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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 03/09/2011 @ 09:52:56, in media, visitato 1403 volte)

Qualche anno fa, suggerii ad un amico un testo (che avevo a mia volta trovato in un altro blog) del keniano Binyavanga Wainaina. Per un po' di tempo avevo usato quel pezzo per descrivere la difficoltà di interessare i lettori raccontando la realtà al posto degli stereotipi. La stessa persona a cui l'avevo suggerito, mi segnala che la rivista Internazionale ha provveduto a fornirne una versione in italiano. Buona lettura.

Come scrivere d'Africa

Nel titolo, usate sempre le parole "Africa", "nero", "safari". Nel sottotitolo, inserite termini come "Zanzibar", "masai", "zulu", "zambesi", "Congo", "Nilo", "grande", "cielo", "ombra", "tamburi", "sole" o "antico passato". Altre parole utili sono "guerriglia", "senza tempo", "primordiale" e "tribale".

Mai mettere in copertina (ma neanche all'interno) la foto di un africano ben vestito e in salute, a meno che quell'africano non abbia vinto un Nobel. Usate, piuttosto, immagini di persone a torso nudo con costole in evidenza. Se proprio dovete ritrarre un africano, assicuratevi che indossi un abito tipico masai, zulu o dogon.

Nel testo, descrivete l'Africa come se fosse un paese caldo, polveroso con praterie ondulate, animali e piccoli, minuscoli esseri umani denutriti. Oppure caldo e umido, con popolazione di bassa statura che mangia scimmie. Non perdetevi in descrizioni accurate, l'Africa è grande: cinquantaquattro nazioni e novecento milioni di persone troppo impegnate a soffrire la fame, morire, combattere o emigrare per aver tempo di leggere il vostro libro.

Il continente è pieno di deserti, giungle, altipiani, savane e molti altri paesaggi, ma questo non interessa ai vostri lettori. Fate delle descrizioni romantiche, evocative, senza esagerare con i dettagli.

Ricordatevi di dire che gli africani hanno la musica e il ritmo nel sangue, e che mangiano cose che nessun altro uomo è in grado di mangiare. Non citate mai riso, carne e grano: preferite, tra i piatti tipici del continente nero, cervello di scimmia, capra, serpente, vermi, larve e ogni sorta di selvaggina. E ricordatevi anche di aggiungere che voi siete riusciti a mangiare questi cibi e anzi che avete imparato a farveli piacere.

Soggetti vietati: scene di vita quotidiana, amore tra africani, riferimenti a scrittori o intellettuali, cenni a bambini scolarizzati che non soffrano di framboesia, Ebola o abbiano subìto mutilazioni genitali. Nel libro adottate un tono di voce sommesso e ammiccante con il lettore e un tono triste, alla "era esattamente quello che mi aspettavo".

Chiarite subito che il vostro progressismo è senza macchia e dite quanto amate l'Africa e come vi sentite in armonia con quella terra e anzi, non potete viverne lontani. L'Africa è l'unico continente che si può amare: approfittatene! Se siete uomini, descrivete le torride foreste vergini. Se siete donne, parlate dell'Africa come di un uomo in giubbotto multitasche che sparisce nel tramonto. L'Africa è da compatire, adorare o dominare. Ma qualsiasi punto di vista scegliate, assicuratevi di dare l'impressione che senza il vostro intervento l'Africa sarebbe spacciata.

I vostri personaggi possono essere guerrieri nudi, servitori reali, indovini, sciamani e vecchi saggi che vivono in splendidi eremi. O ancora politici corrotti, guide turistiche incapaci e poligame o prostitute che avete frequentato. Il servitore reale deve avere l'atteggiamento di un bambino di sette anni, bisognoso di una guida, che teme i serpenti e vi trascina di continuo in oscuri complotti. Il vecchio saggio discenderà sempre da una nobile tribù, i suoi occhi saranno cisposi e lui sarà vicino al cuore della madre terra.

L'africano d'oggi è un grassone che lavora (e ruba) all'ufficio visti e nega permessi di lavoro agli esperti occidentali, che hanno davvero a cuore il bene del continente. È un nemico dello sviluppo, che ostacola gli africani buoni e competenti che vorrebbero creare organizzazioni non governative e riserve protette. Oppure è un intellettuale che ha studiato a Oxford ed è diventato un serial killer di politici in doppiopetto: è un cannibale a cui piace lo champagne di marca e sua madre è una ricca maga e guaritrice.

Non dimenticatevi di inserire nel libro la donna africana denutrita che vaga seminuda nel campo dei rifugiati aspettando la carità dell'occidente: i suoi figli hanno le mosche sugli occhi e gli ombelichi tondi e lei ha le mammelle vuote e cadenti. Deve sembrare bisognosa e non deve avere né un passato né una storia (qualsiasi digressione smorzerebbe la tensione drammatica).

Si deve lamentare ma non deve spendere una parola per sé, tranne i riferimenti alla sua sofferenza. Inserite anche una figura femminile materna e sollecita, dalla risata forte, che si occupa di voi e del vostro bene e chiamatela semplicemente Mama. I suoi figli saranno tutti delinquenti.

Tutti questi personaggi dovrebbero far da contorno al vostro eroe, aiutandolo a sembrare migliore. È lui che li può istruire, lavare, sfamare. Si occupa di moltissimi bambini e ha visto la morte. Il vostro eroe siete voi (se si tratta di un reportage), oppure un generoso aristocratico (o vip) straniero pieno di fascino tragico, che ormai si è dedicato ai diritti degli animali (se il vostro libro è di narrativa).

Tra i personaggi occidentali cattivi ci devono essere i figli dei ministri conservatori al governo, gli afrikaners, gli impiegati della Banca mondiale. Quando parlate dello sfruttamento esercitato dagli stranieri, citate i commercianti cinesi e indiani e, in generale, accusate l'occidente per la situazione del continente africano.

Cercate però di non entrare troppo nello specifico. I ritratti rapidi e approssimativi vanno benissimo. Evitate che gli africani ridano, o educhino i loro bambini, e non ritraeteli in circostanze frivole. Fategli dire qualcosa d'interessante sull'impegno europeo o statunitense nel continente. I personaggi africani dovrebbero essere pittoreschi, esotici, più grandi della vita, ma vuoti dentro, senza contrasti, conflitti e scelte nelle loro esistenze, nessuna profondità o desideri che confondano le idee.

