Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località

La redazione
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 04/02/2011 @ 09:05:27, in Italia, visitato 1624 volte)

Gli ebrei non vivono più nei ghetti, ma in Italia, alla data del 27 gennaio 2011, gli zingari vivono ancora concentrati nei campi, perché?

Nel giorno della memoria si tende a dimenticare la persecuzione di sinti e rom e, mentre la Germania ha riconosciuto solo nel 1985 le sue responsabilità, in Italia i documenti sono dispersi ma i sinti reggiani ricordano il campo di concentramento di Prignano sul Secchia, in provincia di Modena, dove sono state mandate le loro famiglie. Paola Trevisan ha condotto una ricerca storica e ha trovato, con molta fatica, documentazioni e testimonianze degli abitanti del paese e le ha pubblicate. Anche la Lega Nord ha deciso di rievocare quegli anni con una puntualità e un realismo agghiacciante: ha accusato i nomadi di essere un peso economico per la città. La Lega non è nuova a questi attacchi che rivolge anche ai disoccupati del luogo e, in altre regioni, ai disabili, trovando facili nemici in chiunque sia debole o in difficoltà. I leghisti hanno dichiarato che, per i campi nomadi, Reggio Emilia ha speso 3 milioni di euro, ma i dati pubblicati sulla stampa rivelano che in sette anni, per la manutenzione di cinque aree, la città non ha speso neanche un terzo di quella cifra e lo stipendio del solo Onorevole Alessandri costa molto di più alla comunità. Resta intanto fermo il progetto delle micro aree che dovevano sostituire i campi, perché persiste la tendenza a tenere i sinti concentrati in pochi spazi ai margini dell'abitato. Sicuramente sono invece stati spesi soldi per riparare i danni che razzisti e balordi hanno procurato alle strutture dei campi sosta. A Prignano i sinti furono lasciati senza sostentamento e allora bruciarono i pali della recinzione del campo di concentramento per riscaldarsi, quello che spettava a un solo internato era dato per un'intera famiglia, così, affamati, dopo qualche anno fuggirono e fu la loro salvezza. Gli Argan, i Franchi, i Triberti, i Colombo, i Truzzi, i De Bar erano saltimbanchi e giocolieri circensi, i figli e nipoti sono giostrai e, dopo il fascismo, sono stati di nuovo concentrati nei campi nomadi. Mentre nella provincia i sindaci firmano continuamente sgomberi per le carovane di passaggio che non possono fermarsi neppure per riposare la notte, diversi sinti reggiani, stanchi di aspettare, come a Prignano sono scappati dai campi, si sono comprati un pezzo di terra in campagna e si sono sistemati con le loro case mobili. Questo la legge non lo consente, ma nessuna legge può obbligare le persone a vivere per sempre in un recinto. I sinti e rom vogliono vivere con dignità come tutti ma poiché la terra non è uno spazio libero, chi ha potuto ne ha comprato un pezzetto. Nel 1938, il dottor Semizzi scriveva che gli zingari sono indistinguibili somaticamente perché indoeuropei, ma "dal punto di vista psico-morale hanno tali mutazioni regressive, e quindi ereditarie, da poter compromettere seriamente la discendenza", è esattamente questo che va ripetendo la Lega che in Lombardia utilizza i fondi europei destinati all'integrazione, per pagare le ruspe che abbattono tutto.

L'Associazione Them Romanò cittadina, continua a chiedere l'autodeterminazione e intanto è una delle componenti più attive del comitato Nopacchettosicurezza che combatte la riedizione delle leggi speciali, sostenendo i migranti cui il Governo riserva lo stesso trattamento escogitato dai nazisti verso gli ebrei romani, quando gli chiesero tutto il loro oro in cambio della salvezza e, una volta incassato, li deportarono ugualmente. Il Governo ha raccolto, solo a Reggio Emilia, 3 milioni di euro tra i migranti promettendo il permesso di soggiorno, poi è uscita la circolare Manganelli che annullava la possibilità di ottenerlo se si era già stati identificati, circostanza quasi inevitabile in un paese dove si può entrare solo clandestinamente. I dati della Caritas raccontano che l'Italia spende per l'integrazione dei migranti 130 milioni e per la repressione 500 milioni, è quindi uno Stato che apertamente perseguita le persone per la loro origine, contro qualunque legge internazionale ed europea e contro la Costituzione.

