Rom e Sinti da tutto il mondo

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La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 19/12/2007 @ 12:18:36, in scuola, visitato 1969 volte)

Invio articolo di graziano halilovic, pubblicato su " IL MONDO DOMANI" Bimestrale del Comitato Italiano per l'UNICEF n.5
Saluti Maria Grazia Dicati

minoranze
di Graziano Halilovic
Rom bosniaco xoraxané, mediatore culturale, membro del Comitato Rom e Sinti insieme

I bambini e gli adolescenti Rom e Sinti che riescono a varcare la soglia di un’aula scolastica sono spesso i più soli ed emarginati, e lo rimangono per tutti gli anni della frequenza obbligatoria.
Non basta mandarli a scuola, bisogna integrarli e responsabilizzare i genitori

Ancora oggi ricordo il mio primo giorno di scuola: un grandissimo autobus in mezzo al campo nomade che si trovava in un quartiere di Torino. In questo quartiere esistevano tante scuole, ma la nostra era dentro l’autobus. Il campo nomade era grandissimo e c’erano diverse etnie Rom e Sinte; ogni tanto litigavano tra di loro, ma se si avvicinavano e cercavano di mettere a rischio la nostra scuola tutti si alzavano gridando per allontanarli dall’autobus.
Era molto bello andare a scuola; tutte le mattine mi accompagnava mia madre o una delle mie sorelle. Io avevo 7 o 8 anni, e per la prima volta avevo un dovere e finalmente anche un diritto: quello di andare a scuola!
Le mie sorelle e tante altre ragazze e ragazzi si avvicinavano all’autobus a guardare e a curiosare dalla finestra. A me sembravano dei poveracci: il loro destino era stare fuori, mentre noi avevamo il privilegio di stare dentro. Non so bene chi, ma qualcuno aveva scelto il nostro destino, anzi meglio: qualcuno aveva tolto il sacro diritto allo studio a quei ragazzi e ragazze che stavano fuori, mentre noi stavamo dentro l’autobus a farci ghettizzare.
Mi chiamo Graziano Halilovic e sono un Rom Bosniaco. Oggi ho 35 anni, una moglie bellissima, 6 figli (3 maschi e 3 femmine), un lavoro e un mutuo da pagare! Da dodici anni la mia professione è il mediatore linguistico culturale. Mi sento fortunato per la persona che sono diventato e per il tipo di percorso di integrazione che ho fatto, anche grazie all’adeguata istruzione che ho ricevuto. Devo tutto questo, comunque, non a chi aveva pensato al sistema della scuola nell’autobus… ma ai miei genitori.
Lo Stato italiano ha deciso che tutti i bambini Rom e Sinti devono andare a scuola. Oggi esiste il progetto di scolarizzazione, gestito dalle varie associazioni, rivolto ai questi bambini (definiti minori a rischio). Il progetto ha come obiettivo l’integrazione, la responsabilizzazione e la sensibilizzazione dei genitori; le associazioni dovrebbero seguire i nostri minori nel percorso scolastico. Ormai sono più di quattordici anni che la scolarizzazione va avanti e i primi bambini Rom e Sinti che hanno fatto parte del progetto, oggi hanno 20 anni. La maggior parte di essi, però, è stata inserita a scuola quando aveva già 10 o 13 anni e questo ha creato grande disagio e poca sensibilità verso le loro problematiche. Spesso le scuole hanno inviato tante richieste di aiuto, ma le uniche risposte che hanno ricevuto sono state: “c’è l’obbligo scolastico e avete il dovere di prendere i bambini nella scuola”.
