Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
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La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 28/09/2013 @ 09:05:02, in Regole, visitato 1632 volte)

(26 settembre 2013) Svezia, la schedatura etnica viola i diritti dei rom

Amnesty International ha appreso con profonda preoccupazione la notizia, pubblicata dalla stampa svedese, secondo la quale il dipartimento di polizia di Skane ha proceduto alla schedatura illegale di oltre 4000 rom, apparentemente solo per motivi etnici.

Il database, contenente informazioni su persone nate tra la fine dell'800 e il 2011, è stato creato come strumento elettronico al servizio delle indagini criminali, sebbene la maggior parte delle persone schedate non abbia alcun precedente penale.

Il capo della polizia del dipartimento di Skane, il capo della polizia nazionale e i ministri della Giustizia e dell'Integrazione hanno espresso rammarico per la vicenda e si sono scusati pubblicamente.

La raccolta di informazioni personali unicamente sulla base dell'etnia è discriminatoria, priva di necessità e ingiustificata ed è una evidente violazione di standard internazionali ed europei in materia di privacy e libertà dalla discriminazione.

Amnesty International ha chiesto alle autorità svedesi di assicurare che tutte le persone ancora in vita schedate nel database siano contattate, informate della possibilità di presentare un reclamo e di pretendere un rimedio. Le autorità svedesi dovranno inoltre avviare un'inchiesta tempestiva, indipendente e imparziale sull'intera vicenda e verificare se presso altri dipartimenti di polizia esistano analoghi archivi.

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Di Fabrizio (del 29/09/2013 @ 09:08:18, in media, visitato 1654 volte)

Informazione scorretta, incitamento all'odio e discriminazione ai danni di rom e sinti: nei media italiani avviene più di 3 volte al giorno. E' quanto sostiene il rapporto "Antiziganismo 2.0" presentato oggi dall'Osservatorio 21 luglio, un progetto di monitoraggio della stampa italiana e dei siti web dell'Associazione 21 luglio contro le discriminazioni nei confronti della comunità rom. La ricerca è stata condotta dal 1 settembre 2012 al 15 maggio 2013; otto mesi e mezzo durante i quali sono stati monitorate oltre cento fonti di informazione, mettendo sotto la lente d'ingrandimento dichiarazioni dei politici, articoli, slogan elettorali e altro ancora. 852 le segnalazioni incriminate sulle oltre 2 mila su cui i volontari dell'Osservatorio hanno concentrato l'attenzione. Articoli, dichiarazioni di politici o cittadini comuni e altro che per il 56 per cento dei casi è stato indicato come "informazione scorretta" (482 casi), mentre quelli in cui l'Osservatorio ha ritenuto di trovare affermazioni incitanti all'odio o discriminanti sono 370, il restante 44 per cento, facendo registrare 1,43 casi al giorno di incitamento all'odio e discriminazioni e 1,86 episodi di informazione scorretta.

Politici, primi a discriminare. Analizzando le fonti da cui provengono i messaggi discriminanti e incitanti all'odio, i quotidiani risultano essere, sia nelle versioni cartacee che in quelle online, i principali mezzi coinvolti con il 63 per cento dei casi. Tuttavia sono gli esponenti politici i primi a discriminare. Autori della maggior parte dei messaggi incriminati, da soli hanno fatto registrare il 75 per cento dei casi. Al secondo posto, col 16 per cento dei casi i privati cittadini. Seguono giornalisti e ufficiali dello Stato. Ai partiti di destra o centro destra è attestabile, secondo l'Osservatorio, il 59 per cento dei casi. La Lega Nord è il partito a cui appartegono i politici di cui sono state segnalate le dichiarazioni sotto accusa, col 24 per cento dei casi (90 segnalazioni). Segue il Popolo della libertà, col 20 per cento dei casi (74 segnalazioni). Al terzo posto, ma La Destra con l'8,5 per cento dei casi.

Una "costante endemica" del panorama politico italiano. Lo studio ha riservato particolare attenzione al periodo preelettorale per le elezioni politiche nazionali dell'inizio del 2013. Ma dai dati non emerge un'impennata di dichiarazioni discriminanti, evidenziando "una sorta di assuefazione al discredito nei confronti delle comunità rom, talmente abituale e condiviso da non subire modificazioni statistiche laddove il senso comune ne suggeriva l'enfatizzazione, cioè durante i periodi di campagna elettorale". Per quanto riguarda la provenienza geografica delle segnalazioni, il Lazio si piazza al primo posto, col 33 per cento dei casi, e Roma risulta essere la città da cui provengono maggiormente tali messaggi, con 118 segnalazioni. Segue la Lombardia, col 22 per cento, ad una certa distanza l'Emilia Romagna, con il 7 per cento, il Veneto (6,4 per cento) e il Piemonte (6 per cento).

