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Di Fabrizio (del 01/05/2009 @ 09:01:57, in media, visitato 1706 volte)

Da Osservatorio Balcani una storia che rischia di essere già vecchia

28.04.2009 scrive Rando Devole

Ferdi Berisha, rom montenegrino, ha vinto la nona edizione del Grande Fratello. L'evento ha avuto un fortissimo impatto mediatico. Ma perché sfonda una notizia così? Perché in realtà non è solo una notizia ma la fine di una storia e Ferdi l'eroe perfetto. Un commento

In tempi normali non sarebbe stata una notizia. Eppure la vittoria del Grande Fratello 9 da parte di un giovane rom, di nome Ferdi Berisha, ha fatto il giro dei telegiornali, della stampa e dei blog in pochissimo tempo. Tutti a raccontare e commentare la “straordinaria” storia del rom venuto dai Balcani, e precisamente dal Montenegro, tra mille difficoltà e peripezie, per poi trionfare nell’arena più cruenta della tv. Un trionfo che ha spiazzato non solo i critici della trasmissione, ma anche chi la snobbava. Infatti, la vittoria di Ferdi non è una notizia qualsiasi. È una di quelle che oltre all’attenzione, esige per forza la nostra partecipazione emotiva, che non è difficile scorgere tra le righe giornalistiche o le immagini televisive.

Ma perché ci piace una notizia del genere? Perché in realtà non è una notizia, ma la fine di una narrazione, cioè di una storia. E da che mondo è mondo le storie, specie se raccontate con arte, piacciono al grande pubblico, che dalla tv chiede soprattutto trame ed emozioni. Ecco, alla storia di Ferdi non mancava niente per essere una gran bella storia. Gli ingredienti c’erano tutti: il personaggio principale veniva da lontano (Montenegro), il viaggio era stato avventuroso (gommone), aveva una vita travagliata (famiglia divisa), era diverso (rom), era integrato (italiano perfetto) e così via. Bastava aggiungere una love story all’interno della casa del GF, un paio di interviste commoventi con familiari distanti, un duello impressionante con un altro contendente, e sarebbe venuto fuori, così com’è stato, uno dei piatti più ghiotti della tv italiana. Il trionfo finale, con tanto di musica, coriandoli, luci, ballo, smoking e colori, ha trasformato Ferdi definitivamente in un eroe da favola.

La storia di Ferdi era vincente anche per la sua moderazione. Era sfigato ma non troppo, era diverso ma non troppo, era simile ma non troppo, era ingenuo ma non troppo. Inoltre, presentava una molteplice e articolata diversità; era immigrato e rom insieme, straniero e italiano, vittima e superstite. Proprio per questo la sua diversità non è stata percepita convenzionalmente, perché usciva dai canoni consunti della diversità sbattuta sui media. A questa sua inedita e fresca diversità va attribuita in gran parte la vittoria al GF 9. Infatti, si tratta di una diversità accettabile ed accettata, perché in sostanza non stridente per il senso comune.

E il sociale c’entra con tutta questa storia? C’entra, eccome, perché ogni storia ha un suo contesto sociale. E non si può ignorare un contesto italiano dove l’integrazione degli immigrati e la discriminazione dei rom sono tra i primi temi imperativi di una società impaurita. Ma come vanno interpretati i titoloni sul giovane rom che conquista l'Italia o sul suo riscatto sociale? Si potrebbero vedere, secondo Aldo Grasso, come un alibi collettivo. Infatti, un rom che stravince il GF cosa significherebbe per qualcuno se non l’inconsistenza della discriminazione sociale in Italia? Effettivamente, la vittoria di Ferdi è stata liberatoria un po’ per tutti. La sua esplosione di gioia potrebbe essere vista come una chiara risposta alle accuse europee di discriminazione e alle indagini televisive sui campi rom. In questo senso Ferdi è tutti noi, dato che una favola si può realizzare solo in un contesto positivo, perbene, che permette alla favola di diventare tale.

