Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 24/06/2010 @ 09:05:18, in Italia, visitato 1955 volte)

L'Europa invisibile
Il lavoro di MEDU negli insediamenti spontanei dei Rom rumeni a Firenze e Sesto Fiorentino

Lunedì 28 giugno 2010
Biblioteca delle Oblate - via dell'Oriuolo 2, Firenze

ore 16.00
- Apertura dei lavori - Paolo Sarti
- Salute e accesso ai servizi - Andrea Bassetti
- Riflessioni antropologiche -Umberto Pellecchia
- Conclusioni - Marco Zanchetta

ore 17.00 - Tavola rotonda
Fuori dall'invisibilità: ruoli e responsabilità
moderatore: Domenico Guarino
Salvatore Allocca, Sabrina Tosi Cambini, Daniela Carboni, Antonella Coniglio, Laura Grazzini, Maurizio Grezzi, Demir Mustafa

ore 18.30 - Dibattito con il pubblico e conclusioni

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Di Fabrizio (del 23/06/2010 @ 14:54:42, in Italia, visitato 1622 volte)

Segnalazione di Franco Marchi da L'Arena (versione cartacea)
«Noi ospitali, loro delinquono»
Il gruppo leghista in consiglio regionale chiede l'abolizione della legge veneta sugli stanziamenti a favore di rom e sinti. Il Pd: «Tosi e Maroni hanno stanziato 1,4 milioni per due campi nomadi: il Carroccio è un'armata Brancaleone»
22/06/2010

Venezia. Il gruppo della Lega Nord in consiglio regionale ha presentato un progetto di legge composto di un unico articolo che chiede l’abrogazione della legge veneta che dispone interventi «a tutela della cultura dei Rom e dei Sinti». La norma che i consiglieri leghisti intendono abrogare risale al 1989 e prevede l’allargamento anche ai nomadi di etnia Sinti degli interventi di tutela previsti da una legge del 1984 che si occupava solo dei Rom. La legge in vigore prevede finanziamenti agli enti locali (Comuni anche consorziati e Comunità montane) da destinare, soprattutto, all’allestimento di campi sosta attrezzati per i nomadi, all’inserimento scolastico dei loro bambini e l’inserimento lavorativo degli adulti. «In nome di una malintesa "cultura dell’accoglienza"», sostiene il primo firmatario, il capogruppo Federico Caner, «per anni sono stati erogati ingenti finanziamenti a questi gruppi Rom e Sinti producendo danni enormi, dal punto di vista sociale, alla comunità nazionale e alle genti venete in particolare». «La gente veneta è ospitale», aggiunge, «ma questa sua predisposizione non va confusa con incapacità di autotutelarsi dalla presenza di insediamenti di genti e popoli che per le loro peculiarità e i loro costumi, in verità assai discutibili, rappresentano una costante fonte di disagio e di turbamento sociale anche in considerazione delle numerosissime violazioni della legge penale e dei problemi di ordine pubblico che seguono costantemente la presenza di questi insediamenti nel territorio».

Il consigliere regionale del Partito democratico Claudio Sinigaglia commenta la presentazione del progetto leghista per abrogare l’attuale norma regionale per tutelare la cultura Rom e Sinti osservando che esso sconfessa quanto deciso a Verona dal sindaco leghista Tosi che, assieme al ministro degli Interni leghista Maroni, ha stanziato 1,4 milioni di euro per riqualificare ben due campi nomadi. «Mi sembra», afferma Sinigaglia, «che nella Lega domini l’anarchia e l’assenza di una strategia comune con cui affrontare le questioni legate all’integrazione sociale: roba da armata Brancaleone. Il dato di fatto», conclude l’esponente del Pd, «è che con questa proposta Caner segue le orme del suo governo che vuole azzerare ogni finanziamento ai Comuni impoverendoli irrimediabilmente, alla faccia del federalismo. Col risultato,in questo caso, che le amministrazioni locali non potranno fare più nulla ad esempio sul fronte dell’integrazione scolastica, e che per i veneti i problemi di convivenza, invece che sparire, diventeranno sempre più giganteschi».

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Di Fabrizio (del 23/06/2010 @ 09:40:35, in media, visitato 2014 volte)

Ricevo da Agostino Rota Martir: Ciao ti invio questa mia riflessione, un pò lunghetta a dire il vero sui recenti fatti avvenuti al campo di Coltano e su come il Tirreno (cronaca di Pisa) ne da notizia. Ciao,
Ago

Certe notizie sono una mazzata all'integrazione che tanti predicano a piè sospinto e vantano di esserne i promotori, ma in realtà gli interessa ben poco, visto che poi la smontano a loro piacimento quando c'è il coinvolgimento di qualche Rom in furti, sgomberi, scippi..con l'intento preciso di screditare o di puntare il dito contro la comunità Rom, rea di non volersi integrare, di non abbassare a sufficienza la testa agli ordini del "benefattore" di turno.

Il come vengono date le notizie sui Rom coinvolti in qualcosa di illegale, a volte è più rivoltante della notizia stessa, spesso la regola è quella di "drogare la notizia" con lo scopo di salvare ciò che resta del Progetto, o di nascondere alcuni pezzi, di mascherare le scelte fatte (tanto chi si ricorda degli impegni assunti due, cinque, otto anni fa?). Ora ciò che conta è convincere la cittadinanza che avere un sindaco che sa fare anche lo sceriffo è una sicurezza in più per la città, insomma è più rassicurante e soprattutto più sbrigativo!