Ai genitori Rom e Sinti hanno imposto l’obbligo di mandare i figli a scuola, ma non hanno trasmesso e spiegato il valore e l’importanza di farli studiare. Questo ha creato l’allontanamento del genitore dal proprio ruolo.
Le associazione si vantano del loro progetto finanziato dal Comune di Roma, del numero di bambini che sono riusciti a portare nelle aule, ma la qualità della frequenza scolastica dei bambini e come il bambino vive questa situazione non sono considerati.
I bambini Rom e Sinti sono molto sensibili, delicati, attenti, curiosi, vivaci, intelligenti, pronti a imparare, hanno tanta voglia di giocare, di sbagliare, di ricominciare, insomma sono dei bambini, come tutti gli altri!. Ma quando si discute di loro sembra che siano solo degli zingari.
I bambini che hanno frequentato la scuola con questo sistema, oggi sono usciti con un diploma di terza media (grandi elogi al sistema!) ma se gli chiedi di leggere o scrivere fanno la stessa fatica di un bambino di seconda o terza elementare.
Nelle scuole subiscono tanto razzismo, sono sempre gli ultimi della classe e spesso gli ultimi di banco… disegnano, mentre gli altri bambini imparano a leggere e a scrivere. In classe i bambini Rom e Sinti si trovano a rappresentare per gli altri la negatività. In adolescenza capiscono cosa significa vivere isolato ed escluso! Condividono gli stessi sogni dei loro compagni, ma iniziano a capire che hanno ben poche speranze di realizzarli.
Dopo otto lunghissimi anni di dura prova escono con la coscienza che la vita che fanno è disastrosa, vergognosa e che nessuno li rispetta. Vorrebbero migliorare la propria condizione e acquisire dignità e sanno che la strada giusta è il lavoro, ma sono analfabeti e per gli altri sono solo degli zingari. Così cominciano a capire che dopo otto anni di scuola per loro non è cambiato niente.
Ritornano al proprio campo nomade, due volte sconfitti sperando di essere accettati almeno lì. E al campo li accettano, pur non riuscendo a capire come mai dei ragazzi che hanno speso otto anni della loro vita nella scuola e che hanno fatto tutto quello che si poteva fare per essere integrati, possano essere cosi maltrattati e rifiutati.
Nel campo, quando si ritrovano con altri ragazzi che non hanno mai frequentato la scuola si sentono diversi, persi nel nulla.
Una mia amica diceva che i bambini Rom o Sinti vengono trattati come sacchi di patate, e non come esseri umani. Lo diceva ai suoi operatori e ai suoi educatori scolastici.
Oggi dico che non basta solo accompagnare i bambini dal campo alla scuola e fargli prendere la terza media senza garantire la qualità della frequenza scolastica: questi ragazzi devono avere un sostegno per poter proseguire gli studi; bisogna offrirgli un’alternativa. Bisogna sostenere il loro attaccamento alla famiglia e non cercare di allontanarli (la famiglia è una parte molto importante della loro vita); bisogna coinvolgere e sostenere la famiglia e mettere i genitori nella condizione di aiutare il proprio figlio o la propria figlia nel percorso scolastico.
So che non è un sogno e che tutto ciò potrebbe essere realizzato: per una completa e reale integrazione manca solo la volontà delle persone. E se non dimostrano di avere la volontà di percorrere questa strada, allora mi chiedo se per loro i Rom e i Sinti non sono altro che un ennesimo strumento per fare politica.

