Rom e Sinti da tutto il mondo

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La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 26/08/2008 @ 09:04:04, in scuola, visitato 1921 volte)

Da Mundo_Gitano

ETNIAS DE COLOMBIA - ACTUALIDA ETNICA Il significato dell'educazione etnica per la Colombia
Por: María Fernanda Garzón Arias (Guiaacademica.com)

Bogotá, 21 /08/2008. Indigeni, afrocolombiani e gitani compongono la ricchezza intangibile del paese, nondimeno, la discriminazione ha segnato la convivenza di questi popoli, a tal proposito lavorano iniziative accademiche.

Con l'arrivo di Cristoforo Colombo nel 1492, l'America divenne una terra colma di ibridi culturali tra nativi, mori, spagnoli, gitani ed africani.

La conosciuta epoca della "conquista" per qualcuno non fu niente più che un'invasione nelle credenze autoctone, per cui le comunità indigene trovarono la forma di mantenere la loro essenza e reinventarono la forma di convivere, attraverso le difese indigene o le kumpanias (gli spazi urbani dove vivono i rom).

Secondo il Dipartimento Amministrativo Nazionale di Statistica (DANE), sulla base del Censimento realizzato durante il 2005, i gruppi etnici che tuttora permangono sono:

  • Indigeni, che corrispondono a circa il 3,43% della popolazione nazionale.
  • Afrocolombiani, con circa il 10,62%, incluse le comunità razziali di San Andrés y Providencia e quella di San Basilio de Palenque.
  • Rom o gitani, che corrispondono allo 0,01%.

Sin dall'arrivo degli europei, la Colombia ha guardato con malcelata superiorità a questi popoli ancestrali, come dimostrato dalla Legge 089 del 25 novembre 1890, che determinava "che i 'selvaggi' dovessero essere ridotti a incorporarsi nella vita civilizzata".

Con la Costituzione del 1991 si riconobbe l'importanza di queste comunità minoritarie nella conformazione di un paese plurietnica e perciò furono elaborati vari articoli per proteggere l'integrità culturale e patrimoniale della nazione.

Però, Gloria Amparo Rodríguez, professoressa e studiosa della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Rosario, afferma che queste parole sono rimaste sulla carta e non sono diventate realtà.

"Considero che manca il riconoscimento (di queste comunità), ed inoltre, di strategie accademiche e del Governo per preservare l'essenza etnica", aggiunge.

Sulla base di questo panorama, varie istituzioni educative superiori han deciso di prendere misure a proposito.

Per esempio, l'Università del Rosario ha un programma di borse di studio destinate a coprire il 90% delle spese di una matricola appartenente ad una comunità etnica.

In questo senso, Rodriguez spiega che aprire questo spazio non è stato un compito facile perché l'incontro di due culture è complicato da assumere.

"All'inizio l'impatto di vedere gli indigeni nell'università, non era così semplice, incluso per i professori; ad esempio, un giorno un docente mi disse che uno studente aruhaco stava prendendo coca in classe, riferendosi all'utilizzazione del poporo (implementando in una forma dove si mescolano varie sostanze organiche e che tiene un significato vitale) invece dei quaderni per plasmare le sue conoscenze", commenta.

Così Rodriguez ha deciso di fondare la Cattedra Viva Interculturale, che intende mostrare la cultura etnica agli studenti tradizionali.

"Impariamo molto sulle comunità minoritarie, in questa materia ogni studente etnico ci mostra come pensa, vive e percepisce il mondo, perché sono le altre conoscenze, quelle dei nostri antenati, che dobbiamo conoscere", sottolinea.

Nel contempo, l'Università in collaborazione col Ministero degli Interni accoglie queste comunità nella pre-università, dove ricevono consigli per scegliere la carriera che più si adatta al loro profilo.

"E' un'opportunità di crescita accademica tanto per gli alunni delle etnie che per quelli tradizionali", spiega Myriam Ochoa, decana della Facoltà di Educazione.

Come recita uno dei punti del Piano Decennale di Istruzione, è necessario generare "autonomia per il riconoscimento della diversità culturale e del rispetto per la differenza, guardando alla convivenza pacifica".

Gli studenti parlano

Kasokaku Busintana, alunno aruhaco, arrivò dalla Sierra Nevada di Santa Marta e cercare strumenti validi nella società attuale per aiutare la sua comunità.

Spiega: "Lavoro e progetti ambientali, guardando al cammino politico e sociale per proteggere i patrimoni vivi che siamo noi popoli indigeni".

Kasokaku che attualmente frequenta il settimo semestre di Giurisprudenza dell'Università del Rosario, afferma che nell'università ha trovato spazi per insegnare la sua cultura.

"E' importante che la società capisca che la Colombia è un paese di differenze, di comunità multiple; non è come una mostra del museo, giorno a giorno si lavora duro perché sia una realtà e non qualcosa di fittizio", enfatizza.

Nella stessa maniera Arukin Torres, studente di Relazioni Internazionali all'Università del Rosario, riferisce come l'istituzione si è convertita in un luogo di interscambio o "baratto" di conoscenze.

"Sono venuto a costruire un mutuo conoscimento di permanenza culturale per tracciare un cammino definito per i nostri popoli. (...) Perché, come dice mia mamma: gli uccelli possono cambiare le piume ma, mai il canto", aggiunge.

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Di Fabrizio (del 26/08/2008 @ 13:07:11, in casa, visitato 1593 volte)

Da La Repubblica Rom: non solo campi nomadi, la storia di Orhan e Jasa

La famiglia Ibraimov è uno dei primi nuclei che ha ottenuto un alloggio popolare grazie al "progetto rom" del Comune. Un'iniziativa, tra le poche in Italia, che cerca di integrare i rom affrancandoli dalla logica dell'assistenzialismo
di Benedetta Pintus

Nell'Italia dell'emergenza sicurezza la parola rom è diventata sinonimo di criminalità e disprezzo per le regole, ma il calore di una famiglia come quella di Orhan e Jasa spazza via ogni pregiudizio. Il loro piccolo e accogliente appartamento di via Navetta è lontano anni luce dallo stereotipo dello zingaro che vive di furti ed elemosina rifugiandosi in un campo nomadi alla periferia della città. Quelle quattro mura colorate da soprammobili di porcellana e innumerevoli mazzi di fiori variopinti sono il simbolo dell'integrazione e raccontano una storia iniziata in Macedonia e finita a Parma. Dove i coniugi Ibraimov, dopo una vita di stenti tra accampamenti abusivi, edifici occupati e roulotte, grazie al "progetto rom" del Comune, sono riusciti a ottenere un alloggio popolare per potersi finalmente stabilire e crescere in serenità i propri figli.

