Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

\\ Mahalla : VAI : Regole (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 01/11/2008 @ 16:09:59, in Regole, visitato 1486 volte)

Da Virgilio Notizie

Roma, 31 ott. (Apcom) - Con l'accusa di istigazione a delinquere l'attuale sindaco leghista di Opera, in provincia di Milano, Ettore Fusco, dovrà nuovamente essere giudicato dal gup del capoluogo lombardo che il 14 febbraio scorso lo aveva prosciolto. Il verdetto favorevole è stato annullato con rinvio dai giudici della prima sezione penale che hanno accolto le "obiezioni" sollevate dalla procura della Repubblica. L'accusa contestata dai pm ambrosiani si riferisce all'invito ad occupare il locale campo nomadi che Fusco, quando era consigliere di opposizione al comune di Opera nel dicembre 2007 (sic 2006), rivolse al pubblico che seguiva la seduta del consiglio comunale.

La sera stessa ci furono degli scontri e il campo, destinato ad ospitare famiglie rom che erano state sfrattate da un'altra area, venne invaso dalla cittadinanza che distrusse le tende allestite dalla Protezione civile. All'udienza preliminare di febbraio scorso il giudice, accogliendo le tesi della difesa, prosciolse Ettore Fusco affermando che "le azioni che aveva proposto non erano violente ma avevano il solo scopo di tutelare gli interessi dei cittadini". La zona sulla quale era stata realizzata la tendopoli infatti era stata in precedenza destinata alla Croce Rossa. Contro il "non luogo a procedere" deciso dal gup la procura ha presentato ricorso in Cassazione.

La sentenza 40684 depositata oggi annulla il proscioglimento e invita il giudice a verificare, con una nuova udienza preliminare, "quale forza suggestiva" potessero avere "le frasi pronunciate da Fusco". A questo proposito i magistrati sottolineano che il reato di istigazione a delinquere si riferisce "a quelle condotte che rappresentano azioni concrete che possono indurre altri a commettere fatti delittuosi". In sostanza, secondo la Cassazione, non è importante quale fosse l'intento dell'attuale sindaco se le sue parole inducevano, di fatto, la cittadinanza a compiere azioni contro la legge. Una decisione che ha "scavalcato" anche le conclusioni del sostituto procuratore generale della Cassazione, Mauro Iacoviello, che invece aveva chiesto la conferma del proscioglimento.

 
Di Fabrizio (del 29/10/2008 @ 18:39:46, in Regole, visitato 4665 volte)

Da BlogStranieri

Nuove disposizioni in materia di ricongiungimenti familiari

Una circolare del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione sulle modifiche apportate alla disciplina. Portato a 180 giorni il termine per ottenere il visto di ingresso in Italia.

Con una circolare del 28 ottobre 2008 il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione ha fornito alcuni chiarimenti in merito alle nuove disposizioni in materia di ricongiungimento familiare ai sensi dell’articolo 29 del Testo Unico sull’immigrazione, alla luce delle modifiche apportate dal decreto legislativo n.160 del 3 ottobre 2008.
Le nuove disposizioni riguardano principalmente i requisiti oggettivi e soggettivi in capo al richiedente ed ai familiari da ricongiungere, la cui sussistenza deve essere accertata, rispettivamente, dagli Sportelli Unici e dalle Rappresentanze italiane all’estero.
In particolare, i requisiti oggettivi in base ai quali è possibile concedere il nulla osta al ricongiungimento familiare sono stati così modificati:

Reddito. Lo straniero che chiede il ricongiungimento deve dimostrare di percepire un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, aumentato della metà per ogni familiare da ricongiungere (maggiori dettagli nella circolare).
Assicurazione sanitaria. Previsto l’obbligo di stipulare - nel caso in cui venga richiesto il ricongiungimento per genitori ultra sessantacinquenni - una assicurazione sanitaria o di provvedere all’iscrizione al servizio sanitario nazionale (maggiori dettagli nella circolare).

Le novità concernenti i requisiti soggettivi sono:

Coniuge. E’ ammessa l’istanza di ricongiungimento del coniuge non legalmente separato purché di età non inferiore a diciotto anni.
Figli. Previsti particolari casi di ricongiungimento familiare con figli maggiorenni in ragione del loro stato di salute.
Genitori. E’ ammessa la richiesta di ricongiungimento familiare per genitori a carico, qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o provenienza, ovvero per i genitori ultra sessantacinquenni, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati e, gravi motivi di salute.
Rapporti di famiglia e stato di salute - Documentazione probatoria. Ove gli stati relativi alla sussistenza dei rapporti di parentela e di salute non possano essere documentati in modo certo mediante certificati o attestazioni rilasciati da competenti autorità straniere, le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni anche sulla base dell’esame del DNA.

Infine, viene portato da novanta a centottanta giorni il termine oltre il quale lo straniero può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane.

Decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 160

Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, recante attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare

Art. 1.

