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La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 

Ricevo da Roberto Malini

Napoli, 4 maggio 2009. "La giovane Rom ha subito una condanna assurda, senza prove, senza indagini approfondite, senza buon senso," dichiarano i leader del Gruppo EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau. "Abbiamo inviato al giudice del Tribunale d'Appello un dossier che ne dimostra l'innocenza". Il grande giurista Juan de Dios Ramirez Heredia si è detto pronto a "indossare la toga per difenderla, accanto all'avvocato Valle". Angelica viene da Bistrita-Nasaud città della Transilvania. Era arrivata in Italia da pochi mesi con il giovane marito Emiliano e alcuni familiari. Ha una figlia di 3 anni, Alessandra Emiliana, che è rimasta in Romania. "Ma come possono pensare che io abbia cercato di rapire una bambina?" protesta Angelica davanti a un attivista di EveryOne, che ha avuto il permesso dal giudice di visitarla. "Sono una mamma e se qualcuno mi portasse via la bambina, morirei dal dolore".

A Napoli la ragazza viveva di elemosina "e di qualche piccolo furto," confessa, "ma solo quando non sapevo come procurarmi da vivere, perché il mio sogno era quello di lavorare, se solo avessi avuto un'occasione". Il 10 maggio Angelica viene arrestata con un'accusa terribile: una donna di Ponticelli afferma di averla sorpresa mentre avrebbe tentato di rapire la sua bambina in fasce. "Per entrare nella stanza in cui dormiva la piccola," ricostruiscono gli attivisti, "Angelica avrebbe dovuto trovare contemporaneamente aperti il cancello esterno, il portone dell'edificio e la porta blindata dell'appartamento, senza imbattersi in un inquilino e senza che la piccola, una volta afferrata, si mettesse a piangere. Tutto questo, in un periodo caratterizzato a Ponticelli da una vera e propria fobia nei confronti degli 'zingari', tanto che tre mesi prima era nato un Comitato di Ponticelli per il problema dei Rom. Inverosimile".

Leggendo gli atti del processo e il dispositivo di sentenza, si rileva che non esistono prove a carico di Angelica, ma solo la testimonianza della madre della bambina neonata. "Non vediamo perché la donna avrebbe dovuto mentire," scrive il magistrato. "E' una sentenza priva di razionalità, proprio per la 'zingarofobia' che si era impadronita in quei giorni degli abitanti di Ponticelli," prosegue EveryOne. "La Storia ci insegna che fin dal Medioevo la sola presenza di 'zingari' vicino a un bambino 'cristiano' faceva gridare le comunità locali al ratto di minore. Anche volendo credere alla buona fede dell'accusatrice, il fattore-pregiudizio non può in alcun modo essere ignorato nel giudizio di un caso come questo. Una perizia, che non è stata mai eseguita, avrebbe dimostrato che Angelica avrebbe dovuto muoversi al rallentatore per essere vista dalla madre, già sul pianerottolo e con la bimba in braccio, e quindi raggiunta e bloccata. Sembra che la madre della neonata descriva una propria paura piuttosto che un evento reale. I seguito è ancora più irreale. La madre leva la piccola dalle braccia di Angelica, rientra in casa, pone la bambina a terra, grida e... Angelica è rimasta ancora sul pianerottolo, giusto per farsi raggiungere dal nonno della neonata e poi da altri vicini, che cercano di linciarla".

Alcuni cittadini di Ponticelli hanno ricordato che l'accusatrice ha precedenti giudiziari per falso ideologico. Le stesse conclusioni tratte dal Gruppo EveryOne e dal giurista spagnolo Heredia sono state tratte dal giornalista investigativo spagnolo Miguel Mora sulle pagine di El Pais: "Il teorema che ha portato alla condanna si basa solo sulle parole contraddittorie dell'accusatrice. "Il caso di Angelica ha scatenato gli abitanti di Ponticelli," commentano gli attivisti, "che in men che non si dica hanno sgomberato con brutalità i terreni occupati da Rom romeni, che erano al centro di un progetto urbanistico in attesa di un finanziamento pubblico di milioni di euro, finanziamento che poco dopo il 'pogrom' sono arrivati".

Angelica, secondo la giurisprudenza, è una "minore non accompagnata" e il legislatore ritiene che un minore di età debba rimanere in Istituto il minor tempo possibile, favorendo tutte le possibilità di reinserimento sociale. "Ma Angelica è già dentro da un anno," conclude EveryOne, "e sconcerta il fatto che non le sia stato concesso il patrocino gratuito per un motivo surreale: era impossibile al magistrato stabilire le sue condizioni economiche in Romania". Se in appello sarà fatta giustizia, per Angelica si aprono due possibilità: tornare in Romania e ricostruirsi una vita con i suoi cari oppure restare in Italia, grazie a una famiglia che si è offerta di aiutarla in un percorso di inserimento sociale positivo, in attesa di ricongiungersi alla famiglia. Intanto il suo caso ha destato l'attenzione della Commissione europea, del Cerd (Nazioni Unite) e delle più importanti organizzazioni contro la discriminazione e gli abusi che colpiscono il popolo Rom in Europa, da Union Romani a ERRC, dall'OSI al Coordinamento Antirazzista Sa Phrala.

