Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Daniele (del 07/07/2011 @ 09:31:30, in musica e parole, visitato 1706 volte)

dal 22 luglio al 1 agosto
Pinerolo e Collegno - XVI edizione


Sedici anni, ma non li dimostra!
Nonostante le incertezze finanziarie di questi tempi duri VINCOLI SONORI continua a proporre le musiche di frontiera che ne hanno fatto un evento di spettacolo tra i più importanti dell’estate piemontese. Anzi, aumentano le date e i concerti, con un cartellone che vede il ritorno al Festival di due mostri sacri della gypsy music come la Fanfara Ciocarlia e la Kocani Orkestar. VINCOLI SONORI conferma la sua vitalità con una proposta culturale accattivante dedicata a chiunque voglia esplorare nuove frontiere musicali.

Vincoli Sonori nasce nel 1996 come rassegna di musiche klezmer e gypsy, generi che in quegli anni cominciavano ad uscire dalla cerchia di appassionati e studiosi per entrare con forza nel panorama della world music internazionale.
Negli anni l'evento è cresciuto, grazie anche al caloroso consenso di un pubblico attento e curioso, stimolato dall'attenzione concessa al festival dalla stampa. Pur conservando il suo tratto distintivo iniziale, il festival si è aperto ai diversi stili che la sperimentazione e le avanguardie cominciavano a produrre.
Sul palco di Vincoli Sonori sono saliti i migliori artisti internazionali, con il loro universo di musiche radicate nella tradizione, ma rinnovate nella contemporaneità, portatori di sonorità che hanno spaziato dal balkan beat al jazz manouche, dal flamenco al pianoriental, al nuovo folk italiano.

22 luglio - ore 21.00
Piazza San Donato - Pinerolo Noemi Waysfeld & Blick + Banda Tam Tam gratuito

23 luglio - ore 21.00
Piazza San Donato - Pinerolo Babayaga + Bruskoi Prala gratuito

24 luglio - ore 21.30
Certosa Reale - via Pastrengo - Collegno La Cherga 8 euro

25 luglio - ore 21.30
Certosa Reale - via Pastrengo - Collegno Abnoba 8 euro

26 luglio - ore 21.30
Certosa Reale - via Pastrengo - Collegno Deladap 8 euro

27 luglio - ore 21.30
Certosa Reale - via Pastrengo - Collegno Fanfara Ciocarlia 10 euro

1 agosto - ore 21.30
Certosa Reale - via Pastrengo - Collegno Kocani Orkestar 10 euro

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Di Fabrizio (del 06/07/2011 @ 09:52:34, in Europa, visitato 1472 volte)

Ebrei, musulmani, gay, russi, zingari: l'odio corre in rete - di Rudolf Stefanicki - Articolo pubblicato su Il manifesto il 2 luglio 2011

VARSAVIA, 4 luglio 2011 (IPS) - «Quello che ha cominciato Hitler lo porteremo fino in fondo. Che finiscano nelle camere a gas, nei forni». Quando il ministro degli esteri Radek Sikorski ha letto questo e altri commenti simili in un foro di discussione di Internet, ha deciso di andare dal giudice. «Il grado di razzismo e di odio sui siti Internet polacchi è incredibile. Chiunque può leggerli e farsi un'opinione sulla Polonia», ha detto.

Il ministro ha denunciato due gruppi mediatici, Ringier Axel Springer, proprietaria del giornale Fakt, e Bonnier Business Polska, padrone di Puls Biznesu. Ha chiesto un indennizzo di circa 7mila dollari e delle scuse pubbliche sui siti Internet coinvolti.

Sikorski si è sentito personalmente colpito perché alcuni commenti attaccavano in modo volgarissimo lui (i più leggeri erano «traditore» e «manovrato a distanza da ebrei statunitensi») e sua moglie, Anne Applebaum, editorialista del quotidiano Usa Washington Post. La legge prevede, per quanto in forma un po' vaga, che i responsabili siano obbligati a cancellare commenti illeciti o a rispondere per essi.