Madre e padre sono poco più che trentenni, ma le loro spalle portano il peso di anni di sacrifici, celati in fondo allo sguardo stanco di Jasa. "Per me – racconta - arrivare al campo di strada del Cornocchio è stato come entrare in albergo, perché dopo aver vissuto in mezzo alla strada tutto mi sembrava un lusso". Anche se all'inizio mancavano l'acqua e il riscaldamento. "C'era freddo da morire". Ma sempre meglio che dormire in macchina con i bambini piccoli e affamati in attesa che il padre torni dal lavoro. Mai fatto l'elemosina? "Io sono un lavoratore – risponde Orhan – non sono venuto qui per mendicare". Altrimenti sarebbe rimasto in Macedonia, il suo paese d'origine, dove aveva una casa ma, in quanto rom, era comunque discriminato. "Nel nostro Paese i rom sono costretti a vivere in case pericolanti, dove intere famiglie dormono in una sola stanza. Mio padre, pensionato, riceveva dallo stato un contributo di 15 euro al mese. Quella non è vita". Trovare un impiego per Orhan era diventata un'impresa impossibile, così nel 1996 ha deciso di emigrare in Italia con Jasa in cerca di fortuna.

La prima tappa è stata in un campo nomadi di Foggia, dove nel 1998 è nato Gelo, il loro primo figlio. Anche in Puglia, però, trovare lavoro non è facile, perciò i due si spostano con il bambino verso nord e finiscono in un accampamento abusivo in riva a un fiume a Marano di Basilicanova, che presto viene sgomberato. Da quel momento Orhan e sua moglie cercano rifugio in una scuola occupata da altri immigrati e poi nell'ex villa Maghenzani, dove vivranno per tre mesi. Intanto Jasa ha dato alla luce altri due bambini, Leonardo e Bernando, con cui, infine, nel 2002 arrivano al campo nomadi di Parma. Da qui gli Ibraimov fanno domanda per l'assegnazione di una casa popolare tramite il "progetto rom" dei servizi sociali.

Si tratta di un'iniziativa portata avanti dal Comune con l'obiettivo di affrancare i rom dalla logica dell'assistenzialismo. "Cerchiamo di superare il concetto di campo nomade", spiega il coordinatore del progetto Vito Verrascina. "Anche perché negli anni i rom in Italia hanno fatto un percorso che li ha trasformati da nomadi a stanziali. Solo alcuni si spostano per difficoltà o problemi legali. In molti casi sono i rom stessi a chiedere di poter andare a vivere in un appartamento".

Orhan aveva tutti i requisiti per ottenerlo: una famiglia numerosa, un permesso di soggiorno, la residenza da più di due anni, un lavoro continuativo. Il sogno di trovare un rifugio stabile si è realizzato nel 2005. "Siamo stati la seconda famiglia ad andare via dal campo. Ora non torneremmo mai a viverci". Secondo Jasa la situazione è molto peggiorata rispetto a prima: "Quando ci vivevamo noi c'erano regole più severe. Per qualsiasi cosa bisognava chiedere il permesso al Comune. Ora invece chi ci abita fa tutto quello che vuole: si rubano anche le cose tra loro". Molti rom non vogliono stare in appartamento "perché preferiscono essere liberi e non avere regole da rispettare. Vogliono fare feste, grigliate, ascoltare la musica a tutto volume fino a tardi. Il nostro scopo, invece, da quando siamo arrivati in Italia era quello di trovare una casa".

Oggi Orhan si sveglia ogni mattina alle sei: lavora da quasi sette anni come operaio nell'impresa di costruzioni Pizzarotti. Sua moglie Jasa si occupa della casa e dei bambini, che frequentano la scuola elementare: Gelo ha ormai dieci anni, Leonardo otto e Bernando sette. La loro è una famiglia come tante, che tra prezzi in aumento, conti da pagare e visite mediche, cerca di arrivare alla fine del mese con un solo stipendio. "Per la scuola si spende tanto", si lamenta Jasa. Ma sorride quando Bernando mostra con orgoglio il suo nuovo zainetto di Superman. Poi il suo sguardo si fa di nuovo preoccupato. "Ora basta bambini. I bambini costano", dice ricordando con sofferenza i suoi due aborti, l'ultimo due anni fa. "Le famiglie numerose – spiega Verrascina - sono frequenti tra i rom. Spesso i figli vengono usati come strumento per ottenere agevolazioni".

"Molti bambini rom disturbano. Fanno chiasso, chiedono l'elemosina", ammette Orhan. "Ma non è colpa loro. E' colpa dei genitori", gli fa eco Jasa, che racconta le difficoltà che ha incontrato dopo il trasloco a causa dei pregiudizi. "Nessuno ci salutava, c'era molta diffidenza. Parlavano alle nostre spalle e i bambini non potevano neanche giocare in giardino. Una volta i vicini si sono lamentati perché c'era qualcuno che suonava continuamente i campanelli e loro hanno subito accusato ingiustamente i nostri figli". Addirittura una volta qualcuno ha telefonato l'Acer, l'azienda che gestisce gli alloggi popolari, dicendo che in casa Ibraimov si nascondevano famiglie di clandestini. A quanto pare per qualche inquilino del quartiere il solo fatto di avere origini rom è più che sufficiente per sospettare che dietro la facciata di una famiglia per bene si nasconda un covo di criminali. "Il problema – dice Orhan – è che basta il cattivo esempio di uno per gettare cattiva luce su tutti. Ma i rom non sono tutti uguali".

A poco a poco, però, la situazione è migliorata. Gelo, Leonardo e Bernando giocano tranquillamente sotto casa con gli altri bambini di via Navetta e qualche vicino invita anche Orhan e Jasa a prendere un caffè. "Ora - dice lei - salutano anche i bambini, ma io continuo a non parlare con nessuno. Certa gente è peggio degli zingari".
(25 agosto 2008)

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Di Fabrizio (del 27/08/2008 @ 08:50:54, in casa, visitato 1814 volte)

Da Czech_Roma

Roma Buzz Aggregator - Sistemazione ed alloggio delle famiglie Rom nella Repubblica Ceca

Molte famiglie nella Repubblica Ceca continuano a vivere in condizioni sotto gli standard caratterizzate da infrastrutture e servizi non adeguati, segregazione, disagi e minacce di espulsioni, che spesso portano a forme di ghettizzazione. Di solito, le comunità Rom vivono in case che mancano di fognature, in quartieri ristretti, senza accesso all'acqua potabile, elettricità o servizi di emergenza. Vivere in condizioni che non sono sanzionate legalmente lascia la comunità Rom più esposta a sgomberi forzati dallo stato, un problema riflesso nel numero di reinsediamenti negli ultimi anni. Uno studio recente commissionato dal Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali, portato avanti dalla compagnia privata GAC, riporta che c'erano 310 località Rom socialmente escluse e che il 35% di queste erano emerse negli ultimi 10 anni.

