Premessa: Articolo difficile da tradurre, come molti di quelli del 
Guardian, quindi scusate se ci sono delle imperfezioni (potete sempre leggerlo 
in
lingua originale). Da leggere, anche se lunghetto, perché è un giornale di 
solito serio, perché ci sono molte testimonianze di Rom in presa diretta, e 
ovviamente per capire come siamo visti all'estero, oltre i confini di una stampa 
nazionale cloroformizzata. Ci sono alcuni punti che non mi convincono, ad 
esempio l'immagine di maniera di Napoli e soprattutto di Scampia,  
descritte come si fosse in set televisivo o come se il giornalista giocasse a 
fare l'esploratore appena arrivato che trancia giudizi senza sapere di cosa 
parla. Fatemi sapere, se volete.
Fabrizio
Da
Roma_Italia
The Guardian
E' un'immagine che ha scioccato il mondo: due giovani Zingarelle sono 
rimaste adagiate morte per tre ore su una spiaggia italiana mentre, a pochi 
passi, una coppia spensierata faceva un piacevole picnic. Dan McDougall è andato 
nei campi Rom di Napoli per incontrare la madre delle due ragazze morte e ha 
trovato paura ed amarezza - ed un paese in pericolo di dimenticare il suo 
passato di estrema destra. 
Nelle foto:
dentro al campo
Dan 
McDougall 
The Observer, 
domenica 17 agosto 2008
 
Una giovane nel campo Rom illegale a 10 Km. da Pisa. Il campo è composto 
principalmente da Rom della Bosnia e del Kosovo. Photograph: Robin 
Hammond
Tirandosi i capelli l'un l'altro, i bambini Rom si azzuffano quando è il loro 
turno di passare i polsi scarni sopra le candele funerarie accese. Davanti allo 
stesso santuario Ortodosso, la loro nonna recita le preghiere al Signore in 
lamentosa lingua Romanì.
"Am Mora Dat con san ando cheri." Le parole lasciano la sua bocca con 
un bisbiglio mentre si fa il segno della croce e bacia un crocefisso d'oro che 
ha al collo. La bambina più piccola, non avrà più di quattro anni, fa la 
linguaccia e un gesto a V per vaffanculo e scappa fuori.
Il soffitto umido del prefabbricato di due stanze che gli Zingari chiamano 
casa sta per collassare. I fogli di cellophane alle finestre, guardano verso le 
pareti grigie del più malfamato carcere di Napoli, e sono così fragili vacillano 
nella debole brezza. Ci sono materassi dappertutto, per terra, appoggiati per 
proteggere dagli spifferi. Come i loro abitanti, sono sottili e lisi. L'unica 
concessione alla modernità è una gigantesca consolle nell'angolo, che fa 
fuoriuscire un DVD di registrazioni distorte di canzoni folk balcaniche. Il 
risveglio a cui stiamo assistendo nel più noto campo Romanì di Napoli è 
proseguito per 10 giorni. L'alcool è sparso per la stanza; nauseabondo straripa 
da tazze di plastica e bottiglie di Peroni, un bastardino mezzo cieco dorme 
adattandosi tra i resti di un migliaio di sigarette arrotolate.
Accanto ad un ritratto a seppia del riverito frate cappuccino, Padre Pio, una 
confusa stampa digitale della tredicenne Cristina e dell'undicenne Violetta Djeordsevic - 
le due sorelle la cui morte improvvisa nelle poco profonde acque di una spiaggia 
pubblica sulla costa amalfitana il mese scorso, hanno incapsulato la minaccia 
del razzismo nella moderna Europa. E' una tragedia che ha focalizzato 
l'attenzione internazionale sul bordo stracciato della più caotica città 
d'Italia. La gioventù e la bellezza delle ragazze nelle foto, stranamente, è 
come uno shock. Sinora, come molti, avevo visto soltanto i loro corpi prostrati, 
coperti da un corto telo da spiaggia, da cui fuoriuscivano soltanto i piedi, 
sulla spiaggia trasandata di Torregaveta, un decrepito sobborgo marino del golfo 
di Napoli.