La reazione dei responsabili è stata di disabilitare i fori di discussione, ciò che però ha provocato critiche di censura. Così li hanno rimessi rete, pur depurati. Hanno anche presentato le loro scuse al ministro, ma Sikorski ha mantenuto la denuncia alla magistratura.

Dopo la denuncia la procura ha aperto un'indagine. Tuttavia in genere l'80% di questi casi termina con l'archiviazione perché «è impossibile scoprire gli autori». Molti utilizzano cybercaffè per conservare l'anonimato e di solito usano server di paesi stranieri in cui le leggi in materia sono più liberali.

In Polonia su ogni 100 messaggi inviati a un foro di dibattito su qualsiasi argomeno, uno contiene un atteggiamento negativo verso le minoranze, stando al rapporto di quest'anno della Fondazione per la conoscenza locale. E il 60% ha un contenuto discriminatorio.

I più criticati sono gli ebrei, seguiti dai russi, gli omosessuali, gli zingari, i tedeschi e i musulmani. A volte i commenti che attizzano l'odio sfociano in episodi di violenza fisica (è capitato contro rifugiati ceceni).

La maggior parte delle persone consultate in un sondaggio del febbraio scorso, afferma che bisognerebbe controllare Internet. il 72% ritiene che bisognerebbe eliminare i contenuti che incitano all'odio contro minoranze nazionali, religiose, sessuali.

Il Rapporto sulle minoranze è un possibile strumento e prevede di realizzare «una mappa» dei siti che «favoriscono l'odio» che serva per orientarsi e intervenire. «Quando gli attivisti che difendono i diritti delle minoranze si presentano dal giudice, questi rifiuta di intervenire con l'argomento che si tratta di pochi commenti isolati - dice Marek Troszynski, direttore del progetto -. Bene, adesso ne avrà a disposizione più di 130 mila».

Le autorità polacche ora sembrano più sensibili all'antisemitismo, ma non alla situazione delle minoranze sessuali. La Fondazione di Helsinki sui diritti umani ha chiesto al ministero della giustizia riforme legislative.

«Le posizioni discriminatorie sono difficili da sradicare perché non riguardano solo le minoranze», dice il sociologo dell'università di Varsavia Antoni Sulek. E non basta una legge per risolvere il problema. © il manifesto

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Di Fabrizio (del 06/07/2011 @ 09:14:29, in Italia, visitato 1632 volte)

Catanzaroinforma.it Martedì, 05 Luglio 2011 12.12

L'Associazione ''Terra di Confine' è il quarto anno che propone e porta avanti il progetto ''Un'estate insieme' con risultati notevoli. L'iniziativa ha sempre risposto ad un bisogno della comunità rom di Via Lucrezia della Valle, ovvero permettere ai bambini dai 6 ai 13 anni di affrontare i mesi estivi, in concomitanza con la chiusura della scuola, in maniera alternativa alla vita del campo. Con la chiusura dell'anno scolastico nasce l'esigenza di diversificare gli interventi, ''Terra di Confine' sperimenta un modo diverso di rapportarsi con la Comunità, e soprattutto con i più giovani, prevedendo attività di animazione che hanno lo scopo di coinvolgerli in prima persona. Tutto questo per offrire la possibilità di far vivere ai bambini di Via Lucrezia della Valle un'estate diversa e di promuovere quello che ''Terra di Confine' cerca di fare da anni, far conoscere la realtà del popolo Rom attraverso azioni positive che permettano il superamento dei pregiudizi e degli stereotipi nei loro confronti. Lo scorso anno l'associazione ha deciso insieme alla comunità, di portare avanti una sperimentazione, le operatrici che hanno lavorato al progetto sono state le donne rom, le mamme dei bambini. Vista la bontà dei risultati, si è deciso di continuare nel percorso che ormai non può più definirsi una sperimentazione ma una prassi, una buona prassi, consolidata.

