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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 15/11/2007 @ 10:23:21, in blog, visitato 2933 volte)

Appello su Nazione Indiana, da far circolare

Violenza, propaganda e deportazione. Un manifesto di scrittori, artisti e intellettuali contro la violenza su rom, rumeni e donne

La storia recente di questo paese è un susseguirsi di campagne d’allarme, sempre più ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane suonano a martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a fior di pelle risponde a ogni stimolo creando “emergenze” e additando capri espiatori.
Una donna è stata violentata e uccisa a Roma. L’omicida è sicuramente un uomo, forse un rumeno. Rumena è la donna che, sdraiandosi in strada per fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella vita. L’odioso crimine scuote l’Italia, il gesto di altruismo viene rimosso.
Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena è stata violentata e ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignità? No: della seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si deve sapere che è italiana, e che l’assassino non è un uomo, ma un rumeno o un rom.
Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati attaccano con spranghe e coltelli alcuni rumeni all’uscita di un supermercato, ferendone quattro. Nessun cronista accanto al letto di quei feriti, che rimangono senza nome, senza storia, senza umanità. Delle loro condizioni, nulla è più dato sapere.
Su queste vicende si scatena un’allucinata criminalizzazione di massa. Colpevole uno, colpevoli tutti. Le forze dell’ordine sgomberano la baraccopoli in cui viveva il presunto assassino. Duecento persone, tra cui donne e bambini, sono gettate in mezzo a una strada.
E poi? Odio e sospetto alimentano generalizzazioni: tutti i rumeni sono rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i ladri e gli assassini devono essere espulsi dall’Italia. Politici vecchi e nuovi, di destra e di sinistra gareggiano a chi urla più forte, denunciando l’emergenza. Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalità (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli più bassi dell’ultimo ventennio, mentre sono in forte crescita i reati commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto Eures-Ansa 2005, L’omicidio volontario in Italia e l’indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci la vittima è una donna; più di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il responsabile di aggressione fisica o stupro è sette volte su dieci il marito o il compagno: la famiglia uccide più della mafia, le strade sono spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto.
Nell’estate 2006 quando Hina, ventenne pakistana, venne sgozzata dal padre e dai parenti, politici e media si impegnarono in un parallelo fra culture. Affermavano che quella occidentale, e italiana in particolare, era felicemente evoluta per quanto riguarda i diritti delle donne. Falso: la violenza contro le donne non è un retaggio bestiale di culture altre, ma cresce e fiorisce nella nostra, ogni giorno, nella costruzione e nella moltiplicazione di un modello femminile che privilegia l’aspetto fisico e la disponibilità sessuale spacciandoli come conquista. Di contro, come testimonia il recentissimo rapporto del World Economic Forum sul Gender Gap, per quanto riguarda la parità femminile nel lavoro, nella salute, nelle aspettative di vita, nell’influenza politica, l’Italia è 84esima. Ultima dell’Unione Europea. La Romania è al 47esimo posto.
Se questi sono i fatti, cosa sta succedendo?
Succede che è più facile agitare uno spauracchio collettivo (oggi i rumeni, ieri i musulmani, prima ancora gli albanesi) piuttosto che impegnarsi nelle vere cause del panico e dell’insicurezza sociali causati dai processi di globalizzazione.
Succede che è più facile, e paga prima e meglio sul piano del consenso viscerale, gridare al lupo e chiedere espulsioni, piuttosto che attuare le direttive europee (come la 43/2000) sul diritto all’assistenza sanitaria, al lavoro e all’alloggio dei migranti; che è più facile mandare le ruspe a privare esseri umani delle proprie misere case, piuttosto che andare nei luoghi di lavoro a combattere il lavoro nero.
Succede che sotto il tappeto dell’equazione rumeni-delinquenza si nasconde la polvere dello sfruttamento feroce del popolo rumeno.
Sfruttamento nei cantieri, dove ogni giorno un operaio rumeno è vittima di un omicidio bianco.
Sfruttamento sulle strade, dove trentamila donne rumene costrette a prostituirsi, metà delle quali minorenni, sono cedute dalla malavita organizzata a italianissimi clienti (ogni anno nove milioni di uomini italiani comprano un coito da schiave straniere, forma di violenza sessuale che è sotto gli occhi di tutti ma pochi vogliono vedere).
Sfruttamento in Romania, dove imprenditori italiani - dopo aver “delocalizzato” e creato disoccupazione in Italia - pagano salari da fame ai lavoratori.
Succede che troppi ministri, sindaci e giullari divenuti capipopolo giocano agli apprendisti stregoni per avere quarti d’ora di popolarità. Non si chiedono cosa avverrà domani, quando gli odii rimasti sul terreno continueranno a fermentare, avvelenando le radici della nostra convivenza e solleticando quel microfascismo che è dentro di noi e ci fa desiderare il potere e ammirare i potenti. Un microfascismo che si esprime con parole e gesti rancorosi, mentre già echeggiano, nemmeno tanto distanti, il calpestio di scarponi militari e la voce delle armi da fuoco.
Succede che si sta sperimentando la costruzione del nemico assoluto, come con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, come con gli armeni in Turchia nel 1915, come con serbi, croati e bosniaci, reciprocamente, nell’ex-Jugoslavia negli anni Novanta, in nome di una politica che promette sicurezza in cambio della rinuncia ai principi di libertà, dignità e civiltà; che rende indistinguibili responsabilità individuali e collettive, effetti e cause, mali e rimedi; che invoca al governo uomini forti e chiede ai cittadini di farsi sudditi obbedienti.
Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte dell’intolleranza il triangolo nero degli asociali, il marchio d’infamia che i nazisti applicavano agli abiti dei rom.
E non sembra che l’ultima tappa, per ora, di una prolungata guerra contro i poveri.
Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti. Non ci appartengono il silenzio, la rinuncia al diritto di critica, la dismissione dell’intelligenza e della ragione.
Delitti individuali non giustificano castighi collettivi.
Essere rumeni o rom non è una forma di “concorso morale”.
Non esistono razze, men che meno razze colpevoli o innocenti.
Nessun popolo è illegale.