La mattina del 17 luglio Cristina e Violetta, assieme alle loro cugine 
Manuela e Diana, erano andate come al solito dal misero accampamento in cui 
siamo seduti ad una delle spiagge di Napoli più popolari. Camminando per due 
miglia sino al più vicino mezzo di trasporto pubblico, e saltando a bordo del 
treno locale che fiancheggia le scogliere litoranee attorno alla città, le 
ragazze progettavano di vendere dei gingilli - piccole tartarughe di legno 
intagliate da migranti Nigeriani - ai turisti della baia. A Torregaveta, dopo 
una lunga e calda giornata senza vendite, le sorelline si sfidarono l'un l'altra 
tuffandosi dagli scogli in mare. Violetta saltò per prima e sparì, affondando 
tra le onde. Cristina, la più grande, si tuffò per salvarla. Sono annegate 
entrambe, una vicina all'altra.
Quello che è accaduto in seguito ha scioccato il mondo.
Le ragazzine sono state recuperate dal mare da un passante e più tardi 
dichiarate morte da un bagnino che ha prestato soccorso, mentre Manuela e Diana 
piangevano, battendo i loro piccoli pugni sui cadaveri.
Quando è arrivata la polizia, le loro cugine, turbate e sotto shock, sono 
state portate via per contattare i parenti. Sono stati usati due teli da 
spiaggia per coprire le due ragazze morte. Ed allora è successo qualcosa di 
straordinario.
La vita di spiaggia è ricominciata attorno ai corpi per tre ore sino a quando 
si è presentata un'ambulanza. Nell'immagine più toccante di tutte, una coppia 
mangiava con indifferenza il picnic osservando la scena. Un'altra lì accanto si 
lanciava un frisbee. L'indifferenza, ripresa da giornali e TV di tutto il mondo, 
è stata per l'elite liberale del paese la goccia che ha fatto traboccare il 
vaso. La più alta autorità cattolica a Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, è 
stato il primo a precisare la grettezza dei sentimenti umani rappresentati dal 
comportamento di Torregaveta. "Cristina e Violetta" ha detto ai media italiani, 
"non hanno trovato altro che pregiudizio nella vita ed indifferenza nella morte; 
una verità imperdonabile."
A Roma, il governo si ritraeva. Maestri della realpolitik, sapevano che le 
morti di Cristina e Violetta, entrambe nate in Italia, ma di sangue 
completamente Rom, era arrivata in un brutto momento per la nazione, costretta 
nei mesi recenti a difendersi dai vicini europei dalle accuse di discriminazione 
contro Zingari e immigrati. Il Primo Ministro Silvio Berlusconi, balzato al 
potere per la terza volta con un programma sottilmente travestito 
anti-immigrati, era nel mezzo di un programma controverso ma populisti di 
prendere le impronte ai 150.000 Rom del paese, alcune famiglie delle quali sono 
in Italia dal medio evo. Secondo alcuni critici è diventato impossibile 
sottacere i toni fascisti di queste azioni, e puntualizzano il fatto che le 
prime espulsioni di Zingari ebbero luogo nel 1926 sotto Benito Mussolini. Gli 
eredi politici del dittatore, i "post-fascisti" di Alleanza Nazionale, sono ora 
partner di coalizione del governo Berlusconi.
A maggio di quest'anno, voci di rapimento di una bambina da parte di una 
Zingara a Napoli, innescarono un orgia di violenza contro i campi Rom di 
delinquenti che brandivano mazze ferrate, che diedero fuoco alle roulotte e 
spinsero via gli Zingari dalle loro baraccopoli in dozzine di assalti, 
orchestrati dalla violenta e conosciuta mafia locale, la Camorra. La risposta 
del governo Berlusconi? "Questo è ciò che accade quando gli Zingari rubano i 
bambini," ha scrollato le spalle Roberto Maroni, ministro degli interni ed 
alleato chiave di Berlusconi.
