Rom e Sinti da tutto il mondo

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 14/08/2007 @ 09:17:51, in Kumpanija, visitato 1930 volte)

Da Mundo_Gitano (lungo, consiglio la lettura offline)

Ingegnere aeronautico, consulente per gli affari sociali del governo degli Stati Uniti, autore teatrale, poeta, giornalista, conferenziere, musico, filosofo, diffusore dellla cultura gitana in Internet nel tempo libero... Miguel Mendiola è un gitano stanziato negli Stati Uniti con cui si potrebbe conversare per ore e ore sugli argomenti più diversi e, come mostra nei suoi articoli, conta su un invidiabile senso dell'humour

[...]

Puoi commentarci alcuni dati della tua biografia?

Sono nato a Siviglia nel 1944. Sono nato in una famiglia mista paya (gagia) e gitana; anche se mi identifico di più con la parte gitana da parte di padre, in un barrio dove i vicini erano per lo più gitani e i payos che vivevano lì erano "gitanizzati". [...] Tutti avevamo una cosa in comune: la povertà. E quando si andava a mangiare da un vicino o dall'altro, non si pensava se uno era gitano o payo. Mi impressionava la solidarietà che esisteva e si dimostrava e come fosse possibile vivere in armonia specialmente quando la miseria ci lasciava nudi nella nostra umanità.

Da parte di padre, la mia famiglia era parte dei Vargas, una famiglia gitana molto antica ed estesa a Siviglia. Eravamo anche in buone relazioni con i Pavones, da parte di mia nonna Carmen. La mia famiglia ha sempre avuto passione per il Flamenco. Tutte le mie sorelle furono ballerine professioniste e mio fratello Rafael è chitarrista (fu membro del gruppo Farruco Los Bolecos).  Io sono la pecora nera della famiglia. Imparai a leggere e scrivere, cosa che non era molto comune per i giovani del barrio, dove la gente aveva altre preoccupazioni più urgenti: la fatica giornaliera di non saper cosa comprare per mangiare. Grazie ad alcuni zii da parte di madre, ho potuto studiare un poco.

Mi sposai molto giovane e venni a lavorare in America, perché a Siviglia non vedevo chiaro nel mio futuro. Qui per diversi anni ho lavorato come ingegnere nell'industria aeronautica. Attualmente lavoro per i Servizi Sociali dello stato di California, come supervisore di dipartimento. Non so il perché, mi è sempre piaciuto riflettere sulle cose e come a Camarón, "mi domandavo sul mio passo per questo Mondo". Da qui il mio amore per la Filosofia. Credo che per questo odiai tanto il mio lavoro e trovavo sollievo in altre cose, leggendo, per esempio. Cominciai a scrivere su tutte le stupidate che mi capitavano, anche poesie,  e ho non so quante casse piene di fogli e lettere, chissà a cosa serviranno, eccetto che ad aiutarmi a mettere in ordine i miei pensieri.

Mi incanta la musica folclorica e classica ed imparai da solo a suonare il flauto, semplicemente per intrattenermi. [...] Una volta scrissi un'opera teatrale andalusa. Venne presentata a Los Angeles con molto successo, ci lavoravano molti attori di teatro e del cinema ben conosciuti nell'area, diverse volte è stata sul punto di essere presentata in altri teatri, ma alla fine questo non succedeva mai per diverse disgraziate ragioni.

Quest'opera, La Salamandra contiene pezzi musicali che comprendono tutta la gamma del folclore andaluso, compreso soprattutto il flamenco (qui mi aiutarono mio fratello Rafael e mio cognato Enrique Soto "El sorderita"). I pezzi musicali accompagnano la trama e questo richiede che gli artisti sappiano anche ballare. E' un'opera difficile, però con un tema molto originale, anche se un buon direttore potrebbe semplificarla. Come succede sempre in queste cose, il problema è il denaro. Però intanto l'opera c'è, e qui sono anch'io al vostro servizio.

Quanti bambini hai mangiato oggi?

So che ti riferisci a "Una modesta proposta" [..] ispirata all'originale di Jonathan Swift, è una parodia che spero nessun abbia preso sul serio. Proponevo di tornare alla nostra venerabile tradizione di "mangia-bambini" per cui i payos che ci accusano di cannibalismo continuano ad avere ragione

[...] Esistono miti orribili sui gitani. Non molto tempo fa vidi un film dal titolo Il violino rosso. E' la storia di un violino che passando di mano in mano influenza la vita dei suoi padroni. Uno di loro muore e viene seppellito con il violino. Naturalmente, di seguito appaiono diversi gitani che la notte vanno nel cimitero, dissotterrano il morto e portano via il violino. Questo è un mito che prevale attraverso la storia e la letteratura: i gitani come saccheggiatori di tombe. Ma, se siamo tra i più paurosi al mondo! Io non vado da nessuna parte, nemmeno dal medico. Deve accompagnarmi qualcuno, altrimenti non ci vado. Come potremmo andare di notte in un cimitero a disseppellire i morti?! Però queste sono le immagini che vengono continuamente proiettate e che ci disumanizzano.

Credi che gli stereotipi ed i pregiudizi contro i gitani riguardino l'accesso al mondo del lavoro?

Sarebbe difficile che un impresario consideri dare un posto di lavoro ad una persona "sporca, vaga e bugiarda". Gli stereotipi sono ben saldi ed a quelli tradizionali dobbiamo aggiungere il più moderno di "drogato". Forse la miglior maniera di rispondere a questa domanda si troverebbe in quello che scrissi in un forum di Internet come risposta a chi accusava i gitani per stare dove sono e secondo loro siamo noi che non vogliamo integrarci e rifiutiamo il lavoro, pagare la tasse ed altro. "Il pregiudizio starebbe nell'attribuire a tutto un gruppo di persone virtù o difetti di una parte dei suoi componenti. Nel caso della comunità gitana,i razzisti vedono solamente il settore più povero e marginalizzato della comunità. [...] Analizzano le caratteristiche e concludono: Tutti gli individui di questo settore hanno attributi comuni. Già questo costituisce pregiudizio, perché in quel settore ci saranno sotto-settori ed individui che non corrispondono al comportamento segnalato. Entriamo per esempio in un barrio composto la maggior parte da gitani poveri, analfabeti e soprattutto marginalizzati dalla società. I razzisti concludono che tutti quanti vivono nel barrio sono gitani ed in secondo luogo che tutti sono pezzenti e drogati. Nessuna delle due cose è vera. Quello che può essere verità è che dentro a questo gruppo e dovuto alle condizioni estreme di vita, si incontra un maggior indice di delinquenza, come in tutti i gruppi marginalizzati, non importa siano payos o gitani.

