Rom e Sinti da tutto il mondo

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\\ Mahalla : VAI : musica e parole (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 14/11/2009 @ 09:25:35, in musica e parole, visitato 1566 volte)

La Scighera - Via Candiani 131 - Milano - Zona Bovisa (mappa) - Comodo parcheggio fuori dalla stazione della metropolitana
sabato 21 novembre 2009

15.30 - 17.30 - Stage di fisarmonica con Jovica Balval.

17.45 - 19.45 - Stage di Gispy Fusion Dance, con Melissa. Danze dei Balcani, Flamenco Fusion e Danze Mediorientali.

22.00 - Serata di trascinanti ritmi balcanici con I Muzikanti di Balval e le danze Gpsy Fusion di Melissa. Ingresso con tessera Arci.

L'appuntamento su Facebook

 
Di Fabrizio (del 15/11/2009 @ 09:40:16, in musica e parole, visitato 1467 volte)

Ogni tanto ho il sospetto che tra i lettori ci siano anche degli "intellettuali". Da dove nasca il sospetto... non lo so, ma questo post è dedicato a loro. Una serie di libri sui rom da scaricare (per lo più in formato .pdf) gratuitamente. La segnalazione arriva da Roma_Daily_News. Per oggi riposo, dato che i libri segnalati sono in inglese, non sto neanche a tradurvi il tutto, basta che clicchiate sull'immagine qui sotto

 
Di Fabrizio (del 21/11/2009 @ 09:33:43, in musica e parole, visitato 2003 volte)

Segnalazione di Marcel Costache

Martedì 24 novembre, ore 21, Teatro Dal Verme, Via San Giovanni sul Muro, 2 - 20121 Milano (Lombardia) 02 87 905 -  ingresso 8 euro

Torna La Notte di San Lorenzo che, dopo un periodo di pausa per l'abbandono "forzato" di Cascina Monluè, presenta una produzione Arci, in collaborazione con il Consolato Ungherese e con il contributo del Comune di Milano - Assessorato alla Cultura. Un progetto-kermesse che vede tre dei maggiori gruppi gipsy ungheresi unirsi sulla scena con OLAH GIPSY ALLSTARS PROJECT, una straordinaria serata-evento il 24 novembre al Teatro Dal Verme alle ore 21, ingresso 8 euro.

La serata sarà al contempo un grande omaggio alla musica popolare e anche, ricorrendo il XX anniversario dalla caduta del muro di Berlino, una serata dedicata alla nuova Europa, inizio di un percorso musicale tematico per i futuri anni, con un omaggio alla musica gitana d'Ungheria.
La Notte di San Lorenzo nella sua lunga storia è stata sempre sensibile al tema delle musiche sviluppatesi nei luoghi di confine, centri di incontri e di scambi culturali e mercantili, presentando ad esempio le musiche Tuareg, quelle dei popoli della Via della Seta, del Rajasthan e di numerose altre culture e società in movimento.

OLAH GIPSY ALLSTARS PROJECT
E' un progetto che vede in scena contemporaneamente tre dei più noti gruppi musicali gipsy Olah d'Ungheria: i Romano Drom, La Szilvasi Gipsy Folk Band e i Ternipe. Si tratta di uno spettacolo unico interpretato da 15 elementi tra cantanti, musicisti e danzatori testimoni viventi delle millenarie tradizioni culturali e musicali gitane.
In un'unica e trascinante serata, si mescoleranno la tradizione Olah più rigorosa dei Romano Drom, noti per il virtuosismo nell'utilizzo della voce come trascinante strumento ritmico, intercalato dagli strumenti a percussione, ottenuti con oggetti di uso quotidiano (le lattine del latte, i cucchiai di legno); i bassi della nota Szilvasi Gipsy folk band (quest'ultima raccoglie più tradizioni musicali) ottenuti per onomatopea vocale, tecnicamente szajbojozes, con le sezioni a pizzico; gli orchestrati dei violini dei Ternipe con l'uso pizzicato delle chitarre e il percuotere dei loro danzatori sul proscenio.