E qui si presenta il nodo del problema: i reality show rappresentano la realtà sociale, e più in generale, la tv rappresenta la realtà? I temi sono immensi, ma due cose in merito si possono dire. Intanto, laddove si parla di show, sarebbe difficile parlare di realtà. Poi, laddove c’è una telecamera c’è un punto di vista, dunque una dichiarata soggettività. Tuttavia, al pubblico televisivo che si sintonizza sul GF non interessa tutto questo. Interessa il fatto che sta vedendo e vivendo in diretta una storia emozionante. Che poi la TV rappresenti il surrogato della realtà e non la realtà è un altro paio di maniche. Spiegare la passione del pubblico con l’identificazione con i protagonisti è azzardato stavolta. Con un rom dichiarato è difficile identificarsi, anche perché ha una storia tutta particolare. Diciamo che il pubblico si è identificato con se stesso, creando virtualmente un contesto sociale che gli sarebbe piaciuto fosse vero. Una società in cui anche i rom ce la fanno, senza problemi, senza discriminazioni.

Quindi quella specie di “zoo” televisivo volontario, le cui telecamere seguono tutti i movimenti dietro le sbarre di vetro, finisce per diventare una realtà, anzi una realtà politicamente corretta, dove coltivare sogni sociali. L’integrazione? Anche questa diventa una questione catodica, anzi modernamente plasmatica. Gli immigrati ce la possono fare in una realtà del genere, dura sì, ma generosa alla fine. Il riscatto c’è stato: individuale (di Ferdi) e collettivo (del pubblico televisivo). Ma c’è stato anche quello della trasmissione, forse l’unico vero riscatto. Infatti, ci vuole arte per trasformare una persona in personaggio e un personaggio in eroe. Il successo ha perfino oltrepassato i confini. Un articolo di un giornale albanese, nel vortice dell’esaltazione incoronante, ha tentato di impossessarsi dell’origine di Ferdi: è albanese, dice, ma non l’ha mai dichiarato. Chissà che ne pensano i montenegrini. Saranno arrabbiati? Allora è vero che i Balcani producono più storia di quanta riescono a consumare… Comunque, risulta patetico, quando si pensa, che solo poco tempo fa, quando i telegiornali davano una qualsiasi etnia ai rom, ci si infuriava come bestie per questo equivoco imperdonabile.

La colpa, in verità, è della storia. È troppo bella per non impadronirsene. C’è dentro tutto quello che vorremmo essere. Una società tollerante, bella, a lieto fine, dove vince il migliore. Conta, ovviamente, anche il merito. E il merito nella trasmissione si misura per mezzo delle sofferenze personali. La storia personale di Ferdi è esemplare in questo senso. Operaio semplice, bravo ragazzo, povero, con un’infanzia difficile, senza famiglia, solo, con tanti sogni nel cassetto. Basta poco per stuzzicare l’onnipotenza del pubblico televisivo, che decide di realizzare i sogni del rom balcanico in un batter di telecomando, dandogli la vittoria e trasformandolo da sfigato televisivo in divo televisivo. Al rom immigrato, basta una trasmissione per avere i soldi, il lavoro, l’amore, la famiglia. La Cenerentola non ha nulla da invidiare. Tutto ciò è comprensibile, umanamente e mediaticamente parlando. Rimangono però aperte le questioni della realtà e della generalizzazione. È vero che i rom si sono riscattati con questa vittoria? È vero che non esiste più la discriminazione? È vero che l’integrazione è ormai riuscita? Oppure questa è un’altra storia?

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Di Fabrizio (del 01/05/2009 @ 09:39:15, in Europa, visitato 1720 volte)

Da Polska_Roma

La minoranza invisibile

I Rom sono in una quantità poco nota in Polonia. Gli stereotipi abbondano, ma la comunità rom - stimata in 40.000 unità - si è in qualche modo integrata nella società polacca. Quindi dove finiscono gli stereotipi ed inizia la verità?

