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Gli Zingari fanno ancora paura?

La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 26/08/2009 @ 09:49:06, in Europa, visitato 1863 volte)

Segnalazione di Giancarlo Ranaldi

da Finanzainchiaro.it

William Blacker (foto Romania Libera)

Innamorato di una zingara e di una campagna che gli ricorda i romanzi del diciannovesimo secolo, lo scrittore e giornalista britannico William Blacker passa metà dell'anno tra i contadini della Transilvania. Ritratto di un uomo a cavallo tra due mondi.

In un villaggio della Transilvania, vicino a Sighisoara, la gente si riunisce ogni sera nella sola osteria del posto, in attesa del ritorno del bestiame al pascolo. Una maggioranza di romeni, qualche sassone e diversi zingari si rilassano seduti su cassette vuote di birra. Qualche giovane zingaro balla su una melodia lontana. Improvvisamente i bambini smettono di giocare e corrono verso un uomo che si avvicina in bicicletta: "Signor Uigliammm, signor Uigliammm!" L'uomo, che porta un cappello bianco e occhiali rotondi, sorride ai bimbi. Gli abitanti del posto dicono sottovoce: "L'inglese è tornato per vedere la sua zingara". Il nome del nuovo arrivato è William Blacker, nato 46 anni fa in qualche parte dell'Inghilterra meridionale e trapiantato in Transilvania, dov'è arrivato per caso. Vive qui da nove anni e ha un bambino di 3 anni è mezzo, frutto di una storia d'amore con una giovane zingara del villaggio.

Da molto tempo quest'uomo è diventato parte integrante del posto. Un giorno della sua vita in campagna non assomiglia affatto a quella dei suoi amici in Inghilterra: lavora i campi tra gli zingari, taglia l'erba con la falce, ripara i muri di calce delle vecchie case sassoni e la sera gioca a scacchi con i vecchi del villaggio. A volte Blacker fa visita alla sua ex ragazza, Marishka, la piccola zingara per la quale si è trasferito qui: "Al ritorno da un viaggio in Inghilterra l'ho trovata incinta. All'inizio non pensavo di essere io il padre, ma come vede ci assomigliamo come due gocce d'acqua", dice William, e abbraccia Costantin, che ha ereditato il suo sorriso e i suoi occhi blu. Il piccolo vive con la madre insieme alla sua famiglia di zingari musicisti, a pochi minuti dalla casa di Blacker.

Da Berlino a Satu Mare

"Ho messo per la prima volta piede in Romania pochi giorno dopo la rivoluzione del dicembre 1989. Avevo lasciato l'Inghilterra con l'intenzione di visitare Berlino, il Muro era appena caduto", racconta l'inglese. Le notizie in televisione sulla rivoluzione romena e la lettura di alcuni articoli sulla bellezza dei monasteri locali lo hanno spinto più a est. Così è passato per la Cecoslovacchia e l'Ungheria ed è entrato in Romania; ha dormito a Satu Mare in un albergo senza elettricità. Il giorno dopo è rimasto a bocca aperta: "Nella piazza centrale della città c'erano solo cavalli e carretti. Ho pensato che il mondo dovrebbe assomigliare a qualcosa del genere". Blacker aveva già visto l'India e diversi paesi dell'America latina, ma la Romania lo ha affascinato più di qualunque altro posto. "Avevo letto i romanzi di Thomas Hardy e Tolstoj e quando sono arrivato in Romania mi sono detto: 'Incredibile, adesso posso vedere con i miei occhi le cose che descrivevano'".

Nel 1996 Blacker, non volendo più solo limitarsi a vedere la vita di questi contadini ma vivere come uno di loro, si è trasferito vicino a Satu Mare, "prima dell'arrivo dell'Occidente". Nei quattro anni di vita in mezzo ai contadini di Maramures, questo inglese ha partecipato ai matrimoni, ai funerali, alle feste, all'uccisione del maiale: "Ho sofferto, ho pianto, ho riso". Blacker è sempre stato attratto dalla vita degli zingari della Transilvania. Nel suo libro, appena pubblicato in Inghilterra, Along the Enchanted Way: A Romanian Story, descrive gli zingari come un popolo posseduto dal principio del "dolce far niente". Gente che sa cantare e ballare in modo meraviglioso e che ritiene la vita troppo breve per passarla a sfacchinare.

Per un bel po' l'inglese ha fatto numerosi viaggi su è giù tra Maramures e il villaggio della Transilvania dove vive oggi. La sua vita nel villaggio di Halma (il nome fittizio utilizzato nel libro) ha degli aspetti romanzeschi. Ha scritto un articolo sulla drammatica situazione delle case sassoni abbandonate dalla popolazione di origine tedesca, emigrata negli anni Novanta, e ha ottenuto dei contributi per il loro restauro. All'epoca Blacker guidava la fondazione Mihai Eminescu, finanziata dal principe Carlo.