Qualcuno menziona che le carceri sono piene di gitani. Una volta di più, è una dichiarazione falsa e razzista. Le carceri contengono payos e gitani, I numeri sono proporzionali al margine di povertà che esiste in entrambe i gruppi. Questo accade in tutti i paesi del mondo e con tutti i gruppi marginalizzati. Le carceri del mondo contengono molta gente povera. Punto.

Dichiarazioni di questa indole sono disegnate per segnalare un  gruppo determinato come speciali. "Le carceri sono piene di gitani" non è che una accusa mal dissimulata di qualcosa di intrinsecamente nocivo nell'etnia gitana, per cui ci sono "tanti" gitani in carcere. Questo è il messaggio subliminale (non così subliminale per quanti di noi abbiamo passato tanto tempo studiando l'origine, la causa e l'effetto del razzismo).

Una volta scoperti questi attributi nel settore scelto, li si estende a tutto il gruppo in generale. Così abbiamo iniziato a parlare non dei pregiudizi, ma del razzismo. I commenti di questi razzisti iniziano sempre con "i gitani così, i gitani cosà", includendo tutti. Non tutti sono uguali e ho conosciuto alcuni gitani onesti, però... Il però è il però razzista, molto conosciuto nei circoli dove studiamo queste cose, E' il però che addolora, che dispiace.

Il linguaggio razzista ha la sua propria grammatica e le sue proprie regole sintattiche. Il razzista non sa ma sospetta. Sono quelli che iniziano con "Io non sono razzista, però...", "Non lo dico per offendere, però..." ed iniziano ad offendere, oppure "Non voglio criticare, però..." e procedono a criticare.

Confidano nella loro ignoranza per cui tutti i gitani sono ladri, drogati, rapitori di bambini, ecc. non interessa loro se le loro conclusioni sono verità o menzogna. Queste cose del razzismo non sono facili. Per educare un razzista, occorrono molta pazienza, molti anni e molti ricorsi, che naturalmente non abbiamo e tanto meno con un mezzo come questo.

La colpa della marginalizzazione sofferta dal popolo gitano ricade sui gitani stessi nel non volersi integrare nella società maggioritaria. La parola "integrazione" viene pronunciata con irritazione. Come una maestra impaziente che vuole aiutare l'alunno, che però non collabora. Questo dell'integrazione viene da molto lontano. Ai gitani non viene permesso di essere gitani e per integrarsi devono lasciare i loro uffici tradizionali, come il lavoro dei metalli, la compravendita, la vendita ambulante ecc. Però nessuno ci ha mai spiegato perché il dedicarsi alla vendita ambulante sia un segno di ribellione, di non volersi integrare. Milioni di gagé ha i propri affari e nessuno glielo impedisce né parla loro di integrazione. Un'altra cosa che da fastidio è che alcuni gitani insistano in una certa forma di vestirsi. [...] Che danno possano fare, più che a quanti capricciosamente vogliono imporre i loro gusti?

Per molto tempo, si è proibito loro di parlare la propria lingua. Per integrarsi occorre parlare la lingua della comunità maggioritaria. Però il gitano parla la lingua maggioritaria. Non fa nessun danno il potere parlare un altra lingua, come il catalano, il basco, che si parlano senza menzionare la parolina "integrazione".

Per integrarsi occorre lasciare i costumi e le tradizioni gitane ed adottare quelle della comunità maggioritaria. Molti gruppi regionali hanno costumi e tradizioni proprie che non sono necessariamente celebrati nel resto del paese. Però a loro non si richiede di lasciare costumi  e tradizioni. Perché allora ai gitani? Una volta di più denoto in questa domanda un tono paternalista. Ed una volta di più stiamo parlando di certi settori della comunità gitana, perché non tutti i gitani seguono le antiche tradizioni. [...]

Cosa diresti ai bambini e bambine gitani ?

L'assenteismo scolastico tra i bambini è un problema grave e difficile da risolvere, specialmente quando ci riferiamo ai gruppi più marginalizzati.

E' particolarmente grave per il futuro di questi bambini quando si inizia male nella scuola primaria, Se non si piantano delle buone basi o non si termina il ciclo di studio, il bambino non tornerà a studiare, o se la fare più avanti sarà molto difficile

Quelle volte che si arriva alla scuola secondaria, c'è la frustrazione di tutto quanto non si è acquisito dei conoscimenti di base, costa nuovamente apprendere il livello superiore. [...] C'è mancanza di voglia, di motivazione e frustrazione che invitano ad abbandonare gli studi per sempre.

E' molto difficile parlare a bambini che vivono in condizioni sub-umane dei benefici del permanere nella scuola. Non c'è comunicazione perché questi concetti sono totalmente estranei a loro. A ciò dobbiamo aggiungere "l'aspettativa del fallimento". [...] E' dimostrato che l'indice di fallimento scolastico è molto elevata tra quei bambini ai cui si va dicendo che non avranno successo o glielo si fa intendere.

I tempi sono cambiati. Ai miei tempi, non avevo niente da decidere. Era mio padre, o la paura di mio padre, quello che mi faceva continuare. E dietro tutta la famiglia. [...] Credo sia cruciale per quanti oggi sono in un collegio, che hanno la fortuna di una borsa di studio, di terminare almeno gli studi di base. Non soltanto per loro, ma per tutta la comunità gitana. Abbiamo bisogno di gente con una professione, di leaders e di gente preparata. Necessitiamo di esempi. Questi chavales non hanno idea della trascendenza storica di cui fanno parte. [...]

Quali iniziative a favore della convivenza interculturale degli Stati Uniti sottolineeresti e quali potrebbero essere più facilmente adottabili in Spagna?