Un rapporto pubblicato dall'Agenzia dell'Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA) valuta il modo in cui i membri della comunità rom sono trattati nella regione CEE. Il rapporto fa luce sullo stato della discriminazione contro la minoranza nella regione - una questione che pochi vogliono affrontare attivamente.

La ricerca per il rapporto è stata condotta a maggio-luglio 2008. Circa il 60% dei Rom in Polonia ha risposto "sì" alla domanda "Hai subito discriminazioni nei 12 mesi passati?" Le aree della vita quotidiana in cui si sentono discriminati includono il posto di lavoro, "al caffè, al ristorante o al bar," e "dal personale sanitario".

Uno dei principali problemi è che i membri della comunità rom sono stereotipati come ladri o mendicanti. "Stereotipare è molto comune in tutte le società. La verità è che non c'è stata nessuna adeguata compagnia governativa per combattere questo modo di pensare in Polonia", ha raccontato Aleksandra Amal El-Maaytah, di Amnesty International Polonia, a WBJ.pl

Circolo vizioso

Il fatto che Rom e non-Rom vivano in quartieri separati e frequentino differenti istituzioni dell'istruzione, rende le cose più ingarbugliate. "La segregazione avviene -naturalmente-, per così dire, ma porta ad ulteriori problemi con la [mancanza di] integrazione con la comunità non-Rom. Molti conoscono i Rom soltanto dalla musica e dai festival di danza o dalla strada," commenta Amal El-Maaytah.

Questo, dice l'esperta, porta alla discriminazione, specialmente verso le generazioni più giovani. "Essendo discriminati nella scuola, molti Rom non ricevono l'istruzione che meritano. Più avanti avranno [meno] possibilità di ottenere un impiego. Essere senza impiego significa non avere accesso alla sanità e alla casa, ecc. E' un circolo vizioso."

Nonostante tutto ciò, Roman Chojnacki, presidente dell'Associazione dei Rom Polacchi a Szczecinek, ritiene che la comunità romanì in Polonia, che è stimata in 40.000 membri, sia più apprezzata delle comunità di altri paesi, ma che "ciò non significa che tutto sia OK".

In un rapporto dell'anno scorso per il Forum Europeo dei Rom e Viaggianti, un'organizzazione internazionale rom, Chojnacki scrisse che infuria un accalorato dibattito sulla chiusura delle cosiddette "classi romani" nel sistema educativo polacco.

"Gli esperti e una gran parte della società romanì sono convinti che non c'è utilità nell'impiego di classi separate," dice Chojnacki. Se queste classi fossero rimosse, sia Rom che non-Rom sarebbero in grado di integrarsi meglio, e si spera così che si ridurrebbe la discriminazione.

Soltanto criminali?

I membri della comunità rom lottano spesso con lo stereotipo di essere coinvolti in attività criminali. "Nonostante i nostri sforzi, i mass media, quando [riportano dei] crimini commessi, rivelano ancora la nazionalità degli esecutori, cosa proibita dalla legge", dice Chojnacki. Aggiunge che questo approccio costruisce un ulteriore pregiudizio verso il popolo rom.

Inoltre, quando sono loro vittime di un crimine, I Rom difficilmente cercano aiuto dalla polizia. Secondo il rapporto FRA, circa il 33% degli intervistati ha lamentato di essere stato vittima di crimini nei precedenti 12 mesi. La maggior parte dei Rom - circa i tre quarti - che sono stati vittima di crimini come minacce, assalti o "serie molestie" non li hanno denunciati alle autorità.

"Molti Rom ritengono che non c'è motivo di riportare atti di violenza alla polizia," dice Amal El-Maaytah, "perché non affronterebbero il caso in maniera adeguata. D'altra parte, senza portare a consocenza delle autorità i casi di discriminazione, [le autorità] ... non possono fare molto."