Solo più tardi ha conosciuto Marishka, e hanno deciso di trasferirsi in una casa sassone. Non gl'importava che Marishka avesse solo la quinta elementare e lui una laurea in una prestigiosa università inglese. Blacker la ha persuasa a leggere. "Le ho dato una copia in romeno di Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen. Dopo qualche giorno Marishka faceva già dei commenti: 'Ma questo Darcy è così arrogante!'. Tuttavia mentre leggeva mi sono reso conto che il volume diventava sempre più sottile. Dopo un po' ho scoperto che utilizzava le pagine lette per accendere il fuoco!» Anche se non si sono mai sposati, Marishka e William si sono scontrati con la cattiveria di alcuni abitanti del villaggio romeno, che hanno cercato di allontanarlo dalla "feccia della società". Adesso quei giorni sembrano dimenticati, gli animi si sono calmati e tutti parlano bene di lui. "È un uomo meraviglioso. Non ha mai diffidato degli zingari", ha detto Marishka.

Vent'anni dopo aver scelto di vivere in un paese ex comunista, la sua decisione non sembra più tanto eccentrica. A volte Blacker si chiede quale sarà la vita di suo figlio fra gli zingari: "Mio figlio è per metà zingaro e per metà inglese. Per ora sono felice che viva qui". E si ricorda della reazione dei suoi genitori: "Non erano molto contenti. Avevo 30 anni e volevano che avessi un lavoro rispettabile. In diverse occasioni ho dovuto spiegare loro che qui stavo bene. Era il posto giusto per me. La mia infanzia nel sud dell'Inghilterra, in campagna, potrebbe essere una spiegazione. Volevo vivere di nuovo in un bel posto". ( Fonte: europresse.eu)

Autore: Andreea Pocotila Redazioneonline - Stampa Internazionale

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Di Fabrizio (del 27/08/2009 @ 09:21:48, in casa, visitato 1644 volte)

Da British_Roma

Diana e Arthur Hughes, nonni e Rom,  per quattro volte non sono riusciti ad ottenere i permessi per la loro casa, ogni volta che hanno fatto appello è stato rigettato. Il motivo risiede nella mancanza di valutazione del rischio di inondazione da cui il rifiuto da parte del consiglio, anche se non risulta che l'area sia mai stata inondata. Alcuni dei loro nipoti frequentano la scuola primaria a Tintinhull e a Stanchester, il più giovane ha 3 settimane, e il più grande 21 anni ma è mentalmente handicappato, avendo l'età mentale di 4 anni e necessitando di assistenza costante. Alla famiglia è stato comunicato che gli Hughes potrebbero andare in prigione se non obbedissero all'ingiunzione dell'Alta corte. I bambini hanno bisogno di istruzione se vogliono avere una possibilità di avere lavoro quando saranno più grandi. Diana e Arthur Hughes si rendono conto dell'importanza di stabilità e della scolarizzazione per i loro 10 nipoti.

Best regards

Joseph G. Jones
Gypsy Council
joseph@jones.tf

You may want to Sign the petition

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Di Fabrizio (del 27/08/2009 @ 09:44:22, in Regole, visitato 2221 volte)

Ricevo da Federazione Romanì

Comunicato 26 Agosto 2009

Due ristoranti di Silvi Marina rifiutano di far pranzare nel loro esercizio pubblico un gruppo di 14 alunni di Roma e 5 accompagnatori, perché sono di etnia Rom (vedi QUI ndr).

La denuncia pubblica della Federazione romanì per la grave discriminazione razziale subita a Silvi Marina dagli alunni rom di Roma in visita guidata in Abruzzo con il progetto scolarizzazione, attivato da XI° Dipartimento del comune di Roma e gestito da Casa dei Diritti sociali in collaborazione con l’associazione Romà onlus, aveva la finalità il sollecitare una reazione dell’opinione pubblica e della politica contro ogni forma di discriminazione razziale e razzismo, infatti tanti cittadini residenti e ospiti presenti in città hanno incontrato i ragazzi rom per manifestare la loro solidarietà, gesto che i ragazzi rom e tutto il gruppo Romano hanno molto apprezzato.

La denuncia pubblica di questo fatto era doveroso per la sua gravità in una città sempre accogliente e tollerante, per storia e cultura, come Silvi Marina, in cui vivono 32 diverse etnie, più di 1300 persone di cultura diversa (circa 10% della popolazione totale residente), compresi una decina di famiglie rom Italiani, comunitari ed immigrati.

Spiazza il silenzio dell’amministrazione comunale e di tutte le forze politiche di Silvi a fronte di un atto di discriminazione razziale tanto grave. Un silenzio preoccupante che dimostra l’assenza di una volontà politica a percepire i cambiamenti in atto e programmare la sicurezza sociale, culturale ed economica di tutti i cittadini.

Quella sicurezza tanto "propagandata" dalla politica nazionale e locale per contrastare la "paura" dei cittadini, la "paura" che è diventata lo strumento della politica per ricercare il potere e molto pericolosamente per la cancellazione di reazioni umanitarie.

Se la politica oggi non è LIBERA di esprimere pubblicamente la propria indignazione a fronte di gravi atti di discriminazione razziale e di razzismo (negare di un pasto caldo ad innocenti bambini, perché di etnia rom, è crudele) allora significa che la "fabbrica della paura" può produrre nelle persone solo la morte sociale e culturale.