Non entro in merito al furto-rapina commesso dai due Rom, o alla dinamica del fatto: è un fatto condannabile nella forma e nella sostanza, ma spetta alla sola Giustizia sentenziare e decidere in merito. Chiunque commetta un reato, prima o poi dovrà rispondere delle sue azioni davanti la Legge. Ma penso che valga la pena ricordare a tutti, e in primis al nostro sindaco che la responsabilità di un atto criminoso commesso da una persona, chiunque egli sia, di qualsiasi nazionalità, spetta solo alla Giustizia decidere la pena, e che questa è sempre individuale e non comunitaria o famigliare.

Aspetto non certo secondario, anzi sembra diventato di moda soprattutto a Pisa, solo quando sono coinvolti dei Rom in una lite, descriverla come faida, con il chiaro intento di condizionare l'opinione pubblica e il verdetto finale del Giudice per poi, cosa tipicamente Pisana estendere subito la pena, ma solo quando si tratta di Rom, all'intero nucleo famigliare; inutile aspettare la sentenza di un Giudice, è tempo perso.. i Rom che avevano avuto una casa, buttati fuori compresi i loro figli, colpevoli di aver "tradito" quell'integrazione fredda, studiata a tavolino da esperti, sempre pronti a cambiare le carte in tavolo quando è necessario e conveniente, a stabilirne le condizioni e limiti, a lanciare facili proclami: "Basta campi, bisogna superare la logica dei campi e integrare i Rom nelle case", ma poi sono gli stessi che li buttano fuori dalle case e rimandandoli nei campi! Tanto chi noterà queste contraddizioni, ciò che conta è preservare il Progetto, continuare a presentarlo come modello, anche se ormai solo pochi ossequiosi interessati lo credono tale!

Se invece, il Giudice decidesse di non seguire le "sentenze" già emesse pubblicamente dal sindaco? Anche il Giudice entrerebbe nella lista di coloro che minacciano la sicurezza della città?

Accetterebbe il sindaco di fare un passo indietro e di riconoscere pubblicamente il proprio sbaglio?

Tutti parlano di integrazione, facile farlo quando si fiuta l'affare economico, ma quando la crisi economica si fa sentire ecco che lo si smonta a pezzi. Rimane un progetto sbiadito, ritoccato di volta in volta a piacimento dagli esperti del bilancio, completamente trasformato rispetto gli inizi, ma sempre riscritto da persone totalmente lontane ed estranee ai Rom, senza alcun dialogo con i diretti interessati, altra nobile vittima del Progetto Città Sottili il dialogo! In nome del Progetto i diritti vengono accantonati e spesso anche negati, la collaborazione è un eufemismo per dire servilismo, e dividere al suo interno la comunità Rom, mentre la vita di intere famiglie Rom, fatta di storie, di attese e che vivono da decenni qui a Pisa, diventano un ostacolo da cancellare alla prima occasione "buona"..e l'occasione buona si presenta quando uno di loro sbaglia, poi poco importa individuare di chi la colpa, le responsabilità oggettive..l'importante è affrettarsi a condannare in fretta e furia anche l'intera famiglia, proclamando solennemente la loro esclusione dal Progetto: basta aver pazienza che prima o poi qualche altro ancora cadrà nella rete. Ma è fondamentale mostrare subito all'opinione pubblica che con i Rom l'Amministrazione sa essere ferrea e intransigente, perché quello che conta è non perdere la fiducia degli elettori! Ogni metodo è buono pur di raggiungere l'obiettivo, sopratutto far uso costante della bugia pur di nascondere la realtà agli elettori.

L'articolo pubblicato sul Tirreno del 17 Giugno a firma di Candida Virgone è un illuminante esempio, offre delle "perle rare di questo tipo di deformazione della realtà", ma che sa ripetersi con ostinazione anche solo dopo pochi giorni di fronte alla "travolgente" notizia dell'assoluzione di un gruppo di Rom coinvolti nella lite, assoluzione che sembra smontare la tesi del sindaco e del Tirreno che per anni hanno cavalcato ideologicamente la notizia della "faida" tra i Rom, ma alla giornalista sopra citata non trema la penna fra le dita, ostinatamente continua a scrivere di "faida" trascrivendo nomi e cognomi dei Rom assolti come se volesse accusarli ancora di qualcosa... e fingendo di non conoscere le conseguenze della sentenza preferendo nascondere la testa sotto la sabbia, anche per non mostrare pubblicamente il rossore della sua vergogna.

"Vivevano a Coltano nonostante non fossero inseriti in nessun programma di accoglienza comunale, tantomeno in Città Sottili, che prevede l'assegnazione delle villette ai nomadi che hanno scelto l'integrazione".