Stampa, cattiva maestra. Protagonisti assoluti dell'informazione scorretta, invece, i giornalisti, a cui l'Osservatorio addebita il 99 per cento dei casi di cattiva informazione su rom e sinti, con 477 segnalazioni. Quasi la totalità dei casi. Prima fra tutte le testate il Corriere della Sera, con tutte le sue numerose edizioni locali, che con 62 segnalazioni raggiunge il 12, 9 per cento di tutte quelle prese in esame. Segue Il Tirreno (52 segnalazioni, l'11 per cento), Il Giorno (39 segnalazioni, 8 per cento), Il Messaggero (36 segnalazioni, 7,5 per cento) e il Tempo, che insieme a La Repubblica (con le edizioni locali) raggiunge il 6 per cento delle segnalazioni. Seguono Il Giornale, Il Mattino di Padova e Il Centro, ma anche se lontane dalla cima della classifica, le segnalazioni riguardano anche le altre maggiori testate nazionali. La provenienza geografica della cattiva informazione su rom e sinti in Italia vede in testa la Lombardia, seguita da Lazio, Toscana, Veneto e Abruzzo, ma anche in questo caso è Roma la città da cui provengono la maggior parte delle segnalazioni (93), seguita da Milano (80). (ga-RS)

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Di Fabrizio (del 30/09/2013 @ 09:04:23, in Italia, visitato 1503 volte)

  Associazione Italiana Zingari oggi Sezione di volontariato Trentino-Alto Adige

Aizo - Associazione Italiana Zingari Oggi - sezione di volontariato del Trentino Alto Adige chiede ai politici che si candidano di adoperarsi per creare le condizioni ideali all'integrazione dei diversi gruppi linguistici e culturali presenti sul nostro territorio. In particolare modo si vuole far presente la situazione dei sinti e dei rom.
L'atteggiamento nei confronti di queste popolazioni è andato via via peggiorando con l'acutizzarsi della crisi economica, di fatto sono i più deboli a rimetterci. La discriminazione nei confronti di queste popolazioni la si tocca con mano:

  • quando si fanno gli incontri per la legge LP 12 del 2009: legge che dal 2009 aspetta l'applicazione e che di fatto non è sostenuta da nessuna forza politica. La legge dovrebbe migliorare le condizioni delle popolazioni rom e sinte, agevolando l'inclusione con la popolazione maggioritaria. I rappresentati di quest'ultima ignorano questa legge e gli eventuali benefici creando diffidenza e distanza fra questi popoli, da sempre discriminati, e la politica (che dovrebbe rappresentarli- infatti la maggior parte dei sinti e dei rom sono italiani);
  • quando si parla di pacchetto o di legge sulle minoranze, una normativa quella del Trentino Alto Adige invidiata da tutta Europa; alla richiesta della popolazione sinta e rom di essere riconosciuta minoranza linguistica nessuno sostiene questo diritto;
  • quando si entra in una scuola dell'obbligo (e non solo, anche in tante scuole superiori) e ci si accorge che "a scuola" ha già tanti problemi... e ha dimenticato i bimbi sinti. Una scuola per tutti, che esclude in base alla diversità;
  • quando il diritto alla casa è optional: è veramente tanto tempo che si fanno inserimenti in appartamento di famiglie sinte e rom, a Trento da almeno 20 anni, a Rovereto circa una decina. Avete mai visto una di queste famiglie con un paio di figli e basta? Ebbene ogni famiglia numerosa che faccia domanda di casa Itea non può esigere il proprio diritto perché non ci sono case per famiglie numerose. Ma le case popolari le fanno per chi? Per i single? Oppure si ha il timore che le famiglie sinte numerose portino solo problemi?
  • quando un questionario fatto girare per un centinaio di aziende con la domanda: "Vuoi uno zingaro fra i tuoi operai?" ha fatto emergere che nessuno vuole sinti e rom. Venuti a conoscenza di questo ne abbiamo preso atto. Questa scoperta drammatica non ha provocato nulla;
  • quando gli atti di razzismo nei confronti della nostra ministra Kyenge sono motivo di scandalo, a tutti i livelli e da parte di tutti i partiti (esclusi i provocatori), mentre quando l'Associazione e i sinti abbiamo denunciato il Consigliere Giuliana per razzismo nessuno ci ha sostenuto; ci si potrebbe chiedere se esista un tipo diverso di razzismo.

