Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 12/07/2013 @ 09:02:52, in casa, visitato 1456 volte)

Non risolverà tutti i problemi, ma è una "pezza" semplice e pratica... quindi nessuno ne approfitterà! Ma se qualche Rom o qualche Sinto volesse tentarci...

Problema di spopolamento? Alcuni Comuni lo risolvono così - Scritto da Angela Iannone | Yahoo! Finanza - lun 8 lug 2013 17:50 CEST

L'unica cosa "buona" della crisi è il livello di inventiva e creatività che si attiva nelle persone, pronte a fare di necessità virtù per risolvere ogni problema.
L'inventiva viene soprattutto dai piccoli borghi italiani che, soffocati dalla morsa del Patto di Stabilità, dalle ristrettezze economiche e dalle poche risorse sul territorio, hanno dato libero sfogo alla fantasia.

Una delle ultime iniziative anti-crisi, non soltanto economica, viene da Sadali, piccolo paese dell'entroterra sardo: qui il sindaco del Comune, per contrastare il fenomeno dello spopolamento - e quindi per risolvere un problema di erario - si è inventato un interessante progetto.
Alle giovani coppie che decideranno di andare a vivere in maniera stabile in questo borgo di poco più di 900 anime in provincia di Cagliari, l'amministrazione comunale darà un buono spesa mensile di 200 euro, per due anni. Ad una condizione: il paese di provenienza deve avere più di 3mila abitanti, altrimenti, come un cane che si morde la coda, si popola un centro ma se ne svuota un altro.
Il progetto del sindaco Romina Mura è iniziato verso la fine del 2010 e ad oggi la popolazione è aumentata da 928 a 958 abitanti, non una cosa da poco "per un paese che si è spopolato ininterrottamente dagli anni ’60 in poi" spiega il primo cittadino. Anzi, un successo: trenta persone in più "equivalgono più o meno a un incremento del tre per cento".

Il bonus mensile è un toccasana sia per il problema abitativo di Sadali sia per l'economia locale: la quota elargita infatti può essere spesa esclusivamente nel territorio comunale, un meccanismo semplice per far girare l'economia. Non solo: i nuovi abitanti, per lo più giovani coppie sposate, con esperienze professionali che vanno dall’artigianato all’agricoltura, stanno rivitalizzando il territorio anche dal punto di vista culturale e pratico, riappropriandosi di orti abbandonati e dando il via a nuove forme di agricoltura e di consumo responsabile e biologico.

Sadali non è l'unico Comune ad adottare un particolare stratagemma per combattere lo spopolamento. A San Giovanni d’Asso, un borgo di 900 abitanti in provincia di Siena, l’amministrazione comunale nel 2011 dava un contributo di 300 euro, da investire nell'affitto di un appartamento, a tutti quelli che decidevano di prendere la residenza lì. Da allora, però, l'esperimento pilota non è stato però rinnovato, sia per una questione economica "non l’abbiamo rinnovato per mancanza di fondi", ammette il sindaco, sia perché le famiglie che fanno domanda di trasferimento chiedono anche un lavoro, un'occupazione. Perché la casa è tanto, sì, ma non è tutto.

"Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita", recita un antico proverbio cinese. Così, se qualche Comune garantisce un tetto, altri preferiscono dare un'occupazione che renda i neo abitanti autonomi. Succede a Quiliano, in provincia di Savona, dove il sindaco ha deciso di affidare in concessione gratuita alcuni terreni da coltivare. La selezione avviene attraverso un bando pubblico e il vincitore ha il compito di curare - a tempo indeterminato - la raccolta dei frutti e fare manutenzione.

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Di Fabrizio (del 11/07/2013 @ 09:06:32, in blog, visitato 2182 volte)

Non c'è molto da scrivere in questi giorni, ma farà piacere a chi di voi vuole imparare qualcosa sul romanés di trovare un blog apposta. A prima vista. ha un aspetto simpatico, è adatto anche ai lettori più giovani, e oltre alla linguistica e al dizionario, riporta diverse sezioni riguardo vita, usi e costumi dei Rom. Il blog è opera di un autore macedone, ma è in inglese.

Con l'avvertenza di non prendere come "oro colato" quanto troverete: i Rom parlano una lingua che ha caratteristiche comuni dovunque (insomma, ci si intende dappertutto), ma divisa in migliaia di dialetti e con imprestiti linguistici-culturali i più diversi. Il mio consiglio spassionato: una lingua, la sua storia, la storia di chi la parla, non si imparano sui libri o in internet, bisogna parlare e conoscere le persone; perché una cosa sono le "categorizzazioni ufficiali", altro il mondo spurio e indefinito che cambia di continuo.

L'anno scorso, più o meno di questo periodo, pubblicai un breve dizionario apparso su di un sito turco, parole e concetti molto simili a quelli che adoperano anche i Rom in Italia.

Infine, per il lettore che non deve chiedere mai:

testato da Daniele, della redazione.

Viene sempre dalla Macedonia, e mi scrisse l'autore un po' di anni fa:

    11 Novembre 2004 - Egregio sig. Casavola. Sono il Dott. Trajko Petrovski (trajkopetrovski@Yahoo.com), sono esperto della lingua Rom, etnologia e storia. Lavoro nell'Istituto di folklore a Skopje, R. Macedonia. Fino ad ora ho pubblicato vari saggi e articoli del campo dell'etnologia e del folklore. Ho anche partecipato con rapporti della sfera del folklore, linguistica e dell etnologia.
    Ho pubblicato molti libri sulla vita dei Rom e quest'anno ho pubblicato un dizionario rom-italiano, italiano-rom con la grammatica della lingua Rom.
    Il dizionario contiene 40.000 parole ed è molto pratico e usabile in tutta Italia e l'Europa. Il dizionario ha 600 pagine. Costa 15 euro più 5 euro di tassa postale.
    Se comprate più di cinque (5) dizionari il prezzo è di 13 euro per uno.
    Sono sempre e vostra disposizione per collaborazione.
    [...]
    Cordiali saluti
    Dott.Trajko Petrovski

DIVERTITEVI!

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Di Fabrizio (del 10/07/2013 @ 09:06:24, in lavoro, visitato 1290 volte)

Un articolo di Ilaria Sesana, su CORRIEREIMMIGRAZIONE. A parte la partecipazione emotiva dell'autrice, non racconta molto di nuovo e non entra nel merito delle soluzioni possibili. Utili i dati su una catastrofe ecologica, che comunque sentiamo lontana, come se il Ghana fosse su un altro pianeta. Non è l'ecatombe di Bhopal, per fare il primo esempio che mi viene in mente, ma un avvelenamento, vittime e carnefici assieme; lento e progressivo e soprattutto silenzioso.

Succede però qualcosa che fa impazzire il quadro informativo: situazioni simili le viviamo anche in Italia, ad esempio in quella parte di Campania che difatti è stata rinominata "Terra dei Fuochi", o in quei campi rom dove nell'indifferenza o nell'inazione totale la vita si svolge proprio come nel sobborgo di Accra. E un fenomeno che altrimenti passerebbe sotto silenzio, ci indigna quando ce lo ritroviamo sotto casa.

Omertosi i Rom, per paura di perdere l'unica fonte di reddito, complici molti non-rom che forniscono la maniera prima da smaltire, agli altri non rimane che protestare - anche animatamente - ma senza una soluzione a portata di mano.

Questo il video girato da Ilaria Sesana, se qualcuno volesse farlo circolare, soprattutto tra i Rom (non credo cambierà niente, ma cos'altro si può fare?).


capita a fagiolo: Uomini come topi. Spazzatour, il campo di zingari in una discarica abusiva - di Maria Ferdinanda Piva, su  

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Di Fabrizio (del 09/07/2013 @ 09:02:28, in casa, visitato 1610 volte)

Campi sì, campi no, e se no: come superarli?