In questo paese non esiste la convivenza interculturale. Tutti i gruppi etnici, razziali e sociali sono segregati. I negri vivono nei loro quartieri, i cinesi nei loro e lo stesso per i latino americani. E nella società maggioritaria vediamo la separazione tra chi è ricco e chi non lo è tanto.

Non vedo nessuna iniziativa per poter cambiare il panorama. Ci sono molte leggi contro la discriminazione che dicono "Questo non si può dire e non si può fare quest'altro", ecc. In qualche caso, tante proibizioni risultano controproducenti, l'unica cosa a cui servono è separare maggiormente le differenti culture, allo svilupparsi di questo "non toccarmi" che ultimamente produce indifferenza. Io spero che questo sentimento di "politicamente corretto" che ha invaso la società americana non arrivi in Spagna.

Ciò che è sano è modificare l'equilibrio socio-economico tra i gruppi. Per questo abbiamo la politica di "azione affermativa" per cui tutte le imprese statali o che dipendano dal governo devono impiegare un certo numero di lavoratori di minoranze, secondo la percentuale che esiste nella società. In Spagna, traslando questa politica, avremmo un 2% di gitani impiegati dal governo e in tutte le aziende che dipendano dal governo.

Questa politica delle quote a prima vista sembra ingiusta. Però in qualche modo occorre pagare il debito storico, il danno causato da tanti anni di persecuzione e razzismo. A parte questo, non trovo sbagliato che tutti i gruppi di una società siano rappresentati nei differenti organi sociali, siano lavorali, politici o culturali.

Un articolo che pubblicasti sulla rivista I Tchatchipen lo titolasti "Il gitano nel XXI secolo". Sei ottimista o pessimista rispetto al nuovo secolo e millennio? Quali saranno i valori e le conoscenze più importanti?

Sono ottimista che in questa epoca le cose cambieranno significativamente e mi baso su due ragioni: le qualità gitane sono ideali per questo tempo di cambi drastici e la promozione di queste qualità, per mezzo di gitani preparati, sarà in funzione di progressione geometrica, lenta al principio, ma subito accelerata [...]

Parliamo un poco di queste "virtù" a cui tante volte mi riferisco e di cui sono tanto orgoglioso. Però chiarisco prima che quando parlo di qualità e virtù mi riferisco ad una cultura in generale e naturalmente ci sono eccezioni individuali.

La prima è la generosità inerente alla cultura gitana. Il fattore "bontà" come lo chiamo, contrapposto al fattore "avarizia" che predomina nelle culture lineari. Man mano che la società maggioritaria andrà facendosi più matura psicologicamente, inizierà a valorizzare individui con un alto livello di "coefficiente emozionale", più che di quello intellettuale. Una persona può avere un alto coefficiente di intelligenza ed essere allo stesso tempo un "gilipollas" che non serve a niente. Le imprese lavorali oggi van cercando gente che sia preparata, ma che sia anche flessibile, rapida a reagire ai cambi, che prenda decisioni in un batter d'occhio. In altre parole, tutto ciò di cui è carente un "idiota educato" o un "robot cibernetico". Questi saranno necessari per compiere una funzione specifica ma saranno, marco queste parole, i braccianti del secolo XXI. Non sanno ridere e ami impararono a piangere, per questo non intendono la natura umana. In questo secolo è sommamente importante, e chi meglio di un gitano per questo?

Quali valori stiamo cercando in questo secolo? Niente di più o di meno dei valori innati del gitano: osservazione, intuizione, adattabilità ecc. Il secolo XXI è alla nostra portata.

Chiaro che questi sono i termini generali, dobbiamo vincere tre ostacoli importanti:

  1. Reputazione. Gli stereotipi nei quali stiamo asfissiando.
  2. La mancanza di preparazione scolastica.
  3. La poca esperienza in lavori non tradizionali.

Di questo parleremo un'altra volta. Però voglio tornare a parlare delle virtù gitane, anche se le mie sono opinioni molto personali basate sulla mia esperienza. Però spero di trovare appoggio in questa difesa del buono della cultura gitana e forse un giorno, che potremmo denominare "dell'effettività gitana", questo si converta in uno slogan universale tra di noi.

Questa effettività è più di un "coefficiente emozionale". Non conoscevo questo termine sino a poco tempo fa, anche se l'avevo descritto con le mie parole. Un amico, mentre parlavamo di queste cose, mi disse che le mie teorie sulla cultura gitana e "l'effettività gitana" erano comuni quel che un certo Goleman aveva denominato "coefficiente emozionale". Per il dottor Daniel Goleman, queste qualità includono l'intuizione, la capacità di osservazione, l'empatia e la destrezza, che marcano le persone con successo nella vita. Sono capacità basiche necessarie per il successo nel campo lavorale. Tutte sono qualità gitane per cui deduco che il gitano sia "emozionalmente intelligente".

Le persone che hanno un deficit di coefficiente emozionale solgono essere introverse, antisociali, riservate. Hanno gran difficoltà nell'intendere la comunicazione non verbale [...] Ecco il "gilipollas"... che è l'antitesi del gitano. Però, se il gitano è così "sveglio", perché non ha il successo che dovrebbe? Per i tre ostacoli di cui ho parlato prima.

Nel momento in cui il gitano otterrà una educazione scolare e si integrerà nella forza lavoro, vedremo un'ascensione esponenziale [...].

Dobbiamo tradurre queste qualità nel campo lavorale. Quando succederà, il gitano sarà molto impiegabile e molto sollecitato. Le grandi imprese stanno dannandosi per incontrare persone con queste qualità, che siano decisivi nel gestire le crisi, nella risoluzione dei conflitti e nel saper prendere decisioni con un'alta percentuale di successo. Credo che il secolo XXI sia il secolo del gitano.

Hai anche scritto che "la famiglia è il fulcro (il punto di appoggio) della vita del gitano". Come credi che interverranno i nuovi tempi nel concetto di famiglia nella cultura gitana?

Spero con tutta l'anima che non si perda niente, perché il giorno che il gitano non amerà la sua famiglia, non rispetterà i genitori, non gli importerà se un fratello è ammalato, sarà la fine della gitanità.

