Rom e Sinti da tutto il mondo

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Desideri, disperazioni e voglia di normalità dalla periferia più periferica.

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 

Milano 25/5/2011 -I giudici sono stati i primi obiettivi della campagna elettorale delle destre a Milano, i cittadini stranieri, come prevedibile, sono invece l'obiettivo del secondo turno.

In particolare i cittadini Rom sembrano avere un posto d'onore nella campagna elettorale del Sindaco uscente: la città è stata tappezzata di manifesti dove si paventa il rischio che Milano diventi una "zingaropoli".

Anche i cittadini italiani e stranieri di fede musulmana non sono comunque stati dimenticati e il Presidente del Consiglio ha dichiarato che Milano potrebbe diventare una "zingaropoli islamica" con la più grande moschea d'Europa.

"Di fronte al contenuto altamente discriminatorio dei manifesti e delle dichiarazioni di questi giorni nei confronti dei Rom, una minoranza protetta ex lege e dei cittadini italiani e stranieri di fede musulmana, abbiamo presentato stamani, ai sensi del D.Lgs. 215/2003 e del D.Lgs. 286/1998, un ricorso al Tribunale Civile di Milano contro la Lega Nord e il Popolo della Libertà" dichiara l'avv. Pietro Massarotto presidente del Naga, "Abbiamo denunciato il linguaggio e i contenuti altamente discriminatori delle affissioni e delle dichiarazioni, ma anche il fatto di aver utilizzato l'esistenza stessa di cittadini stranieri e Rom come fattore di paura sociale." Prosegue il presidente del Naga, "Proviamo a sostituire alcuni termini utilizzati nella cartellonistica della Lega Nord con altri relativi ad altri gruppi sociali e/o minoranze: "Milano giudeopoli con Pisapia" "Milano finocchiopoli con Pisapia" oppure "La più grande chiesa cattolica/sinagoga d'Europa", cosa sarebbe successo? Abbiamo pensato che fosse urgente intervenire e cercare di porre argini ad un processo di normalizzazione della discriminazione chiedendo al giudice, con provvedimento di urgenza, la rimozione dei manifesti e la cancellazione dai siti di queste inaccettabili dichiarazioni", conclude Massarotto.

Augurandoci di vedere una città dove tutte le minoranze saranno accolte, tutelate e valorizzate, come Naga continueremo a dare assistenza a chiunque e a denunciare ogni forma di discriminazione.

Info: naga@naga.it - 349 16 03 305 – 02 58 10 25 99

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Di Fabrizio (del 27/05/2011 @ 09:47:07, in media, visitato 1591 volte)

GIOVANNA ZINCONE

Per buonismo si intende quell'insieme di lassismo e di eccessive generosità a favore di minoranze svantaggiate. Chi usa il termine - ovviamente per biasimarne la pratica - mai lo utilizzerebbe a proposito di lassismo o eccessive generosità a favore di appartenenti alla maggioranza, specie alla componente benestante, come i condoni fiscali o edilizi.

Il buonismo, considerato appannaggio del centrosinistra, di fatto lo attraversa come un'incrinatura, perché non pochi dei suoi esponenti lo ritengono responsabile delle proprie sconfitte elettorali. Al contrario, quando provvedimenti simili, come le regolarizzazioni di massa di immigrati, sono varati da governi di centrodestra non si parla mai di buonismo, né se ne paventano i costi elettorali. Ma un'incrinatura di segno opposto attraversa pure il centrodestra.

Infatti lì c'è chi punta sul «cattivismo», cioè sul fare ricorso ai cattivi sentimenti e alla faccia feroce, pensando anche che, rispetto alla banalità del bene, le attitudini da spiriti robusti esprimano una superiore intelligenza.

Può darsi che questa tattica continui a spostare un po' di voti nell'immediato, ma produce pesanti contraddizioni interne e costringe a vistose retromarce. La campagna elettorale milanese esemplifica bene i problemi del cattivismo. Il candidato Pisapia è accusato di voler consentire la costruzione di una moschea. Intanto il nostro Paese ha ottenuto un seggio alla Commissione straordinaria per la tutela e la protezione dei diritti umani dell'Onu e il ministro Frattini, non arruolato tra i cattivisti, ha dichiarato che «l'Italia intende farsi portatrice di una visione dei diritti umani improntata ad alcuni temi prioritari» e ha citato come primo obiettivo «la promozione della libertà di religione e di culto». È lecito chiedersi se questa priorità debba valere anche nel nostro Paese, nella città di Milano.