Che tutti dicano di volerli superare, manco fossero novelli Vettel o Alonso, non ci piove (riponete le gomme da bagnato), ma se ne sente parlare da oltre 10 anni, e gli unici risultati in tal senso vengono da quei Rom e Sinti che la casa l'han trovata per conto proprio, infischiandosene delle politiche pubbliche. E si sarebbe potuto ottenere molto di più, se in Italia si fosse legiferato a favore delle micro-aree, o per permettere (dietro adeguati controlli, ma parlare di controlli in questo paese è un sogno) il potersi installare in soluzione familiare su terreno di proprietà.

Italia: non poteva succedere altrimenti in questi paese, che una soluzione provvisoria diventasse di fatto definitiva. Così col tempo, i campi sosta non sono diventati soltanto ghetti fisici e mentali, ma anche argomento su cui costruire clientele economiche e dibattiti politici surreali, ma indispensabili.

Prendo ad esempio le cronache recenti che arrivano da Roma (e Milano non è meglio):

  • dopo che il precedente sindaco aveva promesso di smantellare i campi nomadi, è stata adottata la "soluzione" di rifarli (ancora più grandi) ma fuori dal Grande Raccordo Anulare, scaricando la patata bollente dalla periferia alla periferia estrema. Immagino la gioia di chi debba abitare in questi LAGER in mezzo al nulla.
  • Cambio di giunta e anche il nuovo sindaco promette di intervenire: "Campi attrezzati dove vivere in dignità", le sue parole.
  • Poco dopo la sua elezione, nei campi approntati dalla giunta precedente scoppiano incendi, probabilmente c'è dietro un racket ma nessuno porta le prove, e i Rom iniziano a scappare verso i vecchi insediamenti.
  • Pronta la reazione dei trombati della giunta precedente: "Non vorremmo che chi crea disordini si sentisse tutelato dalle politiche attese dalla nuova amministrazione" dice Sveva Belviso. Risponde a stretto giro di posta la controparte politica: "Quanto si sta verificando in queste ore non è che l'effetto della politica di concentramento adottata dalla giunta in questi anni che ha prodotto la convivenza forzata delle diverse comunità all'interno dei campi nomadi", Gianluca Peciola, capogruppo SEL in Campidoglio.

Intanto, dopo Veltroni, Rutelli, Alemanno (e Marino, poer nanu, appena arrivato), i campi ci sono sempre, e sono sempre meno abitabili. Sembra quasi che tutti parlino solo a favore delle proprie orecchie.

Ma, contemporaneamente, leggo che riemerge una querelle nata con l'amministrazione Alemanno: I carabinieri al Comune "Troppi finti poveri nel campo nomadi" Rom nei moduli abitativi per indigenti che possiedono invece auto come Ferrari, Porsche, Mercedes, dove la giusta indignazione contro questi sfruttatori non cambia di una virgola quanto si scriveva l'anno scorso, tranne per il collegare quel fatto agli incendi di giugno e luglio. Se così fosse, la polizia a questo punto dovrebbe avere i colpevoli quasi in pugno, e non si capisce perché Sveva Belviso insista a scaricare le responsabilità su una giunta appena insediata.

Mi sia permessa un'altra considerazione: lo "scandalo" emerse l'anno scorso. Come mai non è cambiato niente? Inoltre: quanti sono, dove sono, questi Rom in Ferrari? O sono una leggenda metropolitana? Altra domanda che spontanea sorge: Rom poveri, ne esistono? (AZZARDO UNA RISPOSTA DIPLOMATICA: non sarà che ne esistono sia di poveri che di ricchi, sia di onesti che di mariuoli, come è NORMALE CHE SIA?)  Il bravo lettore democratico avrebbe bisogno di più dati e meno slogan, altrimenti potrebbe persino pensare che una minoranza di truffatori tra l'1 per mille della popolazione, rappresentino un tale problema di ORDINE PUBBLICO, da far passare in secondo piano il problema POLITICO: in Italia le case ci sono sì o no? In parole povere, l'altra faccia della medaglia della mia domanda iniziale.

A questo dovrebbe rispondere la politica, ma non solo ai Rom e ai Sinti, ma a tutti i cittadini. Invece, le soluzioni e le analisi tocca andare a cercarle da un'altra parte:

Intervista su ZaLab a Paolo Berdini (grazie a Ignazio Marino per la segnalazione)

    Per l'urbanista Berdini dobbiamo guardare oltreoceano, dove l'amministrazione Obama sta recuperando vecchi edifici in disuso. Basta investimenti a pioggia e colate di cemento, piuttosto recupero mirato della prima e seconda periferia storica. #italianslum
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Di Fabrizio (del 08/07/2013 @ 09:02:25, in media, visitato 1290 volte)

Ancora settimane ricche di spunti dalla Repubblica Ceca: continuano pestaggi e violenze nel nord, mentre nel sud, a Budejovice (Boemia) estremisti attaccano un quartiere rom con pietre e bastoni; attaccata anche la polizia, che poi reagisce. Il senatore Okamura (il cognome tradisce origini giapponesi) propone di riportare i Rom cechi (e quelli arrivati  da Slovacchia, Ungheria, Ucraina) in India; non è nuovo a provocazioni simili, ho paura che sentiremo ancora parlare di lui. Infine riporto un articolo che nasce dagli attacchi a Budejovice. Tutte le segnalazioni arrivano da Czech_Roma

Frantishek Kostlan Photo: Archiv Romea.cz - Commento: Perché la frase "aggressore bianco" da fastidio ai lettori? Prague, 2.7.2013 15:58, (ROMEA) Frantishek Kostlan, translated by Gwendolyn Albert

Recentemente, in molti articoli pubblicati sui media cechi di ogni tipo, notiamo la seguente espressione usata sempre più spesso: "aggressore romanì" o al plurale "aggressori romanì", "aggressori razzisti romanì", "brutale banda romanì", "romanì violento", "un gruppo di aggressori (romanì, naturalmente)", "sei aggressori (romanì)". I neonazisti Dufeke Svoboda, che non molto tempo fa organizzarono a Duchcov una manifestazione contro i Romanì (tutti), usarono lo slogan "Contro gli aggressori romanì".

Questo è quanto, oltre alla frase "aggressori romanì" che è già di uso comune eanche quando l'etnia presunta dell'aggressore non ha alcuna attinenza col caso particolare. L'espressione "aggressori romanì" viene purtroppo adoperata anche da alcuni scrittori romanì, come in un recente articolo di Patrik Banga (vedi QUI, ndr).

Non sto difendendo quei crimini che sono stati commessi da gente romanì. Se qualcuno picchia qualcun altro, deve essere data una punizione adeguata - non ho dubbio alcuno - non importa chi sia.

La mia preoccupazione è la formulazione della cronaca di questi incidenti. Quando un autore di nazionalità ceca picchia qualcun altro, non succede mai che il reporter usa una descrizione più violenta di "autore" o "violento/violenti", "gruppi che hanno agito", ecc. Tuttavia, quando si presume che l'autore di un medesimo crimine sia romanì, improvvisamente si adopera il termine "aggressore" e se le persone coinvolte sono più di una, diventano immediatamente una "banda di aggressori romanì razzisti".

I commenti online postati sotto gli articoli in cui vengono usati questi termini, riecheggiano l'odio fatto lievitare da questo tipo di linguaggio. Possiamo leggere appelli al genocidio dei Rom, al loro omicidio, alla loro deportazione dalla Repubblica Ceca, per la rinascita dei campi di concentramento e di sterminio.

E' del tutto comune leggere esclamazioni razziste, come "zingari nelle camere a gas", "porci neri", "musi neri", ecc. Naturalmente, nessuno è disturbato da ciò o, per essere più precisi, disturba solo pochi "buonisti" come me - e soltanto quando qualcuno di noi prende una posizione pubblica contro.

Recentemente, ho usato il termine "aggressore bianco" in un articolo di risposta alla crescente ondata di "aggressori romanì" riportati da ogni media, e questo ha disturbato i lettori - soprattutto di nazionalità ceca, ma anche molti di nazionalità romanì. A volte fa bene reggere uno specchio, cosicché gli altri possano vedere che le loro azioni, incluso l'accordo o il silenzio, non sono corrette.