Ma … non è mai troppo tardi per sperare in un intervento pubblico degli amministratori e delle forze politiche di Silvi Marina per condannare la grave discriminazione razziale subita dai bambini rom ed esprimere loro la solidarietà

Il presidente
Nazzareno Guarnieri

FEDERAZIONE ROMANI'
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Di Sucar Drom (del 27/08/2009 @ 12:39:18, in blog, visitato 1997 volte)

Roma, "Noi Rom respinti al parco acquatico"
Sono arrivati a Roma, da Pescara, per trascorrere una giornata al parco acquatico di via Casal Lumbroso. Ma quando hanno cercato di acquistare il biglietto di ingresso, sono stati allontanati "perché rom"...

La voce della Chiesa cattolica
"La chiesa non può tacere, deve far sentire a sua voce..." sono espressioni arcinote della comunicazione ecclesiastica. A chi è attento a questa voce, non sfugge, però, il suo andamento discontinuo, ora assordante ora fievole. Anche la voce ecclesiastica subisce le variazioni d...

Bankitalia: immigrati in aumento ma non tolgono lavoro agli italiani
La crescita della presenza straniera in Italia ''non si è riflessa in minori opportunità occupazionali per gli italiani''. E' quanto rileva uno studio di Bankitalia dedicato alle economie regionali che evidenzia in particolare l'esistenza di ''complementarietà tra gli stranieri e gli italiani più istruiti e le ...

Bolzano, è finanziato il progetto Sintengre Avarpen (il lavoro dei Sinti)
Duecentoventiduemila euro per supportare delle famiglie sinte a diventare imprenditori. Più specificatamente, dovrebbero aprire un chiosco nel parco del quartiere Firmian. Il progetto, finanziato dal Fondo sociale europeo, è di quelli destinati a far discutere. Tanto che c'è già chi fa il confronto con i fondi ...

U Velto: 500.000 volte grazie
In questi giorni U Velto, ha raggiunto la meta delle 500.000 pagine visitate, siamo orgogliosi di questo successo e per questo vogliamo ringraziarvi. L’associazione Sucar Drom ha creato questo spazio web quattro anni fa (per l’esattezza: quattro anni, tre mesi, una sett...

Schio (VI), I cappuccini: «Non dobbiamo chiedere permessi per aiutare chi soffre»
La residenza al convento dei Cappuccini di due donne della comunità sinta vicentina desta perplessità tra la comunità. L'altra sera, nel sagrato del convento dei Cappuccini, i frati hanno deciso di indire un'assemblea pubblica a fronte delle lamentele di alcuni residenti del qu...

I Sinti, culture e lingue dal Sindh all'Europa
Fare una ricerca su internet per saperne di più sui Sinti è un impresa non facile e qualche volta si scopre anche poco veritiera; questo perchè è chiaro a tutti che su internet si può aggiungere tutto quello che si pen...

La Serbia conta
Una pubblicazione Nomos/Samizdat per sostenere che un rapido percorso di integrazione europea è la soluzione migliore non solo per Belgrado, ma anche per i Balcani e l'Europa. Con contributi di Florian Bieber, Vladimir Gligorov, Tim Judah, Ivan Krastev, Wolfgang Petrit...

Il mare restituisce i corpi delle vittime, quando saranno individuate le responsabilità?
L’ASGI esprime il proprio sconcerto per le posizioni assunte dal Governo italiano, a seguito della tragedia che ha visto la morte di circa 80 persone nel canale di Sicilia. Invece di esprimere cordoglio per le vittime e sollecitare una inchiesta, anche in sede UE, sull’efficienza e la tempestività dei ...

Castel di Lama (AP), nessun perdono per chi ha ucciso mio fratello
La famiglia di Antonio Di Meo (in foto), di Castel di Lama presso Ascoli Piceno, non può umanamente concedere alcun tipo di perdono o comprensione per i giovani che hanno ucciso brutalmente il giovane studente-cameriere presso...

Venezia, pronte per essere consegnate le case ai sinti
Entro dieci giorni sarà firmato il verbale di ultimazione dei lavori di costruzione del villaggio sinti. Tutto è pronto in via Vallenari e gli operai della ditta che si occupa di realizzare le nuove abitazioni dei sinti si sono riposati solo qualche giorno per Ferragosto. I pannelli solari...

I veri eroi della Padania
Mirko ha 11 anni. Nel dicembre del 2006 subì un'aggressione razziale da parte di una ronda padana a Opera (Milano). Sua madre fu spinta a terra e umiliata. Il suo fratellino, più piccolo di due anni, da quel giorno ha problemi con il linguaggio. Lui non ha mai dimenticato. "Quando sarò grande," dice con il viso ros...

Ritorno a Berlino, i grandi ideali dell'atletica e l'omaggio al mito di Jesse Owen
Sono terminate le Olimpiadi di Berlino nell’insegna di Usain Bolt, l’atleta giamaicano che ha vinto i 100 ed i 200 metri, stracciando i record del mondo, nonché la staffetta 4x100. Il pensiero di molti andrà sicuramente alle Olimpiadi di Berlino del 1936 anche perc...

