Segnalazione di 
IdeaRom onlus
 Una città a Parte. L'apartheid dei Rom in Italia - di Francesco Careri
(introduzione all'inserto speciale L'abitare dei Rom e dei Sinti, de 
"Urbanistica Informazioni" n° 238, 2011, pp. 23-25)
Articiviche.blogspot.it
 
Una città a Parte. L'apartheid dei Rom in Italia - di Francesco Careri
(introduzione all'inserto speciale L'abitare dei Rom e dei Sinti, de 
"Urbanistica Informazioni" n° 238, 2011, pp. 23-25)
Articiviche.blogspot.it
In Italia esiste un apartheid strisciante (1), una città a parte che si prepara 
per quei 35.000 Rom e Sinti che da decenni vivono nei campi - gli altri 90.000 
per fortuna vivono in case – con densità da tendopoli d'emergenza, lontani dai 
servizi primari, controllati da guardiania armata e telecamere a circuito 
chiuso, con orari di ingresso e di uscita, tesserino con foto e codice a barre, 
reti di recinzione tutto intorno. Sono un frammento di quell'universo dei campi 
e delle riserve, che con numeri ancora più esorbitanti abitano il nostro pianeta 
e su cui è stata prodotta una notevole letteratura: zone definitivamente 
temporanee dove abita l'umanità in eccesso (2), che si aprono quando lo 
stato di 
eccezione diventa regola (3), zone di sospensione (4) in una sorta di 
transitorietà congelata (5), e che producono sindromi di dipendenza e vite sotto 
trasfusione (6) città appoggiate per terra (7), 
città nude (8) abitate da 
cittadini senza diritti di cittadinanza e quindi senza città, o meglio con una 
città a parte, separata, tutta per loro, solo per loro. 
In Italia nascono come campi nomadi - ufficialmente "campi sosta" - e sono 
istituzioni regolate, in assenza di un quadro legislativo nazionale, da leggi 
regionali varate negli anni novanta, una sorta di parcheggi attrezzati 
immaginati per comunità girovaghe quali erano i Rom e Sinti Italiani ancora 
negli anni ottanta. Appena finiti di costruire si sono trasformati in 
insediamenti perennemente temporanei per i Rom in fuga dalle guerre dei Balcani 
e poi dalle zone depresse della Romania. Si sono evoluti da slums di baracche e 
roulotte a campi di container agli attuali villaggi, con un crescendo di 
sorveglianza e di dipendenza dalle istituzioni e una conseguente perdita di 
autonomia decisionale sulla propria vita. 
Anche la storia dell'abitare rom in Italia ha una lunga letteratura, è la storia 
dell'urbanistica del disprezzo (9) che da secoli li ha cacciati dalle nostre 
città rendendoli nomadi per forza (10), stranieri ovunque (11), 
popoli delle 
discariche (12), figli del ghetto (13). Ma quello a cui si sta assistendo a 
partire dal 2008 con il commissariamento della "questione rom" (14), è un 
ulteriore passaggio dalla vecchia politica di emarginazione nelle baraccopoli a 
quella di istituzionalizzazione di ghetti per i Rom e di veri e propri luoghi di 
concentramento etnico (16). Il punto da cui partire non può che essere l'attuale 
scenario di apartheid, e l'obiettivo prioritario è aprire nuove strade per 
abitare con i Rom (17), guardare insieme a loro oltre i campi (18), superare il 
dispositivo "campo nomadi", inviso ai Rom e incapace di costruire città e 
cittadinanza.
Il fine che ci siamo posti con la presente raccolta di articoli è quello di 
stimolare gli urbanisti italiani ad affrontare il tema dell'abitare dei Rom e 
dei Sinti con maggiore consapevolezza quando lo incontrano nei loro lavori 
professionali. I campi nomadi infatti, che siano baraccopoli informali o campi 
istituzionali, si trovano sempre in zone instabili, in margini urbani dove a un 
certo punto non possono più stare perché sono in programma nuove trasformazioni. 