From Warsaw Business Journal by Roberto Galea

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Di Fabrizio (del 02/05/2009 @ 09:04:39, in musica e parole, visitato 1527 volte)

Lanciano, 30 Aprile 2009

Grande successo per la lezione concerto tenuta dagli allievi dell'Accademia Europea d'Arte Romanì nell'ambito del corso di Lingua e Processi Interculturali, Lingua e Cultura Romanì tenuto dal Dott. Prof. Santino Spinelli "Alexian".

L'evento si è svolto questa mattina (30 aprile) nell'Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Chieti. Ha aperto l'evento il Dott. Prof. Gaetano Bonetta, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione.

L’accademia è un progetto di Alexian Santino Spinelli e nasce come risposta alla grande richiesta di formazione specifica ed accurata sulla musica romanì che tanto appassiona il pubblico e che spesso è relegata al rango di musica di seconda classe.

L'Accademia è unica nel suo genere ed oggi hanno tenuto la lezione concerto alcuni dei suoi migliori allievi tra cui ci sono Rom e non Rom, che attraverso la musica abbattono le barriere dell'indifferenza e della diffidenza perché la musica arriva al cuore prima che alla ragione.

E' possibile studiare lo stile flamenco e il jazz manouche. Infatti, non tutti sanno che entrambi questi generi musicali, che hanno influenzato celeberrimi compositori e la musica di intere nazioni, sono scaturiti dalla creatività della popolazione romanì.
Sono attivati anche corsi per acquisire la conoscenza di strumenti, quali: il cimbalom, la darabuka, il cajon, il bouzuki ma anche apprendere e/o perfezionare strumenti come la fisarmonica, la chitarra, il violino, le tastiere ed il contrabbasso in stile romanò.
Ci sono corsi di canto in lingua romanés, corsi di teatro e per chi volesse approfondire la conoscenza della cultura romanì ci saranno anche corsi di Lingua e Letteratura Romanì.

Per chi volesse saperne di più:

dal 01 Settembre al 30 giugno organizza, in collaborazione con docenti di fama internazionale, i seguenti corsi teorico-pratici individuali e collettivi per ogni età ed esigenza:

- Corso di Cymbalom
- Corso di Buzouki
- Corso di Canto e Lingua Romanì
- Corso di Percussioni (darabuka, cajon)
- Corso di Flamenco (chitarra, danza)
- Corso di Danze Rom (balcaniche)
- Corso di Jazz Manouche
- Corso di Lingua e Letteratura Romanì
- Corso di Teatro (anche in lingua romanì)
- Corso di Musica Romanì per gruppi musicali e musica d’assieme.
- Corsi di Fisarmonica, Contrabasso e Violino in stile Rom

Al termine dei corsi saranno rilasciati diplomi e attestati di frequenza, al termine del corso avanzato rilascio di diploma

Direttore: Dott. Prof. Santino Spinelli “Alexian”

In sede:

- consultazioni per tesi di laurea,
- biblioteca romanì
-centro di documentazine romanès.

L'Accademia Europea di Arte Romanì è anche Casa delle Culture e organizza stages, Seminari, Cene etniche, Eventi culturali e artistici riservati ai soli soci e iscritti

Per maggior informazioni

tel 3923577386
email giuliadirocco@fastwebnet.it

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Di Fabrizio (del 02/05/2009 @ 09:09:11, in Italia, visitato 1660 volte)