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Di Sucar Drom (del 18/12/2007 @ 09:20:22, in blog, visitato 1580 volte)

Abbattere il muro. La «buona notizia» dell’accoglienza di un popolo che c’interpella: i Rom
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Di Fabrizio (del 17/12/2007 @ 09:31:21, in scuola, visitato 1677 volte)

Da Roma_Daily_News

Cari amici,

Roma Education Fund (REF) ha il grande piacere di annunciare la prima uscita della rivista biannuale "A School for All".

Questa rivista intende fornire una piattaforma per discussioni, scambio ed apprendimento di tutti quanti siano coinvolti ed interessati nell'educazione dei bambini rom. La rivista non ha ambizioni accademiche ma spera di riunire accademici, attivisti, esperti nello sviluppo comunitario, specialisti dell'educazione, quanti sono coinvolti giorno per giorno nell'educazione dei Rom, Rom e non Rom, nello scambiarsi esperienze concrete ed idee.

Il tema della prima uscita della rivista è "The Case for Integrated Education".

Si può scaricare la rivista dal nostro sito web http://www.romaeducationfund.hu/ al link REF Magazine.

Best Regards,
Erzsebet Bader
ebader@romaeducationfund.org
Communication Assistant
Roma Education Fund
Hungary-1056
Budapest
Vaci utca 63

Tel: 36/1/ 235 80 30
Fax: 36/1/235 80 31

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Di Fabrizio (del 16/12/2007 @ 09:08:52, in media, visitato 2976 volte)

Da ErrepiNews

di Sanja Lucic

A quello che un sondaggio realizzato dal Roma Information and Documentation Center (RIDC) ha confermato, con un po' di intuito si può arrivare anche da soli: i rom sono molto più interessati ai media elettronici come radio e televisione che ai giornali, anche perché molti di loro non sanno leggere. In diversi paesi la radio si è dimostrata uno strumento molto congeniale alla cultura rom, assolvendo una funzione molto importante a diversi livelli: informare i rom nelle lingue che conoscono; insegnare e codificare la lingua rom; parlare dei problemi dei rom; far partecipare donne e bambini ai programmi; collegare le comunità rom di diverse parti d'Europa e del mondo e promuovere le diverse identità rom ma anche l'omogeneizzazione e la coesione del mondo rom. Ecco alcune significative esperienze di radio che operano come voce dei rom nell'est europeo, e che ci danno un'immagine dei rom assai più dinamica e moderna di quella che ci comunicano i pregiudizi che li circondano.

RADIO C
Unica radio rom in Ungheria, è nata nel 2001 a Budapest. La C del nome sta per cigani, "zingari": che in ungherese non ha connotazioni negative come in altre lingue. A due fermate di metropolitana da via Vaci, la zona pedonale, la sede della radio si trova nella via Lujza, in quello che i rom di Budapest chiamano il quartiere zigano. Per questa radio l'Ungheria ha ricevuto molte lodi dalle organizzazioni, ma in realtà lo stato non ha niente a che fare con l'emittente. Il commento del caporedattore Kerenyi Gyergy è che questa radio è una soluzione a buon mercato che fa "vetrina": è molto più facile concedere una frequenza per una radio del genere che costruire una seria strategia per migliorare la condizione dei rom nel paese.

In ogni caso Radio C rappresenta un grande passo avanti per l'emancipazione dei rom ungheresi. Statistiche del 2001 dicono che in Ungheria vivono 190 mila rom, ma molti ritengono che siano molti di più, 100 mila solo a Budapest. I giornalisti della radio si sentono investiti di una grande responsabilità e dicono che questa è più di una radio. L'80 per cento dei collaboratori dell'emittente sono rom; i giornalisti, una ventina, prima non facevano questo mestiere, ma si sono formati con corsi finanziati da organizzazioni francesi e britanniche.

La radio riceve molte visite di ascoltatori: a Radio C i rom si sentono come a casa, finalmente hanno qualcosa che è loro e per la quale provano un senso di appartenenza.

La maggior parte dei programmi è in ungherese perché l'80 per cento dei rom del paese parla solo ungherese. Radio C è un'organizzazione non profit: l'aspirazione è quella di mantenersi con la pubblicità, ma è una strada difficile, e per il momento la radio continua in gran parte a vivere di donazioni e sovvenzioni.

Il sito di Radio C: www.radioc.hu

RADIO KHRLO E ROMENGO (leggi l'intervista)
Radio Khrlo e Romengo, cioè "Radio voce dei rom", ha sede a Belgrado ed è il prodotto di Rrominterpress, una organizzazione informativa non governativa fondata nel 1995.

La nascita della radio non è stata immediata perché all'inizio non c'erano i fondi per realizzare una emittente di questo genere e le condizioni politiche non erano favorevoli.