Capisco quei Romanì che si hanno obiettato sul termine "aggressore bianco". Sono preoccupati perché qualcuno della società maggioritaria potrebbe perdere l'affetto che avrebbero per il news server Romea.cz o per i Romanì in generale, vedendo adoperata qui una simile espressione.

Alcuni non amano tutto quanto sia formulato in modo estremo. Altri sono soltanto prudenti,  e dato quanto sta succedendo in questa società, non ne sono sorpreso.

Naturalmente, come persona coinvolta in questi problemi da oltre 20 anni, so che ci sarà chi ribatterà che obietterà ai Romanì  (in toto) sarà così indipendentemente da quanto scriviamo io o Romea.cz. Quanti riflettono sulla questione capirà cosa intendevo usando la frase "aggressore bianco".

Capisco che altri la pensino diversamente. Sarei loro grato se rispettassero il mio punto di vista, per quanto differente dal loro.

Nell'area dedicata alla discussione dell'articolo dove avevo usato "aggressore bianco", sono state postate le seguenti opinioni (alcune da allora sono state cancellate):

  • "Aggressore bianco"- se lo scrive uno zingaro non è razzismo, ma se un ceco scrive "aggressore nero" è razzismo al terzo grado...
  • Signor Kostlan, cosa accadrebbe se scrivvessi "aggressore n...o"? Perché stavolta lei usa quelle parole? In uno dei suoi articoli lei condannava Nova, Blesk, ecc. ma sta usando la medesima tattica?Non aggiunga benzina al fuoco...
  • perché scrive "aggressore bianco", quando condanna quanti usano "aggressore romanì"?
  • ...quando scrive aggressore bianco, la cosa puzza davvero.
  • ...Lo girerò alla polizia, che decidano se tutto è stato ispirato dal diavolo, da un brutto aggressore bianco o da Marcela...
  • Ad essere corretti, si dovrebbe scrivere "Aggressore bianco attacca due passanti neri", giusto?
  • Potrebbe essere accaduto differentemente. Forse quel piccolo gruppo ha sopravvalutato la propria forza e la vittima si è rilevata troppo dotata fisicamente, o non era abbastanza ubriaca. Scenario molto più probabile dato l'usuale modello di comportamento dei Rom.
  • Ma il violento era un aggressore bianco o un drogato???
  • I cosiddetti politically-correct, i giornalisti sei, non menzionano l'origine etnica dei colpevoli, ma gli attivisti del news server Romea basano la loro esistenza sul presunto razzismo, la "lotta" contro di questo, e soprattutto sul contributo finanziario statale che ricevono per la loro attività. Quindi, se un bruto che è ubriaco ed attacca con violenza due donne, l'informazione che questi sia bianco è particolarmente importante. Significa che il flusso di denaro statale verso Romea non si esaurirà ancora.

Per tutti quanti hanno postato questi commenti, vorrei solo citare Nikolai Vasilievich Gogol: "Non rimproverare lo specchio, se il tuo muso è storto".

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Di Fabrizio (del 07/07/2013 @ 09:09:42, in media, visitato 1194 volte)

Nella foto, Paula Baudet Vivanco. Alla sua destra la "nostra" Igiaba Scego.
30 giugno 2013 | Stefano Galieni CORRIEREIMMIGRAZIONE

"Fatto" da redattori nati in altri Paesi o comunque di origine straniera. Un fenomeno poco visibile ma in crescita. Conversazione con Paula Baudet Vivanco.

"Gestire la comunicazione e i suoi strumenti è a mio parere una questione di importanza strategica per modificare la percezione di noi cittadini di origine straniera in Italia". Paula Baudet Vivanco è una giornalista nata in Cile. Si è trasferita in Italia negli anni Ottanta, con i genitori. "Il nostro ruolo in questo Paese non potrà mai cambiare fino a quando saremo visti solo come i "muratori" o le "collaboratrici familiari". Dobbiamo puntare anche ad occupare ruoli diversi nella società per esserne percepiti come una parte integrante e non relegata", dice. "Per questo abbiamo fatto tante battaglie . I risultati adesso si cominciano a vedere, e a maggior ragione non ci dobbiamo fermare".

Dopo aver contribuito a far crescere l'esperienza G2 per i cittadini di "seconda generazione" - termine che in sé meriterebbe una trattazione - Vivanco si è gettata a capofitto in una professione ardua per tutti ma in cui gli ostacoli si moltiplicano per chi non è cittadino Ue. Nel 2010 ha contribuito a creare l'Ansi (associazione nazionale stampa interculturale) di cui è segretaria nazionale e in cui sono iscritti numerosi professionisti di origine straniera o, appunto, di seconda generazione. "A questa associazione, nata all'interno della Fnsi (il sindacato unitario dei giornalisti italiani) e riconosciuta dall'Ordine dei Giornalisti, siamo arrivati attraverso un percorso complesso. La mia esperienza nasce nelle "radio comunitarie", altri di noi hanno lavorato in diverse testate, pochi in quelle a larga diffusione. Ma il punto di partenza era comune: l'aspirazione ad essere soggetti e non oggetti di informazione. Un ragionamento che facevamo in un percorso coadiuvato dal Cospe a Firenze e che ci portò nel 2005 a realizzare una piattaforma tematica, basata sull'interculturalità. Volevamo visibilità all'interno della categoria: per questo siamo nati dentro l'Fnsi. Il nostro obiettivo era fornire informazioni per l'accesso all'ordine, ai cittadini di origine straniera ma anche chiarire la nostra posizione. Noi non siamo "corrispondenti", ma vogliamo entrare nelle vie normali di accesso senza discriminazioni, sulla base del lavoro svolto e dei titoli necessari per poter diventare pubblicisti o giornalisti professionisti. Ci siamo in parte riusciti attraverso una circolare interna che l'Ordine ha inviato alle varie sedi regionali, basata a sua volta su una circolare del ministero della Giustizia del maggio 2005".

Il testo della circolare è chiaro ed è la risposta ad un quesito specifico presentato in materia: "...Come correttamente ricordato da codesto Consiglio Nazionale, ai sensi dell'art. 47 del d.p.R. n.394 del 31 agosto 1999 - Regolamento di Attuazione del Testo Unico sull'Immigrazione di cui al D.Lgs. n.286/1998 - , specifici visti d'ingresso e permessi di soggiorno... possono essere rilasciati agli stranieri che hanno conseguito il diploma di laurea presso una Università italiana, per l'espletamento degli esami di abilitazione all'esercizio professionale. Il superamento degli esami unitamente all'adempimento delle altre condizioni richieste dalla legge consente l'iscrizione negli albi professionali, indipendentemente dal possesso della cittadinanza italiana". Pertanto, alla luce di tale normativa, non appare possibile opporre rifiuto basato sulla cittadinanza all'iscrizione all'albo professionale, in presenza del possesso dei necessari requisiti, e a prescindere dalle condizioni di reciprocità" (fra Stati).

È stato ed è ancora faticoso far recepire questa circolare agli ordini regionali. "Ma c'è anche una questione irrisolta che, a nostro avviso, è ancora più rilevante. La legge sulla stampa 47/48 stabilisce, all'articolo 3, che se non si è cittadini italiani non si può né divenire direttori responsabili di una testata né tantomeno registrarne una. Siamo, insomma, giornalisti di serie B. Ce ne siamo resi conto quando una nostra associata, Domenica Canchano, che aveva passaporto peruviano e scriveva per il Secolo XIX a Genova, ha provato a lanciare una testata e le è stato impedito in virtù di tali disposizioni. Ci siamo allora rivolte all'Unar, perché vorremmo una risposta in merito ad una discriminazione che va sanata e abbiamo chiesto aiuto all'allora segretario nazionale dell'Fnsi, Roberto Natale".