Le famiglie dei due Rom arrestati sono da almeno 13 anni che aspettano –vivendo a Coltano – le promesse fatte dagli amministratori che di volta in volta si sono susseguiti..il fatto poi di non essere inseriti ufficialmente nel programma di accoglienza Città Sottili è uno dei non pochi "misteri", difficili da decifrare che aleggiano attorno a Città Sottili e non è certo dovuto ai precedenti dei due arrestati, come si vuol far credere. Qui la colpa è di chi volutamente li ha esclusi fin dal principio. In effetti il Progetto Città Sottili da anni priva e nega i diritti a tanti Rom (es. quello della residenza), in nome del Progetto stesso, scavalcando disposizioni nazionali: una sorta di "federalismo" comunale. E' facile, soprattutto comodo "strappare" e gettare nel cestino vite di intere famiglie come fossero carta straccia, perché un Rom "rompe il patto" (mai ufficializzato e tanto meno discusso e partecipato con i Rom stessi o altri soggetti), è un esercizio abituale e meschino di tanta politica, ma che purtroppo mina la credibilità della democrazia..

Poi a proposito dell' integrazione bisognerebbe osservarla-ascoltarla come risuona dentro il e dal campo di Coltano, oggi è una parola che spesso arriva stonata perché cantata con la voce di chi in tutti questi anni ha mostrato disprezzo, false promesse, raggiri..dopo ben 8 anni di promesse, sacrifici, attese la maggioranza dei Rom è costretta ancora a vivere in queste condizioni, rassegnati a fingere di credere alle promesse di operatori sempre meno credibili!

"I due, senza casa e senza permesso di soggiorno, erano noti ai servizi sociali ed esclusi da qualsiasi forma di integrazione proprio per i tanti precedenti, soprattutto per rapina. Nonostante ciò stazionavano da tempo immemore al campo di Coltano, ospiti dei nomadi."

"Stazionavano da tempo immemore..ospiti dei nomadi": qui si tocca l'apice della .. fumosità verbale, come dire le cose ma nascondendo la verità di fatto, ma ciò che importa è veicolare il messaggio di pregiudizio verso i Rom. Praticamente è come dire che tutte le famiglie Rom del campo autorizzato di Coltano (che solo il sind. Filippeschi considera abusivo), "stazionano", anche se ci abitano lì fin dagli inizi, da più di 10 anni, come le due famiglie in questione, anche se muniti di carta d'identità e residenza in via Dell'Idrovora rilasciata dal Comune di Pisa, ma poco importa, quando un Rom commette un reato, uno qualsiasi si dirà prontamente che quel Rom "stazionava presso un campo abusivo", da tempo immemore, tanto chi andrà poi a verificare?

Ospiti dei nomadi, altra perla! Ma è lo stesso comune che li tieni lì in attesa, che da anni chiede pazienza, collaborazione, sacrifici in vista di una sistemazione definitiva e soprattutto migliore, le stesse famiglie seguite dagli operatori sociali che "vivisezionano" la loro vita..lo stesso comune che da anni vieta ai Rom di ospitare qualche parente dentro il campo (altro abuso), ecco che all'improvviso i due arrestati si trasformano in ospiti dei Rom: ma ciò che importa è nascondere la verità e iniettare nell'opinione pubblica l'idea che i Rom vivono nascondendosi, sono inaffidabili e approfittatori della bontà altrui..

"I due sono stati arrestati all'alba, al campo nomadi di Coltano, dove vivevano su una roulotte".

Qui abilmente si lancia il sospetto che chi vive in roulotte è già di per sé un soggetto incline alla delinquenza! Roulotte-baracca uguale a probabile delinquente, facile equazione un po' velenosa, come non darla in pasto? Allora aggiungete anche il sottoscritto nell'elenco dei possibili sospettati: p. Agostino che da almeno 15 anni ci vivo in roulotte, e non mi pento assolutamente, quindi sono anche recidivo! Preciso anche che i due arrestati per furto vivevano in roulotte e in baracche dignitose..e la colpa di vivere in baracche, non è scontata che debba essere del tutto la loro: ma cos'altro potevano fare di fronte a tante promesse non ancora mantenute, sempre rinviate da parte del comune?

Lì a pochi metri di distanza il villaggio ultimato da almeno 6 mesi, bello e splendente, ma chiuso, inaccessibile, vuoto... l'erbaccia alta ormai, fa da padrona, già copre le finestre... un silenzio che grida le sue non poche contraddizioni, ma anche il timore di nuove esclusioni... in nome dell'integrazione.

p. Agostino Rota Martir - 18 Giugno 2010 – Campo nomadi di Coltano (PI)

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Di Fabrizio (del 23/06/2010 @ 09:35:10, in Kumpanija, visitato 1505 volte)

Da Roma_Francais

Nelle regioni del Draguignan e del Fréjus, i viaggianti hanno perduto tutto (vedi QUI ndr)... Le carovane che sono le loro abitazioni, furgoni, vetture e tutti i beni (vestiti, pentole, attrezzi...). Dovete sapere le carovane non possono essere assicurate come abitazioni... Dunque questa gente non ha più dimora e non sarà indennizzata, o lo sarà pochissimo... Manca tutto... Non sono in carico ai comuni sinistrati perché non vi sono domiciliati... Sono reinviati al loro comune dove sono registrati, comuni non sinistrati e che non hanno sovvenzioni per aiutarli!

Faccio quindi appello a chi possa inviare a:

Madame RODEMET Claire
Chemin des Pétugues, 83340
Le Cannet des Maures

[...] Una rigorosa contabilità verrà aggiornata tramite facebook giorno per giorno e vi terrò al corrente di quanto riceveremo e di quanto faremo...

