucarest
Tel./Fax 0376 73.00.77 ragazzi.Bucarest@coopi.org

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OT?
Di Fabrizio (del 28/08/2008 @ 12:27:19, in media, visitato 2136 volte)

E' un argomento che apparentemente c'entra poco con quello che tratto di solito. Ma se avete 20' (ho notato che siamo preda di un'attenzione che vuol consumare in fretta) di tempo libero, ecco un video che vi consiglio, dove Annie Leonard, doppiata in italiano, racconta la storia delle cose e spiega perché siamo tutti diretti contro un muro.

(Il suggerimento arriva da Marlenek)

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Intervengono:
Gian Carlo Corada - Sindaco di Cremona
Marco Niada - Corrispondente da Londra de "Il Sole 24 Ore" e autore di "La nuova Londra - Capitale del XXI secolo" - Garzanti editore
Dijana Pavlovic - Attrice e mediatrice culturale della comunità Rom
Ivan Scalfarotto - Partito Democratico

Modera il dibattito:
Alessandra Coppola - "Il Corriere della Sera"

MILANO - MM Lampugnano (mappa) alla libreria della Festa Democratica

sabato 6 settembre 2008 alle 21.00
 

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Di Fabrizio (del 27/08/2008 @ 09:40:51, in musica e parole, visitato 1753 volte)

Il 28 agosto i Gogol Bordello suonano a Milano, all'Idroscalo. Dalle 21.00 diretta del concerto su Radiopopolare, che può essere ascoltata anche in streaming dal vostro computer

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