Scriviamo al Presidente della Corte di Appello di Napoli Sezione Minorenni dr Vincenzo Trione e al Presidente del Tribunale per i Minorenni di Napoli dr. Stefano Trapani:
info@tribunalenapoli.it
tribmin.napoli@giustizia.it

Per informazioni:
info@everyonegroup.com
www.everyonegroup.com

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Di Fabrizio (del 05/05/2009 @ 14:26:33, in casa, visitato 1591 volte)

Segnalazione di Ernesto Rossi

Popica onlus

Venerdì 1 maggio 2009, circa 60 rom romeni tra uomini, donne e bambini, dell'insediamento romano di via di Centocelle, hanno deciso di partecipare al corteo della MayDay con un proprio spezzone aperto da uno striscione sul quale era scritto: "SIAMO ROM, NON SIAMO NOMADI VOGLIAMO LA CASA. I Rom e le Romnì di via di 100celle". Durante il percorso della manifestazione, nella quale si rivendicava casa e reddito per tutti e tutte, la comunità ha anche diffuso un volantino nel quale veniva illustrata la propria volontà di uscire allo scoperto e a rivendicare i propri diritti. Noi di POPICA ONLUS, da sempre vicini alla comunità di via di Centocelle, esprimiamo il nostro totale apprezzamento per l'iniziativa dei Rom e delle Romni, coi quali quotidianamente collaboriamo. In particolare con questo comunicato vogliamo segnalare all'opinione pubblica che quest'importantissima iniziativa cancella il luogo comune dei Rom "geneticamente" predisposti a vivere in baracche senza luce né acqua o nei cosiddetti campi nomadi. E mostra inoltre come in alcune comunità Rom stia nascendo un genuino e fondamentale movimento per la rivendicazione dei diritti. Noi di POPICA ONLUS continueremo ad essere al fianco di questa comunità che sta smettendo di aver paura, cominciando un nuovo cammino sul quale ci troveranno compagni di viaggio

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Di Fabrizio (del 05/05/2009 @ 09:25:44, in Europa, visitato 1566 volte)

Da Roma_Francais [Di Yenisch (o Jenisch) se ne è già scritto, soprattutto riguardo alle persecuzioni che hanno patito. Qua invece si parla dei loro problemi pratici nella vita di tutti i giorni. Mi interessa anche l'attenzione data ai rapporti non facili con i "nomadi" stranieri, il doversi differenziare da loro per sopravvivere all'ondata di stigmatizzazione che riguarda tutti.  Se alcune affermazioni possono sembrare non condivisibili, teniamo conto che queste difficoltà ci sono anche da noi, ad esempio tra Sinti/Rom italiani e stranieri.]

Da AgriHebdo par Pierre-André Cordonier

Le famiglie Yenisch della Svizzera cercano disperatamente dei posti dove stazionare. Fanno appello agli agricoltori che disporrebbero di terreni.

Gli Yenisch svizzeri, circa 3.500 famiglie o più, che in occasione del ritorno del bel tempo si preparano a levare i campi per esercitare i loro mestieri tradizionali in tutta la Svizzera. Dei nomadi, o piuttosto dei semi-sedentari, svizzeri da secoli, e che soffrono della cattiva reputazione che ha la gente di viaggio presso la popolazione.

Confusione ed amalgami

Succede che Zigani, Rom o Manouche provenienti dalla Francia sbarcano tutti gli anni in Romandia nello stesso periodo. Una concorrenza per gli Yenisch, ma soprattutto molta confusione ed amalgami. I piccoli furtarelli, danni, inciviltà delitti commessi da questi nomadi venuti da fuori aizzano la popolazione che non fa differenze. Risultato, gli Yenisch svizzeri hanno sempre più difficoltà a trovare posti dove accamparsi per proseguire lo stile di vita a cui tengono caramente.

"La situazione ha cominciato a deteriorarsi da una ventina d'anni ed è andata peggiorando. Noi prima eravamo conosciuti e spesso ben accetti, ma oggi abbiamo perso il nostro status svizzero", spiega Francis Kalbermatter. "Da qui la creazione di un'associazione, che ha già un anno, allo scopo di sostenere la ricerca dei luoghi di stazionamento e di offrire una garanzia a terzi, agricoltori, comuni o altri. I membri che contravvengono alle regole in vigore o si rendono colpevoli di delitti sono esclusi dall'associazione, dove le regole sono molto severe.