Per aderire on line qui.

Adesioni aggiornate alle 02.00 di giovedì 15 novembre 2007

Proposto da: Alessandro Bertante, Gianni Biondillo, Girolamo De Michele, Valerio Evangelisti, Giuseppe Genna, Helena Janeczek, Loredana Lipperini, Monica Mazzitelli, Marco Philopat, Marco Rovelli, Stefania Scateni, Antonio Scurati, Beppe Sebaste, Lello Voce, Wu Ming.

Primi firmatari: Fulvio Abbate - Maria Pia Ammirati - Manuela Arata - Bruno Arpaia - Articolo 21 - Rossano Astremo - Andrea Bajani - Nanni Balestrini - Guido Barbujani - Ivano Bariani - Giuliana Benvenuti - Silvio Bernelli - Stefania Bertola - Bernardo Bertolucci - Sergio Bianchi - Ginevra Bompiani - Carlo Bordini - Laura Bosio - Botto&Bruno - Silvia Bre - Enrico Brizzi - Luca Briasco - Elisabetta Bucciarelli - Franco Buffoni - Errico Buonanno - Lanfranco Caminiti - Rossana Campo - Maria Teresa Carbone - Massimo Carlotto- Lia Celi - Maria Corbi - Stefano Corradino - Mauro Covacich - Erri De Luca - Derive Approdi - Donatella Diamanti - Jacopo De Michelis - Filippo Del Corno - Mario Desiati - Igino Domanin - Tecla Dozio - Nino D’Attis - Francesco Forlani - Enzo Fileno Carabba - Ferdinando Faraò - Marcello Flores - Marcello Fois- - Barbara Garlaschelli - Enrico Ghezzi - Tommaso Giartosio - Lisa Ginzburg - Roberto Grassilli - Andrea Inglese - Franz Krauspenhaar - Kai Zen - Nicola Lagioia - Gad Lerner - Giancarlo Liviano - Claudio Lolli - Carlo Lucarelli - Marco Mancassola - Gianfranco Manfredi - Luca Masali - Sandro Mezzadra - Giulio Milani - Raul Montanari - Giuseppe Montesano - Elena Mora - Gianluca Morozzi - Giulio Mozzi - Moni Ovadia - Enrico Palandri - Chiara Palazzolo - Melissa Panarello - Valeria Parrella - Anna Pavignano - Lorenzo Pavolini - Giuseppe Pederiali - Sergio Pent - Santo Piazzese - Tommaso Pincio - Gabriella Piroli - Guglielmo Pispisa - Leonardo Pelo - Gabriele Polo - Andrea Porporati - Alberto Prunetti - Laura Pugno - Serge Quadruppani - Christian Raimo - Veronica Raimo - Franca Rame - Enrico Remmert - Marco Revelli - Ugo Riccarelli - Anna Ruchat - Roberto Saviano - Sbancor - Clara Sereni - Gian Paolo Serino - Nicoletta Sipos - Piero Sorrentino - Antonio Sparzani - Carola Susani - Stefano Tassinari - Annamaria Testa - Laura Toscano - Emanuele Trevi - Filippo Tuena - Raf Valvola Scelsi - Francesco Trento - Nicoletta Vallorani - Paolo Vari - Giorgio Vasta - Grazia Verasani - Sandro Veronesi - Marco Vichi - Roberto Vignoli - Simona Vinci - Yo Yo Mundi