Poter usufruire di luoghi di culto adeguati è un elemento essenziale della libertà religiosa. Lo hanno ribadito, proprio a proposito del progetto di moschea milanese, il cardinale Tettamanzi e, a nome della Conferenza episcopale, il segretario generale monsignor Cruciata. Si tratta di una reazione prevedibile, perché sarebbe contraddittorio per chi rivendica questo diritto per le minoranze cristiane nel mondo, come fa giustamente la Chiesa cattolica, negarlo ai musulmani che stanno da noi. A tale banale argomentazione, il «lucido» cattivismo ribatte che le moschee sono sedi di terrorismo, mentre le chiese non lo sono e non lo sono mai state. Bisogna però ricordare che in un passato non remoto i papisti venivano considerati nel mondo protestante come pericolosi sovversivi; quanto ai rischi di trame islamiste si deve osservare che, se e quando le moschee fossero pure focolai del terrore, avrebbero il vantaggio, già sperimentato, di essere facili da monitorare e infiltrare. Di norma, però, oltre a essere luoghi di culto, erogano e facilitano l'accesso ai servizi, quindi sono potenziali strumenti di integrazione. Talora fungono persino da ponti tra culture, in particolare lo sono proprio le grandi moschee come quella di Parigi, che ha favorito l'emergere di un Islam francese non prigioniero del fondamentalismo.

Per il cattivismo un bersaglio ancora più facile dei musulmani è rappresentato dai rom e sinti, minoranza piuttosto impopolare, per la verità non senza qualche fondato motivo. Ed ecco che la campagna elettorale milanese propone puntualmente l'incubo della metropoli lombarda trasformata in zingaropoli. Lo sprovveduto candidato buonista vorrebbe niente meno che trovare una sistemazione abitativa per i rom, magari coinvolgendoli nella costruzione dei loro alloggi. La strategia dell'autocostruzione, dove è stata provata come nel caso Dado in Piemonte, ha avuto un buon successo. Alla base di questa come di altre misure di integrazione dei rom c'è l'idea che aiutarli ad avere una vita decorosa serva anche all'intera comunità: a liberare forza lavoro (oggi il tasso di disoccupazione tra i rom supera il 70 per cento), a drenare un fertile terreno di devianza. L'istruzione è comunemente considerata lo strumento principe dell'integrazione, e quella rom è una minoranza fatta di moltissimi ragazzi e bambini in età scolare. Da una recente rilevazione campionaria della Croce Rossa emergeva che quasi il 43 per cento dei rom aveva meno di sedici anni e che oltre il 29 per cento era sotto gli 11. Per minori che vivono in campi igienicamente disastrati, non collegati con mezzi di trasporto, l'istruzione è un'impresa. Infatti sono particolarmente alti tra i rom gli abbandoni scolastici e i ritardi. Sui bambini, anche i cattivisti sono costretti al cordoglio quando qualcuno brucia o soffoca in catapecchie o camper riscaldati con la carbonella. Tutti concordano sulla necessità di trovare alternative ai campi fatiscenti. E, al di là della retorica feroce esibita sotto elezioni, chiunque assuma posizioni di governo, al centro o in periferia, di fatto deve affrontare il problema e, a prescindere dal partito o dalla coalizione di appartenenza, lo fa. Magari non subito, perché appena arrivato al potere deve pagare la cambiale emessa ai suoi elettori, e per farlo smantella campi senza troppo giudizio. Ma poi deve pensare a dove destinare decentemente i loro abitanti, quindi investe risorse. Ci sono anche fondi europei disponibili per integrare i rom. Il commissario Ue Andor, responsabile per l'occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, ha espressamente invitato gli Stati membri a utilizzare i fondi strutturali per migliorare le condizioni di vita di queste minoranze. L'Italia ne utilizza ancora pochi, ma più per difficoltà burocratiche che per avversione ideologica. Comunque, amministrazioni e governi non solo di centrosinistra, ma anche di centrodestra, stanziano, assegnano e spendono fondi per rom e sinti. La commissione straordinaria per la tutela dei Diritti umani del Senato ha prodotto un importante documento conoscitivo sulla condizione dei rom e sinti approvato all'unanimità. Se ne consiglia la lettura.