Ricevo da Roberto Malini

Torino, 30 aprile 2009. Il Gruppo EveryOne riceve segnalazioni sempre più frequenti di intimidazioni, violenze, abusi istituzionali contro gli ultimi Rom romeni rimasti in Italia. Sgomberate dai loro miseri insediamenti di fortuna, le famiglie che sono "nomadi" solo a causa di una persecuzione atroce, vagano da una città all'altra, in condizioni di salute e igiene sempre più disperate. Quando scorgono agenti delle forze dell'ordine, si buttano oltre le strade, nei fossi, dietro cespugli e mura oppure si danno alla fuga colte dal panico. Ormai sanno che le autorità esercitano violenze di ogni genere senza temere di pagarne le conseguenze e - anzi - prendendosi la crudele soddisfazione di denunciare le loro vittime per i reati di resistenza od oltraggio a pubblico ufficiale. E' sufficiente che un Rom si lamenti di fronte a botte e insulti o cerchi di proteggersi con le mani perché scatti la ritorsione. Per evitare tali maltrattamenti, il Gruppo EveryOne ha fornito alcune famiglie di lettere di tutela, sottoscritte dai leader dell'organizzazione, in cui si illustrano alle forze dell'ordine le leggi dell'Unione europea che proteggono il popolo Rom, con l'indicazione di un numero di telefono a cui risponde sempre un attivista. La lettera è un efficace deterrente contro gli abusi e a volte viene fotocopiata e distribuita ad altre famiglie in difficoltà, ma ne dispone solo una piccola parte dei Rom romeni in giro per l'Italia. E' uno strumento di protezione dei Rom perseguitati che irrita profondamente sindaci e assessori-sceriffi, questori e prefetti, i quali sentono limitato il proprio potere di vita e di morte sui poveri e gli emarginati, che la cultura xenofoba ha trasformato - ai loro occhi - in "nemici pubblici". Non è raro che i Rom braccati dalle forze dell'ordine si feriscano anche in modo grave, cercando di sottrarsi alla loro persecuzione e non è raro, purtroppo, che le donne incinte perdano i bambini, nel tentativo di sfuggire ai loro aguzzini. Oggi, 30 aprile 2009, si è tenuta una preghiera collettiva, cui hanno partecipato alcune famiglie Rom, insieme agli attivisti del Gruppo EveryOne e del Collettivo Sa Phrala, per ricordare Luca Iankovic, 26 anni, Rom di origine croata che ha perso la vita esattamente tre mesi fa, cadendo nel fiume Dora in località Collegno (Torino), per sottrarsi all'inseguimento da parte di carabinieri armati, che hanno esploso, durante l'azione, alcuni colpi di pistola. Il corpo di Luca, ormai saponificato e quasi irriconoscibile, è stato trovato solo il 25 marzo scorso. Il giovane viveva insieme alla moglie e a cinque figli in una baracca del campo di strada dell'Aeroporto. Vi sono particolari inquietanti, riguardo alla sua morte, a partire proprio dal ritrovamento tardivo del cadavere, mentre le sue scarpe e la giacca di pelle erano state ritrovate subito dopo la scomparsa. "Quella sera doveva andare a cenare in trattoria in compagnia di amici," spiega la moglie fra le lacrime, "ma non è più tornato a casa. Voglio sapere chi l'ha ammazzato, perché di certo non è annegato. Voglio sapere chi ha forzato la macchina di mio marito e buttato all’aria tutto all’interno, quella sera. Non mi convince la spiegazione che possa essere caduto nel fiume, perché quella sera i carabinieri hanno sparato almeno due colpi di pistola contro di lui. Perché nessuno mi comunica gli esiti dell'autopsia? Perché non si vuole fare chiarezza sulla sua morte?". Dopo un giorno riservato al dolore e alla preghiera, è necessario incalzare le autorità affinché siano sgomberate le ombre che circondano la tragedia, se ne identifichino gli eventuali responsabili e sia finalmente fatta giustizia.

Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
info@everyonegroup.com :: www.everyonegroup.com

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Di Fabrizio (del 02/05/2009 @ 09:27:51, in media, visitato 1668 volte)

Da Roma_Daily_News

 (se non si leggesse bene, il link è http://www.youtube.com/watch?v=g7oHeqPj35s)

Il video messaggio di Mrs. Clinton per la nostra Giornata Mondiale [dei Rom] (8 aprile 2009) è ora online sottotitolata in lingua rromanì

O video-mesàźi e Raniaqo Clinton vaś amaro Sundalesqo Dives (8-to Grastornaj 2009) si p-o internet p-i rromani ćhib.