1. All’articolo 29 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dal decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, recante attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Lo straniero può chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari:
a) coniuge non legalmente separato e di età non inferiore ai diciotto anni;
b) figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati, a condizione che l’altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;
c) figli maggiorenni a carico, qualora per ragioni oggettive non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute che comporti invalidità totale;
d) genitori a carico, qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza, ovvero genitori ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati, gravi motivi di salute.»;
b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
«1-bis. Ove gli stati di cui al comma 1, lettere b), c) e d), non possano essere documentati in modo certo mediante certificati o attestazioni rilasciati da competenti autorità straniere, in ragione della mancanza di una autorità riconosciuta o comunque quando sussistano fondati dubbi sulla autenticità della predetta documentazione, le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni, ai sensi dell’articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200, sulla base dell’esame del DNA (acido desossiribonucleico), effettuato a spese degli interessati.»;
c) al comma 3, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale aumentato della metà dell’importo dell’assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere. Per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici ovvero per il ricongiungimento di due o più familiari dei titolari dello status di protezione sussidiaria è richiesto, in ogni caso, un reddito non inferiore al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.»;
d) al comma 3, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:
«b-bis) di una assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo, a garantire la copertura di tutti i rischi nel territorio nazionale a favore dell’ascendente ultrasessantacinquenne ovvero della sua iscrizione al Servizio sanitario nazionale, previo pagamento di un contributo il cui importo è da determinarsi con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro il 30 ottobre 2008 e da aggiornarsi con cadenza biennale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano»;
e) al comma 8 le parole: «novanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «centottanta giorni».

 
Di Fabrizio (del 27/10/2008 @ 09:29:45, in Regole, visitato 1958 volte)

di Luigi Spezia - Il giorno stesso in cui è stata pubblicata su Repubblica la lettera di denuncia di una passeggera, l'Atc ha sospeso dal servizio e dallo stipendio il controllore che ha trattato un gruppo di rom, adulti e bambini, con frasi ingiuriose e razziste. "Comportamenti estranei ad Atc", dice una nota dell'azienda di trasporti. L'episodio era accaduto martedì scorso alle ore 8 di mattina sulla linea 35, quando tre controllori sono saliti a bordo in via dello Scalo.

La signora Linda Serra ha raccontato con molta accuratezza le frasi che uno dei tre controllori (numero di matricola 09043) ha rivolto ai rom e che hanno evidentemente trovato riscontro in una rapida istruttoria eseguita dai superiori del dipendente Atc. Proprio mentre stava verificando il biglietto della signora, il controllore ha iniziato col dire "adesso vi liberiamo di un po' di puzza", poi rivolto ad una coppia rom con un bambino ha detto, sempre secondo la lettera della signora, "tu sacco di pulci o cacci il biglietto oppure vieni in questura" e alla donna "ma stai zitta tu e vai a farti una doccia" e ancora "vieni adesso ti dico anche dove abito così quando vieni a casa ti punto la doppietta che ho nel cassetto, vieni con i tuoi amici che ho i cani che hanno fame... tornate al tuo paese sacco di pulci... adesso andiamo in questura e vediamo che ti succede... te la faccio passare io la voglia di venire in Italia". Un uomo si è ribellato e dopo aver ammesso di non avere il biglietto ha chiesto che cosa avessero fatto di male, ma l'altro l'avrebbe rintuzzato: "Dovete rispondere delle offese che ci avete fatto, ci avete offeso". La signora Serra a questo punto è intervenuta e ha preso le difese delle persone insultate: "Siete voi che state offendendo e ci state sottoponendo ad una scena degradante".

La scena è stata ricostruita dai responsabili del settore verifiche dell'Atc che hanno preso molto a cuore il caso e hanno emesso un primo verdetto molto duro nei confronti del dipendente: "Il fatto segnalato è molto grave e a seguito di questa segnalazione il verificatore che dovrà rendere conto sul piano disciplinare del comportamento tenuto, è stato comunque da subito sospeso dal servizio e dalla retribuzione. Frasi come quelle riportate non sono tollerabili da Atc che per suo mestiere e tradizione offre il servizio di trasporto indiscriminatamente a tutte le persone, alle quali è richiesto solamente di essere in regola con le norme di utilizzo di biglietti e abbonamenti sul bus".

Atc non si identifica con il titolo attribuito alla lettera pubblicata ("Razzismo Atc") "essendo essa stessa danneggiata da un comportamento individuale di cui è chiamato a rispondere personalmente il dipendente che se ne è reso responsabile. Generalmente i verificatori espletano il loro lavoro con riconosciuta professionalità e dovuta cortesia".
(24 ottobre 2008)

 
Di Fabrizio (del 21/10/2008 @ 08:43:15, in Regole, visitato 1576 volte)

Ricevo da Maria Grazia Dicati

Dall'Unità 20 ottobre 2008

Da tempo si difendeva dicendo: sì, mi hanno condannato in primo grado, ma in appello vincerò. E invece no.

Anche la corte d'appello di Venezia ha condannato a due mesi di reclusione, pena sospesa, il sindaco di Verona Flavio Tosi per violazione della Legge Mancino. Assieme ad altri cinque esponenti leghisti, Tosi è stato riconosciuto colpevole di propaganda di idee razziste per aver dato vita nell'estate 2001 a una raccolta di firme per sgombrare un campo nomadi abusivo nel capoluogo scaligero.