Nel nuovo Parlamento sono entrate anche figure come Girgis Sorial e Khalid Chaouki, giovani ed estremamente motivati a portare avanti questa battaglia significativa di civiltà, sono interlocutori validi che hanno già permesso all'Ansi un incontro con il sottosegretario all'editoria. "L'attuale normativa rappresenta un problema per tutti i cittadini che non appartengono all'Ue e che aspirano a diventare editori di testate italiane. Si tratta di norme che inibiscono nuovi sbocchi di mercato. Oggi, ad esempio, è difficile trovare giornalisti in grado di dirigere testate in cinese, o che si vogliano lanciare in avventure editoriali multiculturali. Eppure questo tipo di informazione avrebbe un senso e un seguito. Noi non ci arrendiamo, la nostra Domenica Canchano è una delle due protagoniste del nuovo cortometraggio di ZaLab Italeñas e racconta la discriminazione incontrata nel suo percorso per essere riconosciuta direttrice responsabile di una testata italiana. Adesso sta provando a realizzare una rivista in Toscana che si chiamerà Prospettive: vogliamo capire se a Firenze verranno posti ostacoli come sono stati posti a Genova. E vorrei essere chiara: la nostra idea non è quella di divenire concorrenziali a prodotti come Corriere Immigrazione, ma di mettere in moto processi partecipativi e reti di relazioni di cui tutti potremmo far tesoro. Il caporedattore sarà Karim Metref, un altro giornalista che si sta affermando, per ora siamo un portale on line dei media multiculturali rivolti alle comunità straniere, e siamo sostenuti da Open Society".

Paula Baudet Vivanco, dopo le esperienze radiofoniche si è "specializzata" nelle questioni connesse all'immigrazione, soprattutto per quanto riguarda i figli di cittadini di origine straniera. Ha collaborato con Migra News e poi con Metropoli, il coraggioso dorso multietnico di Repubblica. Scrive per Terre di Mezzo e con altri ha lanciato la campagna Le parole lasciano impronte, per proporre un linguaggio diverso e più corretto quando si parla o si scrive di immigrazione.

L'esperienza dell'Ansi è rivolta molto anche ai giornalisti italiani, soprattutto a quelli che lavorano sulle testate più rilevanti. Giornalisti a cui offrire formazione per impedire che diventino, anche inconsapevolmente, veicolo di discriminazione razzista. "Parlando di questi temi è assolutamente necessario non accontentarsi delle fonti istituzionali. E se si cerca la realtà, si incontra anche un Paese all'altezza di una società che è cambiata. Se si investisse per promuovere questo cambiamento si potrebbe andare molto lontano".

"È cresciuta in Italia la parte "reale" dell'immigrazione, quella che più deve essere rappresentata e, per poterlo fare, occorre che nelle redazioni si lavori con gli "autoctoni" da colleghi, spalla a spalla".

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APPELLO PER IL RIPRISTINO DEL SERVIZIO DI SCUOLABUS AL CAMPO DELLA BIGATTIERA unaCITTAinCOMUNE

al Sindaco di Pisa Marco Filippeschi
all'assessore comunale alle Politiche Sociali Sandra Capuzzi
al Presidente del Consiglio Comunale Ranieri Del Torto

e, p.c. Al Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi
all'Assessore Regionale alle Politiche Sociali Salvatore Allocca

Apprendiamo dalla stampa locale che 40 genitori nella zona di Marina di Pisa sono stati accusati del reato di "inosservanza degli obblighi dell'istruzione scolastica minorile".

I bambini e le bambine in questione sono quelli che vivono nel campo della Bigattiera, per i quali da due anni non è più attivo il servizio di scuolabus.

Alla sospensione del servizio comunale due anni fa in un primo momento ha dato risposta, seppure parziale, la Pubblica Assistenza del Litorale Pisano. Con l'anno scolastico 2012/2013 è stato soppresso anche questo servizio tampone e si è assistito alla completa dispersione scolastica di tutti i minori residenti in via della Bigattiera n.13.

Il fenomeno della dispersione scolastica non è connesso a forme di sfruttamento e di accattonaggio, come insinuano gli investigatori: i bambini della Bigattiera finché hanno potuto usufruire dello scuolabus, in maniera forse discontinua, hanno però mantenuto rapporti con le istituzioni scolastiche e con le forze del volontariato.
A partire da questo dato, ci chiediamo: quanta è la responsabilità sociale della dispersione scolastica che ha colpito l'infanzia del campo della Bigattiera?

I bambini e le bambine sono portatori diritti: l'Italia ha attuato la Convenzione sui Diritti dell'Infanzia con la legge 176 del 27 maggio 1991. L'articolo 28 della Convenzione recita:

    "Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo all'educazione, e in particolare, al fine di garantire l'esercizio di tale diritto in misura sempre maggiore e in base all'uguaglianza delle possibilità:…e) adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola."

Dunque vi è nel fenomeno della dispersione scolastica una responsabilità genitoriale ma insieme anche una responsabilità sociale.

Per questo chiediamo fermamente a tutte le istituzioni, a partire dal Comune e dalla Società della salute, di ripristinare quanto prima il servizio di scuolabus per i bambini e le bambine del campo della Bigattiera. Chiediamo inoltre di garantire il pieno accesso all'istruzione, attraverso politiche attive e servizi rivolti alle famiglie e ai bambini, che prevedano delle condizioni igienico sanitarie accettabili, il sostegno scolastico e l'accompagnamento previsti negli altri campi.

Il problema del superamento dei campi richiede politiche concertate con la regione e i comuni dell'area vasta, e gli stessi abitanti dei campi; richiede tempi lunghi per favorire forme non traumatiche di superamento di una situazione umanamente inaccettabile. Respingiamo quindi fermamente l'idea che lo smantellamento di un campo inizi dalla cancellazione del trasporto scolastico. Occorre quindi che le istituzioni si impegnino affinché i bambini della Bigattiera non si trovino per il terzo anno consecutivo senza un servizio essenziale per il diritto allo studio e la socialità.

Cerchiamo una soluzione al problema dei campi insieme ai loro abitanti, intanto garantiamo ai bambini e alle bambine il diritto alla scuola, alla salute, al rapporto con il resto del mondo.