Asociàcia “E Rromenqo Krlo” – association “La voix des Rroms” – NGO “The voice of the Rroms”

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Di Fabrizio (del 03/05/2009 @ 08:50:48, in Italia, visitato 2137 volte)

Dal blog del circolo Pasolini di Pavia

Pisa per qualche tempo era diventata un punto di riferimento per il rispetto di alcuni diritti fondamentali che aveva dimostrato nei confronti delle comunità Rom. Ha disgraziatamente invertito la rotta e sta commettendo l'errore vergognoso della Giunta Capitelli: dare soldi ai capifamiglia per andarsene. Hanno fatto così anche a Pavia, tra il 31 agosto e il 3 settembre 2007. Molti apparentemente avevano accettato: caricati su pullmini erano stati lasciati nell'hinterland milanese. Sono tornati quasi tutti. Solo la cecità poteva non avvedersi che per indigenti totali una cifra tra i 150 euro e 300 poteva essere allettante lì per lì, ma non poteva essere risolutiva di alcun destino. Come si può pagare un cittadino europeo per andarsene da un paese europeo? Com'è possibile che di fronte alle comunità Rom anche le aree del paese più avvedute rispetto ai diritti di cittadinanza sbrachino a tal punto da non saper prevedere alcun sbocco politico alla convivenza? In alcuni dei comuni consorziati per la "buona uscita" ai Rom ci ho vissuto e a lungo. Mi sono portata con me ricordi struggenti di umanità e accoglienza. Che tristezza.
Irene Campari

CORRIERE DELLA SERA.it

L’iniziativa di un consorzio di nove comuni dell’area, tra cui il capoluogo. Tra qualche giorno parte il primo pullman
Cinquecento-mille euro per l’impegno a non tornare. «Niente furbi, scegliamo persone affidabili»

PISA - Il rimpatrio con buonuscita è già stato accettato dai primi dodici rom, quattro famiglie in tutto. Tra qualche giorno saliranno su un pullman per raggiungere i luoghi di origine, in Romania. Viaggio spesato e bonus in denaro: dai cinquecento ai mille euro a nucleo familiare da erogare solo a destinazione raggiunta. Soldi pubblici, messi a disposizione dalla Società della salute, un consorzio di nove comuni (tra i quali Pisa, Cascina, San Giuliano Terme, Vecchiano, Calci, Fauglia) dell’area pisana e l’Asl. L’accordo, con tanto di firme e controfirme, prevede il consenziente allontanamento dei rom, e in un imminente futuro sarà esteso anche ai cittadini extracomunitari, sempre che siano d’accordo. E che impegna, chi accetta «a non rientrare in Italia almeno per un anno» e a rinunciare ad «accamparsi o a erigere baracche in zona in luoghi pubblici o privati che non siano destinati allo scopo».

Clausole che però hanno provocato in città polemiche e ironia. I rom sono quasi tutti cittadini romeni, dunque comunitari e come membri dell’Ue hanno il diritto di entrare in qualsiasi Paese membro senza restrizioni. Anche se sono stati pagati con assegno per non tornare un anno intero. «Il rimpatrio consenziente è un’idea che ci è venuta durante un monitoraggio dei campi abusivi - spiega Maria Paola Ciccone, assessore alle politiche sociali del comune di Pisa e da lunedì nuovo presidente della Società della salute -. Sono stati alcuni rom a chiederci di aiutarli a tornare a casa e dunque con i servizi sociali abbiamo deciso questa sperimentazione in collaborazione con la Regione Toscana ». Sulla possibilità di «furberie », l’assessore ammette qualche rischio: «La nostra è una scommessa. Il servizio non è rivolto a tutti ma solo a quelle persone meritevoli di fiducia». In città il provvedimento sta creando polemiche e malumore. Amanuel Sikera, vicepresidente della Consulta provinciale degli stranieri, in una lettera aperta a Tirreno e Nazione, non ha lesinato critiche agli enti locali. «Sono rimasto sconcertato dalla ricetta proposta per il loro rimpatrio - ha scritto Sikera -. Attuare un siffatto provvedimento significa ammettere un totale fallimento delle politiche di integrazione».