Per questi motivi l'Associazione chiede che i politici tutti si esprimano pubblicamente sulle intenzioni o sul programma politico che intendono promuovere nei confronti delle popolazioni sinte e rom presenti sul territorio, ovvero se intendono ignorare la loro presenza o lavorare affinché in Trentino non ci siano cittadini di serie z, non ci siano ingiustizie, non trovi spazio il razzismo.

Il Presidente
Gian Luca Magagni

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Di Fabrizio (del 01/10/2013 @ 09:06:10, in casa, visitato 1475 volte)

Sabato, 28 Settembre 2013 17:26
Riceviamo e pubblichiamo:

Una bambina di sette anni con i suoi genitori, da un mese e mezzo, non avendo una casa, mangia e dorme nell'abitacolo di un'autovettura e da pochi giorni dentro un garage.

Dopo le ripetute richieste avanzate al Comune e ai diversi settori di pertinenza, ad oggi, i Commissari che gestiscono l'ente comunale non hanno ricevuto la famiglia e i Servizi sociali non si sono interessati minimamente del caso.

Lasciare che una bambina e i suoi genitori dormano su una automobile o sul cemento di un garage, non significa negare un diritto fondamentale ? In questo caso, è il comune di Reggio Calabria che nega questo diritto?

A queste domande la risposta che, da tempo, viene data dal Comune è la seguente: non ci sono alloggi disponibili per l'assegnazione.

Ma le cose non stanno così, e gli addetti ai lavori lo sanno bene.

Gli alloggi popolari necessari, da assegnare alle famiglie che ne hanno bisogno, ci sono. Su tutto il territorio della città, da Bocale a Catona, tantissimi (nell'ordine di qualche centinaio) sono gli alloggi popolari che non sono più abitati dagli assegnatari e che, secondo la normativa vigente, dovrebbero tornare nella disponibilità del Comune, se l'ente applicasse la legge e quindi disponesse le verifiche sulla permanenza dei requisiti degli assegnatari.

Non è solo l'Opera Nomadi che, da diversi anni, denuncia questa grave situazione di cattiva gestione della politica della casa e di illegalità. Nella relazione redatta dalla Commissione di Accesso al Comune di Reggio Calabria che ha portato allo scioglimento dell'ente alla pagina 59 viene riportato: "non risultano essere stati svolti dall'Ente accertamenti periodici al fine di verificare la sussistenza, nel tempo, dei requisiti che hanno portato all'iniziale assegnazione. Tale situazione di palese, ingiustificato inattivismo ha evidentemente determinato situazioni di palese irregolarità nelle quali, verosimilmente, alcuni inquilini hanno continuato a mantenere la disponibilità dell'alloggio popolare pur non avendone i requisiti ed a discapito di altri soggetti in stato di concreta ed attuale necessità".

Rispetto al periodo (2012), precedente al Commissariamento del comune, in cui la Commissione ministeriale ha verificato questo aspetto della politica comunale, nulla è cambiato. Anche in quest'ultimo anno le verifiche non sono state effettuate.

Se la Commissione straordinaria cominciasse ad applicare la legge effettuando le verifiche ritornerebbero al Comune almeno 1.000 alloggi, che potrebbe essere assegnati alle famiglie che ne hanno bisogno e urgenza (art. 31 della legge reg.le 32/1996), come la famiglia Amato.

In questo momento di crisi economica, riteniamo che sia particolarmente grave che il Comune non faccia nulla per riprendersi e assegnare gli alloggi non abitati, mentre tante famiglie non riescono a far fronte all'affitto, oppure sono già senza una casa e sono costrette a dormire su un'automobile.

Una Commissione di prefetti che amministra un comune sciolto per contiguità mafiosa e con una situazione debitoria molto grave, ha sicuramente molte cose importanti e urgenti da fare.

Ma a nostro parere la Commissione dovrebbe mettere anche questa tra le azioni importanti da fare, visto che è un'azione che non incide sul bilancio comunale e che serve a ripristinare una condizione di legalità e di giustizia sociale.

Pertanto chiediamo che la Commissione straordinaria provveda ad effettuare le operazioni di legge necessarie per assegnare alla famiglia Amato un alloggio popolare e proceda allo stesso modo per altri nuclei che si trovano nella stessa condizione.

Il presidente
Sig. Antonino Giacomo Marino

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Di Fabrizio (del 02/10/2013 @ 09:03:51, in casa, visitato 1207 volte)

Donne rom scioperano: By: Joe Fiorito Columnist, Published on Wed Sep 18 2013

Un gruppo di inquiline rom, inaspettatamente schiette, sono scese in sciopero dell'affitto per protestare contro le condizioni dei loro appartamenti.

Le romnià sono in sciopero dell'affitto, non tutte ma solo alcune, e non avevo mai sentito di una cosa simile. Ma ne hanno abbastanza.

