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Gli Zingari fanno ancora paura?

La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 03/11/2008 @ 13:04:54, in Italia, visitato 1522 volte)

Se ne era parlato QUI settimana scorsa. Da quiBrescia.it

di Elisabetta Reguitti E' diventata un caso politico nazionale la vicenda, sollevata il 7 ottobre da quiBrescia.it (leggi l'articolo), dei cinque fratellini sinti di nazionalità italiana ai quali il sindaco leghista di Chiari, il senatore Sandro Mazzatorta (leggi l'intervista), nega la residenza. Il parlamentare Furio Colombo del Pd, infatti, ha scelto di accendere i riflettori su una vicenda umana che si è consumata nel buio dell'indifferenza, sotto la copertura dell'applicazione delle norme, raccontandola sulle pagine de l'Unità dopo che su quiBrescia.it aveva sollevato numerosi commenti. Una grande discussione che in qualche momento aveva anche scoperchiato il pentolone della coscienza civile e umana dei lettori del nostro giornale.

Ma Colombo mercoledì 29 ottobre aveva portato la vicenda anche all'attenzione della Camera dei Deputati. E, sul giornale di riferimento del suo partito, domenica scorsa, ha stigmatizzato il comportamento dell'amministrazione di Chiari nei confronti di questa famiglia (i bambini vanno dall'anno ai 14 anni) che fino al 2004 era regolarmente residente in un'area sulla quale la precedente giunta aveva costruito (con finanziamento regionale di 150 mila euro) alcune casette prefabbricate.

"Sto per raccontare una storia. Potrebbe essere un'invenzione per creare un po' di emozione", scrive su l'Unità Furio Colombo, "e invece è vera. Potrebbe essere la testimonianza di qualcosa che purtroppo è avvenuto, ma che per fortuna è finito. Invece continua".
"Gli stessi fatti sono stati narrati e denunciati da me alla Camera dei deputati il giorno 29 ottobre", prosegue Colombo, "mentre si discuteva di turismo e campeggi e di come tener distinti i campeggi dai campi nomadi. Urla e boati dei deputati della Lega, ma nessun intervento, nessun tentativo di chiarimento e smentita".

"Soltanto un'ora più tardi", riferisce il parlamentare del Pd, "il deputato leghista D'Amico è venuto in aula e ha chiesto la parola per spiegare che la famiglia di due adulti e cinque bambini di cui uno neonato era stata colta dai vigili in sosta vietata e che quel nucleo familiare era socialmente pericoloso. Un dato di vita di questa famiglia italiana che deve essere sfuggito ai volontari della Caritas che non li hanno mai abbandonati".

Due intere pagine del giornale sono state dunque dedicate alla storia di Cristina, Michele, Lucia, Anastasia e del piccolo Mattia.
E l'articolo di Colombo di chiude con una frase significativa: "Questi bambini sono italiani esclusi da tutto per mano del potere estraneo della Lega per l'indipendenza della Padania. Il nostro impegno civile è non dimenticare questa vicenda e questi nomi".

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Di Fabrizio (del 03/11/2008 @ 13:29:55, in blog, visitato 2245 volte)

Dal blog di Luciano Muhlbauer:

Vi ricordate del rogo di Opera? Era la vigilia di Natale del 2006 e un nutrito gruppo di cittadini operesi, guidato e incitato dal leghista Ettore Fusco e da altri esponenti della Lega e di An, aveva dato alle fiamme le tende della protezione civile, destinate ad ospitare fino a primavera le famiglie rom precedentemente sgomberati dalle baracche di via Ripamonti, nel comune di Milano. Le tende sarebbero poi state rimontate, ma l’assedio, con tanto di insulti e minacce quotidiane, continuò fino all’inizio di febbraio, quando i rom e la Casa della Carità gettarono la spugna e se ne andarono.

Opera fu una sconfitta per la democrazia e la decenza e una vittoria politica per le destre e gli xenofobi. Anzi, fu una sorta di fatto costituente, destinato a fare scuola. Da allora in poi si registrò un crescendo di azioni simili, un po’ dappertutto in Lombardia e successivamente anche oltre. E uno dei principali protagonisti della vicenda capitalizzò la vittoria fino in fondo: nell’aprile del 2008 Ettore Fusco è stato eletto Sindaco di Opera.

Aver permesso a Lega e An -con qualche occasionale appoggio operativo di militanti neofascisti- di averla vinta, significò sdoganare e legittimare azioni razziste e violente contro i rom. Lo stesso comportamento delle autorità preposte alla tutela dell’ordine pubblico fu allora arrendevole, per usare un eufemismo. In sostanza rimasero a guardare. E la medesima tolleranza sarebbe poi stata usata anche dal magistrato, che infatti nel febbraio scorso assolse Ettore Fusco dall’accusa di “istigazione a delinquere”.

Sembrava tutto chiuso, finito, nel peggior modo possibile. Cioè, a Opera non era successo nulla, non ci sono responsabilità, né colpevoli. O meglio, gli unici colpevoli sono quelli che la violenza non l’hanno mai usata: le famiglie rom, prima sgomberati dalla baraccopoli milanese, poi assediati, minacciati e cacciati da Opera.