Per i 10 milioni di europei liberamente etichettati come Rom o Zingari, la 
vita è una processione senza fine di marginalizzazione e pregiudizio. Rinchiusi 
in accampamenti in tutto il continente, si stima che l'84% dei Rom in Europa 
viva sotto la linea di povertà. Forse ancora più scioccante è la mancanza di una 
foto più dettagliata. L'indifferenza e la riluttanza ufficiali da parte dei Rom 
stessi significa che i dati sull'aspettativa di vita, mortalità infantile, 
occupazione e tassi di scolarizzazioni sono dispersi. Tuttavia tutti sembrano 
più bassi di quelli della società maggioritaria.
La difficile situazione dei Rom è stata parte della vita europea sin dalla 
loro misteriosa migrazione dal Rajasthan attorno all'anno 1.000dc. La regina 
Elisabetta I fu la prima che cercò di espellere i Rom dall'Inghilterra. 
L'imperatore tedesco Carlo VI ordinò il loro sterminio nel 1721. In parte dei 
Balcani, i Rom furono venduti come schiavi sino alla metà del XIX secolo. 
Nel XX secolo, centinaia di migliaia di Rom perirono nell'Olocausto nazista, 
conosciuto dagli Zingari come il Porrajmos o "Divoramento". Perché Rom come 
Cristina e Violetta sono nate a Napoli ha più a che fare con l'eredità moderna 
nei Balcani. Nei primi anni '90, migliaia di Zingari attraversarono l'Adriatico 
dopo lo scoppio dei combattimenti in Yugoslavia e la pulizia etnica in Bosnia. 
Per molti degli Zingari, la maggioranza dei quali erano immigrati illegali, la 
Napoli senza legge era il posto dove potevano sparire nel caos.
Sono le 6,30 del mattino nel centro storico coperto di graffiti della vecchia 
Napoli. Due giovani preti passano rapidamente su una vecchia Vespa giallo 
canarino, il motore scoppietta per le strade silenziose. Passando col rosso e 
fiancheggiando l'entrata barocca della cappella di San Lorenzo Maggiore, i 
seminaristi accostano e abbandonano lo scooter. Sono in ritardo per le preghiere 
del mattino. Sotto le strette stradine acciottolate, lontano sotto di loro, c'è 
il porto e il Mediterraneo azzurro.
Scintillando all'alba, le acque della baia si allungano a ovest, verso la 
massa scura del Vesuvio e di Campi Flegrei, i "campi brucianti", i terreni 
vulcanici che i Greci una volta pensavano fossero i cancelli dell'inferno.
Qui la mattina arriva lentamente. Gli anziani, le cui fronti spiegazzate sono 
bruciacchiate e incrinate come terra asciutta, sono i primi ad emergere, seduti 
su sedie di plastica bianca per le strade strette fuori dai loro appartamenti 
mentre il baccano delle mogli filtra all'interno e continua con le faccende 
domestiche mattutine.
Armati di acqua saponata e spugne, un gruppo stracciato di operai municipali 
cerca di rimuovere centinaia di manifesti apparsi in città nottetempo. "Diritti 
per tutti". "Bianchi, neri, gialli, rossi. Stop apartheid now," proclamano sotto 
crude immagini di impronte digitali. Sotto i nuovi manifesti giacciono altri 
vecchi sbiaditi che chiedono la deportazione di massa degli Zingari e degli 
immigrati di Napoli.
"L'Italia è divisa su queste ragazze, sul destino dei Rom. E' stata punta la 
coscienza della gente. Puoi vederlo sui muri della nostra città," dice Francesca 
Saudino, la nostra guida del primo mattino e attivista della campagna di difesa 
legale con base a Napoli, assieme a Osservazione, un gruppo nazionale di 
pressione per i diritti dei Rom. "La reazione alla morte di queste ragazze va 
oltre qualsiasi cosa mai accaduta prima. L'avvenimento ha mostrato un realismo 
sociale che parte da lontano nel nostro paese: molti della classe lavoratrice 
pensano che i Rom non siano di più che animali, ed il governo sta usando questa 
xenofobia per avere voti e popolarità. La gente è confusa. Le morti di queste 
bambine rappresenta qualcosa di più, forse una lotta per l'anima d'Italia."