Domiciliati e viaggianti in Svizzera

Non è che gli Yenisch della Svizzera vogliano stigmatizzare i loro confratelli stranieri. "Abbiamo sovente relazioni di vicinato serene", aggiunge Sylvie Gerzner. Ma gli Yenisch tengono a smarcarsi da questa cattiva reputazione, ereditata malgrado loro. "Noi siamo dei veri Svizzeri, abbiamo comportamenti tipicamente elvetici, come l'igiene e la proprietà. Rispettiamo le regole. E soprattutto, siamo domiciliati in Svizzera. Siamo quindi rintracciabili facilmente e veniamo perseguiti legalmente se commettiamo delle infrazioni. Cosa che sarebbe suicida, dato che siamo soliti tornare ogni anno", intonano in coro i due responsabili. Gli Yenisch svizzeri d'altronde hanno come tradizione di viaggiare solo in Svizzera.

Nessun problema oltre la Sarine (vedi ndr)

Le autorità sono sensibili a questo problema e anche loro cercano delle soluzioni. In tutti i cantoni. Vaud ha sistemato due posti di transito per la gente di viaggio ed i comuni possono proporre luoghi di stazionamento secondo il proprio bisogno, informa Pierrette Roulet-Grin, prefetto del distretto Jura-Nord Vaudois, dal 2000 presidentessa del Gruppo di lavoro Gitans-Vaud (GT-Gitans-VD). Ma questi ultimi non si presentano.

"Noi abbiamo dei comportamenti tipicamente svizzeri"

Ultima speranza: i contadini o proprietari di terreni sono pronti ad affittare puntualmente un lotto. Nella Svizzera tedesca, è così da tempo, senza alcun problema. Christian Stähli, agricoltore di Orges, è uno dei pochi a farlo nella Svizzera romanda e conta circa 4.000 pernottamenti di gente di viaggio all'anno, ha scritto il 16 aprile il 24 Heures Nord vaudois-Broye. La famiglia Mast a Denens accoglie ugualmente degli Yenisch durante sei mesi su 15 aree.

Ritorno per il contadino

"E' un ritorno per i contadini", precisa Francis Kalbermatter, "e stimiamo che noi facciamo la nostra parte: le famiglie yenisch comperano i loro prodotti all'azienda agricola se esiste l'offerta." Lo stesso per la legna, per il mitico e tradizionale fuoco del campo al cadere della notte.

Riferimenti

Per tutte le proposte di messa a disposizione di terreni, contattare Francis Kalbermatter, 1950 Sion 4, CP 4175, tél. 079 347 50 89, francis-kalbermatter@hotmail.com o Sylvie Gerzner, 1462 Yvonand, CP 158, tél. 076 222 2 66, sylvie70g@yahoo.fr

Quanti sono sensibili al mantenimento della cultura degli Yensich svizzeri possono diventare membri-amici di Association Yenisch Suisse con una domanda scritta e firmata al comitato dell'associazione yenisch.suisse@gmail.com Sito ufficiale: www.yenisch-suisse.ch

Per una ricerca su Internet, sono utilizzati diversi termini: Yenisch, Yenische, Yenich, Jenisch, Jenische, ecc.

Blog: http://yeniche1969.skyrock.com/

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Di Fabrizio (del 05/05/2009 @ 08:58:11, in media, visitato 1413 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

Cari Amici, Colleghi e Fratelli!

Mi chiamo Sami Mustafa, vengo dalla comunità rom in Kosovo del piccolo villaggio di Plemetina. Ho prodotto e diretto circa 20 documentari sulle tematiche rom e dei diritti umani in generale in Kosovo, Polonia (documentario promozionale) e Bosnia Erzegovina negli ultimi sette anni.

La maggior parte dei miei lavori è stata presentata in festival mondiali, e "La Strada verso Casa" (documentario) è stato premiato dalla Critica al Festival di Cannes del 2007. [...]

Quest'anno sono stato accettato alla Scuola Filmica di Praga (PFS) per un corso di un anno nella sezione documentari e premiato col dimezzamento delle tasse scolastiche dalla PFS e dalla Fondazione Ralph per una cifra di 6.900 euro. La Scuola Filmica di Praga è riconosciuta in tutto il mondo come una delle migliori, ed io sono l'unico Rom a cui sia stato concesso di studiarvi. Ho quindi bisogno di 6.900 euro per il resto delle tasse scolastiche, 2.500 per i seminari estivi che servono a terminare il corso di studio, e 2.000 per le spese vive durante l'anno. Quindi, in totale 11.400 euro per iniziare i miei studi quest'anno e non perdere la borsa di studio della PFS e della Fondazione Ralph.

Dato che la PFS è un'università privata, non ho diritto a borse di studio pubbliche per i Rom. Per questo, vi chiedo la possibilità di sponsorizzazioni/donazioni ed in cambio posso lavorare ai vostri film promozionali per le vostre compagnie, o in lavori che comprendano qualsiasi tipo di processo filmico per ripagarvi, ma sicuramente non sono in grado di ridare i fondi ricevuti in denaro.