''L'impegno che portiamo avanti ormai da 18 anni - dice il presidente dell'associazione, Maria De Luca - ci permette oggi, attraverso una profonda conoscenza della realtà rom, di proporre percorsi alternativi che vedano loro come reali protagonisti del cambiamento. Il discorso è già iniziato a dicembre 2009 con il ''Progetto Arcobaleno' finanziato dall'Assessorato comunale alle Politiche Sociali, che ha visto coinvolte due ragazze della comunità'. ''Terra di Confine' e la comunità Rom di Via Lucrezia della Valle ringraziano il Comune nella persona del consigliere Eugenio Occhini per aver permesso anche quest'anno la realizzazione del progetto. Nonostante ci siano state le elezioni comunali il consigliere Occhini è riuscito nel mese di marzo a prevedere un impegno di spesa utilizzando i ''dodicesimi', dimostrando un lodevole e reale impegno nei confronti delle politiche di integrazione delle comunità rom residenti nel nostro territorio.

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Di Fabrizio (del 05/07/2011 @ 09:51:31, in Europa, visitato 1608 volte)

Segnalazione di Alberto Melis

Città Nuova 01-07-2011 di Chiara Andreola
 
Una rom bulgara e una macedone hanno approfittato del loro stage alla Commissione Europea per far conoscere il loro popolo ai piani alti di Bruxelles

Ricredetevi: i Rom non sono soltanto nei campi. Guarda un po' te, si possono pure laureare, ed aspirare ad entrare nel mondo degli eurocrati bruxellesi. È il caso della bulgara Alexandra Tsankova e della macedone Senada Lamovska, che da ottobre 2010 a marzo 2011 sono state tra i 600 prescelti – su oltre 10 mila aspiranti provenienti non solo dagli Stati membri, ma anche da quelli candidati, come appunto la Macedonia – per uno stage alla Commissione europea. Senada e Aleksandra sono state inserite presso il Direttorato generale per gli Affari regionali, dove, al di là del lavoro quotidiano, hanno dato il via ad una serie di iniziative rivolte a stagisti e non solo per far conoscere il proprio popolo e la propria cultura, in un momento in cui nella stanza accanto si discuteva della “questione rom” in seguito alla situazione delicata creatasi in Francia. Una mossa coraggiosa che chiediamo loro di raccontare.

Che cosa vi ha spinto a fare domanda per uno stage alla Commissione europea?
Alexandra: «In Bulgaria, purtroppo, le possibilità di trovare lavoro per una giovane rom neolaureata non sono molte, per cui ho deciso di puntare su Bruxelles. Ma al di là di questo, ho sempre desiderato fare qualcosa per aiutare l'integrazione del mio popolo».
Senada: «Studio relazioni internazionali a Budapest, e quindi volevo vedere in prima persona come ciò che leggo nei libri viene messo in pratica e capire come funzionano le istituzioni europee».

Come vivete il vostro essere allo stesso tempo rom e bulgara – nel caso di Aleksandra – o macedone – nel caso di Senada?
Alexandra: «Non le vivo come due identità opposte. Mi considero semplicemente una rom bulgara, anche se mi rendo conto che per altri non è così facile: soprattutto se si sentono trascurati dallo Stato in cui vivono, possono arrivare a mettere in discussione la propria nazionalità».
Senada: «Nemmeno io riesco a separare il mio essere rom dal mio essere macedone, sono parte della stessa “identità complessa”. Noi rom non abbiamo uno Stato: siamo arrivati dall’India nel XIV secolo, quindi viviamo in Europa da oltre settecento anni. Non ho altra patria che la Macedonia, e credo che la stessa cosa valga per i rom che vivono negli altri Stati europei. Purtroppo siamo ancora discriminati e considerati stranieri, o addirittura visti come “non europei”: ma che cosa significa, oggi, essere europeo?».

Il vostro essere rom ha in qualche modo dato un valore aggiunto al vostro lavoro alla Commissione? Quali sono state le sfide principali?
Alexandra: «La cosa che più mi ha colpita è stata che i miei colleghi mi hanno detto di non aver mai parlato con una “vera” rom fino a quel momento, e che man mano che mi hanno conosciuta la loro percezione negativa dei rom è cambiata. Mi sembra che ora abbiano una maggiore consapevolezza dei problemi che ci troviamo ad affrontare».
Senada: «Sono stata inserita nel dipartimento per l’inclusione sociale, dove mi sono occupata soprattutto del mio popolo. Diversi miei colleghi avevano già lavorato con dei rom o perlomeno avuto contatti con loro, e anche il mio tutor era un rom ungherese: per cui posso dire di essermi sentita a mio agio. Al di fuori del mio dipartimento, invece, mi sono dovuta confrontare con persone che non avevano mai incontrato un rom, non avevano nessuna conoscenza della nostra storia e della nostra cultura: alcuni credevano che fossimo una tribù con tanto di re e regina, e si meravigliavano che potessimo addirittura studiare. Purtroppo, gli stereotipi si mantengono ben saldi anche tra coloro che poi prendono le decisioni che contano».

