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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
 
 
Articoli del 06/11/2005

Di Fabrizio (pubblicato @ 18:12:51 in Europa, visitato 1986 volte)

LiberationSOCIETA'

Per i Rom della grande-Lione, una bidonville dopo l'altra

A Villeurbanne, 200 persone vivono in un deposito abbandonato in cui hanno costruito ripari. Volontariamente dimenticati della politica.

par Olivier BERTRAND
QUOTIDIEN : mercredi 02 novembre 2005

Villeurbanne envoyé spécial

C'è una vecchia officina di riparazione di locomotive, a Villeurbanne, alle porte di Lione. Strade ferrate arrugginite penetrano ancora nel deposito immenso aperto ai venti. Accanto, una struttura in legno, con belle tende. Un luogo ricco per la memoria operaia locale. Abitarlo, in compenso, è più duro. Però, più di 200 clandestini là da mesi. Alcuni hanno costruito capanne in legno e di cartone. Altri hanno teso dei teli o hanno posto materassi al suolo. Ed il seminario è diventato uno delle più grandi bidonvilles dell'agglomerato lionese (1).

Visti di turismo. Fra i Rom rumeni che vivono là, molti frequentano l'agglomerato lionese in punta di piedi. Ripartono ogni tre mesi, per rinnovare il loro visto di turismo. Una volta timbrato il passaporto, basta non essere indigente per muoversi legalmente tra la Romania e la Francia, ma senza potere lavorare nell'Esagono. Florin, sulla trentina, conduce dal 1996 questa vita pendolare, tra Lione ed Arad: "Oggi, i poliziotti rumeni non sono più duri di quelli della Francia, e le condizioni di vita, per noi, sono anche difficili qui che là. Ma per il lavoro, quando si è rom, anche lo stesso, qui c'è più possibilità."

Florin ha girato la maggior parte delle bidonvilles nell'agglomerato. Le enumera: "Gerland, Vaulx-en-Velin, Gorge-de-Loup, Vénissieux, Vaise, Saint-Priest, Villeurbanne." Terreni vaghi,industriali una volta, occupati alcuni mesi, quindi evacuati. Ogni volta, si sono movuono verso un'altra incertezza, in mancanza di alternativa.

Quattro anni fa, la città e lo Stato avevano finanziato per un anno l'alloggio di cittadini dell'ex Iugoslavia in baraccamenti prefabbricati su un terreno attrezzato. La struttura non era sufficiente, ed i materiali, non concepiti per abitarci, si sono rapidamente deteriorati. Una relazione dell'Associazione di Lione per l'inserimento alloggiativo (ALPIL) espone dettagliatamente il fallimento relativo. Propone altre esperienze, rafforzando l'accompagnamento, la mediazione con la vicinanza, e comperando caravan o case mobili d'occasione.

Sommier. Nella fabbrica di Villeurbanne, i Rom sono al riparo dalla pioggia, ma il pericolo è ovunque. Così, famiglie dormono in un lungo corridoio su assi appoggiate a volte sulle batterie delle automobili. Per l'intimità, teli o pannelli di cartone improvvisano dei letti a baldacchino. Il corridoio è senza uscita. Un incendio notturno si trasformerebbe in dramma.

Nel vasto slargo dove cui si riparavano le locomotive, botole di calcestruzzo permettevano di scivolare sotto le macchine. I Rom vi hanno gettato ferraglia, vetro, rifiuti. Sopra cui i bambini giocano e saltano. Uno di loro ha sbagliato il suo slancio, alcune settimane fa. Se ne è uscito con alcuni punti di sutura.

Un odore sordo si libera di questi pozzi. Sono i resti di frutta, verdure, di formaggio, che marciscono. Le associazioni ripetono agli occupanti di non gettare là i rifiuti. Temono che i ratti si moltiplichino. Pena inutile in questa bidonville provvisoria, dove ci sono soltanto due pattumiere per 200 persone.