Nella fase preparatoria la commissione ha compiuto varie audizioni. In una di queste il prefetto di Roma Pecoraro ha dichiarato: «Ad oggi abbiamo potuto disporre complessivamente di circa 32 milioni di euro (…). Nello specifico i fondi erogati dal ministero ammontano complessivamente a 19 milioni e 447.000 euro, quelli della Regione Lazio a 5 milioni e i fondi messi a disposizione dal Comune di Roma sono pari a circa 7 milioni e 900.000 euro».

Insomma, anche coloro che in campagna elettorale demonizzano stanziamenti in bilancio per rom e sinti, quando devono amministrare sul serio destinano denaro pubblico per farlo. Viene il dubbio perciò che il cattivismo sia, alla fin fine, anche più impraticabile e irrealistico del buonismo. Certamente è più antipatico.

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Di Fabrizio (del 28/05/2011 @ 09:33:55, in lavoro, visitato 1661 volte)

Segnalazione di Maria Gabriella De Luca

 da Repubblica

Si trova in via della Seta, tra Roma e Ciampino, e a lavorarci sono solo donne rom: e' la lavanderia gestita dalla cooperativa Baxtalo Drom, un'iniziativa nata quattro anni fa che rischia, oggi, di dover chiudere i battenti. Perché sopravvivere in tempi di crisi economica è difficile. E lo e' ancor di più per le cooperative che danno lavoro ai rom

di Livia Parisi

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Di Fabrizio (del 29/05/2011 @ 09:39:01, in casa, visitato 1512 volte)

Quattro miliardi di lire del 1997. Questa, secondo il Corriere della Sera, la cifra che la giunta di Milano di centrodestra voleva investire per "un villaggio organizzato di tutto punto, dalle piazzole per le roulotte con allacciamenti per la luce e per il gas, ai campi di calcio". In favore di chi e di che cosa? Ma dei nomadi, no? Chi altri?

"E' la prima volta che Milano cerca di risolvere con grande dignità e finanziamenti cospicui il problema dei nomadi, tuttora sparsi in campi obsoleti ai margini dei quartieri periferici", dichiarava il vicesindaco Riccardo De Corato (e il Corriere specificava: "con orgoglio").

Altro che il programma del Pisapia candidato sindaco della sinistra: un "autentico stupidario" che, secondo le parole dello stesso De Corato, in versione aggiornata 2011, "dietro l'ambigua parola 'autocostruzione' intende dare case cascine ristrutturate a tutti i rom abusivi".

"Milano il Paese di Bengodi. Ha ragione Bossi, la città sarà zingaropoli", tuona oggi De Corato. Vuoi mettere con Nomadopoli, quel villaggio organizzato di tutto punto, auspicato dalla sua collega Ombretta Colli nel 1997?

Il vice sindaco e assessore alla Sicurezza, candidato al Consiglio Comunale di Milano come secondo capolista per il Popolo della Libertà, continua prevedendo catastrofi: "A Milano 6.500 se ne sono andati grazie a oltre 500 sgomberi. Ora ne rimangono 1500. Ma con quella lauta prospettiva faranno immediata marcia indietro. La voce correrà fino in Romania dove i rom sono 2 milioni. Che dunque busseranno alla porta per avere anche loro una casa o un rustico tutto per loro". "A questo punto - aggiunge De Corato – è interessante sapere in quale quartiere sorgerà questa immensa zingaropoli. Dove verranno costruite queste palazzine per i nomadi, quali sono le cascine dove troveranno posto rom romeni, sinti siciliani e spagnoli con camper e roulotte".

Eh sì, qui è la voce dell'esperienza che parla. Forse De Corato ricorda ancora i cittadini di Rozzano che si erano messi di traverso perché quel villaggio perfetto, vicino a casa loro, non lo volevano proprio.

"Il sindaco Pds di Rozzano boccia il campo Rom al Gratosoglio" titolava il Corriere. Sì, il sindaco Pds, la signora Maria Rosa Malinverno, una pericolosa estremista, che fece addirittura un ricorso al Tar contro quella Nomadopoli detta anche "Villaggio Lambro meridionale", fiore all'occhiello delle politiche sociali della giunta Albertini.

"Rozzano sta esagerando, dimentica che il terreno è di Milano. Noi chiudiamo due villaggi dove i nomadi erano in condizioni disperate e ne apriamo un altro dove vivranno dignitosamente" aveva risposto l'assessore Ombretta Colli. "Poi, certo, capisco i disagi e le proteste dei cittadini: hanno perfettamente ragione. Ma le leggi sui nomadi e i clandestini non le facciamo noi".

Poi le fecero loro.