La prassi allora è far arrivare le ruspe, spostare i Rom, creare un nuovo campo 
più lontano, con l'alibi che sono nomadi e una casa non gli serve. Tutto ciò 
viene vissuto da chi pianifica la città con un misto di naturalezza e distacco, 
come una questione con complesse implicazioni antropologiche sociali e 
politiche. Se come cittadini non riusciamo a riconoscere i nostri pregiudizi e 
la nostra ignoranza in materia, come urbanisti non ci sentiamo all'altezza di 
affrontare un problema così intricato e, incapaci di assumere una propria 
posizione, accettiamo i consigli degli esperti, dei servizi sociali, quando non 
dei politici guidati da convenienze elettorali e pressioni di "comitati di 
cittadini". Non è un caso che quello dell'abitare dei Rom e dei Sinti sia un 
aspetto della città sempre demandato, quando non direttamente alle prefetture, 
all'assessorato ai servizi sociali e mai all'assessorato all'urbanistica. Del 
resto quel campo da cancellare non figura neanche nelle carte e il nuovo campo 
continuerà a non figurarvi, sarà spostato dove ha deciso il sindaco di turno, il 
più lontano possibile dalla vista dei suoi elettori, magari andando ad 
ingrandire un campo esistente per non perdere voti in altri quartieri. È cosi 
che si creano i megacampi che daranno megaproblemi in futuro, sia ai Rom che a 
tutti i cittadini. E tutto ciò spesso avviene senza interloquire con chi 
pianifica il territorio e potrebbe proporre altre soluzioni.
Si è voluto qui raccogliere diversi tipi di materiali: sulla creazione e 
progettazione dei campi, sulla storia degli sgomberi in relazione con la 
speculazione edilizia, su numeri e costi riguardanti i campi attrezzati, sul 
rispetto delle legislazioni regionali. Ma soprattutto abbiamo creduto importante 
far conoscere le politiche utili a far uscire i Rom dai campi, perché siano 
proposte nel ventaglio a disposizione degli amministratori: percorsi di 
inserimento nell'Edilizia Residenziale Pubblica (19), di sostegno all'affitto 
privato (20), di legalizzazione e recupero dei campi informali (21), di microaree 
per gruppi familiari allargati (22), esperienze di autorecupero e di 
autocostruzione assistita (23) su terreni edificabili, casali abbandonati, 
fabbriche dismesse, immobili sequestrati alla criminalità organizzata.
Gli articoli che proponiamo disegnano infatti un quadro italiano desolante, ma 
con alcune lodevoli eccezioni. Claudia Mascia racconta di una Europa 
caratterizzata in larga parte da alloggi in case popolari, e approfondisce due 
casi: la Francia con 17.365 posti caravan in 729 aree per le Gens du Voyage , ma 
anche con i nuovi Villages d'Insertion che sembrano prendere a modello i tristi 
Villaggi della Solidarietà di Roma. E il Portogallo dove il Parque de Nómadas di 
Coimbra ospita i ciganos, in vista del re-insediamento in alloggi del comune a 
prezzo agevolato. Alexander Valentino ricorda come "il nomadismo sia un fenomeno 
quasi estinto in Italia ed che si debba parlare di mobilità di persone, o 
gruppi, all'interno della Comunità Europea", denuncia il ruolo complice delle 
associazioni umanitarie, e ci racconta di come nell'area napoletana diverse 
comunità italiane un tempo integrate come i cilentani, i Sinti vesuviani, i 
napulengre e i rom giuglianesi oggi si trovino in gravi difficoltà perché i loro 
mestieri non vanno più al passo con la globalizzazione. Ma ci fa ragionare anche 
su come le cronache romana hanno avuto attraverso i media effetti nefasti a 
chilometri di distanza. Un esempio è il Campo della Favorita di Palermo 
descritto da Simone Tulumello dove "le condizioni sono precipitate negli ultimi 
anni caratterizzati da un totale disinteresse istituzionale e da una cresciuta 
attenzione politica", nel totale vuoto normativo siciliano in cui i campi non 
esistono seppure insediati da oltre vent'anni. Anche il campo di Cagliari è uno 
di questi, si chiama "campo SS 554", il nome della statale. Barbara Cadeddu 
racconta le sue vicende e propone l'arte come mezzo per scardinare il 
pregiudizio e per offrire alla città la possibilità di mostrarsi in tutte le sue 
contraddizioni, come in due documentari che raccontano storie di vita di bambini 
di periferia, Rom e Gagè, tutti figli dell'indifferenza e del silenzio.