"Raccomandazione". In giugno, la prefettura ha riunito gli interessati da quest'occupazione. "Abbiamo proposto una sistemazione che garantisca un minimo di sicurezza e d'igiene all'interno", racconta André Gachet, responsabile dell'ALPIL. Il consiglio generale del Rodano, proprietario del terreno, era assente. Nessuno poteva impegnarsi per lavori su un terreno che presto sarà venduto. Médecins du monde ha allora suggerito un trasferimento verso una località attrezzata. I partecipanti si sono accontentati di una "raccomandazione alle persone".

La maggior parte di quest'attori agisce in loco. Médecins du monde segue gli adulti, il consiglio generale le campagne vaccinatorie, ALPIL gestisce la parte riguardo l'accesso ai diritti. Nel corso della riunione, la comunità urbana di Lione, in compenso, si era impegnata a far caricare i rifiuti e ad installare un contenitore. Non è stato mai fatto.

Da quattro anni, la grande Lione adotta la politica dell'immobilismo sulle bidonvilles roms. Il suo presidente, Gérard Collomb (PS), ripete che condizioni d'accoglienza troppo decenti creerebbero "una calamita" per le popolazioni roms. Può rassicurarsi. Il margine resta molto evidente.

(1) L'agglomerato conta cinque grandi bidonvilles ed una folla di baracche, per un totale di circa 1.200 persone.

 
Di Fabrizio (pubblicato @ 15:55:38 in Kumpanija, visitato 2184 volte)

Mittwoch, 2. November 2005
VADIAN.NET, St.Gallen

I Nomadi: Rom, Sinti e Jenische - Berna: Col termine Nomadi si intendono dal Medio Evo quanti non siano popoli stanziali. I principali gruppi nomadici oggi in Europa sono i Rom, i Sinti e gli Jenisch. Da tempo vengono comunemente denominati "Zingari".

I Rom sono migrati dal V secolo dall'India. In Europa vivono oggi tra gli 8 e i 10 milioni di Rom. Parlano una lingua comune, il romani o romanes. Comunità a loro apparentate sono i "Sinti", i "Manusch" o in Spagna i "Gitanos". Nel tardo Medio Evo appaiono in  Europa altri gruppi erranti, di lingua differente. Il gruppo principale è quello degli Jenisch.. In Europa ve ne sono circa 100.000, in Svizzera, Germania e Austria. Sono chiamati anche "Zingari bianchi" o, nella Svizzera interna "Fecker".

Parlano lo jenisch, una lingua che si basa sulla grammatica tedesca e contiene parole tratte dallo jiddisch, dal romanes e persino dall'antico gaelico.

Nomadi in Svizzera - In Svizzera vivono secondo  l'Ufficio Federale per la Cultura circa 30.000 Nomadi, la maggior parte sono Jenisch. La maggior parte è diventata stanziale, tra i 3.000 e i 5.000 mantengono uno stile di vita semi-nomade (risiedono in case durante l'inverno e si spostano in estate). Circa 2.500 sino "di fatto nomadi attivi". Gli stati nazionali moderni, è dal XIX secolo, che perseguono l'assimilazione dei Nomadi alle comunità stanziali. Gli Jenisch vennero inglobati nei Cantoni dal 1850, a seguito dell'istituzione dello stato federale, come riportano gli atlanti di storia. Tra il 1926 e il 1973 oltre 600 bambini Jenisch vennero tolti ai loro genitori dalla "Associazione Caritatevole per i Bambini di Strada" Pro-Juventute, e rinchiusi in orfanotrofi o cliniche psichiatriche. Durante la II guerra mondiale, testimonia la Commissione Cantonale, i Nomadi vennero sottoposti  discriminazioni e limitazioni anche in Svizzera.