Il nostro amore per la famiglia va oltre quello che qualsiasi persona decente possa sentire per la sua gente. La nostra è devozione e sorpassa l'amore naturale tanto in qualità che come estensione. Amiamo e ci preoccupiamo per qualsiasi cugino di primo, secondo o terzo grado, mentre la maggioranza della gente neanche lo conosce o sospetta della sua esistenza. Questa unione e amore filiale è stata l'affinità degli atomi della nostra cultura.  Tutto quanto pregiudica la conservazione di questo amore filiale, tutto - ripeto, è antizigano. Non importa se è qualcosa di tanto nobile cole la religione, tanto canaglia come la droga o tanto mondano come la politica, l'avarizia o l'egoismo. Di questo potremmo parlare a lungo e lo lasciamo ad un'altra occasione.

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Di Fabrizio (del 13/08/2007 @ 09:37:28, in Italia, visitato 1581 volte)

Tra le tante segnalazioni che mi stanno arrivando dopo il rogo di Livorno dove sono morti quattro piccoli Rom, un commento di Radames Gabrielli di Nevo Drom. Secondo voi, davvero i campi rom (abusivi o meno) sono a rischio?

Che grande dispiacere................................
ecco che cosa succede a costruire i cosiddetti campi nomadi... adesso chi si prende la colpa!!! logicamente sempre dei poveri... quelli che non hanno niente per vivere decentemente... li prendono e li buttano nei campi nomadi... e la popolazione permette che ne costruiscono più grandi. così che si possono bruciare tutti, sinti e rom in un colpo solo. dice che faranno le indagini... ma veramente chi a la colpa!!!

radames.

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Di Sucar Drom (del 12/08/2007 @ 09:24:40, in blog, visitato 1698 volte)

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Di Fabrizio (del 11/08/2007 @ 09:17:35, in Europa, visitato 1478 volte)

BELGRADO -- Un graffito "Morte ai Rom" è stato scritto sul muro di una casa abitata da una famiglia Rom.

Le famiglie Rom che vivono nel distretto di Borča, alla periferia di Belgrado, affermano di temere attacchi.

L'uomo sul cui muro è apparsa la scritta, Emin Gani, dice che la sera prima c'era stata una grande festa, e che l'unico motivo potrebbe essere l'invidia.

"Non ho dormito tutta la notte, continuo a guardare dalla finestra. Non so cosa fare, se dovremmo lasciare il quartiere oppure no. Non so dove andare," dice Gani.

Dragan Stanković, del Consiglio Nazionale Rom e membro del consiglio comunale, dice che questo non è il primo incidente motivato dall'odio contro i Rom del quartiere.

Dice che la migliore soluzione sarebbe che i tribunali diventassero più attivi e severi.

I tribunali sono deboli. La polizia ferma chi scrive i graffiti, ed il giudice li rilascia e firma un rapporto. A questa gente è permesso di girare nuovamente libera e fare quel che vogliono," dice Stanković.

Secondo statistiche del Partito Rom, il numero di attacchi contro i Rom in Serbia resta immutato, quasi uno al giorno.

Il partito afferma che l'unico cambiamento positivo è che i Rom ora denunciano i crimini contro di loro, ma in molti non hanno un'esperienza positiva con gli ufficiali dello stato.

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Di Fabrizio (del 10/08/2007 @ 09:26:02, in media, visitato 1774 volte)


Emergenza Rom

Roma, 17 luglio 2007.

I rappresentanti delle comunità Rom della capitale raccontano in prima persona la vita da zingaro. E spiegano cosa sono i Patti della legalità voluti dalla giunta Veltroni

Realizzato da Arcoiris Roma (clicca per accedere alla pagina e visualizzare il filmato)

Riprese:Paolo Dimalio
Interviste: Francesca Chippari
Montaggio: Paolo Dimalio

lunghezza: 36,19 min.

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Di Fabrizio (del 09/08/2007 @ 09:30:55, in scuola, visitato 2321 volte)

Ricevo da Maria Grazia Dicati

Cronistoria e Motivazione di un Percorso Matematico

Le proposte raccolte si riferiscono a un percorso di insegnamento-apprendimento relativamente ad alcuni concetti aritmetici ed in particolare al concetto di numero

Tale percorso é il risultato di una attività di "ricerca sul campo" come fonte privilegiata per l'acquisizione di conoscenze e di tecniche più adeguate per favorire l' apprendimento degli alunni Rom.

Per gli alunni Rom ai quali si riferisce lo specifico intervento didattico l'apprendimento risultava condizionato da numerosi fattori, tra cui l’insufficiente conoscenza della lingua italiana e la mancanza di esperienze prescolastiche nella scuola dell’infanzia.

Tali problematiche, rivelatesi in tutta la loro gravità in un'alunna, hanno rappresentato la "motivazione psicologica e professionale" per la ricerca-azione.

“All’inizio del mio lavoro, come insegnante distaccata dalla classe, ben presto mi sono accorta del grave dislivello degli alunni rom rispetto ai compagni: tutti per quanto riguarda l’area logico matematica avevano grosse lacune perfino sugli apprendimenti elementari e primari, concetti chiave che pregiudicano gli apprendimenti successivi.

Una ragazzina di V conosceva a fatica i numeri entro il 10 con incertezza nella lettura tra il 7 ed il 4 e il 6 ed il 9, un'altra di IV conosceva con difficoltà i numeri entro il cento ma non conosceva la struttura della numerazione in base 10, un'alunna di II non conosceva i numeri e.... potrei continuare con altri esempi.

Dopo i primi tentativi di ripercorrere le fasi in modo più lento, individualizzando al massimo il percorso e utilizzando i materiali più comuni (regoli, blocchi logici, multibase...), mi sono accorta che i risultati non erano soddisfacenti ed inoltre i bambini erano demotivati e a volte si rifiutavano di lavorare.

Si era tentato di utilizzare alcuni giochi motori, ma l’eccitazione ed altri elementi interferivano nell’attenzione e nella concentrazione e non favorivano né l’apprendimento né la relazione

Una bambina in particolare soffriva tremendamente e non riusciva a capacitarsi sul fatto che tutti avevano imparato mentre lei no : era talmente frustata e si sentiva così inferiore rispetto ai suoi compagni che anche nelle attività dove era molto brava, ad esempio nel gioco della pallavolo, era impacciata e rigida; in classe si mimetizzava, non interveniva e non partecipava , inutili erano le mie spiegazioni sul fatto che lei parlava un’altra lingua e che l’insegnante, non conoscendo tale lingua, si trovava in difficoltà.