Mi appello al vostro buon cuore... Molte persone sono all'aperto con vecchi, bambini e malati senza più niente oltre che già fortemente discriminati... La situazione è grave... Sulla nostra regione continuano le tempeste... Ogni aiuto è il benvenuto... Un grosso grazie in anticipo a quanti forniranno in qualche maniera un aiuto provvidenziale.

Esméralda Romanez
Vice présidente de la fondation kale, manouches, romany, sinté women
Présidente des associations Samudaripen et A.M.I.D.T
Mas de l’Ange Gardien
148, Chemin des Pétugues
83340 – Le Cannet des Maures
Téléphone 06 67215333

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Di Fabrizio (del 22/06/2010 @ 09:55:52, in Europa, visitato 4339 volte)

Dei campi profughi in Kosovo avvelenati dal piombo, qui se n'è parlato parecchio, praticamente da quando esiste questo blog. Il mese scorso, mi è stato regalato un libretto in inglese (non disponibile in Italia), con i nomi di tutti quanti hanno colpevolmente contribuito a creare questa situazione. Lo tradurrò in italiano a puntate. Questa è la prima:

Premessa

Nel gennaio 2009, il giornalista della BBC Nick Thorpe [leggi QUI gli altri suoi articoli tradotti in italiano su Mahalla, ndr] visitò con la sua squadra gli ex campi Rom/Askali dell'UNHCR a Mitrovica nord (Kosovo), per riportare sui bambini che là soffrivano di avvelenamento da piombo. L'Organizzazione Mondiale della Sanità gli aveva già detto che questo era il peggiore avvelenamento da piombo mai verificatosi in Europa e forse nel mondo.

Dopo aver visitato diverse famiglie e filmato i bambini che guardavano la telecamera coi loro occhi bruni senza speranza, si voltò verso di me chiedendomi con disgusto: "Chi è responsabile di questa tragedia? Voglio saperlo!"

Questo libro ti dice, Nick, chi è stato responsabile di questa negligenza mortale e senza senso.

Paul Polansky

(foto tratta da Le nouveau NH) - Fabricka, il quartiere Rom ed Askali a Mitrovica sud, un anno dopo la loro cacciata da parte dei loro vicini albanesi, mentre le truffe francesi osservavano senza agire. Nessuna casa è stata bruciata. Gli Albanesi semplicemente hanno sventrato le case per sottrarne mattoni, infissi, porte e finestre

Una storia personale dei campi di Kouchner

Anche se l'Armata di Liberazione del Kosovo (ALK) e gli estremisti di etnia albanese iniziarono questa tragedia senza senso durante l'estate 1999, poterono farlo semplicemente perché le truppe NATO francesi permisero che questa pulizia etnica avesse luogo. Non successe in una sola notte. Ci vollero tre mesi perché tutte le famiglie rom e Askali (circa 8.000 persone; la più grande comunità zingara in Kosovo) abbandonassero le loro case.

Un mese dopo l'inizio, sentii della diaspora dei Rom di Mitrovica che cercavano rifugio nel campo UNHCR dove lavoravo come consulente ONU per i loro problemi "zingari". Presi una macchina in prestito e guidai verso la scena. Fu uno strappo al cuore vedere genitori terrorizzati che portavano bambini in pianto,  trascinare valigie e tutto ciò che potevano portarsi dietro: una pentola, un materasso, una radio. Quando arrivai, molti Zingari stavano supplicando i soldati francesi armati di tutto punto di salvarli. Li raggiunsi, chiedendo ai soldati francesi di intervenire. Un ufficiale francese mi disse rudemente che le truppe NATO non erano una forza di polizia. Poi venni trattenuto e portato al quartiere generale dell'esercito francese in un albergo del centro città. Mi sequestrarono le foto e mi dissero che non avevo il permesso di ritornare nel settore francese del Kosovo.

Una settimana dopo ritornai, usando un permesso stampa con un nome differente. Trovai circa 800 Zingari di Mitrovica rifugiati in una scuola serba sul lato opposto del fiume Ibar. Non avevano cibo, né sapone. I bagni erano straripati. Ancora nessuna agenzia di aiuto li aveva scoperti; o, secondo qualcuno, li ignoravano. Tramite Oxfam di Pristina portammo acqua da bere e prodotti igienici, e poi riferii della loro situazione all'UNMIK. Qualche giorno dopo l'UNHCR portò agli Zingari dei pacchi alimentari.

A metà settembre i Serbi rivolevano l'edificio per l'anno scolastico. Così le truppe francesi e la polizia ONU spostarono gli Zingari in tende su di un'area tossica abbandonata vicino al villaggio di Zitkovac.