Aderiscono: Silvia Acquistapace - Armando Adolgiso - Enzo Aggazio - Valerio Aiolli - Fiora Aiazzi - Loredana Aiello - Cristina Ali Farah - Max Amato - Cris Amico - Cinzia Ardigò -Roberto Armani -Paolo Arosio - Monia Azzalini - Eva Banchelli - Barbara Barni - Adriano Barone -Daniela Basilico- Simona Baldanzi - Barbara Balzarotti - Remo Bassini - Elisabeth Baumgartner - Sandro Bellassai - Gigi Bellavita - Francesca Bonelli - Violetta Bellocchio - Paola Bensi - Alessandro Beretta - Alberto Bertini - Donatella Bertoncini - Marco Bettini - Paolo Bianchi - Nicoletta Billi - Valter Binaghi - Enrico Blasi -Augusto Bonato - Emanuele Bonati - Valentina Bosetti - Nadia Bovino - Giovanni Bozzo - Anna Bressanin - Annarita Briganti - Luciano Brogi - Gianluca Bucci - Manuela Buccino - Giusi Buondonno - Leonardo Butelli - Domenico Cacapardo - Daniele Caluri - Nives Camisa - Maurizia Cappello - Paolo Capuzzo - Luigi Capecchi -Alessandro Capra - Carlo Carabba - Enrico Caria - Valentina Carnelutti - Eleonora Carpanelli - Guido Castaman - Silvia Castoldi - Ettore Calvello- Francesco Campanoni - Ernesto Castiglioni - Fabrizio Centofanti - Paola Chiavon - Marcello Cimino - Paolo Cingolani - Anselmo Cioffi - Beatrice Cioni - Francesca Corona - Stefano Corradino - Marina Crescenti - Vittorio Cartoni - Marcello D’Alessandra - Cristina D’Annunzio - Gabriele Dadati - Manuela Dall’Acqua - Paola D’Apollonio - Antonella De Luca - Patrizia Debicke van der Noot - Lello Dell’Ariccia - Paolo Delpino - Valentina Demelas- Chiara Desiderio - Prisca Destro- Francesco Di Bartolo - Chiara Dionisi - Martina Donati - Bruna Durante - Arturo Fabra- Marina Fabbri - Franco Fallabrino - Graziella Farina - Giulia Fazzi - Giorgia Fazzini - Raffaele Ferrara - David Fiesoli - Claudia Finetti - Maurizio Forte -Lissa Franco - Gabriella Fuschini - Daniela Gamba - Pupa Garriba - Walter Giordani - Viorica Guerri - Maria Nene Garotta - Luisa Gasbarri - Massimiliano Gaspari - Catia Gasparri - Valentina Gebbia - Lucyna Gebert- Silvana Giannotta -Angelica Grizi -Emiliano Gucci -Lello Gurrado - Francesca Koch - Rossella Kohler - Fabio Introzzi - Maria Rosaria La Morgia - Daniela Lampasona - Federica Landi - Loredana Lauri -Albertina La Rocca - Filippo Lazzarin - Sabina Leoni - Elda Levi - Mattea Lissia - Mariagrazia Lonza - Francesco Lo Piccolo - Giorgio Lulli - Monica Lumachi - Gordiano Lupi - Iseult Mac Call - Luca Maciocca- Giovanna Maiola - Alessandro Maiucchi- Ilaria Malagutti - Manuela Malchiodi - Felicetta Maltese - Emanuele Manco - Federica Manzon - Roger Marchi - Mauro Marcialis - Adele Marini - Gianluca Mascetti - Laura Mascia -Giusy Marzano- Anna Mascia - Mara Mattoscio - Stefano Mauri - Lorenzo Mazzoni - Ugo Mazzotta - Michele Mellara - Michele Meomartino- Camilla Miglio - Paola Miglio - Laura Mincer - Olek Mincer - Mauro Minervino - Roberto Mistretta- Giorgio Morale - Isabella Moroni - Elio Muscarella - Ettore Muscogiuri - Nino Muzzi - Rosario Nasti - No Reply - Giovanni Nuscis - Fabio Pagani - Dida Paggi - Valentina Paggi - Iulia Claudia Panescu - Rafael Pareja - Enrico Pau- Simonetta Pavan - Monica Pavani - Alessandra Pelegatta - Graziella Perin - Bruna Perraro - Seba Pezzani - Alessandro Piva- Serena Polizzi - Massimo Polizzi - Francesca Pollastro - Alessia Polli - Sabrina Poluzzi - Nicola Ponzio - Anna Porcu - Kiki Primatesta - Salvatore Proietti - Maddalena Pugno - Andrea Rapini - Vincent Raynaud -Paolo Reda - Luigi Reitani - Jan Reister- Sergio Rilletti - Mirella Renoldi - Patrizia Riva - Monica Romanò - Alessandro Rossi - Grazia Rossi - Luisa Rossi - Marta Salaroli - Carlo Salvioni - Ida Salvo - Bianca Sangiorgio - Veronica Alessandra Scudella - Maria Serena Sapegno - Simone Sarasso - Dimitri Sardini - Monica Scagnelli - Angela Scarparo - Gabriella Schina - Elvezio Sciallis - Marinella Sciumè - Matteo Severgnini - Michèle Sgro - Carlo Arturo Sigon - Genziana Soffientini - Crio Spagnolo - Mario Spezi - Mila Spicola - Susi Sacchi - Mariagrazia Servidati - Mattia Signorini - Luigia Sorrentino - Stalker/Osservatorio nomade - Claudia Stra’ - Luigi Taccone - Giorgio Tinelli - Veronica Todaro - Eugenio Tornaghi - Umberto Torricelli - Sara Tremolada - Renato Trinca - Nadia Trinei - Roberto Tumminelli -Tonino Urgesi - Sasa Vulicevic - Angela Valente - Roberto Valentini - Maria Luisa Venuta - Selene Verri - Diego Zandel - Salvo Zappulla

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Di Fabrizio (del 15/11/2007 @ 09:17:37, in blog, visitato 2396 volte)

Ciao, un recente post di Beppe Grillo rimandava a questo articolo indecente del sito sui bambini scomparsi in Italia dove si fanno veramente delle accuse pesantissimi alle comunità Rom e alla loro cultura.

I commenti sono atroci per livello di razzismo e ignoranza ma la cosa più grave credo sia l’intenzionalità di collegare gli “zingari” con la sparizione dei bambini, citando esempi tipo questo che ti riporto dal post di Grillo, con tanto di proposta di petizione per fare un test del dna a tutti i bimbi Rom per stabilire chi sono i loro genitori.


Penso che stiamo quasi superando i nazisti.. la chiudo qui. Un abbraccio. Isabella.

Questo il collegamento all’articolo citato..
http://www.troviamoibambini.it/index.php/zingari-bambini-scomparsi/

"Dov'è la verità zingara?