Pisa 20 giugno 2013

Primi firmatari
1. Clelia Bargagli Stoffi, medico veterinario e socia Famiglia Aperta
2. Cristina Fontanelli, insegnante scuola primaria Viviani
3. Michela Falchi, insegnante scuola primaria Viviani
4. Stefania Ramagli, insegnante scuola primaria Viviani
5. Michela La Marca, insegnante scuola primaria Viviani
6. Stefania Pandolfi, insegnante in pensione scuola primaria Viviani
7. Pierpaolo Corradini, pubblicitario e giornalista
8. Sara Cozzani, Opera Nomadi Pisa
9. Sergio Bontempelli, Africa Insieme
10. Milorad Petrovski, associazione Asifar
11. Dr. Aldo Cavalli, Presidente Pubblica Assistenza Litorale Pisano
12. Carla Martinelli, volontaria Banco Alimentare Pubblica Assistenza Litorale Pisano
13. Adriana Baldari, volontaria Banco Alimentare Pubblica Assistenza Litorale Pisano
14. Dino Pagliari, allenatore Pisa Calcio
15. Emiliano Cariello, Emergency Pisa
16. Annamaria Columbu, presidente Associazione Famiglia Aperta
17. Luca Randazzo, maestro e scrittore per ragazzi
18. don Sergio Prodi
19. Giovanna Zitiello, insegnante scuola media
20. Virginia Balatresi, volontaria Banco Alimentare Pubblica Assistenza Litorale Pisano
21. Raul Di Gioacchino, libraio e editore
22. Martina Pignatti Morano, presidente di Un ponte per…
23. Franca Corradini, docente Storia arte contemporanea Accademia Belle Arti (Firenze)
24. Francesco Niccolai, assegnista di ricerca Scuola S. Anna
25. Maria Valeria Della Mea, operatore teatrale
26. Alessandro Scarpellini, scrittore
27. Giuliano Marrucci, giornalista
28. Andrea Callaioli, avvocato
29. Eugenio Serravalle, medico pediatra
30. Giovanni Guerrieri, I Sacchi di Sabbia
31. Giulia Gallo, I Sacchi di Sabbia
32. Marco Barbato, per Fratelli dell'Uomo – Sezione Toscana
33. don Agostino Rota Martir
34. Piero Nissim, artista
35. Maria Rosaria Lacatena, assistente sociale
36. Laura Santoni, insegnante
37. Emilia Venturato, insegnante
38. Roberta Mariotti, insegnante
39. Mirella Sbrana, insegnante scuola superiori
40. Maria Teresa Onesti, insegnante scuola primaria
41. Giovanni Graifenberg, operatore sociale
42. Benedetta Dal Monte, insegnante di scuola primaria
43. Paolo Acquistapace, professore universitario
44. Simona Marzilli, imprenditrice
45. Francesco Moretti, artista di arti visive
46. Alessandra Baldi, insegnante di scuola primaria
47. Stefano Maria Pallottino, ingegnere
48. Rossana Bonuccelli, insegnante di scuola primaria
49. Ilaria Ferrara, insegnante di scuola primaria
50. Chiara Antoni, insegnante di scuola primaria
51. Massimo Ciampolini, medico pediatra
52. Federico Ruberti, imprenditore
53. Marcello Fiaccavento, impiegato
54. Martina Barontini, libraia e istruttrice sportiva
55. Debora Ceccanti, imprenditrice artigiana
56. Sara Barsotti, ricercatrice
57. Luca Odetti, direttore centro di ricerca e sviluppo
58. Francesca Prinari, ricercatrice universitaria
59. Fabiano Corsini, cittadino del litorale e della repubblica
60. Emanuela Amendola, dottoressa in economia
61. Mina Canarini, insegnante scuola dell'infanzia
62. Manuela Ferri, impiegata
63. Agnese Macchia, disoccupata
64. Veronica Lorenzetti, architetto
65. Rosita Serpa, biblioprecaria
66. Francesco Giorgelli, membro CDA dell'Università di Pisa
67. Maria Francesca Zini, assegnista di ricerca e attivista per la pace
68. Roberto Barbieri, insegnante scuola primaria
69. Rita di Ianni, educatrice Arciragazzi
70. Cesare Ascoli, ricercatore CNR
71. Donatella Petracchi, pensionata
72. Laura Baldini, libraia
73. Lidia Tamponi, impiegata
74. Lotte Paone, impiegata
75. Francesco Stea, medico
76. Elisa Renieri, insegnante scuola primaria
77. Alfonso De Pietro, cantautore
78. Isabella Moretti, insegnante scuola primaria
79. Giorgio Gallo, professore universitario
80. Antonella Serani, operatore sociale Pubblica Assistenza Litorale Pisano
81. Sandra Faita, bibliotecaria
82. Francesca Lodolini Salvini, insegnante scuola media
83. Riccardo Lorenzi, architetto e impiegato statale
84. Roberto Mori, insegnante in pensione
85. Anna Regoli, impiegata
86. Laurence Landais, traduttrice e doula
87. Valeria Giuliani, impiegata
88. Carmine Santoro, impiegato in floricoltura, presidente Ass. Il Chicco di Senape
89. Miranda Mancini, pensionata
90. Franca Nicodemi, Italiaonline srl
91. Sonia Paone, ricercatrice del dipartimento di scienze politiche
92. Alessandro Breccia, ricercatore precario
93. Chiara Gasperini, insegnante scuola primaria
94. Daniela Rispoli, medico veterinario
95. Rita Paperini, impiegata
96. Dino Pedreschi, professore universitario
97. Rachele Tagliamonte, casalinga
98. Nicolò Chessa, falegname
99. Leila D'Angelo, insegnante scuola superiore
100. Rudy Pessina, fotografo
101. Serena Leoni, cooperante
102. Ilaria Barachini, insegnante scuola dell'infanzia
103. Paola De Michelis, educatrice di asilo nido
104. Solange Costa, commessa
105. Guia Giannessi, insegnante scuola media N. Pisano
106. Davide Cornolti, tecnico CNR Pisa
107. Silvia Fogli, insegnante scuola media
108. Laura Leoni, impiegata
109. Patrizia Tortorici, insegnante scuola primaria
110. Susanna Mammini, impiegata
111. Carlo Iozzi, impiegato e RSU Fiom
112. Paolo Cianflone, insegnante scuole superiori
113. Elisabetta Orlacchio, assistente sociale
114. Viviana Bartolucci, psicologa e educatrice
115. Lorenza Poltronieri, consigliera Pubblica Assistenza Litorale Pisano
116. Fabio Callaioli, volontario Pubblica Assistenza Litorale Pisano
117. Angiolo Cioncolini, circolo ARCI Pisanello
118. Paride Antonelli, circolo ARCI Pisanello
119. Irene Campioni, medico chirurgo
120. Giuliano Campioni, professore universitario
121. Isa Ciani, insegnante in pensione
122. Marcello Palagi, direttore mensile "trentadue" (Massa Carrara)
123. Stefania Cappellini, Insegnante
124. Irene Lancioni Biblioprecaria
125. Tania Iannizzi, Bibliotecaria
126. Simona Frasciello, Segretaria Studio Medico
127. Francesca Serpa, architetto
128. Umberto Grassi, assegnista SNS
129. Luisella Mori, docente inglese ITCG Fermi Pontedera
130. Tiziana Noce, ricercatrice universitaria
131. Federico Giusti, confederazione Cobas Pisa
132. Daniele Guerrieri, insegnante di arte IC Curtatone e Montanara di Pontedera
133. Giusi Lauro, insegnante in pensione
134. Luigi Puccini, docente scuola superiore e residente a Pisa
135. Lucia Montagnoli, insegnante scuola media
136. Maria Marchitiello, medico omeopata
137. Sabine Schweizer, infermiere
138. Marta Galluzzo, educatrice
139. Mauro Pezzini, redattore web
140. Luigi Piccioni, docente universitario
141. Daniela Bernardini, docente scuola superiore
142. Cristina Zaccagnini, insegnante di scuola primaria presso l'I.C.Gandhi di Pontedera
143. Monica Rizza, Presidente Consiglio d'Istituto I.C. Pacinotti Pontedera
144. Luisa Filipponi, ricercatrice
145. Fausto Gozzi, professore universitario
146. Michela Trapanese, insegnante scuola primaria
147. Pietro Gattai, geologo
148. Maria Elisa Bedani, insegnante in pensione scuola media Marina di Pisa
149. Sergio Gattai, bibliotecario in pensione
150. Francesca Mulana, ricercatrice universitaria
151. Manuela Furrer, educatrice
152. Giovanni Mandorino, cittadino
153. Rosalba Fedele, educatrice
154. Dela Pawlitzki, insegnante scuola primaria
155. Roberto Cini, operaio
156. Francesca Gabrriellini, studentessa
157. Fabio Meini, informatico
158. Andrea Orsini, libero professionista
159. Antonella Pochini, operaia
160. Rino Razzi, inforrmatico
161. Martina Lombardi, Dottoranda
162. Dario Ferraro, operatore sociale
163. Aurelia Manai, guida turistica
164. Claudia Molfetta, studentessa
165. Alessandro Toma Studentessa
166. Gaia Colombo, Fratelli dell'uomo
167. Patrizia Guidi, biologa
168. Maria Grazia Braccini Masetti, insegnante in pensione
169. Angela Mazza, insegnante scuola primaria
170. Enrica Pea, medico
171. Sabrina Zupicic, giardiniera
172. Fabio Tarini, docente universitario

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Di Sucar Drom (del 05/07/2013 @ 09:09:25, in blog, visitato 1172 volte)

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Di Fabrizio (del 04/07/2013 @ 09:06:07, in scuola, visitato 1304 volte)

By ARCI SOLIDARIETA' ONLUS - on June 28, 2013

"C'è posto all'ultimo banco" è la storia di vent'anni circa sull'istruzione ai bambini rom. Siamo a Roma, all'inizio degli anni '90. Un gruppo di volontari si avvicinò alle locali comunità rom ed iniziò a camminare assieme a loro sul percorso dell'integrazione sociale, che inizia con l'affermazione del diritto all'istruzione.

Abbiamo lavorato a stretto contatto con la comunità rom, aprendo un dialogo con le istituzioni pubbliche, con gli insegnanti, con gli altri genitori, nel tentativo di affermare il diritto di ogni bambino a frequentare la scuola.