La vergogna!
“La vita umana non è mai stata trattata alla stregua di merce deperibile e vile quanto in questa nostra epoca di opprimente empietà”(Gabriel Marcel) Con le navi dei poveri del m...

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Milano, continua il furore razzista contro le famiglie rom
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Un anno, 4 mesi e 21 giorni: viaggio dalla morte all'Italia
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I veri clandestini? Sono i leghisti
I veri clandestini in Italia sono i leghisti, e il più clandestino è il loro capo l’Umberto detto Bossoli, perché sono fuori dalla storia e dalla cultura delle nostra nazione: l’Italia. Vogliamo per una volta dir...

Fini: "No alle politiche razziste"
È un Gianfranco Fini a tutto campo quello che sceglie la festa del Pd di Genova per il rientro sulla scena politica dopo la pausa estiva, un Fini che decide di «spogliarsi dei panni del presidente della Camera» e...

Pagnacco (Ud), la Chiesa cattolica e le minoranze sinte e rom
“Le minoranze: dinamiche per la società e per la Chiesa”. Questo il tema del convegno nazionale della Pastorale dei Rom e Sinti della Fondazione Migrantes che si svolgerà a Pagnacco (Ud) da oggi pomeriggio (fino al 30 agosto). “Spesso le minoranze - spiegano i promotori - non hanno ...

Torino, svastiche contro i Rom
Nel clima razzista contro le minoranze sinte e rom che attraversa l’Italia da diversi mesi, si deve registrare l’ennesimo episodio, questa volta a Torino. Ieri nella notte alcune persone hanno attaccato uno striscione all’entrata del “campo nomadi” in strada dell'Aeroporto a Torino...

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Di Fabrizio (del 28/08/2009 @ 09:39:18, in media, visitato 2244 volte)

Segnalazione di Eugenio Viceconte

Casilino900documentario Il percorso di reportage, video e fotografico, intrapreso da quattro giovani ragazzi italiani: Davide Falcioni, Ermelinda Coccia, Andrea Cottini e Anna Peretti.

MOTIVAZIONI

Quattro ragazzi che dividono un appartamento a Roma, nel quartiere Centocelle hanno deciso di imbattersi nella realtà del vicino campo Rom Casilino 900.
La loro unica motivazione è stata quella di conoscere una comunità apparentemente marginale che invece si colloca da decenni nel cuore di una delle zone periferiche più popolari della capitale.

Essendo entrati a contatto con il rappresentante del campo, Najo Adzovic dell’Associazione Nuova Vita, si è subito creata una sintonia che ha permesso loro di conoscere alcune famiglie Rom delle varie etnie presenti nell’area.

Proprio dalla conoscenza e dalla frequentazione con queste persone è nata l’idea di girare un documentario (unitamente ad un reportage fotografico), sfruttando le proprie competenze nel campo dell’audiovisivo.
Data l’immediata vicinanza dell’appartamento dei quattro ragazzi con una realtà così “lontana” il titolo (provvisorio) del documentario è “Sottocasa”.

CONTENUTI e TEMATICHE

Durante i mesi di frequentazione del Casilino 900 sono state effettuate riprese per un totale di circa 10 ore di girato. E’ stata data particolare importanza alle interviste sia alle persone che vivono nel campo Rom sia agli abitanti del quartiere per capire diversi punti di vista su una problematica sociale che ricade sul VII e VIII Municipio.

Non sono poi mancate scene di vita quotidiana del campo, popolato principalmente da bambini e adolescenti, e sequenze inerenti le tradizioni della cultura Rom come l’artigianato del rame ed i balli folkloristici.

Attraverso l’obiettivo della telecamera sono emerse varie tematiche legate alle aspettative, ai sogni e ai desideri, alle paure della gente che popola il Casilino 900: la realizzazione professionale, il possesso del permesso di soggiorno, la povertà, l’arte di arrangiarsi.

Non mancano ovviamente alcuni aspetti critici che evidenziano le contraddizioni di questo popolo, soprattutto testimoniati pubblicamente dagli abitanti del quartiere Centocelle al prefetto Pecoraro durante un incontro presso il cinema Broadway: il problema dei fumi tossici, la microcriminalità, il degrado.

Attualmente il documentario è in fase di post-produzione.

RICHIESTE E FINALITA’

E’ intenzione di tutti coloro che hanno partecipato attivamente al documentario mostrarlo (così come il reportage fotografico) presso associazioni culturali, emittenti televisive e scuole, con l’obiettivo di promuovere la cultura dell’integrazione e il dibattito, specie tra i più giovani.

Per raggiungere questa finalità si richiede un supporto sottoforma di finanziamento economico o altro in modo da garantire all’opera (completamente autoprodotta) un’adeguata distribuzione e divulgazione.