Tosi, all'epoca dei fatti consigliere regionale, era stato querelato da sette nomadi sinti e dall'Opera Nazionale Nomadi (Onn) assieme a Matteo Bragantini, Barbara Tosi (sorella di Flavio), Luca Coletto, Enrico Corsi e Maurizio Filippi. Già in primo grado, nel dicembre 2004 i sei erano stati condannati per discriminazione razziale a sei mesi.

Il 30 gennaio del 2007 la Corte d'Appello di Venezia aveva ridotto le pene a due mesi, assolvendoli dall'accusa di odio razziale. Il verdetto era stato poi parzialmente annullato dalla Cassazione - con il mantenimento però dell'assoluzione per l'ipotesi di odio razziale - e rinviato a nuovo esame, sempre a Venezia.

A carico degli esponenti leghisti anche un risarcimento danni di 2500 euro per ognuno dei sinti costituitisi parte civile e di cinquemila euro a favore dell'Onn.

Ricorrerà in Cassazione il sindaco di Verona Flavio Tosi. Lo ha annunciato lo stesso Tosi non appena informato della decisione dei giudici lagunari. «Avevano ragione - osserva il sindaco - quanti mi dicevano che sarebbe stato ben difficile che una sezione della Corte d'Appello smentisse un'altra. Alla fine sarà di nuovo la Cassazione a pronunciare la parola definitiva su questa vicenda». Tosi non ha dubbi sulla correttezza giuridica del proprio operato: «rifarei tutto ciò che ho fatto per difendere i miei concittadini - spiega - Purtroppo devo constatare come nella magistratura ci sia ancora chi non sa distinguere fra chi delinque e chi difende le persone oneste».

 
Di Fabrizio (del 18/10/2008 @ 09:40:40, in Regole, visitato 1415 volte)

Da Roma_Francais

La giustizia accorda 300 euro a 60 Rom espulsi - Marylise COURAUD et Vanessa RIPOCHE.

Il 4 luglio la polizia ha sloggiato una sessantina di rom da un campo situato su di un terreno abbandonato di Doulon a Nantes - Marc Roger

E' un giudizio che farà epoca. Un magistrato ha condannato ieri lo Stato a versare i danni e gli interessi a questi Zigani sloggiati il 4 luglio da un terreno non attrezzato a Nantes.

Quel mattino, il sole si era appena levato, poliziotti, e carri attrezzi sono all'opera. Su un terreno abbandonato, nel quartiere di Doulon, a Nantes, alcune famiglie rom impacchettano qualcosa in fretta, prima di lasciare le roulottes. A qualche metro, una donne di Médecins du Monde ed una volontaria della Lega dei diritti dell'uomo assistono all'espulsione, impotenti. Alcuni poliziotti municipali impediscono l'accesso al terreno.

Scene identiche o quasi animano regolarmente l'agglomerato nantese. E gli Zigani spingono sempre un po' più lontano le loro roulottes. Ma quel 4 luglio, le associazioni che non hanno potuto giocare il loro ruolo tradizionale di osservatori, sono sbalordite.

"Umiliazione"

Allora gli avvocati  esaminano più da vicino le condizioni dell'espulsione. Molto in fretta, considerano che la procedura è irregolare. Nella precipitazione, lo Stato avrebbe saltato una tappa.

E' quello che, in effetti, va a confermare il giudice dell'esecuzione, Daniel Castagné. Nel quadro di un'espulsione, è obbligatorio l'ordine di lasciare il posto con una data ed un termine. Ma ai Rom non è stata data che la scadenza del termine.

"Considero che non siano state rispettate le regole," spiega il giudice. "Dev'essere lasciata una scelta agli occupanti diversa dall'intervento delle forze dell'ordine." Questo obbligo "costituisce l'ultima possibilità accordata alle persone per evitare di subire l'umiliazione di una espulsione da parte della forza pubblica," scrive Daniel Castagné. "I Rom non conoscono i loro diritti, così è più facile espellerli," ha spiegato Sylvie Bourjon, in occasione dell'udienza.

Il giudizio emesso ieri non è stato senza conseguenze. Il magistrato ha condannato il ministero dell'Ecologia, proprietario del terreno, a versare 300 € per danni ed interessi a ciascuna persona espulsa. Una sessantina, tra uomini, donne e bambini. "Le famiglie non hanno avuto nessuna scelta. Qual è la libertà di partire quando si è circondati da numerosi poliziotti? Sono stati umiliati dalla forza pubblica," stima Daniel Castagné.

Gli avvocati delle famiglie e le associazioni si dichiarano "estremamente soddisfatti". "E' una primizia. Si spera che questo farà progredire il rispetto dei diritti," osserva Loïc Bourgeois. "E' una popolazione che disturba, di cui ci si vuole sbarazzare il più in fretta possibile. Così, li si espelle senza rispettare le regole della Repubblica." Il ministero potrà appellarsi alla decisione.

 
Di Sucar Drom (del 10/10/2008 @ 21:06:02, in Regole, visitato 2108 volte)

Questa mattina si è svolta la quarta udienza del processo per direttissima contro Sonia Campos (rilasciata il 23 settembre scorso), il marito Angelo Campos e Denis Rossetto (detenuti in attesa di giudizio). Il processo è iniziato sabato 6 settembre e si è concluso oggi, 10 ottobre, con un patteggiamento. La condanna è per resistenza a pubblico ufficiale, la seconda accusa di tentato furto di una pistola è caduta alla terza udienza.