Stavolta protestai direttamente col Rappresentante Speciale del Segretario Generale (RSSG), dr. Bernard Kouchner. David Reily, capo dell'UNHCR, venne con me. Depositi di scorie tossiche circondavano il campo zingaro. Potevi odorare gli elementi tossici. Quando soffiava il vento, la polvere di piombo copriva tutto e rendeva difficile respirare. Il dr. Kouchner, un famoso attivista umanitario francese, mi assicurò che gli Zingari sarebbero rimasto su quel sito solo per 45 giorni. Poi sarebbero stati riportati alle loro case e protetti dalle truppe francesi o portati come rifugiati in un altro paese. Disse di essere un dottore. Comprendeva il pericolo di minaccia alle vite nel vivere su o accanto a depositi di scorie tossiche. Disse: "Come dottore, e come amministratore capo del Kosovo, sarei miserabile se questa minaccia alla salute dei bambini e di donne incinte continuasse per un solo giorno ancora." Dichiarò anche che la situazione era un crimine.

A novembre tornai negli Stati Uniti per scrivere delle mie esperienze in Kosovo. Quando tornai la primavera successiva per visitare gli insediamenti delle minoranze in Kosovo e riportare delle loro condizioni alla Società per i Popoli Minacciati (GFBV), visitai questi Zingari di Mitrovica. Non erano tornati alle loro case o in un paese terzo. Ora erano alloggiati in baracche temporanee, tutte su terreno contaminato.

Ero anche scioccato di scoprire che il mio amico David Reily, 50 anni, era morto a gennaio nel suo appartamento a Pristina per un attacco di cuore. Il suo sostituto, un Neozelandese di nome Mac Namara, si rifiutò di ricevermi e di discutere la difficile situazione di questi 800 Rom/Askali nei campi UNHCR contaminati dal piombo. Tuttavia, fui incoraggiato perché il dr. Kouchner aveva ordinato alla propria squadra medica ONU di prendere campioni sanguigni dai bambini zingari che vivevano sui depositi tossici, per vedere se le loro vite fossero in pericolo.

Ritornai negli USA prima che i risultati fossero resi noti. Ma quando ritornai in Kosovo la primavera seguente (2001) e trovai che gli Zingari vivevano ancora in questi tre campi, amministrati dall'Agenzia svizzera di Soccorso ACT e dal loro partner di sviluppo: Norwegian Church Aid, immaginai che la squadra medica di Kouchner avesse trovato il sito sicuro.

Anche se io e Kouchner nel 2000 ci scambiammo della corrispondenza sulla situazione degli altri Rom e Askali, della loro mancanza di libertà di movimento in altre parti del Kosovo e sulla mancanza di aiuti umanitari, non vidi più Kouchner.

Ora, vivendo a tempo pieno in Kosovo, mi tenevo in contatto regolare con gli Zingari dei campi posti su terreni tossici. Quando nel 2002 ACT e NCA smisero di consegnare cibo e prodotti igienici, iniziai a fornire agli Zingari quel poco aiuto che riuscivo a trovare. Assunsi anche due sorelle romanì (Tina e Dija) per insegnare migliori misure igieniche alle donne del campo e ai bambini, anche se era difficile mantenere puliti i bambini dalla polvere che si alzava dai cumuli di scorie, visto che passavano all'aperto la maggior parte del tempo.

Non compresi che c'era qualcosa di tragicamente sbagliato nel campo, finché le due sorelle romanì non mi dissero che le donne del campo lamentavano un alto numero di aborti e che molti dei bambini stavano sempre male (vomitavano e cadevano in coma). Poi alcuni dei bambini morirono.

La morte che mi chiarì le idee su cosa stava succedendo nei campi fu quella di Jenita Mehmeti, di quattro anni. Frequentava l'asilo del campo, quando la sua maestra si accorse che Jenita stava perdendo la memoria e aveva difficoltà a camminare. Fu portate nell'ospedale locale a Mitrovica e da lì trasferita d'urgenza in ambulanza in un ospedale meglio equipaggiato a Kraguevac (Serbia). Jenita rimase lì per tre mesi prima di morire. La causa della morte fu diagnosticata in "herpes", un'infezione non fatale a meno di malfunzionamenti del sistema immunitario. Come per l'Aids, l'avvelenamento da piombo distrugge il sistema immunitario specialmente nei bambini di età inferiore ai sei anni.

Subito dopo la morte di Jenita nel 2004,  una squadra medica ONU guidata dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) fece l'esame del sangue a molti bambini in tutti tre i campi, per vedere se avevano avvelenamento da piombo, dato che i loro sintomi lo indicavano. I risultati scioccarono tutti. I livelli di piombo in molti bambini erano più alti di quanto le apparecchiature mediche potessero misurare. A novembre un rapporto OMS indicò che alcuni dei livelli di piombo nei bambini di quei campi erano i più alti mai registrati nella letteratura medica.

Fine prima puntata

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Di Fabrizio (del 22/06/2010 @ 09:39:35, in Italia, visitato 1511 volte)

COMUNICATO STAMPA
Lo SCI Italia - Gruppo Regionale Sardegna- , in collaborazione col comitato studentesco Forgotten e la provincia di Cagliari
presentano:

THE FORGOTTEN AMONG THE FORGOTTEN
Iniziative e dibattiti sula memoria della persecuzione nazi-fascista e sulla situazione attuale di Rom e Sinti

venerdì 25 e sabato 26 giugno 2010
Cagliari, Sala Cosseddu, presso la Casa dello Studente in Via Trentino

Il 25 e 26 giugno 2010 lo SCI Italia (Gruppo Regionale Sardegna), in collaborazione col comitato studentesco Forgotten e la provincia di Cagliari, organizza a Cagliari il primo evento della seconda edizione del progetto Forgotten, che tratterà le tematiche della discriminazione dei Rom e dei Sinti e la memoria della persecuzione nazi-fascista, con dibattiti, conferenze e proiezioni di video.