La musica Olah
Gli Olah sono uno dei gruppi etnici gitani meno noti. Per lo più si trovano in Ungheria e la loro musica si distingue dagli altri stili gitani. Il loro nome etnografico è gitani Valch e corrisponde alla loro origine geografica, la Valachia regione della Romania. In Ungheria sono conosciuti come Olah: antica parola rumena . Il gruppo più numeroso è rappresentato dai Lovar che molto tempo fa erano commercianti di cavalli; alcuni, venditori ambulanti altri, mercanti di ferraglie e cestinai. Al contrario della maggior parte dei gitani essi non intrattenevano relazioni con altre popolazioni e questo ha permesso alla musica di mantenere una sua antica originalità. La loro musica basata su voci e percussioni, rimase confinata nella loro comunità etnica fino agli anni 50'. Solo negli anni '70 la musica gitana Olah si affaccia sul panorama internazionale.

Il progetto Olah Gipsy AllStars vuole essere voce della musica gitana Olah da quella più tradizionale fino al nuovo stile sviluppatosi recentemente. Il progetto parte dall'iniziativa di due musicisti che crearono l'"Athe Sam" gipsy festival a Budapest nel 2007: Antal Kovacs dei Romano Drom e Istvan Szilvasi della Szilvasi Gipsy Folk Band chiesero ad amici e leader di altri gruppi di Budapest per suonare insieme. Hanno ripetuto l'esperienza giungendo fino allo Sziget Festival e al Castle festival di Budapest.

La formazione
Antal Kovacs: voce, chitarra
Mate Kovacs: percussioni
Rafael Zsigmond: danza, scats, kanna
Jozsef Balogh: voce, chitarra
Matild Dobi: voce, danza
Szerena Baxtai: voce, danza
Robert Farkas: violino, fisarmonica
Bela Lakatos: voce, kanna
Istvan Farkas: voce, mandolino
Istvan Szilvasi: voce
Peter Csordas: basso
Attila Csavas: sassofono, tarogato
David Csizmadia: tromba
Balazs Vajna: VJ

L'evento su Facebook

 
Di Sucar Drom (del 24/11/2009 @ 09:33:55, in musica e parole, visitato 1990 volte)

Sabato 28 novembre 2009, Mantova, Teatro Bibiena, ore 21.00
Norig, la nuova grande voce della sterminata koiné gitana. Intensa, magnetica, affascinante, Norig è il presente e il futuro di un approccio al canto che ha pochi uguali per capacità di trasformare la voce in un mobile e sensuale segno di umanità.

Nella stessa serata Mandino Reinhardt Quintet.

Entrata euro 16,00

 
Di Fabrizio (del 04/12/2009 @ 09:29:24, in musica e parole, visitato 3244 volte)

Venerdì 11 dicembre 2009 dalle ore 18.00
Presso: C.S. Casa Loca Viale Sarca 183 Milano

Trio Mirkovic & Muzikanti di Balval presentano la
GRANDE FESTA BALCANICA
IV EDIZIONE
Ven11 dicembre 2009 alla CASALOCA

Dalle 18
Milano e razzismo: dalle politiche xenofobe alle alternative sul territorio
Incontro pubblico con la partecipazione di Alfredo Alietti (Università di Ferrara) autore di "Società urbana e convivenza interetnica", le Maestre del quartiere Lambrate/Rubattino e Omar Caniello di Radio Popolare

Dalle 20
Cena tradizionale balcanica a cura della Kafana Sevdah Marinkovic
Zuppa
Peperoni ripieni
Cevapcici, Insalata di cavolo, Pane fatto in casa

Dalle 22 fenomenale concerto
Muzikanti - Trio Mirkovic
& all the night… Jam session esplosiva

Per la cena si consiglia la prenotazione via mail: festabalcanica@yahoo.com prezzi popolarissimi (5euro l'ingresso+5 per la cena!)

www.casaloca.it

 
Di Fabrizio (del 06/12/2009 @ 09:17:35, in musica e parole, visitato 1864 volte)

VareseNews

Un libro sui pregiudizi verso i popoli nomadi, costruito a partire da un viaggio in un campo rom. Con la prefazione di don Colmegna, presidente della Casa della Carità