Descrivete nel dettaglio i seni nudi, i genitali sottoposti a mutilazione e quelli di grosse dimensioni. E i cadaveri. O, meglio ancora, i cadaveri nudi. E soprattutto i cadaveri nudi in putrefazione. Ricordatevi: qualsiasi opera in cui la gente africana sembri miserevole e ripugnante sarà vista come l'Africa "vera", ed è proprio questo che volete sulla copertina del vostro libro. Non fatevi troppi scrupoli in proposito: state cercando di aiutare il continente chiedendo aiuto agli occidentali.

Il massimo tabù quando si scrive di Africa è descrivere la sofferenza e la morte di un bianco. Anche gli animali devono essere ritratti in modo complesso e articolato. Parlano e hanno nomi, ambizioni e desideri. Sono anche bravi genitori: "Vedete come i leoni istruiscono i figli?", gli elefanti sono altruisti, le femmine sono vere matriarche e i maschi dei dignitosi capibranco.

E lo stesso per i gorilla: non dite mai niente di negativo sugli elefanti o sui gorilla. Difendeteli sempre, anche quando invadono terre coltivate, distruggono raccolti e uccidono gli uomini. Descrivete i grandi felini con enfasi. Le iene invece sono un bersaglio consentito e devono avere un vago accento mediorientale.

Qualunque piccolo africano che viva nella giungla o nel deserto va descritto sempre di buon umore. Dopo gli attivisti vip e i volontari, in Africa le persone più importanti sono quelle che si battono per la tutela dell'ambiente. Non offendetele. Avete bisogno che v'invitino nelle loro riserve da diecimila metri quadrati, perché è l'unico modo a vostra disposizione per incontrare e intervistare gli attivisti vip.

Mettere in copertina l'immagine di uno (o una) che si batte per l'ambiente, con l'aria intrepida e lo sguardo ispirato, funziona benissimo in libreria e vi farà vendere un sacco. Chi può essere considerato così? Be', qualsiasi bianco, abbronzato, con vestiti tinta kaki, che almeno una volta abbia accudito un antilope o possegga un ranch è uno (o una) che sta cercando di tutelare il ricco patrimonio naturale dell'Africa. Quando l'intervistate, non fate domande sul denaro; non chiedete quanti soldi ne ricava. Soprattutto, evitate qualsiasi riferimento alla paga che dà ai suoi lavoranti.

Se vi dimenticate di citare la luce africana, i vostri lettori rimarranno stupiti. E i tramonti. Il tramonto africano è d'obbligo. È sempre grande e rosso e il cielo è vastissimo. Gli enormi spazi aperti e gli animali da cacciare sono i punti focali. L'Africa è la terra degli enormi spazi aperti. Quando descrivete la flora e la fauna, ricordatevi di dire che l'Africa è sovrappopolata.

Invece, quando il vostro protagonista si trova nel deserto o nella giungla in mezzo agli indigeni è bene avvisare il lettore che l'Africa è stata spopolata dall'aids e dalla guerra. Vi servirà anche un nightclub chiamato Tropicana dove s'incontrano i mercenari, i malvagi parvenu indigeni, le prostitute, i guerriglieri e gli esuli. In ogni caso, chiudete il vostro libro con Nelson Mandela che dice qualcosa sugli arcobaleni e sulle speranze di rinascita. Perché voi ci tenete.

Binyavanga Wainaina uno scrittore e giornalista keniano. Ha vinto il Caine prize for african writing.


PS: La vendetta (ma stavolta traducetelo voi ; - ))

 
Di Fabrizio (del 05/09/2011 @ 09:36:36, in media, visitato 1419 volte)

Da Roma_Daily_News

Sarenge! Carissimi!

La seguente per informarvi che il 31 agosto 2011 è stato lanciato il nuovo canale di Roma Virtual Network.

Potete trovarci su http://www.youtube.com/user/RomaVirtualNetwork/

Prendete in considerazione che questo canale Youtube è totalmente nuovo ed in un certo senso sperimentale.

Se avete suggerimenti di video clip che possano essere scaricate, contattatemi via mail o su Skype: valery_novoselsky

Grazie per l'attenzione e i consigli!

Baro nais tumenge vas tumare godya!

Mr. Valery Novoselsky,
Editor, Roma Virtual Network.
http://www.valery-novoselsky.org/romavirtualnetwork.html

 
Di Fabrizio (del 23/09/2011 @ 09:55:35, in media, visitato 1286 volte)

Fotografie di Ippolita Franciosi
Inaugurazione venerdì 30 settembre alle 18.30 con le danze rom "Ciceko" di Afrim e Julfidana Beizaku - Cafè de la paix in piazzetta Corelli 24 FERRARA dal 30 settembre al 9 ottobre h. 18-24

Dopo la guerra del Kosovo negli anni '90 i Rom sono stati costretti a fuggire: spostandosi con loro incontreremo i quartieri rom distrutti a Pristina, i villaggi dove ora risiedono, le feste rituali in Macedonia, dove molti Rom sono rifugiati e l'attaccamento alla propria cultura nella vita quotidiana in Italia, in provincia di Ferrara.

Saranno esposte anche le fotografie dei piccoli fotografi che hanno frequentato i laboratori fotografici in Kosovo e in Italia.

 
Di Fabrizio (del 24/09/2011 @ 09:24:57, in media, visitato 2186 volte)

Innanzitutto mi scuso con i lettori abituali: in queste settimane sto seguendo ed elaborando quasi unicamente le notizie che arrivano da Dale Farm e sono anche preso da urgenze milanesi, così non ho più tempo per le solite traduzioni su quanto avviene fuori dall'Italia.