Associazione Them Romanò e Nopacchettosicurezza

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Di Fabrizio (del 04/02/2011 @ 09:43:01, in Italia, visitato 2166 volte)

INCONTRO PUBBLICO -  VENERDI' 11 FEBBRAIO 2011 ORE 20.45
SALA DELLA PARROCCHIA DI GESU' A NAZARETH Largo Bigatti (Quartiere Adriano) MILANO

Parliamo dei Rom: in particolare delle famiglie che abitano nella Comunità di via Idro, ma anche di quelle di Triboniano, dei continui sgomberi delle famiglie stanziate a Rubattino, Bacula, Forlanini e Bovisa e più in generale di quella che comunemente viene definita "l'emergenza Rom a Milano".

Le soluzioni adottate in questi anni nella città di Milano come hanno affrontato la questione? Hanno risolto il problema?

Altri comuni hanno operato in modo diverso: hanno sperimentato, positivamente, politiche di sostegno all'integrazione, di accompagnamento all'inserimento lavorativo, scolastico ed abitativo, con l'appoggio delle Comunità Locali.

Ascolteremo le testimonianze:
· della Comunità Rom di Via Idro 62
· della Comunità Rom di Triboniano
· del Comitato Forlanini
· del Gruppo delle mamme e maestre di Rubattino
· dell'Associazione "elementare.russo"
· di Paolo Fior condirettore di "T" il giornale del Trotter
· di Don Massimo Mapelli della Fondazione Casa della Carità
· dell'Avv. Livio Neri del gruppo degli "Avvocati per Niente"
· di Ernesto Rossi dell'Associazione "Apertamente" di Buccinasco

Promuovono:
Associazione VILLA PALLAVICINI, Associazione "elementare.russo", Osservatorio sui razzismi , Fondazione Casa della Carità, Comunità Rom via Idro 62, Comitato Genitori Elementare S. Mamete, Comitato "Vivere in Zona 2", A.N.P.I. Crescenzago, Martesanadue, Legambiente Crescenzago

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Di Fabrizio (del 05/02/2011 @ 09:07:20, in Italia, visitato 2088 volte)

Segnalazione di Stefano Pasta da Migrantes online

Sabato 29 Gennaio 2011 08:16 - Pubblichiamo la lettera di Flaviana Robbiati, una delle insegnanti delle scuole elementari Feltre, Pini e Cima (Istituto comprensivo in zona Lambrate a Milano) balzate agli onori della cronaca per aver difeso i bambini rom che frequentano la loro scuola.

Milano - Mentre l’Italia ricorda e commemora il giorno della memoria per ricordare milioni di vittime dei genocidi nazisti, a Milano continuano gli sgomberi di Rom che assomigliano sempre di più ad una forma di "pulizia etnica".

Cinquecentomila persone Rom sono passate per i camini dei campi di concentramento nazisti, molti di loro erano bambini. A Milano i forni non si usano, ma l’obiettivo di cacciare i Rom è uno dei motivi che caratterizzano l’amministrazione comunale.

Ad ogni sgombero ci sono bambini costretti a non potere più andare a scuola. Robert, 11 anni, ha già cambiato 8 scuole e nella nona, dove stava per ultimare la sua iscrizione, non ha fatto in tempo ad entrare.

La nuova forma di pulizia etnica è impedire ai bambini Rom di accedere alla cultura. Solo studiando questi bambini avranno delle possibilità di integrazione e potranno svolgere un lavoro regolare e dignitoso. Negando loro la cultura si nega l’accesso ai diritti.

Una persona analfabeta non riesce a cavarsela in un ospedale, a viaggiare in metropolitana, a districarsi tra le etichette dei prodotti al supermercato. Non legge i giornali, non conosce i propri diritti e le violazioni che subisce. Chi non ha accesso alla cultura, non esiste. Senza cultura si è fuori da tutto.