Nessuno dei tre condannati tornerà in carcere e i famigliari di Sonia e Angelo Campos e Denis Rossetto hanno preventivamente rimesso le denuncie contro alcuni Carabinieri della caserma di Bussolengo, presentate nel pomeriggio di sabato 6 settembre. Le denunce erano state presentate da Giorgio Campos, Michele Campos, Paolo Campos, Cristian Hudorovich e Anna Gerogeowistch.

Nessun commento ad oggi delle famiglie Campos e Rossetto. Un commento lo possiamo fare noi di sucardrom innanzitutto per farvi capire il clima in Tribunale a Verona. Nelle udienze precedenti tutti erano chiusi e rabbuiati, un clima pesante aleggiava nell’aula. Oggi al contrario erano tutti felici contenti, a partire dal giudice, passando per i pubblici ministero e gli avvocati, fino ad arrivare ai Rom. Baci abbracci e il Giudice che fa la ramanzina paternalistica ad Angelo Campos e Denis Rossetto e li libera con un buffetto sulla guancia. Insomma tutto bene quello che finisce bene…

Purtroppo non è così. Le famiglie rom hanno la conferma che non serve a niente denunciare i soprusi subiti, perché tanto non potranno mai far valere i loro diritti. Immaginiamo già cosa ci diranno da domani: “avete visto… dove vivete? sulla luna? per rivendicare i “vostri” diritti siamo finiti in carcere…”.

Nelle comunità sinte e rom il messaggio sarà chiaro: lo Stato è un nostro nemico! E questo non è bene perché avremo una sempre più ermetica chiusura e conseguenti scontri sempre più duri che saranno un disastro per tutti.

L’associazione Sucar Drom non si ferma. In questi giorni stiamo contattando diversi avvocati per capire la possibilità di intentare una causa presso i tribunali internazionali, viste la difficoltà incontrate in Italia.

 
Di Fabrizio (del 09/10/2008 @ 10:18:31, in Regole, visitato 1370 volte)

Cara amica, caro amico,

come avrai sentito, la Procura della Repubblica di Treviso, su richiesta dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) da noi chiamato in causa, ha aperto un fascicolo su Gentilini e le sue spaventose dichiarazioni. Tutto ciò è stato fatto per ottenere un’immediata risposta: cosa di enorme importanza sia da un punto di vista politico che mediatico.

Questo, però, è soltanto il primo, indispensabile, passo. Perché quest’azione abbia un effetto non solo sicuro ma duraturo, cioè influisca e faccia diritto, bisogna andare avanti.

Con l’aiuto, indispensabile, dell’Avv. Maiorca dell’ASGI abbiamo preparato una bozza di denuncia che chiunque si senta offeso dalle parole di Gentilini può presentare, attraverso il suo avvocato di fiducia alla Procura della Repubblica della sua città. E penso che almeno le associazioni di Rom, di Sinti e di immigrati, oltre a quelle antirazziste e di solidarietà, dovrebbero tutte farlo.

La denuncia, così come l'abbiamo approntata (e ci sarebbero margini di miglioramento da discutere con gli avvocati) mette in luce _TRE __distinte fattispecie penalmente rilevanti_: propaganda razzista, istigazione alla commissione di atti di discriminazione (entrambi ex art. 3, lett. a) l.654/75) e istigazione alla violenza per motivi razzisti (art. 3, ma lettera b, della legge). Tre aspetti importantissimi che non sappiamo se rientrino tra quelli per i quali Gentilini viene già indagato visto che i giornali non ne danno notizia precisa. Una ragione in più per promuovere le azioni che suggeriamo.

Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi a:
info@osservazione.org

Le probabilità che Gentilini, dati i venti che tirano, oggi, in Italia, venga condannato non sono molte, ma noi intendiamo arrivare in fondo a questa questione. È, prima di tutto, indispensabile che venga formalmente incriminato, cosa tanto più probabile quante più saranno le persone e le associazioni che lo denunceranno. Se poi, una volta processato in Italia, non otterremo la condanna definitiva, ci rivolgeremo alle Corti di Giustizia Internazionali.

Le cronache di questi giorni registrano un aumento continuo di violenze contro Rom, Sinti ed immigrati, chiaramente istigate e poi assolte dalle parole di personaggi terribili. Ciò che ha detto dal palco Gentilini a Venezia, però, supera ogni limite di decenza e di legalità.

Star zitti in questi casi non solo si avvicina troppo a complicità, ma rischia di rappresentare un incoraggiamento ad alzare ancor più i toni.

Dobbiamo assolutamente fermare questo nuovo squadrismo prima che sia troppo tardi.

Piero Colacicchi - Presidente di OsservAzione

P.S. per un miglior coordinamento di quest’azione chiediamo a tutte le persone e associazioni che presenteranno denuncia di segnalarcelo nei dettagli scrivendo a : info@osservazione.org 

OsservAzione centro di ricerca azione contro la discriminazione di rom e sinti.
web: www.osservazione.org
OsservAzione è un`Associazione di promozione sociale impegnata nella lotta contro l`anti-ziganismo e le violazioni dei diritti umani e per la promozione dei diritti di rom e sinti in Italia.