Da quando mi ricordo giro con la tenda per il mondo
cerco amore e affetto
giustizia e fortuna.
Sono invecchiato sulla strada
non ho trovato un vero amore
non ho sentito la parola giusta.
La verità zingara dov'è?"
(Rasim Sejdic poeta Rom, 1978)

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Di Fabrizio (del 14/11/2007 @ 21:26:48, in blog, visitato 1819 volte)

Da Nazione Indiana - di Gianni Biondillo

Gli slittamenti linguistici, i lapsus, sono sempre molto più indicativi di quello che sembrano. Da un paio di mesi a questa parte su tutti i quotidiani non esistono più i rumeni (con la “u”, come correttamente dovrebbe essere) ma i romeni (con la “o”). All’improvviso dotti laureati in lettere, i nostri amati giornalisti - sempre così proni di fronte al potere costituito o agli umori della piazza - hanno dimenticato il vocabolario preferendo, “creativamente”, una vocale ad un’altra. Di modo che, neppure troppo sottotraccia, si dia la percezione che i rumeni siano, anche linguisticamente, tutti rom-eni. Rom. Zingari. Mostri, insomma.
Perché abbiamo bisogno di mostri. Abbiamo bisogno di nemici da odiare, abbiamo bisogno che si sposti fuori dalle mura di casa nostra - dove si perpetra il più alto numero di omicidi e delitti sulla persona – il sospetto della nostra intima malvagità, trasferendola, liberatoriamente, ad un intero popolo.
I giornali ci hanno raccontato che un’italiana è stata uccisa da un rOmeno. Io ho visto una povera donna uccisa da un uomo. Come molta parte delle donne, che, statisticamente, muoiono molto più per omicidio, in Italia, che per malattia. Ma non è di ginocidio (non è un lapsus) che i giornali oggi vogliono parlare. Che “le nostre donne” (così scrivono sui muri i gruppi neofascisti: “le nostre donne”. Nostre di chi? Sono di loro proprietà?) se devono essere massacrate che almeno lo siano per mano italica!
Che poi sia stata proprio una rumena di etnia rom a denunciare il criminale, non fa testo. Cosa ce ne facciamo di una “rumena buona”? Non fa abbastanza audience, ammettiamolo! Poi ci tocca fare il conto della serva: per un “criminale rumeno” una “rumena buona”. No, no, non va bene!
È che oggi va di moda il tiro al rumeno. Come cinque anni fa al musulmano, come dieci anni fa all’albanese. Come quarant’anni fa al terrone.
Ho paura, ve lo voglio dire.
Ho paura degli italiani. Ho paura dei squadristi che spezzano le ossa di padri di famiglia rumeni con le spranghe, per ritorsione. Ho paura di un governo che sbanda, che segue l’onda emotiva della piazza per ragioni di gretta sopravvivenza elettorale, che di primo acchito demolisce le baracche, disperde i poveracci (per ritorsione?), decide di espellere tutti, indiscriminatamente, basta che siano rOmeni.
Perché ci hanno invaso.
Dimenticando che la prima invasione l’hanno subita loro, da parte degli imprenditori del neoliberismo italiano, che delocalizzavano i loro prodotti (creando disoccupazione in Italia) in Romania - e già che c’erano si scopavano le minorenni rumene – pagando con stipendi da fame gli operai del posto, mentre loro giravano per quel paese, arroganti, con SUV che sembravano astronavi, infine incrementando il mercato della prostituzione in Italia, per scoparsi le ragazzine direttamente qui, comodi comodi.
Uno stato di diritto punisce un criminale, non un popolo o una etnia. Di volta in volta cambia il colore della pelle o la religione, ma la ragione profonda è un’altra. Diciamolo, ammettiamolo: non è perché sono rumeni. E neppure perché sono rom. A noi fanno paura perché sono poveri! La Moratti l’ha detto a chiare lettere: “fuori i poveri dall’Italia”, andando contro alla stessa direttiva del Parlamento Europeo sulla sicurezza. A noi questi sgraziati morti di fame fanno un po’ schifo, non ci sembra neppure giusto che abbiano il privilegio di possedere dei diritti civili. Non sono cittadini veri, sono subumani.
Qualcuno dice che non vogliamo guardarli in faccia perché ci ricordano troppo i nostri nonni. Ma noi, poveri, non lo siamo più! Quindi è giusto così: fuori tutti. Un rumeno ha ucciso barbaramente una italiana? Una “nostra donna”? Fuori dalle palle tutti i rumeni! E già che ci siamo: a Perugia è morta una studentessa uccisa, probabilmente da una statunitense? Fuori tutti gli americani dall’Italia. Via, via, fuori dalle palle. Un marocchino stupra? Fuori tutti i marocchini. E via così. Sai quanto spazio libero ci sarebbe!
A proposito: per la giusta regola della reciprocità, però, al primo delitto commesso da un italiano in Germania o negli Stati Uniti, è giusto che le decine di milioni di italiani e figli di italiani nel mondo vengano tutti trasferiti, in massa a casa nostra. Mi pare il minimo. Sai che ridere poi.

[pubblicato su Epolis Milano, oggi, in versione più breve]

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Di Fabrizio (del 14/11/2007 @ 09:14:09, in casa, visitato 1826 volte)

09 Nov 2007 09:48:22 GMT - Source: UNHCR Reuters

PRISTINA, Kosovo, 8 Novembre (UNHCR) - Gli operai stanno livellando un container collettivo per rifugiati interni vicino alla capitale Pristina, dopo che l'ultima famiglia si è spostata verso una nuova casa nel loro villaggio d'origine.

Il centro collettivo temporaneo di Plemetina era stato aperto nel 1999per fornire una sistemazione d'emergenza a circa 1.300 persone disperse appartenenti alle minoranze del Kosovo. Ha chiuso settimana scorsa quando un felice Demir Gashi e la sua famiglia Rom di cinque persone sono usciti con le loro proprietà.

L'UNHCR li ha trasportati a qualche centinaio di metri nei loro nuovi appartamenti a Plemetina, costruiti dal Ministero dello Sviluppo e Pianificazione Spaziale. Demir ha detto di essere contento nel lasciare le dure condizioni di vita del centro collettivo per trasferirsi in una casa in città.