Gruppi autosufficienti: Nel 1975, gli Jenisch si sono uniti nella cooperativa "Ruota della Strada". Assieme ad altri gruppi chiedono un risarcimento per i torti subiti in passato e sostengono i loro diritti attuali. Anche la fondazione federale "Avvenire per i Nomadi Svizzeri" dal 1997 rivendica un miglioramento delle condizioni degli Jenisch. Gli Kenisch, a differenza degli altri gruppi linguistici, non sono riconosciti dalla Costituzione federale. La loro condizione giuridica varia a seconda delle legge cantonali, anche se gli accordi ONU sulla protezione delle minoranze, sottoscritti dalla Svizzera, assicurano loro una certa protezione in tutta la federazione. Sono invece riconosciuti come gruppo autonomo dal 1975 nel cantone di Berna.

 
Di Fabrizio (pubblicato @ 08:13:22 in Europa, visitato 1951 volte)

da Karin Waringo

Embargo Date: 31 October 2005 00:01 GMT

Kosovo (Serbia and Montenegro): Includere donne e minoranze nei colloqui sullo status finale

Nel quinto anniversario della Risoluzione del Consiglio per la Sicurezza dell'ONU 1325/2000 (Resolution 1325) su Donne Pace e Sicurezza, Amnesty International chiede alle parti coinvolte nei dialoghi sullo status finale del Kosovo, che le donne sia incluse nelle successive consultazioni.

In particolar modo, Amnesty International chiede l'inclusione di donne nel gruppo di esperti che presiederà alla parte integrale del processo. L'organizzazione preme anche per il coinvolgimento dei rappresentanti delle comunità minoritarie, inclusi i Rom, gli Askali e gli Egizi, oltre alla minoranza serba.

A seguito della pubblicazione del rapporto del 4 ottobre, dall'Inviato Speciale in Kossovo al Segretario Generale dell'ONU, il Consiglio di Sicurezza ONU il 24 ottobre ha dato il via ai colloqui, che saranno condotti dall'Inviato Speciale, nominato nella persona del presidente finnico Martti Ahtisaari, ed includeranno delegazioni tanto dalla Serbia che dal Kossovo. I colloqui continueranno a novembre.

L'organizzazione ricorda a tutte le parti in causa, Serbia e Kosovo incluse, la risoluzione 1325, ONU e dell'Unione Europea: "Si richiamano gli Stati Membri ad assicurare una maggior rappresentanza femminile nei processi decisionali, nelle istituzioni e meccanismi nazionali, regionali ed internazionali, per la prevenzione, gestione e risoluzione del conflitto."

Per questo Amnesty International chiede a tutti gli stati membri dell'ONU coinvolti nel dialogo di assicurare attivamente l'adozione della Risoluzione 1325 e garantire la rappresentanza femminile ai colloqui. Inoltre, l'organizzazione chiede l'adozione di una prospettiva di genere, come dall'articolo 8 della Risoluzione, che dovrebbe, ad esmpio, "coinvolgere le donne in tutto lo sviluppo dei meccanismi del processo di pace" e predisporre "misure che assicurino la protezione e il rispetto per i diritti umani di donne e ragazze, particolarmente riguardo la costituzione, il sistema elettorale, la polizia e il [sistema] giudiziario". In particolare, dette misure andranno indirizzate contro la prevista impunità per le violenze di genere, inclusi i crimini di guerra, commessi contro le donne durante e dopo il conflitto in Kosovo.

Amnesty International appoggia l'appello che arriva dal Kosova Women’s Network, perché le donne possano dare il loro contributo a raggiungere una soluzione sostenibile per il futuro del Kosovo. Molte organizzazioni femminili sono già coinvolte a diversi livelli nei processi politici e decisionali nel Kossovo e attraverso i confini etnici. L'organizzazione nota che le donne in Kosovo, di tutti i gruppi etnici, affrontano una massiccia discriminazione nell'accesso ai diritti garantiti dagli standard internazionali incorporati nelle leggi del Kosovo.