Vivono con le loro famiglie in una serie di appartamenti popolari in Lake Shore Blvd. W. Ero lì l'altro giorno. Ma prima avevamo parlato sullo sciopero dell'affitto, qui nella vostra Toronto:

Nel parcheggio dietro gli appartamenti, una macchina abbandonata, portiere ammaccate, finestrini rotti, i bambini ci sono appoggiati come ad un'attrezzatura da parco giochi; nessuno sa di chi sia quella macchina.

In lontananza si possono vedere gli alberi spinosi e le bianche vele delle imbarcazioni ormeggiate nella marina sulle sponde del lago.

Quando arrivai, c'erano una mezza dozzina di donne che aspettavano nel parcheggio. Tutte volevano parlare, tutte assieme. Avevo l'aiuto di un traduttore ungherese, grazie al servizio legale della Parkdale Community.

Ho iniziato chiedendo dove fossero gli uomini. "Hoo, ha!" mi hanno risposto in segno di affettuosa derisione.

OK, perché uno sciopero dell'affitto?

Dicono di aver avuto molte difficoltà ad ottenere le riparazioni, e quando il lavoro è stato fatto,hanno dovuto pagarle di tasca propria e il costo non è stato detratto dal canone d'affitto.

Sono andate ingruppo, un paio di volte, nell'ufficio del padrone di casa, che è un avvocato. Gli incontri non sono andati bene.

Il fatto ha dello straordinario, perché la maggior parte dei Rom a Toronto evita di fare qualsiasi cosa che possa risvegliare attenzione nei loro confronti.

Il servizio legale della Parkdale Community ha scritto una lettera di lamentela al proprietario. Che a sua volta, ha risposto al servizio legale a stretto giro di posta, suggerendo di rivolgere le lamentele all'amministratore dell'immobile. "Comprendo che il responsabile della proprietà ha già avuto a che fare con qualcuno di voi", è nella sua risposta. Aggiungendo che gli inquilini che danneggiano la proprietà potrebbero essere sfrattati.

Secondo il legale di Parkdale, due famiglie hanno pagato l'affitto dopo le riparazioni. Ma diciotto famiglie continuano a rifiutarsi di farlo.

In ognuno dei tre edifici ci sono 38 unità.

In che condizioni sono?

Dice una donna "Lo scarico del vater non funziona. Devo usare un secchio." Riempie il secchio nella vasca da bagno e lo svuota nello scarico.

Cos'altro?

"Devo usare lo scotch per le finestre, perché non cadano." Le lastre di vetro sono rotte e, dicono, le finestre non si aprono o si chiudono correttamente.

"Il pavimento si sta sollevando e ci sono tonnellate di scarafaggi." Le altre, tutte, annuiscono all'elenco delle lamentele.

La discussione continua sui piccoli animali negli appartamenti, forse topi o forse ratti, per arrivare alle cimici.

Un'altra donna dice: "Venerdì non ho potuto usare la toilette, e ho dovuto andare in quella della vicina."

Quale vicina?

"Quella del secchio."

Oh, santo cielo!

Aggiunge: "Le tubazioni perdono. Ho dovuto chiudere l'acqua calda. Il lavandino è così intasato che la sua acqua sgorga dalla vasca da bagno."

Un'altra donna dice: "Ho molti scarafaggi. Il parquet sta andando. In camera da letto non ho elettricità, le prese non funzionano. Da aprile, non funziona il forno, e..."

Un attimo... Il forno non funziona? Come prepara la cena per la famiglia? "Uso la cucina di qualcuna che conosco." Cucina prima o dopo che l'ha fatto la sua vicina?

Quando lei ha già cucinato.

Un'altra dice: "Il mio bagno era intasato. Si sono allagati il mio appartamento e quello della famiglia al piano di sotto."

Infine, una donna: "Ho quattro bambini. La toilette non funziona. In cucina il rubinetto non si chiude. In cucina la dispensa è senza antine. Le finestre sono rotte. Il pavimento si sta sollevando."

Una delle donne mi concede di dare un'occhiata. Quando apre la porta di casa, gli scarafaggi scappano sui controsoffitti, attraverso la stufa, sotto i piedi e lungo le pareti. Rispondendo alle vostre domande, è una casalinga ordinata e pulita.

Aveva ragione su finestre e pavimento, e sulle perdite, e tornando a pianterreno, ho notato che le luci d'emergenza non funzionavano ed i corridoi erano al buio.

Di sicuro non è giusto.

Ho chiamato il proprietaro, l'avvocato. Ha detto di essere troppo occupato per avere un colloquio. Ha suggerito di sentire l'amministratore dell'edificio.