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Di Fabrizio (del 30/05/2011 @ 09:39:19, in Europa, visitato 1463 volte)

Da Hungarian_Roma

25/05/2011 - Saranno da compensare tre persone rom ingiustamente condannate per il tentato omicidio di una famiglia nel 2008. Alla fine del 2008, qualcuno gettò tre molotov contro la casa di una famiglia rom nel villaggio di Tarnabod dell'Ungheria nord orientale. Fu a rischio la vita di quattro persone, ma fortunatamente non morì nessuno. La polizia arrestò quattro giovani rom e li accusò di tentato omicidio.

Successivamente i giovani furono condannati e passarono 11 mesi in prigione. Nel frattempo, la polizia arrestò i veri colpevoli di quell'attacco e di altri commessi contro altre famiglie rom. In totale morirono sei persone per quella serie di attacchi anti-Rom.

La decisione di compensare i giovani innocenti è stata presa dalla corte distrettuale di Heves nella città di Eger.I giovani riceveranno un risarcimento per l'importo di diversi milioni di fiorini ungheresi.

ih, translated by Gwendolyn Albert

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Di Fabrizio (del 31/05/2011 @ 09:37:21, in conflitti, visitato 2111 volte)

Da Roma_und_Sinti

Una donna si prende cura di sua figlia in un campo sinti in Germania [Photograph #33335] - United States Holocaust Memorial Museum

 Nella foto (QUI l'originale ndr) Theresia Seibel con sua figlia Rita. Alla finestra la zia del donatore, Nelka.

Date: 1946 - 1946
Locale: Wuerzburg, [Franconia] Germany
Credit: United States Holocaust Memorial Museum, courtesy of Rita Prigmore
Copyright: United States Holocaust Memorial Museum

Rita Reinhardt Seibel (ora Prigmore) è la figlia di Gabriel e Theresia (Winterstein) Reinhardt. Lei e sua gemella, Rolanda, nacquero il 3 marzo 1943 a Wuerzburg, dove i loro genitori lavoravano entrambe nel teatro cittadino. Gabriel (nato nel 1913) era originario di Marbach. Aveva per un certo periodo studiato musica al conservatorio di Stoccarda. Assieme ai suoi quattro fratelli, Gabriel aveva suonato in una banda e gestiva un'impresa di riparazione di violini. Precedentemente Gabriel aveva sposato un'altra donna, da cui aveva avuto un figlio, Rigo. La prima moglie di Gabriel venne deportata all'inizio degli anni '40, e poco dopo, lui venne informato della sua morte ad Auschwitz. Theresia (nata nel 1921) era di Mannheim. Da giovane frequentò la scuola in un convento e a 16 anni entrò nel teatro cittadino di Wuerzburg come cantante e ballerina. Nel 1941 diversi membri della famiglia di Theresia furono portati nel quartiere generale della Gestapo, dove furono costretti a firmare moduli di autorizzazione alla sterilizzazione. Vennero minacciati di deportazione in caso di rifiuto.

Prima di essere sterilizzata, Theresia aveva consapevolmente deciso con Gabriel di rimanere incinta. Quando venne chiamata per la procedura, era in attesa di tre mesi di due gemelle. Quando gli igienisti razziali lo scoprirono, lei e la sua famiglia vennero arrestati, mentre si contattò Berlino per decidere sul da farsi. La risposta fu che a Theresia doveva essere permesso di continuare la gravidanza, a condizione che i bambini venissero inviati, a nascita avvenuta, alla clinica dell'università di Wuerzburg. Lì c'era il dottor Werner Heyde, professore di neurologia e psichiatria, e membro chiave del programma di eutanasia nazista, che conduceva ricerche sui gemelli. A quanto pare, anche il dottor Joseph Mengele aveva un interesse personale sui gemelli di etnia sinti. Nel corso della gravidanza, Theresia e Gabriel erano sotto sorveglianza costante.

Non avendo più il permesso di lavorare al teatro della città, Theresia prese un lavoro come usciere e Gabriel andò a fare il fattorino per una compagnia farmaceutica. Le gemelle nacquero alla presenza del dottor Heyde. Avevano brevi pause a casa con i loro genitori, ma la maggior parte del tempo erano confinate in clinica. In un'occasione, le gemelle furono lasciate ai genitori per un servizio fotografico di propaganda sui genitori sinti, per passeggiare con le bambine lungo la Domstrasse a Wuerzburg. La seconda settimana di aprile, Theresia e Gabriel ricevettero un avviso preventivo per la deportazione.