Per questo noi maestre, mamme e volontari che affiancano le famiglie Rom, supportiamo e sosteniamo le famiglie Rom che mandano i figli a scuola. Per questo ci sono bambini che attraversano la città per arrivare a scuola nonostante vivano in baracche senza acqua né luce, in condizioni inimmaginabili. Bambini costretti a diventare eroi per andare a scuola. Accade tutti i giorni nella Milano dell’Expo. Bambini che gli Erode moderni devono fermare ad ogni costo. Ma è forse proprio la paura che qualche Rom possa imparare a difendersi che muove la spietata azione delle ruspe.

(Flaviana ROBBIATI - www.chiesadimilano.it)


Per terminare, una segnalazione di Tommaso Vitale: Si fa presto a dire sgombero

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Di Fabrizio (del 05/02/2011 @ 09:07:27, in Italia, visitato 1757 volte)

Corriere della Sera IL RICORSO SULLE CASE NEGATE. ENTRO 7 GIORNI TUTTI GLI IMMIGRATI NEGLI ALLOGGI ASSEGNATI
"Rom, sindaco e prefetto chiariscano"
Inchiesta sui "nomadi discriminati", i pm chiedono nuovi documenti. De Corato: situazione incredibile

MILANO - Un altro giro. E non per lo sgombero in via Cavriana, zona Forlanini, di 5 baracche e 4 tende in mattinata, sgombero contestato da un gruppo di attivisti per i diritti umani ("Quindicesimo blitz, senza servizi sociali"). Ieri i procuratori aggiunti di Milano Armando Spataro e Ferdinando Pomarici, nell'inchiesta sul caso delle case negate ai rom, hanno chiesto nuove informazioni a prefetto e sindaco. Il prefetto in quanto Gian Valerio Lombardi è commissario straordinario per l'emergenza nomadi. In Comune come l'han presa? Il vicesindaco Riccardo De Corato dice che "le istituzioni danno le case ai rom e si ritrovano indagati. Una vicenda che ha dell'incredibile". L'opposizione, col capogruppo del Pd Pierfrancesco Majorino, crede che "sia bene fare chiarezza. Ci spieghino il perché del voltafaccia". Poi ci sarebbe anche la Lega che già pensa ai voli. Ma prima, il "voltafaccia".

Patti, date, ministero
Tra dicembre e gennaio, dopo il ricorso dei rom assistiti dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri, due ordinanze del Tribunale avevano sancito che il Comune non aveva rispettato i patti sottoscritti e si era anzi macchiato di discriminazione razziale. I patti, peraltro dimostrati da accordi visti, approvati, scritti e sottoscritti, prevedevano l'assegnazione di case popolari - fuori dal mercato e da ristrutturare - in cambio dell'impegno a lasciare il campo di via Triboniano. I nomadi avevano fatto il loro. Le istituzioni no. La Moratti aveva annunciato e presentato ricorso. Ricorso respinto. La bocciatura venne motivata così: escludere i rom è stata una scelta "fondata esclusivamente su ragioni etniche". Per adesso il fascicolo d'indagine di Spataro e Pomarici è senza ipotesi di reato. La Digos è stata incaricata di compiere accertamenti. Cosa successe davvero? Noi limitiamoci a seguire le date. Il 9 agosto scorso i nomadi avevano rinunciato alla permanenza in via Triboniano a decorrere dal successivo 15 ottobre. Il tutto, appunto, in cambio di abitazioni. Che erano già state trovate. Quattro giorni prima la Regione aveva accolto la richiesta del Comune e aveva autorizzato l'Aler a destinare 25 alloggi. Il 27 settembre il ministro dell'Interno Roberto Maroni aveva comunicato l'interruzione del progetto. Lo stesso ministero dell'Interno nel corso del 2009 aveva stanziato 13 milioni di euro per il piano rom. Una parte di questi soldi verranno utilizzati per il rimpatrio in Romania di alcuni nomadi. E qui arriviamo alla Lega.

"Viaggio di sola andata"
Il capogruppo in Comune della Lega Matteo Salvini dice che "le risorse messe a disposizione dal Viminale servono per gli sgomberi e per l'allontanamento del maggior numero possibile di rom, non per gli aiuti e le sovvenzioni. L'unico sforzo economico che siamo disposti a concedere per le famiglie nomadi è un biglietto aereo di sola andata". Il numero dei partenti è abbastanza esiguo. Cinque le famiglie decollate. Altre dieci-quindici quelle che potrebbero seguirle. La maggior parte delle famiglie (102 in totale) rimarrà. Non in via Triboniano che, ha annunciato il prefetto, verrà chiuso entro marzo. Sorge su terreni destinati all'Expo. Domandina, allora: dove finiranno tutti gli altri nomadi? Andranno a ingrossare i restanti, e regolari, campi rom cittadini?