È in libreria Quel virus chiamato rom, libro-diario di Silvio Mengotto, edito dalla cooperativa culturale In dialogo di Milano, dove con parole e fotografie si racconta il lungo viaggio compiuto, giorno dopo giorno, in un campo rom alla periferia di Milano. Un giorno, parlando con una donna, l’autore del libro rimase colpito da una frase: «Noi continuiamo nel bene e nel male a parlare di rom, mentre abbiamo bisogno di parlare con i rom». Da questa intuizione nacque l’idea di scrivere un diario dell’esperienza vissuta accanto ai nomadi nell’arco di due anni, sino allo sgombero definitivo del campo, eseguito freddamente e senza una reale alternativa. Pagine scritte dal vivo, per sconfiggere il disagio e persino la paura della presenza degli zingari nelle nostre città. Pensieri, riflessioni, emozioni, dubbi, interviste che hanno memorizzato le relazioni significative, aprendo gli occhi del cuore su un mondo rom, ancora troppo sconosciuto. Un diario che si è trovato a costruire il ponte della relazione non per parlare dei rom, ma dopo aver parlato e comunicato con loro.

Scrive l’autore: «Tra i cinque sensi dell’uomo quello della vista esercita un’autorità che stordisce, molto più forte dell’udito. Quando si entra nel campo rom per vedere, per conoscere bene la
situazione, occorre superare l’autorità esercitata da ciò che si vede subito, a prima vista, e aprire gli occhi ad un secondo sguardo. Guardare il campo rom significa tradurlo, decifrarlo, per “accogliere” ciò che si può vedere solo aprendo le ciglia del cuore. Non è solo un’esperienza fisica dei sensi, ma un vero esercizio di sapienza.»

Dice don Virginio Colmegna, fondatore e presidente della Casa della carità di Milano, nella prefazione al volume: «In questo mondo vi è tanto inferno… eppure il fatto che il Figlio dell’Uomo vi è stato ed ha portato proprio lì il germe del paradiso mi fa comprendere il valore dello stare in mezzo, non per assorbire il senso di morte, ma per ridare la speranza di attraversare, di lasciare alle spalle questo stare in mezzo, nella periferia di abbandono, per poter ripensare alla risurrezione scendendo ogni giorno negli inferi. […] Quando essere nati in un campo nomadi o essere rom diventa un’infamia che marchia il singolo a prescindere dalla sua storia personale, noi vediamo crescere uno strisciante razzismo. Dobbiamo, invece, far respirare la bellezza della giustizia fraterna, rifuggendo dall’orribile fraintendimento che colloca la proclamazione della legalità come difesa di sicurezza contro qualcuno, come via carica di mentalità espulsiva. Per questo stiamo nel mezzo promuovendo una legalità, soffocata nei tanti inferni, soprattutto laddove la diversità è presupposto di inferiorità».

2/12/2009

 
Di Fabrizio (del 12/12/2009 @ 00:48:46, in musica e parole, visitato 1802 volte)

Mi scuso per il ritardo della segnalazione, il concerto è stasera alle 20.00



Porrajmos nel linguaggio Rom significa “divoramento” e indica la persecuzione e lo sterminio che il Terzo Reich attuò durante la Seconda Guerra Mondiale uccidendo oltre 500 mila esseri umani. Nel 1936, alla vigilia dei giochi olimpici di Berlino, Hitler decide che la città deve essere ripulita. La politica razzista dei nazisti porta alla costruzione di un campo di concentramento a Marzahn, dove vengono internati centinaia di Rom e Sinti.

La persecuzione di Rom e Sinti è l’unica, unitamente a quella ebraica, a essere dettata da motivazioni pseudo-razziali, ma la tragedia delle popolazioni sinte e rom non si conclude con la fine della Guerra: la Repubblica Federale Tedesca infatti, riconoscerà la loro persecuzione molto tempo dopo, concedendo i risarcimenti con grandissimo ritardo.