Le bambine non erano incluse e Theresia andò immediatamente in clinica per vederle. Quando arrivò le dissero che non era possibile, ma Theresia si fece strada lo stesso. Trovò Rolanda che giaceva morta con la testa fasciata, vittima degli esperimenti di colorazione degli occhi. Isterica per la scoperta, Theresia afferrò la gemella superstite, Rita, e fuggì. Il giorno stesso o quello dopo, Rita fu sottratta ai genitori e riportata in clinica.

Theresia e Gabriel non la rividero per un anno. Pochi giorni a distanza dall'evento, il corpo di Rolanda venne restituito ai genitori che predisposero un adeguato funerale sinti. Una settimana dopo Theresia venne sterilizzata a forza. Gabriel perse il suo lavoro alla compagnia farmaceutica, ma non venne sterilizzato. Nel 1943 diversi membri della famiglia estesa di Theresia, incluso il fratello minore Otto Winterstein e lo zio Fritz Spindler, vennero deportati (sopravvissero entrambe). Nell'aprile 1944 Theresia ricevette misteriosamente una lettera dalla Croce Rossa tedesca a Wuerzburg, con le istruzioni per andare a riprendere Rita.

La famiglia Reinhardt rimase assieme sino al 1946 o al1947, quando la prima moglie di Gabriel, che in realtà era sopravvissuta alla guerra, tornò in Germania. Gabriel decise di tornare da lei ed il suo matrimonio con Theresia venne annullato dal tribunale USA di Stoccarda. Rita rimase con Theresia e non rivide suo padre sino al 1959. Nel 1962 Theresia si risposò con un soldato americano, che morì nel 1972. Rita soffrì di numerosi disturbi fisici (inclusi forti mal di testa e perdite accidentali di coscienza) per tutta la sua gioventù e l'età adulta, che sua madre attribuì al trattamento presso la clinica di Wuerzburg durante il periodo nazista.

Rita si sposò a 21 anni e subito dopo diede alla luce un figlio e una figlia. Lei e la sua famiglia emigrarono negli USA negli ani '70. Diversi anni dopo, Rita divorziò da suo marito (lasciando anche i figli) e tornò in Germania per aiutare sua madre nel gestire un'organizzazione sinti dei diritti umani, che cerca di aumenatre la consapevolezza sul destino dei Rom e dei Sinti durante l'Olocausto. Rita ora vive a Wuerzburg.

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Di Fabrizio (del 01/06/2011 @ 09:15:17, in Italia, visitato 1745 volte)

Ho aspettato qualche giorno a riportare la notizia qui sotto. Volevo vedere che reazione avrebbe suscitato, ma a parte questo link non ho trovato altro. Provate ad immaginare se le parti fossero state invertite: la campagna stampa (bipartisan) che si sarebbe sollevata, campi rom dati alle fiamme (come a Ponticelli), tanti Rom e Sinti onesti costretti a nascondere la loro appartenenza per continuare a lavorare (e vivere).

C'è una fievole speranza, col cambiamento di vento di questi giorni, che i miei diventino solo ricordi. A Milano, per esempio: la Moratti nella sua caccia al voto aveva calendarizzato lo sgombero (senza alternative) di alcuni campi regolari; col risultato che molti Rom per la prima volta hanno ritirato il certificato elettorale (e votato Pisapia). Una gran bella festa che ha visto mischiati Rom e cittadini della zona (se avete un account Facebook, QUI). Il lavoro di tanti per arrivare a questi risultati. Cittadini come tutti, finalmente...

Credo fortemente (Rom e Sinti a parte) che una delle letture chiave di queste amministrative sia proprio nel concetto di "cittadinanza". Chi ha perso, politiche precedenti a parte, ha continuato a ripetere in campagna elettorale il tema della divisione tra un NOI e un LORO (cioè: zingari, gay, musulmani ecc.) alla ricerca del voto moderato. Non riuscendo e non volendo capire che i moderati, fiaccati da anni di promesse non mantenute, non si ritrovavano più in questa DISCRIMINAZIONE, primo perché ingiusta e poi perché in questi anni non ha risolto nessuno dei problemi posti.