I cantieri negli alloggi
A marzo saremo in pienissimo periodo di campagna elettorale, che influenzerà tremendamente politiche, decisioni, scelte sul futuro dei rom. Per quel periodo, almeno il capitolo-case sarà chiuso da un bel pezzo. Ancora una settimana al massimo e, informano dalla Casa della carità che li ha seguiti in questo tortuoso percorso, nelle case Aler entreranno tutti i rom che mancano all'appello. Le abitazioni, lo abbiamo detto, erano in condizioni critiche. Servivano dei lavori. Sono quasi terminati. Notevole lo sforzo sostenuto dalle associazioni che assistono i nomadi, ai quali spetterà il pagamento delle bollette di luce, acqua e gas.

Andrea Galli - 04 febbraio 2011

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Di Fabrizio (del 06/02/2011 @ 09:00:14, in Italia, visitato 1788 volte)

Segnalazione di Maria Grazia Simmini

SalentoWebTV (leggi QUI l'appello)

Sono scesi in piazza per protestare e dire no alla decisione del Comune di Lecce di far sgomberare una ventina di famiglie Rom dalle loro baracche, perché troppo fatiscenti e pericolose. Uomini, donne e bambini della comunità Rom, del campo sosta Panareo, si sono radunati in piazza Sant'Oronzo, nel cuore di Lecce, davanti palazzo Carafa. Hanno gridato la loro rabbia perché non sanno dove andare e come fare. Lo scorso 25 gennaio, infatti, è stata notificata ad una ventina di famiglie rom residenti all'interno del Campo Sosta Panareo una notifica di abbattimento delle loro Baracche da effettuarsi entro trenta giorni a spese delle stesse famiglie. Chiedono al sindaco di essere ascoltati. Chiedono un'alternativa, un posto dove andare per non rimanere per strada. La loro manifestazione, sostenuta anche dalle associazioni antirazziste, è avvenuta proprio sotto la finestra dell'ufficio del primo cittadino. Ma il sindaco ha rimandato l'incontro al 10 febbraio, per "importanti" impegni istituzionali. Come vi abbiamo raccontato tempo fa, con Articolo21, si tratta di donne e uomini giunti in Italia più di 20 anni fa, per sfuggire alle guerre che hanno insanguinato la ex-Jugoslavia e di numerosi bambini, molti dei quali nati e cresciuti qui in Italia, che regolarmente frequentano le scuole elementari, medie e superiori della città di Lecce.

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Di Fabrizio (del 07/02/2011 @ 09:01:38, in Europa, visitato 2016 volte)

Da Nordic_Roma

The Local

La proposta del governo svedese di documentare gli abusi contro la popolazione rom del paese ha incontrato reazioni contrastanti tra gli attivisti rom.

31/01/2011 - "Abbiamo già abbastanza dei nostri problemi attuali" ha detto domenica Rosita Grönfors (in foto), del Forum Internazionale Donne Rom e Viaggianti (IRKF), all'agenzia TT.

Il rapporto, che documenterà la discriminazione nella storia, includerà le sterilizzazioni forzate e la mancanza dei diritti di voto, ha riportato domenica la Televisione Svedese (SVT).

Eric Ullenhag, ministro all'integrazione, ha detto alla SVT che saranno individuate le istituzioni sociali responsabili degli abusi. Tuttavia, l'indagine non obbligherà lo stato a risarcire i Rom coinvolti.

Maria Leissner, ex presidente della delegazione governativa sulle questioni rom, avrebbe preferito una commissione di verità,  ma ritiene che nel complesso il rapporto svolgerà lo stesso ruolo.

"Quello che ora è importante è ottenere le testimonianze dei Rom. Devono sentirsi liberi di parlare della loro realtà," ha detto domenica all'agenzia TT.

Tuttavia, ha detto Grönfors, elaborare vecchi abusi dalla storia non aiuta i Rom ora.