Francesco Lotoro ha cercato di ricostruire un importante tassello della letteratura concentrazionaria aggiungendo all’opera da lui curata, l’Enciclopedia discografica KZ Musik pubblicata dalla Musikstrasse di Roma giunta al dodicesimo CD-volume, l’intero corpus musicale creato da Sinti e Rom nei campi di sterminio durante il Secondo Conflitto Mondiale. Il risultato di questa prestigiosa opera di ricostruzione sarà presentato sabato 12 dicembre all’Auditorium dell’Assunta a Trinitapoli alle ore 20. ‘Prendi un violino e suona’ è il titolo dato alla conferenza concerto alla quale prenderanno parte oltre allo stesso Lotoro, l’assessore al Mediterraneo della Regione Puglia, Silvia Godelli, il Sindaco di Trinitapoli Ruggero Di Gennaro, il Commissario straordinario di Margherita di Savoia Rachele Gandolfo, il Dirigente scolastico della Scuola Media Giuseppe Garibaldi di Trinitapoli Anna Maria Trufini, il musicista Rom slovacco Milan Godla.

Il programma del concerto comprende canti creati a Belzec, Auschwitz, Chelmno e nei campi di lavoro forzati aperti dai nazisti in Slovacchia.

“Il lavoro di recupero della musica creata dal popolo Romanì nei Lager è stato molto più complesso di altre parallele produzioni concentrazionarie. Ciò perché trattasi prevalentemente di musica trasmessa oralmente e conservata pressoché intatta nella loro vita quotidiana e nella memoria collettiva.” Spiega il professor Lotoro. “Molti di questi canti arrivano a noi attraverso diversi modi di esecuzione che variano (a volte anche in modo significativo) da villaggio a villaggio. Per esempio, Andr’oda taboris cantato a Dhlè Stràze ha piccole differenze rispetto a quello cantato a Zehra, anche se il testo coincide”.

Da quanto tempo lavora a questo progetto di recupero della musica dei Rom e dei Sinti nei lager?
Lavoro a questo particolare filone delle mie ricerche da circa 10 anni; ho dovuto attendere la pubblicazione del dodicesimo volume dell’Enciclopedia KZ Musik per dedicarmi con particolare attenzione negli ultimi 12 mesi alla musica di Rom e Sinti nei lager nazisti, convogliando qui in Puglia alcuni tra i più validi strumentisti del repertorio Rom come Milan Godla, Marian Serba e Ion Stanescu, noleggiare ottimi strumenti musicali adatti a tale repertorio come un grande cimbalom, il tarogato (un particolare clarinetto a forma conica) e una gamma enorme di flauti e recorders.

Quale è la particolarità di questa musica?
Trovo questa musica molto più “permeabile” della situazione umana nei campo. Mi spiego; tenendo sempre presente la diversa tipologia dei campi (internamento, transito, concentramento) e lo stato di cattività più o meno flessibile (ebrei, detenuti politici, polacchi, civili o militari), la produzione musicale degli Ebrei a Theresienstadt, dei polacchi ad Auschwitz e Mauthausen, dei frati benedettini e francescani a Dachau (giusto per fare alcuni esempi) è sempre “filtrata” dal gusto mitteleuropeo dell’epoca, dall’attenzione alla partitura, scritta meticolosamente anche su supporti fragili (carta-musica sporca, carta igienica incollata a strati), dalla giusta strumentazione. .Nella produzione Romanì, invece, il campo “entra tutto” nella musica, il dolore si fa musicalmente più intenso senza mediazione; la musica sembra essere l’espressione più autentica dello stato di abbandono che hanno particolarmente sofferto i Rom nei campi.

Come dire, la musica di Sinti, Roma, Kalè e di altre famiglie del popolo romanes è immediata, colpisce di primo acchito, non si fa andare a cercare; e va suonata lasciando il musicista e il cantante, in un certo senso, liberi di esprimersi, ricavare l’improvvisazione del momento. Non possiamo neanche immaginare quanta musica dei Rom abbia respirato, fianco a fianco, con quella ebraica.

Nei giorni più tristi non solo per l’Europa ma per l’intera civiltà umana, Ebrei e Rom hanno cantato e suonato l’ultima musica prima che la peggior sorte si accanisse su questi due popoli dando origine alla catastrofe (la Shoah) e al divoramento (il Porrajmos).