Invece no, la vicenda non è ancora chiusa. Infatti, venerdì 31 ottobre la Corte di Cassazione ha depositato la sentenza con la quale accoglie il ricorso della Procura di Milano, annullando l’assoluzione e disponendo un nuovo processo per “istigazione a delinquere” contro il Sindaco di Opera, Ettore Fusco.
Una buona notizia, comunque vada a finire, perché vuol dire che è rimasto ancora qualcuno che ritiene i roghi razzisti contro persone indifese, con l’unico fine di garantire un tornaconto politico e personale a qualcuno, non compatibili con lo stato di diritto e la democrazia.

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Di Fabrizio (del 04/11/2008 @ 09:11:58, in scuola, visitato 2181 volte)

Da Roma_Daily_News

Ustiben report By Grattan Puxon

La decisione di demolire il Centro di San Cristoforo, nel villaggio di Dale Farm nel sud est inglese, è stata revocata - provvisoriamente.

Apparentemente ciò è dovuto a restrizioni finanziare: il leader conservatore Malcolm Buckley ha annunciato che il comune di Basildon non contesterà il controllo giurisdizionale nel voto del consiglio all'inizio del mese per prendere un'azione diretta contro la scuola ed il centro comunitario.

Tuttavia, i procuratori legali si indirizzano ai costi che l'operazione comporterebbe per Basildon. Molto più dei quattro milioni di euro stanziati per perseguire le politiche anti-zigane. E' già stato speso più di un milione di euro.

"Questo è il nostro terzo Centro di San Cristoforo," ha detto Richard Sheridan, presidente del Consiglio Zingaro, riferendosi ai due precedenti intitolati al santo patrono dei viaggianti. [...]

ALLE RADICI DEI DIRITTI CIVILI

I primi giorni del movimento per i diritti civili dei Viaggianti, collegati intimamente alle prime campagne per i diritti civili nell'Irlanda del Nord, sono attualmente al centro di una mostra fotografica nella capitale irlandese. Viene mostrato il Centro di San Cristoforo, nella versione 1 e 2, costruito in un accampamento di fortuna vicino a Ballyfermot.

L'artista Sean Lynch illustra come la costruzione del secondo Centro di San Cristoforo nell'insediamento di Cherry Orchard, dove i Viaggianti costruirono il loro primo insediamento negli anni '60, era connesso alle riprese di Dublino del film di John Le Carre La Spia Che Venne Dal Freddo.

Poco dopo l'apertura del secondo Centro di San Cristoforo il 4 gennaio 1965, appena dopo che la Dublin Corporation aveva bruciato il primo, parte del film replica il Muro di Berlino trasportato a Cherry Orchad e incorporato nell'edificio.

Nonostante l'apparenza provvisoria, la scuola era un'innovazione. Per la prima volta in Irlanda, qui venne adottato il sistema Montessori per aiutare i bambini meno fortunati. Il suo essere a Cherry Orchad, voluto da Joe Donohue, Larry Ward e da Johnny Connors, incorporò nel lungo periodo la scuola Montessori in un campo municipale.

Oggi la richiesta di innovazione viene ripetuta a Dale Farm, dove i Viaggianti ancora una volta si mobilitano per i loro diritti. Grazie all'iniziativa del pioniere dell'istruzione, prof. Stephen Heppell dell'Università Anglia Rankin, il terzo San Cristoforo intende col prossimo anno iniziare dei corsi di computer, adattati alla cultura del Viaggianti.

Sfortunatamente, Malcolm Buckley non ha ancora accettato l'idea che Basildon potrebbe ottenere dei meriti permettendo che questa scuola fiorisca nel suo distretto. Mira ancora alla sua distruzione, anche se la struttura è stata finanziata dal Consiglio della Contea dell'Essex ed appartenga al Governo.

L'11 novembre un comitato del Consiglio Distretuale di Basildon riconsidererà formalmente le opzioni riguardo Dale Farm. Ma Buckley ha già detto alla stampa locale che dopo il pronunciamento della Corte d'Appello del 5 dicembre prossimo, il consiglio si aspetta di essere in grado di eliminare tutte le installazioni non autorizzate, compreso San Cristoforo.

************ *********

PROTEST RALLY OUTSIDE BASILDON CENTRE - STOP DESTRUCTION OF SAINT CHRISTOPHER' S

7 pm 11 November 2008
For details email: dale.farm@btinternet.com
or phone 01206 523528

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Di Fabrizio (del 04/11/2008 @ 09:29:32, in Kumpanija, visitato 1704 volte)

Dato le feste appena trascorse, da Roma_Francais

TUTTI I SANTI. Manouches o Gitani, la gens du voyage numerosa tutti gli anni si raccoglie tutti gli anni sulle tombe dei loro defunti nei cimiteri liburnesi.

Tradizioni ben ancorate

Anche se un recente sondaggio di Crédoc (Centre de recherche pour l'étude et l'observation des conditions de vie) ha stabilito che solo il 45% dei Francesi rispetta la tradizione delle visite al cimitero il giorno di Tutti i Santi, presso la gens du voyage, invece, questo costume non va a diventare desueto.