Quest'ultimo non voleva ammettere che ci fossero dei problemi, poi voleva sapere quale fossero gli appartamenti problematici ed infine, dietro suggerimento del suo avvocato, si è rifiutata di parlare.

Giusto così.

Così, settimana scorsa alcuni inquilini hanno avuto le attese riparazioni, che due famiglie hanno giudicato soddisfacenti. Ma ci sono ancora 18 famiglie che non stanno pagando l'affitto, e girà voce che la proprietà voglia portare il caso in tribunale.

Restate sintonizzati.

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Di Fabrizio (del 03/10/2013 @ 09:05:05, in Regole, visitato 1850 volte)

Osservatorio Balcani e Caucaso - Bozhidar Stanishic' 23 settembre 2013

Berlino, il Muro (Foto Context Travel, Flickr)

Il recente voto del Parlamento Europeo sulla possibile reintroduzione dei visti rappresenta un'ulteriore minaccia alla libertà di movimento in Europa e la violazione di una promessa. Il commento

Il 12 settembre il Parlamento Europeo ha votato un dispositivo di legge che rende possibile il ritorno dei visti per i cittadini dei Balcani occidentali.

I paesi più minacciati dalla possibilità di reintroduzione della misura sono la Bosnia Erzegovina, la Serbia e la Macedonia, paesi che fanno parte della cosiddetta "lista bianca" di Schengen e da poco beneficiano di un sistema agevolato di visti.

I 631 parlamentari presenti al voto hanno votato a maggioranza, 328, a favore dell'introduzione del meccanismo che permette il ritorno temporaneo del regime dei visti in situazioni d'emergenza e in casi di abuso del sistema.

Anche se questo "meccanismo di sicurezza" adottato dal Parlamento europeo non è una misura, ma solo una possibilità, esso potrà scattare su richiesta di uno o più paesi membri dell'Unione se qualcuno di loro avrà notato un aumento considerevole (superiore al 50%) delle richieste dei cosiddetti falsi richiedenti asilo.

In tale caso, il meccanismo sarà applicato per un periodo di sei mesi, con una possibile proroga per altri nove mesi. In breve: basta una lettera di uno degli stati dell'Unione poi si radunano gli esperti (che a Bruxelles non mancano mai ) e si va al voto. Il gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE), come sempre, sarà compatto.

Tanja Fajon, eurodeputata slovena, attenta alle problematiche di quella parte del vecchio continente, oltre alla critica del meccanismo di una votazione seguita ad un dibattito burrascoso (secondo lei il voto era illegale per la limitazione dei diritti del Parlamento e avrebbe dovuto essere fatta in un altro momento), è stata chiara: "Il Partito popolare europeo, insieme alle forze populiste e conservative del Parlamento europeo, ha mostrato per l’ennesima volta di non avere alcun riguardo per la sicurezza dei cittadini europei e per la libertà di movimento, che sono uno dei diritti umani fondamentali."

Jelko Kacin, consigliere del Parlamento europeo per i Balcani, da buon impiegato dice che non bisogna esserne preoccupati. Il meccanismo, sostiene, potrà essere applicato solo fino al 2016.

La vergogna delle file di fronte ai consolati
Subito dopo aver letto la notizia della possibile reintroduzione dei visti, nel primo pomeriggio del 12 settembre, ho incontrato a Udine un mio compaesano, originario della Bosnia occidentale. Anche lui aveva sentito la stessa notizia.

"Grazie a Dio, noi siamo a posto. Tutti in famiglia ora abbiamo la cittadinanza italiana."

Cosa potevo dire a quel mio amico, un ex impiegato che in Friuli si è trasformato in piastrellista? Citargli il profeta Geremia, la sua riflessione su Gerusalemme: "Se io ti dimentico, o Gerusalemme, dimentichi la mia mano destra ogni abilità"?

Un'ora più tardi mi ha chiamato un altro amico dalla Bosnia: "Che cosa vogliono da noi?" Stranamente contento perché il mio coetaneo non ha detto "che cosa volete", cercavo di consolarlo: "Tieni presente che non si tratta di una misura che è stata adottata, ma di una possibilità..." Mi ha interrotto: "Ma chi sono queste persone che, fra tutti i problemi in cui l'Europa è immersa, hanno tempo per discutere di un pugno di furbi, emarginati e qualche disperato che approfitta del regime dei visti per fare domanda di asilo?" Che cosa potevo o dovevo rispondergli?