Stiamo capitando a Scampia, la zona di edilizia popolare più dura e senza 
legge d'Europa. Il tassista, riluttante a portarci là, non è socievole. Ci ha 
caricati "tripli" e non si stanca di ammonirci, sputando fuori le richieste ad 
ogni semaforo tra il fumo della sua sigaretta.
Scampia è la patria delle malfamate torri conosciute come Le Vele, il posto 
dove molti tossicodipendenti di Napoli vanno in cerca di eroina, crack e cocaina 
meno costose d'Europa. Una terra di outsider e fuorilegge che vivono ai margini 
della società, il quartiere è anche la casa della maggioranza dei Rom della 
città. All'ingresso municipale della proprietà, con un cenno all'Inferno di 
Dante, qualcuno con una bombola spray di vernice rossa ha scritto"Abbandonate 
ogni speranza voi che entrate."
La nostra prima vista è una serie di automobili bruciate. Sembra di essere 
nel quartiere Farza di Kabul. Gli edifici sembrano assediati da un disastro 
naturale. La maggior parte degli ascensori sono rotti. Tubazioni rotte fanno 
fuoriuscire acqua ovunque e i cortili esterni sono coperti di immondizia sino al 
ginocchio. L'aria odora di pneumatici bruciati. Dagli appartamenti grigi dei 
palazzi multipiano, diverse sentinelle esplorano le strade per segnalare la 
polizia o squadre antidroga. Scampia è stata a lungo una base chiave per il 
braccio narcotico della Camorra.
Il nostro guidatore ci lascia nel mezzo di Via Cupa Perillo accanto alla 
carcassa di una Fiat Punto. Segna l'ingresso al "Campo Autorizzato", l'unico 
campo Rom ufficiale di Scampia - circa duecento roulottes e prefabbricati messi 
insieme su uno sputo stretto di terra, oscurati dalle mura del noto Carcere Di 
Secondigliano. E' il posto dove sono nate Cristina e Violetta e dove hanno 
passato tutta la loro vita.
"E' una palude recuperata," dice Francesca. "Circa 700 Rom vivono senza acqua 
potabile, bagni, fognature, raccolta dell'immondizia, riscaldamento a norma o 
posti dove cucinare."
Quando stiamo per entrare, i bambini stanno giocando accanto agli escremento 
fuoriusciti da una toilette comunale a cielo aperto. In piedi nel centro della 
strada mal asfaltata ci sta aspettando Miriana Djeordsevic, la madre delle due 
ragazze. Addobbata in nero con leggere pantofole di seta ai piedi, stringe 
l'ultima fotografia delle sue figlie. L'atmosfera intorno è tesa. Nei giorni 
precedenti la morte delle ragazze, la famiglia estesa di Miriana era stata 
obbligata a fornire le impronte alle autorità. Nelle recenti settimane, i gruppi 
Rom di qui avevano protestato, indossando i triangoli neri che erano il segno 
che gli Zingari erano obbligati a portare nei campi di concentramento.
In casa di Miriana, ci viene offerta della vodka, versataci da un uomo 
tatuato coperto da catene e braccialetti d'oro. Ghignando attraverso i denti 
anneriti non offre presentazioni. La maggior parte delle donne di questo campo 
lavora come giornaliere nell'agricoltura, le altre, le anziane e i bambini, 
mendicano. Ma qualcuno degli uomini conduce uno di più grande traffici di 
automobili rubate dell'Italia meridionale. Altri, più nascosti, guadagnano dal 
vendere droga e violenza. Guardandosi attorno nella stanza è chiaro che questa 
economia in nero non produce benessere o salute o lusso, solo simboli di potere, 
salute ed avanzamento sociale tra gli uomini. I loro bambini semi-nudi e le 
moglie sembrano come donne e bambini nell'Africa sub-sahariana.