Hanno collaborato alla realizzazione del documentario:

Per il soggetto e la regia:
E. Coccia, A. Cottini, D. Falcioni, A. Peretti

Per le riprese:
E. Coccia

Per l’assistenza alle riprese e Backstage:
D. Danila

Per le interviste e il montaggio:
A. Cottini

Per le traduzioni:
N. Adzovic

Per il reportage fotografico:
D. Falcioni

Per le musiche:
G. Campioni, RossoPiceno folkrock band

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Di Fabrizio (del 28/08/2009 @ 09:48:17, in media, visitato 2190 volte)

Da Roma_Francais

Pathwite.com

Il film completamente nuovo di un regista ben conosciuto, Tony Gatlif, intitolato LIBERTÉ sarà presentato in prima mondiale, venerdì 28 agosto dalle 19.00 al Teatro Maisonneuve. Questa pellicola, che riguarda il destino di una famiglia zigana nella Francia occupata del 1943, mette in mostra Marc Lavoine, Marie-Josée Croze e James Thierrée nei ruoli principali.

Il destino di Taloche e degli Zigani

Inspirato da personaggi reali, LIBERTÉ racconta il destino tragico degli Zigani in Francia. E' anche una storia d'amore e d'amicizia tra due Giusti che fino alla fine tentarono di proteggere un bambino abbandonato ed una famiglia di Rom. "Ho voluto dare loro un'altra immagine di quella forgiata dal timore e l'odio, che ha condotto direttamente alle camere a gas i gitani, i manouches ed i bohémiens, popolo nomade e libero" dice il regista Tony Gatlif. LIBERTÉ ci porta sulla scia di una famiglia Zigana con il suo capo clan ed i suoi eroi, Taloche, (James Thiérrée), un bohémien fantastico ed ancora bambino nella sua testa. Nel loro periplo, saranno aiutati da due Giusti, personaggi realmente esistiti come Théodore, sindaco di un villaggio (Marc Lavoine), e Mlle Lundi, insegnante e impiegata del sindaco (Marie-Josée Croze).

Una storia da raccontare

È a seguito di molte domande dei Rom che ha incontrato, della sua partecipazione ad un congresso internazionale dei Rom a Strasburgo ed alla lettura di un lavoro di Jacques Sigot, che Tony Gatlif ha concretizzato il suo grande desiderio di girare un film su questo popolo e dire la storia della loro deportazione. Questa pellicola riveste un carattere particolare per il regista che si interessa al questo soggetto da anni e che voleva testimoniare questo lato di storia dimenticata nei testi di storia o sui manuali scolastici.

Su Tony Gatlif

La filmografia di Tony Gatlif comprende molte pellicole che hanno ricevuto numerosi premi o che si sono distinte in occasione dei festival: Transylvania (Cannes 2006, selezione ufficiale), Exils (Cannes 2004, prezzo della messa in scena), Swing (Berlino 2002, selezione ufficiale), Vengo e Gadjo Dilo (Leopardo d'argento a Locarno nel 1997), e Latcho Drom per nominarne soltanto alcuni.

Scénario original, mise en scène et réalisation : Tony Gatlif
Avec : Marc Lavoine, Marie-Josée Croze, James Thierrée et Mathias Laliberté
Image: Julien Hirsch
Son: Philippe Welsh
Montage: Monique Dartonne

Production : Princes Productions, France 3 Cinéma, Rhônes Alpes Cinéma
Productrice exécutive : Delphine Mantoulet
Distribution : TFM
Ventes internationales : TF1 International

Festival des films du monde de Montréal
Marc Lavoine, Marie-Josée Croze et James Thierrée
dans LIBERTÉ, un film de Tony Gatlif

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Di Fabrizio (del 28/08/2009 @ 14:51:16, in musica e parole, visitato 1937 volte)

Segnalazione di Saimir Mile

27.08.09 - 15:17

Il concerto di Madonna a Bucarest è stato segnato da un incidente: il pubblico rumeno ha fischiato la star americana che si era pronunciata contro la discriminazione verso i Rom. Madonna non ha reagito [in calce link al video]

"Sono molto contenta di essere qui," ha dichiarato Madonna ai suoi fan rumeni mercoledì sera al Parco Izvor di Bucarest. Sino allora, tutto era andato bene. Invece quando ha interrotto il suo concerto di due ore per un piccolo spot sulla non-discriminazione, i fan hanno apprezzato di meno.

"Il fatto che esista ancora molta discriminazione verso gli Zigani in Europa orientale ha attirato la mia attenzione. Ciò mi rattrista," ha confidato la cantante, accompagnata da un gruppo di musicisti zigani (vedi QUI ndr).

"Siamo tutti uguali," ha proseguito, "non bisogna discriminare ne i Rom ne le minoranze sessuali." Tra il pubblico, 60.000 persone, molti hanno allora iniziato a fischiare e urlare, altri hanno applaudito. Madonna ha resistito stoicamente e ha intonato il suo pezzo "You must love me".

Ufficialmente ci sono mezzo milione di Rom in Romania,ma in realtà ce ne sono senza dubbio di più.