La radio ha cominciato a trasmettere nel marzo del 2002. Bilingue - rom e serbo - propone notizie ogni ora, utilizzando in particolare le agenzie Beta e Fonet e molti corrispondenti di origine rom. La musica copre il 70 per cento della programmazione, con musica rom di tutte le parti del mondo ma anche musica non rom.

Tra gli scopi principali della radio l'apprendimento della lingua, visto che la maggior parte dei rom non parlano la loro lingua o la parlano male.

Un'attenzione speciale è riservata ai bambini, con musica indirizzata a loro e programmi educativi: oltre che con Romoloske Studije/Romologi Studies, una rivista che ha pubblicato una decina di numeri in rom, serbo e inglese, i programmi per i più piccoli sono realizzati in collaborazione con un giornale specializzato, Chavrikano Lil (Children's Newspaper), che è stato creato nell'85, e che, rilanciato dalla Rrominterpress, ha all'attivo più di cinquanta numeri.

Nel 2005 Khrlo e Romengo ha tentato anche l'esperimento di una televisione, che si è esaurito nel marzo scorso. Dall'ottobre di quest'anno la radio trasmette anche via satellite, Hotbird 12322 Mhz, symbol rate 27500 H. Il sito di Khrlo e Romengo: www.khrloeromengo.com

RADIO TOCAK
Radio Tocak, cioè "Radio Ruota" (una ruota rossa - la ruota che gira come i rom che da sempre girano il mondo - su uno sfondo verde e blu è la bandiera degli zingari), trasmette da Valjevo, città a circa 100 km da Belgrado.

L'emittente è proprietà di un rom, Dragan Jovanovic: l'idea che lo ha mosso è che il tempo degli zingari che si preoccupavano solo dell'oggi e di che cosa c'era da mangiare, e domani poi si vedrà, è ormai lontano, e che la prospettiva per i rom è l'istruzione dei bambini, in modo che imparino a non essere dipendenti da nessuno, e da nessun aiuto umanitario o della società.

Radio Tocak lavora quindi in questa direzione sapendo che l'8 per cento dei bambini rom non parla la lingua madre ma neanche il serbo, ma solo un misto di rom, serbo e turco.

Due volte alla settimana la radio manda in onda il programma E Romanca, che in precedenza era trasmesso da radio Valjevo: si tratta di un programma dedicato al contatto con gli ascoltatori, nel quale possono intervenire anche i bambini.

La radio non fa politica: parla dei problemi dei rom, anche se ha l'ambizione di non essere un ghetto per i rom.

La radio vuole essere inoltre un luogo di formazione, dove i giovani possono imparare il mestiere di giornalista, conduttore, tecnico del suono.

Il sito di Radio Tocak: www.radiotocak.co.yu


Khrlo, per tutti quelli che amano la musica di qualità
Vi riproponiamo un'intervista di Sanja Lucic a Dragilijub Ackovic, direttore di Radio Khrlo e Romengo, trasmessa da Radio Popolare nel 2006

La vostra radio si può sentire solo a Belgrado o in tutta la Serbia/Montenegro?

La radio si riceve nel raggio di cento chilometri intorno a Belgrado: abbiamo scelto questa zona perché la maggior parte dei rom si trova qua.

Che tipo di musica fate ascoltare? Solo musica zingara o anche musica pop, rock e musica delle ex repubbliche?

La musica che si può sentire da noi è molto varia, musica che arriva da tutta la ex Jugoslavia, ma dato che da noi siamo rom, naturalmente trasmettiamo molta musica zingara. La nostra specialità è la musica dal vivo: i nostri collaboratori vanno a concerti, matrimoni, ristoranti, registrano tutto e noi mandiamo in onda. Certo, queste cose sono le più ascoltate in assoluto, molto più di quelle che si possono trovare anche altrove. Per avere un'idea: nella nostra fonoteca abbiamo ventisettemila brani di musica rom.

Avete anche spazi informativi?