"Le ragazze sono annegate nel mare," mi dice fermamente Miriana. "Ci sono 
state chiacchiere sui giornali, che sono state uccise, che non c'è stato 
funerale. Sono annegate in mare, giocando innocenti com'erano. Il vero crimine è 
cosa è successo attorno a loro. Quella gente al mare, ha ignorato le bambine, 
come se fossero cani bagnati dal Mediterraneo. Le mie figlie non erano 
sotto-umane."
Miriana mi porge un'altra fotografia di Violetta. Posa con un vestito rosa 
crespato. "Voleva diventare ballerina. Non voleva andare a scuola. Voleva solo 
essere bella. Cristina aveva una cattiva influenza su Violetta.. Non le piaceva 
la scuola. Odiava vivere nel campo. La nonna ha detto che cercava solo di 
trovare il suo posto da qualche parte, ma non sarebbe diventata una donna forte. 
Aveva la voglia e la determinazione. Soprattutto voleva poter andare nei negozi 
della città, scegliere i vestiti senza essere cacciata dalla polizia. Ritagliava 
i vestiti dalle riviste e sopra vi incollava la sua testa. Era il suo modo di 
scappare. Violetta guardava solo. Adorava la sua sorella grande."
"Nei giorni seguenti la loro morte, un prete cattolico ci ha visitato e s'è 
scusato per la gente alla spiaggia, dicendo che non avevano capito la 
situazione. Gli ho chiesto perché gli Italiani ci odiano, perché guardavano i 
corpi delle due ragazze morte spalmandosi la crema solare e non ho avuto 
risposte. Ha pianto e mi ha detto che anche i Rom sono figli di Dio. Gli ho 
detto che non sembrava. Siamo quelli che gli Italiani rimproverano per la 
povertà fuori dal campo. Quella è colpa loro, non nostra, non delle mie figlie."
Miriana ha a malapena 30 anni, ma sembra di dieci più vecchia. Si è sposata a 
14 e madre di cinque nei primi vent'anni, è scappata da giovane al confine 
serbo-bosniaco, sperando in una nuova vita in Italia. Tre dei suoi figli 
sopravissuti non sono andati a scuola. Il più piccolo non ha il certificato di 
nascita. Loro semplicemente non esistono. Una delle ultime cose che fecero a 
Cristina e Violetta fu prendere loro le impronte. "Cristina e Violetta diedero 
le impronte poco prima di morire. Violetta era sconvolta. Corse fuori e iniziò a 
piangere. Pensava che la polizia fosse venuta per portarla via. Cristina era 
arrabbiata e fregò l'inchiostro dalle dita. Aveva capito tutto. Sapeva che 
eravamo trattati da animali. E' morta sapendo che non aveva speranze di una vita 
migliore."
Più tardi, mentre camminavamo attorno al campo, abbiamo incontrato sguardi 
intimidatori. Un uomo ha sputato ai miei piedi. La presa delle impronte, parte 
di più vasti severi provvedimenti verso i 3,5 milioni di recenti immigrati 
economici, ha portato un atmosfera di retorica isteria sul crimine e la 
sicurezza, e lasciati i Rom più amareggiati di prima. Le organizzazioni 
cattoliche dei diritti umani hanno condannato la presa delle impronte agli 
Zingari come "evocante ricordi spaventosi" della persecuzione nazista. Il capo 
rabbino di Roma ha insistito questa settimana che "dev'essere fermata ora". Amos 
Luzzato, ex capo dell'Unione Italiana delle Comunità Ebraiche, ha detto che la 
politica delle impronte ricorda "i giorni in cui non potevo andare a scuola, e 
la gente mi indicava dicendo -Guarda mamma, è un Ebreo-. Questo è un paese che 
ha perso la sua memoria."