Lucilla Efrati

 
Di Fabrizio (del 19/12/2009 @ 09:13:11, in musica e parole, visitato 1981 volte)

Gianluca Giunchiglia - LUNGO LA FERROVIA - Edizioni Erasmo - 128pp. 9,50 E. www.edizionierasmo.eu

In mezzo ai capitoli del romanzo breve “Lungo la ferrovia” corrono le storie di due incontri. Il primo - reale - è quello tra Gianluca Giunchiglia, pisano di nascita ma livornese d'adozione, psicopedagogista in servizio presso l'Istituto scientifico Fondazione “Stella Maris” di Calambrone (Pisa), e il bambino rom che la sua struttura gli ha affidato tempo fa; il secondo – intensamente immaginato – è quello che intreccia i destini di Gioni e Miluna, undicenni, due piccoli rom cui la fantasia del Giunchiglia scrittore ha affidato il ruolo di protagonisti nel libro che segna il suo esordio nel campo della narrativa.

Dal primo incontro, si sviluppa il secondo. Dentro l'invenzione letteraria che insegue questi adolescenti attraverso le tantissime gamme della loro penetrante, solare, inquieta vitalità, ci sono le impressioni, i ricordi, le riflessioni di un “gagé” (termine che i rom usano per indicare noi italiani) che viene invitato dalla famiglia di un piccolo zingaro all'interno di un “campo”. Capitò un 6 maggio, si festeggiava S. Giorgio. L'incontro si svolse «dentro un container adibito a casa – scrive l'autore in una nota – dove questa famiglia vive. Era il primo giorno della loro festa e grandi e piccini erano ben tenuti e vestiti con gli abiti più belli che avevano. Mi hanno accolto con dolcezza, omaggiandomi delle pietanze tipiche della loro cultura […] Pure le regole dell'igiene erano rispettate, gli alimenti cucinati in contenitori usa e getta con posate di plastica. All'esterno, nel “campo”, non vi erano immondizie sparse attorno, contrariamente a quello che si può immaginare. Solo che vivono con un sistema fognario danneggiato e mal funzionante che crea pozzanghere di acque nere a cielo aperto. Le atmosfere però sono invidiabili; le musiche, il contatto con la terra, sono tipiche di quel popolo, così molto attento alla natura...».

Luci e ombre. Le stesse che colorano i gesti, le parole di Gioni e Miluna. Ecco perché la fantasia e la realtà risultano, tra queste pagine, sorprendentemente sincrone, empatiche, parallele come le verghe del binario che appare nella foto di copertina. Anche le luci e le ombre di quest'esistenza di frontiera osservata con gli occhi dell'adolescenza corrono in parallelo. Ciò che affiora in superficie è una penombra cangiante pronta in qualsiasi momento a diventare sereno come anche a trasformarsi in tempesta; una specie di tramonto dalla luce sorprendentemente nitida che consente di osservare tutto con chiarezza, anche le contraddizioni, anche il doloroso attrito di bene e male, legalità e illegalità, integrazione ed emarginazione, cultura e degrado. Giunchiglia sintetizza (e spiega) questa realtà dalla valenza ossimorica con un verso di Holderlin: “Là dove c'è pericolo, cresce ciò che salva”.

Pubblicato in marzo da Media Print Editore, subito dopo ristampato per i tipi delle Edizioni Erasmo, “Lungo la ferrovia” si è aggiudicato menzioni speciali al Premio Internazionale “S. Margherita Ligure – Franco Delpino”, al Premio “Emozioni d'inchiostro” di Reggio Calabria, al Premio letterario “Viareggio Carnevale”. A novembre è stato premiato da Alexian Santino Spinelli, ambasciatore dell’arte e della cultura Romanì nel mondo e professore all’Università di Chieti, per il secondo posto al Premio artistico Internazionale “Amico rom”, sezione opere edite di narrativa.

Il libro è stato presentato al settembre pedagogico del Comune di Livorno e diverse scuole secondarie di primo grado lo stanno adottando per i progetti sull’intercultura.