La pratica degli sgomberi forzati e dei reinsediamenti delle comunità Rom, vede le famiglie spostate dalle loro case originarie in altre parti del paese, risultando così la popolazione più segregata ed isolata, inoltre vengono esacerbate le loro basse prospettive di impiego. Un esempio di questi reinsediamenti fu la rilocazione della comunità Rom a Mladá Boleslav, che ha visto una popolazione di circa 3.000 Rom diminuire a circa 300. Similarmente, il reinsediamento delle famiglie Romanì dalla città di Vsetín ha visto 50 famiglie obbligate a lasciare la città perché la loro sistemazione era sotto gli standard, e la maggior parte delle famiglie aveva affitti troppo alti. La sistemazione in località periferiche non è riuscita a incontrare nemmeno le necessità basiche come l'acqua corrente e l'elettricità, portando alla creazione di nuovi ghetti invece di risolvere i problemi abitativi.

Esistono pratiche discriminatorie anche all'interno della ripartizione delle condizioni di alloggio, con le famiglie Rom spesso piazzate in sistemazioni riferite come "appartamenti di infima qualità", o appartamenti "vuoti coi muri", generalmente riservati a chi ha pagato in ritardo l'affitto. Oltre il 50% degli appartamenti "vuoti coi muri" sono abitati da Rom, con la percentuale che in alcune aree sale al 90%. Non c'è trasparenza nel fornire case possedute dai comuni, ed il criterio è spesso indirettamente discriminatorio, il che significa che le famiglie Romanì sono spesso incapaci di ottenere un alloggio adeguato. Uno studio del Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali dimostra che il numero dei Rom in condizioni sotto gli standard sono cresciuti negli ultimi 10 anni, e trovato che non esiste nessun programma globale per combattere la deprivazione sociale.

Il rapporto 2008 di Amnesty International ha mostrato che i dipartimenti alloggiativi nella Repubblica Ceca sono prima di tutto interessati agli aspetti finanziari della vicenda, trascurando grossolanamente il loro dovere e funzione civica, come una corporazione privata senza responsabilità nel bisogno sociale nel campo dell'alloggio. Inoltre Amnesty critica l'incapacità dei lavoratori sociali nell'evitare gli sgomberi forzati di famiglie con bambini, che è riportata come una pratica estesa nell'odierna Repubblica Ceca. Il Comitato ONU per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale (CERD) ha espresso la propria preoccupazione che le leggi ceche non proibiscano chiaramente la discriminazione razziale nel diritto alla casa, ed il Comitato per i Diritti Umani ha criticato la pratica degli sgomberi assieme all'esistenza dei ghetti Rom nella Repubblica Ceca.

In una dichiarazione congiunta nell'ottobre 2007, riguardo il diritto alla casa per i Rom nell'Europa, il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa e il Relatore ONU per il diritto alla casa, hanno dichiarato che la Repubblica Ceca violava il diritto alla casa riguardo le comunità Rom, criticando i locali uffici pubblici per sostenere l'intolleranza verso i Rom e sviluppare politiche pubbliche per spostare le famiglie Rom dalle città verso aree isolate. La dichiarazione indica che negli anni recenti il tasso di sgomberi forzati di Rom è cresciuto drammaticamente e che la segregazione e la ghettizzazione nel campo dell'alloggio appare essersi intensificato.

Il tema della ricerca di una sistemazione adeguata non ha significato solo per il diritto, ma ha anche un sostanziale impatto per sostenere altri diritti e libertà fondamentali, come il diritto alla privacy, libertà dai trattamenti degradanti, istruzione, impiego, sanità, libertà di movimento ecc. Il diritto ad un alloggio adeguato, come pure gli altri diritti, si trovano nei maggiori strumenti internazionali dei diritti umani, inclusa la Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali e la Revisione della Carta Sociale Europea. Sono pure rilevanti altri trattati ONU, come pure la Convenzione Europea sui Diritti Umani ed altre legislazioni UE riguardo la discriminazione.

Ci sono perciò basi chiare per il rafforzamento del diritto alla casa, ed un bisogno apparente nella comunità Rom ceca di avere protetti e rafforzati questi diritti. La meta generale del progetto sarà di lavorare verso il riconoscimento di questi diritti per la popolazione Rom e di vedere miglioramenti nelle condizioni di vita dei Rom nella Repubblica Ceca. Più specificatamente, il progetto si focalizzerà sull'accesso e il rafforzamento dei rimedi legali per le famiglie che sono state oggetto di discriminazione abitativa o di sgombero forzato. Con la mancanza di aiuto e rappresentazione legale per la comunità Rom, il progetto si focalizzerà nel fornire rappresentazione legale e assistenza alle famiglie coinvolte, allo scopo di assicurare conformità agli standard internazionali di non-discriminazione nella fornitura di alloggi da parte delle municipalità, come pure nel promuovere la sicurezza del possesso per i gruppi vulnerabili e i rimedi dovuti per l'accesso a quanti sono penalizzati da trattamenti simili. Questa azione aiuterà a rafforzare i diritti dei Rom alla casa e potenzialmente incoraggerà lo sviluppo di politiche pubbliche che assicurino la conformità agli standard internazionali.

By Elizabeth Sarah Jones - currently on internship at DZENO

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Di Fabrizio (del 27/08/2008 @ 09:40:51, in musica e parole, visitato 1752 volte)

Il 28 agosto i Gogol Bordello suonano a Milano, all'Idroscalo. Dalle 21.00 diretta del concerto su Radiopopolare, che può essere ascoltata anche in streaming dal vostro computer

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Intervengono:
Gian Carlo Corada - Sindaco di Cremona
Marco Niada - Corrispondente da Londra de "Il Sole 24 Ore" e autore di "La nuova Londra - Capitale del XXI secolo" - Garzanti editore
Dijana Pavlovic - Attrice e mediatrice culturale della comunità Rom
Ivan Scalfarotto - Partito Democratico

Modera il dibattito:
Alessandra Coppola - "Il Corriere della Sera"

MILANO - MM Lampugnano (mappa) alla libreria della Festa Democratica

sabato 6 settembre 2008 alle 21.00
 

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OT?
Di Fabrizio (del 28/08/2008 @ 12:27:19, in media, visitato 2136 volte)

E' un argomento che apparentemente c'entra poco con quello che tratto di solito. Ma se avete 20' (ho notato che siamo preda di un'attenzione che vuol consumare in fretta) di tempo libero, ecco un video che vi consiglio, dove Annie Leonard, doppiata in italiano, racconta la storia delle cose e spiega perché siamo tutti diretti contro un muro.