Ora dovrà arrivare il momento di uscire da questa continua campagna elettorale, governare ed affrontare i problemi. Che sono tanti e (non illudiamoci di bastare a noi stessi), dovranno essere affrontati da tutti, superando questo clima da "guerra civile a bassa intensità" che ci avvelena da anni. Il centrosinistra ha dimostrato che se supera le divisioni interne, può essere un'alternativa credibile. La destra si trova di fronte ad una svolta: lasciarsi alle spalle le parole d'ordine dello scontro di civiltà (che non compatta più i moderati, ma solo le frange estreme) ed evolvere in una destra che sia anche INCLUSIVA (come lo sono anche molti loro parenti europei).

Insisto: per cambiare c'è bisogno di TUTTI. L'editoriale di ieri di Sallusti è ancora fermo al "...io resto dell’idea che prima li mandiamo via dalle nostre città meglio è per tutti". Non capisce, non vuole capire, che di questo passo si prepara un'altra sconfitta.


Un vicino di casa italiano lo aveva rinchiuso in garage

Firenze, 29 mag. (TMNews) - Un tentativo di stupro su di un bambino rom di cinque anni e' stato sventato ieri sera per un soffio: le urla del piccolo hanno attirato l'attenzione dei vicini di casa, che sono intervenuti all'ultimo momento utile. Il reato stava per compiersi nella cantina di un'abitazione di Sesto Fiorentino, in via Signorini. Terribile protagonista, un fiorentino di 37 anni, che è stato arrestato con l'accusa di sequestro di persona, lesioni e violenza sessuale su un minore.

Il piccolo stava giocando sotto casa, quando l'uomo l'ha adescato per portarlo in garage, dove l'ha denudato e immobilizzato, per praticargli un'iniezione di una sostanza non ancora precisata, ma sicuramente allo scopo di stordirlo. Le urla del bambino sono state udite dai vicini, italiani, che sono accorsi. L'uomo nel frattempo si e' rifugiato in casa, ma poco dopo è stato prelevato dai carabinieri. Il minore invece è stato trasportato al Meyer per essere sottoposto a controlli.

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Di Fabrizio (del 02/06/2011 @ 09:27:50, in Italia, visitato 1351 volte)

Da circa tre settimane è affissa all'esterno dell'insediamento rom di Ponte a Quaracchi un'ordinanza del Comune di Sesto Fiorentino; si dice che il 30 maggio alle ore 9.00 l’area deve essere abbandonata dagli "occupanti abusivi".

Non sarebbe la prima volta che le forze dell'ordine e l’azienda incaricata della raccolta rifiuti intervengono per queste operazioni; l'ultima è stata nel gennaio 2010 nell'area ex Osmatex: un intervento violento con le ruspe che distruggono ogni cosa incontrino (baracche, vestiti, giocattoli, medicinali o pentole). E la presenza di esseri umani è sempre vista più che altro come impedimento alla bonifica e al riutilizzo dei terreni. Questo recita anche l'attuale ordinanza: con le persone non è possibile rimuovere i rifiuti ed effettuare gli interventi di messa in sicurezza (vista la presenza di eternit bruciato durante l'incendio del 31 dicembre scorso); il "pericolo per la sicurezza e l'incolumità pubblica", si dice, non è limitato ai soli occupanti, ma esiste anche per coloro che vivono o lavorano nell’area.

Oggi come allora le Istituzioni, prima di disporre lo sgombero, non si sono preoccupate di conoscere le persone che hanno trovato rifugio in quella "discarica a cielo aperto", né di capire perché insistano così ostinatamente a rimanere nelle nostre città, anche se periodicamente cacciati da un luogo all'altro in condizioni sempre peggiori. Non è sempre stato così, le Istituzioni locali hanno affrontato in passato altre migrazioni (ad esempio con i rom dal Kosovo e dalla Macedonia) con atteggiamenti diversi e buoni risultati.

L'ordinanza indica la presenza di 30 persone, delle quali, si dice, non è possibile "una puntuale identificazione". La documentazione clinica di MEDU dice che la maggior parte delle famiglie sono stanziali e vivevano negli insediamenti oggetto di sgombero negli anni passati.

La Regione Toscana ha avviato a inizio anno un tavolo con i Comuni limitrofi: si è giunti a poco, se non a disporre risorse economiche per il rimpatrio dei rom in condizioni più difficili, ma a oggi non si ha notizia di contatto con gli occupanti.