 
Di Fabrizio (del 07/10/2008 @ 21:46:36, in Regole, visitato 7728 volte)

Ricevo da Agostino Rota Martir (qui i fatti a cui si riferisce), con preghiera di fare circolare

All’Ill.mo Sig. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di ______
ATTO DI DENUNCIA E QUERELA

Il sottoscritto ______, nato a ____ (_____), il _______, residente in ____, via _____, in qualità di legale rappresentante dell’Associazione _____, [iscritta al registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni (art. 6 del D. Lgs.215/03) con il numero __] assistito e rappresentato, giusta delega in calce al presente atto, dall’avv. _______ del Foro di _______, con studio in ______, via _______ n. __, espone quanto segue:

- in occasione del raduno politico organizzato dal partito politico "Lega Nord" a Venezia in data 14.09.2008, GENTILINI Giancarlo, vicesindaco di Treviso ed esponente politico di rilievo del partito"Lega Nord", nel corso di un pubblico comizio innanzi ad una pluralità di astanti si rendeva autore di numerose affermazioni di carattere indiscutibilmente razzista;
Di seguito si dà nota di alcune delle frasi pronunciate dal Gentilini:

( L’intervento nella sua interezza è reperibile sia al
sito: http://it.youtube.com/watch?v=_WCZNQJkV3E
sia a : http://bontempelli.altervista.org/gentilini.flv)

"Io voglio la rivoluzione contro gli extracomunitari clandestini!"; "voglio la pulizia dalle strade di tutte queste etnie che distruggono il nostro paese!"; "voglio la rivoluzione nei confronti di nomadi! Dei zingari!"; "ho distrutto due campi di nomadi e di zingari a Treviso!"; "voglio eliminare tutti i bambini dei zingari che vanno a rubare dagli anziani!"; "voglio tolleranza a doppio zero!"; "voglio la rivoluzione contro coloro che vogliono aprire le moschee e i centri islamici!"; "no! Vadano a pregare nei deserti!"; "basta islamici! Che tornino ai loro paesi!"; "che vadano a pisciare nelle loro moschee!" (a proposito degli avventori dei locali etnici); "voglio la rivoluzione nei confronti (di coloro) che tollerano i veli e i burqua!"; "io non so chi si nasconda sotto il velo o col burqua, ci potrebbe essere uno coi coglioni o col mitra tra le gambe!"; "non voglio vedere consigliere neri, gialli, marroni, grigi, insegnare ai nostri giovani! Cosa insegnano? La civiltà del deserto? La civiltà di coloro che scappano dietro ai leoni o quelli che corrono dietro alle gazzelle per mangiarle?".

- Il contenuto delle parole pronunciate pubblicamente da Gentilini è incontestabilmente razzista e connotato in modo tale da assumere una autonoma rilevanza penale ai sensi della normativa in tema di discriminazione;
- tali affermazioni possono essere considerate come fattispecie di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, come vera e propria istigazione alla commissione di atti discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e, infine, come istigazione alla violenza o ad atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Tali comportamenti sono condannati dalla Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il del 21 dicembre 1965, ratificata in Italia con legge 13 ottobre 1975, n. 654;

- la legge 13.10.1975, n. 654, così come modificata dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, punisce da un lato la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, dall’altro l’istigazione alla commissione di atti discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e, come figura di reato più grave l’istigazione alla violenza o ad atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
- l’art. 3 della legge 654/75, così come sostituito dall’art. 13, l. 85/2006, prevede che:

"1) Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione della disposizione dell’art. 4 della convenzione, è punito:
a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;";


- E’ del tutto incontrovertibile che le affermazioni pubbliche del Gentilini assumano rilevanza penale ai sensi delle norme di cui sopra sotto la plurima valenza della propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, dell’istigazione alla commissione di atti discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e sotto quella, più grave ancora, dell’istigazione alla commissione di atti di violenza o di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

a) La nozione di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, utilizzabile ai fini dell’applicazione delle norme contro le manifestazioni verbali di discriminazione, si riferisce alla diffusione di idee razziste che inducono, in capo ai destinatari, la formazione di un giudizio che giustifichi o incoraggi forme di odio e di discriminazione razziale;

- Si ritiene che il reato si perfezioni nel momento in cui il pensiero di matrice razzista, oltre ad essere esternato, venga "divulgato", pervenendo a conoscenza di una pluralità di altre persone. In altri termini, il reato si considera consumato a prescindere dall’effettivo "credito" riscontrato presso "l’altro", bastando bensì la mera ricezione. La propaganda razzista si può pertanto definire come reato di mera condotta, che assume cioè rilevanza penale senza necessariamente comportare una modificazione nell’ambiente esterno. In tal senso, si dà nota di quanto afferma la giurisprudenza in materia: "La condotta di diffusione di idee fondate sull’odio razziale presuppone che il "diffusore" si rivolga a molti interlocutori o comunque svolga un’opera di proselitismo e di istigazione indiretta" (Trib. Treviso, sent. 6.6.2000, n. 492);

b) La condotta tenuta da Gentilini può inoltre ben configurare un’ipotesi di reato di istigazione alla commissione di atti di discriminazione per motivi razziali o etnici, essendo ravvisabile nel discorso da lui pronunciato un vis istigativa alla formazione di propositi razzisti e un sotteso plauso verso atti di discriminazione fondati sulla superiorità etnica (si veda a tal proposito Trib. Verona, sent. 2.12.2004/24.2.2005, n. 2203);