Ma dall'Italia arrivano anche buone notizie. Stefano Petrolini porta l'esempio 
di Trento dove i kosovari arrivati negli anni novanta hanno trovato posto 
nell'Edilizia Residenziale Pubblica e dove una nuova legge provinciale introduce 
per la prima volta in Italia le "Microaree" o "Aree Residenziali di Comunità", 
destinate a piccoli nuclei di famiglie allargate. Francesco Piantoni racconta 
dei percorsi di superamento dei campi del piano di Bologna, volti a 
"stabilizzare le condizioni abitative dei nuclei con sufficiente reddito, 
assegnando loro alloggi reperiti sul mercato privato tramite un contratto di 
sublocazione e un affitto agevolato". E ci descrive dall'interno l'appassionante 
esperienza della Piccola Carovana che lavora all'interno dei campi per preparare 
i nuclei familiari all'uscita, e segue l'ingresso in case non più reperite dal 
Comune sul mercato privato e "calate dall'alto", ma "accompagnando le famiglie 
nella ricerca della loro futura abitazione in maniera autonoma, di modo che 
possano prendere coscienza fin da subito dei costi, delle spese, delle zone". Da 
Torino Massimiliano Curto e Cristian Anastasio dell'Associazione Terra del 
Fuoco, con un articolo ricco di dettagli e di dati, descrivono l'esperienza del 
Dado, una delle più interessanti pratiche di autorecupero in un condominio misto 
di Rom, rifugiati politici e giovani volontari, realizzato a costi assolutamente 
contenuti (238 €/mq) con un risparmio del 30% rispetto a un cantiere 
tradizionale.
C'è infine il caso Roma, dove il nuovo sistema di apartheid è in piena 
sperimentazione, e l'unica risposta positiva sembrano essere le occupazioni a 
scopo abitativo. Gli articoli raccolti costruiscono una critica al Piano Nomadi 
che ha fissato un numero massimo di 6000 Rom sul territorio comunale e si è 
concentrato nello smantellamento dei campi abusivi, nella riduzione del numero 
di presenze e nel concentramento degli sfollati in villaggi dove le condizioni 
di vita sono spesso al di sotto degli standard abitativi stabiliti dalla legge, 
e addirittura di quelli utilizzati della Protezione Civile per disastri come 
inondazioni e terremoti. Giacomo Zanelli analizza le relazioni tra la 
speculazione edilizia e la localizzazione dei campi approfondendo i casi di Via 
di Villa Troili, via dei Gordiani e Camping Roman River, mentre Cecilia 
Sgolacchia fa un attenta analisi dei fondi investiti per costruire e gestire i 
campi e conclude che se fossero stati investiti in edilizia pubblica, oggi più 
di 8000 Rom potrebbero vivere nelle case popolari. 
Ma anche a Roma alcune buone pratiche hanno cominciato a manifestarsi. 
L'esperienza di Savorengo Ker raccontata da Azzurra Muzzonigro fa comprendere 
come i Rom del Casilino 900 sono stati in grado di produrre una loro risposta 
per il loro abitare, attraverso un processo di autocostruzione creativa 
inventato insieme a Stalker/Osservatorio Nomade e l'Università di Roma Tre, che 
ha dato vita a una casa in regola con le normative edilizie e che costa un terzo 
di un container. Mentre Francesca Broccia e Adriana Goni Mazzitelli raccontano 
dell'esperienza del Metropoliz, una ex fabbrica occupata da migranti provenienti 
dall'Africa, dal Sudamerica e dall'Europa dell'Est , che ha accolto diverse 
famiglie di Rom Rumeni che con grande consapevolezza politica hanno deciso di 
sottrarsi ai campi. Il Metropoliz, come il Dado di Torino, ci sembrano indicare 
una nuova strada capace di superare non solo il campo ma anche la logica 
monoculturale dell'abitare Rom fino ad oggi data per immutabile. Dalle queste 
esperienze, seppur molto diverse tra loro, si può desumere infatti un modello di 
"Condominio Interculturale" aperto ai Rom, ai migranti e a chi si trova in 
condizioni abitative precarie, ma anche a studenti fuorisede e giovani volontari 
in grado di accompagnare e sviluppare virtuosi processi di autocostruzione 
edilizia e autogestione sociale, per costruire insieme non più ghetti ma nuovi 
pezzi di città.
note:
1) La parola "apartheid" in africaans significa 
"separazione", comincia ad esistere di fatto quando nel 1909 il Regno Unito 
promulga il South African Act escludendo la popolazione nera dal processo 
decisionale di creazione dell'Unione Sudafricana ed entra in vigore come sistema 
di segregazione etnica nel 1948, quando il National Party vince le elezioni. Di 
"creeping apartheid" scrive Oren Yiftachel, Theoretical Notes on 'Gray Cities': 
The Coming of Urban Apartheid?, "Planning Theory" 2009, vol. 8, n. 1, pp. 
88-100. 
2) Federico Rahola, Zone definitivamente temporanee. I luoghi 
dell'umanità in eccesso, ombre corte, Verona 2003.