Programma dell'evento:

Venerdì 25 giugno
Dalle 17.00 SCI Italia
Introduzione al progetto The Forgotten among the Forgotten

ore 17.30 prof. Massimo Aresu
I Rom e Sinti in Italia

ore 18.15 Prof. Gianni Loy e prof. Roberto Cherchi
Problematiche giuridiche su Rom e Sinti

ore 19.00 Dibattito

ore 21.30 Proiezione del documentario "A forza di essere vento"

Sabato 26 giugno
Dalle 17.00 SCI Germania; SCI Romania; Roma Onlus; Mundi Romani – Hungary
Le persecuzioni di Rom e Sinti nel periodo nazifascista in Europa

ore 18.00 I volontari internazionali SCI e dott.sa Licia Porcedda
Le persecuzioni di Rom e Sinti nel periodo nazifascista in Sardegna

ore 19.00 SCI Italia e ospiti
Dibattito sulle prospettive di inclusione sociale Dei Rom

ore 22.00 Proiezione del documentario “Le donne vestivano gonne fiorite”

Partners dell'iniziativa:
Romà onlus, Romamedia Foundation, Centrul National de Cultura a Romilor, SCi Germania,SCI Romania

Per informazioni:
www.theforgotten.eu - sardegna@sci-italia.it

Dal 1948 Servizio Civile Internazionale. Onlus
Membro consultivo dell'UNESCO e del Consiglio d'Europa
ONG riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri
Elena Cavassa
e-mail: evs@sci-italia.it
Tel. 06/5580661-644
Gruppo SCI Sardegna
sardegna@sci-italia.it

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Di Fabrizio (del 21/06/2010 @ 09:46:36, in casa, visitato 1743 volte)

Da Slovak_Roma

17 giugno 2010 Fermate gli sgomberi dei Rom in Slovacchia - Per firmare l'appello di Amnesty International (testo in calce)

  Image: L'insediamento romanì a Plavecky Stvrtok. Copyright: Amnesty International

"Non posso credere che nella Slovacchia di oggi, un paese che è nell'Unione Europea, lui [il sindaco del villaggio di Plavecký Štvrtok] voglia rendere senza un tetto 600 persone." Aneta, donna romanì, abitante dell'insediamento.

Circa 90 famiglie romanì a Plavecký Štvrtok, un villaggio a circa 20 km. a nord della capitale Bratislava, sono di fronte alla minaccia di essere espulsi a forza dalle loro case, situate al margine del villaggio, da parte delle autorità locali entro le prossime settimane.

I Rom hanno vissuto sullo sulla stessa terra di Plavecký Štvrtok per diverse generazioni. Ma solo negli ultimi mesi è stato chiesto loro dal comune di provare la legalità delle loro case, tramite l'esibizione dei permessi di costruzione, certificati di proprietà ed altri documenti.

E' stato detto loro che se non avessero fornito la documentazione necessaria, ci sarebbero stati ordini di demolizione. Nella maggior parte dei casi i Rom non possiedono questi documenti, in quanto non sono proprietari del terreno su cui vivono.

Da gennaio, il comune ha notificato a 18 famiglie di demolire le loro case entro tre mesi, dato che non avevano fornito i documenti necessari. Se non l'avessero fatto, il comune avrebbe mandato i bulldozer a demolirle.

Darina, una delle abitanti dell'insediamento ha detto ad Amnesty International: "Non abbiamo dove andare. Questa è casa nostra. Ognuna delle case è stata costruita dalla nostra gente, senza nessun aiuto. [...] Ognuno qui ha dovuto costruire la sua casa coi propri sforzi."

"Questo sgombero avverrà senza riguardo per centinaia di persone, incluse famiglie con bambini, che non sono state consultate per individuare alternative allo sgombero od opzioni di reinsediamento, o neanche informate adeguatamente sul potenziale sgombero," ha detto David Diaz-Jogeix, vice direttore di Amnesty International per l'Europa e l'Asia Centrale.

Le autorità hanno detto che una delle ragioni del progettato sgombero forzato è stata la preoccupazione per la sicurezza pubblica, dato che sette case sono costruite entro l'area di rispetto di 8 m. attorno ad un gasdotto, e la maggior parte delle altre case sono ad una distanza di 50 m.

Ma gli standard usati per Rom e non-rom sembrano essere differenti. A nessuna delle famiglie non-rom, le cui case pure sono costruite nella stessa "zona di protezione", è stato notificata l'ordinanza di demolizione o è stata contattata in qualche modo dal comune. Ciò fa crescere le preoccupazioni per un trattamento discriminatorio.

Nel contempo le autorità non stanno considerando nessuna possibilità di un alloggiamento alternativo, violando gli impegni internazionali della Slovacchia sui diritti umani.

Il giornale Slovak Spectator ha riportato il 19 aprile che il sindaco di Plavecký Štvrtok ha dichiarato che il comune ha rigettato l'idea di costruire alloggi popolari come soluzione, "perché il villaggio dovrebbe investirvi tropo e gli appartamenti sarebbero del comune. La loro gestione costerebbe molto denaro e sappiamo molto bene come questi cittadini intendono gli alloggi - in pochi anni sarebbero tutti in rovina."