In Europa si parla spesso della “questione rom”: come avete vissuto e vivete questa situazione?
Alexandra: «Non mi piace che la mia gente venga presentata come “una questione” o addirittura “un problema”. Come ogni popolo, i rom hanno le loro potenzialità, e se le utilizzano bene possono contribuire attivamente al bene della società in cui vivono».
Senada: «I rom non sono una questione: c’è la questione della povertà, dell’istruzione, della salute, della casa e del lavoro, e i rom che le devono affrontare. Ma i rom non sono una questione».

Il Papa ha incontrato i rom il giorno di Pentecoste. Ritenete che la Chiesa possa aiutare l'integrazione?
Alexandra: «Credo di sì. Fin dall'infanzia la fede ha giocato un ruolo importante nella mia vita, e le persone della mia comunità cristiana mi hanno sempre incoraggiata ad andare avanti con gli studi e non mollare. Inoltre compravano il materiale scolastico ed aiutavano nello studio i ragazzi rom del mio quartiere. C'è ancora molto da fare, e indubbiamente la Chiesa può dare un contributo fondamentale».
Senada: «Nel mio Paese la maggioranza dei Rom è musulmana, così come lo sono io: non ho quindi esperienza diretta di come la Chiesa potrebbe aiutare, ma solo di come può farlo il gioverno. A livello europeo, però, la maggioranza dei rom è cristiana, delle varie confessioni».

Tra le iniziative che avete organizzato alla Commissione europea, una delle più apprezzate è stata la serata di musica e danze rom: che impressioni ne avete ricevuto?
Alexandra: «La cosa che mi ha fatto più piacere è stata vedere come anche gli altri stagisti si sono sentiti coinvolti nell'organizzarla, e non ci hanno lasciate sole. Questi momenti di musica e danza, in cui tutti si incontrano e si sentono sullo stesso piano, sono degli ottimi strumenti per favorire l'integrazione e combattere i pregiudizi».
Senada: «Se riteniamo che i pregiudizi vengano dalla mancanza di conoscenza diretta e quindi vadano combattuti incontrandosi, allora l’iniziativa ha funzionato: più di duecento persone, rom e non, hanno partecipato. Il ricavato della serata è andato alla scuola elementare Brakja Ramiz-Hamid di Skopje, in Macedonia, dove il 99 per cento degli studenti è rom. Insomma, abbiamo fatto qualcosa di buono».

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Di Fabrizio (del 05/07/2011 @ 09:41:34, in Italia, visitato 1667 volte)