(JFH avec EVZ.RO (vidéo) et Gândul)

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Di Fabrizio (del 29/08/2009 @ 09:29:02, in casa, visitato 2061 volte)

Elisabetta segnala tre articoli sulla situazione a Pavia. Mi rimane la curiosità di sentire il parere di Rom e Sinti

Il secolo dei "campi" è finito
Pavia è città dell'eterno ritorno, dell'eterno errore. Essendo un meccanismo archetipico non conosce colore politico. Siamo ancora qui a discutere di "campo nomadi", di ghetti progettati congiuntamente e
con il consenso dei ghettizzati a spese di tutti i cittadini. Nella città dei Saperi non si riesce a concepire altro che lo stereotipo, il ritorno ossessivo degli stessi concetti, degli stessi errori. La giunta (Pdl) lo vuole fare, ma non sa dove; le voci citano qualche quartiere e questi per voce di esponenti del Pd fanno sapere che "no pasaran". Lo spettacolo è deprimente, i pensieri tristi, lo spettacolo di infima qualità. Eppure basterebbe ragionare sulle parole e conferire ai Sinti e Rom lo status di cittadini, come si fa per qualsiasi altro cittadino. Ma parlare di "nomadi" è troppo attraente, fa sentire tutti competenti: tu sei nomade e io ho invece le radici. E' differenza che di per sé basta a marcare un abisso e la costrizione in un ruolo blindato di centinaia di concittadini. Nel febbraio scorso ho scritto una lettera al quotidiano locale; ho espresso ciò che penso: nomadi non ce ne sono. Mi sembra che nulla sia cambiato da allora; gli stessi equivoci, le stesse misere parole, la stessa politica che non sa essere altro che il portavoce della medietà senza coscienza, senza preparazione e senza linguaggio significativo e aderente alla storia e alla memoria. Una medietà antropologica più che politica: questa dimensione sembra perduta (per sempre?). In questa città non ci devono essere nemici (che devi farti amico) - o nodi d'incaglio - che non siano i "nomadi" (anche se nomadi non sono), i quali, servendo perfettamente l'incapacità della politica d'essere protagonista e illuminata, devono persistere ad essere artatamente tali. Di seguito è l'articolo che "La Provincia pavese" dedica oggi, 27 agosto 2009, al tema "campo nomadi") e a seguire il mio intervento del 28 febbraio 2009.
Irene Campari

Il Pd: «No i nomadi al Vallone»
PAVIA. Da un lato il vicesindaco Gian Mario Centinaio - Lega - ha ribadito che una soluzione per i 450 sinti bisogna trovarla, «perché comunque sono cittadini pavesi anche loro». Dall'altro lato Tullio Baruffi, presidente del circolo di Pavia nord est del Partito Democratico è pronto a dare voce ai residente del Vallone che non vogliono il campo vicino sotto casa.
Prima lettura: Sinistra e Destra, nell'eterna divisione pro-stranieri una, contro-stranieri l'altra, si stanno scambiando i ruoli.
Seconda lettura: nella più recente divisione tra il partito radicato sul territorio - la Lega - e quello assente - la generica Sinistra, inizia a farsi sentire chi non vuole essere etichettato come assente, perché la voce dei cittadini è pronto ad ascoltarla.
E poi c'è la terza lettura, che in fondo mette d'accordo tutti: prima di prendere qualsiasi decisione in merito al campo nomadi servirà il confronto con la città.
Tullio Baruffi ha raccolto il malumore del Vallone. «C'è chi sottolinea che il valore degli immobili crollerà - spiega Baruffi - chi ha paura. Il fatto è che non si può mandare tutto al Vallone. Hanno detto che li metteranno o al Carrefour o al Bivio Vela, ma comunque graviteranno dalle nostre parti. Hanno detto che si rivolgeranno ai quartieri - continua Baruffi - ma se non ci sono più con chi parleranno? Prima di prendere decisioni chiediamo che vengano a parlare con la gente. Se un 'assemblea non la faranno loro, la faremo noi». Quel «loro» si riferisce a maggioranza e opposizione.
«E' una questione delicata quella del campo nomadi - sottolinea Matteo Mognaschi, consigliere della Lega Nord - su cui dobbiamo ancora parlare al nostro interno. E' un problema che l'amministrazione di centro sinistra non ha affrontato per anni». E la posizione del circolo Pd del Vallone? «E' strano che il Pd sia così vicino alle esigenze del territorio - dice Mognaschi - è una posizione singolare. Ma sicuramente serve un confronto con i cittadini». Ed è quello che dice anche Antonio Maria Ricci, segretario cittadino del Pd. «Una sistemazione per il campo nomadi deve essere trovata - sottolinea - tanto è vero che è nel programma che abbiamo presentato per sostenere Albergati. Indipendentemente dal colore politico, bisogna parlare con i cittadini della zona dove lo si vuole insediare. Come i nomadi hanno la necessità di trovare una collocazione adeguata, i cittadini dei quartiere devono essere incontrati. Bisognerebbe aprire un tavolo con queste comunità, associazioni, amministratori e le forze politiche - aggiunge Ricci - per evitare di creare divisioni».
Marianna Bruschi , "La Provincia pavese", 27 agosto 2009