Non siamo solo una radio musicale, abbiamo un palinsesto ventiquattro ore su ventiquattro. Ci sono varie trasmissioni, della durata massima di quarantacinque minuti: il trenta per cento della nostra programmazione è legato all'informazione, abbiamo dei notiziari ogni ora, ci sono edizioni in lingua rom e in serbo, poi la rassegna stampa, con molta attenzione a tutto quello che riguardai rom, e poi abbiamo anche una decina di trasmissioni di carattere vario.

Chi sono i  vostri ascoltatori?

Tutti quelli che amano la musica di qualità, i musicisti rom, tutte le persone a cui questo tipo di programmi va bene.

La radio è presente in qualche attività per quanto riguarda la comunità rom?

Certo, la radio è molto attiva in tutte le cose che fa la comunità dei rom, non solo in Serbia, e questo è molto interessante, perché la nostra radio si occupa dei rom che stanno dovunque. Abbiamo informazioni da tutto il mondo: facciamo parte di una rete a cui partecipano tutti i media che hanno a che fare con i rom.

La musica zingara ha molto successo in occidente, magari perché è divertente e ha un ritmo vivace: lei come spiega questo successo?

Non è solo questione di ritmo vivace: la musica rappresenta l'anima. E gli ascoltatori, i critici, la gente che se ne intende, dicono che la musica zingara ha l'anima. Questo è il motivo per cui è così ascoltata: il ritmo è solo un aspetto.

E' la qualità che la fa apprezzare così tanto, non solo in occidente ma dovunque.

Quello che è interessante è che ci sono i nuovi generi nella musica zingara, non è più solo la musica di sempre, c'è di tutto, rap, jazz, pop, tutto quello che si ascolta e che la gente richiede: tra le 8 e le 10 abbiamo anche la musica per i bambini, musica nella lingua dei rom, una cosa molto carina, con le fiabe e tutto il resto.

Quali sono le musiche e le canzoni più richieste?

Molto ascoltati sono i cantanti giovani: uno per esempio è Shikizi, figlio di Shikiza, una cantante zingara famosissima, e molti altri.

Ma piacciono anche brani strumentali, musica di qualità: noi facciamo sentire tutti quelli che fanno cose veramente buone, non solo nella musica zingara, gente come Shaban Bairamovic, Vida Pavlovic, sono stati nostri ospiti molte volte.

Una cosa molto bella sono i programmi in diretta, dove facciamo venire intere orchestre e ci fanno sentire la musica dal vivo. Apriamo alle chiamate del pubblico e i nostri telefoni sono sempre occupati.

La situazione dei rom durante la guerra è stata molto difficile: è ancora così o c'è qualche miglioramento?

Sì, qualche miglioramenti sì, prima era molto dura: i rom sono a malapena sopravvissuti a tutte quelle cose orribili. Oggi molte cose vanno meglio, ma poco alla volta: i rom si stanno integrando nella vita sociale e nella politica. Le cose cambiano: ma, lo ripeto, lentamente.

Leggi anche: Onde zingare (pdf)

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Di Fabrizio (del 15/12/2007 @ 09:24:28, in Europa, visitato 2305 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

11 Dicembre 2007 - Secondo informazioni fornite dal Centro Rom ed Ashkali di Pristina, i Rom hanno iniziato a lasciare il Kosovo per timore di nuove violenze. Durante le loro visite sul campo nell'enclave serba di Gracanica nei pressi di Pristina, l'OnG ha trovato che sette famiglie su 38 sono già partite.

Preoccupazioni sulla sicurezza sono le principali ragioni che guidano i Rom via dal Kosovo. Secondo l'OnG i Rom hanno paura di diventare bersaglio di attacchi a seguito di una dichiarazione unilaterale di indipendenza. Sono anche preoccupati perché né le forze internazionali né le truppe locali offrirebbero loro protezione.