Il governo è stato capace di chiudere il centro collettivo dopo aver assisti i rifugiati interni nel ritorno alle loro case e aver trovato posti dove costruire edilizia sociale con l'aiuto dell'agenzia ONU per i rifugiati. Giuseppe Lococo, capo dell'ufficio UNHCR di Pristina, ha ringraziato tutti quanti, compresi i donatori, sono stati coinvolti nel trovare soluzioni durature.

Le autorità kosovare -assistite anche dall'UNHCR - hanno lavorato per trovare soluzioni abitative ai rimanenti residenti del Campo di Plemetina. Due progetti di edilizia sociale sono stati completati a Plemetina ed uno a Magura, mentre il governo ha costruito nove case a Plemetina su terreno pagato dagli stessi rifugiati.

L'UNHCR ha aiutato i residenti del centro collettivo di Plemetina fornendo assistenza legale, portando avanti casi di valutazione individuali ed aiutando la distribuzione di cibo ed altri beni. Ha anche aiutato quanti hanno voluto lasciare il centro per andare in nuove case.

A seguito della politica delle autorità serbe nel 1999, oltre 900.000 Albanesi erano stati forzati a lasciare il Kosovo, per farvi ritorno pochi mesi dopo aseguito dell'intervento militare ONU. In quei giorni iniziò l'esodo di 200.000 Serbi, Rom, Ascali ed Egizi, che continuò per mesi.

Anche se 17.000 dispersi interni hanno fatto ritorno alle loro case, ce ne sono in Kosovo altri 21.000 che necessitano di soluzioni durevoli.

By Shpend Halili
In Pristina, Kosovo

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Di Fabrizio (del 13/11/2007 @ 09:23:10, in scuola, visitato 1555 volte)

Da Hungarian_Roma

Budapest, 7 novembre (MTI) - L'ombudsman per le minoranze ha detto mercoledì scorso che il governo deve fare di più per rafforzare le strutture che controllano la segregazione scolastica e per rafforzare la tolleranza zero.

Erno Kallai ha richiamato gli operatori degli uffici amministrativi e del ministero dell'educazione a rinforzare la cooperazione col proprio ufficio per sostenere gli sforzi per battere la segregazione che affligge particolarmente la comunità Rom d'Ungheria.

Durante una conferenza stampa con il politico socialista Andras Tatai-Toth, Kallai ha detto che lo stato deve giocare un ruolo maggiore nell'intervenire ad assicurare che gli studenti Rom non siano vittime della segregazione scolastica. Ha aggiunto che i governi locali siano ben equipaggiati per affrontare questo tipo di problemi.

Dovrebbe spuntare dalla elite politica ungherese che non ci sono programmi di lunga durata di evoluzione sociale - invece che guardare i quattro anni futuri dovrebbero progettare per i venti - i trenta seguenti, ha detto: "Dobbiamo rompere il ciclo vizioso che rafforza la segregazione scolastica di generazione in generazione," aggiungendo che gli studenti che sono passati per la discriminazione sono al momento del passaggio al mondo lavorale un peso sociale.

Tatai-Toth ha detto che il gruppo di lavoro sulla scuola del proprio partito intende offrire all'ombudsman tutto il supporto necessario perché raggiunga risultati effettivi. Il lavoro del governo è stato di assicurare il quadro legale e le risorse per ottenere risultati nel lungo termine.

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Di Fabrizio (del 13/11/2007 @ 00:57:47, in Europa, visitato 1712 volte)

Da Osservatorio sui Balcani

06.11.2007 scrive Mihaela Iordache

La Romania in mezzo

Romeni e italiani. I legami che da sempre avvicinano questi due popoli rischiano di essere messi in discussione da episodi di cronaca simili a quello di Tor di Quinto e dalle reazioni delle istituzioni italiane. Uno sguardo dalla Romania

“Questi barbari che ci staccano dall’Europa”, ma anche “Fermati gli attacchi contro i rumeni”, “Italiani ci cacciano –noi rispondiamo con Mircea Eliade e Emil Cioran”. Così titolano i giornali in Romania dopo che la tragedia di Tor di Quinto ha aperto il vaso di pandora delle polemiche sull’immigrazione da questo paese verso l’Italia.

Giovanna Reggiani, 47 anni, era stata brutalmente aggredita e uccisa da Romulus Nicolae Mailat, 24 anni, rom di cittadinanza rumena.

In Romania non si parla d’altro che dell’Italia. I legami che da sempre avvicinano questi due popoli, legami storici, culturali e linguistici rischiano di essere messi in discussione da episodi di cronaca simili a quello di Tor di Quinto. La reazione dei romeni alla vicenda è stata di sdegno e pronta condanna nei confronti del gesto compiuto dal connazionale.

A pochi giorni dall’omicidio di Giovanna Reggiani, venerdì scorso, quattro rumeni sono stati aggrediti selvaggiamente in un parcheggio della periferia di Roma. Bucarest si è vista costretta ad intervenire in difesa dei propri cittadini: il ministero degli Esteri rumeno ha chiesto a Roma di schierarsi apertamente contro la xenofobia. Oltre a condannare con fermezza l’aggressione ai danni dei cittadini romeni, dalla Romania è arrivato un appello alle istituzioni dello stato italiano perché prendano le misure necessarie affinché atti xenofobi di questo genere non si ripetano più, indagando "urgentemente", identificando e punendo i colpevoli dell’aggressione.

Dopo aver espresso la condanna per la tragedia di Giovanna Reggiani e aver mandato tre investigatori a Roma, il primo ministro Calin Popescu Tariceanu ha annunciato nuove misure perché “i delitti commessi da una sola persona non compromettono l’immagine della Romania e dei rumeni che lavorano onestamente in Italia”.