Segnalato da Karin Faistnauer

Abitare in Calabria di Italia Serratore

Dall'alto di una collinetta, che dava sulla strada che da Cortale porta a Iacurso, mia zia mi mostrava un carro di zingari, che trasportava persone adulte, alcuni bambini, utensili, qualche mobile. "Guarda, quelli sono gli zingari e rapiscono i bambini". Ero piccolissima e sentii un colpo allo stomaco: avevo paura. Avevo ricevuto in realtà il peso di un pre-giudizio ed ero spaventata. Oggi l'Italia in politica estera condivide le posizioni più retrive: Berlusconi fa sua quella di Sarkozy sugli zingari, Fini (destra da cui dovrebbe arrivare la luce!) è d'accordo senza riserve sul divieto francese del burqa, ancora Berlusconi ci fa assistere alla passerella di hostess di un tipo come Gheddafi che tanto ricorda il circo delle sue allegre estati in Sardegna. Anche a Lamezia Terme, per parlare di un centro a noi vicino, sono famigerati gli zingari (la città non ha mai saputo affrontare la questione), più che gli ‘ndranghetisti. Anni dopo quel mio primo incontro con il popolo dei Rom, una zingara chiede se può entrare in casa nostra per predirci, in cambio di un po' di cibo, il futuro. "Voliti ndivinata a fortuna?", chiede quella donna, con un bambino in braccio. Di solito, nei nostri vicoli, dove non si sapeva cosa si potesse rubare vista la non ricchezza, gli adulti erano soliti dire ai ragazzi: "Chiudi la porta, potrebbe entrare qualche zingara!". Quel giorno però mia madre forse aveva un po' più tempo, forse voleva capire e dice all'altra: "Veramente lo sai fare?". E la zingara, pure lei stanca della maschera, risponde: "Se lo sapessi fare, indovinerei la mia sorte". A mia madre piacque la sincerità e la malinconia della zingara ed io vidi le due sorridere, perché si riconoscevano simili per la condizione economica (erano entrambe povere) e per l'essere donne e madri. In Italia oggi chi ci governa vuole in verità spingerci ad avere paura di ciò che ci circonda, ad avere paura del futuro, e ci vuole portare alla conservazione del pregiudizio, a non avere il coraggio di aprirci. Rispetto al mondo ed al nuovo, noi possiamo però avere due posizioni e quella dell'apertura è una sfida, che forse rende più sereni. Quando ricordo quel colpo allo stomaco per le parole di mia zia o mi sento spaventata da ciò che non conosco, cerco di ricordare e seguire la risata di mia madre e della zingara, due donne che per un attimo si sono parlate ed hanno vinto la diffidenza.

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Di Fabrizio (del 04/07/2011 @ 09:43:18, in Italia, visitato 1941 volte)

Segnalazione di Elisabetta Michelini

Dalla Provincia Pavese - 30 giugno 2011

Non voglio assolutamente sostituirmi al vescovo monsignor Giudici nel rispondere al consigliere comunale di Pavia della Lega Nord, tuttavia non riesco a non esternare alcune considerazioni: il consigliere non conosce evidentemente i nomadi pavesi altrimenti non confonderebbe i sinti con i rom. Per intenderci i rom a Pavia erano all'ex Snia dove sono stati «evacuati» dal comune (in modo tragico), in parte sono stati rimandati al paese di origine, in parte accolti da privati, i da strutture comunali o messe a disposizione dalla diocesi. I sinti sono residenti a Pavia da decenni, frequentano da 30 anni le nostre scuole, molti di loro lavorano in regola, molti in nero come tanti altri italiani, sicuramente qualcuno ha avuto a che fare con la giustizia per i piccoli furti. Quando nel lontano 1992 parlavo del problema furti con la regina Mafalda, capostipite dei sinti pavesi, questa mi rispose «hai ragione, ma noi rubiamo poche lire, il vostro ministro De Lorenzo ha rubato miliardi» non sapevo come risponderle. Oggi sarei altrettanto imbarazzata visti i reati per cui sono indagati alcuni nostri politici. La regina Mafalda, aveva rinunciato al nomadismo e voleva per i propri figli e nipoti una integrazione. Hanno fatto dei grossi sforzi in tale senso ed i servizi sociali del comune, i volontari, don Cinto dei Salesiani li hanno sostenuti. Don Franco, frate di Canepanova, vive ormai da anni con loro in piazza Europa. E veniamo alla ricchezza: evidentemente i valori della Lega sono diversi da quelli della Chiesa e, per fortuna, di una società, anche pavese, che considera una diversa cultura come una ricchezza. I nomadi hanno storicamente la ricchezza della libertà, della generosità, del condividere e dell'accogliere. Hanno anche dei difetti ma chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Ida Bianchessi

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Di Fabrizio (del 04/07/2011 @ 09:02:34, in Italia, visitato 1737 volte)

La Provincia Pavese La protesta dei sinti a Torre del Gallo dopo gli arresti per il pestaggio del testimone di un incidente - di Adriano Agatti PAVIA