"Penso che dovrebbero ignorare cos'è successo, è storia. Voglio che invece il governo si prenda cura dei Rom che sono discriminati ora," ha aggiunto domenica.

TT/The Local/vt (news@thelocal.se)


Commento da Roma_Daily_News

Cari amici,

Conosco bene la questione e ho sentito a tal proposito i commenti di Rosita Grönfors (tra gli altri), ma può essere il caso che le preoccupazioni non emergano in modo chiaro per le differenze tra la lingua inglese e lo svedese. Perché se si leggono le stesse parole, ma in svedese, il significato sarà molto diverso.

Una parte degli obbiettivi della delegazione sulle questioni rom era di raccogliere informazioni sulla situazione dei Rom in Svezia e fare proposte per le aree problematiche. Una di queste proposte era di istituire una Commissione sulla Verità. La Commissione avrebbe raccolto informazioni su tutte le azioni negative compiute dallo stato svedese contro i Rom, così da iniziare un processo per rimediare alle atrocità riconosciute.

Il governo ha invitato diverse persone in quanto rappresentanti delle organizzazioni romanì, come attiviste per i diritti delle donne rom, come educatori e quanti lavorano per l'integrazione romanì, per condividere le loro opinioni e raccomandazioni sulla delegazione. I pareri sono stati raccolti e sintetizzati in un documento.

I commenti di Rosita Grönfors nell'articolo assomigliano a quelli fatti da molti Rom che hanno avuto le loro opinioni riassunte in quello che ha proposto la delegazione. Molti Rom erano d'accordo che sono necessarie ulteriori ricerche e conoscenze per affrontare il problema della società romanì in Svezia, ma nessuno vede in questo un processo temporaneo ed un modo per affrontare i problemi dei Rom. I Rom che hanno affermato che c'è bisogno di continuare le ricerche, non intendevano che da parte dello stato non ci fosse abbastanza conoscenza per affrontare i problemi attuali. Al contrario, e penso che tutti i Rom di Svezia saranno d'accordo con me, c'è conoscenza a sufficienza per sviluppare programmi in Svezia che portino all'inclusione dei Rom, continuando nel frattempo la raccolta di dati sulla loro situazione.

Katri Linna, dell'ufficio del difensore civico contro le discriminazioni, ha ottenuto la posizione per guidare la raccolta dei dati in un rapporto chiamato "Libro Bianco" sugli abusi contro i Rom nel secolo passato. Secondo il ministro Erik Ullenhag, questo posto le è stato dato perché ha meritato la fiducia dei Rom. Questo non lo nego, ma non sono certo sulle basi di questa conclusione. Le mie dichiarazioni, come quelle di Rosita e di molti altri in Svezia, sono che le nostre opinioni non sono pienamente rappresentate nelle decisioni prese. Penso che su questo bisogna prima indagare, ma ci si domanda anche su a chi giovi. Una valutazione esterna avrebbe più senso.

Cordiali saluti,

Gregor Dufunia Kwiek

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Di Fabrizio (del 08/02/2011 @ 09:12:50, in media, visitato 1708 volte)

Di quanto è successo a Roma domenica sera, si è scritto parecchio. Tra poco la cosa sarà dimenticata, fino al prossimo incendio. Riprendo questo articolo di Repubblica, perché per una volta, raccoglie pezzi di discorso degli scampati, senza la morbosità che spesso hanno i giornali. La segnalazione è di Luisa Rizzo


"Voglio morire anch'io insieme ai miei bimbi" lo strazio del padre davanti ai corpi carbonizzati
La madre: "Non mi muovo di qua. Li devo vegliare anche se non serve a niente". Uno zio: "Volevo portarli via perché in queste baracche si vive come animali" di ANNA MARIA LIGUORI e EMILIO ORLANDO

Mircea Erdei, padre dei piccoli morti nel rogo

"Voglio morire anch'io, adesso che ho perso tre figli voglio andare con loro". Mircea Erdei ripete in uno stentato italiano di "non potercela fare" di volerla "fare finita".