Sono quasi 600.000 i rumeni che vivono regolarmente in Italia, la comunità straniera più numerosa del paese. “Ora si sentono minacciati e temono ritorsioni solo perché hanno lo stesso passaporto dell’assassino di Tor di Quinto” lamenta l’Associazione dei Rumeni in Italia. Sono cittadini onesti che lavorano nelle case degli italiani, prendendosi cura degli anziani, nei cantieri, costruiscono palazzi o strade. Ora subiscono accuse generalizzate per i delitti commessi da alcuni dei loro connazionali. Le associazioni dei rumeni in Italia garantiscono inoltre la loro disponibilità a collaborare con le autorità italiane per individuare i cittadini che delinquono. Perché non è giusto,dicono,che si faccia di tutta l’erba un fascio.

Se è vero che esiste una fascia di emigranti che si sposta avendo già l’intenzione di commettere reati, molti sono spinti a farlo dalle difficili situazioni con cui si scontrano. In entrambi i casi, l’emigrazione parte spesso dai villaggi poveri o dalle periferie delle grandi città, dove la mancanza di lavoro preclude l’integrazione sociale.

E’ il caso di Nicolae Romulus Mailat, 25 anni, cittadino rumeno di etnia rom, accusato dell'aggressione a Giovanna Reggiani. Nel 1997, quando aveva 14 anni, le autorità rumene lo avevano destinato ad un centro di rieducazione per minorenni, in seguito alle accuse di aver commesso diversi reati. Nel 2006 un tribunale di Sibiu lo aveva condannato a tre anni di reclusione per furto, ma fu graziato nello stesso anno. Subito dopo, la partenza per l'Italia.

Nel quadro della lotta alla criminalità, da un anno è in corso un progetto – ITARO - di collaborazione tra la polizia italiana e quella romena. Alla luce di quello che sta accadendo in Italia, dove è in vigore il decreto sulle espulsioni dei cittadini comunitari, il governo di Bucarest ha deciso mandare in penisola altri 30 ufficiali della polizia romena. Bucarest chiede che le espulsioni siano motivate e vuole che i rappresentanti diplomatici rumeni in Italia siano informati con 24 ore di anticipo in merito ad eventuali provvedimenti di espulsione presi nei confronti dei propri cittadini. Inoltre Bucarest incoraggerà il rimpatrio volontario garantendo un posto di lavoro ai rumeni che rientrano in patria. Questi inoltre potranno ricevere assistenza giuridica da parte di studi legali specializzati in ambito di libera circolazione delle persone nell’Unione Europea.

Il premier Tariceanu, che in settimana dovrà incontrare a Roma il primo ministro Romano Prodi, si appella agli investitori italiani perché contribuiscano a distendere i rapporti italo-rumeni. L’Italia è infatti il principale partner commerciale della Romania e qui risiedono ormai da anni migliaia di cittadini italiani.

A Bucarest c’è una sorta di unità di crisi che riguarda i rumeni che vivono in Italia. Le dichiarazioni si susseguono di continuo. Il presidente rumeno Traian Basescu condanna "ogni violazione della legge commessa da un cittadino rumeno in Romania, così come all'estero. Ma anche ogni atto di violenza contro cittadini rumeni così come ogni discorso che inciti la gente a non rispettare i diritti civili dei romeni, senza riguardo a dove si trovino nell'Unione europea". Basescu critica inoltre il modo in cui l’Italia sta mettendo in pratica il decreto sulle espulsioni, chiedendo che il ministro per gli affari esteri consulti la Commissione Europea in merito. “Le espulsioni di cittadini europei, che vivono in altri paesi Ue, devono essere motivate su situazioni individuali e non di gruppo”, così il portavoce della Commissione Ue Johannes Laitenberger ha commentato il decreto sulla sicurezza presentato dal governo italiano. Il vicepresidente della Commissione Franco Frattini ha spiegato che "chi non ha mezzi di sussistenza adeguati per vivere nel nostro paese deve poter essere espulso" e le espulsioni devono essere effettive.

La Romania chiede invece che sia rispettato il termine di 30 giorni entro quale i rumeni espulsi possono fare ricorso.

D’altra parte, Basescu sostiene che la questione rom non riguarda la sola Romania ma dev’essere discussa a Bruxelles, perché c’è bisogno di un progetto europeo per l’inclusione di questa minoranza (quasi 2,5 milioni di persone si avvicina al 10% della popolazione rumena).

Agli occhi dei rumeni, i rom sono gli unici colpevoli di tutte le accuse e le polemiche divampate in questi giorni, e questa percezione genera un effetto boomerang che rischia di acuire l’intolleranza nei confronti della minoranza rom.

“I rumeni commettono i loro errori, gli zingari hanno le loro debolezze, ma dobbiamo trovare insieme una soluzione per uscire da questa difficile situazione” sostiene Madalin Voicu, noto opinionista rom. “Per portare un fiore o accendere una candela basta essere uomo”, dicono invece i cittadini rumeni, per lo più di religione ortodossa. Sono stati in molti a riunirsi nel centro di Bucarest per partecipare alla messa in memoria di Giovanna Reggiani, officiata mentre a Roma si svolgeva la cerimonia funebre. Altri hanno lasciato e continuano a lasciare messaggi di cordoglio e sdegno nella piazza dell’Università, simbolo della Rivoluzione dell’89 e quindi della libertà. Una tv privata vi ha installato un cartellone sul quale si stanno raccogliendo migliaia di messaggi sotto il titolo: “Tu fai la Romania. Una preghiera per Giovanna”. I rumeni sentono il bisogno di ribadire la loro condanna e il senso di vergogna nei confronti del connazionale.