Ogni anno a Libourne, Gitani e Manouches non esitano a fare diverse centinaia di kilometri per raccogliersi davanti alla tomba di famiglia. "Da noi il culto dei morti è molto presente", dichiara Julien Dominique, Gitano di una sessantina d'anni, la cui famiglia si è installata a la Bastide da più di ventiquattro anni. "Noi altri Gitani, siamo Latini sedentarizzati".

A differenza dei Manouches come Karine Genebre, installata sull'area della gens du voyage a Libourne dal mese di maggio. "Noi viaggiamo molto, ma ritorniamo sempre qui", indica la giovane.

I due, Karin e Julien, non si conoscono affatto. E non si sono mai parlati. Dalla notte dei tempi, Gitani e Manouches non si mescolano, è così. Diversi sui modi di affrontare la vita, la morte, portano il medesimo rispetto verso gli anziani.

Gerarchia

Sabato mattina, nei vialetti del cimitero di la Paillette, si formano dei gruppi. Davanti alla tomba della famiglia Dominique. Una quindicina di crisantemi formano un mazzo di fiori dai mille colori.

"Ieri, eravamo più di un centinaio", indica Julien Dominique, il patriarca. E' a lui che bisogna rivolgersi. "E' lui che sa", dice uno dei più giovani. Costume scuro e cappello da mandriano fisso in testa, Dominique improvvisa un corso di cultura gitana. Appassionante.

"Da noi, Tutti i Santi dura un giorno e mezzo, da venerdì mattina a metà sabato." Il venerdì, si riuniscono genitori e nonni. "Arriviamo al cimitero alle 8.30 e ci restiamo fino alle 17.00." Ore di raccoglimento, discussione e comunione tra le generazioni.

Durante Tutti i Santi, gli anziani trasmettono le loro conoscenze. Storie di famiglia, riti di passaggio, credenze e miti sono così raccontati ai più giovani. Segreti ben custoditi che solo i membri del clan sono autorizzati a conoscere.

Tombe impeccabili

Tuttavia, la gens du voyage non aspetta Tutti i Santi per fare la pulizia delle tombe. "Le puliamo e le riempiamo di fiori tutto l'anno. E se partiamo in viaggio, si domanda sempre a qualcuno di farlo al nostro posto", insiste Karine Genebre.

Sulle tombe, dozzine di targhe funerarie a memoria dei defunti. Fiori, candele. Le tombe assomigliano a piccoli mausolei tanto sono addobbate. Al cimitero di La Pailette, certe tombe sono anche ricoperte da capanne in plexiglas di colore o trasparenti, dotate di porte chiuse a chiave.

"Non abbiamo paura dei ladri, è solo per proteggere le tombe dalle intemperie", assicura Julien Dominique, che non desidera tornare sull'argomento. Da parte sua, Karine Genebre, con suo marito ed i tre figli, sono andati a raccogliersi al cimitero di Quinault. "Per i Manouches, Tutti i Santi è un giorno quasi come gli altri, andiamo a trovare i nostri morti, come facciamo tutto il resto dell'anno. E' tutto."

Auteur : Sophie Herber

PS: per chi volesse saperne di più sugli usi e costumi dei Rom italiani, QUI un piccolo bigino.

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Di Sucar Drom (del 04/11/2008 @ 11:56:34, in blog, visitato 1631 volte)

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Ricevo da Marco Brazzoduro

Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
Al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Al Presidente della Camera dei Deputati
Al Presidente del Senato della Repubblica

In relazione alla mozione approvata il 14 ottobre 2008 dalla Camera dei Deputati nell’ambito del Decreto di Legge n.137 del 1° settembre 2008, i Firmatari dell’Appello esprimono una categorica contrarietà a qualsiasi forma di separazione fra gli alunni della scuola pubblica italiana su base etnica, sia che questa separazione avvenga in “classi di inserimento”, sia che si espliciti sotto qualsiasi altra forma di discriminazione, anche se definita “positiva e transitoria”.

Tale mozione è, infatti, in assoluta controtendenza con la cultura d’integrazione della scuola italiana, la quale ha nel tempo maturato metodi, strategie e supporti che la rendono unica nel panorama europeo e mondiale nel campo della formazione e della istruzione.

Nelle “classi di inserimento”, o comunque le si voglia definire, l’aggregazione di alunni di diversa provenienza culturale e di diversa età anagrafica rischia di fatto di “segregare” gruppi di bambini ed adolescenti, tra l’altro per periodi di tempo indefiniti. Come sarà possibile integrare in contesto di apprendimento alunni che, pur avendo imparato tecnicamente la lingua italiana, nulla hanno vissuto dell’aspetto relazionale-affettivo che è sempre implicito in un percorso di apprendimento/insegnamento? Di fatto, l’acquisizione della lingua avviene nel contesto della relazione interpersonale e di gruppo che caratterizza una classe scolastica.