Nomadi o no? Decidiamo sui Sinti di Irene Campari
Il tema del campo nomadi sarebbe stato argomento da affrontare nel passato entro i termini di un contesto civile che si propone una reale integrazione di gruppi solo apparentemente "diversi" da quelli radicati. Le direttive europee prevedono l'accoglimento di comunità di passaggio in luoghi attrezzati con servizi adeguati per la tutela della salute e dei diritti fondamentali. Tuttavia, le amministrazioni civiche dovrebbero decidere come considerare le comunità Sinti: sono "nomadi" o non lo sono? Quali stili di vita definiscono i cittadini "nomadi"? E' sufficiente un'autocertificazione? Il rispetto delle consuetudini delle culture e gli atteggiamenti antidiscriminatori passano tramite la chiarezza su quel punto, che deve darsi senza infingimenti o opportunismi. Una comunità che risiede in città da più di quarant'anni non può plausibilmente dirsi "nomade". Basta voler vivere in roulotte per confermarsi tali? Non mi pare altrettanto plausibile. Negli ultimi anni ho osservato piuttosto un gioco delle parti tra istituzioni locali e comunità Sinti tendente a dar per scontato quel carattere accettando la soluzione del "campo" come scontata e senza alternative. E' probabile che ci fosse una reciprocità conveniente, che però non ha fatto altro che alimentare sentimenti negativi dei cittadini pavesi "stanziali" nei confronti dei cittadini pavesi "nomadi". Da sempre presentati così, hanno attirato su di sé il pregiudizio della diversità antelitteram, quella fondata sulla proprietà della terra. Per chi è stanziale questa struttura l'habitus; chi è nomade apparterrebbe invece ad una cultura altra e sfuggente, che appare nell'immaginario antropologico come quella che minaccia i "radicati" proprietari in virtù della propria libertà dai vincoli del bene fondiario. Sarebbe ora di affrontare fino in fondo questo nodo. L'Amministrazione comunale uscente aveva stanziato 90 mila euro per un progetto
di nuovo campo per i Sinti. Non ha mai specificato dove l'avrebbe collocato.
Tantomeno lo faranno in campagna elettorale; è tema che toglie consenso. Ma rimane lì come idea territorialmente vaga, per accontentare da una parte i Sinti e dall'altra non inibirsi il favore dell'elettorato. Circa 35 mila euro sarebbero andati ad associazioni per "mediare" e fare accettare la comunità Sinti "nomade" da quella radicata. E' un circolo vizioso da interrompere. Se risiedono a Pavia da tanti anni, i figli hanno studiato qui, lavorano qui, qual è la necessità che spinge a dichiararne il "nomadismo"? I diritti sono diritti, e si realizzano anche nello spazio. I campi hanno da sempre richiamato qualche tratto più o meno marcato di "extraterritorialità", o, nei peggiori contesti, i "ghetti". Ritengo che a Pavia non si debbano più sperimentare né i primi né i secondi, come all'ex Snia. Se bisogno ci sarà di accogliere comunità indigenti di cittadini europei, saranno necessarie aree attrezzate e regolamentate per una sosta breve in attesa di soluzioni a lungo termine, per evitare che le aree dismesse diventino specchio della nostra vergogna ed incapacità di gestire l'umanità, e ciò valga anche per i rapporti tra cittadini Sinti e cittadini Rom.
Per le comunità residenti finora nei campi cittadini vedo la proposta del Prefetto Buffoni - distribuire gli insediamenti in piccole e distribuite aree - come temporanea. I cittadini europei di origine Sinti dovrebbero accedere ad abitazioni reperibili sul libero mercato. Il "nomadismo" autentico temo che si esprima con altre modalità da quelle fin qui mostrate dai nostri concittadini europei di origine Sinti. Una posizione come quella espressa disinnescherebbe anche l'uso strumentale che dei campi per le comunità Sinti potrebbe essere agevolmente fatto nell'imminente campagna elettorale.
Irene Campari, Circolo Pasolini Pavia
"La Provincia pavese", 28 febbraio 2009

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Di Fabrizio (del 29/08/2009 @ 09:36:20, in conflitti, visitato 2140 volte)

Da Hungarian_Roma (segnalazione precedente)

NRC Handelsblad Le uccisioni dei Rom mettono in mostra le tensioni sociali in Ungheria 26 agosto 2009 10:41

Parenti di Maria Balogh, colpita a morte il 3 agosto scorso, confortano sua madre durante i funerali a Kisleta. Photo AP
Quattro neonazisti ungheresi arrestati per la grande quantità di orribili omicidi di zingari. La minoranza rom organizza la propria difesa.
By Marloes de Koning in Gyöngyöspata

Gli uomini della comunità rom di Gyöngyöspata si alternano nel pattugliare il loro quartiere. Ogni sera alle 18 girano per il villaggio in due macchine, guidando molto lentamente attraverso le strade tortuose dove vivono i Rom.

"Le case senza recinti sono le più vulnerabili" dice Tamás Bangó, un uomo grosso e ciarliero che fa parte del gruppo vigilante a Gyöngyöspata, guidando per il villaggio. "Da alla gente un senso di sicurezza sapere che siamo qua intorno."

Nove attacchi

Tra i sedili anteriori ha un bastone metallico telescopico ed un coltello. "Non li ho mai dovuti usare, ma sono pronto," dice Bangó. Sottolinea come il suo gruppo stia nei limiti della legge. L'arma più potente del gruppo è il telefono mobile.