Ho un'esperienza in materia. All'inizio del 1997, su proposta della sede italiana di un'organizzazione internazionale, sono stato al Consiglio d'Europa, a Strasburgo, per dare uno sguardo personale alla problematica del difficile ritorno dei profughi bosniaci al paese d'origine dopo la guerra. Sono tornato a casa con un'impressione più che amara: insieme agli altri relatori, compaesani esuli in diversi paesi europei, ho constatato l'ignoranza della materia da parte della stragrande maggioranza dei membri della commissione davanti a cui avevamo esposto le nostre osservazioni. Ricordo che un rappresentante romeno ha incominciato il suo commento con queste parole: "Nel mio paese c'è un proverbio: Chi ha visto un cavallo verde e un serbo onesto?"

Il mio amico ha proseguito, come se avesse intuito la mia risposta: "Quindi, i rappresentanti parlamentari di 28 paesi membri dell'Unione si sono pronunciati a favore di una misura del tutto fuori dallo spirito europeo?" Che potevo rispondergli: "Mica tutti hanno letto le opere di Massimo Cacciari o di Edgar Morin, o riescono a comprendere che l'Europa è un arcipelago, le cui isole sono pure i paesi dei Balcani occidentali..."

Lui, come se volesse dar sfogo a quella ribellione che di solito finisce fra le quattro pareti domestiche, mi ha chiesto: "Di nuovo, quindi, chi vuole viaggiare dovrà mettersi in fila davanti alle porte dei consolati? Le file, le file di nuovo! Che vergogna! In 328 hanno votato sì, 48 astenuti! Va bene, il mio rispetto a quei 238 con le palle umane!" Aggiungendo che non pensava più a sé, ma ai giovani, ha detto che secondo lui c'era qualcosa sotto, non soltanto la questione dei visti.

"Forse è l'annuncio che noi, secondo quei signori seduti sulle poltrone d'Europa che hanno alzato la mano del loro 'sì', non siamo benvenuti, né come viaggiatori né come Stati?"

Un lontano ricordo: la caduta del Muro
Tutti noi che ricordiamo la caduta del Muro, ricordiamo pure non solo i fuochi d'artificio e lo sventolare delle bandiere, ma pure le parole pronunciate, piene di promesse per un futuro migliore per tutti gli europei. Certo, promettere fa parte del mestiere del politico, perciò ricordo più volentieri la critica di Günter Grass sull'ipocrisia dell'accoglienza dei rifugiati nel periodo del dopo Muro. Secondo Grass, finita l'emergenza, finiti i nomi eccellenti dei personaggi in fuga dall'altra parte del Muro, si sono spenti i riflettori dei media, si è asciugato l'inchiostro nelle penne dei giornalisti.

Tradotto in parole povere, oggi, niente più Sacharov, né scrittori e intellettuali polacchi, ungheresi, romeni ed altri dell'ex blocco sovietico, ma persone, numeri, profughi delle guerre umanitarie, disperati senza nome.

Credo che il 12 settembre 2013 debba essere considerata una giornata vergognosa, e non solo per il Parlamento europeo. La vergogna è ancora superiore per coloro che rappresentano i partiti di destra (non dimentico i cittadini che li hanno votati) nei paesi dell'ex Est Europa. Mi pare che la memoria, là, sia diventata un lusso, forse una pillola proibita. Mi chiedo quanti a Riga, Praga, Varsavia, Budapest e altre città simbolo dell'oppressione dei regimi comunisti si ricordano della Cortina di Ferro, dell'impossibilità di viaggiare, di visitare le città occidentali. Quando i loro rappresentanti politici nell'Unione hanno alzato la mano per un "si" che minaccia milioni di cittadini dei paesi dei Balcani occidentali, da tempo paria di questa Europa promessa, si ricordavano quella marea di promesse del novembre 1989?

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Di Fabrizio (del 04/10/2013 @ 09:07:48, in Italia, visitato 1161 volte)

Lunedì, 23 Settembre 2013 16:56 Dopo anni di "nomadismo" una casa stabile per l'associazione. Napoli città sociale

All'associazione Chi Rom e Chi no... da anni protagonista di interventi per la scolarizzazione, il sostegno e la lotta alla discriminazione nei confronti delle popolazioni Rom di Napoli il comune di Napoli riconosce una sede negli spazi dell'Auditorium di Scampia.

"Un luogo combattuto e conquistato con grande fatica alla fine di un percorso accidentato, difficile, ma costruito con fiducia e intesa con il comune di Napoli, che ha riconosciuto nella nostra storia e nei tanti progetti in cantiere un'occasione di sviluppo per il quartiere e per la nostra città", scrivono i membri dell'associazione, " In questo spazio, Chi rom e...chi no potrà continuare il lavoro di ricerca-azione sui temi dell'educazione, dell'housing, della pedagogia attiva, quello politico sullo spazio pubblico, sulla partecipazione attiva e consapevole dei cittadini rom, italiani e stranieri". L'associazione che tra i tanti laboratori attivati vanta l'acclamata esperienza teatrale di Arrevuoto che ha coinvolto ragazzi Rom e italiani e che di recente ha dato vita a La Kumpania l' impresa sociale (che lavora attraverso la gastronomia rom e italiana combattendo le discriminazioni etniche, sociali, di genere, creando forme di economia comunitaria) avrà ora una casa con una grande e sana cucina.