Tra i fatti più importanti che ho letto ma non ho riferito:

  • in Repubblica Ceca da fine mese scorso c'è stata una recrudescenza di manifestazioni e atti di violenza da parte di associazioni e partiti paranazisti locali, principalmente nel nord del paese. Di fronte al rischio di vedersi sfuggire totalmente la situazione di mano, la polizia ceca sta operando arresti di massa negli ambienti della destra estrema (anche 41 in una volta sola);
  • in Ungheria sta facendo molto discutere il piano governativo di "assicurare" un lavoro obbligatorio ai Rom disoccupati, pena la perdita dei benefici sociali. A qualcuno ricorda i primi anni del New Deal di Roosevelt, ma già ci sono polemiche sulle condizioni di lavoro e sulle paghe e si parla di "lavori forzati";
  • per terminare, la conferenza dei sindaci a Strasburgo lo scorso 22 settembre. L'ho seguita poco, perché sin dall'inizio mi ha dato l'impressione dell'ennesima passerella dei soliti noti (se riesco, vedrò di tradurre il discorso di Thomas Hammarberg).

Quanto a Dale Farm, vi sto scrivendo giovedì 22 settembre, oggi sono a Bolzano e senza accesso al computer. Ieri è scaduto il rinvio imposto dal giudice allo sgombero di lunedì scorso, dovreste quindi avere già aggiornamenti su cosa è successo.

Mi limito a fare un bilancio di come i media hanno trattato la vicenda:

  • Bene Sky news, più di parte la BBC (niente comunque a che vedere con gli obbrobri che abitualmente trasmettono i nostri TG).
  • Riguardo alla stampa, The Guardian si conferma di una spanna superiore ai concorrenti.
  • Vergognosi il Daily Mail, The Sun e la stampa locale dell'Essex in generale: allarmisti, diffamatori e pieni di dichiarazioni smentite regolarmente dagli interessati; se tutto ciò non bastasse, mettiamoci anche le provocazioni vere e proprie.
    Sufficiente per la buona volontà che ci mette, il Morning Star (un mito della mia gioventù).
  • In Italia, un discreto ad Euronews, che ogni tanto ha preso qualche cantonata, ma è stata anche la testata online che ha dedicato più attenzione alla faccenda. Insufficienti gli altri media italiani, che non solo non hanno inviati in loco, ma spesso riportano notizie dalla stampa inglese senza prima verificarle.
  • Purtroppo, è il medesimo atteggiamento di molti blog italiani, anche quotati. La palma del peggiore va a Il Post, che prima pubblica un articolo su Dale Farm pieno di errori, poi in seguito ad un mio commento critico ma educato, ha cancellato post e commento.
  • Nel complesso, buona la prestazione di Facebook, Twitter e Youtube nel far circolare notizie di prima mano e favorirne la diffusione.
 
Di Sucar Drom (del 25/09/2011 @ 09:04:10, in media, visitato 2299 volte)

Pubblicazioni
L'Istituto di Cultura Sinta su mandato della Sucar Drom ha pubblicato libri, cortometraggi, mostre e cd musicali. Alcune pubblicazioni sono disponibili e possono essere richieste, altre sono disponibili solo in visione presso l'Istituto, dove potete trovare anche una biblioteca catalogata con centinaia di titoli che speriamo in un futuro di rendere disponibile on-line.

Dal 2007 lo sforzo maggiore dell'Istituto si è concentrato sul web, questi sono gli spazi creati: Sucar Drom (italiano, sinto lombardo, english), U Velto – Il Mondo, notizie ed immagini dai mondi sinti e rom (traduzioni istantanee con Google Translate), U Velto Radio. Siamo presenti anche su Facebook e su Twitter. U Velto Radio ha una pagina dedicata su Facebook.

Di seguito il catalogo delle pubblicazioni e delle produzioni dell'Istituto

"Animanomade, un paesaggio di passaggio", anno 2000 (001)
Catalogo della mostra di pittura di Angelo Proietti detto Liga Vacche, sinto marchigiano. La pubblicazione è stata realizzata nel mese di maggio e presentata in concomitanza dell'esposizione delle opere naif di Angelo Proietti dal 10 giugno e al 15 luglio, presso il Palazzo del Plenipotenziario a Mantova. La pubblicazione e la mostra sono state curate dal pittore Luca Dotti, la critica è del pittore Nedo Consoli. La pubblicazione è stata realizzata con il contributo dell'Assessorato alle Politiche Sociali della Provincia di Mantova.

"Porrajmos", anno 2003 (002)
Il libro di Virginia Donati tratta la persecuzione su base razziale subita da sinti e rom durante il periodo nazifascista. Pubblicato nel mese di gennaio è stato presentato Il Giorno della Memoria nella Sala degli Stemmi di Palazzo Soardi a Mantova. Il libro, oltre a un approfondito excursus storico sul Porrajmos (divoramento) ma anche sulla nascita del razzismo, tratta il concetto di memoria all'interno delle comunità sinte e rom italiane con diverse interviste inedite sia a leader sinti e rom che a sopravvissuti al Porrajmos. L'introduzione è di Giovanna Boursier e sulla copertina del libro è riprodotta l'opera "Porrajmos" (olio su tela, metri 2 x 1,50) donata all'Istituto dal pittore Luca Dotti. La pubblicazione è stata realizzata con il contributo del Comune e della Provincia di Mantova.

"La mediazione culturale: una scelta, un diritto", anno 2004 (003)
Atti del convegno tenutosi a Mantova nel marzo 2003 e organizzato dall'Istituto in collaborazione con il Comune e la Provincia di Mantova, patrocinato dalla Regione Lombardia. Il libro pubblicato nel mese di novembre con il contributo della Provincia di Mantova è una summa delle diverse esperienze di mediazione culturale realizzate in alcune Città italiane a partire dagli Anni Novanta. Uno dei concetti che emerge con più forza dal libro è il considerare "i sinti e i rom che pensano i sinti e i rom", restituendo a loro la dignità di soggetti del pensiero ed interrompere, per loro mano, un'antica sequenza in cui essi sono stati pensati da altri. E' uno dei primi convegni in Italia dove sinti e rom sono protagonisti. Il libro, dedicato all'amico scomparso Peppe Collu, contiene anche un cd multimediale con approfondimenti storici e legislativi, progetti e altro materiale.

"Live in Mantova", anno 2004 (004, quattro ristampe)
Cd musicale del fisarmonicista e cantante Aleksandar Stojkovic. Nato nella ex Yugoslavia, discendente da una famiglia di musicisti rom rumeni. Fin da piccolo suona la fisarmonica insieme alla propria famiglia nelle feste di paese. Negli anni diventa un virtuoso dello strumento che accompagna con una caratteristica voce blues, raccontando le storie rom tramandate oralmente per secoli. La sua musica nasce dalla contaminazione di diverse tradizioni, da cui emerge la tradizione balcanica. E’ in Italia dall’inizio degli anni novanta, scappato dalla guerra, e vive a Mantova da alcuni anni.