D’altra parte la non conoscenza dei segni numerici e delle prime competenze logico matematiche non permetteva molte possibilità di lavoro all’interno della classe per cui durante le attività matematiche specifiche, si doveva procedere con un lavoro differenziato non sempre motivante e/o gratificante.

Molto più grave era la situazione della ragazzina di V, che , sprovvista della strumentalità minima di base , può aver vissuto in modo negativo i cinque anni di scuola e in particolare una disciplina così importante come la matematica, l’insegnante avrà pensato che la bambina forse aveva problemi o deficit intellettivi e chissà che opinione sulla scuola si saranno fatto i genitori della ragazzina.

Risultati così deludenti non contribuiscono certamente a creare quel clima di fiducia e di stima tra il mondo dei rom e la scuola”.


Questa situazione alquanto generalizzata, è stata di stimolo per individuare metodi e strategie alternative, per favorire l'apprendimento dei concetti in un contesto di accettazione e valorizzazione del sé, nonché della "fiducia di base".

E' chiaro dunque che la metodologia qui proposta, non é stata utilizzata con i bambini Rom che seguivano il regolare programma scolastico.

“Si procedeva abbastanza parallelamente con la programmazione di classe e non era completamente alternativo a ciò che l’insegnante di classe svolgeva, ma di supporto e di integrazione, in quanto l’obiettivo primario era quello di far partecipare a pieno titolo il bambino rom all’attività della classe .

Proposte che prevedono un insegnamento alternativo, secondo me, sono proposte che possono tenere l’alunno lontano dalla classe ed inoltre in caso di un cambiamento di scuola, cosa peraltro frequente tra i rom, l’alunno potrebbe trovarsi in difficoltà;

ritengo quindi di fondamentale importanza considerare i metodi e gli itinerari più comuni che vengono attuati nelle classi”


Le difficoltà riscontrate riguardavano l'acquisizione di "concetti chiave" che pregiudicano gli apprendimenti successivi, quali:

- lettura e nella scrittura dei simboli numerici;

- aspetto ordinale del numero;

- aspetto cardinale del numero;

- valore posizionale delle cifre.


La metodologia proposta vuole sviluppare il concetto di numero "valorizzando le precedenti esperienze degli alunni Rom nel contare e ricordare i simboli numerici, in contesti di gioco di vita familiare e sociale"

“Osservando quello che facevano al campo e quali erano le attività che più li attiravano, un po' alla volta e procedendo per tentativi, ho elaborato un percorso che si attua attraverso alcuni giochi con le carte”.

Il gioco rappresenta per i bambini Rom e Sinti un elemento di forte MOTIVAZIONE ad apprendere.

Il gioco, infatti, si presenta come un "luogo di apprendimento" semplice, con regole precise e definite, dove la lingua non é più veicolo privilegiato di conoscenza, ma semplice strumento a fini pragmatici.

Il bambino impara attraverso il fare, per semplici deduzioni, senza subire lo "svantaggio" dovuto alla scarsa o mancata conoscenza della lingua italiana.

Il contesto di gioco organizzato, ripetitivo dal punto di vista simbolico, linguistico, affettivo, emotivo e relazionale attraverso giochi individuali, in coppia o per piccoli gruppi, rappresenta un momento positivo:

  • di apprendimento alla pari dei coetanei gagé;
  • di socializzazione attraverso la conoscenza ed il rispetto di alcune regole;
  • di relazione con se stesso e gli altri attraverso il superamento dell'ansia;
  • di conoscenza della lingua italiana, veicolo per assolvere a semplici richieste e bisogni.

Le attività di gioco non sono proposte in forma alternativa ad attività e materiali strutturati ma a loro integrazione.

“Durante gli spostamenti da una scuola all’altra i giochi che utilizzavo con alcuni bambini rom precedevano il mio arrivo; appena iniziavo, mi veniva richiesto” ci fai giocare al gioco del cambio?....”, questo mi faceva capire che i bambini che appartenevano a famiglie diverse e che abitavano in luoghi diversi, quando si ritrovavano, parlavano di scuola, contrariamente a quanto si può pensare.

Inoltre alcuni giochi erano così coinvolgenti che dovevo costruirne una serie per permettere loro di continuare a giocare anche al campo sia con gli adulti e sia con i più piccoli che ancora non frequentavano e questo costituiva un bel biglietto da visita per la scuola soprattutto per quei bambini che si dovevano iscrivere”

Una simile proposta metodologica appare sempre più percorribile e produttiva, nella misura in cui si realizza un raccordo metodologico didattico tra le insegnanti che intervengono sul bambino Rom.

L'impostazione ludica delle attività, l'accordo sull'uniforme utilizzo della simbologia pur nella molteplicità delle esperienze proposte agli alunni, appaiono variabili determinanti per un apprendimento lineare e progressivo.

Inoltre, se il gioco rappresentava sempre il "momento operativo significativo" era riproposto successivamente anche nella forma scritta con schede predisposte che rispettavano la gradualità precedentemente espressa nel gioco e utilizzavano i medesimi simboli.

FINALITA’ EDUCATIVE DEI GIOCHI

Il gioco come "metodologia privilegiata" per coinvolgere gli alunni Rom in un percorso di apprendimento efficace e significativo, é una scelta che risponde a molteplici finalità:

- valorizzazione di sé ed autostima;

- valorizzazione della lingua romanés

- apprendimento-prevenzione-recupero;

- conoscenza e rispetto delle regole scolastiche

Prima di tutto nel gioco si propone un clima positivo di accoglienza, in cui l'alunno Rom si trova in condizione di assoluta parità con i coetanei e ciò favorisce lo sviluppo dell'autostima attraverso il superamento di difficoltà linguistiche e concettuali che spesso il bambino Rom incontra nella "lezione tradizionale" basata sulla comunicazione verbale dei concetti.