(Il suggerimento arriva da Marlenek)

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Di Fabrizio (del 28/08/2008 @ 18:07:41, in musica e parole, visitato 2362 volte)

Su Rom Sinti @ Politica è apparso un post sulla presentazione alla Mostra di Venezia del film PA-RA-DA di Marco Pontecorvo, ambientato a Bucarest sulla storia (vera) di Milud e dei ragazzi di strada.
Ho ritrovato questa vecchia intervista (22 marzo 2004) ai ragazzi di Miloud, che penso possa interessare:

Premessa tratta dalla presentazione in italiano del progetto (a cura di COOPI)

A seguito della grave crisi economica e sociale attraversata dalla Romania all’inizio degli anni Novanta dopo la caduta del regime di Ceasescu, migliaia di bambini e di ragazzi sono scappati dalle loro famiglie o dagli orfanotrofi finendo sulle strade di Bucarest e del resto del paese, esposti alla solitudine, alla violenza e alla povertà assoluta. Nel 1992 il clown francese Miloud Oukili li ha incontrati nei canali sotterranei della capitale dove si rifugiavano la notte per sfuggire al freddo e alla pioggia.

Da allora Miloud non li ha più lasciati: li ha conquistati con arti del circo e attraverso la creazione della Fondazione Parada ha offerto loro assistenza medica, sostegno psicologico e un tetto…

Il centro diurno accoglie regolarmente centinaia di bambini e di giovani provenienti da diversi paesi della Romania ed è diventato un punto di riferimento importante per la città. Al suo interno si svolgono laboratori teatrali, atelier di clownerie, giocoleria e acrobazia.

Gli educatori inoltre forniscono ai ragazzi supporto psicologico e propongono corsi di formazione scolastica e professionale.

Due équipe di educatori incontrano quotidianamente i ragazzi che ancora vivono sulla strada offrendo loro ascolto, assistenza e un’opportunità educativa.

Negli appartamenti sociali i ragazzi che hanno scelto di abbandonare la strada possono organizzare la propria vita con regolarità, mantenendo la propria autonomia e seguendo progetti personalizzati concordati con gli educatori.

Interviste di Marta Rabbiosi e Fabrizio Casavola al termine dello spettacolo di sabato 20 marzo a ASSOCIAZIONE COLORE via Moncucco 29, MILANO

Zamfir Mia
Da quanto conosci Parada?


Da 12 anni sono col gruppo Parada. Allora vivevo per strada e ci siamo conosciuti lì. C’era una casa, era di Terres des Hommes, che ospitava bambini che vivevano in strada. Andavamo lì la mattina per fare teatro e disegno. Più tardi, ho conosciuto Miloud, che stava con noi tutto il giorno, ma con noi allora non faceva il pagliaccio – questo l’ho capito solo quando abbiamo cominciato a fare spettacoli. Adesso quella casa è stata chiusa dalla polizia, c’erano problemi con i vicini che vedevano tutti quei ragazzi che andavano avanti e indietro.

Io adesso lavoro con Parada e con un gruppo di francesi ho fatto un giornalino.

Sembra una rivista per ragazzi

No, nessun ragazzo comprerebbe un giornalino fatto e venduto da ragazzi di strada! Viene venduto agli adulti in abbonamento. Ci sono alcune cose che sembrano per bambini: qui si parla di Mowgli e del libro della giungla, perché anche lui era stato abbandonato e ha vissuto come un animale. Qui invece uno di noi parla di religione, lui si chiama Costantin, ve lo traduco: “Se non c’era Dio, non c’ero neanch’io… se Adamo ed Eva non avessero fatto peccato, non ci sarebbe stato nessuno di noi…” E poi c’è un mio articolo, dove su un foglio quello che faccio adesso e sull’altro ci sono le foto di com’ero prima.

Se volete riceverlo, richiedetelo a:
Echipa “Strada
Strada Jului, nr. 37
sect. 1 Bucuresti
0742 330392 stradaziar@poste.net

In questi 12 anni la situazione a Bucarest è cambiata?

Credo che i ragazzi per strada stiano aumentando, ma la polizia li va a prendere e li riporta alle famiglie o li rinchiude in carcere molto più di prima. Probabilmente è perché la Romania sta per entrare nella NATO. I canali di Bucarest sono stati sigillati, perché erano il rifugio preferito dei ragazzi di strada e di chi li usava per nascondere la refurtiva.

Qualcosa di importante è cambiato con Miloud. Vedete, io adesso sto facendo questa intervista, ma anche quando vivevo per la strada mi ricordo che si parlava molto di noi, tutti facevano solo parole! C’erano i giornalisti che ci cercavano e ci facevano parlare, ma poi tutto rimaneva come prima. Miloud invece, lui diceva una cosa e la faceva. Così ci ha dato da mangiare!

Dove sei stata con Parada?

In Francia a Bordeaux e poi a Milano. Ogni tour dura un mese. L’Italia l’ho vista molto, ma non mi ricordo tutti i paesi.

Da 12 anni fai teatro e ce l’hai nel sangue. Vorresti continuare o fare qualcos’altro?

Devo dire che in questi 12 anni, ogni tanto ho lasciato Parada e magari sono tornata alla vita di prima. Io sono così. Adesso vorrei lavorare anche con altre compagnie. Miloud lo sa. Ormai sono grande e se potessi lascerei lo spazio agli altri. Magari, iniziare io a lavorare coi bambini.

Cosa studiate a Bucarest?

Studiamo circo e teatro. Parliamo di com’era la nostra vita. I bambini imparano anche a leggere e a scrivere.

Ad aprile, ci sarà un nuovo centro con gli spazi per i laboratori teatrali e la scuola, ed ufficio per l’assistenza legale e per fare i documenti.

Daniel Porcescu
Tu nello spettacolo facevi anche il fachiro. Ci spieghi come si fa?


Mah… E’ una questione di concentrazione. Bisogna stare attenti…

Sei anche uno dei più vecchi di questo gruppo

Ho 28 anni. Io, Corinne e Rafael siamo tra i più vecchi. Sono con Parada da 4 anni, ma ho conosciuto Miloud quasi 12 anni fa.