La comunità Rom di Gracanica è una delle più grandi comunità Rom rimanenti in Kosovo. Si stima vivano lì 4.000 Rom, molti dei quali ex residenti della distrutta Mahala Rom di Pristina.

Source: http://kosovoroma. wordpress. com/category/ news/

For further information please refer to the Roma and Ashkali Documentation Centre in Pristina: http://www.rad- center.org


Da Roma_ex_Yugoslavia

Berlino, 10 Dicembre 2007 - I Verdi tedeschi e l'organizzazione dei rifugiati Pro Asyl hanno chiesto una moratoria temporanea dei rimpatri forzati verso il Kosovo. La moratoria dovrebbe essere almeno di sei mesi.

La leader del partito Claudia Roth ha dichiarato che gli appartenenti alle minoranze etniche sono particolarmente toccate dalla mancanza di stabilità. Per questa ragione il direttore di Pro Asyl, Günther Burkardt, ha chiesto alle autorità tedesche  di garantire uno status stabile ai rifugiati in Kosovo.

Secondo la sua organizzazione, ci sono attualmente circa 23.000 Rom kosovari in Germania.

Source: Kosovo Roma Website


Da Roma_Daily_News

Nel contesto dell'attesa dichiarazione di indipendenza del Kosovo, Knut Vollebaek, Commissario OCSE per le Minoranze, ammonisce sulla possibilità di un nuovo esodo dei Rom dalla provincia meridionale Serba.

Ha detto ad Helsinki che la sua preoccupazione è che i rimanenti membri della minoranza Rom possano partire per le vicine Macedonia e Montenegro, se la loro sicurezza, in particolare nelle parti meridionali, non fosse garantita.

[...]

Il Commissario, in carica da sei mesi, dice di aver incontrato rappresentanti di tutte le comunità durante al sua visita in Kosovo a settembre.

Nel suo rapporto conclusivo ha chiesto tanto a Pristina che a Belgrado di non dimenticare l'integrazione "della probabilmente minoranza più vulnerabile" sullo sfondo del conflitto serbo-albanese.

"I Rom vivono in comunità molto piccole. Sono stati completamente dimenticati: non hanno partecipato ai negoziati. E' come se non esistessero."

http://kosovoroma.wordpress.com/

e-mail: kosovoroma@gmail.com

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Di Fabrizio (del 14/12/2007 @ 09:09:08, in Italia, visitato 1504 volte)

Da ChiAmaMilano

Dopo un anno di ossessioni securitarie un pezzo della città chiede un cambio di rotta sul capitolo nomadi

C’erano tutti o quasi –l’assenza della Casa della carità di Don Colmegna non è passata inosservata– e già questa è una notizia.
Dalla CGIL alla Comunità di Sant’Egidio, dal NAGA alla Caritas, dal Gruppo Abele all’Associazione Nocetum, dalle ACLI ai Padri Somaschi hanno deciso di dire basta alle politiche degli sgomberi, agli sfaceli dei campi, al pregiudizio usato come facile arma di consenso nei confronti di una cittadinanza sempre più irretita dalle campagne mediatiche nelle quali l’ossessione della sicurezza si riversa come un’onda di piena che spazza via gli ultimi e le loro povere cose.
Dopo un anno durante il quale l’approccio alla questione Rom è stato a tratti feroce e spesso strumentale, molte realtà sia laiche che cattoliche hanno deciso di dire basta e di riportare nell’alveo di una discussione razionale quanto era stato ormai relegato nel cono di un’aggressività troppe volte fomentata da chi avrebbe invece il compito di amministrare e quindi di risolvere i problemi piuttosto che esasperarli o semplicemente utilizzarli.
Il “Cartello” di associazioni che si è ufficialmente presentato il 10 dicembre e che ha illustrato le proprie proposte per costruire un percorso quanto meno di convivenza con i Rom costituisce una risposta assai significativa anche perché vede riunite molte realtà che in passato avevano avuto non poche divergenze su questo come su altri temi. Segno evidente che non si poteva attendere oltre nel delineare una strada alternativa, l’unica razionalmente e civilmente percorribile, sia per iniziare a tracciare le possibili soluzioni ad un problema complesso, sia per porre un argine ad uno slittamento per il quale ormai la povertà e l’emarginazione rischiano di diventare una colpa da scontare con un supplemento di sofferenza che prende la forma dell’intolleranza e degli sgomberi.