"Medi@zione", anno 2005 (005)
Cortometraggio sulla mediazione culturale, realizzato da Giancarlo Antonioli. Medi@zione è nato durante le riprese di un cortometraggio su una favola sinta ed è stato girato nell'estate del 2000 a Mantova. Offre uno spaccato del lavoro dei mediatori culturali della Sucar Drom nel cosiddetto "campo nomadi".

"Chilape di ressa", anno 2005 (006)
Gioco da tavolo su modello del gioco dell'oca (chilape di ressa nella lingua sinta lombarda), prodotto in alcune migliaia copie e distribuito a tutti i bambini frequentanti le scuole primarie (elementari) di Mantova. Il gioco è stato realizzato partendo dal testo teatrale sul fidanzamento e sul matrimonio nella cultura sinta, scritto nel 2004 dagli adolescenti sinti nel laboratorio teatrale ideato da Vittoria Dubinina a Mantova. Il testo teatrale e il gioco sono in lingua sinta. La produzione del gioco è stata guidata dal pittore Luca Dotti. La stampa è stata curata dall'Istituto con il contributo del Comune di Mantova.

"Farba & Ghia", anno 2005 (007)
Mostra di lavori pittorici e di ceramica (18 pezzi) realizzati dai bambini sinti che vivono a Mantova. L'evento si è tenuto nel mese di dicembre al Centro Culturale ARCI Tom. La mostra è il frutto del laboratorio di creatività e auto-narrazione "colori e canzoni, fantasia e creatività dell'infanzia sinta", organizzato dall'Istituto e tenuto dalla dott.ssa Maria Bacchi e dal prof. Andrea Sola. Obiettivo del laboratorio e della mostra è stato quello di offrire visione delle diverse interpretazioni della realtà e dare spazio a differenti modi di comunicare la propria identità culturale.

"...con gli occhi dei bambini", anno 2006 (008)
Mostra fotografica curata da Paola Dispoto, formata da 45 pannelli in formato A3 (297 x 420 mm) e realizzata con le foto realizzate da adolescenti sinti. Le foto sono state prodotte in due anni di lavoro, grazie al progetto dell'Istituto, denominato "pringiarasmi" (conosciamoci, in lingua sinta). Il progetto fotografico realizzato in collaborazione con diverse Comunità sinte nel Nord Italia è diventato una mostra fotografica grazie al contributo dell'Associazione Nevo Drom e la Fondazione ODAR di Bolzano. La mostra è stata presentata per la prima volta nel mese di maggio, durante la festa "mari festa" (la nostra festa) che ha presentato alla Città di Bolzano l'associazione Nevo Drom, fondata poche settimane prima.

"Porrajmos, altre tracce sul sentiero per Auschwitz", anno 2006 (009, ristampa in preparazione)
E' il secondo libro dell'Istituto dedicato al Porrajmos (divoramento). E' un testo didattico-documentaristico che raccoglie documenti, fotografie e testimonianze, alcune delle quali per la prima volta rese pubbliche. E' stato curato da tutto lo staff dell'Istituto e presentato il 27 gennaio a Mantova. Il libro offre uno squarcio inedito sul Porrajmos sopratutto su quanto successo nell'Italia fascista, grazie al contributo dello storico Luca Bravi. Di particolare interesse sono le interviste alle sopravvissute mantovane al Porrajmos che nel 2005 sono state insignite dell'Edicola di Virgilio dal Sindaco di Mantova che a loro ha chiesto scusa a nome di tutta la Città per le sofferenze patite durante il fascismo. Il libro, dedicato all'amica scomparsa Nives Gabrieli, è stato pubblicato con il contributo del Comune e della Provincia di Mantova.

"Porrajmos, altre tracce sul sentiero per Auschwitz", anno 2007 (010, quattro ristampe)
Mostra fotografica-documentaria sul Porrajmos (divoramento) in Germania e in Italia, formata da 22 pannelli (100 x 70 cm). E' stata curata da Carlo Berini, a partire dal lavoro svolto nella preparazione del libro "Porrajmos, altre tracce sul sentiero per Auschwitz" (ICS, 2006). La mostra, presentata per la prima volta a Bolzano il 27 gennaio, negli anni è stata esposta in diverse Città italiane e copie, su concessione dell'Istituto, sono state realizzate dall'Associazione Nevo Drom di Bolzano, dalla Regione Piemonte, dal Sistema Bibliotecario di Brescia e Cremona e dal Comune di Venezia. La mostra è stata realizzata dall'Istituto in collaborazione con l'Associazione Nevo Drom di Bolzano e con il contributo del Comune di Mantova e del Sistema Bibliotecario della Provincia di Mantova.

"Mengro labatarpe", anno 2008 (011)
Cortometraggio sulla condizione lavorativa dei sinti lombardi a Mantova. Mengo labatarpe (il nostro lavoro) documenta le storie lavorative di alcuni sinti e alcune sinte mantovane che lavorano come dipendenti di aziende o come padroncini. Il cortometraggio è stato realizzato per promuovere il progetto lavoro della Sucar Drom ed è stato distribuito a tutti i decisori pubblici della Provincia di Mantova. Prodotto dall'Istituto su un'idea di Carlo Berini è stato realizzato da Giancarlo Antonioli, Luca Dotti e Davide Gabrieli.

"Mengar nial", anno 2010 (012)
Mostra fotografica multimediale (20 fotografie + testo audio) realizzata dai preadolescenti sinti di Mantova. La mostra è stata esposta nel mese di settembre durante l'evento "idea 9m²" sulla riva del Lago Superiore di Mantova. Mengar nial (la nostra estate) è frutto di un laboratorio di fotografia e narrazione realizzato per offrire memoria dello spaccato di vita, totalizzante, vissuta dai bambini sinti nella segregazione abitativa del cosiddetto "campo nomadi". Il lavoro fotografico è stato guidato dalla fotografa Anna Maria Volpi, mentre le narrazioni dalla scrittrice Elena Borghi. La voce narrante della mostra è di Alisea Gabrieli mentre la parte tecnica è stata realizzata da Nico Proietti.