Ma Massimo Barra, capo della Croce Rossa Italia, che ha monitorato il 
processo, settimana scorsa ha insistito che lo scopo era di integrare i Rom 
nella società italiana. Se ai bambini verranno prese le impronte, sarà fatto 
"come un gioco", ha detto. "Stiamo costruendo ponti, non muri."
Ufficialmente, le ragioni del programma delle impronte appare abbastanza 
semplice: permetter al governo di compilare un censimento accurato ed assicurare 
che i bambini zingari vadano a scuola. Ma i gruppi dei diritti umani sono 
preoccupati. Come parte delle misure anti-immigrazione, il primo ministro ha 
anche istituito commissari speciali che "trattino" con gli Zingari nelle tre 
maggiori città - Napoli, Milano e Roma.
Secondo Francesca Saudino, la presa delle impronte è al cuore dell'angoscia e 
del disincanto provato dai Rom. "La destra italiana rimprovera ai Rom la maggior 
parte dei crimini da strada, in particolare sui bambini mandati dagli adulti a 
rubare," ci ha detto. "Questa è un'inesattezza isterica. Si stimano 152.000 Rom 
nei 700 campi in Italia ed il Ministro degli Interni spera di smantellarli 
tutti. Il 30% hanno la cittadinanza italiana, ma il resto sono migranti, molti 
dalla Romania e dai Balcani. Sospettiamo che gli Zingari vengano identificati 
solo così da essere espulsi."
Ha aggiunto: "Un terzo dei bambini napoletani non va a scuola del tutto o 
deve ripetere l'anno. L'analfabetismo qui è a livelli di Terzo Mondo. I bambini 
che vivono nelle periferie, nei quartieri spagnoli e a Piscinola, San Giovanni 
a Teduccio, Poggioreale, Secondigliano e Torre del Greco, sono tutti uguali, 
odiano la scuola, i loro maestri e la selettività del sistema. Odiano anche 
l'Italia e gli Italiani. Molti sono figli di immigrati Russi, ma non vengono 
loro prese le impronte o trattati da fuorilegge. Non si può avere una legge per 
i Rom e una legge per chiunque altro."
Al centro dell'argomento, secondo i gruppi dei diritti umani, ci sono diversi 
politici chiave . Uno di loro è Umberto Bossi, capo della Lega Nord, un piccolo 
partito di ex fascisti rinnovati, forze anti immigrati e tradizionali 
conservatori. Bossi è emerso come influente, il giocatore chiave nel ritorno di 
Silvio Berlusconi al potere durante le recenti elezioni e molti ritengono 
continuerà a fare la voce grossa. A Bossi e ad altri tre membri del suo partito 
sono stati offerti posti nel nuovo gabinetto, incluso il Ministero degli 
Interni, che sorveglia la politica e la sicurezza domestica. Bossi è quello che 
una volta sostenne di voler sparare ai battelli che portavano gli immigrati 
sulle coste italiane.
La Lega Nord è apparsa nei primi anni novanta come il partito che richiedeva 
la secessione dell'Italia del nord più agiato dal resto del paese. Il partito in 
questi giorni ha abbassato i toni della retorica secessionista. Invece, chiede 
una maggiore autonomia e la "devoluzione" dei poteri dal governo centrale alle 
regioni. Bossi è stato nominato Ministro delle riforme nel nuovo governo, una 
piattaforma ideale per cambiare la legge e dare più autonomia al nord.
Un altro gabinetto è andato al folcloristico Roberto Calderoli della Lega 
Nord, ricordato per essere apparso in TV con una T-shirt blasonato di una 
vignetta del profeta Maometto, e per organizzare parate con maiali dove i 
musulmani vorrebbero costruire una moschea. L'altro principale alleato di 
Berlusconi al governo è Alleanza Nazionale, un partito formato dai successori 
fascisti di Mussolini. Il suo leader, Gianfranco Fini, che ha lottato per 
distanziarsi dal suo passato neofascista, è diventato presidente della Camera 
dei Deputati.