Inizialmente, il progetto scolastico e le politiche d'integrazione si svilupparono in parallelo. Oggi tuttavia si sono separati. Mentre i bambini rom frequentano la scuola in tutti i gradi, spesso con risultati eccellenti, l'Italia non ha perseguito un processo che permettesse alle famiglie rom di abbandonare progressivamente i campi e provare altri tipi di sistemazione.

Questa mancanza di sinergie tra l'impegno a sostenere le esigenze dei bambini con la loro piena emancipazione da una vita nei campi, e le politiche governative, che in realtà promuovono i campi come una soluzione per i bisogni alloggiativi delle famiglie rom, rischia di compromettere i risultati ottenuti nel campo dell'istruzione.

Comunemente si ritiene che il progetto di scolarizzazione abbia giocato un ruolo importante nel fornire i medesimi strumenti per costruire il futuro che avevano i loro compagni. L'istruzione prepara alla vita professionale, e rende più indipendenti e responsabili.

Le storie raccolte da Arci Solidarietà Onlus in questo libro sono basate sulle esperienze dei suoi attivisti ed educatori, funzionari delle istituzioni con cui abbiamo collaborato e bambini che sono stati i diretti beneficiari del progetto.

Con l'aiuto di esperi antropologi, sociologi e mediatori culturali, il libro analizza l'impatto del progetto di scolarizzazione sulle aree dove vivono le comunità rom e sul paese in generale. Il libro è il risultato di un impegno costante, svolto in condizioni difficili e vissuto con i Rom, di una rete territoriale costruita pezzo a pezzo.

"C'è posto all'ultimo banco" è il risultato collettivo che, attraverso una narrazione corale, porta in vita molti anni di lavoro. E' una storia vera, di ragazze e ragazzi che di solito sono piazzati nell'ultima fila delle nostre classi, gli invisibili che non devono essere visti. E' un lungo racconto fatto di successi e fallimenti, tragedia e commedia e lotta costante. Una storia che necessita di un lieto fine.

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Di Fabrizio (del 03/07/2013 @ 09:00:20, in casa, visitato 3068 volte)

Articolo di Giornalettismo lungo e documentato ma, a mio giudizio, incompleto. Per chi resiste, a fine lettura ho aggiunto alcune note personali.

di Maghdi Abo Abia - 25/06/2013 - Il Carroccio attacca il sindaco Pisapia fin dalla sua elezione sostenendo come spenda le risorse destinate ai milanesi per dare case ai nomadi dimenticando come nel 2008 nacque un progetto Rom con soldi stanziati dal piano nomadi Berlusconi/Maroni e che vengono usati ancora oggi

Milano nel 2015 ospiterà l'Expo. Eppure la città non appare preparata al nuovo appuntamento, ed anzi dopo l'ipotesi ventilata da Giuliano Pisapia di non ricandidarsi alla guida della città nelle elezioni del 2016 la città appare sempre più abbandonata al suo destino, vittima di problemi di varia natura.



L'EMERGENZA ROM - La popolazione, ubriacata di rivoluzione gentile e scottata dalla gestione Moratti, nei primi due di mandato si è scoperta disillusa e scottata da una serie di provvedimenti, dall'aumento del biglietto Atm all'introduzione di Area C che hanno minato nel profondo l'autorità della Giunta. A complicare le cose, per i vincitori di centro-sinistra, le bordate dell'opposizione intenzionata a sottolineare i problemi della città possibilmente attribuendo responsabilità specifiche al sindaco ed alla sua squadra. Parliamo ad esempio dell'"emergenza", per usare un termine caro alla Lega Nord, Rom.

LA CONDANNA PER ZINGAROPOLI - Torniamo indietro nel tempo e più precisamente alla primavera del 2011, ovvero quando la campagna elettorale era al suo picco massimo e gli sfidanti, Letizia Moratti per il Pdl ed appunto l'avvocato Giuliano Pisapia, si combattevano senza esclusione di colpi. Ad un certo punto in città apparvero dei manifesti targati Popolo della Libertà e Lega Nord nel quale si diceva che con la vittoria dell'avvocato, Milano si sarebbe trasformata in una "zingaropoli". Come ci spiega l'Asgi per questa definizione Pdl e Lega Nord nel 2012 sono state condannate perché, secondo il giudice del Tribunale di Milano Orietta Miccichè la definizione era connotata da una "valenza gravemente offensiva e umiliante di tale espressione che ha l'effetto non solo di violare la dignità dei gruppi etnici sinti e rom, ma altresì di favorire un clima intimidatorio e ostile nei loro confronti".



L'ALLARME DI ENRICO SALERANI - Quindi secondo il giudice questa definizione rappresenta una molestia a sfondo razziale, vietata dall'articolo 3 del decreto legislativo 215 / 2003 per via della sua intenzione di scatenare un clima intimidatorio nei confronti di particolari etnie. Peraltro durante quella campagna elettorale era presente a Milano il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg il quale si definì scioccato dai manifesti affermando come questi incidessero sui diritti delle popolazioni rom e sinti e sulla possibilità d'integrazione. Eppure, nonostante la condanna e l'obbligo di pubblicazione della sentenza sul Corriere della Sera, la Lega Nord ha proseguito nella sua battaglia anti-rom il cui ultimo capitolo è stato raccolto da Il Giornale che ha ripreso la voce di Enrico Salerani, capogruppo della Lega Nord in zona 8, zona strategica visto che al suo interno c'è Fiera Milano, City Life, il quartiere sperimentale QT8 e lo stadio di San Siro.

L'OCCUPAZIONE DEI CAPANNONI DI VIA MONTEFELTRO - Salerani scrisse anche sul portale Partecipami lo scorso 29 aprile, spiegando che in via Montefeltro 8 200 zingari hanno occupato una fabbrica abbandonata trasformandola in un campo nomadi abusivo "con quintali di immondizia, baracche fatiscenti, possibile presenza di amianto, macchine e camper di dubbia provenienza, alcune con svariati fori di proiettili, il tutto con molti bambini e minori costretti a vivere in questa situazione di degrado". Secondo Salerani

    E' intollerabile che a Milano nel 2013 vi siano zone franche ove per altro, molti bambini sono costretti a crescere in una situazione non favorevole a garantire loro un futuro dignitoso e sereno.

La richiesta è una sola, ovvero provvedere allo sgombero dell'area interpellando anche l'assessore alla sicurezza. Il sito poi nei giorni scorsi è stato visitato da Matteo Salvini e dall'assessore provinciale alla Sicurezza Stefano Bolognini, autodefinitosi "l'assessore in scooter" per via della sua scelta di rinunciare all'auto blu. Questi, dalle colonne del suo sito, ha spiegato che nonostante manchino due anni ad Expo, è impensabile che esistano realtà come il campo "dove scorrazzano i topi e il puzzo e' incredibile". A quel punto tocca a Matteo Salvini che si rivolge al sindaco, la cui foto compare a fondo del comunicato: "Non sto a cercare colpe ma dico al sindaco: sei il sindaco di tutta Milano, non e' possibile che a Milano ci siano realta' di questo genere".

LA VOCE DI MATTEO SALVINI - Lo ha detto il segretario nazionale della Lega Lombarda Matteo Salvini, che insieme ai consiglieri di zona e all'assessore provinciale alla Sicurezza Stefano Bolognini ha visitato il campo rom di via Montefeltro 8 a Milano. Continua Salvini: "Non ci sono razze buone o cattive. La rabbia non e' mai giustificata, ma ai semafori, in metropolitana, negli appartamenti non trovo bresciani, o valtellinesi, canadesi o australiani a rompere le palle ai cittadini. Se questa gente si mette ai margini, Milano non ha bisogno di questa gente". Perché, secondo l'accusa, la scelta di dieci famiglie di entrare nell'ex stabilimento abbandonato di Galileo Avionica, società del gruppo Finmeccanica, li ha spinti automaticamente ai margini. Sulle colonne del Giornale invece la situazione assume altri contorni. Gli insediamenti sarebbero diventati due con un totale di 400 persone.