"The Bibiena Concert", anno 2011 (013)
Cd musicale del concerto tenuto dal Django's Clan nell'ottobre 2010 al Teatro Bibiena a Mantova, durante la Campagna Dosta!. Il cd offre il punto di svolta di questo gruppo musicale che da trio diventa quintetto. Dieci anni di attività concertistica per far rivivere e innovare la magia e la poetica di Django Reinhardt che ha offerto uno dei contributi più importanti alla cultura occidentale. Prodotto dall'Istituto con il contributo dell'Unione europea.

Per info: ics@sucardrom.eu

L'Istituto e la Sucar Drom hanno collaborato, a partire dagli Anni Novanta, alla realizzazione di diverse pubblicazioni di cui prossimamente pubblicheremo un elenco.

 
Di Fabrizio (del 11/10/2011 @ 09:45:36, in media, visitato 2313 volte)

Da Bulgarian_Roma

TOL 03/10/2011 - Reporter bulgara bersaglio su Facebook per la copertura delle violenze etniche
Mirolyuba Benatova

Le tensioni etniche che hanno preso piede in Bulgaria (vedi QUI ndr) hanno portato ad un incidente online particolarmente brutto. Una delle prime giornaliste ad occuparsi dei disordini a Katunitsa, Mirolyuba Benatova per bTV, ha detto che la sua pagina Facebook è stata cancellata dagli amministratori del sito dopo che qualcuno s'era lamentato definendola "dannosa ed offensiva".

Mentre la sua pagina veniva cancellata, la giornalista subiva "una settimana di terrore verbale, odio, intimidazioni e dichiarazioni apertamente antisemite" in un'altra pagina sempre su Facebook, dal titolo Mirolyuba Benatova Nemica del Popolo Bulgaro, commenta "Omicidio su Facebook" postando sul sito web della società civile Online Parliament. Il grilletto è stato la caratterizzazione su bTV dei manifestanti e dei teppisti del calcio che hanno distrutto le proprietà del boss rom.

"Hanno chiesto che mi scusassi perché avevo chiamato quanti loro vedevano come rappresentanti della società civile -tifosi di calcio che si sono comportati oltraggiosamente-. Ragazzi che si erano fotografati mentre facevano saluti nazisti di fronte alla fiamme, chiedevano che dicessi che loro erano cittadini giustamente arrabbiati."

I tifosi di calcio sono stati al centro dei disordini che si sono scatenati il 23 settembre quando un uomo è stato investito ed ucciso da un minivan. Il conducente era legato a Kiril Rahskov, Rom ritenuto un boss della mafia. Nelle proteste che sono seguite, persone descritte come hooligan hanno dato alle fiamme le proprietà di Rashkov nel villaggio centro-meridionale di Kanunitsa. Ci sono state manifestazioni in tutto il paese, la polizia ha arrestato circa 350 persone.

Anche i fan dello Zenit St. Pietroburgo hanno potuto dire la loro sulla questione. In una partita casalinga, hanno issato uno striscione che recitava, in bulgaro: "La Bulgaria è per i Bulgari, non per lo sporco" come scrive novinite.com. Non è chiaro se i fan fossero russi o bulgari.

Due giorni dopo, secondo le agenzie stampa, sostenitori del Politechnica Timisoara, squadra rumena di seconda divisione, hanno innalzato uno striscione con la prima strofa di un popolare motivo bulgaro del XIX secolo: "Alzati, alzati eroe dei Balcani! Vai, Bulgaro!"

Domenica 2 ottobre ha visto a Sofia ed altrove tanto marce per la pace che proteste anti-rom. Circa 5.000 tifosi di calcio e studenti si sono riuniti in una piazza nel centro di Sofia, per protestare contro quella che chiamano l'inazione del governo contro il crimine.

 
Di Sucar Drom (del 18/10/2011 @ 09:59:39, in media, visitato 1672 volte)

Dalla newsletter di Articolo 3, di Maria Bacchi

Il mio formaggio preferito lancia su tutti gli schermi uno spot che mi fa andare di traverso il boccone. Lo racconto con le parole che presentano il video sul web:

Come vi sentireste se vi trovaste a cena un completo sconosciuto? È proprio quello che raccontano Grana Padano e Leo Burnett con la loro nuova campagna pubblicitaria, il cui spot tv è on air da ieri. In un contesto in cui le imitazioni prendono sempre più spazio, Grana Padano ha voluto ribadire la propria originalità, mostrandoci scene intime e quotidiane, in cui viene portato in tavola un formaggio non autentico. Ed ecco che con questo appaiono all'improvviso degli sconosciuti, a interrompere la scena: un motociclista malizioso, un pescatore appena uscito da una tempesta, un fantino che si ritrova a un pranzo di Natale. Tutti guardano sgomenti il personaggio. Non c'entra niente ed è uno sconosciuto: proprio come un formaggio non originale. Chiude il claim: ‘Grana Padano DOP. Fatto di un'altra pasta'. Hanno lavorato per l'agenzia gli executive creative directors Riccardo Robiglio e Paolo De Matteis, gli art directors Matteo Fabi e Barbara Cangemi, i copywriters Joseph Menda e Lucia Ceccolini.

La coppia, la casa, la cucina, l'intimità. Lui porta in tavola un formaggio dall'aria ambigua: grana o non grana? Con il perturbante formaggio compare nella stanza un estraneo, un intruso, un selvaggio, un naufrago. La donna lo guarda atterrita. Poco importa che l'uomo di casa – elegante, apparentemente inappuntabile – cerchi di rifilare alla bella compagna un formaggio tarocco. La vera minaccia è che a tavola con voi si siedano sconosciuti, quelli che con l'intimità ‘non c'entrano niente' e che "rovineranno la serata". "Non portare a tavola uno sconosciuto", scorre in sovrimpressione.

E dire che da piccola, in parrocchia, specialmente sotto Natale, ci incoraggiavano a fare esattamente il contrario.
Oggi, invece, chi non si conosce deve essere per forza una minaccia, soprattutto se malvestito o, quantomeno, poco convenzionale.
Forse la famosa agenzia pubblicitaria che ha concepito lo spot non voleva esplicitamente incrementare il senso di paura dell'altro, di diffidenza verso l'estraneo che permea il senso comune prevalente nel nostro Paese, dove molti strepitano che dobbiamo essere ‘padroni a casa nostra'. L'impatto immediato però è questo, nonostante l'intelligente evocazione di un padrone di casa ‘furbetto' che tenta di fregare la sua donna.
Del resto siamo circondati da fantasmi e da acchiappafantasmi.