3) Giorgio Agamben, Homo Sacer. Il potere sovrano e la nuda 
vita, Einaudi, Torino 1995, p. 188.
4) Alessandro Petti, Arcipelaghi e enclave. Architettura 
dell'ordinamento spaziale contemporaneo, Bruno Mondadori, Milano 2007. Petti a 
pag 24 cita Aleksander Solzenicyn, Arcipelago Gulag, Mondadori, Milano 1974. " 
Arcipelago si incunea in un altro paese e lo screzia, vi è incluso, investe le 
sue città, è sospeso sopra le sue strade, eppure alcuni non se ne sono accorti 
affatto, moltissimi ne hanno sentito parlare vagamente, solo coloro che vi sono 
stati sapevano tutto."
5) Di frozen transiente scrive Zigmut Bauman, In the Lowly 
Nowervilles of Liquid Modernity, "Ethnography" vol. 3, N. 3, 2002, pp. 343-349; 
"una transitorietà congelata, un perpetuo, duraturo stato di temporalità, una 
durata fatta di tanti momenti rappezzati tra loro" in Zigmut Bauman, La società 
sotto assedio, Laterza, Bari 2003, p117. 
6) Michel Agier, Au bord du monde, les refugiés, Flammarion, 
Paris 2002, p.85.
7) Olivier Razac, Storia politica del filo spinato. La prateria, 
la trincea, il campo di concentramento, ombre corte, Verona, 2001, pp. 42-43: "I 
campi non sono costruiti per durare. In ogni caso non si tratta di edificare o 
fondare. Un campo, anche se immenso, non deve penetrare la memoria di un luogo, 
è lì senza esservi realmente, la sua furtività è dovuta al fatto che è solo 
appoggiato sulla terra, come una tenda che da un giorno all'altro può essere 
tolta."
8) Camillo Boano e Fabrizio Floris, Città nude. Iconografia dei 
campi profughi, Franco Angeli, Milano 2005, p.
9) Piero Brunello (a cura di), L'urbanistica del disprezzo. 
Campi rom e società italiana, Manifestolibri, Roma 1996
10) Krzysztof Wiernicki, Nomadi per forza. Storia degli 
zingari, Rusconi, Milano 1997.
11) Andrea Brazzoduro e Gino Candreva (a cura di): Stranieri 
Ovunque. Kalè, Manouches, Rom, Romanichals, Sinti… «Zapruder. Rivista di storia 
della conflittualità sociale» n° 19, 2009.
12) Leonardo Piasere, I Popoli delle discariche, Cisu, Roma 
1991.
13) Nando Sigona, Figli del ghetto. Gli italiani, i campi 
nomadi e l'invenzione degli zingari, nonluoghi libere edizioni, Divezzano 2002.
14) Nel 2008 il Governo Italiano presieduto da Romano Prodi ha 
dichiarato lo "stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità 
nomadi nel territorio delle Regioni Campania, Lazio e Lombardia" (prorogato ed 
esteso attualmente anche alle regioni Veneto e Piemonte) e i Prefetti di Napoli, 
Roma e Milano sono stati nominati dal Ministro degli Interni Giuliano Amato 
"Commissari Delegati per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al 
superamento dello stato di emergenza".
15) Nicola Valentino (a cura di), I ghetti per i Rom. Roma Via 
di Salone 323. Socioanalisi narrativa di un campo rom, sensibili alle foglie, 
Roma 2011.
16) Associazione 21 Luglio, La casa di carta. Il Centro di 
Raccolta Rom di via Salaria 971. Roma, rapporto presentato alla Facoltà di 
Architettura di Roma Tre il 30 maggio 2011. Tra i report presentati recentemente 
ricordiamo: Ass. 21 luglio: Esclusi e ammassati. Il Piano Nomadi di Roma: un 
muro che divide i bambini dai loro diritti; Ass. 21 luglio, Report Casilino 900. 
Parole e immagini di una diaspora senza diritti; Amnesty International, Lasciati 
Fuori. Violazioni dei diritti dei Rom in Europa; Amnesty International, La 
risposta sbagliata. Italia: il "piano nomadi" viola il diritto all'alloggio dei 
Rom a Roma.