Se avete consigli, suggerimenti o volete farmi da sponsor, potete contattarmi a romawood@gmail.com [...] Ulteriori dettagli sul corso universitario, sui miei film o la mia biografia, li trovate su www.romawood.org o anche www.myspace.com/sami_mustafa

Sperando di sentirvi presto, in fede

Sami Mustafa
Plemetina Obilic 28213
10000 Pristina, Kosovo

Tel: +381 28 467813
Mob: +381 65 6594567 | +377 44 908234

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Di Fabrizio (del 04/05/2009 @ 16:39:17, in media, visitato 1352 volte)

Incredibile! Basta una storia strappalacrime perché uno dei più razzisti giornali italiani decida di fare quello che sarebbe il suo compito: informare e non fare da altoparlante ad una sola voce (quella del più forte, di solito). Riporto tutto il pezzo, non perché sia veritiero o magari commovente al punto giusto, ma perché in tutta la vicenda del un padre di un personaggio pubblico, nessuno prima aveva voluto sapere anche la sua versione.

INTERVISTE 04/05/2009 - Si chiama Sahit Berisa, ha 39 anni ed è il padre di Ferdi, il vincitore dell'ultima edizione del Grande Fratello. Oggi vive in un campo nomadi del Centro Italia e ha rilasciato una lunga intervista al settimanale Di Più, nella quale si rivolge direttamente al figlio "Quando ti ho portato sul gommone in Italia, volevo solo il tuo bene". Sul suo conto sono state dette tante cose, il figlio ha raccontato con amarezza la sua triste infanzia ma ora Sahit cerca un riavvicinamento, giurando: “non voglio i tuoi soldi”.

Tutto è iniziato con la separazione in casa, tra i genitori del giovane rom: “Io e mia moglie non andavamo più d’accordo, litigavamo sempre. Io avevo le mie colpe, non ero un marito perfetto, un padre perfetto, non trovavo un lavoro stabile, continuavo a vendere stracci e a vivere alla giornata, a volte facevo tardi, esageravo con il bere. La vita a casa nostra era diventata impossibile, mia moglie aveva un altro e non mi voleva più. Lei al Gf, rivolgendosi a Ferdi, ha raccontato che la maltrattavo che ero io ad avere un’altra ma non è così. Non so perché mia moglie scarica tutte le colpe su di me, so che la verità è che ormai non potevamo più stare insieme..."

"Ricordo che me ne sono andato di casa dopo un brutto litigio. Mi sono trasferito da un mio parente e fin da quel momento il mio unico pensiero è stato il bene dei figli. A casa mia non ci potevo più tornare perché mia moglie mi cacciava, il suo nuovo uomo non mi faceva entrare, non mi facevano vedere i bambini. Se mi avvicinavo mia moglie urlava: "'Ho una nuova vita, qua non c'è posto per te vattene!". Ho provato a mettere a posto le cose, ma non ci sono riuscito. Mi tormentavo, sapevo di avere sbagliato anch'io: la mia vita disordinata, la mancanza di un lavoro, non mi avevano dato la possibilità di garantire alla mia famiglia la serenità, e la situazione era tracollata. Mi ero ritrovato da solo. E mi preoccupavo per Ferdi, perché senza un padre accanto qualcuno poteva metterlo fin da piccolo su una brutta strada, in una realtà come la nostra, di grande povertà. Tanti amici, tanti parenti, mi dicevano che Ferdi e sua sorella non erano sereni a casa con la mamma...".

"Allora, mi sono detto che c'era un solo modo per risolvere il problema: portare via i figli da quella casa. Così ho organizzato tutto. In una valigia ho messo qualche vestito; sono andato di nascosto a prendere i bambini. Ho portato Elfa da mia mamma, in un paese vicino, e le io detto: "Mamma, crescila meglio che puoi: se viene mia moglie a cercarla. spiega che Elfia sta meglio con te". Poi, sono andato via con Ferdi. Lui allora aveva 9 anni. Volevo andare in Italia con un gommone, assieme ad altri come me, come noi, perché tutti dicevano che in Italia c'era la ricchezza, che si poteva trovare la felicità. Tanti rom come me fanno così, anche questo fa parte della nostra storia, del nostro modo di vivere. Avevo organizzato il viaggio con persone che conoscevo. Mi è costato tre milioni, una cifra enorme. Avevo raccolto tutti quei soldi facendo debiti con alcuni miei parenti, avevo promesso che in Italia avrei trovato un lavoro e avrei restituito tutto. Ricordo solo che Ferdi, quando siamo saliti sul gommone, mi ha detto: "Papà, dove andiamo?", e io gli ho risposto: "A cercare una vita migliore, figlio mio".

Per sfamare mio figlio dovevo arrangiarmi con l'elemosina per le strade, ed ero costretto a portare Ferdi con me, non potevo lasciarlo solo. La notte dormivamo nei campi rom, il giorno lo passavamo agli angoli dei marciapiedi. Una vita dura, durissima. Alcuni come me, gente di strada che incontravo, avevano scelto una via più facile, piccoli espedienti, piccoli furti. Ma io non volevo farmi trascinare, per il bene del bambino, e continuavo ad andare avanti solo con l'elemosina. Di una cosa sono orgoglioso: in tutti quei mesi che ho passato con lui in Italia gli ho sempre dato un tetto sotto cui dormire. Non l'ho mai fatto dormire per strada. Se un giorno, con l'elemosina, riuscivo a raccogliere quaranta o cinquantamila lire, non lo portavo neanche al campo rom. Cercavo qualche pensione da poco per dargli un letto come si deve.