Il signor Dario Casali, responsabile stampa e comunicazioni delle società sportive giovanili di Sant'Egidio e San PioX, ha inviato a giornalisti e amministratori dichiarazioni che francamente mi appaiono un po' allucinate (oltre che cariche di pregiudizi e insulti) e che la Voce riporta sotto il raffinato titolo "Una sbarra che scoraggi i culattoni". Fin dove arriva il signor Casali? Cosa ci mette di suo la Voce? "Intorno al campetto sportivo di via Learco Guerra dove i ragazzini delle due squadre si allenano c'è un intollerabile via vai di malintenzionati e comunque di personaggi sospetti". Sì, tra i rifiuti abbandonati "forse da nomadi di passaggio", si materializzano mane e sera "pederasti (in altri passaggi dell'articolo meno elegantemente definiti "culattoni"), donne di malaffare, pedofili". Una folla da Notte dei morti viventi che assedia "i piccoli atleti", affidati alle cure del signor Casali e dei suoi collaboratori della CSI.
Non deve essere facile distinguere un pedofilo dal cliente delle "donne di malaffare" o dai cosiddetti pederasti: ma Casali ci riesce. Fa un inventario livido e feroce degli intrusi e informa allarmato le autorità competenti. Che finiscono fotografate sotto l'infame titolo che riportavamo.

Infinitamente più garbati i bambini sinti dell'area di sosta di via Learco Guerra. Che anni fa, raccontandomi le loro paure, mi avevano confidato timidamente di aver visto una volta aggirarsi intorno al campo un "gagio maniaco"[1]. Ma degli intrusi nostrani che potrebbero insidiarli nessun giornalista o politico si preoccuperebbe. Se mai, secondo molti, sono loro il corpo estraneo da cui la comunità maggioritaria e i suoi ‘giovani atleti' devono guardarsi: sembrano bambini, in realtà sono piccoli "zingari". Che non ci capiti di trovarceli a cena.

[1] In lingua romanes, il "gagio" è la persona non appartenente alla comunità rom e sinta.

 
Di Fabrizio (del 24/10/2011 @ 09:11:19, in media, visitato 1264 volte)

ART NEWS Link al video (Trailer Magazzini - 2011 - Durata: 01' 03')

Giovedì 20 ottobre, RAI 3 ore 00:40. Nel 2007 la Biennale d'Arte di Venezia ospita per la prima volta un padiglione di Arte Rom. Un'esposizione a suo modo storica, che rimette in discussione le tradizionali frontiere identitarie dell'arte contemporanea. La curatrice di quel padiglione, Timea Junghaus (sinta ungherese, studiosa e storica dell'arte) ci guida oggi attraverso le opere e la vita degli artisti che hanno dato vita a questo nuovo movimento nel panorama artistico internazionale: l'arte contemporanea Rom. Gli artisti contemporanei Rom, la cui capitale culturale è Budapest, utilizzano l'arte come strumento per sottoporre a critica e ribaltare l'immagine che la cultura maggioritaria e i media europei hanno costruito intorno alla minoranza Rom. L'arte contemporanea Rom in Ungheria diviene pertanto uno strumento di lotta politica in un contesto fortemente razzista, connotato dalla presenza minacciosa di gruppi paramilitari xenofobi legati a movimenti di estrema destra. Raccontata dalla viva voce dagli artisti riuniti a Budapest per una mostra sui nuovi media, il documentario racconta questa sfida che si muove a cavallo tra politica ed estetica.

 
Di Fabrizio (del 28/10/2011 @ 09:43:14, in media, visitato 1731 volte)

e nota finale

Ieri alle ore 9.00 gli agenti hanno notato la presenza di tre donne di cui due di esse vestite in maniera consona e di giovane età mentre la terza di chiara etnia rom che si aggiravano per il centro cittadino con fare sospetto. Gli agenti dopo un breve pedinamento le fermavano già all’interno di un cortile in viale Caduti. Prontamente fermate sono state accompagnate in ufficio ancora prima che mettessero in atto i loro chiari intenti illegali.

Al termine degli accertamenti le tre donne, con diversi precedenti di polizia per reati contro il patrimonio, sono state munite di Foglio di Via Obbligatorio dal Comune di Sassuolo della durata di tre anni.

C.A. del 1984 residente in un campo nomade in Desenzano del Garda (BS) e T.B. classe 58 e T.S. classe 77 residente in un campo nomadi di Reggio Emilia sono state foto segnalate e accompagnate fuori dalla Provincia.


Parere da lettore:

Per chi se lo ricorda, il conte di mai dire gol, era un aristocratico, ma non disdegnava le "donne facili". Letto l'articolo, ho capito molto di quel personaggio:

  • sono aristocratico: se non avessero inventato i computer e ci fossero ancora macchine da scrivere e telescriventi, probabilmente non vi ammorberei con i miei scritti, ma il giornalismo sarebbe ancora una professione dove un minimo d'impegno è richiesto;
  • quanto alle "donne facili": probabilmente si prostituiscono per qualcosa di più (e forse con più etica) di tanti giornalisti.

Come fa notare chi ha segnalato la notizia (insomma... sembra che in certi paesoni del nord, anche un fatto simile diventi cronaca da mettere sul web) a tre donne di aspetto incerto, ma una sicuramente rom, viene impedito l'accesso ad un mercato, si suppone pubblico, dato che una di loro era vestita in maniera un po' troppo zingaresca e ovviamente aveva un "fare sospetto".

Dato che avevano precedenti penali, vengono allontanate per tre anni da Sassuolo. Cos'hanno fatto di male? Niente.

E cosa fa il nostro impavido giornalista? Chiede, indaga, si informa? Macché: da per assodato sin dall'inizio che gli intenti fossero "chiaramente" illegali, così accontenta in un colpo solo polizia e direttore, e buonanotte alla professione!