Amnesty International richiama anche all'inclusione dei rappresentanti delle comunità minoritarie, comprese le organizzazioni Rom, Askali ed Egizie che rivendicano la salvaguardia dei diritti delle minoranze, inclusi il diritto alla sicurezza e alla libertà di movimento in Kosovo; un'equa ed imparziale indagine sulle violenze e le discriminazioni; un'equa rappresentanza ed accesso alle istituzioni pubbliche, l'accesso ai diritti soiciali ed economici, compresi [quello dell']alloggio, istruzione, sanità ed impiego, come pure un'adeguta assistenza ai dispersi interni e a quanti faranno ritorno.

Background
Risoluzione 1325
Il 31 ottobre 2000, UNSC ha addottato all'unanimità la Risoluzione 1325 su Donne, Pace e Sicurezza. La Risoluzione 1325 è considerata una pietra miliare: per la prima volta nella propria storia UNSC affronta seriamente il ruolo e l'esperienza delle donne nel contesto dei conflitti armati.

La Risoluzione chiama all'azione il Segretario Generale dell'ONU, gli Stati Membri e tutti gli attori coinvolti nello sviluppo del processo di pace.

Amnesty International ha riportato casi di discriminazione contro donne e ragazze in Kosovo, incluso il traffico di persone, e le condizioni - incluso discriminazione, violenza, opportunità nell'istruzione e nell'impiego - che rendono le donne e le ragazze particolarmente vulnerabili.

L'organizzazione ha anche riportato ampliamente sulle violazioni dei diritti umani e le discriminazioni contro i membri delle minoranze, e chiesto ripetutamente la protezione dei loro diritti civili, politici, sociali ed economici.

Final Status Talks
La fine del conflitto militare in Kosovo è stata concordata tra le parti nel Kumanovo Military-Technical Agreement del 9 giugno 1999. Secndo la Risoluzione UN SC 1244/99 sottoscritta il 10 giugno 1999, il Kosovo seguitava ad essere parte integrante dell'allora Repuvbblica Federale di Ygoslavia (ora Serbia e Montenegro). UN SC 1244/99 prevedeva un'amministrazione civile ad interim guidata dall'ONU (UNMIK) e con la presenza del corpo di pace NATO.

Anche se il termine "staus finale" è usato pe descrivere il soggetto dei colloqui futuri, la Risoluzione UN SC 1244 si riferiva all'esigenza di un "quadro tabile" per risolvere lo "status futuro"; in base a ciò i colloqui sono da considerarsi parte del processo previsto.
 
Di Marco Nieli (pubblicato @ 06:48:24 in Italia, visitato 2331 volte)
Premessa:

qualche giorno fa, ricevo una prima mail da Marco Nieli, vicepresidente dell'Opera Nomadi di Napoli. Volentieri la pubblico, e da allora quasi quotidianamente mi ritrovo nella casella di posta una sua mail che mi aggiorna su cosa sta succedendo. Questo, per "rassicurare" i lettori: non è che Mahalla sia diventato un bollettino napoletano, ma questo blog è sempre vissuto grazie soprattutto alle informazioni che raccolgo e che mi mandate.

Esiste poi una questione più strettamente legata ai rapporti tra informazione e potere politico, che chi si occupa di Rom conosce bene: gli sgomberi sono notizie "appetibili" perché "SBATTONO IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA", ma nessuno si interroga sulle conseguenze a breve lungo termine. Ecco allora che l'attenzione che i media hanno dedicato alle vicende di Cusago e di Bologna, si è presto spostata al GOSSIP (se fosse giusto che un sindaco di sinistra rincorresse la politica delle destre, se le case abbattute a Cusago erano rifugi di fortuna o ville hollywodiane). I Rom, come parte in causa, sono immediatamente spariti dalle cronache. Ecco perché nessun giornale nazionale si interroga o semplicemente ha voglia di testimoniare sui tanti casi simili che continuano ad avvenire in giro per l'Italia. Casi piccoli, famiglie e gruppi di massimo una decina di persone,  che avvengono ovunque nel massimo silenzio.