C'era la paura di essere fermati dalla polizia, noi clandestini senza un permesso di soggiorno. Infatti, quello che temevo è successo. Un giorno ci hanno fermato per strada. Hanno controllato i documenti e mi hanno portato via il mio bambino, perché hanno detto che non ero nelle condizioni di crescerlo. Sì, avevano ragione, ero e rimango un vagabondo senza fissa dimora, ma che cosa potevo fare? Ferdi piangeva: "Papà papà, stai con me", mi diceva tra le lacrime. Non potevo fare niente per trattenerlo. È l'ultima volta che l'ho visto, ricordo i suoi occhi gonfi e il suo sguardo spaventato. Non mi hanno neanche voluto dire dove lo portavano. "Ecco, Sahit", mi dicevo "hai sbagliato tutto". "Hai perso tutto", mi ripetevo. "Tuo figlio te l'hanno portato via, tua figlia non sai come sta, non hai più nessuno". Ero disperato. Ricordo che ho preso un treno per raggiungere il campo rom dove ho gli amici più cari. Ma non ho dormito in roulotte. Ho dormito per una settimana sulla spiaggia, al freddo. Questo è successo dodici anni fa, nel 1997, quando Ferdi aveva 10 anni, dopo che eravamo stati insieme un anno in Italia. È allora che mi sono perduto”.

“Quando ho perso mio figlio, sono morto dentro e sono finito su strade sbagliate. Ho cominciato a rubare, ho ripreso a bere. Sono finito in carcere quattro volte, ho condiviso anche una cella con dodici persone e un solo bagno per tutti. A volte mi ha sfiorato il pensiero di farla finita, ma non ho avuto il coraggio perché, in fondo continuavo ad avere un obiettivo, ritrovare i miei figli, riabbracciarli. La mia era ed è una vita da fuggitivo, disgraziato. Ma non ho mai smesso di pensare a Ferdi. Chiedevo di lui ai parenti che vivono nei campi rom. Sì, perché tra noi ci si aiuta, se si può. Siamo tanti, sparsi ovunque. Una volta un cugino mi ha detto che forse Ferdi era a Cagliari mi sono precipitato là. in un istituto religioso. Ma non mi hanno neanche fatto entrare”.

“Dopo tante ricerche, tre o quattro anni fa, sono riuscito ad avere il suo numero di telefono tramite un nostro parente. L'ho chiamato con le mani che mi tremavano e gli occhi lucidi. Ma lui, mio figlio, è stato freddo, mi ha detto solo: "Papa, quando sarò pronto mi farò vivo", e ha messo giù il telefono senza neanche dirmi dove era. Allora, sono stato male, ho pensato che ce l'aveva con me, che non mi perdonava la vita che gli aveva fatto fare, e chissà cos'altro.
Io cercato di capire, ho fatto tante telefonate, finché un parente che è rimasto in contatto con lui mi ha detto che Ferdi aveva saputo brutte cose sul mio conto e non voleva vedermi: pensava che l'avevo portato via con la forza da casa, diceva che l'avevo picchiato e che lo avevo costretto a rubare”.

“Mi trovavo nel campo rom della Romagna quando Davide, un mio amico, mi ha detto: "Sahit, credo proprio che tuo figlio sia in televisione". Tutti là, infatti, sanno da anni la mia storia, sanno di Ferdi, del mio tormento. Non volevo crederci: mio figlio in televisione? Quando ho visto Ferdi, al Grande Fratello, ho fatto salti di gioia. Vedere che stava bene, che è bello, che è sano mi rendeva contentissimo. L'ho baciato sullo schermo, ho pianto. Per tre mesi ho guardato sempre Ferdi, attaccato alla televisione. Ho seguito tutto, mi sono emozionato, ho riso, ho pianto. Sono stati i tre mesi più belli della mia vita. Ho visto il messaggio della mamma, la mia ex moglie, mi accusava di averla maltrattata, e ho sofferto. Allora, ho contattato la redazione del Grande Fratello, ma mi hanno detto che Ferdi non voleva vedermi. Lo immaginavo, lui pensa che io sia stato cattivo con lui. Poi, ho rivisto mia figlia in televisione che parlava dalla Germania con Ferdi che era nella Casa. Anche lei non la vedevo da moltissimi anni, e ho pianto ancora. Poi, mi sono arrabbiato quando Gianluca, il concorrente di Napoli, ha accusato mio figlio di volere fare piangere con la sua storia e gli ha dato una spinta. Poi. sono stato contento quando Ferdi ha raccontato di essere cresciuto bene all'istituto Don Orione e con un'altra famiglia. Ho applaudito quando Ferdi ha baciato Francesca e ho festeggiato con i miei amici rom quando ha vinto. Così sono come rinato”.