Ho conosciuto solo mio padre, ma in quel periodo lo frequentavo poco ed ero sempre per la strada, non mi drogavo – non l’ho mai fatto, ma avevo bisogno di aiuto e così mi hanno trovato.

Dodici anni fa c’era un'altra organizzazione, Terres des Hommes e Miloud vi lavorava come volontario.

Cosa ti ha attirato di ciò che ti proponevano?

Ci sono diversi tipi di studio: giocoleria, acrobazia, clownerie, piramide, andare sul motociclo.

Comunque, noi andavamo al centro perché si stava tranquilli e sicuri, poi abbiamo iniziato per divertimento e mi ricordo che mi è piaciuto molto.

Ho iniziato con Parada che ero già grande, e da noi chi lavora col circo viene pagato pochissimo, a meno che non si sia dei veri professionisti di un grande circo.

Adesso lavoro come animatore.

Com’è il lavoro dell’animatore?

Da un anno c’è una squadra di tre/quattro persone con una ragazza francese e lavoriamo sulla strada e negli orfanotrofi. Facciamo circo, sport, disegno, ogni tanto andiamo al cinema.

Lo scorso dicembre c’è stata un’iniziativa chiamata “Decembre magique” e siamo andati a fare uno spettacolo negli orfanotrofi.

Ogni giorno usciamo a cercare ragazzi, di solito 2 o 3 ogni giorno.

In questo gruppo che è qua a Milano, ci sono due ragazzi piccoli, di 14 e 16 anni, è da un anno e mezzo che sto lavorando con loro e solo da tre mesi sono usciti dalla strada.

Voglio continuare a fare l’animatore.

Quanti siete in tutto?

Siamo 4 animatori oltre all’animatore francese. Per i ragazzi che frequentano le attività, non saprei essere preciso: non esistono gruppi stabili di ragazzi coinvolti, il loro numero cambia continuamente. Per esempio: un giorno ne troviamo 2 in una piazza, e il giorno dopo magari si sono spostati in un’altra zona, oppure hanno altro da fare e magari riagganciamo qualcuno che avevamo conosciuto un’altra volta.

C’è qualche viaggio che ti ricordi?

Neanch’io ricordo tutti i posti dove siamo stati: le tournee sono molto piene e difficilmente troviamo il tempo di fare qualche visita.

Ho fatto 10 tourneé: 7 in Italia, 2 in Francia e una a Mostar, in Bosnia Herzegovina. Sono stato molto contento di essere andato a Mostar, perché per noi è stato il segno che la guerra fosse veramente finita. Quello di Mostar era un progetto veramente grande, si chiamava “Carovana dell’acqua”, c’erano tante organizzazioni francesi con Miloud, gruppi italiani da Novara, Varese, Torino e circhi professionisti. L’ultimo spettacolo che abbiamo fatto a Mostar, al solito la platea era divisa con i cattolici da una parte e i musulmani dall’altra, ma alla fine applaudivano mischiati tutti assieme.

Emil … - assistente sociale del gruppo
Parlate tutti molto bene l’italiano

Sì, la lingua è simile e poi la perfezioniamo nelle tourneé. Inoltre, a Bucarest abbiamo rapporti non solo con i francesi, ma anche con molte organizzazioni italiane, COOPI ad esempio collabora col nostro progetto

Tu sei arrivato a Parada in un’altra maniera…

Non vengo dalla strada, me lo si legge in faccia! Ho studiato a Bucarest e come tutti cercavo qualcosa da fare, però volevo anche occuparmi degli altri in maniera seria.

Ho sentito parlare di Parada, questo gruppo di matti, e sono andato a vedere cosa c’era da fare. E’ stato 5 anni fa e da allora sto con Parada.

Il primo che ho conosciuto è stato Rafael, che oggi faceva il presentatore. Con lui e con gli altri nel tempo quella che all’inizio è un’amicizia spontanea e istintiva, diviene un rapporto vero e profondo, al di là dei ruoli reciproci.

Come si crea il rapporto con i ragazzi?

In realtà, il mio lavoro non ha molto a che fare con l’assistente sociale. Seguo i ragazzi nelle materie scolastiche e nelle uscite, principalmente il mio lavoro è parlare e farli parlare, metterli a confronto in ogni momento del giorno sui problemi che hanno avuto e che vogliono affrontare.

Verso le 7, le 8, raggiungo il centro e c’è da fare sino a mezzanotte, insomma è un lavoro serio e impegnativo.

Adesso disponiamo anche di un caravan, che gira per le strade per dare vestiti e assistenza sociale ai ragazzi abbandonati. La mattina lo adoperiamo per andare a cercare i ragazzi e qualche volta per portarli con noi al centro.

Anche per strada non mi presento come “assistente sociale”, ma chiedo: “chi sei, cosa fai?” e a loro volta mi chiedono chi sono io e cosa voglio da loro. Io gli dico che sono di Parada e non ho bisogno di dire altro, questo nome è conosciuto da tutti i ragazzi di strada. Loro sanno chi siamo e cosa facciamo, quindi se vogliono cominceranno a frequentare il centro. Anche al centro le regole e il lavoro sono chiari: succede anche che qualcuno appena arrivato mi chiede di partire in tournee, e gli dico: prima studia e poi vedremo…

Anche dopo lo spettacolo vi siete ritrovati a discutere

E’ un confronto diverso da quello che dicevo prima. In quel caso parliamo espressamente dello spettacolo che è appena terminato, cosa è andato bene e cosa si può migliorare. Questo pomeriggio è stata una riunione molto lunga.

I ragazzi di strada ci sono solo a Bucarest o anche nelle altre città?

Principalmente a Bucarest. Nelle altre città non è un fenomeno rilevante: di solito i ragazzi abbandonati vivono per un po’ di tempo nei pressi delle stazioni e appena possono raggiungono Bucarest, che vedono come una specie di La Mecca.

Ho sentito che gli altri dicevano che i ragazzi che vivono in strada stanno aumentando: io ho visto alcune statistiche (ma non so quanto siano veritiere) e sembra che invece stiano diminuendo. Anche la situazione sulla chiusura dei canali non è definita: la polizia li chiude per ragioni di sicurezza, ma spesso i ragazzi riescono a riaprire dei passaggi e tornano a rifugiarsi lì. Quello che può essere cambiato negli anni, è che prima i ragazzi di strada sopravvivevano per una specie di spirito di clan, che li univa e in parte serviva a proteggerli da loro stessi e dagli altri, mentre adesso ognuno è abbandonato a se stesso.

C’è qualche ragazzo che ha lasciato Parada per fare altro?