 
Di Fabrizio (del 02/11/2011 @ 09:00:12, in media, visitato 1614 volte)

L'Impronta L'Aquila 2011/10/31

La stima sul numero di rom presenti in Italia è di 140mila persone, di cui il 60% è costituito da italiani e il 90% è stanziale. Tanti sono arrivati in Italia già nel 1400. Più della metà è residente e ha la cittadinanza del nostro paese, tanti vivono in appartamento e svolgono qualsiasi tipo di lavoro. Non è vero quindi che i rom sono per definizione 'nomadi' e stranieri. Ma la stampa italiana continua a ignorare questa "verità sostanziale dei fatti", al rispetto della quale richiamano l'articolo 2 della legge istitutiva dell'Ordine dei giornalisti e la Carta di Roma del 2008, un protocollo deontologico riferito alle notizie sui migranti. Il popolo romanì ha chiesto di non utilizzare il termine 'zingari' perché ha assunto nel tempo una connotazione dispregiativa, eppure dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi alle principali testate nazionali è ormai comune parlare di 'zingaropoli'. Per questo nasce un vademecum per i giornalisti che trattano notizie sui rom, realizzato dall'Associazione Stampa Romana, con l'Associazione giornalisti Scuola di Perugia, la Comunità di Sant'Egidio e l'Assessorato Lavoro e Formazione della Regione Lazio. "Che un cittadino qualunque si esprima in questo modo non sorprende, ma che degli stessi preconcetti siano portatori i professionisti dell'informazione è inaccettabile" scrive il segretario di Asr Paolo Butturini nel primo intervento del vademecum. Il volumetto si intitola: "Ho visto anche degli zingari felici. Di chi parliamo quando parliamo di rom", è a cura di Titty Santoriello ed è intervallato da disegni fatti dai bimbi rom delle Scuole della Pace della Comunità di Sant'Egidio.

Salta però subito agli occhi, scorrendo l'indice, che un solo paragrafo è redatto da un autore rom. "Questo è un tipico esempio di esclusione cognitiva della popolazione romanì – scrive subito Nazareno Guarnieri, presidente della Federazione Romanì – se oggi la condizione della nostra popolazione è peggiorata rispetto al passato, malgrado le iniziative attivate, la responsabilità è da attribuire al mancato coinvolgimento dei diretti interessati ed in particolare delle professionalità rom". Il contributo di Guarnieri spiega le distinzione nel variegato mondo romanì. Ci sono cinque grandi comunità romanès, Rom, Sinti, Kale, Manouches e Romanichals. Insieme formano il popolo Rom, chiamato anche 'romanì, romanò, romanipè', con un'unica lingua che ha al suo interno 18 dialetti. Esiste la bandiera rom, verde e azzurra con una ruota a 16 raggi, e un inno (gelem gelem).

"Rendere normale ciò che è percepito come eccezionale" è il titolo del paragrafo scritto da don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, editore di Redattore Sociale. "Suscitano allerta e mai simpatia – dice don Vinicio – vanno raccontati i fatti della realtà semplicemente, senza scelte pregiudiziali negative, ma nemmeno positive". Di "razzismo democratico" verso i rom parla Luca Bravi, docente all'Università di Firenze, intervistato per il vademecum. Il professor Bravi spiega l'origine dello stereotipo del nomadismo, che affonda le radici nel 'Porrajmos" (il grande divoramento) l'olocausto negato dei rom, che fece circa 500mila vittime tra campi di concentramento ed esecuzioni sommarie. "Durante il periodo nazista – spiega – rom e sinti negli Stati europei praticavano una resistenza di basso profilo che significava trovare le modalità di permanenza per restare dove si erano stanziati. Si spostavano tra i confini. In quegli anni si diffusero teorie della razza secondo le quali il nomadismo era una colpa che stava nel loro sangue. Non era così: si spostavano per ragioni lavorative, molti ad esempio erano giostrai". Il vademecum si conclude con le parole del Papa Benedetto XVI. Lo scorso 11 giugno il Pontefice ha ricevuto i rappresentanti dei Rom da tutta Europa in Vaticano e li ha accolti dicendo: "siete un'amata porzione del popolo di Dio pellegrinante". La Chiesa cattolica ricorda anche un beato martire rom, Zefirino Giménez Malla, ucciso con il rosario in mano durante la guerra civile spagnola. Una sua raffigurazione si trova nel santuario dei santi Cosma e Damiano a Riace (Rc) ed è meta di un pellegrinaggio rom ogni anno a fine settembre.


RAI Televideo Rom e Sinti, non zingari di Rita Piccolini

Il pregiudizio passa anche dalle parole

E' stato presentato, nella sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, un vademecum rivolto ai professionisti dell'informazione sul delicato tema dei rom. La pubblicazione, che ha il bel titolo di una canzone del '77 di Claudio Lolli, "Ho visto anche degli zingari felici", offre contributi di esperti della materia e dell'informazione, arricchiti anche dall'intervento di Benedetto XVI all'audizione dei Rom, e si propone come strumento di lavoro per tutti i giornalisti che, fedeli allo spirito della loro professione, si prefiggano lo scopo di raccontare la realtà sociale senza usare stereotipi frutto dell'ignoranza, perché è anche con le parole giuste che si sconfiggono i pregiudizi.

Sull'autobus diretto al centro di Roma, per raggiungere la sede della FNSI, salgono alla fermata due donne rom con una nidiata di bambini, di un'età compresa tra i 2 e i 10 anni. "Occhio al portafoglio!" esclama una signora al marito in piedi accanto a lei. La donna dà voce al pensiero comune e la reazione di tutti è spontanea, di allerta contro un'eventuale possibilità di borseggio, così come spontaneamente si indossano gli occhiali scuri quando la luce troppo forte del sole ci acceca, o il berretto di lana ai primi fiocchi di neve.