“Quando Ferdi è uscito, ho tirato nuovamente fuori il bigliettino su cui anni prima avevo segnato il suo numero. Non sapevo se chiamarlo o no, ero combattuto. Ho deciso di chiamarlo dopo che a un giornale, il vostro Dipiù, Ferdi ha detto che poteva dimenticare il passato, e che poteva pensare di riabbracciare me, suo padre. L'ho chiamato con il cuore che mi batteva: "Figlio mio. sono tuo padre...", gli ho detto. Ma lui, proprio come aveva fatto anni prima, mi ha interrotto e ha detto: ' Papà, mi farò vivo io quando sarò pronto, ora devo andare". In quel momento, ricordo, sono crollato su una sedia, con gli occhi gonfi. Lo so, forse ho chiamato troppo presto, ma ho agito d'istinto, non potevo aspettare, Ferdi ha bisogno di tempo. Lo so. lui pensa ancora che io ho fatto del male, e non sarà facile fargli cambiare idea dopo tanti anni”

“Lo so. forse qualcuno, lui stesso pensa che adesso io mi sono fatto vivo perché è ricco famoso. Ma non è così. Non ho mai avuto una casa. Vivo con i vestiti che trovo. E credo di avere pagato per gli errori che ho fatto. I guai e l'amarezza mi hanno consumato nel corpo e nella mente. Da quando ho perso mio figlio, non ho più avuto un obiettivo. Ho solo il pensiero fisso di rivedere lui e la sorella. Il Grande Fratello ha riportato la speranza, mi ha fatto ritrovare mio figlio. Il mio sogno è uno solo. Abbracciare, anche solo per un minuto. Ferdi e sua sorella, parlare con loro...".

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Di Fabrizio (del 04/05/2009 @ 09:31:02, in Europa, visitato 2228 volte)

Da Bulgarian_Roma

30 aprile 2009 FOCUS News Agency

Sofia - La Bulgaria è tra i paesi dove la minoranza rom si sente meno discriminata, lo rivela un'indagine UE sui diritti delle minoranze. Secondo quanto riportato, soltanto il 26% dei Rom in Bulgaria si sente vittima di discriminazione. La Bulgaria viene seconda nella lista dei paesi più tolleranti, subito dopo la Romania, dove il 25% dei Rom dice di essere discriminato.

La ricerca coinvolge sette stati membri UE - Bulgaria, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Ungheria. La Repubblica Ceca è riportata come la meno tollerante verso la propria popolazione rom, dato che il 64% dice che i propri diritti non sono osservati.

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Di Fabrizio (del 04/05/2009 @ 09:17:45, in musica e parole, visitato 1671 volte)

Da Theatre Rom

Presentazione del libro "Speranza" di Antun Balzevic

Venerdì 8 Maggio alle 19:30 presso il laboratorio socio-culturale TANA LIBERI TUTTI sarà presentato il libro “Speranza” di Antun Balzevic, in arte Tonizingaro, con prefazione di Moni Ovadia:

Una snella raccolta di racconti e poesie scritte dall’aurore serbo nel corso di questi ultimi anni, capace di intelligente ironia e sagace critica sociale.
In primo piano il popolo Rom, la sua quotidianità, la condizione esistenziale e le sue relazioni con la società, argomenti questi che Toni conosce molto bene in quanto da anni impegnato come mediatore culturale tra i Rom romani e il Campidoglio. Uomo dalla vita traboccante di esperienze, avendo trascorso periodi di disperazione e povertà come momenti di grande slancio e soddisfazioni, è riuscito a concentrare alcune delle sue più interessanti impressioni in questo testo che sa approfondire alcune questioni di particolare complessità con un linguaggio spesso esilarante e comunque sempre accessibile ad un pubblico vasto. In queste pagine Toni, zingaro metropolitano, ripone la speranza per un avvenire migliore non solo per il proprio popolo ma per l’umanità tutta, perché, questo è certo, nessuna società può considerarsi salva se ancora non sa superare e “sconfiggere l’ignoranza e l’intolleranza”, sa che siamo ancora lontani da ciò ma spera che le sue parole e le sue esperienze possano spostare qualcosa nel quadro odierno, possano toccare la mente ed il cuore di qualcuno, anche pochi, ma che possano aprire le loro menti e disporsi alla reciproca ospitalità.

In occasione della presentazione Tonizingaro sarà protagonista di un reading musicato dalla sua band, il tutto accompagnato dagli ormai tipici aperitivi della Tana, ancora una volta impegnata in eventi capaci di offrire un mix di cultura, svago e socializzazione.