In 8 anni saranno stati una ventina. Manteniamo comunque i rapporti. Tutti hanno scelto un’attività in proprio. La maggior parte lavora nelle costruzioni o nel piccolo commercio, in regola con la legge e i suoi permessi.

Che altro dire? E’ dura, anche se una durezza differente dal vivere per strada.

Dopo intervista

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NUMERO VERDE 800.11.77.55 – c.c. postale 142273 intestato a COOPI – Ragazzi di Bucarest
Tel./Fax 0376 73.00.77 ragazzi.Bucarest@coopi.org

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Di Fabrizio (del 29/08/2008 @ 00:20:05, in Italia, visitato 1982 volte)

Da Vita - 29 agosto 2008

Parla Eva Rizzin della neonata Federazione Rom e Sinti Insieme

Eva Rizzin, 30 anni, è un vulcano d'energia, con un curriculum in continuo aggiornamento. Laureata in Scienze Politiche con bacio accademico, un anno fa ha discusso una tesi di dottorato in geopolitica sull'anti-ziganismo nell'Europa unita. È qualcosa che la tocca in prima persona: la Rizzin è nata a Udine da mamma sinta e ne va fiera. È anche per questo che la sua lotta contro le discriminazioni e per i diritti di rom e sinti va oltre l'Accademia e la vede quotidianamente impegnata sul campo. Nel 2005 ha fondato OsservAzione, centro di ricerca-azione contro la discriminazione. Appena gliel'hanno proposto, non ha esitato un attimo ad accettare la proposta di entrare a far parte della neonata Federazione Rom Sinti insieme.

Vita: Eva, ci spiega perché nasce quest'esperienza?
Eva Rizzin: La parola chiave è partecipazione. Rom e sinti devono diventare soggetti attivi delle politiche che li riguardano. Per troppi anni in Italia sono stati fatti programmi di stampo assistenzialistico e di "segregazione culturale". Esiste un vero e proprio problema di rappresentatività politica, una questione che, invece, da anni è stata superata in alcuni paesi dell'Est Europa. La Federazione si è costituita il 18 maggio 2008, dopo più di un anno di lavoro del Comitato rom e sinti insieme. Ne fanno parte già 22 associazioni con sede in dodici regioni italiane.

Vita: Perché avete scelto la formula della federazione?
Rizzin: Esiste una profonda ignoranza riguardo a rom e sinti. Il nostro mondo viene considerato come se fosse un blocco unico. Siamo gli "zingari", i "nomadi". Non si conosce la pluralità di gruppi, l'eterogeneità che ci distingue l'uno dall'altro. Io, ad esempio, mi sono laureata con una tesi sulla cultura della mia comunità, i gackane eftawagaria. D'altra parte, coinvolgiamo anche chi non è rom o sinti, non vogliamo escludere nessuno, ma cooperare, lavorare assieme. Va chiarito anche che non pretendiamo di rappresentare tutti i gruppi di rom e sinti in Italia, ma solamente le associazioni che aderiscono alla Federazione.

Vita: Ci sono anche conflitti tra i diversi gruppi. Ad esempio, rom e sinti italiani sono spesso ostili verso i rom immigrati... Come farete a mettere tutti d'accordo?
Rizzin: Non sarà un'impresa facile. È paragonabile al fare l'Europa unita. Siamo un piccolo mondo, è come se fossimo tanti Stati, ciascuno con la propria storia e cultura. Tanto per cominciare, la pluralità dei gruppi è rappresentata ai vertici della Federazione: il presidente è Nazzareno Guarnieri, rom italiano, i vice presidenti sono il sinto italiano Gabrielli Radames e il rom immigrato, Demir Mustafà.

Vita: Perché in Italia la voce di rom e sinti non si è levata prima, per rivendicare una partecipazione attiva sulle politiche che vi riguardano?
Rizzin: Da dicembre 2006 la situazione per le nostre minoranze è sempre più preoccupante, con sgomberi e atti di violenza gratuita. Nasce in questo contesto l'idea di reagire in modo unitario e propositivo. La Federazione si propone di costruire un dialogo diretto con le istituzioni, per promuovere una società aperta e interculturale, l'affermazione della cultura della legalità, il contrasto agli abusi di potere.

Vita: Il clima politico attuale non sembra favorevole al dialogo. Riuscite a farvi ascoltare?
Rizzin: È molto difficile, ma non impossibile. Purtroppo alcuni passi avanti che erano stati fatti un anno fa, ora sono stati azzerati. In luglio 2007 abbiamo contribuito alla presentazione della proposta di legge 2858 per l'estensione della legge 482 del 1999 sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche con il riconoscimento anche delle minoranze rom e sinti. Solo a gennaio 2008, poi, abbiamo partecipato a una Conferenza europea sulla popolazione rom organizzata dai ministeri dell'Interno e Solidarietà sociale. È stato un momento di incontro costruttivo e partecipato: prefetti, politici, forze dell'ordine, organizzazioni internazionali, istituzioni, tutti insieme per affrontare le problematiche concrete che ci riguardano ed elaborare delle risposte condivise.

Vita: Come vi state muovendo?
Rizzin: Non ci diamo certo per vinti. Crediamo che la questione rom e sinti sia trasversale agli schieramenti politici: non è un fatto di destra o sinistra. Alle ultime elezioni il presidente Nazzareno Guarnieri era candidato per l'Udc, Dijana Pavlovic, consigliera della Federazione, per la Sinistra arcobaleno. In campagna elettorale, poi, abbiamo inviato a tutti candidati premier una lettera in sette punti che riteniamo importanti per la tutela dei nostri diritti. Ora abbiamo chiesto un incontro con il ministro dell'Interno, mentre siamo già stati ricevuti dai prefetti di Milano e di Roma.

Vita: In quali circuiti internazionali siete inseriti?
Rizzin: Abbiamo partecipato, il 21 febbraio 2008, all'audizione del Comitato dell'Onu per l'eliminazione della discriminazione razziale. Le Nazioni Unite hanno criticato severamente il trattamento dei rom e sinti in Italia. Il 10 luglio eravamo presenti al meeting Osce a Vienna sulle politiche per l'integrazione, per parlare della situazione italiana. Io sono intervenuta come responsabile della Federazione per il settore Diritti e Legislazione, Razzismo e Discriminazione. Ciascuno di noi si occupa di un'area specifica.