Mircea Erdei è padre di tre dei quattro piccoli (l'altra è invece figlia di primo letto della moglie) bruciati nella baracca andata a fuoco. Poco distante c'è la moglie, Elena, che si lamenta e si contorce come se una mano invisibile la stesse torturando: "Io non mi muovo di qua, dice anche se non serve a niente devo vegliare i loro corpi, devo stare vicino a loro". Mircea e Elena hanno altri cinque figli, poco più grandi e poco più piccoli di quelli che non ci sono più. Vagano sparsi per il campo, gli agenti della municipale cercano di raccoglierli, di farli stare insieme, ma loro non ne vogliono sapere. Fernando Eldeban aveva 3 anni, Sebastian 7, Raul 5 e l'unica bambina Elena Patrizia 11, figlia del primo marito di Elena. I poliziotti parlano con la sorella maggiore Bianca, 18 anni, una delle prime a dare l'allarme, piange senza sosta: "Mi sono allontanata solo cinque minuti, ero andata a prendere l'acqua. Quando sono tornata la baracca era in fiamme. Cosa potevo fare?".

Nel piccolo campo abusivo sembrano spariti tutti, molti sono scappati, chi è rimasto è legato a doppio filo ai genitori dei bimbi. Come uno zio arrivato dal Campo regolare Arco di Travertino, che è sempre nel IX municipio, che non si da pace per quello che è successo: "Volevo portarli via da qui, volevo portarli dove vivo io, perché la vita lì è umana. Non come in queste baracche dove si vive come animali. Ma non ce l'ho fatta non ce l'ho fatta". E poi viene fuori la rabbia: "Siamo tutti disperati, qui la gente ci tratta male, non ci vuole. Noi non vogliamo stare qui, ma dove andiamo".

Mircea Mirgia esce ogni mattina per andare a lavorare a nero fa il muratore. Il suo vicino di baracca lo conosce da sempre, sono arrivati insieme in Italia un anno fa: "Fa tutto per sfamare i figli, lavora come un pazzo. Tutto quello che può fare lo fa. I bambini li avevo visti pochi minuti prima che il materasso prendesse fuoco, si erano messi a dormire da poco. Come è potuto succedere?".

Tutti i bambini morti nel rogo andavano a scuola. Ma spesso erano soli, come ieri sera, la madre e un'amica erano andate a comprare l'acqua e qualcosa da mangiare in un fast food poco lontano. Al campo non si cucina, è abusivo: niente acqua, ovviamente niente bagni. Stefan, un amico di famiglia, scalcia le pietre e urla a chiunque voglia sentirlo: "Venivano solo a controllarci e a chiederci i documenti, ci hanno fatto solo promesse ma nessun aiuto. Niente aiuto. Siamo isolati e abbandonati a noi stessi. E noi non ce la facciamo. I nostri figli muoiono e noi non possiamo farci niente". Rado, appena arrivato dalla Romania gli fa eco: "Sono qui da pochi giorni e già ho capito questo campo non è sicuro, per niente sicuro...". Intanto Mircea e Elena non si muovono, sono fermi davanti alla baracca bruciata. Il sindaco Alemanno è lì e loro gli chiedono aiuto "per gli altri nostri figli" dicono, "e i funerali dei bambini li facciamo in Romania".

(07 febbraio 2011)

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Di Fabrizio (del 09/02/2011 @ 09:43:42, in Europa, visitato 1633 volte)

Incendio – la solidarietà in marcia a Ivry
par voxrromorum le 7 février 2011

Dopo l'incendio che domenica mattina ha fatto una vittima a Ivry, la solidarietà degli abitanti del comune è all'opera. Le centinaia di persone che avevano perso tutto, stasera sono stati alloggiati in una palestra della città. Tutti gli interessati, assieme a "La voix des Rroms" sperano fortemente in una seria indagine della polizia sulle cause di questo incendio, la cui natura criminale non va esclusa.

Gli abitanti di Avenue de Verdun, le cui case sono state distrutte da un incendio domenica mattina, incendio che ha fatto una vittima, sono restati tutta domenica all'aperto. Arrivati sul posto alle 14, un rappresentante di La voix des Rroms ha incontrato le famiglie sinistrate, alcuni vicini accorsi spontaneamente a sostenerli, assieme ad associazioni e rappresentanti del comune. La Croce Rossa aveva installato una tenda dove offriva bevande calde. Il vice sindaco di Ivry ha chiesto al prefetto della Val de Marne di requisire un ospedale abbandonato per ospitare gli sfollati. Senza rispondere a questa domanda precisa, la prefettura ha proposto, tramite il SAMU sociale, una sistemazione in albergo per le sole famiglie con bambini. Data l'imprecisione sulla posizione degli hotel, l'inidoneità per le famiglie e la dubbia possibilità per le famiglie di rimanere in città, queste ultime non hanno accettato la proposta. Come conseguenza, il SAMU sociale e la Croce Rossa si sono ritirate.