"Una dichiarazione simile indica un disinteresse totale degli obblighi della Slovacchia di garantire un alloggio adeguato a tutti, senza discriminazione," ha detto David Diaz-Jogeix.

"Le autorità devono assicurare che nessuna famiglia venga resa senza tetto o vulnerabile alla violazione di altri diritti umani come conseguenza di sgombero. Questo include fornirle di rimedi legali, incluso quello di un compenso per la distruzione delle loro case e proprietà. Il governo ha il dovere di assicurare che le autorità di Plavecký Štvrtok rispondano alla legge internazionale dei diritti umani."

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Di Fabrizio (del 21/06/2010 @ 09:34:28, in lavoro, visitato 1970 volte)

Segnalazione di Paolo Teruzzi

Progetto Cuccagna

Tutto ha inizio da un vino un po' speciale... vino R.O.M. per l'appunto, ovvero Rosso di Origine Migrante. Da qualche settimana i restauratori del Consorzio hanno dei nuovi collaboratori: tre papà rom, il cui lavoro è stato reso possibile grazie all'encomiabile impegno di un gruppo di genitori e maestre di alcune scuole primarie di Zona Rubattino e della Comunità di Sant'Egidio di Milano che hanno finanziato borse di avviamento al lavoro attraverso la vendita del vino. Un'esperienza che per Sandu, Marco e Christian porta la speranza di una vita diversa: la possibilità di avere una fissa dimora e di mandare finalmente i propri figli a scuola

Il campo rom di Rubattino

Tutto ha inizio due anni fa nel campo rom di via Rubattino, una vera e propria favela cresciuta ed rganizzatasi autonomamente negli spazi di in un ex centrale Enel abbandonata. Le famiglie di rom romeni sono molte, moltissimi i bambini in età scolare che non hanno accesso alla scuola.
Vista la stabilità del campo di Rubattino, la Comunità di Sant’Egidio prende l’iniziativa ed iscrive una trentina di bambini in tre scuole primarie della zona: Toti, Morante e Munari.
Per i bambini è la prima volta a stretto contatto tra i “gagè”, sconosciuti e temuti. Anche per le famiglie italiane è il primo incontro con i bimbi rom e le loro famiglie, altrettanto sconosciute e temute. Questa semplice esperienza da subito sovverte i pregiudizi: i bambini rom ora hanno nomi, storie, sorrisi, si sentono parte dell’esperienza scolastica, nasce un rapporto di amicizia con maestre e compagni di classe.
Lo scorso novembre, poi, arriva lo sgombero. Per un mese oltre settanta bambini sono costretti a vivere per strada con le rispettive famiglie, senza neanche più il tetto di una baracca sulla testa: molti spariscono da scuola per intere settimane.
Un gruppo di genitori italiani e di maestre affezionati ai piccoli alunni e compagni di gioco dei figli prendono in mano la situazione, aprendo le loro case e ospitando le famiglie rom per periodi più o meno lunghi.

Rosso di origine migrante

Negli ultimi mesi, lo stesso gruppo di genitori e maestre hanno fatto il possibile per sostenere le famiglie dei bambini rom e permettere a questi ultimi di tornare a scuola. Con l’appoggio di Gas Feltre e Intergas hanno progettato un’iniziativa per raccoglie fondi e sostenere con borse di studio e lavoro le famiglie rom. Un viticoltore toscano, che con i rom avevano in comune una storia di sgombri, mette a disposizione del vino: da questa iniziativa il vino prende il nome di "R.O.M.", Rosso di Origine Migrante. Il vino "R.O.M." ha raccolto la solidarietà di tantissime persone, tanto che gli incassi hanno consentito di approntare le prime borse-lavoro, grazie anche al supporto della Comunità di Sant’Egidio e alla sua esperienza nell'ambito di percorsi di integrazione e di autonomia per le persone rom senza tetto in Italia.

Le borse lavoro al Cantiere Cuccagna

Ed è proprio nel cantiere Cuccagna che da qualche settimana hanno iniziato a lavorare due papà rom, un terzo invece arriverà a giugno. Si tratta di una collaborazione lavorativa part time della durata di due mesi.
Se l'esperienza sarà positiva, il responsabile del restauro, Juan Carlos Usellini, ha dato la disponibilità nel riconfermare la collaborazione in cantiere.
Per Christian, Garofita e i loro tre bambini che da un anno sono ospiti di una comunità, questo lavoro rappresenta un reale percorso verso l’autonomia. Per Sandu, che insieme ad Alina - donna molto coraggiosa ed intelligente - ha quattro figli, è l’inizio di una nuova vita. Pochi giorni fa ha firmato un contratto per una casa a Truccazzano. Finalmente non dovranno più dormire per strada: il lavoro gli permetterà di ottenere la residenza e di mandare i due bimbi più piccoli a scuola l'anno prossimo. Per Marco l'esperienza in Cuccagna è la speranza di una vita diversa: da anni vive per strada con moglie e figli, costretti a frequenti sgomberi e con il dolore di una bambina di quattro anni persa in una roggia di Chiaravalle.