La ferma contrarietà dei Firmatari si estende anche alla possibilità, anch’essa prevista dalla suddetta mozione, di non consentire in ogni caso ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ogni anno. Si tratta di una scelta che va contro la Convenzione dei diritti dell’infanzia e la Costituzione Italiana, che sanciscono il diritto soggettivo dei minori presenti sul territorio nazionale a frequentare la scuola pubblica.

Un fermo no è espresso anche riguardo alla previsione di insegnamenti speciali per gli alunni stranieri, i corsi di “educazione alla legalità e alla cittadinanza”, considerato che non vi è motivo di pensare che i bambini stranieri ne abbiano maggiore necessità rispetto a quelli italiani, poiché non si può presupporre che i primi siano “naturalmente” più propensi alla devianza rispetto ai secondi.

Nel ribadire la ferma disapprovazione sui contenuti della mozione i Firmatari propongono alcuni elementi utili ad avviare o consolidare nella scuola una piena integrazione; si tratta infatti di:

- distinguere e semmai differenziare gli interventi nella Scuola Primaria e Media Inferiore da quelli delle Scuole Superiori e Licei;
- considerare le sperimentazioni già in atto (sostenute tra l’altro da Amministrazioni Comunali e Regionali) nell’ambito delle quali il problema della lingua viene affrontato e risolto, senza privare gli alunni di un processo di apprendimento significativo;
- monitorare tali esperienze per diffonderle più estesamente, facendo attenzione a rispettare i diversi contesti ambientali;
- distribuire le presenze straniere nelle classi, rispettando la territorialità in modo da non creare gruppi in cui la presenza di italiani sia minoritaria;
- recuperare e valorizzare il percorso scolastico pregresso dell’allievo straniero (anche se non parla italiano, non vuol dire che non capisce niente e non sa niente);
- usare le discipline scolastiche come strumento per un’educazione alla conoscenza che tenga conto dell’ampiezza e dell’estensione dei saperi, nonché delle interconnessioni che esistono in tutti i campi delle attività umane;
- attivare concretamente l’inserimento e il successo scolastico di tutti gli allievi creando allo stesso tempo spazi di coesistenza educativa, mettendo in grado tutto il personale della scuola, in particolare i docenti, di far ricorso a nuovi strumenti professionali e di apprendere, attraverso un’adeguata formazione, modalità metodologiche/comunicative che tengano conto di tutte le diversità presenti nelle classi;
- attivare laboratori di sostegno linguistico anche fuori orario di scuola, ma ad essa organicamente agganciabili, in collaborazione con organismi e strutture dell’extrascuola specializzati;
- mettere a disposizione delle scuole le risorse finanziarie necessarie per attuare tali percorsi.

Per aderire al presente Appello inviare una e-mail a: roma@cidisonlus.org

Hanno già aderito:
ASGI
ARCI Ragazzi
CIR Consiglio Italiano per i Rifugiati
Alisei Coop
Il Girasole - Perugia
Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini per la sanità e la cooperazione internazionale
Associazione Equoconsumo Roma
CIES
CIAI Centro Italiano Aiuti all’Infanzia
AUCI associazione universitaria per la cooperazione internazionale
Celio Azzurro
ITC – Consorzio Interpreti e traduttori
OPPI Milano
Glob Act – Perugia
CISS ONG Cooperazione Internazionale Sud-Sud
La Risposta Onlus
Milano Film Festival
Consorzio CISEI
Associazione Lend- Lingua e nuova didattica
Agorà Onlus
Opera Nomadi - Padova
Associazione Per La Scuola della Repubblica
Sinnos Onlus
Donne in Nero - Padova
CNCA Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza
Rete per la Partecipazione
Associazione Credito senza confini
Griot
La Compagnia del Pino
Città di Leonia Coop Soc
NEXUS Emilia Romagna
Donne in Nero Udine
Associazione Immigrati Extracomunitari di Padova
AFFI Associazione Federativa Femminista Internazionale
Archivio Immigrazione
Promidea

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Di Sucar Drom (del 04/11/2008 @ 20:51:31, in Italia, visitato 1432 volte)

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Di Fabrizio (del 05/11/2008 @ 09:06:58, in Italia, visitato 1623 volte)

Da Vita.it

di Daniele Biella - È quello compiuto dalla parlamentare europea Victoria Mohacsi, rom ungherese, accompagnata per i campi abusivi d'Italia dai volontari del gruppo Everyone. Le testimonianze raccolte finiscono sul web e al parlamento Ue

"Ho attraversato l'Europa per analizzare le condizioni di vita dei rom e il loro grado di integrazione. Non avevo mai assistito a violazioni di diritti umani così gravi come quelle che le istituzioni italiane rivolgono alla mia gente". Suonano gravi le parole che usa Victoria Mohacsi, rom ungherese membro del Parlamento europeo, all'indomani della fine del suo ‘tour degli orrori' fra i campi nomadi abusivi delle periferie italiane.

Dal 17 al 20 ottobre 2008 l'europarlamentare ha visitato una decina di insediamenti rom tra Firenze, Bologna, Pesaro, Padova e Sesto San Giovanni (provincia di Milano, teatro dell'ultima tragedia di un mese fa, quando un ragazzino è morto carbonizzato nel sonno per un incendio accidentale nella fabbrica dismessa dove dormiva), accompagnata da una delegazione formata da alcuni attivisti per i diritti umani del gruppo Everyone e da una troupe ungherese di riprese documentarie.