"DOBBIAMO TROVARGLI UNA CASA?" - A lanciare l'allarme, come detto, è ancora Salerani. I nomadi sarebbero provenienti dal campo smantellato di via Triboniano, gli stessi -continua il pezzo- che avevano preso i soldi dalla giunta Moratti per tornare in Romania. Ed ora "dopo aver gironzolato" sono tornati e sono entrati in via Montefeltro 8 ed ora qui vivono in 200. Altri 200 sarebbero finiti nel capannone già casa della Italmondo. La colpa? Della sinistra. A spiegarlo è ancora Salerani:

    "Siamo stati poi costretti a votare contro la mozione di allontanamento perché la sinistra vi aveva incluso l'obbligo di trovare per questi individui una situazione abitativa stabile. Ma come? Hanno preso i soldi per andarsene e adesso non solo sono tornati ma gli dobbiamo trovare una casa? Una funzionaria della polizia locale ci ha assicurato che lo sgombero delle due aree È una priorità ma non ci ha potuto assicurare sui tempi"

PATTI DISATTESI - A questo punto facciamo un viaggio indietro nel tempo e vediamo lo sgombero del campo nomadi di Via Triboniano. Ininsubria ci porta la voce dell'ex rappresentante della Lega Nord in Regione Lombardia Davide Boni che aveva spiegato come i Rom, dopo aver ricevuto 15 mila euro a nucleo familiare per tornare in Romania, sono partiti e rientrati. Il Comune nel 2011 -giunta Moratti- ha quindi speso 800 mila euro per mandarli via. Eppure sono qua. A questo punto ecco l'accusa alla giunta di centrosinistra: "L'amministrazione di sinistra che governa il capoluogo ha praticamente rinunciato agli sgomberi e cerca di legalizzare e stabilizzare la presenza dei nomadi a Milano". Cosa non vera visto lo sgombero del campo di via Dione Cassio. Ma c'è di più:

    Ogni patto compiuto nel passato è stato puntualmente disatteso

LE CASE FORNITE DALLA GIUNTA MORATTI - Il Corriere della Sera ci ricorda che il primo maggio 2011 vi fu uno sgombero immediato del campo di Via Triboniano, zona Certosa, in direzione di Rho Fiera. Qualcuno, e segnatamente le opposizioni, definì il progetto uno "sgombero elettorale". Le 102 famiglie che avevano aderito al "patto di legalità" con Palazzo Marino ricevettero aiuti diversi. 55 di loro vennero aiutate attraverso l'Avsi, una Ong alla quale si appoggiò il Comune e ricevettero soldi per tornare in Romania. Vi fu poi l'assegnazione di 20 case Aler, sei case popolari assegnate a famiglie con bambini disabili e due case acquistate con mutuo, mentre vennero registrati altri 20 "affitti assistiti".

LE STRUTTURE CON ARIA CONDIZIONATA - A questo punto sorge una domanda: il centrosinistra è accusato di fornire case ai rom. Eppure questo venne fatto nel 2011 dalla giunta a cui apparteneva anche la Lega Nord. Allora cosa succede? Ma andiamo avanti. Paolo Signorelli ha scritto su Il Giornale d'Italia, testata diretta da Francesco Storace, che la Milano di Pisapia è a misura di zingaro. Perché? Per via dell'aria condizionata prevista nella nuova struttura Rom che aprirà i battenti in periferia. Continua Signorelli:

    Alla faccia della città sicura descritta da Pisapia. Forse gli unici ad essere sicuri, adesso, sono i rom che potranno godere anche di una vigilanza h 24 pronta a proteggerli da qualsiasi attacco nemico. "Nessuno tocchi i gitani", potrebbe essere il cartello affisso fuori il nuovo campo rom. Ma non è affatto finita. Udite udite, per tutta l'estate ci sarà il "cocomero night" dove i nomadi potranno dedicarsi a grasse mangiate di anguria e girare a torso nudo nel quartiere. A spese di chi? Di Palazzo Marino, che domande. E ancora, l' "aperirom", dove gli zingari (prima si chiamavano così) brinderanno alla generosità del sindaco. E garantita sarà la presenza di Vendola.

IL CENTRO DI ACCOGLIENZA - Le "case con aria condizionata" non sono altro che un centro di accoglienza, come spiega Milanotoday, che sorgerà in via Lombroso, sui terreni dove sorgeva il campo della squadra di calcio Ausonia, di proprietà della So.Ge.Mi, la società che gestisce l'Ortomercato. Qui vivranno 150 rom provenienti dai campi di via Dione Cassio, recentemente sgomberato. Il terreno sarà dato in usufrutto gratuito fino all'ottobre 2014 ed il costo per il Comune sarà di 60 mila euro al mese, soldi provenienti dal "Piano Rom" del Governo, istituito con decreto ministeriale il 21 maggio 2008 e cancellato dalla Cassazione il 2 maggio 2013 in quanto l'emergenza paventata nel testo di fatto non esisteva, respingendo così il ricorso del governo, presentato il 15 febbraio 2012 (Governo Monti).



IL PIANO ROM FIRMATO ROBERTO MARONI - Il "piano Rom", come spiega 02 blog riprendendo un post su Facebook del Comune di Milano, venne varato nel 2008 dal governo Berlusconi, in cui Roberto Maroni, ricopriva la carica di ministro dell'Interno. Nel piano si decise che Milano doveva ricevere 13,6 milioni di euro prevedendo che i prefetti diventassero "commissari" per la realizzazione degli interventi. Di questi soldi, 8 milioni vennero spesi per la chiusura del campo di via Triboniano mentre la riqualificazione dei campi di Martirano e di via Chiesa Rossa non si conclusero. E da qui vennero presi i 15 mila euro destinati alle famiglie Rom. Da notare come il piano venne bocciato il 16 novembre 2011 dal Consiglio di Stato con questa motivazione:

    La presenza di Rom non è definibile come emergenza in quanto si tratta di una presenza ordinaria

La nuova Giunta ha sbloccato i fondi restituiti dalla Prefettura al Governo. Parliamo di 5 milioni di euro statali vincolati ad azioni per la gestione della presenza dei Rom. E torniamo ora al centro di Via Lombroso. Qui gli ospiti potranno stare massimo 40 giorni, rinnovabili quattro volte, per un totale di 160 giorni. Le stanze saranno container mentre sono previsti moduli wc e docce in un rapporto 1-10. Il centro sarà sorvegliato dalla Polizia locale 24 ore su 24 mentre le associazioni di settore e la protezione civile si occuperanno di gestire il centro.

AREA ABBANDONATA - La Lega invece voleva qualcosa di diverso. Ancora Matteo Salvini, ripreso da Forlanini Today, per il quale i soldi del piano rom potevano essere spesi : "per esempio con gli sgomberi, mentre Pisapia preferisce regalare spazi, dotati di tutti i comfort, ai nomadi piuttosto che pensare alla sicurezza dei milanesi". Detto che la giunta Moratti ha fornito case Aler, quindi case destinate ai milanesi, e che gli otto milioni spesi per lo sgombero di Triboniano si sono tradotti in una nuova occupazione, forse, e l'ha confermato anche Davide Boni, il meccanismo della cacciata non funziona più. Tanto tornano. Parliamo poi di un'area abbandonata, protetta da un lato dal canile municipale e dall'altro dalla massicciata della ferrovia. Una zona che quindi non disturberà nessuno, come dichiarato da Alberto Albuzza, presidente dell'associazione grossisti ortofrutticoli che, ripreso dall'agenzia Omnimilano, ha detto:

    E' un'area finora abbandonata, lontana dai mercati il cui utilizzo non interferirà certo con le nostre attività

"IL COMUNE INVESTE SOLO PER I NOMADI" - Il Giornale invece parla dell'allarme dei grossisti. Franco Cereda, presidente dell'associazione grossisti piante e fiori ha detto: "Noi aspettiamo da anni interventi di manutenzione ordinaria e non è ancora stata completata la bonifica dell'amianto. E il Comune invece investe soldi per i nomadi". Probabilmente non sa che questi soldi vengono da Roma e che sono stati forniti dal Governo Berlusconi nel 2008. Parlando poi dell'efficacia degli sgomberi, cerchiamo con l'aiuto del Corriere della Sera di ripercorrere la saga del campo di via Rubattino. Questo è stato sgomberato nel 2007, nel 2009, nel 2011 e nel 2012. L'area? Sempre la stessa, quella compresa nell'area ex Cesi di via Caduti di Marcinelle.