- basti dire che per la sussistenza del reato in parola, non rileva che l’incitamento sia stato effettivamente accolto da coloro a cui è rivolto, essendo bensì sufficiente che questo sia potenzialmente idoneo ad influire sul pensiero altrui. D'altronde non si può non tenere conto della circostanza della carica istituzionale ricoperta da Gentilini e della credibilità che gli uditori del comizio indubbiamente riconoscono a quanto da lui affermato;

- è importante peraltro sottolineare che gli atti di discriminazione oggetto di istigazione non devono essere per forza illegittimi, al contrario quindi di quelli presi in considerazione dalla normativa civilistica. Una differenza importante tra l’ambito della tutela civile e quello della normativa penale è infatti costituta, per la prima, dal requisito della illegittimità, che deve essere propria della condotta perché sia considerata discriminatoria ai sensi dell’art. 43 d.lgs. 286/98, mentre la norma penale, nel vietare l’istigazione alla commissione di atti discriminatori, comprende anche quelle condotte che ai sensi della norma civile non sarebbero vietate, ma bensì considerate legittime.

c) Infine, non si può non evidenziare come il discorso tenuto da Gentilini sia connotato da un grado di violenza tale da configurare un’autonoma imputazione per istigazione alla commissione di atti di violenza o di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Affermazioni del tipo "voglio la pulizia dalle strade di tutte queste etnie che distruggono il nostro paese!"; "voglio la rivoluzione nei confronti di nomadi! Dei zingari!"; "ho distrutto due campi di nomadi e di zingari a Treviso!"; "voglio eliminare tutti i bambini dei zingari che vanno a rubare dagli anziani!" mostrano un’intenzione non solo ostile, ma caratterizzata da un ulteriore grado di violenza ancora più estremo.

E’ del tutto manifesto quanta violenza vi sia in chi inneggia pubblicamente alla "pulizia" nei confronti di altri esseri umani, alla "distruzione" totale delle abitazioni di Rom e Sinti o, infine, addirittura ad una vera e propria "eliminazione" di bambini. Tali parole non possono che riportare alla mente immagini inquietanti di pulizie etniche e di stermini di massa.

- Nessuna giustificazione ha peraltro la circostanza che Gentilini abbia pronunciato tali parole all’interno di una manifestazione politica giacchè si ritiene che, in un ambito "sensibile" qual è la tutela contro il razzismo, ci si debba nondimeno attenere ai principi della giurisprudenza in materia di reati di opinione, secondo i quali "il diritto alla libera manifestazione del pensiero, tutelato dall’art. 21 Cost., non può essere esteso fino alla giustificazione di atti o comportamenti che, pur estrinsecandosi in una esternazione delle proprie convinzioni, ledono tuttavia altri principi di rilevanza costituzionale ed i valori tutelati dall’ordinamento giuridico interno e internazionale" (Corte Cass., sez. I, sent. 28.2.2001, n. 341);
- il bene tutelato dalla normativa in tema di antidiscriminazione è la stessa dignità umana, intesa come il diritto umano fondamentale, pieno ed assoluto di ogni uomo ad essere differente per razza, etnia, religione, nazionalità, senza che tale diversità diventi ragione per alcuna diminuzione nel rispetto, nella comprensione e nella tolleranza ricevuti;
- infine: "Non è illecito avere pregiudizi in sé, nemmeno se tali pregiudizi sono di tipo razziale, etnico, nazionale o religioso. E’ illecito se, e solo se, il pregiudizio (…) si trasforma da pensiero intimo del singolo uomo a pensiero che l’uomo (singolo o in gruppo) diffonde in qualunque modo argomentando la superiorità della propria razza, etnia o nazione o compiendo o incitando a compiere atti di discriminazione per ragioni di razza, etnia, nazione, religione." (Trib. Verona, sent. 2.12.2004/24.2.2005, n. 2203).

* * * * *

Per tutti i suesposti motivi, poiché negli episodi sopra descritti paiono ravvisarsi gli estremi:

  1. del reato di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, di cui all’art. 3, c. 1, lett. a) legge 654/1975,
  2. del reato di istigazione alla commissione di atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi di cui all’art. 3, c. 1, lett. a) legge 654/1975,
  3. del reato di istigazione alla commissione di atti di violenza o di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi di cui all’art. 3, c. 1, lett. b) legge 654/1975,

lo scrivente sporge formale

DENUNCIA-QUERELA

affinché si proceda nei termini di legge nei confronti del sig. GENTILINI Giancarlo e delle persone che la S.V. individuerà come autori o responsabili, anche per omissione, dei fatti, e per tutti i reati che comunque saranno ravvisati nelle fattispecie descritte, anche ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 3 della legge 654/1975.

Riservandosi la costituzione di parte civile in prosieguo di causa, nomina suo difensore di fiducia ex art. 96, 101 c.p.p., l’avv. _____ del Foro di ______, con studio in ____, via ______ n. __.