La Mohacsi e i suoi collaboratori hanno ispezionato i luoghi in cui vivono gli ultimi Rom romeni rimasti in Italia, alcune comunità di Rom e Sinti italiani, insediamenti di famiglie Rom originarie dei Paesi della ex Jugoslavia. "La delegazione ha raccolto documentazione riguardo alla condizione dei ‘nomadi' in Italia, intervistando decine di testimoni della persecuzione e filmando i luoghi in cui i Rom convivono con topi, parassiti e disperazione", fa sapere il gruppo Everyone, "Stiamo preparando un dossier illustrato da fotografie, per raccontare all'Ue le fasi del drammatico viaggio in Italia compiuto da una coraggiosa parlamentare europea che si batte da quindici anni contro la tragedia del razzismo che sta annientando il suo popolo". Un riassunto dell'esperienza italiana della europarlamentare, anch'esso corredato da fotografie, è già disponibile sul sito web everyonegroup.org

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Di Fabrizio (del 05/11/2008 @ 09:08:32, in casa, visitato 1521 volte)

Da Chi rom... e chi no (Bentornati!)

Proposta progettuale di intervento nell’area nord occidentale di Napoli
Con questo documento i gruppi Chi rom e... chi no e OsservAzione propongono alle istituzioni nazionali, internazionali e campane il superamento della logica dei campi rom e la riqualificazione dell'area di Scampia nell'interesse di tutta la collettività, così come è previsto dalla variante del piano regolatore generale approvata nel 2004 dalla giunta della Regione Campania.

Siamo venuti a conoscenza di un progetto comunale che, nonostante le richieste, non è stato possibile visionare. Sembra che il progetto preveda la realizzazione di 5 villaggi – un nuovo modo per indicare i campi, – “temporanei”, con un finanziamento di circa 7 milioni di euro.

Secondo alcune voci, l’amministrazione intende iniziare i lavori nell'arco di 15 giorni, mentre nei campi rom proseguono un lavoro attento e partecipato su tutte le questioni che li riguardano da vicino (scuola, regolarizzazioni, questione abitativa, ecc.).
La proposta che alleghiamo è parte di questo processo di confronto e riflessione con i rom e diverse altre parti della città, in particolare il Comitato Spazio pubblico, il Comitato con i rom, l’associazione Asunen romalen. Il documento sarà presentato alla prefettura e agli organismi nazionali e internazionali competenti, con l'auspicio che si possa scongiurare l'ipotesi di agire secondo la purtroppo diffusa logica dell'emergenza e degli interventi straordinari, discriminatori e ghettizzanti che nel caso specifico dei rom, li vedrebbe destinatari di un piano avulso dalle necessarie politiche di sviluppo (culturale, abitativo, lavorativo...) che dovrebbero riguardare ed essere attuate nell'interesse di tutti, rom e non.

Chiediamo il vostro appoggio per sostenere questa battaglia culturale, per dimostrare che queste idee sono patrimonio condiviso da tanti.

Le linee guida progettuali che si propongono nel presente documento partono dal presupposto che le politiche che riguardano i rom devono tendere ad una normalizzazione degli interventi, da riportare nell’alveo dell’ordinarietà, in un’ottica reale di integrazione, nonché essere ispirate a principi di uguaglianza dei diritti delle persone, così come chiaramente enunciato dal nostro ordinamento giuridico nazionale – a partire dall’art. 3 della Costituzione - integrato da quello sovranazionale.

Ciò significa che le politiche rivolte ai rom devono rifuggire la logica dell’emergenza, della temporaneità e della specialità, soprattutto quando questi paramentri vengono utilizzate per attuare piani che vedono i rom discriminati, ovvero vittime di un trattamento sfavorevole o almeno meno vantaggioso rispetto agli altri cittadini, italiani e stranieri, nella casa come nel lavoro, nella scuola ecc.

Oltre a ciò, appare quanto mai urgente mettere in evidenza che le politiche abitative non possono in alcun modo prescindere dall’affiancamento di interventi volti alla regolarizzazione delle posizioni giuridiche, dall’incentivo al lavoro e soprattutto da interventi sociali e culturali che permettano la crescita di consapevolezza delle persone, la partecipazione attiva, l’attenzione verso gli interessi collettivi, nonché il riconoscimento dei propri diritti così come delle proprie potenzialità, insieme con gli altri cittadini non rom.

Al fine di rendere concreti i principi di cui sopra, si ritiene, come si esporrà meglio in seguito che – anche per neutralizzare derive xenofobe, di allarme sociale, nonché di opposizione delle popolazioni “autoctone”– un progetto che riguarda gli abitanti rom di Scampia non possa prescindere dal riconoscimento e dall’assunzione di responsabilità pubblica circa le problematiche della cittadinanza tutta, anche per quanto riguarda le necessità alloggiative.