La mobilitazione del comune e dei suoi servizi ha permesso la sistemazione degli sfollati nella palestra Joliot Curie, una soluzione sicuramente provvisoria, ma che permetterà di proseguire le ricerche congiunte di soluzioni durature. La voix des Rroms vuole elogiare il livello di mobilitazione della città di Ivry, dei servizi e dei cittadini che restano mobilitati a fianco dei loro vicini. Spera anche che si faccia piena luce sulle cause di questo incendio che è costato la vita ad una persona.

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Di Fabrizio (del 10/02/2011 @ 09:07:11, in Europa, visitato 1454 volte)

Da Roma_Daily_News

Budapest, Vidigueira, 9 febbraio 2011: Ieri, lo European Roma Rights Centre (ERRC) ha inviato una lettera al comune di Vidigueira, esprimendo preoccupazione per la distruzione della fornitura di acqua nell'insediamento informale dei Rom, ed anche per le deplorevoli condizioni abitative dell'insediamento. 67 Rom sono stati deprivati dell'acqua, inclusi bambini, anziani e donne incinte.

Durante una visita lo scorso 4 febbraio, ERRC ha intervistato diversi residenti dell'insediamento, dove vivono 16 famiglie rom senza elettricità, fognature, raccolta dei rifiuti o servizi igienici. I residenti hanno spiegato che i rappresentanti del comune di Vidigueira e la polizia hanno distrutto 12 rubinetti che costituivano l'unica fonte di acqua nell'insediamento sino al giorno prima.

Nella sua lettera, ERRC ricorda che la deprivazione dell'acqua minaccia la sopravvivenza umana e che le azioni delle autorità di Vidigueira appaiono violare la legge internazionale, incluso il diritto ad un alloggio adeguato e a fonti di acqua fresca. ERRC ha chiesto alle autorità locali di agire prontamente per ripristinare la fornitura d'acqua e garantire un alloggio adeguato alla comunità rom.

Il testo completo della lettera di ERRC è disponibile in inglese e portoghese.

Il Comitato Europeo per i Diritti Sociali sta attualmente considerando una denuncia collettiva contro il Portogallo compilata da ERRC riguardante discriminazione, alloggio e protezione sociale dei Rom.

Per ulteriori informazioni, contattare:
Sinan Gokcen
Media and Communications Officer
sinan.gokcen@errc.org
+36.30.500.1324


09-02-2011
© ERRC 2011. All rights reserved

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Di Fabrizio (del 10/02/2011 @ 09:41:17, in Italia, visitato 1672 volte)

Segnalazione di Alessandra Meloni

La Stampa

Padre e madre denunciati per abbandono di minore. Gli amici: la colpa è di chi ci fa vivere così. Di MARIA CORBI

ROMA: Raul, Fernando, Patrizia, Sebastian, una manciata di anni in quattro, le speranze avvolte dalle fiamme. La loro mamma, Liliana, è piegata dal dolore, sembra voler scomparire in quella stanza fredda di obitorio. Guarda il sindaco Gianni Alemanno e il presidente Napolitano con occhi fissi, non le interessa di questa sfilata di autorità, ringrazia educatamente, ma è lontana. «Non avevo che loro», dice parlando a se stessa. «Non è stata colpa mia». Si batte il petto Liliana, come se volesse punirsi per non essere riuscita a proteggere i suoi bambini. Ha 43 anni, ma molti di più disegnati sul volto, provato dalla disperazione e da una vita piena di fatica. Quei ragazzi da crescere, i pochi soldi guadagnati dal marito Mirko facendo il manovale in giro per cantieri, i lavoretti saltuari, i tanti «no» ricevuti per pregiudizio.