Casi, molto più rilevanti, come quelli di Napoli e Casoria, che hanno la sola "sfortuna" di avvenire quando la notizia è già stata data in pasto al pubblico e quindi passano in secondo piano. Eppure, si tratta di 3/400 persone che hanno perso il tetto, quando già di loro avevano poco o nulla, e da qualche parte, in qualche altro inferno, dovranno pur capitare.

In parole povere, quello che manca nell'informazione, è il confronto tra la soluzione politica del problema alloggio e lo sbando generato dalle amministrazioni locali. Ieri, avevo segnalato a un blogger, un articolo di Liberation che ancora non ho fatto in tempo a tradurre, lui a sua volta mi ha risposto segnalando cosa diventa la Francia quando in un paese democratico si interrompe il dialogo.

C'è infine (mi scuso se la premessa si sta prolungando oltre il dovuto) un motivo ancora più importante che mi spinge a ripubblicare i comunicati che arrivano da Napoli e Casoria: chi avrà la pazienza di leggerli noterà che pure nella miseria che (a torto o ragione) i lettori di solito associano al sud, i Rom e le associazioni non solo richiedono di parlare con le istituzioni, ma vogliono DIALOGARE con la città. E... il fatto che i più poveri tra i poveri, mostrino di voler applicare i principi della democrazia, tanto basta ad escluderli dalle cronache nazionali.

Comunicato post sgombero

Napoli, 3 novembre 2005

Mercoledi’ notte la polizia ha sgomberato con la forza un campo rom in via Lufrano a Casoria non dando neanche il tempo alla povera gente che vi abitava di fare i bagagli per portar via il più possibile. Si trattava di 430 persone mandate allo sbaraglio fra cui donne incinte e molti bambini: ora vagano nelle periferie della nostra città implorando un aiuto.

La maggiore responsabilità di questo inumano, barbaro e crudele sradicamento poliziesco ricade quasi per intero sull’ex-sindaco di Casoria Giosuè De Rosa che per oltre 2 anni non ha mosso un dito per trovare una sistemazione alternativa, o quanto meno per fornire acqua e far rimuovere i rifiuti solidi. Non ha fatto nulla, sapeva solo mostrarsi ipocritamente inorridito per quella situazione di degrado, ma ciò che a lui interessava era cacciar via gli zingari da Casoria a qualunque costo, e nient’altro.

Una grave responsabilità ricade anche sulla regione (retta da un governo di centro-sinistra) e sulla Provincia (anch’essa governata dal centro-sinistra). Il governatore Bassolino si è rifiutato di ricevere una nostra delegazione che fin dal mese di giugno chiese un incontro proprio per risolvere la questione di via Lufrano.

L’esistenza di questo campo Rom degradato e in condizioni igieniche spaventose non aveva nulla a che vedere con il cosiddetto ordine pubblico, si trattava di un problema di carattere squisitamente sociale. Noi che abbiamo assistito stamattina all’alba alla demolizione di questa orrenda “favela” lasciata marcire per circa tre anni (mentre un elicottero inutilmente volteggiava sopra di noi e squadroni di polizia e carabinieri tenevano lontani i curiosi, e le ruspe sradicavano le capanne) abbiamo toccato con mano il vergognoso fallimento dei politici di centro sinistra, del tutto inetti e del tutto incapaci di trovare una soluzione alternativa all’azione militare. Istituzioni quali Regione, Provincia e Comune (di Casoria) hanno vergognosamente lasciato fare alla polizia tradendo, in questa occasione il mandato loro affidato all’elettorato di sinistra: amministrare civilmente, con giustizia e soprattutto con democrazia.

Amedeo Curatoli, Marco Nieli
OPERA NOMADI NAPOLI


La situazione nel napoletano

[...]