«Tomas libero». Si legge nello striscione appeso davanti all’ ingresso del carcere di Torre del Gallo, ieri pomeriggio, da una cinquantina di Sinti. Un vero e proprio sit-in di protesta contro l’arresto, avvenuto qualche giorno fa, di Tomas Casagrande. Il ragazzo 21 anni, è accusato (insieme a Rosario Casagrande, 22 anni ) di aver picchiato Claudio Russo, un operaio di 38 anni che aveva assistito ad un incidente stradale avvenuto in via Cantieri Spada. Il pestaggio è da far risalire allo scorso mese di febbraio e il ferito aveva trascorso qualche giorno in ospedale per la frattura della mandibola. I sinti, quasi tutti del campo di piazzale Europa, hanno organizzato la protesta perchè ritengono che Tomas Casagrande sia innocente.

«Quel giorno Tomas – spiega Aurora Casagrande – non era nemmeno a Pavia. Si trovava a Vigevano insieme alla moglie e con il pestaggio non c’entra proprio nulla. C’è stato uno scambio di persona molto evidente. Noi l’abbiamo sempre saputo e cercheremo di dimostrarlo nel più breve tempo possibile. Questa nostra protesta è anche contro gli errori giudiziari che possono rovinare persone innocenti. Abbiamo già individuato la persona che ha pestato quell’uomo e lui stesso ha ammesso le sue responsabilità. L’ha anche raccontato ai carabinieri ma in carcere è finito Tomas. Non è giusto»

Ieri i due arrestati sono stati interrogati dal Gip del tribunale di Pavia Anna Maria Oddone.

«C’è discriminazione nei confronti dei sinti – continua Aurora Casagrande – e si può capire da quelli che noi riteniamo siano errori giudiziari. Ma vorrei ricordare a tutti che siamo italiani a tutti gli effetti e siamo nati qui. Vorremmo essere trattati come tutte le altre persone. Tra l’altro il padre di Tomas è in gravi condizioni di salute e l’arresto del figlio lo ha particolarmente provato»

I sinti avrebbero quindi eseguito un’ indagine personale e avrebbero scoperto chi avrebbe veramente partecipato al pestaggio del 26 febbrio in via Cantieri Spada. Si tratta di un giovane che avrebbe già ammesso di aver colpito Claudio Russo. In ogni caso l’avvocato ha già presentato istanza di scarcerazione.

Il primo a scendere in strada quel pomeriggio di fine febbraio era stato uno studente universitario. Dalla sua abitazione aveva sentito il botto dello scontro tra due auto. In quel momento era arrivato Claudio Russo che stava rientrando a casa. Si era avvicinato al punto dell’incidente senza immaginare quali fossero le intenzioni del conducente e del passeggero della Twingo che era appena uscita di strada ed era andata a sbattere contro una vettura parcheggiata. Claudio Russo era stato aggredito con ferocia e colpito senza pietà con pugni e calci. Gli aggressori non si erano fermati nemmeno quando l’uomo era caduto a terra: un pestaggio brutale. La Twingo (che era rimasta sul posto dell’incidente perché il conducente non era riuscito a farla ripartire) era risultata intestata alla madre di uno degli arrestati. E da lei erano partite le indagini dei carabinieri.

01 luglio 2011

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Di Fabrizio (del 03/07/2011 @ 09:00:58, in media, visitato 1420 volte)

Da Aussie_Kiwi_Roma

Regia: Ima Garmendia & Kike del Olmo
Produttori: Kike del Olmo & Ima Garmendia
Genere: Documentario (lingua inglese)
Prodotto nel: 2006
Paese: Spagna
 
Sinossi: Romanipé è l'insieme dei valori o codici da seguire per essere veri Rom. Le persecuzioni che hanno sofferto e il processo di assimilazione da loro intrapreso per sopravvivere, li hanno costretti ad adattare la Romanipé alle circostanze specifiche che devono affrontare in ogni paese in cui si trovano. Con circa dodici milioni di persone disperse nel mondo, i Rom hanno una presenza significativa in molti paesi. Per comprendere la diversità dei Rom, le loro origini, i problemi ed i risultati ottenuti, abbiamo rifatto la strada da loro percorsa negli ultimi mille anni. Abbiamo intervistato zingari in tutte le sfere della vita, come politici, vittime di abusi polizieschi, sopravvissuti all'olocausto, e tribù di dove sono originari in India. Come loro, abbiamo viaggiato dall'India ala Spagna, sempre verso ovest in cerca della casa dove tramonta il sole.