Gli italiani sanno quanto sia difficile per un emigrante sopportare una reputazione negativa di cui sono responsabili solo alcuni dei connazionali, e dovrebbero essere coscienti dell’errore insito nelle generalizzazioni. E’ un grave errore pensare che esistano popoli buoni o cattivi.

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Di Fabrizio (del 12/11/2007 @ 09:03:32, in Europa, visitato 1507 volte)

By ČTK 7 Novembre 2007

Prague, Nov 6 (CTK) - Martedì scorso attivisti dell'associazione Dzeno hanno inviato un tubetto di crema solare ed un buono per un solarium al deputato Ministro per lo Sviluppo Regionale Jiri Cunek, leader  dei Cristiano Democratici KDU-CSL) [...]

Nella loro lettera, l'hanno ringraziato per "il lavoro modello del governo nel campo dell'integrazione dei Rom nella società" ha detto il presidente di Dzeno, Ivan Vesely.

A marzo, Cunek aveva provocato l'attenzione pubblica con le sue parole al tabloid Blesk su "le persone di pelle scura" alludendo al colore della pelle dei Rom, che "fanno disordini con la loro famiglia e appiccano fuochi in città."

Precedentemente, Cunek era stato criticato dalle organizzazioni rom e da altri attivisti per i diritti umani, per aver sgomberato degli affittuari Rom da una casa in cattive condizioni nel centro di Vsetin, quando era sindaco della città, nel nord della Moravia.

Cunek ha anche detto che la maggior parte dei Rom abusa dei benefici sociali.

Settimana scorsa, era apparso che alla fine degli anni '90 Cunek aveva rastrellato benefici sociali, depositando milioni di corone in banca.

Cunek ha detto che si dimetterà da ogni incarico governativo.

"Visto il cattivo tempo,  osiamo trasmettere un buono per la terapia solare, dato che siete conosciuto come un fan dei bagni di sole," dice la lettera.

Cunek dovrebbe accettare il "modesto regalo" come "segno di gratitudine e comprensione."

Alla fine della lettera, gli attivisti augurano a Cunek un "magnifico bagno solare per il resto dell'anno."

Cunek insiste nel proclamarsi innocente e nel dire che la sua condotta non è stata immorale.

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Di Fabrizio (del 11/11/2007 @ 09:27:13, in musica e parole, visitato 1996 volte)

08.11.2007 -http://www.polskieradio.pl/zagranica/gb/dokument.aspx?iid=68950

Un monumento alla poetessa Bronisława Wajs, conosciuta come "Papusza" (la Bambola) è stato inaugurato nel parco favorito della poetessa nella città di Gorzów , nella Polonia sud occidentale. Il monumento è stato inaugurato da Alfreda Markowska, anziana della comunità Rom di Gorzów, famosa per aver salvato numerosi bambini Rom, Polacchi ed Ebrei durante la II guerra mondiale. "Papusza" nata attorno al 1908 dalle parti di Lublino, è considerata la più eminente poetessa Rom. Ha scritto in romanes ed i suoi lavori sono stati tradotti in polacco da Jerzy Ficowski, più tardi pubblicati nella collezione "Le canzoni di Papusza". La sua poesia è stata ispirata dalla natura e dal vagare degli Zingari. Morì nel 1987.

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Di Fabrizio (del 10/11/2007 @ 08:50:23, in Italia, visitato 1910 volte)

Stefano Comi | 2007-11-07

Un delitto orribile scuote l'opinione pubblica. Il presunto colpevole è un immigrato rumeno che vive, si fa per dire, in una baracca di cartone sul ciglio dell'Aniene (1).
Parte la reazione politica: decreto legge ed espulsione di rumeni a tappeto (2).
Che per anni la legge Bossi-Fini ha di fatto costretto alla clandestinitá coloro che non potevano presentare un contratto di lavoro valido è elegantemente taciuto.

Che per anni la "politica dell'immigrazione" si sia di fatto limitata a punire e vessare gli immigrati, tanto da chiamare sulla scena la Commissione Europea contro il razzismo e l'intolleranza (3) viene nascosto sotto il tappeto delle tante inettitudini della politica italiana.

La Commissione Europea rimprovera all'Italia di non aver applicato le norme europee per facilitare l'acquisizione della cittadinanza, di non avere introdotto norme chiare contro il reato di razzismo, di non aver aggiornato gli operatori delle forze dell'ordine e della magistratura sui reati di razzismo, di non aver incentivato le iniziative locali per la rimozione di elementi di discriminazione in base alla razza, alla religione, alla lingua degli immigrati. L'Italia è rimproverata per non mettere a disposizione nei tribunali un sufficiente servizio di traduzioni per i processi che vedono coinvolti gli immigrati, per non aver istituito centri di monitoraggio anti-razzisti regionali, di non avere sufficientemente sfruttato gli studi e le statistiche elaborate con i mezzi stanziati dall'UE per promuovere politiche idonee, di non aver adeguato i programmi scolastici in tema di diritti umani.

La Commissione punta senza equivoci il dito sulla Bossi-Fini quale fonte di vessazioni, arbitrio e inefficienza alla base di fenomeni che poi, di fatto, risultano essere razzisti. Mancano corsi di apprendimento della lingua italiana per stranieri, insegnanti di appoggio nelle scuole con alta frequentazione di bambini con un contesto di immigrazione. Gli immigrati sono discriminati quando cercano un alloggio, quando vogliono aprire un conto in banca o quando vogliono assicurare un'automobile. Gran parte degli stranieri è assunta in nero o con stipendi nettamente inferiori a quelli degli italiani mentre aumenta il numero dei delitti a sfondo razzista.
I gruppi piú colpiti, dice la Commissione, sono i richiedenti asilo, i Rom, i gruppi mussulmani.