La situazione attuale non è sostenibile e si sarebbe dovuto trovare una soluzione alternativa e allontanare gli occupanti fin dal 31 dicembre scorso ma, a cinque mesi di distanza, pare che lo sgombero sia l’unica soluzione, ancora una volta violando i diritti dei rom: la normativa internazionale indica come lo sgombero debba seguire un dialogo con gli occupanti e prevedere proposte alternative a breve e lungo termine. Se così non fosse la sfida sarà persa e un’esistenza dignitosa, l'istruzione per i bambini, la salute per le persone più vulnerabili resteranno parole. Ma si tratta di diritti fondamentali e, nell'interesse di tutti, non devono ammettere deroghe alla loro attuazione. Per loro stessa definizione.

Medici per i Diritti Umani Onlus - Firenze - 30 maggio 2011

La salute è un diritto di tutti. Nessuno escluso.
Medici per i Diritti Umani onlus
www.mediciperidirittiumani.org

Uffici:
Via Dei Zeno 10, 00176 Roma
Tel. +390697844892/+393343929765 Fax. +390697844892
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Di Fabrizio (del 03/06/2011 @ 09:16:45, in Regole, visitato 1588 volte)

Da RomSinti@Politica

Cassazione: Illegittimo il rigetto dell’istanza di revoca della detenzione cautelare se le motivazioni rimandano a pregiudizi e stereotipi relativi al gruppo etnico Rom di appartenenza dell’imputato

Resa nota la decisione della Cassazione n. 17696/2010 in merito alla nota vicenda della minore Rom accusata di aver sottratto una neonata a Ponticelli (Na).

Per ragioni di opportunità, il collegio di difesa ha reso noto soltanto oggi la decisione della Corte di Cassazione, V. sez. penale, n. 17696/2010 depositata il 7 maggio 2010, con la quale era stata annullata la decisione del Tribunale per i Minorenni di Napoli di respingere l'istanza di scarcerazione di A.V., la quindicenne Rom accusata di avere rapito una neonata a Ponticelli (NA) nel maggio 2008, avvenimento che scatenò la devastazione dei campi rom di Ponticelli. La minorenne Rom era stata condannata in primo grado alla pena detentiva di anni 3 e 8 mesi, sentenza poi confermata in appello. E' tuttora pendente il ricorso in Cassazione.

La decisione del Tribunale per i Minorenni di Napoli aveva suscitato perplessità e sconcerto presso il collegio di difesa dell'accusata, nonché presso organizzazioni di tutela dei diritti dei Rom, per il ricorso da parte del collegio giudicante ad affermazioni che rimandavano - piuttosto che a valutazioni sulla pericolosità sociale della singola imputata - a pregiudizi e stereotipi di matrice etnico- razziali nei confronti della popolazione Rom in generale.

Nel rigettare l'istanza di scarcerazione, infatti, il collegio giudicante aveva ritenuto che continuavano a sussistere i presupposti per la custodia cautelare derivanti dal pericolo di fuga e di recidiva in conseguenza del fatto che "l'appellante (sarebbe) pienamente inserita negli schemi tipici della cultura rom" per cui "sia il collocamento in comunità che la permanenza in casa risultano, infatti, misure inadeguate anche in considerazione della citata adesione agli schemi di vita Rom, che per comune esperienza determinano nei loro aderenti il mancato rispetto delle regole".

L'esame della situazione personale dell'interessata viene così filtrata attraverso la sua adesione a schemi di vita tipicizzati del popolo cui essa appartiene, che sarebbero caratterizzati in generale e tout court dal mancato rispetto delle regole.
A detta del collegio di difesa, sembrava dunque configurarsi nel giudizio della Corte un pericoloso principio per cui la mera appartenenza al gruppo etnico rom renderebbe di per sé inconciliabile l'applicazione delle misure cautelari a prescindere da una seria valutazione su basi personali ed individuali, mediante invece l'utilizzo di una "categorizzazione" o "profilo etnico".

La Corte di Cassazione ha accolto i rilievi della difesa sostenendo che "non è legittimo, in quanto riconducibile ad una visione per stereotipi (mal celatasi dietro ad un generico richiamo alla "comune esperienza") marcata da pregiudizi di tipo razziale, il riferimento agli schemi culturali dell'etnia di appartenenza".

La vicenda presa in esame dalla Cassazione richiama una recente giurisprudenza maturata in seno alla Corte europea dei diritti dell'uomo, nel caso Paraskeva Todorova c. Bulgaria (CEDU, sentenza dd. 25 marzo 2010, caso n. 37193/07).
Qui, una corte bulgara, nel condannare l'imputata di origine etniche Rom, aveva espressamente respinto la raccomandazione del pubblico ministero per l'applicazione della pena condizionale, dichiarando che una cultura di impunità era imperante entro la minoranza etnica Rom, così sottintendendo che la sentenza doveva fungere da esempio per l'intera medesima comunità. La Corte di Strasburgo ha quindi concluso che le autorità giudiziarie bulgare avevano violato il principio del processo giusto (art. 6 CEDU), in relazione a quello di non discriminazione (art. 14 CEDU).