Andrea Lanini (Giornalista)


“Lungo la ferrovia” è un romanzo breve, di facile lettura, scritto da un pedagogista che ama la poesia, tanto da vincere dei premi. Un romanzo si sa è una rappresentazione (fantastica) della realtà, l’immaginazione di eventi che accadono nella mente dell’autore che li ha vissuti in altra forma e che li ha approfonditi e analizzati in vari aspetti; cioè esso è un ideazione che riporta però dei fatti conosciuti a fondo, dentro le loro dinamiche interattive che poi, con l’ausilio della creatività, si trasformano in un’invenzione. Non faccio una recensione all’opera letteraria, non sarei adatto. Ho letto il romanzo con una visione pedagogica e traggo solo qualche considerazione.

L’argomento trattato è un tema d’indubbia attualità sociale e politica: il problema rom che, pur esistendo da sempre, in questo periodo storico è sviscerato dai media continuamente più nel male che nel bene, con ricadute che considero importanti sul piano culturale. Ciò che mi ha colpito nel racconto non è tanto il rapporto dei due protagonisti (Gioni e Miluna), la loro storia e la loro amicizia, quanto le relazioni dei contesti in cui essa si sviluppa. I contesti sono rappresentati dal gruppo dei pari, dalla scuola e dagli adulti che in essa vi lavorano, dal “campo” rom, dalla comunità vicina al “campo” rom. In questi contesti l’autore descrive una fitta rete di interazioni fatte da accettazione e rifiuti. Non emerge nessun tentativo d’integrazione nel suo significato pieno, forse un atteggiamento di questo tipo lo si ritrova nell’autista dello scuolabus, che però ha un ruolo marginale per poter diventare la figura di riferimento per l’integrazione.

I due ragazzi protagonisti, come tutti i ragazzi della loro età, sono in una fase di costruzione della propria identità personale e sociale, per cui hanno bisogno sperimentare ruoli, realizzare esperienze mediante l’incontro con l’ “altro”, di seguire esempi e modelli. Essi manifestano bene questi bisogni nel corso della loro vita quotidiana e nel rispetto delle differenze di genere: Gioni li esprime con molta più energia di Miluna e, proprio per le differenze individuali, reagisce con la fuga a quello che percepisce come rifiuto. L’esempio, il modello buono, il riferimento educativo è il nonno (nemmeno il padre) che è l’unico ad esprimergli un progetto di vita, è colui che stimola il nipote a compiere la programmazione del suo futuro. Ma è una figura sola, che sta nel “campo” rom (e questo non è un caso!) e con un debole aggancio (la signora amica) nella comunità sociale. Poco per un processo evolutivo, per un cambiamento sociale.

Il romanzo descrive una realtà vera che una società civile come la nostra, democratica, che si basa sul principio della non discriminazione, non può più trascurare e rimandare oltre.

L’autore con questo suo primo romanzo offre molti spunti di riflessione e ci spinge ad avviare un progetto serio verso l’integrazione delle culture.

Giuseppe Rulli (Pedagogista)

 
Di Fabrizio (del 01/01/2010 @ 09:53:56, in musica e parole, visitato 1741 volte)

Segnalazione di Opera Nomadi Catania

 Ja imam talenat! 2009 - Finale - Danijel, Darko i Sandra Piler Tre giovanissimi musicisti di strada Rom vincono in Serbia un'importante competizione musicale, che darà loro la possibilità di completare la loro istruzione musicale. Un talento straordinario.

 
Di Fabrizio (del 04/01/2010 @ 13:49:54, in musica e parole, visitato 2005 volte)

Ricevo da Marta Pistocchi

buon 2010 a tutti!
ecco l'occasione per prolungare i festeggiamenti, ascoltare e ballare buona muzika nell'attesa del natale e del capodanno ortodosso, che ancora han da venire! (ma soprattutto della prossima festa balcanica)

Muzikanti di Balval a Pregnana Milanese
5 gennaio 2010 Auditorium di via Varese 21
dalle ore 21
degustazione di piatti di diversi paesi
concerto di musica balcanica rom e danze gypsy fusion
organizzato dall'associazione La Sorgente e Di Più

vi aspettiamo

 

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