Vita: Quali soluzioni proponete?
Rizzin: Beh, non c'è una ricetta valida per tutti. Si deve sempre partire dal dialogo e partecipazione dei diretti interessati. Di certo prendere le impronte digitali ai bambini, come ha proposto Maroni, non contribuirà all'integrazione nelle scuole. Bisogna invece analizzare quali problematiche impediscono ad alcuni minori di avere un'istruzione. Inoltre, vanno riconosciuti i mediatori rom e sinti, perché i bambini delle nostre minoranze non vengano visti sempre come un ostacolo, ma come una ricchezza. Proponiamo poi un centro di orientamento professionale per adolescenti e adulti, tra i cui obiettivi c'è il recupero e reinserimento nel mondo del lavoro, la progettazione di interventi formativi per il recupero dei lavori tradizionali, la creazione di centri di lingua romanì e di storia e cultura di rom e sinti. Quanto alla casa, vogliamo il superamento dei campi nomadi, con soluzioni abitative adattate alle diverse situazioni, dalla casa alla microarea. E chiediamo la modifica del Testo Unico 380 del 2001 che considera abuso edilizio la sosta di roulotte o case mobili su terreni agricoli.

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Di Fabrizio (del 29/08/2008 @ 09:06:17, in media, visitato 2466 volte)

Da Nordic_Roma

Il Malinteso by Keith Goetzman

Per altre informazioni sulla cultura Rom, inclusi link ad articoli, interviste, organizzazioni ed altre risorse, visitate utne.com/ Roma (in inglese NDR)

Raccontare l'intera storia del popolo Rom sarebbe un'impresa epica. La saga attraverserebbe secoli e continenti, con una narrazione spezzettata che parte da un gruppo di nomadi quando lasciò l'India e si dirama in una costellazione di distinte comunità attraverso l'Europa e oltre, ognuna formando le proprie tradizioni e stili di vita, tutti perseguitati da stereotipi, sospetti ed altre connotazioni dell'etichetta "Zingara" così spesso loro applicata. Coinvolgerebbe l persecuzione, la discriminazione, ed il genocidio, come pure la musica, le arti circensi ed i propri vestiti e manufatti.

Il fotografo danese Joakim Eskildsen conosceva poco di questo contesto in espansione quando nel 2000 decise di fotografare le comunità Rom per il libro The Roma Journeys (Steidl, 2008). Infatti, confessa di non conoscere "assolutamente niente" sui Rom eccetto gli "orribili, terribili, inumani" stereotipi assorbiti mentre cresceva in Danimarca. Quando cominciò a vivere tra i Rom ungheresi con la scrittrice Cia Rinne, così, si avvicinò alla "storia infinita" del popolo Rom.

"Diventammo così affascinati, così interessati" dal mondo Rom, dice, "ed anche sorpresi da tutta l'ignoranza" dei non-Rom. "Anche i nostri amici più istruiti avevano ogni tipo di strani stereotipi e idee strambe. Abbiamo ritenuto in qualche modo che era impossibile fare qualcosa di superficiale."

Lui e Rinne lavorarono al progetto per sette anni - "il tempo più breve possibile che avremmo mai immaginato" - vivendo nelle comunità Rom in sette nazioni con una notevole abilità di un giornalismo documentario di immersione. L'abilità linguistica di Rinne aiutò a forgiare collegamenti personali ed assicurare una sistemazione strategica come quella di quattro mesi sul sofà di una nonna in Ungheria. Il risultato è un volume vividamente colorato di una cultura selvaggiamente diversa che, vista globalmente, non aiuta ma cambia il punto di vista di un osservatore riguardo ai Rom.

Non è una realizzazione superficiale in un mondo dove i Rom sono ampliamente visti con ostilità. L'espansione ad est dell'Unione Europea ha portato dagli 8 ai 12 milioni di Rom nel recinto d'Europa, e la xenofobia corre veloce in molti dei paesi "vecchi" e "nuovi" del continente

Durante la campagna elettorale delle elezioni nazionali dell'aprile 2008, l'ex primo ministro Silvio Berlusconi promise tolleranza zero verso "Rom, immigrati clandestini, e criminali," e ridiventato primo ministro ha varato misure che prevedono raid polizieschi e regole facilitate di espulsione.

In Bulgaria e Romania, nuovi stati membri UE dove i Rom sono la più grande minoranza etnica, costituiscono anche la maggior parte dei disoccupati. I Rom sono anche oggetto di sgomberi forzati in Slovacchia, Grecia e Irlanda, tra gli altri posti.

Nel contempo, un movimento di difesa legale sta ottenendo attenzione, assieme ad organizzazioni come l'European Roma Rights Centre (www.errc.org) fondato da George Soros facendo pressione sulle singole nazioni, l'Unione Europea e le Nazioni Unite ad aiutare i Rom nell'integrarsi socialmente. Inoltre, le arti e la cultura Rom hanno ottenuto una buona fama alla Biennale di Venezia del 2007, dove il Padiglione Rom ha avuto oltre 20.000 visitatori.

Contro questo contesto turbolento The Roma Journeys evita la politica consumata, salvo una rapida prefazione dello scrittore tedesco Günter Grass. Il libro informa sul dibattito mostrando, non raccontando. Anche il testo di Rinne, che descrive persecuzioni e minacce, lo fa con un approccio che è più documentario che di parte. Eskildsen, dalla sua parte, esige l'autorizzazione artistica.

"Non ho selezionato le mie fotografie con un occhio a [costruire] una storia sui diritti umani," dice. "E' solamente una maniera fotografica, artistica, personale di vedere. Perché sento che c'è una sola cosa importante che possiamo fare - e poi qualcun altro potrà fare qualcosa con quel materiale."

Il libro ha già innescato "parecchia discussione," dice Eskildsen, e pure alcune domande su come possa rafforzare o invece sfidare gli stereotipi. Riconosce prontamente che lui e Rinnie si sono focalizzati su una sola sfaccettatura della popolazione Rom.

"Quello che mostriamo nel libro potrebbe essere descritto come i Rom visibili: quanti lo sono perché vogliono esserlo, o perché non può aiutare - nei paesi dove vivono potrebbero essere messi in pericolo," dice. "Ma c'è almeno una metà della popolazione Rom che vive in Europa ed in altri paesi che è invisibile, e questo lavoro non può agire per loro. E' un'altra storia."

Eskildsen e Rinne hanno scelto specificamente le loro sette destinazioni con un occhio alla rappresentazione dei vari tipi di Rom, che infatti raramente si autodefiniscono con quel termine e piuttosto si identificano con i sottogruppi come i manouches viaggianti francesi, i vari gruppi di professionisti (musicisti, commercianti di cavalli) della Romania, o la piccola ma distintiva comunità Rom finnica con i suoi propri vestiti, dialetto ed abitudini.