Casoria é appena fuori Napoli, sulla circumvallazione esterna, dove si trova anche il campo Nuovo 
di Secondigliano.
Poi ci sono le baraccopoli di Scampia (circa 1000 slavi), diverse baraccopoli di Rumeni e un centro 
di accoglienza comunale, la scuola G. Deledda a Soccavo (sempre per i Rumeni).
In provincia abbiamo un piccolo villaggio attrezzato a Caivano per 20 famiglie di crna gorja musulmani del MOntenegro e aspettiamo il campo a Giugliano.
Questa di Casoria era la più grande baraccopoli di Rumeni, circa 400-500, ma piccoli insediamenti 
sorgono dappertutto in provincia (Ercolano, Pomigliano, Afragola, Casalnuovo).

 

PROPOSTA DI COSTITUZIONE DI UN COMITATO CITTADINO SULLA QUESTIONE ROM A NAPOLI

Cari compagni e amici, nell'informarvi che la prima battaglia contro il muretto previsto al campo musulmani di viale della Resistenza di Scampia (per isolare i rom dalla scuola "rosa", il 10° circolo didattico, per questo muro il comune prevedeva di spendere 55.000 euro!!!) è stata dall'assessore Tecce e dall’Opera Nomadi vinta con la sospensione della delibera, cui seguirà la rinegoziazione dell'intervento con accoglimento di alcune richieste minime di vivibilità per i Rom stessi (ormai cittadini napoletani non riconosciuti da circa 15 anni), vorrei rilanciarvi l'idea del comitato cittadino sulla questione Rom, che si potrebbe chiamare COMITATO VIA LUFRANO.

Prendendo spunta dalla drammatica situazione dei rom di Casoria, via Lufrano (circa 400 Rom rumeni sgomberati in maniera barbara a causa dei lavori della TAV e delle infiltrazioni tossiche del sottosuolo; tra l'altro il sindaco gli ha negato anche l'acqua e l’accompagnamento scolastico, con i bambini che muoiono sotto treni e auto), il Comitato dovrebbe essere lo spunto per una mobilitazione della società civile allo scopo di fare pressione sulle istituzioni per avviare politiche di accoglienza sul territorio napoletano di questa minoranza europea senza diritti perché ancora a torto ritenuta nomade, nonché per contrastare le uniche misure in atto, vale a dire quelle repressive (sgomberi di baraccopoli, rastrellamenti di minori, espulsioni, discriminazioni).

Come proposta di piattaforma da discutere collettivamente nella plenaria del comitato, mi sento di avanzare i seguenti punti:

- no a tutte le ipotesi di sgombero coatto delle baraccopoli (esperienze traumatiche e drammatiche per questa gente pacifica e già discriminata in partenza nelle loro patrie di origine; l’esempio di via Lufrano ha costituito la versione napoletana, tragicomica, del cofferatismo, visto che la polizia ha avvisato i Rom di fuggire e questi si sono sparpagliati in giro sul territorio di Napoli e provincia con le donne incinte e i neonati a dormire in mezzo alla strada); al contrario, chiusura delle bidonvilles  solo dopo aver preventivato una soluzione di accoglienza anche temporanea (centri di accoglienza, aree attrezzate con roulottes), in attesa di soluzioni di più lungo termine (nell’immediato, gli obiettivi politici da realizzare sono: 1) la pressione su Provincia e Regione per attivare un percorso di accoglienza per i 400 Rom di via Lufrano che sono ancora presenti in mezzo a noi, ma in forma invisibile, dispersi sul territorio e dunque più vulnerabili ancora; 2) l’accelerazione dell’erogazione dei fondi per l’erogazione dei fondi necessari alla ristrutturazione degli appartamenti di Calarasi da destinare ai Rom, secondo il protocollo firmato dai rispettivi comuni e di quelli destinati a Giugliano; 3) la ripresa della mobilitazione dei Rom musulmani e ortodossi di Scampia per ottenere aree o villaggi attrezzati)
- differenziazione dei percorsi di inserimento e accoglienza, abitativa e lavorativa (per i Rom rumeni si è sperimentato positivamente a Napoli il centro di prima accoglienza, per poi passare alla seconda accoglienza o anche alla casa; per gli slavi, piccoli villaggi attrezzati e integrati e/o case)
- stop al rastrellamento razzista dei minori ai semafori, provvedimenti miopi e controproducenti, che su larga scala si configurano come vero e proprio genocidio culturale di un popolo; loro sostituzione con serie politiche di accoglienza, interventi sulle famiglie, sulla scuola, sul lavoro;
- pressione a tutti i livelli, locale, nazionale e internazionale affinché si concordino politiche di accoglienza nei paesi di origine, invece di deportazioni ed espulsioni di massa o individuali (il governo rumeno, che disconosce l'esistenza di una questione rom al proprio interno, non rimuove gli ostacoli a una piena integrazione di questa consistente minoranza nella società rumena, salvo poi sequestrare i passaporti ai Rom clandestini che rientrano, o rendere più difficili le partenze; con tutto ciò, l'Europa è pronta a fare entrare questo paese nella Comunità nel 2007);
- resistenza e rifiuto del razzismo e della discriminazione razziale a tutti i livelli: i Rom saranno pure degradati per l'abbandono e le persecuzioni a cui sono sottoposti da secoli, a volte sono dediti ad attività illegali, ma sono l'unico popolo pacifico per inclinazione, senza stato e senza eserciti da sempre e per questo più vulnerabili e indifesi. Sono le persone "per bene", in giacca e cravatta, che lavorano per le impersonali multinazionali in giro per l'Occidente a provocare massacri, terrorismo di stato e non, catastrofi ambientali, fame, miseria e analfabetismo per miliardi di persone sul pianeta...certo non i Rom…A proposito della lotta alla discriminazione e al razzismo, la nostra associazione ha intrapreso una battaglia a livello nazionale per il riconoscimento della lingua Romanés come lingua di minoranza da proteggere (cosa non prevista dalla legge specifica 482 del 1999) e l’inserimento della menzione degli “zingari” nella legge sul 27 Gennaio data della memoria dell’olocausto (legge 211/2000);
- rilancio del progetto di legge regionale specifica per i Rom (già approntata dall’Opera Nomadi, ma arenatasi in Consiglio regionale) o di una legge sull’Immigrazione che includa alcuni paragrafi su questa minoranza sempre più numerosa in Campania: la mancanza di questo importante strumento legislativo che potrebbe incentivare l’accoglimento di quote di Rom da parte dei vari comuni si fa sentire specialmente nelle situazioni di emergenza come quella vissuta recentemente a via Lucrano).

Mi piacerebbe discutere questi e altri punti con voi in un incontro specifico sul tema, in vista di una campagna da mettere in piedi e di altre iniziative che si possono concordare insieme.

Dice un proverbio rom: se vuoi rispetto, dai rispetto!!! Cominciamo a dare rispetto a queste persone, con le loro storie, spesso drammatiche, ma ricche di umanità, per le quali si potrebbe fare moltissimo con poco, se solo se ne avesse la volontà politica!!!

Per adesioni e altre proposte, scrivetemi o contattatemi ai miei recapiti:
prof. Marco Nieli,
vicepresidente Opera Nomadi di Napoli,
tel./fax: 081447497 o 3382064347

CRONACA DI UN QUASI-SGOMBERO ANNUNCIATO

Da Mercoledì sera, quando alcuni poliziotti sono andati sul campo rom di via Lufrano (Casoria) per ingiungere ai circa 400 abitanti di abbandonarlo immediatamente, pena la deportazione di massa verso la Romania (paese in cui i Rom muoiono di fame e sono discriminati razzialmente), numerose famiglie con donne incinte, neonati e vecchi malati si aggirano per la città di Napoli, le campagne circostanti, tutta la Campania e il Meridione. Parecchi non hanno nemmeno avuto il tempo di prendere i soldi e gli effetti personali, che sono poi stati distrutti insieme alle baracche con le ruspe il giorno dopo.