In particolare, l’area dove insistono gli insediamenti spontanei dei cittadini rom, rientra in una più ampia zona territoriale, che deve essere presa in considerazione in maniera complessiva e unitaria, se si vuole realizzare un corretto intervento, al fine di restituire alla cittadinanza un territorio vivibile e funzionale, attualmente senza alcuna destinazione fruibile, evitando di concentrarsi sui soli rom. Ciò significa che l’area in questione, come da piano regolatore, deve essere destinata al vantaggio del quartiere e dell’intera città e deve essere dotata di servizi e strutture necessarie per la crescita e il miglioramento delle condizioni di vita di tutte le persone, in primis di quelle che abitano nel quartiere.

Pertanto, la risoluzione della problematica abitativa dei rom di Scampia, così come ogni intervento che si voglia programmare nell’area in questione, non potrà prescindere ed anzi si dovrà porre in armonia e in linea di continuità con la destinazione ultima dell’area così come indicata nella Variante al P.R.G., DPGR 323/04, ovvero predisporre servizi e attività produttive, sociali e culturali, nonché l’aumento della capacità alloggiativa. Così si legge testualmente all’art 132 com. 1 delle norme di attuazione della Variante al P.R.G.: «Nell’ambito individuato nella scheda 60, la variante persegue l’obiettivo della riqualificazione del tessuto urbano, attraverso la formazione di un insediamento di attività per la produzione di beni e di servizi nell’area in corrispondenza dell’immobile dimesso originariamente adibito a centrale del latte, al fine di contribuire al processo di rivitalizzazione socio – economica dell’intera periferia e degli insediamenti urbani dei comuni contermini».

La questione rom
Per quel che attiene in particolare la questione rom occorre evidenziare alcuni aspetti rilevanti:

1) le linee di indirizzo indicate in ambito europeo delineano come obiettivo prevalente, in relazione alle politiche di integrazione e miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni rom, l’eliminazione dei campi nomadi e delle baraccopoli, così come di ogni progetto segregante e ghettizzante;

2) in tal senso si menzionano in particolare le politiche sociali ed abitative adottate dal governo spagnolo e dalla Fundación Europea Secretariado Gitano, così come della maggior parte dei governi europei (Germania, Francia ecc);

3) la mancanza di interventi efficaci e tempestivi, nonché le politiche poste in essere fino ad oggi in Italia, ispirate alla logica assistenziale e discriminante con il confinamento dei rom in aree predisposte esclusivamente alla loro allocazione (campi autorizzati, villaggi attrezzati, campi abusivi, aree attrezzate, centri di accoglienza e di permanenza temporanea,ecc.), hanno prodotto gravi danni in termini di aumento di xenofobia, razzismo, degrado e marginalità sociale, abbandono scolastico, disoccupazione, insicurezza diffusa ecc;

4) a dimostrazione del fallimento prodotto dalle politiche inefficaci e/o assenti, vi è l’introduzione, nelle tre maggiori città italiane (Milano, Roma, Napoli), di una legislazione emergenziale e derogatoria assimilabile a quella atta ad affrontare catastrofi naturali e simili (art. 5 L.225/92.), che sancisce ufficialmente lo stato di eccezione delle politiche che riguardano i rom;

5) diversamente esiste da lungo tempo un consolidato orientamento teorico e pratico – sperimentato e sostenuto da professionisti, cittadini, associazioni, gruppi, enti, istituzioni pubbliche e private, laiche e religiose – che, mettendo in pratica metodologie ispirate al modello di intervento della ricerca-azione partecipata, ha prodotto efficaci risultati in termini di ricaduta sociale: integrazione, razionalizzazione della spesa pubblica, diminuzione della criminalità, sicurezza pubblica, inserimento lavorativo di giovani, crescita culturale, partecipazione attiva, cura degli spazi e degli interessi collettivi;

6) tale modello ha visto e vede tuttora nel territorio di Scampia un luogo privilegiato di intervento, in relazione alle sue caratteristiche: allocazione periferica, altissima percentuale di giovani, presenza di area non utilizzate ecc.

La messa in evidenza di tali aspetti è finalizzata a rendere chiaro che le indicazioni progettuali riportate nel seguente documento sono conformi e attuano le prescrizioni di legge riguardanti le materie in oggetto, si fondano su un’ analisi locale, nazionale ed internazionale di esperienze pregresse e attuali, e vantano risultati positivi conseguiti in applicazione della metodologica teorico-pratica di intervento indicata.

Le abitazioni
Per quel che riguarda, in particolare, la questione abitativa dei rom è necessario chiarire che non esiste un unico modello abitativo ma occorre mettere in campo soluzioni differenti per garantire il diritto alla casa, in linea con le potenzialità e i bisogni delle persone, evitando di operare scelte basate su un’ipotetica cultura rom/nomade.

Pertanto si indicano diversi strumenti per sostenere l’abitare autonomo: inserimento nelle liste dell’edilizia economica e popolare, assegnazione di alloggio sociale ai sensi della legge 9/07, garanzia e/o integrazione all’affitto di appartamenti e/o fabbricati da reperire sul libero mercato, intermediazioni, agevolazioni e predisposizione di sistemi di garanzia per l’acquisto di beni immobili (terreni edificabili e fabbricati), sostegno alla ristrutturazione di edifici dismessi e/o abbandonati, ecc.