QUATTRO SGOMBERI IN CINQUE ANNI - Stefano Pasta della Comunità di Sant'Egidio, dichiarò: "Noi siamo presenti a Rubattino dal 2007: le aree occupate sono sempre le stesse, in particolare sono ben noti gli sgomberi del 2009 e del 2010. Rispetto a quei fatti, ci sono grandi analogie, ma anche grandi differenze". Ovvero nel 2012, rispetto alle altre volte, lo sgombero era stato annunciato mentre in precedenza veniva denunciata "quella violenza verbale che aveva contraddistinto gli interventi precedenti, quando per esempio le baracchine venivano buttate giù anche davanti ai bambini". Veniva inoltre garantita l'integrità familiare: "la giunta riconosce l'unità familiare, che è stata offerta a a tutte le persone del campo, mentre prima i membri di una stessa famiglia venivano divisi in strutture diverse".



UN RIASSUNTO - Ricapitoliamo. La Lega Nord denuncia la presenza di 200 o 400 persone in aree dismesse nella zona Certosa, caratterizzata dalla presenza di capannoni industriali abbandonati. La soluzione sarebbe quella degli sgomberi. Sgomberi che come abbiamo visto nel caso di via Rubattino, non hanno portato a nulla. Anzi, nel 2009 il campo venne "liberato" cinque volte nello stesso giorno. La giunta Pisapia venne incolpata di voler dare una casa ai Rom, ignorando -o tacendo- che i soldi vengono da un piano governativo firmato da Roberto Maroni, oggi segretario della Lega, e che questi denari sono vincolati alla questione Rom. Di fatto non vanno a bilancio del Comune, perché sono di Roma.

FONDI GIA' STANZIATI - Il primo maggio 2011 con una mossa definita dalle opposizioni "elettorale", venne sgomberato il campo di Via Triboniano e la Giunta Moratti assegno' ai Rom case dell'Aler, due mutui, altre sei case popolari e 20 affitti. Chi voleva andare via invece riceveva 15 mila euro, soldi sempre provenienti da Roma. Con la rimanenza bloccata dalla Prefettura e richiesta dalla nuova Giunta, viene creato un campo d'accoglienza temporaneo in una zona abbandonata e la Lega sostiene che il comune pensa ai Rom ignorando i milanesi, dimenticando di dire che si tratta di fondi già stanziati e sopratutto vincolati. E torniamo al punto di partenza. Secondo Salvini servirebbero più sgomberi ma la domanda è una sola: la gente cacciata dal campo, dove va?



24 BARACCOPOLI ABUSIVE A MILANO - Il problema dei campi nomadi in città è evidente. Non ci si puo' avvicinare pena il rischio di ricevere sassate e non si tratta di un'esagerazione ma quanto successo anni fa ad un treno sulla linea Milano Villapizzone - Milano Certosa, fermo in linea e bersagliato di sassi dai residenti. Queste storie riguardano anche aggressioni a volontari, a forze dell'ordine ed a persone che si trovano a passare da quelle parti. Ma la politica dello sgombero fine a sé stessa non porta a nulla. Repubblica ci comunica che l'assessore Granelli non ha voluto rendere pubblica la mappa la mappa delle zone di criticità 2012′ compilata dai vigili. Si sa che i campi autorizzati al momento sono sette e che dal prossimo luglio nei campi ci saranno solo rom italiani e non rumeni, residenti nelle 24 baraccopoli abusive in città. Nel 2003 i campi erano 24 comprensivi di regolari ed abusivi.



PIU' GROM MENO…? - Nel leggere poi il modo in cui è stata definita la questione del centro di Via Lombroso, si capisce che i Rom per qualcuno rappresentano il "cavallo di troia" per attaccare la Giunta attuale. Come dimenticare lo slogan "più Grom meno Rom", sviluppato dalle opposizioni nei giorni della protesta sul divieto di vendita d'asporto di gelati, bevande ed alimenti oltre la mezzanotte e ritirato dopo la rabbia manifestata dalla catena di gelati Grom che non voleva essere associata ad alcuna propaganda politica rifiutando lo slogan? Il sospetto è che una forza politica voglia continuare a picconare la città e la giunta accusandola di delitti che non ha commesso omettendo come i fondi a disposizione vennero stanziati dal governo di centrodestra e che vennero spesi in larga parte per uno sgombero che ha portato ad una nuova occupazione. Del resto via Montefeltro è isolata, protetta da campi abbandonati e dall'autostrada e specie di notte è terra di nessuno, sgombero o non sgombero. Nei dintorni è presente Via Capuana, dove nel 2010 venne arrestata tra le proteste degli abitanti una donna italiana accusata di spaccio di cocaina. A dimostrazione che la città ha bisogno di azioni concrete e non di propaganda. Zingaropoli non si puo' più dire ma certo per qualcuno il termine è ancora tremendamente di moda. (Photocredit Lapresse / Milanotoday/ Google Maps)


Nota: A Milano esistono da anni due specie di giochi a rimpiattino: quello buono e quello cattivo . L'ultimo. lo conoscono in molti: quel meccanismo di infiniti sgomberi che riguardano sempre il solito centinaio di Rom: arrivano i vigili e loro si spostano, i vigili arrivano anche nel nuovo posto e così via finché dopo un po' non si torna alla casella di partenza. Risultato: perdita continua di proprietà private, abbandono scolare e lavorativo, spese a carico dell'intera comunità, senza che ne esca una soluzione duratura.

Ma esiste anche il rimpiattino dei buoni: quelli che hanno trovato casa col piano Maroni. Non sono molti in effetti, con qualcuno di loro ogni tanto scambio due chiacchiere. Perché rimpiattino? Diciamo che si trovano in questa situazione da un anno e mezzo/2 anni: in questo periodo sono stati rimbalzati da una casa, ad una comunità alloggio, a qualche centro di accoglienza privato, senza mai avere una casa che potesse dirsi propria. Insomma, con un tetto sulla testa, ma sempre nomadi.

Perché? Perché il piano Maroni (e gli accordi che ne sono seguiti con comune e prefettura di Milano) prevedevano che comunque la responsabilità di questa politica della casa (ricordiamoci che il piano rischiò di saltare a settembre 2010, quando si trattò di consegnare BEN 25 APPARTAMENTI, come era stabilito) ricadano sul cosiddetto "Terzo settore", che detiene chiavi e contratti delle strutture dove questa gente è ospitata. Che poi sia responsabilità sua o della mancanza di fondi, come sempre la fase B (l'accompagnamento all'autonomia lavorale) non è mai partita. Chi ancora se la cava, campa tuttora di lavori in nero.

Ma da sempre, non solo quando si tratta di Rom, Milano è una città che investe sul cemento, ecco allora perché chi da anni si sporca le mani su questi temi lamenta quanti soldi vadano al Centro d'Emergenza di via Lombroso (Emergenza? a De Corato fischieranno le orecchie!) e quanta miseria sia destinata a scuola e lavoro, le due uniche chiavi per uscire da questa lunghissima impasse.

Aggiungo un altro punto, altrettanto annoso: Tavoli, consulte, associazioni ecc. si arrabattano e si arrabbiano (o semplicemente battono cassa), senza che sia chiaro chi decida cosa E SOPRATTUTTO QUANDO. Ma se, come sempre, la voce di questi sfigatissimi Rom e Sinti non arriva nelle discussioni (al massimo si ode una lontanissima eco), non sarebbero proprio i media a doversi sentire in obbligo di cercare questa gente e raccoglierne la testimonianza?

Che la colpa sia dei Rom, che sia del Comune, che sia delle associazioni... poco mi importa. Ripeto, non è buonismo, è riconoscere che senza di loro non si può elaborare un ragionamento pratico e critico. BRUTTI, SPORCHI E CATTIVI ma... INDISPENSABILI.

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