Alcune di queste famiglie, impaurite e stremate, dopo una prima nottata passata a Officina 99, si raccolgono sotto la stazione di Napoli da qualche notte, hanno tentato di entrare in qualche stabile occupato di Granturco, ma sono stati ricacciate in strada dai Marocchini lì presenti. Oggi pomeriggio (5 c.m.), ci è giunta notizia che in circa 50 si sono diretti a Scampia nel campo rom degli Slavi, pensando di poter trovare un rifugio e un nascondiglio in mezzo ai loro connazionali, ormai napoletani d’adozione. In realtà, questi tranquilli e ingenui Rom rumeni non sanno di andare a intaccare dei precarissimi equilibri presenti sul territorio, tra le diverse comunità (musulmana e ortodossa), oltre che con gli abitanti del quartiere e la Circoscrizione. Alcuni di loro sono già stati minacciati di morte e picchiati dagli Slavi, alcuni hanno trovato momentanea accoglienza in due chiese, una evangelica nel campo e l’altra cattolica, quella dei Gesuiti di Scampia. Nei prossimi giorni, ci aspettiamo che questi conflitti riesplodano, magari con conseguenze drammatiche.

Nell’esigere dalla Provincia, dalla Regione e, a questo punto, anche dal Comune di Napoli, che si trovi una sistemazione immediata per queste circa 50 persone rimaste e per le 350 allontanatesi momentaneamente (ma ancora in contatto con l’Opera Nomadi), ribadiamo ancora una volta che questa barbarie, indegna di un paese civile e di amministrazioni di centro-sinistra, poteva essere evitata con un po’ (non molta) di volontà politica, buon senso e un minimo di conoscenza dell’argomento. In realtà, questo sgombero anomalo, quasi versione napoletana, all’acqua di rosa, del cofferatismo, comporta conseguenze ancora più drammatiche per la comunità rom, sospesa nel limbo tra un’invisibilità precaria sul nostro territorio e un rimpatrio mancato in Romania, che li condannerebbe letteralmente a morire di fame. Ma il Prefetto, il Sindaco e il Commissario Prefettizio di Casoria, il Questore di Napoli hanno pensato solo per un momento alle conseguenze del loro modo di agire, che potrebbe scatenare l’ennesima guerra dei poveri a Scampia, si sono resi conto delle donne incinte, dei neonati e dei vecchi che hanno messo in strada o fingono di non vedere quello che è sotto i propri occhi? E queste autorità dovrebbero tutelare l’ordine pubblico nella nostra città? Almeno, quando si decide di espellere in massa dei clandestini (provvedimenti che non ci stancheremo di condannare), la legge Bossi-Fini prevede che si debbano accogliere le donne gravide e i neonati: ma questo forse costa troppo o è troppo complicato per i nostri amministratori? 

L’odissea di questi ultimi tra gli ultimi continua intanto, in mezzo a noi, nell’indifferenza generale e soprattutto nella finzione ipocrita, da parte delle istituzioni, che il problema di via Lufrano sia finalmente risolto. Ma noi, che abbiamo sempre combattuto per i diritti di cittadinanza europea di questo popolo da sempre senza diritti e per una seria politica di accoglienza, concertata a livello internazionale, diciamo che non ci sta bene. Nel lanciare l’idea di un’assemblea cittadina a breve e di un comitato civico pro-rom, ci proponiamo di riprendere la mobilitazione politica, con un presidio sotto la Prefettura e la Provincia da costruire insieme alle forze politiche, sociali, sindacali e all’associazionismo, per ottenere il tavolo interistituzionale che ci hanno negato prima dello pseudo-sgombero.

  • L’appuntamento, intanto, è Lunedì sera (ore 19) al Teatro Mercadante di Napoli, per la presentazione del film di C. Luglio sui Rom di Scampia, sede in cui potremmo valutare la piattaforma politica da portare avanti insieme per rilanciare la politica accoglienza dei Rom rumeni e slavi sul territorio napoletano.

OPERA NOMADI NAPOLI - RIFONDAZIONE COMUNISTA DI CASORIA

 

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