La proposta
Proposta progettuale di intervento nell’area nord occidentale di Napoli - zone BB, EB, EA, ED e DB - ambito 7 art. 132 variante PRG. In ossequio a quanto esposto sin’ora, si propone un intervento multi ambito (giuridico, culturale/pedagogico, lavorativo e abitativo) nelle aree in cui insistono i campi rom spontanei e zone limitrofi in particolare come da tavole di zonizzazione : BB, EB, EA, ED e DB - ambito 7 art. 132 variante PRG, ovvero le aree collocate al confine nord-occidentale del Comune di Napoli all’altezza dell’Asse mediano - (futuro svincolo Scampia) - area ex centrale del latte (v. all. 1).

Il progetto prevede l’utilizzo di strumenti urbanistici attuativi, per risolvere l’attuale condizione abitativa dei rom presenti sul territorio di Scampia e rispondere in parte alla necessità abitativa in cui si trovano i cittadini italiani del luogo. In considerazione, infatti, della pressante domanda di alloggi nel quartiere, nonché della contestuale necessità di individuare soluzioni integrate che possano rispondere alle esigenze della collettività, la soluzione proposta è potenzialmente in grado di rispondere alla necessità abitativa di entrambe le comunità presenti nel quartiere, in modi tempi e percentuali diverse, e scongiurare il verificarsi di opposizioni violente e rivendicazioni collettive da parte di chi vive un eguale disagio.

Le soluzioni abitative dovranno rispettare inderogabilmente gli standard abitativi previsti dalla normativa vigente per l’edilizia economica e popolare anche in termini di diritto e doveri nell’uso dell’alloggio, con pagamento di affitto e possibilità di riscatto,il pagamento delle utenze domestiche, ecc.

I siti dovranno essere dotati di opere di urbanizzazione primaria e secondaria per un’utenza di tutto il quartiere, (scuole, centri culturali, centri sportivi, aree destinate alla produzione e alla vendita, ecc.).
Il progetto deve preservare le aree agricole esistenti, in cooperazione con i contadini della zona interpreti della memoria del luogo, nonché tutelare e valorizzare il principale patrimonio verde dell’area nord di Napoli, di cui l’area interessata è parte.

La destinazione agricola di questa parte di territorio potrebbe adempiere a diverse funzioni: lavorativa con la formazione di cooperative agricole di produzione e vendita, la costruzione di serre per la coltivazione di piante e fiori e didattica con la creazione di orti didattici.

L’eventuale espansione residenziale sarà preferibilmente ubicata in stretta relazione con quelle esistenti, in tal modo, con la fascia di rispetto dell’Asse Mediano potenziata a verde pubblico Parco integrato con la Centrale del Latte, il valore della restante area si trasformerebbe positivamente. La promozione di progetti che coinvolgano le maestranze locali (rom e non rom) nella costruzione degli alloggi e delle relative pertinenze.
Gli obiettivi che il progetto intende perseguire sono: il miglioramento della qualità di vita dei cittadini; la promozione e il rafforzamento della coesione sociale, in termini relazioni umane, mutuo aiuto, interessi collettivi ecc; l’aumento del livello di sicurezza del quartiere e della città, in termini migliore fruibilità degli spazi e dei servizi, nonché diminuzione dei reati che generano allarme sociale; la crescita e il miglioramento del livello culturale delle persone; la creazione di servizi per il quartiere (sportelli legali, asili nido, foresteria/ostello e residenza universitaria, negozi ecc); il miglioramento della capacità lavorativa del quartiere; l’individuazione di aree adibite verde pubblico; la creazione di spazi artigianali e poli produttivi con possibilità di vendita; la tutela e miglioramento dell’area agricola esistente anche al fine di preservare e valorizzare il principale polmone verde della città di Napoli, situato nell’area interessata dalla selva di Chiaiano; il superamento delle soluzioni abitative e sociali temporanee e ghettizzanti; l’aumento della capacità alloggiativa nel rispetto della normativa vigente in particolare in tema di edilizia economica e popolare; miglioramento delle competenze professionali attraverso percorsi di formazione e avviamento al lavoro; miglioramento delle condizioni di base per la progettazione di un P.u.a. e/o di ogni altro strumento urbanistico attuativo avente ad oggetto l’ambito 7, ai sensi dell’art 132, norme di attuazione della variante al P.R.G. area ex-centrale del latte Scampia.