TANA LIBERI TUTTI, via G. Pitacco n 44 (zona Largo Telese)
tanaliberitutti@gmail.com
tanaliberitutti.blogspot.com
www.myspace.com/tana_liberi_tutti

Noi e Voi

Noi non ci vergogniamo perché ci chiamiamo, come dite Voi occidentali, Zingari e perché veniamo da terre lontane piene di fango. Ascoltateci, perché pure da noi esiste una per voi sconosciuta cultura.

Voi prima fate interrogatori e siete sospettosi, siete lontano dai vostri stessi figli, dietro al tavolo non mettete mai uno sconosciuto.

Voi potete bere non offrendo a nessuno un bicchiere di vino.

Da noi le tradizioni ancora sono primitive, noi facciamo entrare tutti sotto il nostro tetto, da noi ancora ci si bacia con gli sconosciuti.

Voi davvero avete milioni di statue di Cristo, ogni statua per ognuno di voi, le avete per le strade, nelle scuole, nelle galere e sulle colline.

Da noi la gente quando crede in Dio lo porta dentro il cuor suo, e pure quando dorme lo prega.

E’ vero che Voi per affrontare la vita avete a disposizione le macchine e tutto quello che vi serve.

Noi ancora usiamo i nostri tradizionali strumenti per sopravvivenza, ma da noi tutto è sano, la natura come la gallina, la morte, la nascita e la vita.

Voi avete le vostre leggi della scienza e della libertà, ma tutte scritte su un pezzo di carta. Noi viviamo secondo le nostre leggi non scritte, viviamo liberi e rispettiamo le nostre regole fatte di natura, di fuoco, di acqua e di vento.

Da voi davvero è tutto prescritto, come si beve, si mangia, si parla e ci si veste, da noi quando si parla si urla, e gesticoliamo con le mani, quando mangiamo la zuppa la risucchiamo rumorosamente, di pelle di animali sono fatti i nostri guanti e le nostre scarpe.

Abbiamo tante abitudini dei contadini, ma pure gli antenati dei re erano contadini. Occidente quando era arrabbiato ci tagliava la gola, bruciava e distruggeva le nostre case, ma noi siamo quelli che sopportano tranquilli quello che ci fanno, noi non pensiamo che tutto il mondo è nostro, noi non permetteremo che per la colpa nostra gli innocenti piangeranno.

La nostra anima è grande come il mondo pur che siamo pochi, noi cantando e ballando accompagnati dalla musica andiamo avanti verso il futuro.

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Di Fabrizio (del 04/05/2009 @ 09:07:10, in media, visitato 1545 volte)

Da CinemaItaliano.info

30/04/2009, 20:43 - Delle immagini in bianco e nero, che provengono dal passato: un accampamento di Rom colto in alcuni momenti tipici della sua quotidianità: le donne accudiscono i bambini, gli uomini battono il rame….. su queste immagini di repertorio la voce off di un'anziana rom kalderasha, Emilia, racconta degli spostamenti continui, del montaggio e smontaggio delle tende nei diversi paesi toccati dal loro incessante cammino di zingari, sempre alla rincorsa delle sagre e delle feste patronali.....

... Il volto di Emilia oggi, segnato dal tempo e dalla vita, che prosegue il suo racconto all’interno della piccola roulotte in cui vive, nell’accampamento nel cortile dell’ex foro boario di Testaccio, a Roma…..

... Rasema ha venti anni meno di Emilia, ma non si direbbe: il suo volto di sessantenne è segnato da rughe profonde, anche se la sua espressione mantiene un che di infantile, specialmente quando sorride. Ci racconta del suo arrivo in Italia dalla Bosnia, nel lontano 1969, con il marito e un bambino piccolo in braccio.

Oggi vive nel piccolo campo all’Arco di Travertino, circondata dall’affetto e dal rispetto dei figli e degli innumerevoli nipoti. E il suo modo di vedere la vita, tradizionale, “all'antica”, dissolve.....

... Nel racconto delle esperienze di Umiza, romnì bosniaca che ha da poco superato la trentina e che è arrivata in Italia da Mostar quando aveva solo pochi mesi. Oggi vive in un container del villaggio attrezzato di via Cesare Lombroso, accanto ai suoi anziani genitori e ai fratelli.

Un marito perennemente in galera, la fatica di portare avanti la famiglia e far crescere i suoi due figli da sola..... la vita non è affatto semplice per Umiza, che si arrangia recuperando materiali di ogni genere nei cassonetti della spazzatura, per poi rivenderli nel mercatino aperto vicino al campo…..

... La stessa forza di Umiza anima le attività di Sevla, romnì quarantenne che è riuscita ad uscire dal campo di vicolo Savini e a garantire un tetto ai suoi otto figli occupando una casa abbandonata. Sevla è un'ottima ballerina di danze balcaniche e una donna forte, espansiva e solare. Ha messo a frutto le sue capacità creative con determinazione e passione, insegnando le danze tradizionali rom e avviando un'attività di piccolo artigianato. Tutta la vita di Sevla risente della presenza del ricordo del fratello morto oramai quasi vent'anni fa, il celebre poeta zingaro Rasim Sejdic, come dimostra anche l'educazione che ha scelto di dare ai suoi figli, così orientata verso l'espressione artistica,.....