In apparenza, qui ci sembra ci sia poco da giustificare una simile vigilanza. Nella penombra, le case isolate ai limiti del sonnolento villaggio, ad un'ora di strada a nord est di Budapest, sembra più pacifico che mai.

Ma la comunità rom in Ungheria è terrorizzata dopo la recente serie di uccisioni. Da novembre sei Rom sono stati uccisi in nove attacchi.

L'ultimo incidente è successo il  agosto, quando una donna rom, Maria Balogh, è stata uccisa nel sonno e sua figlia di 13 anni seriamente ferita, nella città di Kisleta, nell'Ungheria Orientale.

A febbraio, un padre e suo figlio di 5 anni furono colpiti a morte mentre correvano fuori dalla loro casa a cui era stato dato fuoco, a Tatarszentgyörgy nell'Ungheria Centrale.

Venerdì scorso [21 agosto ndr] la polizia ha arrestato quattro sospettati di essere dietro alle uccisioni dei Rom. Giovedì la polizia aveva detto di aver trovato il DNA di due degli uomini in diversi posti luogo di omicidi. Ha detto che gli assassinii erano motivati razzialmente e accuratamente pianificati. Secondo i media ungheresi avevano svastiche tatuate ed erano conosciuti per il loro odio verso i Rom.

Gli attacchi hanno messo in mostra e alimentato le crescenti tensioni sociali dentro l'Ungheria.

Segregazione crescente

Nella cucina della casa di János Farkas, capo dell'Autogoverno rom nella regione, un gruppo di uomini stava discutendo animatamente. "L'Ungheria sembra pacifica," diceva Farkas, un piccol uomo con baffi ispidi ed una maglietta Puma senza maniche. "Ma nel frattempo dei bambini sono stati brutalmente uccisi. Dobbiamo organizzare la nostra difesa."

Nonostante la mancanza di statistiche credibili ci sono molti segni che la divisione tra Rom e non-Rom in Ungheria si stia ampliando.

"La segregazione sta aumentando," ha detto János Ladányi dell'Università Corvinus di Budapest, esperto di Rom. Sotto il comunismo tutti in Ungheria avevano un lavoro e le differenze sociali erano sensibili. Ma dagli anni '90 molti occupati con bassa professionalità sono stati espulsi dalle città verso i cosiddetti "villaggi ghetto", riducendo inoltre le loro possibilità di trovare lavoro.  In questa categoria gli anziani ed i Rom sono sovra-presenti.

Mentre la popolazione ungherese sta invecchiando ed assottigliandosi, la giovane popolazione rom è in crescita, dice Ladányi. In cima ai problemi strutturali viene la discriminazione e la rapida ricerca di un capro espiatorio. La crisi economica serve soltanto ad aumentare il problema.

Nelle elezioni parlamentari europei di giugno, il partito Jobbik di estrema destra ha sfiorato il15% del voto ungherese. La sua campagna elettorale si è incentrata su un duro approccio verso la "criminalità zingara".

La Magyar Garda, un gruppo paramilitare collegato  Jobbik, recentemente vietato, marcia regolarmente nei quartieri rom nelle sue uniformi bianche e nere. Secondo l'European Roma Rights Centre il gruppo sta agendo anche in alcune zone della Romania, dove la minoranza ungherese sta avendo problemi coi Rumeni (vedi QUI ndr).

"Sono inarrestabili," ha detto Tomás Polgár aka Tomcat. Polgár è l'anima di Bombagyar (fabbrica della bomba), il blog più popolare di Ungheria. Si guadagna da vivere stampando, tra l'altro, t-shirt. L'ultima commissione era della Magyar Garda. Mostra una t-shirt nera con un grande leone d'argento, mentre dei giovani dalle spalle ampie e coi capelli corti vagano per l'ufficio.

"Gli zingari devono solo rimproverare se stessi," dice Polgár. "Sono criminali e sono una minaccia per noi, la maggioranza. Fanno più bambini, ci stanno superando."

Polgár dice che non vede nell'uccidere la risposta. Gli Ungheresi che sono superiori devono prendere i Rom per mano come bambini ed "insegnargli come comportarsi". Ma nel breve termine vede più violenza, con incidenti da ambo le parti. "E' una guerra," dice.

Viktória Mohácsi, Rom ungherese e sino a giugno membro del parlamento europeo, concorda. "Mi sento come se fossi in guerra," ha detto con le lacrime agli occhi. Proprio quella mattina aveva ricevuto un'altra minaccia di morte. "Ricevo più di mille lettere di minacce ogni giorno."

I Rom si stanno auto-organizzando, dice Mohácsi, e stanno usando le veglie per le vittime morte per farlo. "I leader rom mi chiamano e dicono di volersi organizzare contro i neonazisti. Ma cosa ci si aspetta da me: una donna di 40 kg. senza armi o denaro?"

Anche se, ammette, non ci sono molte scelte. "Possiamo o armarci o scappare."

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Di Daniele (del 30/08/2009 @ 09:34:10, in Kumpanija, visitato 2150 volte)

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