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Di Fabrizio (del 02/07/2011 @ 14:51:16, in Italia, visitato 2540 volte)

Siete avvisati: non scriverò cose simpatiche.

Stamattina s'è svolta a Milano la conferenza stampa di presentazione della neonata Consulta Rom, iniziativa per una volta presentata con rilievo da diversi media.

Per quanto ho potuto osservare, accanto alle immancabili buone intenzioni, questa Consulta nasce già con un carico notevole di problemi da affrontare. Specifico meglio: non problemi legati alle politiche per Rom e Sinti, ma dovuti alla sua stessa nascita e composizione.

Parto da uno dei punti chiave: la "pretesa" rappresentanza di tutte le realtà rom e sinte della città. In realtà, ne ho testimonianze dirette, le varie comunità restano fortemente divise tra loro su rivendicazioni ed obiettivi, e sono restie a far fronte comune. Se da una parte ci sono i settori più deboli (principalmente i Rom rumeni), dall'altra quelli italiani non intendono mischiarsi. Alcune realtà storiche, come i Rom Harvati di via Chiesa Rossa (ex Palizzi Fattori, circa 160 persone), non hanno partecipato ai lavori di preparazione e tuttora non si sono fatti vivi.

Migliore, anche se davvero minoritaria, la partecipazione dei Rom Abruzzesi dei due campi di via Bonfadini.

Ancora diversa la situazione dei Rom Harvati di via Idro. Sono stato contattato (all'ultimo momento) dagli organizzatori della Consulta per coinvolgerli e, nonostante le reticenze, comunemente si era deciso di partecipare, almeno per capire di cosa si trattasse. Hanno anche portato un loro contributo personale ed articolato a quella che doveva essere una piattaforma comune. Nonostante ciò, quando martedì scorso questa Consulta ha avuto il primo incontro col comune, nessuno degli organizzatori si è premurato di avvisarli; viceversa in previsione della conferenza stampa di oggi, sì. Forse che questi Rom vadano bene come pecore che applaudono, ma ancora una volta senza il diritto di interloquire in prima persona con le autorità?

Scambiando qualche opinione con chi segue la situazione opposta dei campi irregolari, mi hanno confermato che verso di loro è stato tenuto lo stesso comportamento.

Resta il fatto che i due punti più sfumati affrontati nella conferenza stampa, siano stati proprio il destino dei campi, regolari o meno, e la critica agli sgomberi effettuati dalla nuova giunta.

Altro punto caldo: il rapporto con questa giunta. Per quanto si continui a parlare di vento cambiato, i primi segnali non sono incoraggianti. Si rischia di ripetere l'esperienza del Tavolo Rom (guarda caso, fondato a suo tempo dalle stesse persone), che ha finito per essere un'istanza che rappresentava solo se stessa, perché nonostante le intenzioni non aveva rapporti né con i Rom né col Comune.

Per terminare: la mia impressione, molto terra-terra, è che dietro l'enunciazione di grandi princìpi, ci sia il tentativo di alcuni personaggi di avere un palco di visibilità dopo i pesci in faccia presi dall'amministrazione precedente: un'attrice mediocre, che ultimamente si è specializzata nell'interpretare la parte del difensore dei Rom; qualcuno che sulla loro pelle s'è costruito casa in Toscana ed i soliti residuati bellici.

Forse, mafforse, è un po' presto per emettere giudizi (d'altronde non sono né un critico teatrale né un ingegnere). Se assisterò ad un cambiamento di rotta ve ne darò conto (come al solito).