In tutto questo contesto, il dito è puntato in prima linea contro i media (!) che, specialmente dopo l'11 settembre hanno associato senza distinzioni i mussulmani e l'Islam col terrorismo. La Commissione aveva raccomandato di istituire un organismo indipendente che vigili sulle violazioni dei diritti umani, compresi comportamenti razzisti, all'interno delle forze dell'ordine. Tale organismo non è stato fino ad oggi istituito.

La Commissione rimprovera che all'interno del parlamento italiano sono tollerati i discorsi razzisti e xenofobi della Lega che hanno mirato ad attribuire a gruppi minoritari (Sinti, Rom, mussulmani) la responsabilitá del degrado del tessuto sociale arrivando all'incitamento alla violenza e all'odio nei loro confronti.
Mi fermo qui. In fondo alla pagina ho messo il Link al Rapporto della Commissione Europea.
...
Che ripercussioni ha tutto questo sulla nostra vita e sul tessuto sociale e civile?
Siamo purtroppo testimoni in questi giorni di molti episodi di violenza bestiale ed efferata.
Perugia, Lecce, Cosenza, Garlasco, ... la lista è lunga ed è testimonianza di una societá che ha perso orientamenti e valori. Ma è anche la testimonianza di una giustizia che non funziona, non perché poco severa, ma perché inefficiente. Tempi processuali lunghissimi come in nessun altro paese europeo, danno la sensazione di impunitá ai criminali di professione e di impotenza ai cittadini onesti. Ecco allora che alla presenza dell'ennesimo delitto efferato e di fronte alla reazione rabbiosa dei cittadini e della stampa, la politica in prima persona indica nell'etnia, nella diversitá e nell'immigrazione la causa del male, cavalcando cioè essa stessa la tigre della xenofobia che a parole vorrebbe frenare.

Cosí, per coprire le proprie responsabilitá, che sono gravissime, la politica bipartisan indica nella categoria che da anni è vittima di discriminazioni, emarginazione e razzismo, il colpevole collettivo di tutti i mali, catturando cosí due piccioni con una fava.
Primo, nascondere le proprie inettitudini ormai endemiche da molto prima del fenomeno immigratorio; secondo, disfarsi del sintomo ultimo delle proprie deficienze senza doversi impegnare ad eliminarne le cause.
È uno schema giá visto e vissuto e che ha portato, nemmeno tanto tempo fa, ai Lager e alle camere a gas.

(1) http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/tor-di-quinto/flebile-attivita/flebile-attivita.html

(2) http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/tor-di-quinto/scattano-espulsioni/scattano-espulsioni.html

(3) http://www.coe.int/t/e/human_rights/ecri/1-ECRI/2-Country-by-country_approach/Italy/Italy third report - cri06-19 Italian.pdf

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COMUNICATO STAMPA
 CS127-2007
 
 UCCISIONE DI GIOVANNA REGGIANI E ATTACCHI XENOFOBI: AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA RICHIAMA LE ISTITUZIONI E I MEZZI D'INFORMAZIONE A DARE IL BUON ESEMPIO TENENDO UN ATTEGGIAMENTO RESPONSABILE
 
 Facendo proprio il richiamo all'importanza della giustizia e all'insensatezza della violenza e della vendetta, rivolto dai familiari di Giovanna Reggiani, aggredita e uccisa a Roma il 31 ottobre 2007, la Sezione Italiana di Amnesty International ha sottolineato la necessita' che i rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali, gli
 esponenti politici e gli operatori dei mezzi di informazione adottino un  atteggiamento responsabile e obiettivo che stigmatizzi le responsabilita' individuali e prevenga gli attacchi xenofobi.
 
 'Esortiamo i rappresentanti del Governo, del Parlamento e degli enti locali cosi' come gli operatori dell'informazione a non indulgere a generalizzazioni, a non alludere a responsabilita' collettive di un determinato gruppo di migranti e a non utilizzare un'inaccettabile identificazione tra poverta' e propensione al crimine. Le istituzioni i media hanno il compito di 'dare il buon esempio' e di garantire la sicurezza anche attraverso un atteggiamento chiaro e inequivocabile di rifiuto di ogni forma di violenza e di pregiudizio' - ha detto Paolo Pobbiati, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International.
 
 'In questo momento siamo vicini alla famiglia di Giovanna Reggiani, come a tutte le vittime di crimini e di violenza commessi nei confronti delle donne. La sua uccisione ci ricorda la necessita' che i governi adottino azioni positive per fermare la violenza degli uomini contro le donne che, in Italia, secondo i dati ufficiali colpisce, a diversi livelli, una donna su tre. Approfittarne per esacerbare il dibattito sulle politiche migratorie significa dimenticare che tale violenza ha portata trasversale a elementi quali la cultura, la nazionalita' e la condizione sociale e che non vi sono popoli o gruppi che possano considerarsi immuni' - ha  proseguito Pobbiati.
 
 La Sezione Italiana di Amnesty International si e' detta sorpresa per il modo affrettato e reattivo con cui sono stati adottati provvedimenti di portata generale che modificano le norme relative alla permanenza sul territorio italiano e alle espulsioni dei cittadini dell'Unione europea.
 L'organizzazione ha ricordato alle istituzioni che, secondo gli standard dei diritti umani stabiliti a livello internazionale e regionale, ogni espulsione deve essere adottata su base individuale e su presupposti chiaramente predefiniti e prevedere il vaglio da parte di un'autorita' indipendente.
 
 FINE DEL COMUNICATO
 Roma, 7 novembre 2007
 
 Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
 Amnesty International Italia - Ufficio stampa
 Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it
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