Marco Gasperetti
01 maggio 2009

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Di Daniele (del 03/05/2009 @ 09:30:38, in musica e parole, visitato 2148 volte)

Fratello, questa è la migliore taverna nei Balcani!

Puntate precedenti: QUI e QUI

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Di Fabrizio (del 03/05/2009 @ 09:40:33, in scuola, visitato 1393 volte)

Da Czech_Roma



12/4/2009 - Venerdì il Tribunale Cittadino di Praga ha rigettato il reclamo del Rom ceco Jaroslav Suchy, che aveva chiesto 500.000 corone al Ministero dell'Istruzione, accusando la repubblica di averlo deprivato di un'istruzione adeguata. Suchy, 31 anni, dichiara di essere stato spedito in una scuola elementare per bambini con difficoltà di apprendimento nel 1985, soltanto a causa della sua origine etnica e sociale. Il tribunale ha concluso che Suchy non ha provato la sua accusa. D'altra parte, Suchy può appellarsi al verdetto. Il ministero ha puntualizzato che le performance di Suchy nella scuola per bambini "lenti" mostrano che non sarebbe stato in grado di studiare in una scuola standard.

Ma Suchy ha obiettato che lo staff del pensionato infantile dove è cresciuto gli dava dei sedativi, aggiungendo che a quel tempo era una pratica istituzionale usuale  per calmare i bambini iperattivi. Gli alunni delle cosiddette "scuole speciali" erano generalmente considerati ritardati mentali ed era molto difficile per loro ricevere istruzione secondaria.

Scrive Pravo che nel 1999, Suchy passò un corso per completare le elementari e nel 2005 fece gli esami per la scuola superiore alla scuola secondaria romanì di Kolin, nella Boemia centrale. Suchy dice di aver deciso di compilare un reclamo dopo che la Corte Europea dei Diritti Umani a Strasburgo, nel 2007, parteggiò per 18 Rom cechi che avevano fatto causa per essere stati mandati in una scuola elementare per alunni con difficoltà di apprendimento ad Ostrava, nord della Moravia.

© The Prague Daily Monitor

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Di Fabrizio (del 03/05/2009 @ 14:05:07, in musica e parole, visitato 1601 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro

Mercoledì 6 maggio 2009 ore 17.30 - Palazzo Englefield - Via Quattro Novembre, 157 - Roma

La Edup è lieta di invitarla alla presentazione del libro di Marcella Delle Donne
I FIGLI DEL VENTO Storie zingare

Edup

Ne discutono
Raniero La Valle Giornalista
Alessandra Broccolini Etnoantropologa
Esma Haminovic Rappresentante Cooperativa sociale ROM Bosnia Erzegovina

Modera
Raffaele Bracalenti Presidente dell’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali

Sarà presente l’autrice
Marcella Delle Donne Docente di Sociologia delle Relazioni etniche dell’Università di Roma “Sapienza”

Lettura di brani scelti
Fabiana Lazzaro Attrice
Seguirà un piccolo concerto di musicisti ROM

Edup - Edizioni dell’Università Popolare
www.edup.it - info@edup.it
Tel. 06.69204371

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Di Fabrizio (del 04/05/2009 @ 09:07:10, in media, visitato 1547 volte)

Da CinemaItaliano.info

30/04/2009, 20:43 - Delle immagini in bianco e nero, che provengono dal passato: un accampamento di Rom colto in alcuni momenti tipici della sua quotidianità: le donne accudiscono i bambini, gli uomini battono il rame….. su queste immagini di repertorio la voce off di un'anziana rom kalderasha, Emilia, racconta degli spostamenti continui, del montaggio e smontaggio delle tende nei diversi paesi toccati dal loro incessante cammino di zingari, sempre alla rincorsa delle sagre e delle feste patronali.....

... Il volto di Emilia oggi, segnato dal tempo e dalla vita, che prosegue il suo racconto all’interno della piccola roulotte in cui vive, nell’accampamento nel cortile dell’ex foro boario di Testaccio, a Roma…..