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Di Fabrizio (del 05/10/2013 @ 09:07:13, in Italia, visitato 1204 volte)

Stefano Cavalli è di Piacenza, ha una bella cravatta verde, è anche commissario per la Lega Nord di Reggio Emilia. In regione è vicepresidente della Commissione II (Politiche economiche) e componente della commissione V (Turismo, cultura, scuola, formazione, lavoro, sport).

Ignoro quali siano le sue competenze sulle tematiche rom e sinte, ma evidentemente l'essere di Piacenza è una molla più forte della competenza.

Leggo sulle cronache locali (ilPiacenza e PiacenzaSera), che in una serie di dichiarazioni il nostro:

  • si lamenta di ben 63 case assegnate ai nomadi di Piacenza (non si specifica se siano Rom o Sinti, se siano siano stranieri, italiani oppure piacentini);
  • contemporaneamente si aspetta "la chiusura totale dei campi nomadi in tutta l'Emilia Romagna";
  • e ovviamente, chiude i suoi ragionamenti con "la diffusa e manifesta indisponibilità ad integrarsi delle comunità di nomadi": "per definizione, in transito e poco inclini all'integrazione"

Dall'alto della mia ignoranza, non capisco cosa voglia questo Cavalli, come intenda affrontare la situazione, con quali mezzi, soldi e tempi (e logica)

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Di Fabrizio (del 07/10/2013 @ 09:00:56, in scuola, visitato 1399 volte)

I sacchetti - Monday, September 30, 2013 BALKAN CREW

Mirela abita al ponte Gazela. Nella casetta n. 67, fatta di cartone, lamiera e compensato. Questo è il suo indirizzo. Ha due sorelle ed un fratello. Frequenta la sesta classe. Un giorno, a scuola hanno parlato sul tema "Piccole cose che per noi significano molto" Alcuni bambini hanno raccontato del telefonino cellulare, alcuni di collezioni di bigiotterie, altri di cartoline arrivate da ogni parte del mondo oppure di libri, album di figurine e così via. Mirela ha deciso senza un attimo di esitazione: le borse di plastica. I normalissimi sacchetti per la spesa. Per lei sono piccolezze ordinarie ma anche cose importanti nella sua vita e in quella dei suoi fratellini. I bambini l'ascoltano con interesse.
Alle prime non la capiscono ma sono certi che sia un'alunna in grado di fornire sempre risposte esatte e attinenti. E' un'ottima alunna.

- Quali sacchetti? Di caramelle? Di regali?- chiedono alternandosi i bambini, impedendole di finire il suo racconto.
- I sacchetti, i sacchetti qualunque - ripete semplicemente Mirela. - Io conservo sempre i sacchetti perché so che mi aiuteranno. Se cade la pioggia, la nostra casetta ha un sacco di buchi nel tetto, che il papà ripara sempre. Ma non serve a niente. Quando piove fuori, piove anche dentro la nostra piccola abitazione. Io allora salvo quello che è più importante, i libri ed i quaderni di scuola e li metto nelle borse di plastica che mi ha dato la commessa del negozio al blocco 28 *.
Così sono un po' tranquilla perché so che le mie cose non si bagneranno, so che resteranno belle asciutte.
Le borse per me sono importanti anche quando vado a scuola.
La mamma, a me e ai miei fratelli, infila in ogni piede un sacchetto, che lega intorno al ginocchio. Solo così possiamo passare attraverso il Gazela e il fango del villaggio. Una volta raggiunto l'asfalto io levo i sacchetti e resto con le scarpe da ginnastica pulite. Questo è l'unico modo per venire a scuola e non essere rimandata indietro. Sì, perché le addette delle pulizie non vogliono che sporchi e dicono che siccome vivo nel fango non c'è altro modo per liberarmene. Io custodisco ogni sacchetto che mi capita e, prima o poi lo uso-.