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Di Fabrizio (del 02/07/2011 @ 09:18:02, in blog, visitato 1697 volte)

Segnalazione di Erica Rodari

Nasce Romagazine.eu, un portale europeo curato da giovani provenienti dalle comunità di tutta Europa. Un mosaico di 10 milioni di persone che oggi, grazie al web e alle nuove tecnologie, possono conoscersi e farsi conoscere più facilmente di Andrea Gerli da Rassegna Sindacale

Un'idea interessante, un vuoto da colmare, un popolo che vuole farsi conoscere e tanti, tanti giovani ansiosi di imparare e lavorare per abbattere pregiudizi, creare un dibattito e progettare un futuro. Così nasce www.romagazine.eu, un magazine online per tutte le comunità Rom d'Europa, frutto dell'impegno di GSI Italia, ong dal '97 attiva con progetti di cooperazione internazionale e solidarietà territoriale, con la collaborazione di Informatici Senza Frontiere.

Il progetto si chiama "Let the roma youth be heard!", ed è stato finanziato dalla Commissione Europea per decisione del vicepresidente Viviane Reding: "Io credo – ha detto la Reding - che la comunità Rom rappresenti una parte importante della popolazione dell'UE, ed è di primaria importanze che gli stessi siano bene integrati in tutti gli Stati membri. L'integrazione di circa 10 milioni di Rom è una priorità degli Stati membri, delle Istituzioni europee, dei suoi Programmi, e dei soggetti che operano all'interno dei singoli Stati."

Così i rappresentanti delle maggiori associazioni per la difesa della cultura Rom di tutta Europa si sono riuniti a Spoleto, in provincia di Perugia, per un breve corso di giornalismo e per creare il nuovo magazine online. Tanti giovani da Spagna, Grecia, Germania, Francia, Romania, Italia, Ungheria, Turchia. "Dobbiamo unire le nostre forze, lavorare insieme per creare un dibattito sul e nel nostro popolo – afferma Israel, referente del gruppo spagnolo –. E' l'occasione per fare qualcosa di nuovo, per far sì che scompaiano i pregiudizi, per farci conoscere e partecipare alla vita sociale e politica dei paesi in cui viviamo. Dobbiamo unire i nostri sforzi".
Sono tanti, sono giovani, e hanno voglia di imparare, di conoscere, di lavorare insieme per il proprio futuro. In un attimo i 40 rom della quattro giorni di Spoleto spazzano via pregiudizi lunghi un'eternità. Come il nomadismo o le difficoltà ad integrarsi: la maggior parte di loro vive in case normali, studia e vuole integrarsi. Merve, ad esempio, studia business administration nella più rinomata università di Istanbul. Beatrìs, invece, è Ungherese, vuole fare la giornalista e da tempo studia e lavora per diventarlo. Tutti hanno partecipato con grande interesse alla quattro giorni di Spoleto, e scrivono ora su Romagazine.eu.

Si tratta forse di un'avanguardia, dei giovani più interessati e più appassionati a queste tematiche, che vive in condizioni diverse dagli altri giovani rom, spesso nell'impossibilità di ricevere un'istruzione dignitosa. Giovani in lotta contro le difficoltà economiche e sociali che trovano nei loro Paesi, ma anche contro alcuni esponenti delle loro comunità che stentano ad aprirsi alle altre culture, che non ritengono l'istruzione importante e non vedono di buon occhio progetti e attività di questo tipo, secondo loro inutili alla comunità. Ma questi giovani sono il sintomo di un'energia nuova, capace di diffondersi in tutte le comunità Rom d'Europa. Sono giovani cittadini europei. Vogliono viaggiare, conoscere e crearsi un solido retroterra culturale moderno, magari riunificando le tradizioni rom di tutte le comunità europee.
"Let the roma youth be heard!", il titolo del progetto, pone l'accento su due aspetti fondamentali: l'ascolto e la gioventù. Così www.romagazine.eu diventa un portale di informazione per intessere relazioni, favorire progetti, riunificare virtualmente le tradizioni e le aspirazioni di un popolo, i Rom, la più grande minoranza etnica d'Europa. Una minoranza che affonda le proprie radici in una tradizione antica, che nei secoli è stata sparpagliata per il Vecchio Continente e non solo. Un mosaico di migliaia di comunità che oggi, grazie al web e le nuove tecnologie, possono conoscersi e farsi conoscere più facilmente.

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