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Di Fabrizio (del 20/06/2010 @ 09:44:33, in lavoro, visitato 1902 volte)

Strill.it di Anna Foti - Mercoledì 16 Giugno 2010 15:31

Volgerebbe al termine nel peggiore dei modi la vicenda della cooperativa Rom 1995, per la quale non è stata prevista la condizione di subappalto dello smaltimento dei rifiuti ingombranti nell’ultimo bando del comune di Reggio Calabria.

Solo rassicurazioni verbali e buoni propositi da parte delle istituzioni, anche consacrate in atti ufficiali, ma nessun intervento concreto. Addirittura, oggi arriva l’ufficialità dell’affidamento formale, oltre che sostanziale, del servizio alla società Leonia che dunque non si occuperà più solo dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Ma riferiamo un po’ di storia per comprendere cosa significherebbe la fine della cooperativa Rom 1995 e che cosa la città di Reggio Calabria stia realmente perdendo. Non solo licenziamenti, che già di per sé sarebbero gravi, ma molto, molto di più.

Confiscato a Paolo Aquilino nel 1997, il fabbricato a due piani con cortile, ubicato nella zona di Condera a Reggio Calabria, è stato destinato all’omonimo Comune nel 1999 ed assegnato nel 2000 alla Cooperativa sociale Rom 1995, nata dalla motivazione di giovani volontari dell’Opera Nomadi e presieduta da Domenico Modafferi. Ristrutturato con il contributo della Regione Calabria, l’immobile, il primo destinato all’amministrazione comunale di Reggio Calabria, ospita quella che è stata fino ad alcuni mesi la virtuosa attività di raccolta differenziata di rifiuti a domicilio e su strada e di deposito diretto degli stessi, avendo la stessa gestito anche il servizio di spazzamento manuale stradale nel comune di Melito Porto Salvo e quello di pulizia di servizi igienici pubblici. La Cooperativa Rom 1995 impiegava quasi trenta persone, tra cui la maggior parte di etnia Rom, di età compresa tra i 25 e i 30 anni, che adesso potrebbero rimanere senza lavoro. Costoro erano stati formati e avviati al lavoro grazie ad un corso di formazione intitolato “Lacio Grave” che in lingua romanes significa “buona città”, curato proprio dalla cooperativa tra il 1999 e il 2000.

Positiva la risposta della cittadinanza che contattava la cooperativa per richiedere il loro intervento, associando a questo servizio prezioso, serio e puntuale, il volto spesso discriminato delle persone di etnia rom. Ma accanto a questo anche una realtà formativa ed educativa sul riciclo, sull’integrazione e sul rispetto dell’ambiente aperta costantemente alle scuole e alle giovani generazioni.

Un’esperienza tanto positiva, quanto amaro è l’epilogo annunciato da mesi e che oggi, dopo una lunga agonia, giunge a quel traguardo che avrebbe dovuto essere evitato. Integrazione sul territorio della comunità Rom nel segno del lavoro e della qualificazione e rispetto dell’ambiente attraverso la raccolta differenziata dei rifiuti e l’avvio al loro corretto smaltimento, un binomio pregno di senso civico che aveva anche il valore aggiunto di essere ubicato nel primo bene confiscato alle ndrine destinato e riutilizzato a Reggio Calabria. Un emblema le legalità ed un esempio su scala nazionale dell’uso sociale dei beni parte di un patrimonio illecitamente accumulato adesso al servizio di quella stessa collettività prima defraudata.

Un progetto che, come tale, guardava anche al futuro con iniziative che hanno condotto all’istituzione dell’isola ecologica nel 2007 e più recentemente all’avvio dei lavori per la costruzione della ricicleria al piano superiore. Ma tutto questo adesso potrebbe essere passato. Forse, anzì sicuramente, avrà seminato qualcosa di buono, ma perché accontentarsi di un rimpianto quando avremmo ancora potuto vedere la cooperativa Rom 1995, segno di grande speranza di cambiamento, crescere e operare a Reggio Calabria?

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Di Fabrizio (del 20/06/2010 @ 09:23:37, in Italia, visitato 1908 volte)

Domenica 27 giugno
h. 14.00 pranzo collettivo e solidale
h. 16.00 attività ludiche per bambini e non solo
h. 18.00 assemblea sulle prospettive della lotta di via Triboniano
h. 20.00 musica e proiezioni fino a tarda sera

Crediamo che far giocare insieme i nostri bambini, sedersi insieme intorno alla stessa tavola, danzare fianco a fianco, significhi creare quell'occasione d'incontro per dimostrare che i rom non sono cattivi come alcuni vogliono far credere.

Noi rom abbiamo una nostra cultura, siamo dei lavoratori come tutti e i duecento bambini del campo frequentano ormai da una decina d'anni le scuole della zona. Noi rom non siamo persone da vendere per gli interessi dell'expo 2015. Siamo donne e uomini come tutti voi con diritti e dignità.

Cancellare la vita del campo senza reali soluzioni alternative, equivale a buttarci su una strada come animali e destinare i nostri figli a una vita di emarginazione.

Perciò con questa iniziativa vogliamo semplicemente rivendicare il diritto ad avere un futuro migliore per noi e soprattutto per i nostri bambini.

Gli abitanti del campo rom di via Triboniano e di via Barzaghi

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