Inoltre, nell'attività ludica, il bambino Rom utilizza con abilità le sue capacità intuitive, deduttive e pratiche; questo suscita nei compagni atteggiamenti di stima che accrescono la "fiducia in sé dell'alunno Rom e favoriscono un più armonico sviluppo della sua dimensione affettiva ed emotiva"

Nel gioco il bambino Rom scopre un "ambiente gratificante" dove apprendere in modo spontaneo e divertente, attraverso l'azione diretta e mirata tendente ad uno scopo preciso ed immediato.

Attraverso il gioco l'alunno si appropria, per deduzione, di conoscenze e concetti come punti di riferimento cognitivi da utilizzare in contesti successivi e differenziati mediante generalizzazioni ed astrazioni.

Nel gioco, l'alunno Rom é motivato a conoscere e rispettare regole stabilite precedentemente; in tal modo egli si confronta con regole "diverse" dalla sua cultura di appartenenza e progressivamente acquisisce una gamma diversificata di atteggiamenti e comportamenti.

  • Il gioco é predisposto tenendo conto di alcune variabili fondamentali quali:
  • l'interesse che può suscitare nell'alunno;
  • le conoscenze da raggiungere in coerenza con i fondamenti epistemologici della disciplina;
  • le abilità cognitive e linguistiche da potenziare;
  • il percorso cognitivo da innescare nell'alunno considerando l'età psicologica.

Quindi: "dall'esperienza diretta a quella pensata" dal "concreto all'astratto".

Fondamentale, nella realizzazione del gioco, è l'atteggiamento dell'insegnante che non può né estraniarsi, né dirigere con atteggiamento autoritario, nè fungere da semplice spettatore; deve farsi piuttosto animatore che guida e partecipa con il medesimo entusiasmo degli alunni, pronto a sostenere, incoraggiare e gratificare.

Inoltre, poiché l'amicizia tra l'alunno Rom e gagé non sempre si instaura spontaneamente, l'insegnante dovrà essere particolarmente attenta a cogliere i minimi segnali di positiva convivenza e relazione, per potenziarli e rafforzarli.

TIPOLOGIA ED ELENCO DEI GIOCHI



I giochi proposti utilizzano materiali con i quali i bambini Rom, per motivi culturali, hanno maggior familiarità, quali il gioco con le carte, i dadi, il denaro, le auto e la velocità

  • il gioco a scopa
  • la tombola (prima, seconda, terza)
  • il primo gioco del cambio
  • carta her
  • il trenino dei numeri
  • i numeri amici
  • alla stazione del...
  • il secondo gioco del cambio
  • le carte di baba

Tutti questi giochi sono finalizzati a sviluppare il concetto di numero ad integrazione delle attività di classe e si riferiscono ai diversi livelli di acquisizione

1) Conoscenza del segno numerico

- nominalizzazione

- lettura

- scrittura


Il bambino Rom, non adeguatamente sostenuto dalla competenza linguistica in lingua italiana, raggiunge questo livello con maggior difficoltà rispetto ai bambini gagè; pertanto le tre abilità: pronuncia, lettura e scrittura devono essere allenate attraverso specifici percorsi con una particolare attenzione all'aspetto linguistico.

2) Aspetto ordinale del numero.

3) Aspetto cardinale del numero.

4) Valore posizionale delle cifre.


Per quanto riguarda l’aspetto cardinale del numero e il valore posizionale sono stati utilizzati i giochi con le carte e l’uso del denaro, sviluppando in modo graduale il processo della simbolizzazione e allenando le abilità del contare come sequenza numerica verbale e come corrispondenza tra l’atto del contare e la quantità numerica.

Mentre per l’acquisizione dell’aspetto ordinale del numero si è utilizzato uno sfondo di tipo fantastico con l’utilizzo di un trenino un po' speciale, dove la sequenza numerica verbale non era più una corrispondenza tra l’atto del contare ed una quantità numerica, ma una corrispondenza tra l’atto del contare e uno spostamento da sinistra a destra seguendo l’asse orizzontale dei numeri fino al numero 9

L'esperienza con i bambini Rom ha evidenziato l'importanza di programmare separatamente, percorsi graduali, mirati ed esaustivi per ciascuno dei quattro obiettivi

La programmazione dettagliata di contenuti, attività e modalità di verifica, se é la base di ogni lavoro scolastico, rappresenta la condizione assolutamente inderogabile per guidare e controllare il processo formativo dei bambini Rom.

ORGANIZZAZIONE DEI GIOCHI

Alcuni giochi venivano realizzati in classe con tutti i compagni, per altri giochi si utilizzava un’altra aula adibita a laboratorio interculturale : queste le possibilità e le modalità

  • bambino Rom più insegnante;
  • gruppo di bambini Rom di diversa età e diverso livello di apprendimento più insegnante;
  • gruppo di bambini Rom e bambini gagé appartenenti alla stessa classe più insegnante.

Le modalità indicate dovevano valutare diverse esigenze:

  • i tempi di attenzione e concentrazione
  • il numero ridotto come condizione più idonea per la attiva partecipazione di tutti gli alunni;
  • permettere all'insegnante di seguire l'alunno Rom con maggiore continuità sia per gli apprendimenti logico matematici, che per il rispetto delle regole;
  • offrire all'alunno Rom la possibilità di allenarsi senza sforzo su abilità acquisite, soprattutto in riferimento a problemi dovuti alla frequenza irregolare e alle mancate esercitazioni pomeridiane

La scelta di una modalità di gioco rispetto ad un'altra dipendeva:

  • dalla disponibilità di orario per l'insegnamento individualizzato;
  • dal rapporto instaurato tra l'alunno Rom e l'insegnante;
  • dal tipo di collaborazione offerta dalle altre insegnanti del team,soprattutto in ordine alla gestione dei tempi di compresenza;
  • dalla difficoltà del bambino a stare in classe per seguire il normale

    programma;
  • dalla necessità di creare momenti d'incontro positivi e soddisfacenti
    tra tutti gli alunni Rom del gruppo e tra gli alunni Rom e gli alunni gagé
    che frequentavano la stessa classe.