Metodologia e ambiti di intervento
Tale progettualità deve attuarsi ispirandosi alla metodologia della ricerca – azione partecipata e deve contemperare i seguenti aspetti:

A - Ambito giuridico. La presenza regolare sul territorio italiano dei cittadini rom è un aspetto fondamentale e propedeutico al conseguimento degli obiettivi che il progetto intende perseguire, in assenza della quale qualsiasi intervento sarebbe un’inutile dispiego di mezzi e risorse. Pertanto, al fine di regolarizzare la posizione giuridica dei rom è necessario analizzare diversi aspetti giuridici e trovare gli strumenti idonei per superare gli ostacoli che frequentemente impediscono l’effettivo esercizio dei diritti. A mero titolo esemplificativo si indicano le problematiche più frequenti: il mancato riconoscimento della cittadinanza italiana per l’impossibilità di dimostrare la residenza legale ininterrottamente dalla nascita sino al compimento dei 18 anni, le difficoltà di accertamento dello status di apolide, in considerazione della situazione geo-politica dei territori della ex Jugoslavia a causa di guerre e ridefinizione dei confini territoriali; le difficoltà di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per coesione al coniuge, per ricongiungimento familiare, nonché il rilascio della carta di soggiorno ecc per l’impossibilità di ottenere dagli organi preposti la certificazione attestante l’idoneità alloggiativa per chi vive in abitazioni che non rispondono ai requisiti di legge (es. campi rom).

B - Ambito lavorativo e di sviluppo economico. L’attuazione delle politiche del lavoro e l’aumento delle possibilità occupazionali rappresentano un obiettivo prioritario del progetto, in quanto il raggiungimento della autonomia economica delle persone è elemento essenziale in ogni processo di autodeterminazione.

Favorendo l’indipendenza economica e lavorativa, inoltre, l’amministrazione assolverà il proprio ruolo propositivo e incentivatore di risorse, evitando di cadere nel circolo vizioso dell’assistenza e della dipendenza. Ciò può avvenire attraverso la messa in atto di una serie di azioni, anche avvalendosi degli strumenti e dei servizi già attivi, quali ad esempio: il microcredito, la concessione di licenze per il commercio, l’avviamento a percorsi formativi e professionalizzanti, il sostegno alla creazione di cooperative. Un’idea molto interessante riguarda la possibilità di concretizzare degli accordi con imprenditori locali e finanziatori internazionali disponibili a sostenere progetti imprenditoriali riguardanti la zona agricola esistente, su cui da diverso tempo, sulla base delle competenze esistenti e in accordo con i contadini locali si sta riflettendo.

C - Ambito sociale, culturale e pedagogico. L’area pedagogico culturale del progetto considera la cultura sia come fattore fondamentale di coesione e d’integrazione sociale, da cui deriva la valorizzazione delle identità e delle attitudini territoriali sia come forma di espressione plurale, partecipata e libera.

In quest’ottica è necessario attivare processi culturali che potenzino e favoriscano la crescita, la conoscenza e le relazioni tra gli individui e valorizzino lo scambio tra culture. La musica, il teatro, il gioco, il cinema, le feste, gli eventi culturali sono strumenti privilegiati e sperimentati per garantire la convivenza pacifica e armonica tra le persone.

In particolare il progetto ritiene fondamentale la creazione di un centro culturale-pedagogico per bambini, giovani e adulti inteso quale luogo aperto, pubblico e fruibile, catalizzatore di iniziative e esperienze innovative nell’ambito delle arti, della musica, della danza e della cultura considerata nei suoi molteplici aspetti.

La proposta progettuale in quanto tale, può essere migliorata e rivista sulla base delle indicazioni e delle riflessioni che vorranno essere proposte e che il gruppo di lavoro sarà ben felice di accogliere.

Per info e contatti ambito7@gmail.com
A cura di Associazione chi rom e… chi no, Associazione OsservAzione. In collaborazione con Associazione Asunen Romalen, Comitato Spazio Pubblico, Comitato con i Rom.

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Di Fabrizio (del 05/11/2008 @ 09:51:31, in musica e parole, visitato 1932 volte)

Ricevo da Stefano Montesi

Venerdì 7 novembre 2008 - alle 21.45
Locanda Atlantide, via Lucani 22, san Lorenzo ROMA

Concerto gitano di musica rom, gypsy e, manouche

Czarde e canti tzigani, macedoni, bulgari ed internazionali. Sirbe, turceasche, hore. Sonorità rom e balcaniche

Cristina Barzi, voce
Marian Serban, cymbalon
Albert Florian Mihai, fisarmonica
Sandu “Sandokhan” Gruia, contrabbasso a tre corde
Luca Pagliani, chitarra

GUESTS:
Marian Balog, voce
Augusto Creni, Pepe di Cicco e Francesco di Cicco, chitarre manouche.

Il progetto musicale di Officina Nomade e Gypsyliana (Cristina Barzi), ha come obiettivo la sperimentazione di diverse sonorità appartenenti alla storia contemporanea di una metropoli italiana come Roma.
Albert Florian Mihai, Marian Serban, Sandokhan Gruia e Marian Balog come ospite, sono i migliori musicisti Rom che possiamo trovare attualmente in Italia e provengono dalle regioni dell'est europeo, (Romania e Slovakia).
Il trio Creni di Cicco è formato da tre indiavolate chitarre manouche suonate da Augusto Creni, Pepe di Cicco e Frncesco di Cicco, bravi musicisti romani che da anni interpretano con energia ed eleganza, propria dello swing manouche, il favoloso gypsy jazz di Django Reinhardt.
A seguire selezioni musicali Dj Resident

Ingresso 5€

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