E' difficile sconfiggere i pregiudizi che nascono dalla non conoscenza. In realtà pochi di noi sanno, quasi nessuno conosce la cultura di questo popolo, perché sui mezzi di informazione si parla di rom soltanto per raccontare di tragedie di bimbi che muoiono nel rogo delle baracche o delle roulotte, oppure quando si raccontano efferati episodi di cronaca nera, o si descrivono raccapriccianti realtà sociali di un'infanzia costretta a mendicare e a vivere nell'indigenza e nella sporcizia. Certo la miseria può generare disagio, violenza, criminalità, ma questo vale in tutte le comunità. Chi ha fame può rubare, o delinquere, ma questo ovunque e da che mondo e mondo. Solo questo sono per noi i Rom o i Sinti, una serie infinita di pregiudizi e luoghi comuni che non fanno distinzione tra le responsabilità individuali e quelle di un intero popolo. Per questo non diamo loro neanche la dignità di essere chiamati con il loro vero nome e li definiamo semplicemente zingari, o nella migliore delle ipotesi nomadi, descrivendo così una caratteristica che non esiste, perché la maggior parte di loro vive qui ed è italiana, e solo una piccolissima parte è nomade nel senso vero del termine.

Zingari generalmente sporchi, brutti e cattivi, ci ricorda nel suo intervento Paolo Ciani della Comunità di Sant'Egidio, e ladri, aggiungiamo, e secondo una leggenda infamante dura a morire, persino ladri di bambini. Ogni tanto ci capita ancora di raccontare di piccole comunità in allerta per questo che è un motivo ricorrente di pregiudizio e rancore le cui radici affondano in secoli di ignoranza e superstizione.

Ricordate la orrenda menzogna dei secoli scorsi secondo cui gli ebrei uccidevano i bambini cristiani per il loro sangue, e che nella mente di molti europei si trasformò in una tragica convinzione, che fu alla base della "distrazione" pressoché generale nei confronti della persecuzione prima e della Shoah poi? Il meccanismo è sempre lo stesso e continua a ripetersi contro chi viene considerato diverso, quindi "non persona". L'alternativa all'ignoranza è conoscere per non diffidare, accettare i valori di una cultura diversa che può arricchirci, apprezzandone le peculiarità e senza avere la presunzione di imporre la nostra come la migliore possibile, nel tentativo di un'omologazione a valori che spesso sarebbe meglio rileggere alla luce di una sensibilità nuova e altra.

Dice Nazareno Guarnieri, presidente della Federazione romanì, nel corso della conferenza stampa:"Io so per certo che non morirò in uno ospizio, perché la nostra è una cultura che mette sempre al centro la persona". Come dire, vogliamo stabilire chi tra noi è più civile? Solo conoscendo e quindi accettando si possono fare percorsi insieme che portino al miglioramento delle condizioni sociali di Rom e Sinti e al superamento del disagio sociale. "E a proposito- aggiunge ancora Guarnieri - non siamo nomadi, e il 50% di noi è italiano da sempre. Occorre una politica abitativa pubblica normale, basta con i campi nomadi che alimentano il distacco, la segregazione, l'isolamento, il disprezzo e l'odio sociale".

Il segretario dell'Associazione Stampa Romana, Paolo Butturini, racconta della percezione sbagliata che molti cittadini hanno rispetto ai Rom e Sinti. "Sono un milione e mezzo" gli ha detto sconsolato un tassista romano suggerendo l'immagine di una paese ormai in preda a un'invasione barbarica inarrestabile e devastatrice, e vengono quasi tutti dalla Romania, ed essere rom romeni, si sa, è "il peggio del peggio". Nel nostro Paese in realtà questa popolazione è composta da circa 140 mila persone, la metà delle quali sono italiane e donne e bambini con "ansia di normalità", non di omologazione e integrazione forzata, ma della semplice e naturale normalità della casa, della scuola, degli amici, dell'accettazione sociale che non faccia sentire stranieri a casa propria.

L'assessore al lavoro e alla Formazione della Regione Lazio, Mariella Zezza, fa suo l'appello di Roberto Natale, presidente della FNSI, a promuovere una comunicazione libera da ogni pregiudizio, ricordando che informare "vuol dire rendersi conto che tutto ciò che c'è dall'altra parte non è una minaccia, ma una risorsa.

Il fatto è che persiste in tutta Europa la convinzione che il rom non sia uguale agli altri, per questo, ammonisce Roberto Chinzari, segretario dell'Associazione giornalisti Scuola di Perugia, è necessario almeno usare le parole giuste per descrivere la loro realtà e non "barricarci nelle nostre convinzioni, scrivendo e dicendo imprecisioni. Sui quotidiani, nei servizi radio-televisivi il binomio "rom-romeno è diventato un marchio di fabbrica per brutti episodi, un'etichetta che definisce quello che succede "prima che se ne abbia la certezza". E così il pregiudizio dilaga, e con esso la discriminazione, mentre una buona conoscenza culturale di ciò che abbiamo di fronte "è il miglior scudo per proteggere dagli errori e dalla superficialità". "E poi ricordarsi sempre - conclude Chinzari, che anche di fronte al peggiore dei crimini la responsabilità è sempre di un individuo, mai di una popolazione o di un'etnia".

E se alla base di ogni espressione artistica c'è il patrimonio culturale e la cultura dell'informazione, importanti sono gli interventi di una giornalista-scrittrice, Bianca Stancanelli, che sull'argomento ha scritto un libro: "La fortuna e la vergogna" edito da Marsilio, e quello di Moni Ovadia, un artista che al teatro Quirino di Roma ha presentato uno spettacolo: "Senza confini - ebrei e zingari", che ha dato voce soprattutto alla musica di grandi musicisti rom.

Spiega Moni Ovadia: "E' un recital di canti, musiche, storie di Rom, Sinti, ed Ebraiche che mettono in risonanza la comune vocazione delle genti in esilio, una vocazione che proviene dai tempi remoti e che in tempi più vicini a noi si fa solitaria, si carica di un'assenza che sollecita un ritorno, un'adesione, una passione, una responsabilità urgenti, improcrastinabili. "Senza Confini" è la nostra assunzione di responsabilità".

Avvicinarsi quindi, anche e soprattutto attraverso il linguaggio della musica e del teatro, a un popolo di pace, che non ha mai dichiarato guerra a nessuno, che "per questo meriterebbe il premio Nobel per la pace". Persino la loro persecuzione da parte dei nazisti è misconosciuta e sottovalutata (ne morirono nei campi di sterminio centinaia di migliaia). "I Rom vivono la vita, non la consumano - spiega Moni Ovadia - e ci danno lezione di civiltà". Li percepiamo solo come un problema perché non sappiamo quasi niente della loro cultura e solo la conoscenza può aiutarci a capire ancora una volta che non c'è il buio oltre la siepe.

 

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