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 408, co. 2, c.p.p., chiede di essere informato di eventuali richieste di archiviazione.

Dichiara altresì, ai sensi e per gli effetti dell’art. 459, comma 1, c.p.p. di opporsi all’eventuale emissione di decreto penale di condanna, nei confronti dei responsabili dei fatti di cui in narrativa perseguibili a querela di parte.

Con osservanza.

Luogo e data


Nome cognome legale rappresentante associazione


E’ autentica

(avv. ________)

 
Di Fabrizio (del 03/10/2008 @ 09:42:15, in Regole, visitato 1537 volte)

Ricevo da Clochard

La recente richiesta di archiviazione delle denunce presentate sulla base della notissima ordinanza fiorentina contro i "lavavetri" sposta sul piano del diritto un dibattito che sino ad oggi è stato dominato dalla politica. Inutile disquisire se il procuratore di Firenze sia tecnicamente nel giusto nella sua richiesta di archiviazione, tanto più che la politica muscolare prospettata dal sindaco Domenici preannuncia una ricerca con il lanternino del comma utile a fungere da deterrente verso la temuta rioccupazione degli incroci. Tanto vale quindi attendere il prossimo atto. E' invece utile fornire ai cittadini qualche dato di contesto sino ad oggi trascurato.

Per chi non ami nascondersi dietro un dito, è evidente che l'attività dei lavavetri è nella quasi totalità dei casi una forma malamente dissimulata di mendicità. Ne condivide la funzione economica, e pone gli stessi, oggettivi, problemi di potenziale sfruttamento e difficile inserimento nel tessuto urbano. Ora, piaccia o no, la mendicità degli adulti è nel nostro ordinamento perfettamente lecita. La sanzione della mendicità "semplice" è stata dichiarata incostituzionale nel 1995. Cosa ancora più imbarazzante, e da nessuno sinora ricordata, è che il reato di mendicità "invasiva", che la sentenza della corte costituzionale aveva lasciato in piedi, venne cancellato dal legislatore nel 1999, senza introdurre alcuna sanzione amministrativa. Scelta incauta del governo dell'epoca? Forse, ma comprensibilmente ciò non muta la realtà del diritto. Il lavavetri e il mendicante possono commettere reati comuni (molestie, minacce, e così via)? Certo. Ed è anche possibile che gli strumenti a disposizione per la repressione di questi reati (che spesso prevedono una querela della parte offesa) siano deboli. Esistevano, in paesi e epoche non remoti, norme che punivano più gravemente i reati commessi da mendicanti. Pochi, credo, ne sosterrebbero pubblicamente la reintroduzione.

Non occorre poi essere giuristi raffinati per comprendere che il potere degli amministratori locali di proibire atti altrimenti leciti con ordinanze la cui violazione diventa indirettamente un reato è un'arma potenzialmente insidiosa per la libertà individuale, vista la discrezionalità insita nelle valutazioni sottostanti. Anche qui, va mantenuto un minimo di rigore. Le richieste ai semafori possono essere, come altre disavventure del quotidiano, fastidiose. Anche i lavavetri (come avvocati, professori, assessori, e così via) possono essere maleducati ed arroganti. E' anche però onesto chiedersi su quale base si valuti l'effettiva dimensione dei fenomeni di comportamento realmente aggressivo, al di là della generica intolleranza diffusa nella popolazione. "Leggende metropolitane" e altri fantasmi sono moneta corrente in queste vicende, e sarebbe interessante sentire come i lavavetri percepiscono noi automobilisti.

L'occasionale lavaggio non richiesto può essere - anche per chi scrive - fonte di irritazione. Ma siamo sicuri che l'interesse alla totale tranquillità del cittadino in quella peculiare e sacra appendice che è ormai l'automobile sia un'adeguata motivazione per la messa in moto di strumenti sanzionatori così solleciti e severi? A questo interrogativo aggiungeremo un dubbio anche più sgradevole. Rispettare lo "stato di diritto" nella quotidianità politica e amministrativa impone certamente di non espandere a discrezione l'area di quanto è suscettibile di sanzione penale. Ma presuppone anche che la messa in moto di qualsiasi macchina sanzionatoria sia scevra da sospetti di parzialità e doppi standard. La stretta sui lavavetri arriva invece quando quest'attività è a Firenze in grande prevalenza svolta da Rom, verso i quali esiste un radicatissimo pregiudizio In un paese dove, nonostante le costanti smentite giudiziarie, continua a sopravvivere il mito dei "Rom che rubano i bambini", ogni sospetto è lecito. Anche quello che l'ordinanza sia solo l'ennesimo caso in cui tutta la potenza di un diritto lasciato ordinariamente "dormiente" viene risvegliata solo per allontanare un gruppo comunque sgradito. Chi volesse curiosare tra i fascicoli dei vari procedimenti penali che portarono alla dichiarazione di incostituzionalità del reato di mendicità scoprirebbe che in tutti i casi, nessuno escluso, quella norma penale altrimenti notoriamente disapplicata era stata azionata contro Rom. E così via, in un'infinita serie di simili vicende, italiane e non. Per la sua campagna di legalità il comune di Firenze potrebbe in fondo trovare tra i Rom qualche valido consulente, visto che di "tolleranza zero", a loro spese, hanno esperienza da qualche secolo.