... E la passione per la danza, che pratica con impressionante bravura, Daniela l’ha ereditata proprio dalla madre. A diciannove anni Daniela ha rifiutato con serena determinazione lo stile di vita tradizionale della sua comunità che le proponeva un matrimonio precoce e il ruolo di madre e moglie sottomessa al marito. Il suo principale obiettivo è invece quello di cambiare le sue condizioni di vita: chiudere definitivamente con la vita del campo nomadi, trovare un lavoro che le permetta di rendersi autonoma, ma senza rinunciare a divertirsi, come è nei desideri di qualsiasi ragazza della sua età.....

... E una voglia quasi sfrenata di vivere pienamente la sua giovinezza caratterizza lo stile di vita di Mirela, ventenne che vive nel villaggio attrezzato di via dei Gordiani. Mirela è una forza della natura: volitiva, travolgente, sensuale, con un modo tutto suo, sincero e diretto, di esprimersi. Non veste “alla zingara”, rifiuta anzi di indossare le tradizionali lunghe gonne a fiori e frequenta comitive di ragazzi italiani, rifuggendo la compagnia degli altri Rom. Questo suo comportamento la mette in cattiva luce dentro la comunità: non sono in pochi, e non solo gli adulti o gli anziani ma anche le sue coetanee, a considerarla una “poco di buono”.....

... Charlotte, invece, è una diciottenne che è riuscita a gestire armoniosamente e con consapevolezza il rapporto difficile tra il mondo dei Rom e il mondo dei “Gagé”: ha conseguito la licenza media, si è iscritta al corso per volontaria del servizio civile e ha iniziato a fare le prime esperienze come mediatrice culturale nella scuola elementare vicina al campo di Testaccio, dove vive con la sua famiglia. Ma la dolcezza del suo volto è contraddetta dal guizzo ribelle dello sguardo, quando ricorda con orgoglio di essere sempre riuscita a ribellarsi agli aspetti più arretrati della sua cultura di origine.

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Di Fabrizio (del 03/05/2009 @ 14:05:07, in musica e parole, visitato 1600 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro

Mercoledì 6 maggio 2009 ore 17.30 - Palazzo Englefield - Via Quattro Novembre, 157 - Roma

La Edup è lieta di invitarla alla presentazione del libro di Marcella Delle Donne
I FIGLI DEL VENTO Storie zingare

Edup

Ne discutono
Raniero La Valle Giornalista
Alessandra Broccolini Etnoantropologa
Esma Haminovic Rappresentante Cooperativa sociale ROM Bosnia Erzegovina

Modera
Raffaele Bracalenti Presidente dell’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali

Sarà presente l’autrice
Marcella Delle Donne Docente di Sociologia delle Relazioni etniche dell’Università di Roma “Sapienza”

Lettura di brani scelti
Fabiana Lazzaro Attrice
Seguirà un piccolo concerto di musicisti ROM

Edup - Edizioni dell’Università Popolare
www.edup.it - info@edup.it
Tel. 06.69204371

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Di Fabrizio (del 03/05/2009 @ 09:40:33, in scuola, visitato 1391 volte)

Da Czech_Roma



12/4/2009 - Venerdì il Tribunale Cittadino di Praga ha rigettato il reclamo del Rom ceco Jaroslav Suchy, che aveva chiesto 500.000 corone al Ministero dell'Istruzione, accusando la repubblica di averlo deprivato di un'istruzione adeguata. Suchy, 31 anni, dichiara di essere stato spedito in una scuola elementare per bambini con difficoltà di apprendimento nel 1985, soltanto a causa della sua origine etnica e sociale. Il tribunale ha concluso che Suchy non ha provato la sua accusa. D'altra parte, Suchy può appellarsi al verdetto. Il ministero ha puntualizzato che le performance di Suchy nella scuola per bambini "lenti" mostrano che non sarebbe stato in grado di studiare in una scuola standard.

Ma Suchy ha obiettato che lo staff del pensionato infantile dove è cresciuto gli dava dei sedativi, aggiungendo che a quel tempo era una pratica istituzionale usuale  per calmare i bambini iperattivi. Gli alunni delle cosiddette "scuole speciali" erano generalmente considerati ritardati mentali ed era molto difficile per loro ricevere istruzione secondaria.

Scrive Pravo che nel 1999, Suchy passò un corso per completare le elementari e nel 2005 fece gli esami per la scuola superiore alla scuola secondaria romanì di Kolin, nella Boemia centrale. Suchy dice di aver deciso di compilare un reclamo dopo che la Corte Europea dei Diritti Umani a Strasburgo, nel 2007, parteggiò per 18 Rom cechi che avevano fatto causa per essere stati mandati in una scuola elementare per alunni con difficoltà di apprendimento ad Ostrava, nord della Moravia.

© The Prague Daily Monitor

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