«I genitori dei quattro bambini rom morti nel rogo del campo nomadi a Roma ci hanno raccontato tutte le loro difficoltà», ha detto Alemanno. «Prima di andare in quella baracca avevano trovato una casa a Colleferro ma siccome erano in troppi il proprietario ha chiesto loro di allontanarsi. Da quel momento hanno costruito la loro baracca e si sono trasferiti, nell’accampamento abusivo lungo l’Appia Nuova».

E la vita ai margini in quel campo abusivo la racconta chi ieri ha dovuto prendere le sue cose e andarsene. «Non ci vogliono da nessuna parte. Il nostro non era un campo, ma quattro baracche messe insieme. A La Barbuta, qui vicino, invece sono in tanti». E qualche chilometro più in là ecco questo accampamento a cui la città di Ciampino ha dichiarato guerra. Un passo dal Raccordo anulare, gli aerei gli passano sopra prima di atterraggio e decollo. Alemanno lo vorrebbe raddoppiare. «E’ insalubre e situato sopra un’area protetta da vincoli e sopra una falda acquifera, e, soprattutto, amministrativamente abusivo», gli fanno notare da tempo chi si oppone al progetto. «La realtà è che vorrebbero bruciarci tutti», dice Mariana, romena di Iasi, da dieci anni in Italia, da uno a La Barbuta. «Quei poveri bambini, se avessero avuto una casa sarebbero ancora in vita. Dicono che sono i rom a non volere vivere nelle case, ma è una bugia. Se andate in Romania non esistono campi come questi, i rom vivono in quartieri decenti».

E da Ciampino avvertono Alemanno di non giocare allo scarica barile sulle colpe del fallimento del piano nomadi: «E’ incredibile come, ad un anno e mezzo dall’annuncio dell’avvio del Piano Nomadi che avrebbe dovuto chiudere 100 campi abusivi e creare 13 villaggi di solidarietà entro pochi mesi, il sindaco di Roma neghi il fallimento del piano stesso dando colpa di ciò alla burocrazia», si legge in una nota del Comune.

Evidentemente Alemanno ha uno strano concetto delle istituzioni visto che il Comune di Ciampino ha l’unica colpa di aver chiesto l’accesso agli atti amministrativi, sia del piano sia degli interventi annunciati per il raddoppio del più abusivo di tutti i campi rom, ovvero quello de La Barbuta posto all’ingresso della nostra città».

E non sono tutti rom quelli che vivono in queste baraccopoli romane. Non lo erano i fratellini morti e i loro genitori come spiega il consigliere comunale di «Roma in Action» Andrea Alzetta. «Conoscevo personalmente Mircea e la sua famiglia. Non è un rom, ma un cittadino romeno, appartenente alla comunità europea e come tale ha diritto ad essere accolto. Invece come tanti, è venuto in Italia per avere un presente migliore e si è trovato senza una casa e con un lavoro nero».

E Mircea ha provato in tutti i modi di dare una vita migliore ai suoi figli. «Io lavoro, ma mi trattano come uno zingaro», ha detto desolato quando ormai nulla ha più importanza. «Non è vero che ci avevano offerto un residence». «Ha provato in tutti i modi a rivendicare i propri diritti di cittadino onesto», racconta Alzetta. «Lavorava in nero nei cantieri. Nel 2006, assieme ad Action, con altri lavoratori romeni ha occupato un cantiere per chiedere di essere pagato e regolarizzato. Abbiamo fatto intervenire l’ispettorato, ma il cantiere è stato chiuso e Mircea e gli altri hanno ricercato lavoro come potevano. Come funziona in Italia. vInvece di essere premiati per avere denunciato un abuso sono stati penalizzati. Mircea era senza casa e dopo essere stato sgomberato dagli accampamenti alla Caffarella lui e la sua famiglia sono stati accolti per un periodo nell’ex occupazione abitativa di Regina Elena. Lì hanno vissuto prima di ritornare in Romania».

Intanto la procura apre un fascicolo per abbandono di minori. E’ contro ignoti, ma ovviamente è possibile che in quella denuncia appaia il nome di Mirko e Liliana. «Non è giusto», dicono gli amici. «Non è colpa loro, ma di chi ci fa vivere così. Adesso li aiuteranno, ma dovevano aiutarli prima».

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