... Rasema ha venti anni meno di Emilia, ma non si direbbe: il suo volto di sessantenne è segnato da rughe profonde, anche se la sua espressione mantiene un che di infantile, specialmente quando sorride. Ci racconta del suo arrivo in Italia dalla Bosnia, nel lontano 1969, con il marito e un bambino piccolo in braccio.

Oggi vive nel piccolo campo all’Arco di Travertino, circondata dall’affetto e dal rispetto dei figli e degli innumerevoli nipoti. E il suo modo di vedere la vita, tradizionale, “all'antica”, dissolve.....

... Nel racconto delle esperienze di Umiza, romnì bosniaca che ha da poco superato la trentina e che è arrivata in Italia da Mostar quando aveva solo pochi mesi. Oggi vive in un container del villaggio attrezzato di via Cesare Lombroso, accanto ai suoi anziani genitori e ai fratelli.

Un marito perennemente in galera, la fatica di portare avanti la famiglia e far crescere i suoi due figli da sola..... la vita non è affatto semplice per Umiza, che si arrangia recuperando materiali di ogni genere nei cassonetti della spazzatura, per poi rivenderli nel mercatino aperto vicino al campo…..

... La stessa forza di Umiza anima le attività di Sevla, romnì quarantenne che è riuscita ad uscire dal campo di vicolo Savini e a garantire un tetto ai suoi otto figli occupando una casa abbandonata. Sevla è un'ottima ballerina di danze balcaniche e una donna forte, espansiva e solare. Ha messo a frutto le sue capacità creative con determinazione e passione, insegnando le danze tradizionali rom e avviando un'attività di piccolo artigianato. Tutta la vita di Sevla risente della presenza del ricordo del fratello morto oramai quasi vent'anni fa, il celebre poeta zingaro Rasim Sejdic, come dimostra anche l'educazione che ha scelto di dare ai suoi figli, così orientata verso l'espressione artistica,.....

... E la passione per la danza, che pratica con impressionante bravura, Daniela l’ha ereditata proprio dalla madre. A diciannove anni Daniela ha rifiutato con serena determinazione lo stile di vita tradizionale della sua comunità che le proponeva un matrimonio precoce e il ruolo di madre e moglie sottomessa al marito. Il suo principale obiettivo è invece quello di cambiare le sue condizioni di vita: chiudere definitivamente con la vita del campo nomadi, trovare un lavoro che le permetta di rendersi autonoma, ma senza rinunciare a divertirsi, come è nei desideri di qualsiasi ragazza della sua età.....

... E una voglia quasi sfrenata di vivere pienamente la sua giovinezza caratterizza lo stile di vita di Mirela, ventenne che vive nel villaggio attrezzato di via dei Gordiani. Mirela è una forza della natura: volitiva, travolgente, sensuale, con un modo tutto suo, sincero e diretto, di esprimersi. Non veste “alla zingara”, rifiuta anzi di indossare le tradizionali lunghe gonne a fiori e frequenta comitive di ragazzi italiani, rifuggendo la compagnia degli altri Rom. Questo suo comportamento la mette in cattiva luce dentro la comunità: non sono in pochi, e non solo gli adulti o gli anziani ma anche le sue coetanee, a considerarla una “poco di buono”.....

... Charlotte, invece, è una diciottenne che è riuscita a gestire armoniosamente e con consapevolezza il rapporto difficile tra il mondo dei Rom e il mondo dei “Gagé”: ha conseguito la licenza media, si è iscritta al corso per volontaria del servizio civile e ha iniziato a fare le prime esperienze come mediatrice culturale nella scuola elementare vicina al campo di Testaccio, dove vive con la sua famiglia. Ma la dolcezza del suo volto è contraddetta dal guizzo ribelle dello sguardo, quando ricorda con orgoglio di essere sempre riuscita a ribellarsi agli aspetti più arretrati della sua cultura di origine.

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