17) Tommaso Vitale (a cura di), Politiche possibili. Abitare le città con i rom 
e i sinti, Studi Economici e Sociali, Carocci, Roma 2009. Nel campo delle 
politiche vedi anche: Tosi A., Cambini S., Sidoti S., Esperienze innovative per 
l'abitare di Rom e Sinti, in Atlante dell'alloggio sociale in Toscana, 
Fondazione Michelucci e Arci Toscana, Firenze 2006; Tosi A., Rom e Sinti: 
un'integrazione possibile, in Giovanna Zincone a cura di, Commissione per le 
politiche di integrazione degli immigrati. Secondo rapporto sull'integrazione 
degli immigrati in Italia, Il Mulino, Bologna 2000.
18) Lorenzo Romito, Oltre i campi. Note per una politica integrata di 
emancipazione abitativa, civile, culturale, economica e sociale dei Rom in 
Italia, a partire dal superamento dei campi nomadi, "Roma Time" n° 5, 2009, 
http://dl.dropbox.com/u/4394790/compl.pdf. Sul lavoro di Stalker /ON con i Rom 
vedi Francesco Careri e Lorenzo Romito, Roma, una città senza case, un popolo 
senza terra, in Aldo Bonomi (a cura di), La Vita Nuda, Triennale Electa, Milano 
2008, pp.105-115;
19) Si ricorda che la legge n.179 del 17 febbraio 1992, "Norme per l'Edilizia 
Residenziale Pubblica" nell' Art. 4. sotto il titolo "Quota di riserva per 
particolari categorie sociali" asserisce che le Regioni, nell'ambito delle 
disponibilità loro attribuite, possono riservare una quota non superiore al 15 % 
dei fondi per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di 
problemi abitativi di particolari categorie sociali individuale, di volta in 
volta, dalle regioni stesse. La Regione Lazio con la Legge 788 del 20 febbraio 
1996, nell' Art. 4.3 sotto il titolo: "Programmi per categorie speciali", 
menziona esplicitamente i Rom tra tali categorie a cui assegna una quota di ERP 
pari all' 11%. (Delibera 1105 del 1995).
20) Sono diverse le organizzazioni di volontariato e le associazioni che 
attualmente stanno abbandonando la gestione dei campi e della scolarizzazione 
per concentrarsi sul lavoro di accompagnamento fuori dai campi. Tra gli articoli 
presentiamo il caso della Piccola Carovana di Bologna, ma è utile ricordare 
anche il programma Le città sottili condotto dalla Fondazione Giovanni 
Michelucci nel 2007 per il Comune di Pisa.
21) In campo internazionale un quadro di riferimento di eccellenza si trova 
nelle linee guida attraverso cui l'OSCE - ODIHR e UN-Habitat recuperano gli 
insediamenti informali Rom nel sud-est europeo: 1 - Perimetrazione e 
legalizzazione degli insediamenti spontanei; 2 - Legalizzazione di parcelle e 
case singole, attraverso una mappatura qualitativa dello stato di fatto; 3 - 
Miglioramento e implementazione degli insediamenti esistenti con opere di 
urbanizzazione; 4 - Nuove costruzioni per affrontare i problemi abitativi non 
legalizzabili; 5 - Istituzione di processi partecipativi per sviluppare gli 
insediamenti nuovi ed esistenti. Vedi: Vladimir Macura, Housing, urban planning 
and poverty: problems faced by Roma/Gypsies communities with particular 
references to central and eastern Europe, CDMG, Consiglio d'Europa, Strasbourg 
1999; Vladimir Macura, Inclusion of Roma population through housing and 
settlements improvement, in : A.A., Four strategic themes for housing policy in 
Serbia, UN Habitat, SIRP, Belgrade 2006, pp.26-45.
22) Esempi validi sono quelli della microarea per i Sinti di Bressanone 
(Bolzano) e i villaggi di Guarlone (Firenze) e di Coltano (Pisa) progettati 
dalla Fondazione Giovanni Michelucci. Vedi: Corrado Marcetti., Tiziana Mori., 
Nicola Solimano (a cura di), Zingari in Toscana. Storia e cultura del popolo 
Rom. Zingari e comunità locali. I campi nomadi e l'urbanistica del disprezzo. 
Orientamenti per soluzioni abitative diversificate, Pontecorboli, Firenze 1994; 
Città di Bolzano, Fondazione Giovanni Michelucci, La città accogliente. Studio 
per un programma di superamento dei campi nomadi e delle situazioni di 
precarietà abitativa tra le popolazioni di Rom e Sinti a Bolzano, Bolzano 2005.
23) Oltre a quella del Dado di Torino e di Savorengo Ker a Roma, che qui 
riportiamo, si ricorda il Progetto Sperimentale di Autocostruzione "Il villaggio 
della speranza" del Comune di Padova, finanziato con fondi europei e 
coofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nel 2010.