- A volte, quando vedo che qualcuno sta per buttarne via uno ancora pulito, non mi vergogno di chiederglielo per piacere. Le borse di plastica mi serviranno anche alla fine della scuola di base*. Anche alle mie sorelle e a mio fratello. So che le persone nella vita di tutti i giorni non le notano considerandole insignificanti e spesso le gettano quando arrivano a casa, dopo averle svuotate di tutte le cose costose che ci sono dentro-.
Gli alunni se ne stanno in silenzio. L'insegnante dice che Mirela ha dato il migliore esempio di quanto le cose 'banali' di tutti i giorni, possano essere importanti nella nostra vita. Mirela ottiene un ottimo voto e l'indomani... l'indomani, l'insegnante e i bambini della sua classe le comprano un'infinità di borse che le potranno servire fino al termine della scuola.
Ed anche durante le vacanze, quando la scuola è chiusa. Mirela ama la pioggia, le piace pestare coi piedi nudi nelle pozzanghere e fare torte con il fango insieme agli altri bambini del villaggio.
Solo allora i suoi sacchetti si riposano ed aspettano in buon ordine di ritornare a scuola con la piccola Rom.

Racconto di Radmila Pecija Urosevic
Traduzione di Laura Maestrello


Vedi anche: Gazela

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Di Fabrizio (del 08/10/2013 @ 09:06:24, in Italia, visitato 1267 volte)

ASSOCIAZIONE OPERA NOMADI MILANO
COMUNICATO STAMPA

Siamo ormai prossimi al raggiungimento di metà mandato Amministrativo della Giunta milanese e un bilancio seppur provvisorio su come sia stata affrontata e gestita dai due Assessorati competenti (Politiche Sociali e Sicurezza Volontariato) la "questione Rom" è doveroso farlo. Diciamolo subito con chiarezza, il nostro è un giudizio sostanzialmente negativo per l'inerzia con cui si affrontano i problemi quotidiani, quelli che nascono all'interno delle Comunità Romanì e non trovano nessun interlocutore esterno con cui confrontarsi e quelli dei cittadini che subiscono l'assenza di un soggetto pubblico e istituzionale a cui chiedere risposte concrete e non solo intenzioni. Due anni fa invocammo una valutazione generale della situazione, per capire come e in quanto tempo il corso delle nuove azioni avrebbero dovuto produrre dei risultati. D'altra parte non si fa un po' questo quando di apre un nuovo "cantiere"? Si spiegano i motivi dell'opera e il progetto, i tempi di realizzazione con i conseguenti disagi, il costo, la fine dei lavori. Non ricevemmo alcuna risposta e i risultati ad oggi sembrano indicarne il motivo: non fornire dei dati oggettivi e qualitativi di partenza per la conoscenza di un fenomeno che si è chiamati a gestire consente di non comprendere chiaramente cosa verrà fatto nel tempo, come e con quali esiti. Il "Progetto" approvato dal Comune circa un anno fa non solo disattende i problemi nella loro sostanza, ma si è rivelato pure uno "schiaffo" per tutte quelle Associazioni chiamate ad esprimere il proprio parere ma poi nei fatti estromesse nella realizzazione della strategia. Altro che partecipazione!

Ma già, quale strategia?

Un conto sono le parole, un conto i fatti.

Ci si nasconde dietro le restrizioni economiche ma, in verità, grazie ai fondi statali del precedente Piano Maroni così tanti soldi non sono mai stati posti a "bilancio", sia pure per mezzo di una Convenzione stipulata con la Prefettura, per la realizzazione di azioni di inclusione rivolte alle comunità romanì milanesi. Quello che manca sono però proprio le azioni, cioè continua a prevalere l'assenza o l'abbandono degli interventi sociali intesi in senso lato a partire proprio dai campi comunali. Non c'è stata nessuna rivisitazione rispetto ai criteri di gestione di, poche e sempre meno... azioni affidate in molti casi a Enti che pure hanno sostanzialmente fallito o esaurito i loro compiti di "mediazione sociale", abbandonando al contempo quelle buone pratiche che nel passato avevano pur tra mille difficoltà garantito un dialogo più costruttivo con le comunità romanì. Ogni giorno riceviamo segnalazioni da parte di cittadini che ci chiedono perché mai non ci sia un interlocutore in grado di metterli a confronto e lavorare insieme alle comunità zigane, almeno quelle stanziate stabilmente da anni nei quartieri. Non dovrebbero essere questi i "patti" di convivenza? Non avrebbero forse un interesse generale? Eppure non sono cittadini prevenuti e ostili in molti casi, ma persone che vivono sulla propria pelle un disagio crescente e la frustrazione di non sapere a chi rivolgersi. E questa frustrazione, che provoca rabbia, delusione e reazioni sconsiderate è la stessa che ritroviamo nelle Comunità Zigane lasciate allo sbando. Dobbiamo forse concludere che alla retorica bellicosa in stile De Corato si sia solo avvicendato un linguaggio meno esasperato ma con un orizzonte culturale che resta simile: l'esclusione di rom e sinti dalle politiche pubbliche e la loro inevitabile "assimilazione"?

Milano, 7 Ottobre 2013-10-07

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