B.P.

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Di Fabrizio (del 13/12/2007 @ 11:41:15, in Europa, visitato 2267 volte)

Da Ticinonews

Furono 590 i bambini della strada "sequestrati" da Pro Juventute
EDIT
11.12.07 16:25

Furono 590 i bambini jenisch tolti ai loro genitori fra il 1926 e il 1973 da Pro Juventute nell'ambito del programma "Bambini della strada". La metà di questi sequestri avvennero nel canton Grigioni, dove viveva la più importante comunità nomade. Le cifre sono pubblicate in uno studio del Fondo nazionale che si è chinato sulla storia delle popolazioni nomadi in Svizzera nel XIX. e XX secolo.

Per 47 anni i figli degli jenish, dei sinti e dei rom della Svizzera furono sistematicamente sottratti ai loro genitori e collocati presso genitori affidatari, istituti, cliniche psichiatriche e orfanotrofi. La formazione scolastica ricevuta dalla maggior parte di questi bambini fu rudimentale o addirittura inesistente, scrivono oggi in una nota i responsabili dello studio "Integrazione ed esclusione" (PNR51).

Più dell'80% di questi bambini non ebbero alcuna possibilità di scegliere un mestiere e più di un bambino su quattro fu dichiarato criminale e piazzato in un istituto chiuso. Le cifre esatte di questo oscuro capitolo della politica sociale svizzera hanno potuto essere ricostruite analizzando i dossier di Pro Juventute che sono conservati all'Archivio federale. Finora si parlava di circa 600 bambini sottratti ai loro genitori.

I ricercatori hanno analizzato l'impatto dei dossier realizzati nell'ambito del programma "Bambini della strada", arrivando alla conclusione che la stigmatizzazione e la discriminazione dei cosiddetti "vagabondi" era strettamente legata alla burocratizzazione dello Stato. I dossier non circolarono soltanto all'interno di Pro Juventute, ma furono utilizzati, con tutte le valutazione che contenevano, anche dalle autorità, dagli istituti e dalle cliniche a scopi di propaganda.


ATS

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Di Fabrizio (del 13/12/2007 @ 09:07:23, in lavoro, visitato 1836 volte)

"E' nato "Imè Romnì", laboratorio artistico e sartoria, promosso dall'Opera Nomadi e gestito dalle donne rom del villaggio di Rho.
Questo che adesso è uno spazio di aggregazione e di incontro ha come obbiettivo di diventare una vera e propria attività lavorativa.
Al momento 10 donne sono impegnate nella creazione di borse, capi d’abbigliamento, collane, oggetti per la persona e per la casa.
I nostri primi lavori sono delle borse di yuta colorate e dei gioielli in rame e vetro che stanno riscuotendo già un grande successo!!!
I prodotti vengono realizzati in modo del tutto artigianale dalle donne del laboratorio.

Chiunque fosse interessato ad acquistare i nostri prodotti o sostenerci per venderli(negozi,botteghe,gas,mercati..) può contattarci :
Valentina (333 5747726) Erica(333 3503549)  valentina.lindi@virgilio.it
Valentina Lindi (Opera Nomadi Milano)

Imè Romnì (che in lingua Romanès significa “Io, donna Rom”) è il nome di un piccolo laboratorio artigianale,  frutto di un originale incontro tra tradizione e creatività.

Attivo all’interno del villaggio Rom di Rho (MI),il laboratorio è gestito dalle donne del campo che si ritrovano per cucire, ricamare, inventare e creare prodotti sartoriali ed accessori .

