CONTRO LE RONDE DEI VIGLIACCHI E IL SILENZIO DEI FARISEI 
UNA CAMPAGNA PER UNA COMUNITÀ CIVILE E ACCOGLIENTE
Il rogo dei campi rom a Napoli, le molotov contro i campi di Pavia, i raid 
contro attività commerciali di extracomunitari, le sprangate a un militante gay 
di Roma, la sassaiola contro una madre e una bambina sinte di Brescia, 
l’immigrato morto per mancanza di soccorso nel CPT di Torino, mentre le città 
d’Italia sono percorse da ronde di tutti i colori, sono solo alcune delle tante 
e diverse punte dello stesso mostruoso iceberg che avvelena il nostro Paese: 
l’insofferenza diffusa contro il diverso, l’immigrato, lo zingaro ha assunto i 
connotati espliciti della xenofobia e del razzismo.
Questo è il portato di campagne elettorali tutte all’insegna di una insicurezza 
costruita gridando a un lupo senza denti, che scarica sul più debole il 
malessere di una società percorsa da un disagio sociale e morale profondo, 
grande responsabilità del quale tocca a una politica che rinuncia al compito di 
educazione civile per seguire gli istinti peggiori in un perverso circuito 
vizioso: la politica, con il coro condiscendente dei media, alimenta la paura 
dei cittadini che premiano con il voto questa politica.
Questa nuova Italia che criminalizza per decreto la povertà, l’Italia della 
violenza contro gli ultimi, del pregiudizio elevato a verità (gli zingari rubano 
i bambini), della giustizia fai da te dovrebbe invece far riflettere sul lungo 
decorso della malattia della nostra società e sulle preoccupanti prospettive del 
suo futuro. Non si può non legare i Maso, le Eriche e gli Omar, che uccidono i 
genitori per denaro, ai ragazzini che violentano e uccidono una coetanea, al 
branco che uccide un diverso da loro a Verona, al bullismo nelle scuole, alla 
violenza praticata nelle famiglie. 
L’angoscia che ci prende di fronte a questo scenario e al clima che ci riporta 
all’ancora recente passato della nascita, della vita e della morte apparente dei 
regimi fascista e nazista è dovuta anche al silenzio farisaico di chi 
sottovaluta questi processi o addirittura pensa che bisogna assecondarli per 
recuperare un consenso politico perduto per ben altre ragioni. Ma soprattutto ci 
pesa vedere il volto vile di un paese malato. Coloro che aizzano i cani, 
lanciano molotov e sassi, percorrono in ronde minacciose le città, i sindaci che 
annunciano nei cartelloni luminosi dei loro borghi che “i clandestini possono 
stuprare i tuoi figli” sono il volto vigliacco di chi non è capace di guardare 
al male che porta dentro di sé, di chi rifiuta di affrontare la camorra che a 
Napoli controlla i rifiuti e organizza i roghi dei campi rom, la mafia che 
controlla la vita e il voto dei siciliani, l’andrangheta che non solo è padrona 
del territorio calabrese ma di interi quartieri di città come Milano.
Noi riteniamo decisivo che qui, il territorio che con il rogo di Opera ha 
inaugurato la caccia al rom e la sua contropartita politica, ci sia una risposta 
di mobilitazione contro questa degenerazione. Una risposta che avvii il lungo e 
difficile lavoro per riportare nella città e nei quartieri il senso di una 
comunità che considera la legge uguale per tutti e protegge chi cerca 
accoglienza e dignità. Un percorso da costruire insieme con tutti coloro - forze 
politiche e sociali, cittadini, senza pregiudizi di schieramento - che ritengono 
necessario riportare il dialogo nelle realtà concrete del malessere, non 
lasciare soli gli ultimi della terra, confrontarsi con le radici del disagio 
sociale e insieme costruire le ragioni e i valori della cittadinanza per tutti.
Paolo Cagna Ninchi, Dijana Pavlovic
Per adesioni: dijana.pavlovic@fastwebnet.it