E’ superfluo sottolineare che la terza modalità è la più produttiva ed efficace non solo per i risultati che si sono registrati sul livello di apprendimento ma soprattutto sul versante relazionale ed affettivo : la relazione positiva con i compagni costituisce una condizione fondamentale per l'apprendimento.

Inoltre inizialmente venivano utilizzati come unica attività alternativa alle lezioni in classe, in un successivo momento, nella misura in cui procedeva la socializzazione, venivano proposti come base e motivazione alle attività scolastiche, infine erano concessi come gratificazione e/o premio.

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Di Sucar Drom (del 08/08/2007 @ 09:13:54, in blog, visitato 1561 volte)

Caro Walter i Rom sono la nostra Africa, non facciamo vincere l'indifferenza
Walter Veltroni, in questi giorni, ha preso più volte la parola affermando che la questione dei Rom è questione delicata e che la destra gioca col fuoco quando aizza gli istinti e le insicurezze dei cittadini delle periferie romane; è una presa di posizione chiara e condivisibile. Meno chiara e meno condivisibile è l'affermazione, sempre del sindaco, secondo la quale la sicurezza è un bene prezioso...

L'ARCI Toscana scrive al Comitato Rom e Sinti Insieme
Cari amici del Comitato Rom e Sinti Insieme, vi scrivo questa lettera di ringraziamento e di saluto come organizzatore della giornata “Immaginare il Futuro tra Memoria e Presente” al XIII Meeting Antirazzista. Innanzitutto sono lieto della numerosa partecipazione, segno dell'importanza dell'esperie...

Palermo, parla la donna rom accusata ingiustamente di tentato rapimento
«Non c'entro niente con quel bambino, non volevo nè rapirlo nè fargli del male. Sono solo una vittima». Così si difende Maria Feraru, la rom romena di 45 anni arrestata sabato scorso per tentato sequestro di un bambino e scarcerata ieri sera su decisione del gip del Tribunale di Palermo. La Fe...

Palermo, xenofobia e razzismo contro i Rom
Una vicenda in cui la psicosi collettiva e il pregiudizio contro i Rom si sono coniugati, producendo un mostro sbattuto in prima pagina per tre giorni. Questo il senso - e in alcuni casi anche le parole - usate dal gip di Palermo Maria Elena Gamberini n...

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Di Fabrizio (del 07/08/2007 @ 09:55:12, in Kumpanija, visitato 1825 volte)

Gli Zingari di Gerusalemme: il Popolo Dimenticato
By Amoun Sleem

Una banda di ballerini e musicisti itineranti assunti da un re persiano? Una casta di artisti, che difesero la loro patria contro l'invasione degli Unni nel V secolo? Oppure un certo numero di tribù inviate dalla Persia ad un generale turco-persiano e che mai fecero ritorno? Come e quando gli Zingari iniziarono la loro migrazione, e come finirono a Gerusalemme da ogni dove? Agli inizi del XVIII secolo, gli storici stabiliscono che il popolo zingaro ebbe origine da una casta di artisti che si autodefiniva Dom (che nella loro lingua comune significa "uomo"). I Dom di Gerusalemme sono tra le diverse comunità di Zingari che si sono insediati in Medio Oriente. Come i Rom ed i Lom, la loro controparte in Europa e Armenia, i Dom hanno una loro auto-consapevolezza pesantemente influenzata dal paese che li ospita. In mezzo alle teorie sulle origini della loro partenza dall'India, i Dom di Gerusalemme offrono una leggenda che li radica saldamente al Medio Oriente.

Tanto tempo fa, c'erano due tribù guidate da due cugini residenti in Siria. Un cugino, dopo aver ucciso il re, suscitò l'ira di sua sorella. Nel cercare una rivincita, l'addolorata principessa mise le due tribù una contro l'altra ed istigò una guerra tra loro, che causò la morte di entrambe i cugini. La principessa non era ancora soddisfatta ed emise un decreto che obbligava a vagabondare el deserto nelle ore più calde del giorno, cavalcando soltanto asini e guadagnandosi da vivere soltanto con la danza e la musica. Da allora, alcuni Dom si diressero in India, Iraq e nuovamente in Siria. Riconoscendo la Siria e non l'India come la loro antica patria, i Dom alterarono la natura di "uomo" cui si riferisce il loro nome in favore di un'identità mediorientale. Oggi i Dom vivono in diversi paesi del Medio Oriente e la loro cultura si è mescolata con quella degli arabi attorno.

Come in altri paesi, i Dom di Gerusalemme hanno accettato la lingua e la religione del paese dove vivono. Sono musulmani e parlano arabo come pure il Domari - il loro linguaggio nativo. Il Domari è una lingua distinta dal Romanì e dal Lom. I suo stretti contatti col Punjabi furono chiave determinante nella lontana eredità indiana, tuttavia l'effetto significativo dell'arabo sulla lingua parla all'effetto dell'ultima patria dei Dom. Qualsiasi sia l'adattamento nella religione, lingua o altro, gli Zingari di tutto il mondo mantengono caratteristiche loro proprie ed i Dom non fanno eccezione.

I Dom di Gerusalemme rimangono una comunità infusa dai ritmi e dalle canzoni di tradizione zigana, ma hanno abbandonato lo stile nomadico in favore di una vita più sedentaria. Hanno fatto di Gerusalemme la loro casa da oltre 400 anni. Originariamente stanziati in un'area fuori dalla Città Vecchia chiamata Wadi Al-Joz, i Dom si sono poi spostati in un piccolo quartiere chiamato Burj Al-Laqlaq all'interno delle mura della Città Vecchia. Minoranza etnica, la comunità Dom ha sofferto in silenzio i decenni del conflitto arabo-israeliano. Il loro numero è diminuito significativamente durante le battaglie attorno alla fondazione dello stato di Israele. L'esodo maggiore è avvenuto durante la guerra del 1967, che ha spinto quasi la metà dei Dom a cercare rifugio in Siria, Libano e persino in India.