Alessandro Simoni
professore di sistemi giuridici comparati nell'Università di Firenze

 
Di Fabrizio (del 03/10/2008 @ 09:19:03, in Regole, visitato 1354 volte)

Da Romano Them

Roma, 21 settembre 2008 - Parlano italiano, mangiano italiano e tifano per le star del calcio italiano, ma non sono italiani. Nei fatti, è difficile dire cosa sono.

Migliaia di persone stanno vivendo in Italia senza cittadinanza o documenti d'identità di un qualche paese. Molti erano cittadini di paesi che non esistono più, come la Jugoslavia o l'Unione Sovietica. Ma non hanno mai ricevuto la cittadinanza dai paesi che hanno rimpiazzato la loro nazione che non c'è più, ed inoltre sono venuti a mancare i requisiti per diventare cittadini in Italia.

E' difficile capire quanti siano perché sopravvivono ai margini della società, ma la Comunità di Sant’Egidio, un'organizzazione cattolica di Roma, pone il numero tra i 10.000 e i 15.000 Sono spesso cacciati dalle autorità, che cercano di deportarli come immigranti illegali anche se non hanno dove andare.

La vita nel limbo può essere particolarmente dura per chi è nato ed è andato a scuola in Italia. Una volta che compiono 18 anni, per la legge diventano poco più che immigranti illegali.

"Noi non siamo jugoslavi, non siamo italiani. Siamo come nuvole," dice Toma Halilovic, che vive con i suoi genitori, moglie e bambini in due container in un campo improvvisato alla periferia di Roma.

Halilovic, 26 anni, è nato nella capitale italiana da genitori jugoslavi arrivati qua illegalmente negli anni '70. Ha frequentato la scuola dell'obbligo, fatto amicizie con i bambini del posto e si è appassionato per la squadra di calcio dell'AS Roma.

Quando compì 18 anni, pensava avrebbe ottenuto la cittadinanza. I figli nati da stranieri in Italia non ottengono automaticamente la cittadinanza, ma possono richiederla tra i 18 e i 19 anni se hanno vissuto continuativamente e legalmente nel paese.

Halilovic dice che la sua richiesta è stata rigettata per un tecnicismo. Alla nascita non è stato registrato come residente, perché in quel periodo non era richiesto dalla legge.

"Mi hanno detto che sono nato in transito," dice. "Cosa significa? Questo è il mio paese."

In alcuni casi, i genitori non registrano i figli alla nascita perché hanno perso la cittadinanza del loro paese d'origine e non possono rinnovare i loro permessi di residenza italiani, dice Paolo Morozzo della Rocca, professore di legge sull'immigrazione all'Università di Urbino.

Molti dei quasi invisibili in Italia sono Zingari dall'ex Jugoslavia. La mancanza di carte d'identità e permessi di lavoro offre loro poche opportunità di studiare, avere un lavoro e lasciare i poveri accampamenti che ospitano molta della popolazione di 150.000 Zingari in Italia.

Una soluzione per quelli come Halilovic è di dichiararsi ufficialmente apolidi. Una convenzione del 1954 dell'ONU, riconosce loro uno speciale passaporto, permesso di risiedere e lavorare in Italia, ed un rapido percorso verso la cittadinanza.

L'Alto Commissariato ONU per i Rifugiati dice che nel 2007, i governi hanno riconosciuto 886 apolidi in Italia, 948 in Francia, 4.461 nei Paesi Bassi e 9.091 in Germania. La Francia ha approntato un ufficio governativo per investigare sulle richieste di apolidia e trovato che impiegano di solito circa sei mesi.

Ma in Italia c'è una situazione da comma 22: il Ministero degli Interni richiede un permesso di residenza per riconoscere l'apolidia. Ed il permesso non può essere ottenuto senza un passaporto valido, che gli apolidi non hanno. Il Ministero dell'Interno non ha commentato.

L'unica alternativa è far causa al ministero in un tribunale civile, cosa che può prendere almeno tre anni, dice Morozzo della Rocca. Nota che la maggior parte della gente senza documenti manca del tempo e dei soldi per rivolgersi ad un tribunale.

"L'Italia si sta comportando con disonestà nell'applicare la convenzione," dice.

Il Ministro degli Interni Roberto Maroni ha detto recentemente che il governo intende garantire la cittadinanza ai bambini Zingari abbandonati nati in Italia. Ma i gruppi umanitari dicono che la vera sfida è accellerare il processo per dare agli apolidi i loro diritti.

Un problema è la difficoltà nel distinguere tra chi è veramente senza cittadinanza ed i migranti clandestini che si sbarazzano dei loro documenti dopo essere entrati in Italia, sperando di evitare il rimpatrio, dice Oliviero Forti, capo dell'ufficio immigrazione della Caritas.

"Per qualcuno è un piano: Strappano i loro documenti e prendono vantaggio dalla situazione," dice Forti. "Ma ci sono anche quelli nati nel nostro paese, hanno vissuto qui ed improvvisamente si scoprono ad essere illegali."

Source: Associated Press


PS: Una storia da Kelebek

 
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