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Di Fabrizio (del 12/12/2007 @ 16:41:15, in media, visitato 1709 volte)

 A cura dell'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali - Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità ed ImmigrazioneOggi/videoweb.

vedi il video

Campagna contro il pregiudizio nei confronti dei Rom

Comunicato stampa del 12 dicembre 2007

Spot per la Campagna contro il pregiudizio nei confronti dei Rom: iniziativa congiunta UNAR- ImmigrazioneOggi.
La voce di una bambina che ripete "Papà dice che i Rom sanno solo rubare..." e, contemporaneamente, lo scorrere di immagini diverse da quelle a cui siamo abituati: donne rom che lavorano come sarte e confezionano vestiti secondo una tradizione millenaria, un ragazzo che studia al Conservatorio di
S. Cecilia, un altro che lavora come giardiniere, bambini rom che tornano da scuola.

E' lo spot realizzato da ImmigrazioneOggi in collaborazione con l'UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali - Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità) per la Campagna di sensibilizzazione contro il pregiudizio nei confronti dei Rom, tesa a contrastare ogni tipo di discriminazione nei confronti di questo popolo.

Lo spot, on line dal 12 dicembre su www.immigrazioneoggi.it e su http://www.pariopportunita.gov.it , è un breve viaggio tra spaccati di vita di rom che hanno avuto l'opportunità di realizzare un percorso d'integrazione, un viaggio che ci porta inevitabilmente a riflettere sulla fondatezza delle generalizzazioni e che, al contempo, ci fa sperare nella possibilità del raggiungimento di una pacifica convivenza.

Enti, associazioni e quanti altri desiderano contribuire alla divulgazione di questo spot possono inserire nei loro siti il banner scaricabile da http://www.immigrazioneoggi.it/rubriche/badge_spot_rom.html

Studio immigrazione sas
Ufficio stampa
Corso Italia, 74
01100 Viterbo
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Di Fabrizio (del 12/12/2007 @ 09:30:37, in blog, visitato 1982 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto dell’11 dic. 2007 (pag. Milano)
 
L’iniziativa congiunta di associazioni e sindacati sulla questione rom a Milano, presentata ieri alla Camera del Lavoro, è una preziosa boccata d’ossigeno, specie in questo momento, in cui stanno per sbarcare anche a Milano le ordinanze xenofobe provenienti dai comuni di Cittadella e Caravaggio.
Finalmente una parte importante della società civile milanese ha deciso di rompere quell’assordante silenzio, che ha consegnato la città alla peggior demagogia e alimentato pericolosamente la “percezione di insicurezza” dei cittadini.
Pensiamo che sia giunto il momento che qualcuno chieda conto agli amministratori milanesi del loro operato nei confronti dei rom presenti sul nostro territorio. Il bilancio di oltre un anno di interventi repressivi e demolizioni è, infatti, pesantemente negativo e l’unico risultato concreto sta nell’aver introdotto a Milano il nomadismo coatto degli sgomberi.
Ma forse tutto questo fa comodo al centrodestra, più interessato a coccolare e coltivare le percezioni di insicurezza, piuttosto che a occuparsi dei problemi e delle macerie di 15 anni di abbandono delle periferie popolari. Dall’altra parte, ora che anche buona parte del Piddì veltroniano ha sposato la linea del “dagli addosso allo sfigato”, perché dovrebbero cambiare strada?
Ieri a Milano sono successe due cose: da una parte, un cartello di associazioni ha formulato delle proposte concrete e alternative alla psicosi securitaria e, dall’altra, la giunta Moratti sta pensando di riprodurre le misure anti-stranieri di Cittadella e Caravaggio. Due strade diverse e opposte, che rappresentano bene le scelte possibili da fare nella nostra città per il futuro.
Invitiamo pertanto tutte le forze di sinistra e democratiche della nostra città a sostenere l’iniziativa delle associazioni e a contrastare, senza ambiguità, la deriva xenofoba che le destre tentano di imporci.
 
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