Eskildsen e Rinne sono andati anche in India, dove non ci sono Rom. "L'identità Rom è una cosa Europea," spiega. "Linguisticamente si pensa che [il Romanes, la lingua dei Rom] si sia originato in India, e per questo volevamo andarci, dove possibilmente potessero esserci i loro antenati. Di più, ci sono gruppi che tuttora vivono in situazioni simili."

Hanno girato nel loro itinerario in Ungheria, Grecia, e Russia, dove hanno passato un anno a produrre il libro meticolosamente progettato. Soltanto ora Eskildsen sta iniziando a comprendere la portata della sua realizzazione di The Roma Journeys - con due bambini piccoli a casa, sa che può essere un'occasione di una sola volta nella vita. Eppure, spera ardentemente di trovare un giorno il modo di documentare i Rom "invisibili", e nel contempo è ottimista su cosa  possa fare The Roma Journeys per la gente fiera e leggendaria che ritrae.

"Questo tipo di cose non farà una rivoluzione," dice, "ma potrebbe essere un modo di aprire gli occhi su questa cultura molto, molto importante che dovremmo apprezzare. Il mondo intero sta diventando sempre più simile ad una singola cultura, ed aggiunge sapore alla vita che ci siano gruppi differenti e popoli e cultura e linguaggi. Tutto ciò rende il nostro pianeta un posto più interessante dove vivere. Se sapremo girare questa forza negativa contro i Rom in un discorso sulle cose positive - c'è tanto di positivo e bello nella loro cultura - ne beneficeremo tutti.

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Di Sucar Drom (del 29/08/2008 @ 13:31:54, in blog, visitato 2298 volte)

La sinistra italiana deve ritrovare la via dei diritti umani
Un amico Sinto italiano, uomo di sinistra da tanti anni, ci scrive, esponendoci i suoi dubbi e le sue speranze riguardo alla posizione del suo partito nei confronti dei Rom e dei Sinti in Italia: "Cari Roberto e Dario...

Ci sono minori e minori, come ci sono genitori e genitori...
Alcuni giorni fa è stato pubblicato un interessante articolo da Il Secolo XIX: i figli devastano la scuola, i genitori accusano i carabinieri. Nell’articolo si evidenziano quattro storie che vedono protagonisti dei minorenni: una scuola devastata a Spotorno; la ferrovia incendiata ad Alberga; un appartamento violato ad Albisola Superiore...

Crema (CR), la cultura rom affronta i pregiudizi
Lo Spazio Donne della Festa Centrale del Partito Democratico ha affrontato ieri sera un tema di stretta attualità, il problema rom e gli atteggiamenti razzisti nei confronti di questa etnia, oggi più che mai protagonista della cronaca...

Padova, i Sinti ringraziano il Vice Sindaco Claudio Sinigaglia
Sfogliando i giornali, ci siamo imbattuti nella risposta del vicesindaco Claudio Sinigaglia al consigliere Domenico Menorello, che accusa l'Amministrazione Comunale di favorire noi Sinti, regalandoci alloggi che invece ci stiamo costruendo da soli, e che rappresentano per noi un passo fondamentale verso l'integrazione...

Milano, DeCorato è triste: non trova circa ventimila rom
In circa un anno e mezzo a Milano ci sono stati circa 80 sgomberi di Rom e Sinti da aree occupate abusivamente e 350 allontanamenti da pubbliche vie: "Sono operazioni - afferma il vice sindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo De Corato - che han...

Tanta ipocrisia anche al Meeting di Rimini
La “Chiesa non è, in quanto tale, un soggetto politico”. Si apre il Meeting di Comunione e Liberazione con il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, che rimettere i puntini sulle “i”. Bagnasco riprende le parole di Benedetto XVI pronunciate ...

Matrimoni finti? Forse è un bene...
Da due giorni imperversano le notizie dei “matrimoni finti”. Molti giornali italiani si sono lanciati a capofitto su alcune storie, in particolare una a Modena, per lanciare una nuova campagna contro le minoranze sinte e rom. Non capisco tutto quest...

Roma, "ognuno ha il diritto di sostare dove vuole"
Il nuovo Questore Giuseppe Caruso appena arrivato si mette in rotta di collisione con Alemanno, Sindaco di Roma. Il tutto è nato dopo le dichiarazioni di Alemanno sui due cicloturisti olandesi brutalmente aggrediti a Ponte Galeria. Si è presentato anche così ieri il nuovo numero uno della polizia...

Lamezia Terme, Chiesa vicina e solidale con i Rom
Il vescovo della diocesi lametina , monsignor Luigi Cantafora ha fatto visita alla popolazione Rom del campo di località Scordovillo. Il presule ha così risposto all'invito dei giovani che lavorano alla cooperativa Ciarapanì e che lo hanno accompagnato per tutto il tempo d...

Brescia, siamo sinti non "zingari"
Cosa hanno in comune Yul Brynner, Charles Chaplin, Michael Caine, Elvis Presley e Moira Orfei? Sembra un quesito enigmistico, ma la soluzione è semplice: sono tutti sinti. Quando si parla di un mito com...

Veneto, calpestano la Costituzione per cacciare tutti
Un incontro con le forze dell’ordine il 12 settembre cui parteciperanno tutti i sindaci del Veneto Orientale. Per adesso, il Comitato sull’ordine e la sicurezzadi ieri in prefettura, dedicato alla “emergenza nomadi”, ha stabilito la linea dura: quando i nomadi arrivano, devono essere mandati via...

Scuola, la Gelmini si dimentica dei Rom?
L'anno scolastico 2008/09 sembrava dover essere l'anno degli alunni rom. Tutti a scuola, era la priorità della politica solo poche settimane fa, dal ministro Maroni alla Gelmini in giù, fino all'approvazione - il 30 luglio - di una mozione bipartisan che impegna il governo a p...

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Se Pirlo avesse più coraggio...
Wikipedia, la più grande enciclopedia online del mondo, consultata ogni giorno da milioni di persone, lo scrive nero su bianco e il motore di ricerca Google dedica all’argomento la bellezza di 6.750 siti. Il calciatore milanista Andrea Pirlo, bresciano originario di...

Vicenza, il Sindaco si avvicina a grandi passi alla denuncia per razzismo
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Rambo e Daniel, i rom del rugby cercano casa nel Super 10
Brescia, quartiere San Polo, all'ombra dell'inceneritore finito al centro delle cronaca quando c'era da risolvere l'emergenza rifiuti a Napoli. Là Augusto Innocenti anni fa acquistò un pezzo di terra e edificò il suo sogno, una villa stile «Via col vento», con colonne d...

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