Si ringrazia per la segnalazione l'avv. Cristian Valle, del Foro di Napoli.

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Di Fabrizio (del 04/06/2011 @ 09:34:56, in Italia, visitato 1354 volte)

"Dietro un campo sosta che i cittadini non vogliono, c'è quasi sempre l'ennesimo centro commerciale, un grattacielo, un parcheggio da costruire, quasi mai quell'area sarà a disposizione della cittadinanza... informatevi sugli interessi immobiliari!" Considerazione amara, scrivevo così nel 2004. Una conferma:

La Nazione I cittadini sul piede di guerra per la realizzazione di una stazione ecologica di raccolta differenziata

Pisa, 2 giugno 2011 - La cosa più singolare è il nome: si chiama «Stazione ecologica centro di raccolta differenziata Oratoio», ma verrà realizzata a Putignano. Il nome è sbagliato — è ancora quello del primo progetto, quando si pensava appunto di realizzare la struttura a Oratoio, idea poi bocciata a furor di popolo — eppure compare nella delibera ufficiale approvata in giunta a metà maggio, con la quale poi si precisa che la stazione ecologica verrà invece fatta a Putignano, sotto il ponte delle Bocchette, nell'area che fino a poche settimane fa era occupata da un accampamento rom abusivo.

«Ci sono voluti anni per mandare via gli zingari e adesso arrivano i rifiuti. Un vero affare» sbottano i residenti del locale Comitato che cerca di opporsi all'arrivo dei cassoni dei rifiuti. «Forse siamo cittadini diversi da quelli di Oratoio? O forse non abbiamo alzato abbastanza la voce. Di sicuro siamo stati fregati da palazzo Gambacorti» dicono altri residenti (quasi tutti di via Benozzo Gozzoli, via delle Bocchette, via Fagiana, via Putignano, via Fiorentina) che hanno animato la protesta e il sit-in in sala delle Baleari, durante il consiglio comunale di martedì, agitando dei volantini con scritto «Vergogna». «Di sicuro siamo stati fregati due volte: la prima perché nessuno ci ha avvertito né detto niente, neppure il Consiglio territoriale di partecipazione che ha approvato all'unanimità dei presenti (14) la proposta di realizzare la stazione ecologica, senza nemmeno convocare un'assemblea pubblica. Un voto, quello del Ctp, del quale ha subito approfittato la giunta comunale che infatti nella delibera con la quale 'condanna' Putignano, parla appunto di scelta determinata dalle indicazioni favorevoli e unanimi del Ctp. E poi è stata tradita un'altra promessa: l'area sotto il ponte delle Bocchette era stata espropriata molti anni fa, ancora quando fu costruito il ponte, per realizzarvi un polmone verde in maniera da attutire l'impatto delle nuove infrastrutture (e questa è la destinazione del terreno). Vennero anche piantati decine di alberi. Ci sono voluti tutti questi anni per veder crescere le piante, ma i residenti non hanno mai potuto beneficiare di quel parco perché l'area è stata a lungo occupata dai rom. E adesso cosa succede? Quasi tutti gli alberi sono stati abbattuti, in fretta e furia senza dare tempo agli abitanti di fiatare. Un vero scempio. Giù gli alberi, avanti i rifiuti. No, non ci stiamo, va trovata un'altra soluzione».

Ma anche la politica ci ha messo lo zampino per cancellare ogni residua capacità di sopportazione dei residenti. In apertura del consiglio comunale, martedì, il capogruppo del Pdl, Giovanni Garzella, ha presentato un question time per chiedere spiegazioni e subito dopo ha proposto una mozione urgente con la quale si impegna il sindaco e la giunta a trovare un altro sito. Testo sul quale si sarebbe poi dovuto sviluppare il dibattito e il voto. Ma così non è stato. Ebbene, il consiglio ha infatti votato e riconosciuto l'urgenza della mozione, ma poi non c'è stato il tempo per la discussione. Tutto rinviato al 9 giugno nella speranza che, nel frattempo, i cassoni dei rifiuti non siano già arrivati.

Guglielmo Vezzosi

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