Tuttavia Giuliano Ferrara, ex ministro per i rapporti con il Parlamento del 
primo governo Berlusconi ed ora redattore prominente ed opinionista TV, reclama 
che la crescita della destra è un mito. "Era interamente prevedibile che una 
volta che Berlusconi fosse tornato al potere, sarebbe apparso un coro greco per 
ammonirci tutti che la democrazia italiana era in pericolo, che l'Italia voleva 
introdurre le deportazioni di massa e i campi di concentramento," ha detto. "In 
realtà, le violenze contro immigrati e Zingari sono state limitate." Il vero 
problema," dice Ferrara, è che l'Italia, più di ogni altro paese in Europa, ha 
dovuto far fronte con un afflusso di immigrati che finiscono a vivere in povertà 
ai margini delle città - i margini dove vivono i più poveri. Non c'è 
persecuzione etnica in Italia," insiste Ferrara. "Fare confronti con quanto 
successe agli Ebrei, che furono sterminati, è irresponsabile."
Ironicamente, l'Europa si presume sia nel mezzo del "Decennio dell'Inclusione 
Rom", un progetto lanciato dalla UE nel 2005 quando i governi dei paesi con la 
più vasta popolazione Rom - Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, 
Macedonia, Montenegro, Romania, Serbia and Slovacchia - concordarono di 
eliminare il divario nell'istruzione, impiego, salute e alloggio. Chiedete agli 
stessi Zingari, vi diranno che ha avuto scarsi effetti sulle loro vite. L'Open 
Society Institute, fondato dal miliardario
George Soros, che ha largamente appoggiato i Rom, disse in un recente 
rapporto che molti governi vedevano la risposta al problema Rom intermini di 
"misure sporadiche" più che di politiche coerenti. Quando gli fu chiesto 
qual'era il cuore del problema, un membro del Parlamento Europeo rispose: 
"Guarda. Noi vogliamo aiutarli. Non manchiamo di leggi o di soldi. Il problema è 
la volontà politica in paesi come l'Italia e, ultimamente, gli stessi Rom - 
molti non vogliono essere parte della società, anche se la società sta tentando 
di aiutarli. Non c'è fiducia, solo amarezza e scetticismo. Nel caso dell'Italia, 
da ambo le parti."
"Mi chiamo Veronica Selimovic e sono italiana," piange la piccola zingara a 
piedi nudi mentre salta agilmente tra il fango e le pozze d'olio nel Campo 
Nomadi Aurelia ai margini di Roma. I giovani stanno tra i relitti delle 
automobili e carrozzerie arrugginite, fumando sigarette di contrabbando. 
Tutt'intorno a noi ci sono pneumatici bruciati, cartucciere, preservativi. Gli 
Zingari sono agitati. Sembrano pronti a partire nel mezzo della notte, dicono 
per una buona ragione. La figura politica che ora presiede sui loro campi, è 
Gianni Alemanno di Alleanza Nazionale, che ad aprile è stato eletto sindaco di 
Roma. Come ha assunto la funzione, i suoi supporter hanno fatto il saluto 
romano, cantando "Duce, Duce".
Maneggiando una fotografia in bianco e nero di suo padre, gli occhi 
glaucomici della sessantenne Satka Selimovic lacrimano mentre lei ricorda la sua 
vita ai margini della società italiana. "Sono nata in Italia, vicino a Venezia, 
dopo la II guerra mondiale. La mia famiglia pensava che la vita ci avrebbe 
offerto una seconda possibilità. Ho raccontato la stessa cosa ai miei bambini, 
che la vita sarebbe cambiata in meglio e loro lo raccontano a Veronica, la mia 
nipotina. La gente dice che siamo astiosi e da rimproverare perché di 
auto-isoliamo, ma noi diciamo ad ogni nuova generazione di Rom che saranno 
inclusi ed accettati, ed ogni volta assomiglia a un tradimento."