Nonostante una profonda identificazione con la cultura mediorientale, le rimanenti 200 famiglie hanno subito severe discriminazioni da parte di israeliani e palestinesi. Lodati una volta nella poesia persiana come intrattenitori senza pari, una serie di cambiamenti culturali, politici ed economici ha portato i Dom ad essere visti come deprecabili mendicanti. La vergogna di essere Zingaro viene istillata in giovane età quando i bambini iniziano la scuola. Anche se i Dom si considerano Palestinesi, la loro non appartenenza all'etnia araba porta che il 60% non ha terminato le scuole elementari. Senza specializzazioni e percorso scolastico, i Dom sono rinchiusi in un circolo di povertà e derisione. Le generazioni più giovani preferiscono assimilarsi completamente ai vicini Arabi. abbandonando i vestiti tradizionali, la lingua, i costumi e qualsiasi altra cosa li possa distinguere come Zingari.

Il Centro Domari a Gerusalemme Est è stato fondato per contrastare il deterioramento di una comunità una volta vibrante e restaurare il suo orgoglio. Fondata nel 1999, l'organizzazione aiuta lo sviluppo economico, fornisce supporto a donne e bambini ed agisce per la preservazione della cultura. Principalmente donne e bambini frequentano classi, programmi di formazione, di consulenza ed assistenza. Il Centro Domari presta particolare attenzione nel ricostruire l'autostima dei membri più giovani, fornendo programmi per leggere e scrivere per l'infanzia, corsi di lingua e cultura Domari ed altri supporti scolastici. La speranza è che questo porti i Dom di Gerusalemme fuori dal loro status di "intoccabili" attraverso l'educazione e l'autostima.

Amoun Sleem is the founder and director of the Domari Society of Gypsies in Jerusalem. As a gypsy, she has shared the difficulties and challenges of her community and is focused on helping her people succeed. She can be reached at domari@alqudsnet.com

sullo stesso argomento, leggi QUI

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Di Fabrizio (del 06/08/2007 @ 09:14:22, in lavoro, visitato 2041 volte)

Baki Hyuseinov, Ministro per le Politiche Sociali, ha detto che a settembre 2007 verrà organizzata una borsa del lavoro nella città di Stamboliiski, nella Bulgaria centrale.

Ha presentato il risultato di un'indagine del Ministero del Lavoro e le Politiche Sociali, chiamata Rom per i Rom.

Secondo l'agenzia BTA, Hyuseinov intende riunire intermediari dell'impiego che possano aiutare i Rom nella ricerca di un impiego. Intende così assicurare un impiego permanente alla comunità Rom.

Secondo l'indagine. leaders ed imprenditori Rom di successo potrebbero avere un importante ruolo di modelli, ed assistere i Rom nel trovare un lavoro migliore. C'è anche la speranza che questi leaders possano essere d'esempio per ragazzi e studenti di talento.

Il ministro intende anche promuovere la collaborazione d'impresa all'interno della comunità Rom.

L'educazione dei bambini è basilare per le famiglie Rom, ha detto Emilia Voinova, direttrice del Direttorio Ministeriale per le Politiche Demografiche e le Pari Opportunità. E' stata anche enfatizzata l'importanza di disporre nelle scuole di insegnanti Rom.

Elka Dimitrova, direttrice dl Direttorio per le Politiche del Mercato del Lavoro, ha detto che il programma di impiego sociale includerà circa 18.000 Rom.

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Di Fabrizio (del 05/08/2007 @ 09:54:22, in musica e parole, visitato 2273 volte)

Da Czech_Roma

2. 8. 2007 Il cantante della popolare Rom band Gipsy.cz,che interpreta un'esplosiva mistura di hip-hop e musica Romanì tradizionale, ha un nuovo - e per i suoi fans sorprendente - ruolo. Questa settimana Dzamila Stehlikova, ministra in carica per i diritti umani, ha "promosso" Radoslav "Gipsy" Banga al ruolo di ambasciatore delle minoranze nell'ambito dell'Anno Europeo per le Pari Opportunità.

In questo periodo i Gipsy.cz sono al culmine della loro fama. Dopo il lancio del loro album di debutto Romano Hip Hop l'anno scorso, il gruppo è stato votato miglior nuova band dell'anno nella Repubblica Ceca. Sono anche stati il primo gruppo ceco a suonare quest'estate al popolare Festival di Glastonbury e la loro canzone Romano Hip Hop ha ottenuto successo all'estero, arrivando nella top ten del World Music Charts. Ho chiesto a Radoslav Banga cosa significhi per lui il nuovo ruolo di ambasciatore per le minoranze:

"Per me è una grande responsabilità, naturalmente, perché voglio dire che non sono un politico, sono solo un cantante e solo un uomo. Ma per me è davvero un piacere rappresentare le minoranze nella Repubblica Ceca, perché penso che la questione non sia mai stata presa sul serio. Prima di tutto, naturalmente, lo scopo di questa azione dell'Unione Europea è dare rappresentanza a tutto le minoranze, ad esempio minoranze di genere o religiose, quindi tenterò di rappresentarle tutte"

Come musicista pensa che la musica abbia il potere di cambiare le cose?

"Penso che nel pratico non posso veramente aiutare qualcuno. Ciò che so è che posso farmi ascoltare dalla maggioranza. Quindi vorrei davvero dire qualcosa alla maggioranza che le gente ascolti. E so di esserne capace. Quindi questo è quello che farò. Dirò che le minoranze sono qui nella Repubblica Ceca e non sono prese sul serio. Penso che la musica sia un linguaggio universale, molto più della politica, quindi se devo dire qualcosa come Dzamila Stehlikova, lo posso dire in maniera totalmente differente. Dire le stesse cose, ma che arrivino alla gente in maniera differente."

Dopo i recenti successi, Radoslav Banga non manca certo di fiducia in se stesso, ed è cosciente che molti giovani, soprattutto Rom, guardano a lui. C'è qualche dubbio sul fatto che le minoranze nella Repubblica Ceca abbiano raggiunto una voce abbastanza forte per parlare di loro stesse:

"Ovviamente, posso essere un buon esempio davvero per i giovani Rom. Quanto a me, so che posso aiutare la mia nazione a fare meglio. Non solo quello, naturalmente. I giovani ascoltano la nostra musica. Oggi i Gipsy.cz sono uno dei gruppi più popolari nella Repubblica Ceca e questo è per forza un punto di forza."

Ruth Frankova; Radio Praha

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